STELLA DEL NORD
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PARTE: 1/?
AUTORE: Dhely
SERIE: Xmen con notevoli variazioni sul tema.
Spero che tutto sia sufficientemente comprensibile anche a chi non ha mai
seguito i fumetti!
PAIRING: Logan(Wolverine)X Jean Paul (Northstar)
RATING: NC-17 V Ricordi di violenze subite in passato,e
violenze presenti. Linguaggio volgare. Temi non proprio gradevoli. Angst.
NOTE: i pg non sono miei ma li amo tutti, uno per
uno, anche se appartengono alla perfidissima signora Marvel
- la quale, ovviamente, non mi passa mezzo cent. per
scrivere questa roba-. I pairing, le coppie, il passato
di questi tizi è stato manipolato e/o mezzo inventato per riuscire a tirare in
piedi una trama decente, anche se ho cercato di non cambiare troppo 'cio' che è stato'.
NOTE 2: il titolo deriva dal nome in codice di Jean Paul 'Northstar'.
So bene che una traduzione appena un po' più elegante avrebbe trovato 'stella polare' ma
non ho utilizzato questa accezione per motivi inerenti alla fic.
Spero che con il proseguire della storia questa mia scelta sia
comprensibile!
NOTE 3: chiunque abbia bisogno di maggiori informazioni sui pg
trattati in questa fic, può tranquillamente chiedere
a me, o consultare uno dei tremila siti di continuità Marvel
per comprendere che è tutto un gran casino e che è forse meglio chiedere a *me*
così vi dico solo le cose che potrebbero essere utili per capire di *chi* sto
parlando! (adoro essere modesta.)
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Dolore? Chiamare 'dolore' un po' di cefalea è
un'assurdità. Anzi, quasi una bestemmia contro ciò
che davvero fa male. Sulla pelle e dentro, verso ciò che lascia segni che non
si cancellano mai.
Un mal di testa non è nulla: anche se ora mi pare di avere lame di fuoco ghiacciato
infisse sulla fronte, premendo sugli occhi, e mi sento così vicino ad esplodere..
Basterebbero due pastiglie: è solo un mal di testa. Eppure
mi sento ancora *la'*, la pelle spaccata, l'addome
aperto, le ossa rotte, io: un grumo di carne e sangue e dolore. Quello era
dolore. Quello era essere nudi e inermi. Quello, sì, quella
sensazione, quei ricordi che non svaniscono mai.
Una cavia?
Già. Lo ero. Ma ero una cavia preziosa, non volevano
che morissi, non dovevano perdermi, anche se questo non è mai stato un
problema. Spesso colleghiamo il dolore alla morte, invece mi son fatto l'idea che, se morissi, sarebbe
proprio *senza* alcuna forma di sofferenza. Altrimenti
sarei già dovuto esser morto da tanto tempo.
E invece non sono morto: sono qui, steso su un letto comodo a *lamentarmi* di
un mal di testa. La cosa peggiore però sono i ricordi: so che sono passati, so
che non torneranno più, eppure sono incubi viventi dentro di me e nelle mie
notti. Sento ancora, con una chiarezza allucinante, i ferri sopra di me, il
laser che sfrigola, quell'essere
indifeso, spogliato di qualunque cosa, della propria carne, del proprio sangue,
della propria dignità per diventare come .. come loro volevano che fossi.
Ho dato io il permesso.
Questo, anche questo, me lo ricordo, non sono stupido!
Non avrebbero mai potuto fare esperimenti di vivisezione e di
impianti su esseri umani senza aver chiesto loro, piccoli burocrati schifosi!,
di aver firmato una delibera. Avevo firmato, certo che l'avevo fatto! Credevo
in quel che mi dicevano: ero un mutante ma il mio potere sarebbe potuto
rimanere 'non visibile' per tutta la vita: quella era
un modo per studiare meglio i miei poteri e per 'tirarli
fuori' perché io potessi usarli, e il Governo, e il Mondo
intero avrebbero visto e ne sarebbero stati entusiasti.
Lo ammetto, non ho mai avuto davvero lo stimolo ad immolarmi per una buona causa,
anzi. Quando si parla di cause che richiedono martiri
mi viene sempre un po' l'orticaria. Non accettai per quello: di fare il
supereroe non mi è mai importato moltissimo, dopo tutto
all'epoca ero campione olimpico di sci, ricco, famoso, i cronisti passavano al
setaccio la mia vita, i miei incontri, i miei amori, avevo proposte su proposte,
di qualunque genere. Mi avevano addirittura chiamato ad un paio di sfilate,
come *modello* ed io avevo accettato e la mia popolarità era alle stelle.. solo che, dopo un po' di quella vita mi ero *annoiato*.
E io odio annoiarmi.
Non esiste una cosa peggiore: questi hanno colto l'attimo esatto, mi hanno proposto
un qualcosa di irripetibile e di assolutamente *folle*.
E io accettai.
Che m'importava del Governo e del Mondo? Avevo dentro di me delle potenzialità
che non erano ancora saltate fuori, che avrebbero potuto farmi arrivare a fare
cose.. bhè, volevo provare.
Era un'idea eccitante, stuzzicante.
Fu terribile.
Fu talmente terribile che non riesco a non pensarci, non riesco a non ricordare
ogni respiro, che sapeva di disinfettante e cloroformio e formaldeide. Conservanti chimici giù nella gola, a riempirmi i polmoni, come se
mi stessero facendo affogare. Forse a tratti avrei preferito davvero affogare.
Invece avevo poi riaperto gli occhi: su un corpo trasformato, su un potere che
non sapevo di avere, 'migliorato e amplificato'
come dicevano loro: qualcosa di impiantato e alieno. Qualcosa di mio.. ma che ci ho messo anni a considerare mio, e ad usare
come se fosse una parte di me, e non una cosa
separata.
Ho letto gli studi, mi sono documentato, con fatica, su ciò che mi è stato fatto:
manipolazione, la chiamerei. Esperimenti sui mutanti. I primi
in assoluto, i più aggressivi che si siano mai progettati, da quel che ne so, una
violenza a livello molecolare. E patrocinata dal governo col permesso
scritto delle cavie.
Credo che sia ridicolo.
Eppure è tutto vero: *io* sono vero.
E vivo.
Non sono l'unico sopravvissuto al Progetto:Arma X,
come l'hanno chiamato.
Se penso agli altri scopro che gli scienziati dovevano aver puntato ad esaltare
le caratteristiche psichiche più remote in ciascuno di noi. Quasi
tutti si sono trasformato in bestie così incontrollabili che hanno dovuto abbattere.
I più feroci, e i più intelligenti sono stati sottoposti a ..
a esperimenti terribili. Io invece.. sorrido, certo,
perché fra tutte le cose che anche loro potevano aspettarsi da far venire a
galla *questa* è di certo a più inaspettata: sono un mezzosangue. Ma essendo un
canadese del Quebec la cosa non dovrebbe sconvolger nessuno, eppure tra i miei
antenati pare non ci siano solo francesi e indigeni, bensì..
qualcosa.. una razza diversa. Nei libri di ragazzini si chiamano elfi. Io non so,
non mi sento un mezz'elfo, potrei benissimo essere un parente del dottor Spock se è solo per questo!
Mi viene da ridere, sì, nonostante il mal di testa: le orecchie a punta sono la
cosa più figa che sarebbe potuto
capitarmi.. ma ovviamente mi farei uccidere prima di ammetterlo con qualcuno.
Facendo un breve riassunto: un mezz'elfo con poteri da mutante, deviato geneticamente,
plasmato e manipolato a livello biologico, ex campione olimpico, bello, ricco,
famoso e gay cosa diamine ci fa in una stupidissima scuola per adolescenti?!
Il mio mal di testa ha un motivo..
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"Stai scherzando?!?- Kitty per poco fece cadere
il vassoio della colazione nel bel mezzo della mensa studentesca - Robert, se è
uno dei tuoi soliti scherzi idioti.."
"Non è uno scherzo! Me l'ha detto il professor Xavier!"
La ragazza spalancò gli occhi. "Davveeeero?!
Sei sicuro che sia *quel* Jean Paul?!"
"Bhè, di vista pare
proprio.."
La massa di ragazzi, intorno a loro, che fino a quel momento s'era finta per metà
disinteressata, per metà incredula ebbe un sussulto visibile.
"Chi?!"
"Jean Paul Bouvet!"
"E chi sar.."
"Il campione di sci!"
"Quello della medaglia d'oro a Calgary?! E che ci fa qui?!"
"Fa l'insegnate!"
"Quello strafigo?!"
"Ma non è possibile, con tutti i soldi che ha perché dovrebbe mettersi a .."
"Se è qui devo vederlo, *devo*!! Ho decine di poster suoi in camera!"
"Mi farà un autografo?"
"E' qui! Ho sentito dire che Bobby ci ha parlato!"
"Dai, ma è davvero gay?"
"Chissenefrega! Se è bello anche solo al metà di quello che è in tv.."
"Devo andare a prendere la macchina fotografica!"
"Devo bacialo.."
"Ma sei fuori? Per me è tutta una balla!"
"Davvero Bobby l'ha baciato?"
"Chi ha baciato cosa?"
"Bhè, ma non lo sapevi
che era gay?! Ha fatto una conferenza stampa per annunciarlo.."
"Bobby è gay? Ma dai!"
"No Bobby! Jean Paul ha fatto una conferenza!"
"Ma stanno insieme?"
"Chi?"
"Bobby e Jean Paul! Hanno detto che si sono baciati!"
"Non è detto che stiano insieme, due si possono baciare anche solo così.."
"Bobby ha un ragazzo? Ma non ci provava con.."
"Acqua passata! Sai chi è arrivato?"
"Chi?"
"Jean Paul!"
"Chiii?"
"Disinformata.."
"Ce l'abbiamo come insegnante!!"
"E di che?"
"Che ne so! Ma devo assolutamente andare a cambiarmi!"
"Sei matta, le lezioni cominciano tra.."
"Hai sentito di Jean Paul?!"
"E' per quello che Marie si è messa a piangere
in bagno?"
"L'ha visto! Marie m'ha
detto che l'ha visto!"
"Dove? Dove?"
"Era da solo?"
"E' figo come in tv?"
"Voglio vederlo anche io!!"
…
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Jean Paul sospirò appena , incrociando le braccia nel
grande studio di noce del professor Xavier, direttore della scuola.
"Mi fa piacere vederti così divertito, Charles. Ma t'avevo avvertito che avevo dei problemi con questa
'cosa'."
Charles sorrise appena.
"Pare che con l'economia aziendale te la cavi egregiamente."
"Economia aziendale è un conto. Tenuta ad adolescenti
idioti è un altro. Noto che questa scuola manca clamorosamente di
disciplina."
"Se fossi fissato con la disciplina, - sussurrò
appena Charles - essendo io cattolico praticante, non
avrei mai chiesto a un gay convinto e dichiarato di venire ad insegnare qui.
Pensa a questa 'mancanza' come una opportunità."
"Questo significa che non ho modo di far applicare una disciplina decente
ai miei studenti?"
"Questo significa che se *riesci* a mantener disciplinati i tuoi studenti
te ne sarò eternamente grato. Abbiamo elementi un po' troppo esuberanti, come
noti."
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"Ciao, JP!"
Jean Paul sollevò il capo dal libro che stava leggendo
e accolse Robert con un sorriso che forse era un po' pallido. Ma non riusciva a
sforzarsi di più, per ora.
"Hey."
"Che leggi? - scrutò allena
la costa e mostrò una strana espressione - Wow! 'Organizzazione ed esecuzione
dell'Olocausto': letture leggere!"
Grigi e luminosi come due pezzi di antracite lucidissima,
gli occhi di Jean Paul scintillarono quasi pericolosi, inchiodandosi in quelli
luminosi e verdi di Bobby.
"Non giudicare un libro dalla copertina, o dal titolo: è pieno di accorgimenti
utili per tenere a freno adolescenti troppo esuberanti che non obbediscono.
"
E poi un sorriso.. stranissimo. Bobby si sentì
aggrovigliare gli intestini: non era stato uno sguardo cattivo, ma penetrante e
.. pericoloso. Era contento, decisamente
contento di non esser più uno studente, e di non esser mai stato affidato a un
insegnante così: JP era simpatico con quella sua vena caustica e arrogante, ma
come professore doveva essere terribile..
Rise.
"Per fortuna son fuori dal tuo raggio d'azione! Comunque oggi hai intenzione di venire agli allenamenti o li
salti ancora? Preparati a una ramanzina coi fiocchi da
parte di Scott, lui è fissato con 'ste cose.."
"Come posso negarmi, allora? - chiuse il libro con un
movimento rapido e, leggero come un gatto, si mise in piedi - Ci vediamo
agli allenamenti, e non chiamarmi JP."
"Ma perché? - Bobby gli si mise al fianco, scrutandolo appena - JP è
carino, è poi è più corto e fa molto meno snob di Jean Paul!"
Un'altra occhiataccia caustica, ma sorridente.
"Io *sono* snob, Robert. E JP lo *odio*. Sembra la marca di un wisky.
O qualcosa di peggio.."
Robert si fermò un attimo, soprappensiero, e poi si mise a ridere.
Ma proprio di gusto.
Era una bella risata, pensò Jean Paul. Era limpida, trasparente,
pura, e bellissima, proprio come Robert. Già, che fregatura: meno di una
settimana lì dentro e già s'era incasinato la vita con
l'amico-etero-che-ti-sta-sempre-appresso-perchè-vuole-aiutarti-ad-ambientarti
ma che non-te-lo-darà-MAI.
Niente da fare. Più cercava parti odiose in Robert, più le trovava, ma sembravano
non bastare. Era carino, molto, forse pure troppo, e poi simpatico, avvolgente
nella sua generosa allegria, espansivo, divertente. La summa di tutto ciò che
lui non era e che non lo sarebbe stato mai.
Non era poi molto importante.
Chissà però se Robert si accorgeva che stavano entrambi flirtando.
Oh, perché Jean Paul lo stava facendo, certo, era parte del suo essere, era un modo
irrinunciabile quasi del suo porsi: teneva a distanza *chiunque* e se parlava
con qualcuno era perché, in un qual certo modo, gli piaceva. Robert però non lo
conosceva abbastanza, forse, per intuire, .. o forse
non voleva farlo.
Sospirò dentro di sé, mentre la sua bellissima faccia di bronzo non fu scossa
da una singola ruga.
"Sei proprio una forza, amico, lasciatelo dire! - gli batté
conciliante una pacca sulla spalla poi guardò di sfuggita l'orologio -
Sono in ritardassimo! Ora, mio caro, snob JP io devo andare,
ci vediamo stasera agli allenamenti! Ricordati!"
Stupidi, stupidissimi allenamenti: scrollò le spalle. Ricordava bene, ora, perché
se ne era andato da una 'squadra'.
Odiava lavorare in team. Era fatto per star da solo, e non per sottostare a tutti
quegli insulsi impegni che gli rubavano solo tempo prezioso. Socchiuse gli
occhi: però Robert era carino, e magari..
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Notte.
Mancava il freddo e la neve, il ghiaccio che scendeva dal cielo in sottili aghi
taglienti e poi sarebbe stato perfetto. La locazione del suo incubo sarebbe
stata quasi identica: solo che, quando era un esperimento, non aveva una
finestra su un ampio giardino, non poteva vedere la luna e di certo, ovunque
fosse la base in cui era stato rinchiuso, non c'erano alberi.
Riusciva a sentire solo il freddo proveniente da fuori, l'odore del gelo che si
portavano addosso i soldati quando rientravano da
delle cacce. E si immaginava la distesa infinita e
innevata di ghiacci eterni del nord. Solo freddo e neve e cielo scuro. E le
stelle nel cielo.
Per quello aveva scelto Northstar come nome in codice:
nonostante tutto, nel freddo e nel buio le stelle c'erano sempre. Nonostante il
dolore e l'essere spezzato, lui era sopravvissuto.
Robert era come un piccolo falò scoppiettante: tepore, vicinanza, amicizia. Condivisione.
In lui si riflettevano molte cose, ma tutte dolci e morbide: lui era qualcuno
verso cui tendere le mani e scaldarsi alla sua semplice vicinanza.
Ma lui non era Robert, lui era notte e freddo, gelo..
due solitudini che si toccano per un attimo, diventano compagnia?
Jean Paul non sapeva rispondere: né prima, né, tantomeno, poteva farlo ora.
Logan. Wolverine: sapeva che era vivo. Ne aveva
sentito parlare, e poi uno come lui non si sarebbe fatto fregare così
facilmente. Non si sarebbe lasciato fregare *mai più*.
Jean Paul sorrise, caustico, al giardino silenzioso
che si vedeva da sotto la sua finestra.
Aprire i vetri in silenzio, e poi volare fuori: uno dei suoi poteri. Volare, sì,
ma questa volta non lontano e non in fretta.
Poco distante dal corpo principale della Scuola, ben lontana dal corpo destinato
agli studenti, s'intravedeva tra gli alberi fissi, un cottage isolato, ecco la
sua meta.
Logan lo ricordava, lo ricordava bene. Meglio di quanto si
aspettasse. Trovarselo lì di fronte, quella sera, all'inizio degli
allenamenti era stato stupefacente: neppure gli altri Xmen
lo stavano aspettando. Era tornato da chissà dove, chissà perché, ma ora era lì,
e prendeva possesso del suo territorio, di nuovo. Aveva guardato ogni cosa con
la luce forte, nel suo sguardo, del predatore che controlla il suo terreno di
caccia poi aveva fissato apertamente lui, Northstar, l'aveva salutato e non
aveva detto altro.
Jean Paul aveva sentito ben altro, però. Una scossa lungo la spina dorsale. Ricordi amari che sapevano di bile e sangue, tutti coagulati in
bocca.
Ora nel buio e nel silenzio ritornavano come flash davanti agli occhi, sensazioni
sulla pelle, addosso. Corpi, odori. Animali che dovevano essere stati
uomini.
Ricordava bene Logan e ricordava Victor. Victor che quasi
l'uccideva. Victor al quale non importava nulla.
I medici dicevano che 'gli elementi più promettenti devono
trovare uno sfogo, anche sessuale, agli stimoli che squassano loro il corpo'.
Victor era una bestia, peggio. Logan.. Logan in
qualche modo era più gentile. Anche se in un ambiente normale non avrebbe
potuto parlare di 'gentilezza' o cose simili.
Era come se qualcuno avesse staccato al spina del
cervello e lasciasse il corpo libero di compiere ogni cosa, di placare ogni
desiderio, ogni eccesso. Logan riusciva a controllarsi, in parte.
Per questo ora andava da Logan mentre non avrebbe mai avuto il coraggio di ritrovarsi,
solo, di fronte a Victor.
Logan lo fissò per un lungo, lunghissimo istante. Fumava uno dei suoi soliti sigari,
lo fissava con quello sguardo ferino, terribile, che poteva essere davvero
terrorizzante, se avesse voluto. Dopo essere stati entrambi utilizzati
come cavie, alla fine degli esperimenti, definiti 'riusciti', avevano
lavorato insieme.
Potevano parlarsi, era quasi normale essere lì, rivangare i vecchi tempi, magari
a ridere riportando alla mente le antiche battute.
Quasi.
"Che ci fai qui?"
La voce di Logan era roca, bassa, sembrava minacciosa. Jean Paul si strinse nelle spalle, per una volta sincero, con gli altri e non
solo con se stesso.
"Non lo so."
Non era una risposta.
Logan spense il sigaro. Avrebbe dovuto dirgli di andarsene: né lui né Northstar
volevano .. volevano quello che sarebbe successo di lì
a poco. Perché entrambi sapevano come sarebbe finita, e
Northstar era lì per quello, e forse anche lui non aspettava altro..
Lo strattonò facendogli perdere l'equilibrio, Jean Paul, più alto di lui, si chinò,
scivolando sulle ginocchia, Logan gli assaltò le labbra: un bacio lento,
passionale, dolce.
L'unica cosa dolce che avrebbe potuto dargli.
Logan lo sapeva.
Jean Paul lo sapeva.
Nessuno dei due chiese, o disse di fermarsi. Nessuno dei due si fermò. Anche se
erano entrambi sull'orlo del baratro e lo sapevano.
E ci caddero dentro di loro spontanea volontà.
Gli abiti lembi di stoffa da stracciare, orpelli infastidenti ed eccessivi, la
pelle un oggetto da mordere, non da baciare, da segnare e possedere con forza. Il sangue da leccare, di cui vivere, con il quale dissetarsi.
Jean Paul gemette, sussurrando il dolore, Logan morse il capezzolo con più forza
mentre le unghie penetravano nella carne, e le mani tenevano aperte le membra
per rendere più agevole l'accesso, più rapido il trovare dove scaricare il
proprio piacere.
La penetrazione: violenza.
Jean Paul pianse in silenzio. Perché era lì? Non
lo sapeva. Poteva giurarlo che non lo sapeva. Eppure..
eppure era come se una parte di sé avesse bisogno di quel dolore, di ritornare
ad essere una cosa. Era come se volesse che qualcuno lo spezzasse in quel modo,
gli si infiggesse direttamente
nell'anima.
Era come se avesse bisogno che qualcuno sconfiggesse l'ostinato muro di cinica
indifferenza che gli ruotava intorno. O forse no. Forse questi erano solo pensieri che gli fiorivano
dentro per darsi una scusa dove non c'era motivo cercarne. Forse era solo.. avere qualcuno dentro. Qualcuno che lo potesse far
piangere, che lo potesse far sentire vivo.. e se il
dolore era l'unica cosa che potesse ancora *provare* e sentire, per cui
piangere..
E dentro sé sapeva che anche Logan ne era consapevole: non era un uomo che amasse
violentare le persone, però con lui lo faceva sempre.. 'violenza'. Era esatto
parlare di violenza quando era ciò che entrambi volevano?
Jean Paul *poteva* piangere per quel trattamento? Logan gli stava facendo quello
che gli aveva chiesto, non a parole ma.. ma entrambi
lo sapevano e forse nessuno dei due poteva farne a meno.
Forse tutt'e due non erano altro come due animali,
usciti dalle mani di quegli scienziati che volevano 'renderli più evoluti' come bestie senza cuore, che ormai riconoscevano
solo il dolore e l'umiliazione come sensazioni da dedicare a se stessi.
L'orgasmo di Logan fu forte, in grado di squassargli l'anima. Uscì da Jean Paul
senza una sola parola e si lasciò andare contro il pavimento di legno del
cottage. Voltò appena il capo, allungando le braccia, facendone passare sotto
il capo dell'altro, stringendoselo contro il petto in un atteggiamento possessivo,
e insieme tenero.
"Perché sei venuto qui, stellina?"
Jean Paul sorrise in silenzio: 'stellina'.
"Non lo so, Logan, non lo so. - sospirò appena chiudendogli occhi, dimenticando
ogni cosa, cercando di vivere solamente in quel tepore avvolgente - Non mi
credi?"
Logan gli passò una mano fra i capelli scuri: si ritrovò, suo malgrado, obbligato
a pensare alle prime volte con Northstar, quando non sapeva neppure come si
chiamasse. Era certo che si fosse tinto, perché nessuno poteva avere dei
capelli così scuri, neri alla radice, per diventare poi bianche
come la neve sulle punte. Eppure Jean Paul non si tingeva, e per quanto
tagliasse i capelli, o cercasse di mascherarli, quelle punte bianche ritornavano
sempre, scintillanti come le distese di ghiaccio dell'artico.
"Sei bello, stellina. Non dovresti
buttarti via così."
Jean Paul sospirò, mettendosi in piedi. Niente abiti, graffi e morsi su tutto
il corpo, una sottile striscia di sangue a colargli da un fianco.
"Non odiarmi."
Era quasi un ordine: nessuna inflessione dolce, né
patetica nella voce. Il canadese era nudo e ferito, in piedi di fronte a lui,
ma pareva rivestito della più solida armatura. Logan scosse piano il capo.
Avrebbe dovuto essere il contrario, tutto il contrario: era lui a dover
preoccuparsi di essere odiato e non Jean Paul. Eppure
lui non aveva paura di averlo allontanato, sapeva che stellina non poteva
odiarlo. E lui stesso non riusciva ad odiar*si*.. quell'assurdo legame che era stato creato tanto, troppo
tempo prima, pareva fatto d'un materiale che non poteva associarsi a quello
solito con cui si costruivano i rapporti con altre persone.
"No, non ti odio."
Finì di dirlo, e Jean Paul era già lontano.
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