STELLA DEL NORD
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PARTE: 5/?

AUTORE: Dhely

SERIE: Xmen con notevoli variazioni sul tema. Spero che tutto sia sufficientemente comprensibile anche a chi non ha mai seguito i fumetti!

PAIRING:

RATING: NC-17-V Ricordi di violenze subite in passato,e violenze presenti. Linguaggio volgare. Temi non proprio gradevoli. Angst.

NOTE: i pg non sono miei ma li amo tutti, uno per uno,  anche se appartengono alla perfidissima signora Marvel - la quale, ovviamente, non mi passa mezzo cent. per scrivere questa roba-. I pairing, le coppie, il passato di questi tizi è stato manipolato e/o mezzo inventato per riuscire a tirare in piedi una trama decente, anche se ho cercato di non cambiare troppo 'cio' che è stato'.

NOTE 2: chiunque abbia bisogno di maggiori informazioni sui pg trattati in questa fic, può tranquillamente chiedere a me, o consultare uno dei tremila siti di continuità Marvel per comprendere che è tutto un gran casino e che è forse meglio chiedere a *me* così vi dico solo le cose che potrebbero essere utili per capire di *chi* sto parlando! (adoro essere modesta.)

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Cinque minuti, scarsi, dopo, il camino era acceso, di nuovo. Jean Paul sedeva tranquillo a pochi passi dalle fiamme, avvolto in una camicia che non era la sua, tra le mani una tazza di te, con, sul volto, l’espressione più tranquilla e normale che avrebbe saputo utilizzare.

 

Logan e Remy salutavano il nuovo giorno a whisky.

 

“Ma non dovevi metterci una settimana a ritornare qui?”

 

Oui, almeno così dissi. – Remy si mise comodo sul divano tirando indietro, con una mano, il ciuffo che sempre gli cadeva sugli occhi ancora quasi nascosti dagli occhiali da sole. In piena notte. – Ma ho sbrigato i miei affari a New Orleans ben prima di quel che m’aspettassi e allora mi sono detto: ma perché non fare una bella improvvisata ai miei amici?! Di certo – abbassò la voce, utilizzando di proposito un tono pastoso e pieno di fascino che pareva venirgli assolutamente naturale tanto quanto quell’orribile accento francese del sud – non mi aspettavo ad accogliermi simili cambiamenti, Logan!”

 

Jean Paul distolse lo sguardo da entrambi, lievemente infastidito, ma non abbastanza per non essere davvero curioso.

 

“Di che cambiamenti parli, Remy?”

 

“Di questo nuovo acquisto, per esempio.”

 

Come una sfida, o un richiamo, i loro occhi si incontrarono e si scrutarono. Grigi come l’acciaio, il riverbero della luna in certe notti sui laghi ghiacciati quelli di Jean Paul e .. rossi, rossi come il sangue, come le fiamme, rossi come il peccato quelli di Remy.

 

Jean Paul sorrise, sibillino. Le sue labbra si tesero in un’espressione d’invito e insieme di aggressività. Remy rimase impressionato, *ottimamente* impressionato.

 

“Jean Paul – fece le presentazioni Logan – Lui è Gambit. Remy, lui è Northstar.”

 

“Northstar. – si leccò le labbra – Quello famoso.”

 

“Così dicono.”

 

Socchiuse gli occhi, prendendo un lungo sorso di tè. Il cielo si stava schiarendo, lentamente ma inesorabilmente. Peccato, si sentiva a suo agio lì, in quella situazione che aveva qualsiasi caratteristica per metterlo in imbarazzo. Sfortuna che Jean Paul fosse un uomo dai rarissimi imbarazzi e dai ancor più labili sensi di colpa.

 

Un dito guantato di nero a indicarlo: Remy si voltò verso Logan.

 

“E’ tuo, lui?”

 

“Non sono di nessuno. - l’interruppe Jean Paul, caustico – E tu, di chi sei?”

 

Remy sorrise, attraente e sexy. Sfacciatamente ambiguo e provocante.

 

“Io? Io posso essere di chiunque riesca a conquistarmi, cher.”

 

Jean Paul non tremò, come s’era aspettato Remy, non arrossì, non mostrò il minimo sintomo d’essersi imbarazzato. Un gran cacciatore, pensò, un animale di razza.

 

Sorrise appena, un ghigno che sembrava finto, acre.

 

“Vedremo se ne varrai la pena.”

 

Logan sospirò fra i denti, divertito.

 

“E’ aperta la stagione di caccia, vedo.”

 

Jean Paul scosse i capelli scuri, con quelle incredibili ciocche bianche, bellissimo movimento fluido ed elegante che mise in mostra le orecchie a punta, indubitabilmente non umane. Remy ne rimase affascinato.

 

“Perché, è mai stata chiusa?”

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“JP! Tu non hai idea di chi sia appena arrivato!”

 

Robert sembrava entusiasta. Di *più* che entusiasta: in estasi. Jean Paul sollevò appena un sopraciglio. Allora era *per quello* che..

 

Bene, le cose iniziavano a chiarirsi. Prese un piccolo respiro, modulando un sorriso pallido, che non sembrasse troppo affettato.

 

Dev’essere qualcuno di fenomenale per gettarti in un’agitazione simile.”

 

Troppo caustico, si accorse. Ma Bobby non vi fece il minimo caso.

 

“Remy! Cioè Gambit.. insomma! – scrollò le spalle cercando un aria indifferente che non riusciva proprio a trovare: i suoi bellissimi occhi verdi, limpidi e luminosi erano spalancati e traboccavano d’una felicità difficile da dire. Jean Paul si sentì quasi intenerito. – E’ un mio amico! E.. bhè.. insomma, è nella squadra.. e m’ha portato un regalo!”

 

“Cosa?”

 

“Oh, non lo so, ha detto che è una sorpresa e che me la darà dopo. – il broncio che gli si dipinse sul viso era assolutamente delizioso. – Lo sa che odiodiodio*odio* aspettare!”

 

Jean Paul sorrise, di nuovo, questa volta più rilassato.

 

“Mi spiace non poter far nulla per te, Robert, ma fra dieci minuti devo essere in classe.”

 

“E dieci minuti mi bastano. Ti prego! Ho bisogno di un consiglio!”

 

Robert era un piccolo, maledetto testardo, pensò Jean Paul, ma la cosa non era affatto spiacevole. Chissà in cosa voleva ficcarlo, questa volta…

 

“Tipo?”

 

Bhè, quando è partito non avevo chiesto che mi portasse un regalo. – arrossì lievemente, appena sulle guance, torcendosi le dita con le dita – E io non mi aspettavo mi portasse nulla… insomma, non è la prima volta che sta via e non ha *mai* portato niente e io…”

 

Guardò Jean Paul con un’aria da cucciolo fradicio e scodinzolante che era un vero attentato al cuore.

 

Se l’avesse creduto almeno un po’ contorto, Jean Paul avrebbe potuto mettere una mano sul fuoco che, in quel momento, Robert volesse farlo finire lungo disteso sul pavimento con un infarto fulminante. Fortuna per lui, ma Robert era una di quelle persone sempre, perennemente inconsapevoli del proprio fascino, così riuscì a scrollarsi di dosso quella sensazione di meraviglia con un elegante colpo di spalle.

 

“E tu non sai come ricambiare.”

 

Robert era *davvero* inconsapevole: il suo tono da cospiratore aveva assunto una venatura così allusiva che avrebbe potuto far arrossire anche una statua. Robert sorrise, entusiasta.

 

“Già!”

 

“Sarebbe un’idea graziosa da parte tua. – strinse appena gli occhi, le pupille due capocchie di spillo, pericolose e attraenti insieme – Purtroppo come posso aiutarti? Non conosco questo … come hai detto che si chiama?”

 

“Remy.”

 

“… già, Remy. – il volto triste di Robert riusciva ad essere sempre, terribilmente grazioso. Jean Paul sorrise terribile – Sai, Robert, il fatto di regalare qualcosa a qualcuno è un fatto delicato, devi conoscere bene la persona a cui devi fare un dono, devi cercare di anticipare una sua aspettativa, e insieme stupirlo. – mosse una mano, elegante, nell’aria, racchiudendo le dita sul palmo e poi scosse appena il capo – Io, questo Remy non lo conosco per cui non posso aiutarti molto, capisci.”

 

“Sì, capisco. – mormorò appena – Non dovevo neppure chiedertelo, solo che… gli altri mi prenderebbero in giro. Tu almeno … almeno mi ascolti!”

 

Jean Paul gli sfiorò una spalla con fare conciliante  e sottilmente intrigante.

 

“Andiamo, non è da te essere così abbattuto! – e questa era la pura e semplice verità – In compenso posso provare a vedere se riesco a indirizzarti nella giusta direzione …”

 

“Sì? E come?”

 

“Hai già in mente che tipo di regalo fargli?”

 

Lui scosse il capo.

 

“No. Non saprei proprio. Insomma, viviamo insieme da … da un sacco, siamo un gruppo e non credo ci sia qualcosa che gli manca. Pensavo più a un ‘pensiero’, ma anche lì … sai com’è lavorare insieme: passi tre quarti della tua vita con uno e poi non sai neppure i suoi gusti!”

 

Jean Paul gli sfiorò appena il viso.

 

“Essere in una squadra di super eroi che salva il mondo da una catastrofe interplanetaria una volta ogni tre mesi non è propriamente ‘lavorare’, Robert. –sorrise di sbieco – In compenso comprendo benissimo che vuoi dire quando parli di vivere a fianco di una persona e non sapere nulla di lei.”

“Lo sapevo! Lo sapevo che mi avresti capito!”

 

Jean Paul, e soprattutto il suo ego, non aveva bisogno di sentirsi dire di essere una ‘persona speciale’ perché lo sapeva benissimo da solo; certo era che, certe cose, dette da Robert, assumevano tutto un altro peso.

 

“Lascia perdere i complimenti – finse di essere brusco – piuttosto ritorniamo al regalo. Pensavo, visto che con lui hai condiviso così tanto tempo, possibile che tu non ti sia mai accorto che Remy desiderasse una cosa e che non se la sia mai presa perché … perché non era il momento giusto, o perché non era disponibile, o per uno dei mille motivi che ci impediscono di prenderci ciò che vogliamo?”

 

Jean Paul non poté non pensare a Robert, nudo, steso su un letto con un bel fiocco rosso attorno al fondoschiena: era certissimo che un regalo del genere sarebbe stato molto più che gradito non solo da se stesso, ma pure da Remy. Si leccò appena le labbra, soprappensiero: di certo non erano le riflessioni da fare, quelle, dopo che Robert… però esisteva forse qualcuno che potesse proibirgli di sognare ciò che voleva? O di desiderarlo? E poi aveva una strana sensazione che riguardava Robert e Remy, chissà se con la spinta giusta …

 

Robert sembrava stare riflettendo seriamente.

 

“Può darsi che tu abbia ragione, JP. Anche se non riesco a farmi venire in mente nulla, può darsi che tu …”

 

“Io ho *sempre* ragione, Robert. – sorrise, bellissimo. – E ora se vuoi scusarmi, ma mi attendono a lezione.”

 

Soddisfatto ed elegante si voltò suoi tacchi, lasciando Robert ad analizzare ogni minimo istante del suo passato. Un po’ di auto analisi non poteva essere dannosa per quel ragazzino scapestrato, di certo. E avrebbe potuto essere un esercizio favorevole anche per Jean Paul stesso, se non aveva visto male.

 

“Jean Paul! – una voce maschile, gentile, gli giunse dalle spalle. Quando si voltò non vide più Robert, sparito chissà dove, ma il professor Charles Xavier e Remy che camminavano lungo il corridoio e venivano dalla sua parte. – Jean Paul, volevo farti conoscere un membro ‘storico’ degli X Men. Remy, lui è Northstar.”

 

Mhm … quello *famoso*. – sorrise quasi forzatamente, come a impersonare un ruolo che *doveva* essere suo, fascinoso e intrigante e misterioso insieme. – Forse dovrei chiederti un autografo.”

 

Il Professore lo guardò male, ma si limitò a sbuffare fra i denti e poi fare finta che non fosse stato detto nulla di troppo sconveniente.

 

Anche perché, pensò Jean Paul, non era stato *ancora* detto nulla di troppo sconveniente.

 

“Jean Paul – riprese, e quello strano ghigno ferino che aveva addosso il canadese non gli piaceva neppure un po’ – Questo è Remy LeBeau.”

 

Mhm… *quel* Gambit, presumo. – chinò appena il capo di lato, sfacciato – Forse dovrei chiederti un bacio.”

 

Xavier spalancò la bocca forse per dire qualcosa, forse, semplicemente per lo stupore. Non era semplice sorprendere completamente impreparato un telepate. Gambit si limitò a sgranare gli occhi, poi sorrise.

 

“Puoi chiedermelo, sai?”

 

“Già. – in risposta una lieve scrollata di spalle, poi un sorriso pulitissimo, con una nonchalance invidiabile – Magari dopo che avrai ricevuto il regalo…”

 

“Che regalo?!”

 

“Oh, deve essere una sorpresa. Io non ho promesso di tenere la bocca chiusa, ma scommetto che lo stupore renderà il tutto molto più gradito.”

 

Un sorriso fulminante e non una parola in più.

 

Remy rimase per un attimo incantato a fissare quella schiena voltarsi, quel passo elegante, quel *sedere* e si passò una mano fra i capelli.

 

“Wow, Charles! Iniziamo a sceglierli con gusto, finalmente!!”

 

Xavier lo fissò seccato e severo.

 

“Ti sembrano cose da.. da *pensarsi?! Tu… qui siamo in una scuola, in una scuola *seria*! Che insegnamento passiamo ai ragazzi se …”

 

“Caspita, non mi ha detto se sarebbe stato con la lingua o senza. – guardò Xavier con l’espressione più angelica che seppe trovare – Il bacio, capisci? Uno si deve preparare…”

 

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Ororo Munroe, alias Tempesta, una delle più potenti fra i mutanti, con il controllo sugli eventi atmosferici, così nobile e bella da esser stata presa per una dea reincarnata, così misurata e saggia da avere un ascendente enorme su qualsiasi decisione presa nel gruppo, così ‘speciale’ da essere un punto di riferimento fisso per chiunque, alla Scuola, avesse un problema, di qualunque tipo, s’era seriamente sforzata di essere seria. Anzi, di apparire seccata e contrariata, s’era ricordata il regolamento ‘niente animali nella Scuola – esclusa la gatta del professor Xavier-’ e se l’era ripetuto almeno mille volte. Aveva cercato di mantenere un atteggiamento di piccato rimprovero, s’era pure ficcata i pugni nei fianchi, in una posa di terribile irritazione.

 

Ma non riuscì a mantenerla per più di due minuti di fila. Non con un Robert che si stava sciogliendo dall’eccitazione e dalla felicità che pareva davvero il ragazzino semi-adolescente che non era più. Ma, per la Dea Madre!, era così dannatamente entusiasta!

 

“Andiamo ‘Ro, lascia perdere. – gli sussurrò Logan battendole appena su una spalla, guardando la scena falsamente seccato – E’ inutile che ti incaponisci, non ce la farai mai.”

 

“Sì - sbuffò lei- tanto sono io l’addetta a mantenere le regole no?! Come glielo dico a Xavier?!”

 

“Se lui tiene un gatto, Robert potrà pure tenersi in camera un furetto, o no?”


Lei sorrise, triste.

 

“Ma è un *topo*! E Xavier odia i topi! Non vorrà che lo tenga, e dovrò andare io da Bobby a portargli via il suo dannato furetto! Se becco Remy lo picchio per questo!”

 

“Proprio perché è un topo, fagli presente che è ora che faccia fare un po’ d’esercizio alla sua gatta. – lo sguardo schifato della donna lo fece quasi ridere – Oppure, mettila così: può essere educativo per uno come Bobby, avere qualcosa di cui prendersi cura. Guardalo, è viziato come il bimbo che è!”

 

“Tu la fai facile, Logan! Sai com’è Xavier quando si tratta di ‘infrangere le regole’. – scosse il capo, e poi si voltò verso la persona che stava entrando nella piccola sala utilizzabile solo dalla squadra, e non dai ragazzi – Jean Paul, buon giorno, vieni ad assistere anche tu all’inizio della mia fine?”

 

Lui sorrise, pacato.

 

“Novità in giro, pare.”

 

“Ah! Dimmi, prima uccido Remy, o prima picchio Logan?”

 

“Che dilemma, Ms. Munroe! Non so proprio cosa consigliarle. – spostò l’attenzione su Robert che stava strapazzando un piccolo animaletto peloso con l’entusiasmo di un bambino a Natale – E tutto questo è causato da… ”

 

“Dal furetto che, non so come gli è potuta venire in mente un’idiozia simile!, Remy ha portato a casa per Bobby!”

Un furetto: regalo delizioso, che puntava tutto sulla tenerezza. Abbastanza stupefacente, soprattutto perché Remy non sembrava uno da cadere in certi atteggiamenti, a meno che la posa da bel tenebroso non fosse *quella* una posa fasulla. Jean Paul socchiuse gli occhi, sorridendo appena: interessante. Tutta quella situazione si mostrava ancor più stuzzicante di quel che pareva all’inizio.

 

Osservò in silenzio Ororo allontanarsi, lamentandosi sottovoce mentre, con occhio da madre intenerita, controllava Robert che giocava con la bestiolino dal pelo morbido, d’un castano caldo, molto simile a quanto, sotto il sole diretto, scintillavano i suoi capelli.

 

“JP! JP guarda! – appena lo notò, Robert sollevò, nella sua direzione, il roditore abbastanza scosso – Guarda cosa m’ha regalato Remy!”

 

Era così … radioso.

 

Pareva impossibile che il potere di Robert fosse quello di trasformarsi in *ghiaccio*. Robert non aveva nulla di freddo e bianco e tagliente, proprio niente. I capelli castani, caldi, color del miele di castagno, o di legni lucidi di ciliegio, e gli occhi ampi, puliti e verdi, piccolissime pagliuzze dorate che illuminavano ulteriormente quello sguardo, e gli davano nuova profondità. Il viso giovane, l’atteggiamento: tutto lo mostravano vivace, caldo, attraente, delizioso.

 

“Non riesco davvero a credere che abbia più di vent’anni…”

 

Sussurrò tra sé, o forse a Logan, a pochi passi da lui, in silenzio, che fumava pacifico il suo sigaro. Comunque, diretto a lui o no, Logan rispose: “Venticinque.”

 

Venticinque. Doveva essere un uomo. *Era* un uomo. E insieme …  Jean Paul fermò la sua mente mentre stava per riflettere sul modo in cui lui stesso aveva vissuto quell’età. Ma era inutile, e assurdo: luoghi diversi, vite diverse, caratteri diversi, scelte diverse. Un abisso a dividerli.

 

Ma così tanta attrazione a tenerli insieme.

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