STELLA DEL NORD
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PARTE: 4/?
AUTORE: Dhely
SERIE: Xmen con notevoli variazioni sul tema.
Spero che tutto sia sufficientemente comprensibile anche a chi non ha mai
seguito i fumetti!
PAIRING: LoganXJean Paul
RATING: NC-17-V Ricordi di violenze subite in passato,e
violenze presenti. Linguaggio volgare. Temi non proprio gradevoli. Angst.
NOTE: i pg non sono miei ma li amo tutti, uno per
uno, anche se appartengono alla perfidissima signora Marvel
- la quale, ovviamente, non mi passa mezzo cent. per
scrivere questa roba-. I pairing, le coppie, il passato
di questi tizi è stato manipolato e/o mezzo inventato per riuscire a tirare in
piedi una trama decente, anche se ho cercato di non cambiare troppo 'cio' che è stato'.
NOTE 2: chiunque abbia bisogno di maggiori informazioni sui pg
trattati in questa fic, può tranquillamente chiedere
a me, o consultare uno dei tremila siti di continuità Marvel
per comprendere che è tutto un gran casino e che è forse meglio chiedere a *me*
così vi dico solo le cose che potrebbero essere utili per capire di *chi* sto
parlando! (adoro essere modesta.)
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Di nuovo, una nuova notte. Di nuovo il buio, il freddo.
Nulla, però di innaturale o terribile. Era solo una di
quelle sere in cui il fuoco di un camino può scaldare
non solo le mani protese, ma pure i cuori, le anime.
Un camino, lingue di fiamma che si innalzano
in una stanza in penombra. Un invito così irresistibile a cui non ci si poteva
sottrarre.
Jean Paul guardò la luce tremolante e calda, anche solo
quella, che fuoriusciva da sotto lo stipite della porta. Era un invito
silenzioso: quanto gli piacevano i camini! Bastava sollevare una mano e
bussare, e sarebbe potuto entrare.
Non l’avrebbe lasciato lì sulla soglia.
Nessuno che fosse stato un cane
randagio, abbandonato e rifiutato da tutti, come era stato Logan, poteva
lasciare qualcuno sulla soglia.
Bastava bussare, sì, ma il cuore pesava, e batteva come
campane a morto. Forse era solo stanco. Di certo stava reagendo in maniera
eccessiva, però..
La porta del cottage gli si aprì, silenziosamente, di
fronte. Logan lo fissava dallo stipite, una luce tiepida nello sguardo.
“Hai intenzione di stare lì impalato ancora per tanto o ti
decidi ad entrare?”
Era solo un passo, ma in quel momento parve, a Jean Paul di
aver corso per chilometri in una sola frazione di secondo. Abbassò appena il
capo.
“Permesso.”
La mano di Logan gli si posò sulla schiena
e in silenzio lo invitò ad entrare, guidandolo di fronte al fuoco.
Quando si furono seduti entrambi e gli aveva porto un
bicchiere pieno di whisky –sembrava-, Logan lo stava ancora osservando con
quella indecifrabile espressione addosso.
“Vorrei davvero capirci qualcosa di quel che è capitato,
Stellina.”
Jean Paul prese un sorso dal bicchiere troppo pieno che
aveva fra le mani –sì, era whisky- e cercò di sorridere rilassato. Cosa impossibile, visto come si sentiva.
“Non è capitato proprio nulla.”
Un sospiro in risposta.
“Ok, ritorniamo indietro: che ci fai qui?”
“Non lo so. – secco. Sincero. Logan stava per dire qualcosa
quando Jean Paul sollevò semplicemente il viso di scatto. Qualcosa, nella sua
espressione, era terribile, disperata. – Posso dormire qui, per stanotte?”
Logan aprì la bocca per rispondere. Più che altro per
chiedere. Ma non gli uscì la voce.
Lui e Jean Paul non avevano *mai*
dormito insieme. Facevano sesso, *scopavano*,
litigavano, si allenavano, scherzavano, parlavano, vivevano
tranquillamente l’uno al fianco dell’altro. Ma ciò che da questo rimaneva fuori..
L’idea di dormire insieme poi portava con sé una strana
sfumatura di dolce complicità, e se di complicità, tra di loro, ce n’era a
vagonate, la dolcezza no. In tanti anni, nonostante
quello che fosse potuto succedere prima, Logan non si ricordava una singola
volta in cui si fossero addormentati dopo aver fatto sesso. Quando
uno andava dall’altro, in fondo, era perché sentiva il bisogno di *scopare* non
di fare altro.
Per le ‘coccole’, per sentirsi
protetti e importanti.. bhè, ci sarebbero state altre
persone, e se non c’erano si viveva senza. Tra loro non c’erano promesse da
mantenere, aspettative da soddisfare. C’era solo un
corpo, che voleva un corpo. Ed era chiaro che quando questo desiderio fosse venuto meno..
*Dormire insieme* era.. diverso,
abissalmente diverso da tutto ciò che era stato, da tutto ciò che *era*, anche ora, tra di loro. Era..
Stupefacente.
E terrorizzante, in un certo qual
modo.
Nel loro rapporto non c’era nessuna clausola che lo
obbligava ad accettare, per questo Jean Paul aveva chiesto, e non affermato,
come gli veniva solito. Eppure Jean Paul .. Stellina gli stava chiedendo di occuparsi di lui. Di
*preoccuparsi* per lui.
Stellina era come Logan, non aveva mai avuto bisogno di
nessuno, non aveva mai voluto nessuno fra i piedi. Non gli piaceva avere
qualcuno intorno e, sinceramente, non aveva mai sopportato che qualcuno lo trattasse come uno sciocco che non potesse, da solo,
prendersi cura di sé. Non era un bambino! Era adulto, maturo, un uomo di molte
esperienze e di una certa saggezza, sapeva sbrigarsela da solo, qualunque cosa fosse successa.
*Questo* era Stellina.
“Non importa, Logan. – riprese Jean Paul, brusco, posando in
terra il bicchiere, e facendo per alzarsi – Era una cosa stupida.”
‘Non ti voglio fra i piedi, non ho bisogno di te.’ .. ecco, pensò Logan. *Questa* era la persona che lui
conosceva. Così era come Stellina voleva apparire.
Ma Stellina era una stellina,
appunto. Era capriccioso e arrogante, a volte così insopportabile che si chiedeva perché non l’avesse ancora ucciso. Era volubile,
incostante, testardo, odioso. Però era la sua stellina da così tanto..
Logan si alzò, indicandogli un varco che si
intravedeva appena nella stanza in penombra.
“Di là.”
“Di là cosa?”
Logan sorrise.
“Il tuo problema è che sei troppo
precipitoso. Non mi lasci neppure il tempo di risponderti. – il suo tono
burbero era stranamente stemperato in qualcosa di più morbido. Sì, gli sarebbe
piaciuto dormire con Jean Paul. Sollevò una mano, gliela posò sul braccio: il
corpo era duro, perfetto, quegli occhi gli stavano
proprio bene indosso.. ma la pelle era fredda, scoprì quando i polpastrelli
sfiorarono la mano, quasi per caso – Di là c’è la stanza, mettiti comodo. Io
vado a prendere delle coperte.”
Lo lasciò, per una volta, interdetto e stupito.
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Come si poteva dormire sotto un numero così elevato di
coperte e piumoni lo sapeva solo lui. Logan non poté non sorridere al vederlo
acciambellato sotto quella mole di roba, come un gatto che si stesse godendo il tepore sopra un calorifero.
Era strano avere accanto qualcuno,
e non addosso. Non si erano toccati, in tutta la notte non s’erano neppure
sfiorati per sbaglio ed era.. strano, sì, avere
Stellina nel proprio letto, addormentato, vestito, senza, addosso, i segni
soliti. Era strano avercelo al fianco, addormentato, tranquillo.
Era strano, non era certo che volesse davvero ripetere
l’esperienza: quello era un caso eccezionale, Bobby doveva aver tirato fuori il
peggio di sé per ridurlo così.. come se Stellina non
avesse mai ricevuto un rifiuto! E, solitamente, sapeva
reagire con molta più classe. In fondo mettersi a dormire con Logan per ripicca
non era il massimo dell’eleganza, però era piacevole.
Allungò una mano sfiorandogli i capelli, scostandogli le
punte chiare che gli andavano a cadere sul viso. Stellina si tese,
scuotendosi un poco, poi mormorò qualcosa, affondando il volto nel
cuscino come ad allontanare un insetto molesto. Sbuffò, una specie di sospiro
che fece ridere Logan e si voltò sulla pancia, rotolandosi. Si stava per
svegliare.
Era un peccato. Logan non seppe neppure perché si trovò a
pensarlo, ma era quello che provava: gli spiaceva che si svegliasse, ora. Gli
spiaceva che riempisse l’aria immobile dell’alba ancora lontana con il suo
sguardo, forse con le sue parole. Gli spiaceva non poterlo più guardare così, a
suo piacimento.
Uno sbadiglio soffocato e poi il corpo a
tendersi, allungandosi piano, stirando con voluttà i muscoli. Jean Paul
sbatté un paio di volte gli occhi, confuso e assonnato, ancora, e subito non
riconobbe la stanza, ma finse un’indifferenza glaciale, come chi fosse abituato a non riconoscere il posto in cui avesse
passato la notte.
Messa a fuoco, però, la figura di Logan, stava per scattare,
per attaccare o per fuggire non si seppe intuire, poi parve ricordare e si
limitò a sorridere, crollando di nuovo nell’abbraccio morbido delle coperte.
“Ma non rischi di soffocare lì
sotto?”
“Mhm.. –
aprì appena un occhio, si lasciò andare a un sorriso sornione e soddisfatto – no. Caldo.. piacevole..”
Non era lì per *ripicca*,
scoprì Logan.
Non era lì per aver architettato qualche piano per punire
Bobby. Non era lì per mettere in mostra quanto fosse
contorto il suo modo di pensare. Quando si fosse svegliato del
tutto si sarebbe alzato, e se ne sarebbe andato, senza una parola. Quella notte
era stato semplicemente ‘soddisfare un bisogno’:
quando questo fosse avvenuto, non c’era altro motivo per rimanere.
Era sempre stato così.
Solamente che non c’era mai stato da
soddisfare un bisogno *simile*. Un : ‘posso dormire qui, stanotte?’, era un ‘non voglio stare solo’.
Solo.
Stellina, come Logan, era sempre stato solo.
La solitudine era compagna e amica, come poteva non volerla,
ora? Che .. debolezza stava mostrando, Stellina? E
proprio a lui..
Logan gli sfiorò il collo con due dita, seguendo poi la
spina dorsale, giù lungo la schiena, scostando appena il groviglio che erano diventate le coperte mischiate al lenzuolo, stupito di
cosa stesse facendo, della leggerezza di tale carezza. Ma
era gradevole toccarlo così, gentilmente, aspettandosi solo la sua reazione,
assaporando ogni singolo respiro trattenuto. Stellina emise
uno strano suono soddisfatto, sembrava davvero facesse le fusa,
arcuandosi leggermente sotto il suo tocco. Quando la
carezza finì rotolò di nuovo sulla schiena per andargli più vicino.
Gli si premette a un fianco,
posandogli una mano sul petto, l’espressione stropicciata e leggermente beata
di chi non fosse ancora uscito del tutto da un sogno piacevole.
“Sei scomodo?”
“No, va bene così..”
Silenzio, un corpo che si muoveva contro la stoffa.
Logan gli passò una mano sotto al collo,
portandoselo vicino.
“Così *è* più comodo, no?”
“Sì, meglio.”
Gli si raggomitolò contro, il capo sul petto, l’orecchio a
punta premuto contro il suo costato, col quale poteva sentire chiaramente i
battiti ritmati del suo cuore, lenti e pacati. Si
lasciò avvolgere dalle sue braccia, come da quella sensazione estranea da
condividere con Logan. Cosa stava succedendo?
Dolcezza?
Era dolcezza quella?
E, poi, ci poteva, ci *doveva* essere dolcezza tra di loro?
Non importava, in quel momento cancellò
semplicemente la domanda. Chiuse gli occhi e si permise di godere semplicemente
quella situazione senza pretendere troppe spiegazioni. Era stanco di troppe
domande. Era stufo di.. di pensare.
“Stellina, sei sicuro che va tutto bene?”
Un sospiro.
“Sì, adesso sì.”
Silenzio. Null’altro che il silenzio morbido e piacevole che
si mischiava alla luce ancora scura che entrava dal vetro della finestra.
Null’altro che due tepori che si
alimentavano e si tenevano in vita l’un con l’altro. E qualcosa di
strano, dentro, un desiderio che non graffiava, che non faceva male, che non
era violento ma pacato, a modo suo.
Null’altro che labbra a sfiorare le labbra,
tentando un approccio diverso, goffo all’inizio, titubante, esplorativo.
Mani che seguivano i contorni dei corpi, dita che scivolavano delicatamente
sotto la stoffa.
Un bacio, una lunga carezza estenuante, infinita. Un sapore dolce sulla lingua, una punta strana conficcata nel
cuore.
Quel tipo di sapore non l’aveva mai sentito, no, non aveva
mai sospettato che potesse interessargli il sapore di
Stellina rubato in quel modo. Eppure un animale
allettato da una curiosità appena nata non si allontana dalla preda, anzi, più
ne scopre il sapore più ne divorerebbe. E Stellina stava lì, lasciandosi
assaggiare, penetrare con la lingua, giocando lievemente, ad occhi chiusi come
chi, anche lui, stesse scoprendo un territorio
vergine.
L’uno per l’altro erano un
giocattolo nuovo. Completamente diverso ciò che era da ciò
che era stato, e piacevole e.. desiderato.
Elegante, Jean Paul sollevò le mani, sfiorandogli il petto
nudo seguendo leggero la linea netta dei muscoli tesi e tremanti, che si
gonfiavano e annodavano pregustando quel tocco gentile, abile, che suscitava
ben più di quanto falsamente prometteva di soddisfare.
Logan si staccò dalle sue labbra per poi scivolargli sul
collo morbido e profumato. Baci e piccoli assaggi, niente di violento, niente
di doloroso, niente che puntava a spezzare, infrangere. Voleva solo.. assaggiarlo, imparare a conoscere il suo sapore, il suo
odore.
Nient’altro, solo quello.
Ed era un desiderio incredibile, era un volere che non aveva mai visto luce, prima, e quasi non si sapeva come ci
si doveva muovere, e quasi stuzzicava l’idea di fermarsi, per il timore, per ..
Ma non c’era timore, no.
Era qualcosa che voleva fare, e che faceva senza trovar
opposizioni.
Era una nuova esplorazione.
Era esser cacciatore utilizzando nuove tecniche.
Era..
“Logan.. “
“Sht.. “
Logan glielo sussurrò di nuovo sulle labbra, e sorrise
appena muovendosi, sollevando facilmente Jean Paul per poi stenderlo sotto di
sé.
Non voleva fermarsi ora. Gli piaceva quel gioco nuovo, nuove
regole da rispettare, ruoli differenti, molto da imparare..
ma gli piaceva.
Riprese a baciargli il collo, tremando
appena sotto le mani morbide e suadenti che gli lambivano la pelle,
impastandogli e tormentandogli i muscoli. Accattivanti, quei movimenti
leggeri che parevano originati semplicemente dal respiro che era divenuto un
po’ affannato, sapevano accendere e incendiare, e far impazzire..
Stellina si muoveva come fosse preda di una febbre strana, e
tremava appena, ma con un malizia innata che vedeva
arricciargli appena le labbra, e con essa invitava a proseguire e a deliziarlo.
Le spalle, il petto.
Logan vi disegnò sopra lucidi arabeschi di
saliva, arricciò la lingua intorno al capezzolo sorridendo nello
strappargli, finalmente, un vero gemito soffocato. Succhiò con più forza, per
poi rallentare il ritmo, come se stesse sperimentando qualcosa di assolutamente
nuovo.
*Era* qualcosa di assolutamente nuovo.
Ma delizioso. Era come se la pelle
di Stellina, appena sfiorata, gli trasmettesse una scarica elettrica che gli
attraversasse tutto il corpo e che si raggrumava poi all’inguine, quasi
dolorosamente. Si poteva usare in quel modo il corpo di un uomo? Non solo come
il metodo più rapido per scrollarsi di dosso un’eccitazione che dava fastidio,
ma per, lentamente, costruire il desiderio, e il piacere, crearlo in punta di
dita, delicatamente, trattare quel corpo come se fosse esile, o quasi sacro, e
trovarlo delizioso, e voler.. dover continuare, per se
stesso e per l’altro, in quello che era divenuto un gioco ma non crudele, senza
sangue, senza dolore che non fosse quello dell’aspettativa.
“Logan..”
Si spostò all’altezza dello sterno, baciando ancora i
contorni delle costole, affondando nell’ombelico. Gli fece il
solletico, Jean Paul tremò, contorcendosi, mordendosi un labbro. Niente dolore, era vero, niente sangue: era piacevole sentirlo
soffocare le risate, i gemiti di piacere. La voce di Stellina, così,
aveva una coloritura strana, pastosa.
“Immagino che avrai da insegnarmi qualcosa..”
Jean Paul aprì finalmente gli occhi, per guardarlo. Stupefatto e insieme deliziato, compiaciuto, avvolto in un bozzolo
incredibile di piacere e desiderio. Arrossì appena, accorgendosi che era
tutto diverso, improvvisamente, che era tutto *sbagliato*,
quello, fra di loro. Che non
poteva esserci, che non doveva esserci.
“Non sei obbligato..”
Le mani di Logan si mossero rapide intorno alla chiusura dei
pantaloni. Glieli sfilò lentamente, con attenzione.
Non a quello doveva servire Jean Paul, la prima volta che
avevano deciso che avrebbero utilizzato lui per cercare di far sfogare un
minimo d’aggressività a Logan e Victor tramite ‘attività ludico-sessuali’.
Non *così*.
“Non mi sento obbligato a nulla.”
Non così, no.. ma non erano più *là*. Non era più *allora*.
Potevano entrambi fare quel che volevano, e farlo come e dove volevano. Non era
più.. gli mancò improvvisamente il fiato in gola:
troppo grande e troppo forte era quello che sentiva e forse era paura, forse
era terrore di dover aprire gli occhi e accorgersi che quello che vivevano ora
era un sogno. Che non era mai uscito da là. Che Logan
era sempre e solo il Logan che aveva imparato a conoscere e ..
e ogni volta che ci fosse stato Logan, ci sarebbe stato anche Victor.
Logan gli tenne le mani sulle ginocchia, fissandolo per un
lungo attimo, guardando appena il suo corpo tendersi dal nervosismo, leggendo
in esso la tensione, l’apprensione. Aveva paura di
lui? Stellina aveva paura di lui?! No, non era possibile. Non aveva *mai* avuto
paura, anche quando era certo che avrebbe ricevuto un trattamento decisamente doloroso. E allora che
gli capitava, ora?
Gli posò una mano fra le cosce, accarezzandolo piano,
osservandolo perdere il filo dei pensieri, sciogliere il timore in quella
sensazione.
“Logahnhh..”
Poi si chinò fra le sue gambe, baciando, ancora, e leccando
e succhiando.
“Così Stellina?”
Sussurrò qualcosa che Logan non riuscì a
intuire. Ma le mani si infilarono nei suoi capelli,
strattonandolo quasi soprapensiero, troppo forte era ciò che provava, troppo ..
assurdo e incredibile e delizioso e..
Bene: non pensava più. Non doveva pensare. Non in quel
momento. Non c’era un solo motivo ragionevole per riflettere, Stellina
quand’era con lui, quando facevano quello, non doveva pensare. Non voleva che
pensasse. Era suo e questo doveva bastare. Era suo anche in quel modo nuovo.
Era suo e basta.
La bocca ad accarezzare, le mani a frugare, tendere, aprire.. Jean Paul si arcuò sulla schiena, un momento di timore
gli scosse i muscoli.
“Fermati! Fermati, Logan!”
Logan ubbidì in silenzio, sollevando il capo, rivolgendo
allo sguardo dubbioso verso il suo viso lucido, affannato, con gli occhi
strettamente chiusi.
“Che succede?”
“Non.. – abbassò la voce, a un
livello appena superiore alla soglia dell’udibile - .. non mi farai male.. “
Una domanda che non era espressa, un timore che non fece
tremare neppure la voce.
Logan scosse il capo, appena sorridendo.
“Non voglio fartene.”
Non questa volta.
No, non quella volta. Non era quello di cui sentiva il
desiderio, stranamente c’era questa *cosa* che gli cresceva dentro, e gli
dipingeva di fronte agli occhi, gli iniettava nelle vene un qualcosa di inaspettato. Incredibile.
Talmente splendido da tagliargli il fiato.
Stellina *era* splendido.
Spalancò gli occhi, ancora, lucidissimi, grigi e chiari.
Pieni di luce. E un pallido sorriso sottile di chi sa
cosa si deve fare ma se ne vergogna.
“Allora non puoi penetrarmi così. Devi usare qualcosa..”
Le mani addosso, di nuovo, tocchi
leggeri che si contrappuntavano ad altri, più pesanti, che lo facevano
contorcere e tendere e dimenticare ogni pensiero.
Era suo, sì, splendido figlio della notte artica. Aveva il
cuore di ghiaccio, Stellina, e dai bordi affilati come rasoi, anche, ma quando
si scioglieva ci si poteva abbeverare d’un’acqua così pura
che Logan non aveva mai assaggiato uguale. Chissà se in quel modo si arrivava
allo stesso risultato? Oppure se nuovi aromi, nuovi
profumi avrebbero riempito l’aria nel possederlo, nel riempirlo, nel farlo davvero suo?
“Ti avevo detto che avresti avuto da insegnarmi.- sorrise di
nuovo – Dici che della vaselina può andare?”
Logan sorrise di fronte a quello stupore
che non aveva trovato parole per esprimersi. Allungò una mano verso il
cassetto del comodino, estrasse ciò che cercava. Il tappo della scatola
metallica rimbalzò il pavimento, insieme ai pantaloni che Logan s’era strappato
di dosso di fretta.
Fretta, sì aveva fretta, ora. Una fretta che infiammava le
vene, che annebbiava la mente. Suo, doveva essere suo,
e doveva esserlo ora, subito.
Voleva assaggiarlo, di nuovo e marchiarlo, ancora come
sempre anche se tutto era diverso, anche se tutto era cambiato.
Una carezza fredda, viscida, ripetuta e lenta, a fondo, con
attenzione e desiderio di farlo impazzire, di farlo crollare e quegli occhi
assurdi, incredibili, incastonati su quel corpo così dannatamente affascinante,
e appetitoso che si fissavano nei suoi, arroganti e pungenti, terribili.
“Sì, così va bene! Basta! Basta! – ringhiò appena – Logan,
ti prego..”
Come non assecondare una richiesta simile? Logan sorrise
leccandosi le labbra, assaporando con attenzione ogni centimetro di quella
sensazione, che era così simile, e insieme così diversa
da quella *solita*. Non c’era fretta. Niente che annebbiasse i sensi se non il piacere. Non un
velo rosso di fronte agli occhi. Non lacrime asciutte a
rigare quella voce che echeggiava la sua.
Cosa era successo? E perché? A chi importava?
Era suo. Nonostante tutto, ancora,
Stellina era suo.
“Toccami.. – sussurrò soffocato –
mentre stai.. toccami, Logan.. “
Era quello che voleva. Piacere da prendere e da dare.
Piacere da *condividere*. Ciò che avrebbe dovuto
essere normale, per loro era .. un sogno. Era qualcosa
da non aspettarsi, era qualcosa che lasciava stupefatti, disorientati. Ma piacevolmente, assurdamente, gonfi di troppe sensazioni.
Movimenti ritmici che divennero rapidi,
quasi convulsi. Stellina singhiozzò qualcosa colandogli fra le dita e
poi si abbandonò, morbido come una bambola di cera, al suo continuato assalto.
Stellina cedette le armi e Logan lo riempì. Lo invase, lo sommerse.
Era suo.
Logan si sentì svuotato. Semplicemente soddisfatto.
Perfettamente compiaciuto.
Logan, ora, avrebbe voluto
semplicemente crollare sul materasso e addormentarsi, ma no, qualcosa lo
trattenne, qualcosa che lo aveva guidato fin lì. Gli si coricò al fianco,
prendendolo fra le braccia, lasciando che trovasse una posizione comoda, che lo
fosse per entrambi e riprese a respirare.
Stellina gli si strinse addosso, un
piccolo sospiro gli sfuggì dalle labbra. Le ciglia lunghe gli sfiorarono
la pelle, facendogli appena il solletico proprio come il suo fiato corto e
bollente sui muscoli sudati. Logan gli passò la mano fra i
capelli, lentamente, ripetutamente. Come a blandirlo, a coccolarlo.
Dolcezza, ancora: una dolcezza a cui non
era abituato, una dolcezza che da Logan non gli era mai arrivata, almeno non in
quel modo. Non dopo una.. una *cosa* simile.
Non era amore, lo sapeva, non era così stupido. Era solo.. non sapeva come si chiamava.
Sentì la mano di Logan appoggiarsi alla sua, le dita
intrecciarsi alle proprie.
Cos’era mai successo? S’era capovolto
il mondo ad occhio e croce: a quel pensiero gli venne da ridere ma non vi
riuscì. Era stanco e non voleva rovinare nulla, non voleva perdere un solo
istante di ciò che stava vivendo. Era stanco, gratificato, come dopo ogni notte
di sesso.. ma era Logan quello che l’abbracciava, e
quello non era ‘normale’, quello non poteva esserlo. Eppure era Logan, lui, e
stava lì, e gli accarezzava i capelli, e lo stringeva e avevano.. e non gli aveva fatto male.
Avevano *dormito insieme* .. *e*
non gli aveva fatto male. Logan.
“Ora mi puoi dire perché ieri sera sei
piombato qui in quel modo?”
Jean Paul strinse appena le palpebre, sorridendo.
“Sei curioso come una vecchia
suocera! – appoggiò la testa alla sua spalla, sospirando piano. – E lo sai benissimo il perché. Spiegazioni più profonde non
te le so dare, perché non le so neppure io.”
Logan sbuffò.
“Bobby, eh? Che t’ha detto di
preciso.”
“Nulla che non sapessi già. – arricciò il naso e assunse un
tono finto seccato - Ma poi mi dici come fai a sapere
che ci siamo solo parlati? Avrebbe potuto esser
successo di tutto!”
Logan sghignazzò stringendolo con forza.
“Non hai il suo sapore addosso, e neppure il suo odore.”
Jean Paul si finse arrabbiato, si sciolse
dall’abbraccio tirandosi seduto, fissandolo con occhi di fuoco e, insieme,
divertiti.
“Allora hai fatto tutto questo solo per assicurarti che non
avevo addosso l’odore di Bobby!”
“Ma certo!”
Ringhiò Logan, acquattandosi tra le coperte a fingersi un
predatore pronto all’agguato. Jean Paul stette al gioco e dopo tre secondi si
stavano rotolando come matti sul letto, assaltando e
colpendo a furia di morsichi e tentativi di solletico.
Logan giunse al bordo del letto e rotolò giù. L’impatto fu
attutito dai cuscini e dalle coperte mentre Jean Paul fu preso al volo dalle
braccia dell’altro. Sorrisero, di nuovo e di nuovo ripresero gli assalti.
Quando Logan si trovò in ottima posizione, le labbra a un soffio dallo sfiorare la pelle del fianco destro di
Jean Paul per farlo, definitivamente, capitolare dal gran ridere si accorse di
qualcosa che non andava nell’aria intorno a loro. Come se..
qualcuno avesse aperto la porta d’ingresso?
Jean Paul si liberò da quella presa, utilizzando il peso
stesso di Logan per farlo rotolare sulla schiena. Gli si mise a cavalcioni con
un sorriso.
Logan contò mentalmente i passi che dividevano l’ingresso
dalla stanza da letto. Prese i polsi di Stellina e se lo fece rotolare via di
dosso.
.. cinque-sei-sette.
“Bon jour,
mes amis!”
Logan sollevò il capo. Jean Paul, per vedere il nuovo
arrivato dovette tendersi sulla schiena, piegando il collo all’indietro.
Remy si fece scivolare gli occhiali giù
lungo il naso osservando la scena che gli si parava di fronte agli
occhi, con un sorriso che avrebbe voluto essere enigmatico ma che, invece,
mostrava tanto bene il suo stupore da essere buffissimo.
“Oops! Credo di essere arrivato
nel momento sbagliato.”
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