Staring at the Sun

Cap. 5

Di Unmei

 

Guardarono entrambi verso la porta; non si sentiva alcun rumore, nulla che segnalasse un pericolo. Se ci fosse stato un attacco di demoni in corso ci sarebbe stato gran trambusto, Gojyo o Hakkai sarebbero corsi a chiamarli e certo non avrebbero risparmiato le parole, per cui doveva trattarsi semplicemente di qualcuno che voleva vederli. Non doveva essere una cosa urgente….. non abbastanza per interrompere quel momento.

Goku posò una mano sulla guancia di Sanzo, voltandolo verso di sé e posando le labbra sulle sue. Erano state dette cose troppo importanti per lasciare che tutto cadesse per un'intrusione: Sanzo gli aveva svelato di sé più di quanto avesse mai osato sperare e non doveva lasciar chiudere quello spiraglio, ma fare il possibile per spalancare la sua anima. Cominciò a baciarlo, appassionatamente insistente, salendogli in grembo e strusciandosi contro di lui per fargli capire come desiderava si concludesse la serata. Finché si trovavano lì e potevano fare l'amore su un letto morbido voleva approfittare il più possibile.

"Sanzo - mormorò vicino al suo orecchio - lascia stare."

Lo aveva avvertito spostare la sua attenzione alla porta, e sperava di costringerlo a dedicarsi di nuovo interamente a lui; qualsiasi uomo avrebbe ceduto a tante avance e si sarebbe fatto contagiare dal desiderio. Ma Sanzo non era un qualsiasi uomo e invitò Goku a comportarsi più responsabilmente, scostandolo da sé e alzandosi. Quando vide l'espressione delusa e un po' offesa sul suo volto fu quasi per rimproverarlo e dirgli che poteva essere qualcosa di davvero importante, che gli aveva già ribadito che l'avere una relazione non doveva interferire in alcun modo con il loro abituale modo di vivere. Però in qualche modo si sentì divertito da quel disappunto e fece scomparire il broncio del suo amante chinandosi a sussurrargli:

"Stupida scimmia, continueremo dopo."

Al di là della porta non trovò nessuno, ma sporgendosi a guardare lungo il corridoio vide che il loro visitatore era ancora lì, e si stava allontanando, camminando lento, tanto rasente al muro da strusciarlo con la manica del vestito. Chi fosse lo capì a prima vista, e subito lo chiamò.

"Ehi!"

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Era andato a cercare il bonzo senza sapere bene che dirgli….. e se voleva dirgli qualcosa, a ben vedere. Parlare con lui quella mattina era stato come tormentare di proposito una ferita dolorante: non si era sentito meglio, ma poteva forse essere l'inizio della cura. Raccontarsi uno sconosciuto, confidarsi con lui, era a volte più semplice che rivolgersi agli amici di tutta una vita e il suo giudizio faceva meno paura. Soprattutto quando era uno di questi amici stessi a costituire il problema, e discutere con lui avrebbe portato alla distruzione di ogni rapporto. Esitò, con le mani strette sulle ginocchia, per soffocare il tremito: era andato a cercare una comprensione che gli sollevassi l'anima, o accusa che gli ribadisse quanto era caduto in basso? Che cosa avrebbe detto, o fatto? Sembrava così assurdo, ora, trovarsi lì. L'impulso che lo aveva portato a bussare a quella porta senza nemmeno rendersi conto di ciò che stava facendo ora lo implorava di fuggire. Ma non avrebbe obbedito….. non più. Rialzò gli occhi e la sua voce non lasciò trasparire il suo tumulto, benché esso fosse chiaro in tutto il suo contegno.

"Vi ho disturbati. La mia invadenza è imperdonabile, ma vi prego lo stesso di scusarmi."

L'invadenza in effetti Sanzo la detestava; non la tollerava quando proveniva dagli amici, figurarsi dagli estranei. Risposte taglienti e sguardi di ghiaccio non erano cose su cui il bonzo lesinasse, però ora qualcosa lo tratteneva: un disagio che non poteva ignorare, e purtroppo ben conosciuto. Il viso di Liang era quello di un uomo angosciato, che non sapeva più che fare di se stesso, che non nutriva più amore per la vita. E che forse pensava sarebbe stato meglio porre fine ad essa. Era forse un azzardo supporre che stesse così male? Quando si è dominati da tali sentimenti un velo appanna gli occhi e toglie ogni luce al volto; quasi si riescono a scorgere i pensieri avvitarsi su se stessi, penetrare a fondo nel cuore, lacerarlo, prosciugarlo di tutto il sangue. Tanta angoscia e svilimento plasmavano un'espressione che Sanzo conosceva bene, perché l'aveva già vista riflessa nello specchio. Più indurita, forse, inasprita dall'aggressività e dall'arroganza, ma riconoscibile ai suoi occhi con dolorosa certezza.

E poi c'era anche senso di colpa; un sentimento che chi non ha mai provato tende a sottovalutare, se non a giudicare stupido.

"Goku, esci per favore."

Lo disse senza riflettere, una decisione istantanea e quasi involontaria per la quale non avrebbe dato spiegazioni. L'espressione che passò sul viso del suo ragazzo lo colse completamente di sorpresa: fu un lampo d'incredulità, e poi offesa e risentimento. Le sue gote si colorarono di un rossore irato e per un istante guardò Liang con un'espressione tanto rancorosa che Sanzo temette che qualche terribile ingiuria sarebbe uscita dalle sue labbra. Ma rimase in silenzio, e tornò a fissare il bonzo quasi con sfida, senza muovere un passo.

"Oh, no! - si intromise l'altro - Non è necessario! Sono stato importuno a venire qui….. specialmente a quest'ora. Me ne vado io, e fate come se nulla fosse."

Ma a quelle parole Goku si voltò di scatto e uscì a passi veloci, sbattendo la porta, in un modo che sembrò una ripicca a quella proposta gentile.

"Ho l'impressione di non piacergli affatto."

Commentò tristemente divertito il giovane, anche se non sembrava sorpreso da quella reazione.

"Certe volte si comporta come un moccioso."

"Però posso capire quello che prova, e mi scuso ancora per l'intrusione"

"E a cosa sarebbe dovuta, visto che ormai siamo qui."

Liang si lasciò andare contro lo schienale della poltrona e si guardò intorno come per prendere tempo, cercando le parole, riordinando le idee. C'era titubanza, un'insicurezza che ancora non voleva lasciarlo nonostante la decisione di raccontarsi fosse ormai stata presa. Infine fece un lungo respiro, ed iniziò a parlare.

"Ricordate il discorso di stamattina? Sullo….. scappare da se stessi. È una cosa che io ho fatto così a lungo che ormai non m'importa di continuare anche per tutta la vita. Raccontare bugie a me stesso e agli altri, sorridere sempre comportandomi come se non avessi una preoccupazione al mondo, mostrarmi molto più forte, ragionevole e sicuro di quel che sono….. è così che vivo da anni e sono bravo nel vendermi come perfetto. Il mio è un comportamento vigliacco, e non m'importa, ma se continuerò a stare qui finirò per far del male anche a chi mi sta vicino. Lo so, lo sento. E allora devo andarmene….. devo fuggire da questo posto per fuggire da me stesso, altro non è possibile. Non è una soluzione, probabilmente non farà guarire il mio spirito, ma almeno non causerò dolore ad altri."

"E così avete preso la decisione di lasciare la città."

Il giovane annuì, scostandosi nervosamente dal viso una ciocca di capelli.

"Già, e per finire di convincere me stesso ho bisogno di qualcuno che mi dica che è la decisione giusta. Anche se mentisse."

"Mi sembra inutile rispondere che questa e la soluzione giusta, visto che nonostante tante parole non conosco il problema."

Liang sorrise e incrociò le braccia sul petto; un gesto che fece inconsciamente e che fu come di difesa. Era imbarazzante, ecco. Un segreto mai rivelato, parole che non erano mai uscite dalla sua bocca.

"Il problema è Dewei. E sono io. Il problema è ciò che io provo per Dewei."

Scrutò il viso di Sanzo cercando di cogliere su esso qualche segno, che fosse simpatia o disapprovazione, ma non gli sembrò di vedere nessuna delle due. Nemmeno un'ombra di stupore.

"Sarebbe una fuga per una delusione d'amore, quindi."

E delusione fu anche ciò che Liang sentì nella voce del bonzo, che evidentemente aveva espresso un giudizio, benché non lo lasciasse trasparire. Il fatto che il suo dolore fosse stato scambiato per angosce di cuore da ragazzino gli infiammò le guance.

"Non può esserci delusione dove non c'è mai stato nulla! Nulla se non il mio fingere normalità e il suo non voler capire! È ben altro a farmi preferire l'esilio al continuare a farmi marcire il sangue qui!"

Si accorse di quanto gli stava battendo forte il cuore; troppo, al punto da spaventarlo. Si alzò inquieto, compiendo un paio di giri della stanza per sbollire l'ira, tormentandosi le mani; non si accorse che anche Sanzo si era alzato fino a che non se lo trovò vicino, che gli porgeva un bicchiere di liquore forte e amaro. Lo accettò grato, e lo buttò giù tanto in fretta da non sentirne nemmeno il sapore, ma solo un'ondata di calore che gli attraversò la gola e si spanse nel petto. La testa gli girò, ma fu solo un attimo; si riempì il bicchiere e tornò a sedersi, non ancora del tutto calmo, anche se la rabbia ora era diretta solo verso se stesso.

"Non fraintendete: potrei sopportare di continuare a vivere tacendo. È il prezzo minimo per questi sentimenti."

"E perché mai? Li reputate forse….. sbagliati?"

"Non è il mio amore a essere sbagliato, ma ciò che con esso viene. La gelosia insana, l'odio, la falsità….. che mettono in pericolo le persone che ho vicino."

Mandò giù altro liquore, non tutto, ma quasi, e restò in silenzio a fissare il bicchiere, rigirandoselo tra le mani; poi un tremito, un movimento goffo ed esso gli sfuggì, infrangendosi a terra. Guardò i cocci sparsi come fossero una cosa strana e incredibile, e chinò la testa, stringendosi nelle spalle, soffocando una risata nervosa. Sanzo non disse nulla, e attese.

Attese che le ultime barriere crollassero, che ogni autocontrollo si dileguasse e il vero Liang venisse alla luce; come sospettava non ci volle molto.

"Una volta lo amavo e basta, e quel sentimento era fatto solo di luce. Non potevo confessargli i miei sentimenti ma ero felice lo stesso, perché ero la persona cui era più legato. Ma poi, con il passare del tempo….. l'amore mi ha portato all'odio - disse, alzando il viso e rivelando occhi che sembravano accesi dalla febbre - e anche oltre. L'odio per chiunque si avvicini al suo cuore, alla sua anima più del dovuto, più di me. L'odio per ciò che assorbe la sua attenzione. E temo, prima o poi, l'odio per lui in persona, perché non sono l'unica cosa che conti per lui. L'ossessione mi condurrà alla rovina."

Sanzo osservò Liang; il vestito stropicciato come si ci avesse dormito dentro, i capelli che disordinati sfuggivano la lunga treccia, e la sua espressione, come se ogni parola fosse un supplizio e una vergogna. Ma qualcosa ancora lottava per venire fuori, qualcosa più terribile dei sentimenti astiosi e della gelosia..

"Ma non è solo questo, vero? Quello che voi temete….. il male di cui avete paura….. è già accaduto."

Liang sorrise, socchiuse gli occhi scrutando il passato per poi tornare a guardare in faccia il suo interlocutore.

"Successe tempo fa, quando mia sorella era in attesa del suo secondo figlio; doveva essere al sesto mese, se ben ricordo. Per me quella era una nuova agonia, esattamente come quando era venuto al mondo Jin….. ma mi comportavo come se fosse la mia più grande gioia e non desiderassi altro che tenere presto fra le braccia il mio nuovo nipote. Un pomeriggio, passando lungo uno dei corridoi, sentii l'infantile voce di Jin persa in un qualche discorso di quelli che fanno i bambini quando ancora non sanno parlare bene. E ridacchiava, come per qualche bel gioco; mi affacciai alla stanza, per vedere che stesse accadendo. La balia si era assopita sulla poltrona e Jin….. ecco, in quella camera c'era una grande finestra dal davanzale molto basso e lui in qualche modo era riuscito ad arrampicarcisi. Stava lì, in bilico, si divertiva, sporgendosi a guardare di sotto, ed eravamo al secondo piano. Sarebbe bastato poco, pochissimo, perché si sbilanciasse e precipitasse. Io mi ghiacciai lì dov'ero, senza saper o voler muovere un passo; chiusi gli occhi e i pensieri che mi attraversarono la mente….. heh….. nessuno ti ha visto, voltagli le spalle e lascialo! Cadrà sicuramente, morirà, e per te sarà un bene!"

Liang si alzò, raccolse i cocci di vetro che erano rimasti a terra e dopo averli gettati andò a versarsi ancora da bere; non era da lui mandare giù così tanto alcol, ma quella sera sembrava sciogliergli la lingua, anestetizzargli il cuore, e ne aveva un estremo bisogno. Sentiva tutti i sentimenti negativi di quel giorno detestabile tornargli addosso, piovere dall'alto e conficcarsi nell'anima.

"Disgustato, vero? E lo sarete ancora di più dopo che vi avrò spiegato tutto il mio ragionamento. Mi dissi che se Jin fosse morto mia sorella sarebbe stata malissimo per il dolore. Lo shock l'avrebbe prostrata, e forse avrebbe perso anche il bambino che portava in grembo, già che la gravidanza era difficile. Conoscendola sapevo che da una cosa simile non si sarebbe più ripresa, che si sarebbe data la colpa di non aver tenuto sempre il piccolo con sé, nonostante le sue condizioni. E sapevo che Dewei si sarebbe trovato ad affrontare la situazione da solo, che sua moglie non gli sarebbe stata d'aiuto, anzi, il loro rapporto avrebbe potuto incrinarsi, e….. lui avrebbe avuto bisogno d'appoggio, di qualcuno che lo conoscesse bene e gli rimanesse vicino. E quel qualcuno….. sarei stato io. Avrei potuto approfittarne, usare quel momento di vulnerabilità per tornare ad essere per lui ciò che ero un tempo, e cacciare mia sorella dal suo cuore….. - si interruppe e dopo un momento di silenzio aggiunse amaramente - Bene, ora sapete che razza di persona sono."

"Ho l'impressione che nemmeno voi lo sappiate, piuttosto."

Di tutte le risposte che poteva dargli Sanzo, questa Liang non se l'aspettava; lo guardò senza capire, quasi deluso che non gli fossero state gettate in faccia le parole di disprezzo che sentiva di meritare.

"Jin mi sembra tuttora vivo, no? - riprese Sanzo, accendendosi una sigaretta - Quindi infine lo avete salvato….. o forse è caduto ed è rimasto illeso?"

"E' vero, alla fine lo presi in braccio e lo tenni con me per il resto del pomeriggio, ma….."

"Quindi è particolarmente stupido continuare a rodersi per qualcosa che non è accaduto."

"MA LO PENSAI! DESIDERAI LA SUA MORTE, E QUESTO BASTA!"

Urlando quelle parole sentì la voce spezzarsi si accorse delle lacrime che veloci fuggirono dagli occhi e gli segnarono le guance, gocciolando giù tiepide e salate. Non si curò di tergerle, non avevano importanza: non era umiliante quella reazione dopo un simile racconto. Fu un pianto quieto, senza lamenti e singhiozzi: quello era il dolore, che non riusciva più a contenere che silenzioso traboccava sua anima. Ma non bastava ad alleggerirla, perché sarebbe stato come sperare di vuotare l'oceano goccia a goccia.

"Perché alla fine toglieste il piccolo da quella finestra? Perché non lasciaste che l'incidente capitasse, e basta?"

"Io non….. non potevo. Non potevo fare questo a Dewei, non potevo sacrificare il bambino al mostro che ho dentro, anche se non gli voglio bene. Ma penso che - "

"Ciò che pensate non conta, essendo i vostri pensieri ingannevoli. È più importante quel che avete realmente fatto, piuttosto che quel che avete desiderato per un momento….. o che forse continuate a desiderare, ma che combattete, e che vi causa tanti sensi di colpa. Un mostro, come vi siete definito, non li avrebbe, e la vostra assoluzione è già in questo."

Liang si morse le labbra e si sentì sciocco e patetico. Forse era vero ciò che quel bonzo stava dicendo, egli non aveva ragione di mentire.

"A sentirvi si direbbe che io abbia ancora qualche speranza, per diventare un uomo rispettabile. Avete detto una cosa vera, che ora mi sembra ovvia, ma su cui non mi ero mai soffermato. Sembra che sappiate bene come aprire gli occhi alle persone."

"Sono solo abituato ad avere a che fare con gente che si autocommisera troppo facilmente."

Finalmente il sorriso di Liang fu un più sincero, e non solo una maschera. Non era guarito ma almeno cominciava a considerare la possibilità di poterci riuscire, almeno un po'.

"Però voglio partire lo stesso. Tagliare questi legami mi renderà più forte, mi farà venire a termini con me stesso. Prima in fondo lo temevo, ma ora so che è la soluzione migliore."

"E cercherete rifugio in un monastero, come avevate detto?"

"Per il momento sì: quiete e meditazione mi piacciono, e ne ho bisogno più di chiunque altro. Si vedrà se sarà per un mese, per un anno, o magari….. per sempre. Non lo escludo affatto. Forse non riuscirò a cancellare questo amore, ma ciò che conta è che la lontananza mi aiuti a smettere di odiare. "

Sanzo guardò il suo interlocutore mentre questi si alzava e si profondeva in un inchino formale, pieno di un rispetto che trovò eccessivo; a lui non sembrava d'aver detto nulla di speciale, in fondo.

"Grazie per avermi ascoltato, non credevo di avere tanto bisogno di parlarne con qualcuno, o di poter essere capito. Mi avete aiutato più quanto pensiate e ora….. ora sta tutto a me. - si avviò alla porta e sulla soglia si voltò lievemente verso Sanzo. Reclinò la testa da un lato - Chissà, se le cose fossero andare diversamente e voi foste vissuto sempre qui, fin dall'inizio….. forse non mi sarei innamorato di Dewei."

Esitò ancora un istante, pensando alle parole appena pronunciate e provando a immaginare quell'alternativa. Un se stesso dal cuore sereno quasi non gli sembrava possibile, tuttavia provò invidia per quel Liang che non era mai esistito, e offesa verso un destino che sembrava averlo preso in giro. Ma non aggiunse altro se non la buona notte e se ne andò a passi silenziosi.

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Hakkai e Gojyo si scambiarono un'occhiata perplessa, ma non dissero nulla. Stavano facendo colazione sotto il pergolato del giardino, tutti insieme come quasi sempre accadeva da quando erano in viaggio. L'insolito era la freddezza tra Sanzo e Goku: una cosa che per una volta apparteneva a entrambi, e non solo al bonzo. Erano scesi separatamente, non si erano nemmeno salutati; Goku guardava il suo compagno con il risentimento negli occhi, quasi accusa, mentre il viso di Sanzo era più che mai impenetrabile. Vederli così li preoccupava, forse più del dovuto. Ogni coppia litiga, è normale, ma il rapporto tra quei due era sempre stato molto particolare. Esclusivo.

La sensibilità di Goku, la chiusa freddezza del monaco….. il modo particolare in cui dipendevano l'uno dall'altro, legati come non sarebbe mai stato del tutto comprensibile per chi li osservava 'dal di fuori'. Un sentimento come il loro era sicuramente più forte di incomprensioni e litigi; di crisi ne avevano già passate e si erano risolte sempre tutte con un sottinteso e reciproco perdonarsi, anche se a dirla tutta generalmente era solo il bonzo a dovere delle scuse alla scimmietta. In cosa consisteva la differenza, quella volta?

I due demoni studiarono meglio i loro amici. Goku non sembrava addolorato per qualcosa che Sanzo potesse avergli detto o fatto; non c'era sconforto sul suo viso, ma permalosità e risentimento. Non il desiderio di fare pace, ma quello di fomentare la lite.

Sanzo di suo sembrava voler ignorare Goku, come se considerasse il suo comportamento così sciocco da non meritare attenzione; la sua ostentata indifferenza doveva urtare ancor più del solito il ragazzino.

Di comune accordo, scambiandosi semplicemente uno sguardo, Gojyo e Hakkai si alzarono e lasciarono soli i loro compagni.

Per almeno dieci minuti i due continuarono imperterriti nel silenzio, fino a quando Sanzo perse definitivamente le staffe.

"E allora, scimmia idiota, si può sapere che ti prende? E dove sei finito ieri?"

"E che ti importa? Mi avevi mandato via tu."

Ribattè il ragazzino, senza alzare gli occhi, e il bonzo dovette trattenersi per evitare di dargli qualcosa di peggiore di una ventagliata in testa.

"Volevo che uscissi per un po', non che restassi in giro tutta la notte."

"Già, però non mi sei nemmeno venuto a cercare. Non ti sei preoccupato più di tanto."

Ora davvero Sanzo sentiva prudere le mani: detestava vedere Goku impuntarsi come un mocciosetto. Non che fosse la prima volta, ma di solito si trattava di un atteggiamento scherzoso, di un modo per giocare, ben diverso da quella stupida irragionevolezza, da quelle ripicche capricciose. Erano così insensate da non meritare nemmeno una risposta. Ancora non sapeva che il sentimento che aveva messe le parole in bocca a Goku era la gelosia, e forse era meglio così: non avrebbe capito, non avrebbe giustificato e rassicurato. Sanzo non disse più nulla, ostentatamente aprì il giornale, privando di ogni attenzione il ragazzo.

E Goku si zittì, anche se si sentiva ribollire. Lui aveva sentito, la sera precedente. Quando era stato mandato via, per un po' si era allontanato ma aveva poi fatto ritorno per origliare, appena in tempo per udire l'ultima parte del discorso.

Aveva sentito anche quella frase pronunciata da Liang. Solo il tempo di recepirne il senso, ed era già corso via, come se le parole l'avessero scottato. Eppure esse avrebbero dovuto spegnere la gelosia, anziché ravvivarla, poiché in fondo Liang non aveva che dichiarato amore per una persona che non era Sanzo. Avrebbe dovuto sentirsi lusingato, perché esse non erano state altro che un gran complimento fatto al suo compagno. Avrebbe dovuto provare compassione per un amore segreto ed impossibile, e comprendere simili sentimenti, in virtù del fatto che lui stesso li aveva tenuti a lungo rinchiusi dentro sé.

Invece ora Liang gli sembrava ancora più pericoloso, come se lo ritenesse pronto a riversare l'amore per Dewei sul suo Sanzo, e farne un sostituto. Come se volesse illudersi che per la loro somiglianza fossero la stessa persona, come se volesse portarlo via a lui.

Un pensiero che non avrebbe potuto essere più lontano dalla verità, ma che non lo lasciava in pace.

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"Sei preoccupato, Gojyo?"

"Sì, a dire il vero. A te non sembra….. non ti sembra che la relazione tra il bonzo psicopatico e la stupida scimmia non sia equilibrata? Goku ha sempre dimostrato di tenere a Sanzo sopra ogni altra cosa: soffre quando lui e depresso e soffre ancor di più se non lo può aiutare. Sta male se lo tiene a distanza, dà sempre troppa importanza alle sue parole, e Sanzo non se ne cura anche ora che sono una coppia….. beh, non posso dire come siano in privato….. ma scommetto che un po' di tenerezza a quello lì bisogna strapparla con le tenaglie. Non mi sembra granché il suo modo di dimostrare amore."

Hakkai tacque, poi sorrise sovrappensiero e rispose.

"L'acqua fangosa e l'acqua pura."

"Non ti seguo."

"L'amore è come l'acqua. Quando l'acqua è fangosa, l'acqua pura è sempre presente, anche se mescolata con il fango non la si può identificare. Perché se non fosse presente, l'acqua fangosa non potrebbe esistere. Così è l'amore di Sanzo….. macchiato da difetti che lo rendono difficile e complicato, ma è amore senza dubbio. Il suo amore difficile esiste perché in fondo ad esso c'è un amore puro."

"Sotto questo punto di vista non ci avevo pensato….. probabilmente hai ragione."

Hakkai sorrise e scosse la testa.

"Non è un pensiero mio. Ho preso a prestito un concetto di un uomo molto saggio, che una volta cercava di spiegare con parole semplici la chiara luce, l'essenza dell'essere individuale. Credo di averne anche modificato il senso, in effetti, ma mi sembrava che il paragone si potesse applicare, non credi?"

"Già. Indubbiamente l'amore c'è, ma penso lo stesso che la loro relazione sia sbilanciata, in qualche modo. E una relazione sbilanciata è poco salutare."

Hakkai resto in un silenzio assorto, e Gojyo riconobbe la malinconia sul suo volto. Un sentimento che vi vedeva troppo spesso, e che si malediva per non essere ancora riuscito a cancellare. Il ragazzo abbassò gli occhi verdi e parlò con un sorriso che faceva tremendamente male al cuore.

"Non posso dire quale sia il modo giusto di amare….. in fondo ho amato volta soltanto. Forse tutti gli amori sono sbilanciati….. quelli veri, almeno. Quando mettiamo una persona sopra tutto il resto, sopra noi stessi, inevitabilmente il baricentro della nostra esistenza si sposta. E questo può darci o toglierci equilibrio. Io credo che Goku abbia su Sanzo un potere pari a quello che il nostro bonzo esercita su di lui….. solo che Sanzo non si permette di darlo a vedere."

Che poteva rispondere, si chiese il mezzo demone. Lui forse aveva ancor meno diritto di esprimere un giudizio, perché se Hakkai aveva amato una volta sola, a lui non era mai capitato. Tante donne, tante avventure, tante conquiste, e nessuna che gli avesse davvero fatto battere il cuore. Sapeva tutto dell'arte della conquista, della seduzione, del sesso, e niente dell'amore. Non ne aveva bisogno, stava benissimo così, si era sempre raccontato, riuscendo a convincersi, ma ormai qualcosa era cambiato….. perché erano cambiati i suoi sentimenti per qualcuno.

La felicità è ciò che si augura per gli amici….. per questo desiderava vedere Hakkai libero dalle ombre del passato, dal rimpianto.

Per questo provava antipatia per Kanan, anche se non l'aveva mai conosciuta, perché con il suo atto orribile ed egoista aveva segnato per sempre la vita di Hakkai, si era portata nella tomba la sua gioia di vivere, lo aveva condannato al senso di colpa e aveva reso inutile il delitto da lui commesso per trovarla e liberarla. Kanan aveva scelto la fuga, abbandonando il suo compagno, senza preoccuparsi del suo destino, ignorando l'uomo che l'aspettava e che l'amava sopra ogni altra cosa.

Si era suicidata anche per non mettere al mondo un bambino che sarebbe stato un tabù, un bambino che sarebbe stato come lui, dagli occhi e i capelli scarlatti. Un bambino che non aveva colpe.

No, non riusciva a sentire benevolenza o comprensione per quella donna, ma al suo amico non lo avrebbe mai detto.

Continuava a riferirsi a lui come amico, amico….. e non era più completamente vero. Non era più soltanto quello. E quella era un'altra cosa che non sapeva se avrebbe mai potuto dirgli.