I bellissimi personaggi di Takehiko Inoue appartengono a lui ed ai suoi editori, a me non viene in mano niente, ci ho solo giocato innocentemente per qualche mio raccontino. Mi perdoni, Papà Inoue?!?


A Spring afternoon

-by Chocolat-

dedicata a Tira-Chan

 

Soichiro Jin attraversava distrattamente il cortile della scuola media che frequentava; stava raggiungendo la palestra, dove si sarebbe allenato con il club di basket.

Quel giorno, però, Jin non provava il solito entusiasmo all'idea di praticare il suo sport preferito. Era confuso, stranito; non guardava nemmeno dove metteva i piedi, concentrato com'era sul foglio che stava tenendo in mano.

Si trattava di una lettera che aveva trovato quella mattina nell'armadietto; una busta bianca, senza mittente, chiusa con un cuoricino di velluto rosso. (1) Una dichiarazione d'amore, insomma...

Non era la prima volta che gli capitava: a quattordici anni, Jin era già alto più di un metro e ottantacinque e, sicuramente, era destinato a crescere ancora; non poteva certo passare inosservato, tra giovani studentelli giapponesi. Certo, forse era un po' esile e gracilino; ma sopperiva a questo inconveniente con la grazia e l'eleganza naturale che lo caratterizzavano, insieme ad un paio di grandi occhi neri, anche quelli così poco comuni ed un viso dai lineamenti dolcissimi; aveva la pelle bianchissima e levigata, senza nemmeno una delle imperfezioni che, di solito, sono sgraditi ospiti sui visi degli adolescenti.

Forse, l'unico difetto davvero tangibile di Jin era la sua grandissima, irrecuperabile timidezza.

Non l'aveva aiutato neppure la pallacanestro, in questo, anzi; anche se non giocava male, la sua insicurezza non gli permetteva mai di dare il meglio di se, nemmeno in palestra. Era così concentrato a non sbagliare, che non riusciva a correre veloce come avrebbe voluto o saltare in alto quanto le sue lunghissime gambe gli avrebbero consentito; inoltre, quando sapeva di essere osservato, valutato o giudicato, i suoi movimenti diventavano persino scoordinati, tanto che l'insegnante di educazione fisica aveva persino sospettato qualche problematica psicomotoria...

In poche parole, per Jin, quel corpo così gradevole e longilineo era solo un grande impaccio.

Gli sembrava di non essere mai al proprio posto, di non riuscire mai ed evitare di urtare qualsiasi cosa si trovasse sul suo cammino, di non stare mai troppo comodo nei vestiti... Si sentiva goffo ed impacciato e quell'aria angelica che gli aleggiava sul volto contribuiva a renderlo ancora più insicuro; sapeva che gli altri ragazzi ridevano di lui, che, alle spalle, lo chiamavano 'femminuccia' e sentiva le ragazzine ridere quando passava loro accanto.

Ciò che proprio non immaginava era che le risatine da parte delle ragazze non erano di scherno, ma si trattava di un modo infantile ed un po' sciocco per esprimere i loro apprezzamenti; e, d'altra parte, che i commenti cattivi dei ragazzi erano dettati anche un po' dall'invidia...

In ogni caso, quella che stava tenendo in mano era la quarta lettera che riceveva, da parte di una ragazza; le altre volte aveva fatto finta di nulla, un po' perché non conosceva tanto bene le ammiratrici in questione, un po', appunto, perché in ogni caso era troppo timido per tentare un qualsivoglia approccio.

Quella volta, però, le cose erano leggermente diverse: il nome della ragazzina autrice di quella missiva si era impresso a fuoco nelle retine di Jin e l'aveva mandato in uno stato di totale confusione.

'Momoko-chan...'

L'ammiratrice del caso era, nientemeno, la ragazzina dai lunghi capelli castani e dal sorriso dolce che stazionava nella squadra di softball; molto spesso, passando accanto al campo da baseball, aveva sorpreso la squadra femminile giocare e si era fermato a guardare, imbambolato, quella piccola lanciatrice tutto pepe che sarebbe sicuramente riuscita a mettere in difficoltà qualsiasi battitore della squadra maschile che avesse avuto il coraggio di sfidarla.

Era riuscito a conoscerne il nome, Momoko; ogni volta che poteva, andava a guardare gli allenamenti di softball per godersi lo spettacolo di lei che giocava, sorridente, con i capelli pettinati in due codini fermati con i nastri rosa che le fuoriuscivano dal cappellino.

E, un giorno, l'aveva sorpresa a 'spiare' gli allenamenti di basket, insieme ad un paio di amiche; gli sembrava che guardasse proprio lui e gli sorridesse, ma si era anche subito convinto che non poteva che essere frutto della sua immaginazione. Perché una ragazza piena di vita e carina come Momoko avrebbe dovuto interessarsi proprio a lui?

Eppure, quella che aveva in mano era proprio una sua lettera, ne era sicuro; non poteva nemmeno pensare allo scherzo di qualche compagno di classe un po' sadico, visto che non ne aveva mai parlato con nessuno, custodendo nel cuore quel sentimento così dolce come se fosse stato un tesoro ...

Il foglio riportava, letteralmente, queste parole:

"Soichiro Jin, centro della squadra maschile di pallacanestro, sei molto carino. Mi inviti al LunaPark, domenica pomeriggio?

Momoko-chan."

Sarebbe stato bellissimo fare una passeggiata con Momoko, ma... Invitarla? Dove avrebbe trovato il coraggio di avvicinarla e chiederle di uscire, per quanto fosse stata proprio lei ad incoraggiarlo?

No, non ce l’avrebbe mai fatta, la timidezza avrebbe vinto anche questa volta… E lui avrebbe fatto la figura del perfetto idiota con la ragazza che gli piaceva, per non parlare del fatto che lei, sicuramente, sarebbe stata delusa e ferita dalla sua eventuale indifferenza e avrebbe forse divulgato la notizia a tutta la scuola…

‘Che pasticcio, uffa! Avrei preferito che fosse rimasto per sempre così, io a guardare lei, lei a guardare me, e basta! Era così romantico… Accidenti, ma che vado a pensare?!? Dovrei essere contento, e invece… Che ci sia qualcosa che non va, in me?’

Perso in quei tormentati pensieri adolescenziali, Jin raggiunse la palestra e, successivamente, gli spogliatoi, sempre con gli occhi incollati al foglio che aveva in mano e sospirando un passo sì e tre no.

Cercando di pensare ad una soluzione per il dilemma che lo affliggeva, Jin non si accorse del ragazzo che stava uscendo, con la sua tipica foga, dagli spogliatoi e si scontrò in pieno con lui.

"Oh, scusa tan… Oh, ciao, Fukki!" Salutò Jin, quando riconobbe il ragazzo in cui si era appena imbattuto.

"JinJin… Sei in ritardo. Dai, vatti a cambiare, che cominciamo ad allenarci!", gli disse l’altro di rimando, accompagnando la frase con un paio di vigorose pacche su una spalla, per poi correre verso la palestra.

Jin fu come colto da un’illuminazione. Sgranò ancora di più i suoi occhioni neri e gli angoli della sue belle labbra piene si incurvarono in un sorriso. Forse, poteva farsi aiutare un po’ da qualcuno… entrò negli spogliatoi, sedette sulla panca di legno e, prima di cominciare a spogliarsi, ripose con cura la lettera che teneva in mano, ormai, da più di mezz’ora e la ripose con cura nella sua busta. Dopodiché, si cambiò, infilandosi un paio di calzoncini bianchi ed una maglietta blu e si diresse in palestra.

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Per tutta la durata della sessione di allenamento, gli occhi di Jin erano rimasti incollati su Kitcho Fukuda, il ragazzo che aveva incontrato entrando in spogliatoio.

Jin lo ammirava moltissimo.

Certo, Fukuda non era il tipico studente modello, né quello che i genitori amano vedere come migliore amico accanto al proprio figlio... I suoi gestivano un chiosco vicino alla stazione di Kanagawa e sembravano essere piuttosto agiati, dal punto di vista economico; il problema era che rimanevano pur sempre due persone piuttosto ignoranti e un po’ rozze e che Fukuda era cresciuto per la strada con tutto ciò che ne conseguiva.

Ma Jin non era certo il tipo di persona che si permetteva di giudicare qualcuno solo in base alle apparenze; lui aveva notato immediatamente che c’era qualcosa di buono, in quel ragazzo piantagrane, strafottente e un po’ sbruffone.

Fukuda era ancora un principiante nel basket ma era già riuscito a distinguersi per la sua energia e la sua forza di volontà e questo, per Jin, era già un motivo sufficiente per stimarlo; inoltre, a conoscerlo bene non era per niente il teppistello che sembrava.

Anzi, era una persona che, a saperla prendere nel modo giusto, ti regalava anche il cuore.

Era il tipo che si fermava dopo gli allenamenti ad aiutare i ragazzi che avevano più difficoltà, trattenendosi in palestra per ancora un paio d’ore; che stava ad ascoltare i problemi di tutti, che era capace anche di mettersi a discutere (piuttosto violentemente, da quanto avevano raccontato a Jin) con un insegnante quando riteneva che un suo compagno fosse stato trattato ingiustamente… Jin si rammentò dell’episodio a seguito del quale aveva deciso di riporre tutta la sua fiducia nell’amicizia di Fukuda.

Un pomeriggio, recandosi agli allenamenti, era stato circondato da un gruppetto di teppisti. Erano in quattro, gli stessi che aveva sorpreso qualche giorno prima mentre estorcevano denaro ad una matricola, minacciandolo con un coltello. Jin aveva dovuto fare appello a tutto il suo coraggio per denunciarli al Preside, ma l’aveva fatto: il suo senso della giustizia non poteva ammettere l’omertà, era più forte di lui. Quel giorno, comunque, quei quattro l’avevano fermato con il chiaro intento di vendicarsi. Jin era spaventato a morte, anche se faceva del suo meglio per nasconderlo: era alto, si, ma sapeva bene di non essere tanto forte e, comunque, completamente negato per fare a pugni… Cosa in cui, invece, i suoi avversari erano espertissimi. Dopo un pugno in piena faccia ed uno alla bocca dello stomaco, era caduto in ginocchio, quasi incosciente; era già rassegnato a venire picchiato a sangue, quando aveva sentito uno dei ragazzini che lo stavano importunando gridare di dolore; aveva alzato lo sguardo, cercando di mettere a fuoco la scena che si stava svolgendo davanti ai suoi occhi, ancora piegato in due dal colpo che aveva ricevuto: Fukuda era in piedi dietro a quello che veniva considerato il capo del gruppo e gli teneva un braccio dolorosamente piegato dietro alla schiena.

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‘Davvero bravi, quattro contro uno!’

‘F… Fukuda!!!’

‘Andatevene subito’

‘Hey, un momento! La cosa non ti riguarda. Lasciaci sistemare questa checca, e… Aagh!!!’

‘Capo!!! Lascialo, maledetto!’

‘Volete che gli spezzi il braccio?’

‘Dannato…’

‘Andatevene immediatamente, se non volete che lo faccia davvero…E, la prossima volta, per le vostre bravate scegliete un posto più lontano dalla palestra, così non rischiate di incontrarmi di nuovo’’

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‘…Stai bene, JinJin?’

‘S… Si, credo di si… Grazie, Fukuda…’

‘Quando vuoi… E ricordati, se provano ancora a darti fastidio, vieni subito da me… Li sistemo io…’

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Jin sorrise, sentendosi riempire di calore rispolverando quei ricordi… Senza dubbio, agli occhi del timido, impacciato, insicuro Jin, Fukuda era un ragazzo davvero in gamba. Senza contare che, da quanto ne sapeva lui, pur essendo non proprio carino aveva un certo successo con le ragazze… Perché, dunque, non farsi aiutare da lui per il problema Momoko?

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Jin se ne stava imbambolato, con indosso soltanto i pantaloni e tenendo in mano la camicia che ancora doveva indossare; fissava il suo compagno di squadra che, in quel momento, si stava tamponando i capelli umidi con un asciugamano di spugna. Era girato di schiena, e ad ogni movimento delle sue braccia i muscoli dorsali si contraevano, lasciandosi intravedere sotto la pelle color mandorla.

Quando Fukuda si voltò, lo trovò così, con quei suoi occhi neri enormi e sgranati e le labbra socchiuse, come se fosse rimasto incantato ad osservare qualche meraviglia della natura.

"Hey, JinJin! Che hai da startene lì imbalsamato come una statua di sale?", gli chiese, sorridendogli."Come mai non ti sei ancora vestito?"

Jin arrossì, un po’ perché si sentì all’improvviso spudorato ed inopportuno ad aver tenuto gli occhi incollati al corpo di Fukuda per tutti quei lunghissimi minuti, un po’ anche per il soprannome con cui era appena stato chiamato. Fukuda si rivolgeva sempre a lui in quel modo, avrebbe dovuto esserne felice: significava che era annoverato tra le schiere dei suoi pochi amici, se aveva deciso di concedergli tanta confidenza… Eppure, ogni volta che la sua voce articolava quel vezzeggiativo, lui si sentiva particolarmente imbarazzato.

Quel lieve rossore si notò immediatamente sulla sua pelle bianca, anche nella penombra che ormai avvolgeva gli spogliatoi; abbassò gli occhi, lasciandosi così sfuggire il sorrisetto, colmo di tenerezza, che aveva incurvato le generose labbra del suo amico.

Jin aveva fatto in modo di metterci più tempo possibile a fare la doccia e a rivestirsi; sapeva che Fukuda era sempre l’ultimo ad andare a cambiarsi, dato che passava qualche minuto più degli altri in palestra ad allenarsi nei tiri.

Avrebbe dovuto riuscire ad ogni costo a trovarsi solo con lui, se voleva parlargli di Momoko e chiedergli qualche consiglio… Non voleva che nessun altro venisse a sapere del suo piccolo segreto.

Così, adesso si stava vestendo mentre il suo compagno era appena uscito dalla doccia e, guardandolo, si era reso conto che Fukuda aveva un fisico già sviluppato, da ragazzo grande, atletico e piuttosto muscoloso; stava bene con qualsiasi cosa indossasse e si comportava con una tale naturalezza… Era ovvio che piacesse tanto alle ragazze.

Jin si riscosse dalle sue elucubrazioni mentali e si risolse a rispondere:

"Ecco, io… Veramente, volevo parlarti."

Fukuda, che aveva cominciato a vestirsi, indossando un paio di jeans scoloriti e tatticamente strappati su un ginocchio, si fermò e lo guardò dritto negli occhi."

"Ah… E’ una cosa grave? Qualcuno ti ha dato fastidio?", chiese, diventando subito scuro in volto.

"No, no… E solo che ho bisogno di un consiglio, Fukki." Jin arrossì di nuovo, ma cercò di sorridere per alleviare la tensione e per togliere dal viso di Fukuda quell’espressione da teppista arrabbiato che aveva il potere di metterlo davvero in agitazione.

Accidenti, se mi sento stupido! Come faccio a dirgli che non ho il coraggio di chiedere un appuntamento ad una ragazza che mi ha confessato di piacerle? Mi prenderà per un idiota… E io non voglio fare brutta figura con lui!’

Jin stringeva nervosamente la camicia che teneva ancora in mano, dondolandosi da un piede all’altro e cercando di non incrociare lo sguardo del compagno. Si sentiva a disagio, agitato e non sapeva bene nemmeno lui perché.

Ad un tratto, una mano decisa gli batté sulla spalla.

"Coraggio, mettiti addosso quella camicia, se no la riduci ad uno straccio e non è certo da te andare in giro con le cose sgualcite, mh?… Poi mi dirai tutto."

Jin si sforzò di sorridere, anche se l’imbarazzo, dentro di lui, stava crescendo paurosamente, fino a prendere il sopravvento sulle altre emozioni.

Non riuscirò mai a chiederglielo…

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I due ragazzi uscirono dagli spogliatoi, borse in spalla; Jin continuava a tenere gli occhi bassi e solo lui sapeva quanto avrebbe desiderato dimenticare tutto, montare sulla sua fedele bicicletta e tornare a casa di corsa.

Ma Fukuda gli aveva già appoggiato un braccio intorno alle spalle e lo guardava con intenzione.

"Allora? Vogliamo andare a bere qualcosa, così ne parliamo tranquilli?"

Jin si arrestò di colpo; inconsciamente, si rannicchiò un po’ di più in quell’abbraccio, come per cercare un po’ di sicurezza ed il coraggio che gli mancavano. Poi sorrise, guardando finalmente l’amico negli occhi.

"Forse… Kami sama, scusami, mi sento così scemo! Non so nemmeno io come iniziare il discorso!" Esclamò Jin con la massima spontaneità, arrossendo di nuovo e guadagnandosi un altro tenero sorriso da parte del compagno che, però, gli sfuggì di nuovo, anche se percepì chiaramente il lieve intensificarsi della stretta attorno alle spalle.

"…Vieni con me.", gli sussurrò Fukuda, in tono quasi complice, mentre la sua mano lasciava la presa sulla spalla di Jin e scivolava più in basso, afferrandogli la sua in una presa decisa e cominciando a trascinarlo.

Jin ridacchiò.

"Dove mi porti?" , chiese, incuriosito. Il suo cuore aveva saltato un battito quando il suo compagno gli aveva preso la mano come se fosse stato un bimbo piccolo… O una ragazza…

Ma che mi succede? Perché la sua presenza mi fa sempre sentire tanto indifeso… Tanto inadeguato?

"…Nel magazzino!", rispose allegro Fukuda.

"Nel magazzino?!? Ma…" Jin non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase che si ritrovò rinchiuso assieme a Fukuda nello stanzone adiacente alla palestra, dove erano accatastate le diverse attrezzature sportive di cui si avvalevano gli studenti della scuola; palle e palloni di varie misure e materiali erano raccolte in canestri di metallo, impilati l’uno sopra all’altro; mazze da baseball, spade di bambù e racchette da tennis arredavano le pareti, affisse a supporti più o meno consoni; cavalline, assi d’equilibrio ed altri attrezzi ingombravano il resto della sala, ma lo spazio maggiore era occupato dai tappeti-materassino; ce n’erano tantissimi, addossati alle pareti, ammucchiati sul pavimento, piazzati tatticamente tra un attrezzo e l’altro a mo’ di imbottitura… Sembrava quasi di essere in una camera imbottita di quelle che si usano negli istituti di igiene mentale, pensò Jin. Non era la prima volta che entrava in magazzino, c’era stato tante volte per prendere o riportare palloni da basket e materassini; semplicemente, non era mai successo alla fine degli allenamenti, quando tutto il materiale era stato riposto e quella grande stanza sembrava così piena, così piccola, così… sicura.

Fukuda fece scivolare il borsone da ginnastica dalla spalla e Jin lo imitò, un po’ esitante; poi, le mani di Fukuda si appoggiarono decise sulle sue spalle, spingendolo verso una delle pile di materassini che giacevano a terra, con un sorriso divertito ad incurvargli le labbra carnose. Jin ridacchiò a sua volta, notando che gli occhi piccoli e stretti di Fukuda si addolcivano molto, quando sorrideva; lasciavano intravedere un assaggio di quella che era la sua vera natura, a dispetto della facciata da teppista che mostrava a tutti quanti.

Jin si lasciò docilmente mettere a sedere sui materassini, mentre Fukuda si accucciava accanto a lui i una comoda posizione a gambe incrociate.

"Benone… Qui non ci sente nessuno, non ci vede nessuno così non rischi che nessuno ti faccia domande su quello di cui vuoi parlarmi… Allora?", indagò Fukuda in tono scherzoso, fissando Jin negli occhi e continuando a sorridere.

Jin rise di cuore. Non aveva senso farsi tanti problemi a parlare con lui, tanto, dall’atteggiamento che aveva, Fukki sapeva senz’altro di già qual’era il motivo di tanto mistero.

"Ecco…", provò a cominciare Jin ma poi, ricambiando lo sguardo del compagno, scoppiò di nuovo a ridere, non riuscendo a continuare.

"…Si tratta di una donna, eh?", chiese Fukuda, allargando un po’ il suo sorriso e fissando Jin con ancora più intensità, mentre avvicinava un poco il viso al suo, come per incalzarlo a parlare.

"Già. Si, si! Non ci posso ancora credere… Momoko-chan!" Confessò finalmente Jin, sentendosi arrossire fino alla radice dei capelli.

"Chi, quella che gioca a softball? Quella del secondo anno?"

"Proprio lei…"

"…Vuoi chiederle di uscire?"

"Non proprio… O meglio, si, ma…" Jin si arrestò un momento, poi tirò fuori dalla tasca della giacca la lettera che aveva portato tanto scompiglio nella sua vita delle ultime ore e la passò a Fukuda, senza parlare oltre.

Quest’ultimo la lesse con attenzione e si concesse una risatina soffocata.

"Beh, scusa, JinJin, ma allora dove sta il problema?", domandò, divertito.

"Il problema… E’ che io sono uno stupido e no so come fare ad avvicinarla e parlarle… Non ne avrò mai il coraggio, capisci? E poi… E poi…" Jin abbassò di nuovo gli occhi ed il sorriso sparì sul suo bel viso.

Fukuda richiuse la lettera e gliela infilò nella tasca della giacca che indossava; poi, si girò in modo da essergli proprio di fronte e rimase a fissarlo, seduto sui talloni. Jin lo guardava a sua volta, senza capire.

Fukuda lo studiò, piegando la testa leggermente da un lato, scrutandolo da capo a piedi con occhio clinico. Poi sospirò.

"Allora… Il coraggio per chiederle un appuntamento lo devi trovare, anche perché lei non sta aspettando altro, ti pare? Possiamo fare un po’ di prove, se vuoi…"

"Prove?!?"

"Già! Dai, fammi sentire come glielo chiederesti!"

Jin sorrise, divertito. Si schiarì la voce.

"Momoko-san… Mi faresti il grande onore di volermi fare compagnia, stasera… Hey, che ho detto di male?"

Gli occhi di Fukuda si erano rimpiccioliti ancora di più, a causa della mezza smorfia di disgusto che era comparsa sul suo viso.

"No, no e no! Ricorda che è stata lei a chiederti di uscire, quindi ti devi dimostrare sicuro e determinato! E, per favore, cerca di non arrossire!"

"Ma come faccio a non arrossire?!? Vabbé, allora… ‘Sarei-molto-lieto-di-portarti-al-LunaPark-Momoko-chan’ Così va meglio?"

"Così va benone!"

Jin sospirò, sollevato per l’approvazione dimostrata da Fukuda; subito dopo, guardò timidamente il compagno negli occhi.

"Ecco… Io non sono mai uscito da solo con una ragazza", disse in un fiato, stringendosi nelle spalle come se stesse per morire di vergogna, ma tenne ugualmente lo sguardo incollato a quello di Fukuda; vide il viso dell’amico attraversato da un lampo d’incredulità, sostituito immediatamente da un’espressione… Divertita? Canzonatoria? O forse… Compiaciuta? Per un momento, Jin si sentì come se fosse in pericolo, anche se non sapeva bene come mai. Un brivido gli corse lungo la schiena.

Fukuda lo guardò, sorridendogli con malizia.

"Oh… Allora è per questo, che hai chiesto il mio aiuto…" Gli sussurrò, con voce profonda.

Jin non disse nulla, limitandosi a sorridergli, imbarazzato.

"…Beh, in effetti, si dice che Momoko-chan sia una ragazza piuttosto sveglia… Mh, forse è davvero il caso che ti dia un po’ di dritte", sentenziò Fukuda, con aria da professore.

"…Cosa intendi per ‘sveglia’?"

"…Che non è esattamente il tipo con cui devi limitarti a lunghe passeggiate mano nella mano e cavolate simili… Capito, JinJin?" Fukuda strizzò l’occhio, continuando a fissare Jin in un modo tutt’altro che innocente.

Jin, dal canto suo, arrossì talmente tanto da sentirsi scottare la punta delle orecchie. Abbassò gli occhi, non riuscendo a sostenere lo sguardo penetrante dell'amico.

"...Non dovrebbe bastare un bacio sulla guancia, al primo appuntamento?", chiese speranzoso Jin, con un filo di voce e senza staccare gli occhi da terra. Gli sembrava di andare a fuoco... Eppure, avrebbe dovuto essere normale parlare di certe cose con un altro ragazzo...

Udì la risatina sommessa di Fukuda e, improvvisamente, desiderò di trovarsi in qualunque altro posto all'infuori di quel magazzino in penombra; si sentiva irrimediabilmente stupido e pregò perché quella giornata iniziasse da capo, senza nessuna lettera nell'armadietto e senza alcun appuntamento da affrontare.

"...Beh, questo dipende da lei. Magari potrebbe essere più... Esigente, ecco", giunse, infine, la risposta di Fukuda.

Jin fece un sospiro profondo, cercando di rilassarsi; trovò un po' di coraggio per rialzare gli occhi sul viso del compagno, solo per sentirsi stranamente a disagio... Fukuda gli stava sorridendo, ma c'era qualcosa, nella sue espressione, che non lo faceva sentire completamente tranquillo.

"Accidenti... Perché deve essere tutto così complicato? Pensavo che una lettera di Momoko-chan avrebbe significato il paradiso in terra, per me, e invece... Non posso uscire con lei, Fukki! La deluderei... Non potrei mai... Insomma... Non riuscirei mai a baciarla sulla bocca, non so nemmeno come si fa!", si sfogò Jin, tormentandosi le mani e rivolgendo a Fukuda uno sguardo da cucciolo indifeso che avrebbe intenerito anche un golem.

"... Beh, tutti hanno questo problema, la prima volta, sai?"Così dicendo, Fukuda allungò lentamente una mano e prese il mento di Jin tra le dita, sollevandogli il viso che si era nuovamente abbassato, in segno di sconfitta; Jin sorrise, confortato da quel tenero gesto d'amicizia.

"Anche tu?" Chiese, allargando il sorriso, improvvisamente sollevato per il fatto che, almeno, Fukuda sembrava non avere la minima intenzione di prenderlo in giro.

"Mmmhhh... Beh, diciamo che tutti hanno qualche problema all'inizio a meno che... A meno che non siano indottrinati con qualche valido consiglio da un amico fidato!", assicurò Fukuda, appoggiando entrambe le mani sulle spalle di Jin e continuando a fissarlo negli occhi.

"Oh… Io… Credevo che certe cose fossero istintive…"

"Oh, beh… Si, certo…Ma qualche piccolo consiglio tecnico non guasta mai… Anche se è sempre il talento naturale a farti avere successo con le donne…"Il sorriso di Fukuda si addolcì e Jin cominciò a sentirsi al sicuro; la presa decisa sulle spalle gli trasmetteva calore e fiducia e la penombra ed il tepore del magazzino erano improvvisamente confortevoli e rilassanti.

"Dunque… Vediamo se riesco a sciogliere un po’ il ghiaccio… Per prima cosa, proviamo con un semplice bacio sulle labbra", continuò Fukuda, diventando tutto serio.

"Co… Come, ‘proviamo’?!?" Jin arrossi di nuovo paurosamente, sentendo all’improvviso il cuore balzargli in gola. Aveva sentito bene, non c’era dubbio; ma, forse, non aveva capito cosa intendeva Fukuda…

"Semplice: per riuscire a baciare una ragazza con naturalezza, senza mostrarti insicuro, ti devi allenare… Un po’ come quando lanci la palla a canestro. Più ti alleni, più il tiro viene bene."

I grandi occhi di Jin si sgranarono all’inverosimile. I suoi lineamenti delicati si contrassero in una lievissima smorfia di disgusto.

"Cosa?!? Non vorrai dire che dovremmo baciarci noi due, vero?!?", chiese, con un’ombra di ilarità nella voce e un’espressione incredula dipinta sul viso.

"Oh, no… Sarai tu, che bacerai me. Io non ho bisogno di pratica… Modestamente", spiegò Fukuda, lasciando andare le spalle di Jin e abbassando le braccia lungo i fianchi. "Avanti, non fare quella faccia! Guarda che abbiamo imparato in tantissimi, in questo modo… Per non parlare delle ragazze, per loro è naturalissimo."

"Ma…"

"JinJin…" Il tono di Fukuda era di dolce ammonimento.

Jin si concesse una risatina; inspirò profondamente e poi, con un movimento improvviso, si slanciò in avanti e fece in modo di toccare le labbra di Fukuda con le sue in un bacio fulmineo. Si sentì il sangue salire al viso con tale velocità da fargli girare la testa e per reazione si mise a ridere come una ragazzina.

Fukuda sorrise e, sospirando, rivolse gli occhi al cielo.

"...E questo cos'era?", domandò a Jin. Quest'ultimo non rispose, limitandosi a continuare a ridacchiare, conservando quel delizioso colorito porpora sulle guance.

"Allora... Quando baci una ragazza, di solito, devi fare in modo di toccare dolcemente le sue labbra con le tue... E devi cercare di tenercele appoggiate almeno qualche secondo. OK?", spiegò pazientemente Fukuda.

"OK!"

"Bene... Riprova!"

"Ma... Oh, uffa!"Jin protestò debolmente, ma obbedì senza lamentarsi troppo; in fondo, la situazione lo divertiva. Aveva pensato che sarebbe stato molto più umiliante chiedere consigli sul suo primo appuntamento, ma Fukuda riusciva a rendere tutto quanto talmente poco serio...

Jin cercò di seguire le direttive dell'amico, avvicinandosi il più lentamente possibile a quelle labbra così piene; stavolta tenne gli occhi aperti, per essere certo di non sbagliare mira. Il cuore gli batteva velocissimo; era molto diverso dal movimento fulmineo di poco prima… Tuttavia, riuscì a non perdere la concentrazione e a portare a termine l’azione, appoggiando delicatamente la bocca su quella di Fukuda.

In quel momento, un pensiero che gli balenò nella mente riuscì, per un attimo, a sconvolgerlo: le labbra del suo compagno erano incredibilmente calde e morbide e, per un istante, pensò di capire perché alle ragazze piaceva tanto stare con lui…

Jin si staccò bruscamente dall’amico, un po’ turbato. Lo guardò in viso e si trovò di fronte la medesima espressione divertita e il sorriso pieno di comprensione che gli aleggiava sul volto da quando era iniziata la loro conversazione, negli spogliatoi.

Jin sapeva di essere rosso come un cocomero maturo, ma non se ne preoccupò. Si stava divertendo.

Si lasciò sfuggire un’altra risata, guardando Fukuda sottecchi.

"Allora? Come sono andato, questa volta?" Chiese, permettendosi un mezzo sorriso di sfida.

"Mh, sì… Non c’è male. Il primo passo è fatto…", rispose Fukuda, senza troppa convinzione.

"Ma…?!?", gli fece eco Jin, intuendo che il suo esperto compagno avesse qualcos’altro da puntualizzare.

"Beh… Sarebbe ancora più carino se tu, mentre appoggi le labbra su quelle della tua ragazza, ti impegnassi in qualche piccolo gesto d’affetto, che so, accarezzarle leggermente una guancia… E’molto importante, le rassicura… Per esempio…"

Fukuda allungò una mano a sfiorare il viso di Jin con le nocche della mano destra; poi, con un movimento improvviso, gli si avvicinò e lo baciò dolcemente sulle labbra. Jin sussultò, fece quasi per ritrarsi, invece non si mosse; in fondo, il suo amico stava cercando di aiutarlo e, inoltre, quella situazione insolita e dal sapore un po' proibito lo stava coinvolgendo suo malgrado.

Sentì la mano di Fukuda aprirsi e continuare la sua carezza delicata, mentre le loro bocche si allontanavano e le dita di Fukuda si chiudevano piano intorno al suo mento.

"…Così, ad esempio.", commentò poi Fukuda, passando il pollice destro sulle labbra socchiuse di Jin, che deglutì udibilmente; quell’ultimo gesto aveva fatto scattare qualcosa, dentro di lui; era stato come se una bolla di calore gli si fosse formata nel petto, per poi scendere lungo lo stomaco e fermarsi nella zona del ventre. Il cuore aveva ricominciato ad accelerare e sentiva il respiro farsi sempre più corto.

Il viso di Fukuda era ancora vicinissimo al suo e le sue dita non accennavano minimamente a lasciare la presa sul suo mento. Lui, però, non era in grado di muoversi. O meglio, non riusciva a capire se non ne era in grado o, semplicemente, non lo desiderava affatto.

Nessuno gli era mai stato così vicino, a parte sua madre; nessuno lo aveva mai trattato con tanta confidenza; nessuno lo aveva mai fatto sentire tanto accettato.

Restava imbambolato a fissare il suo compagno, senza sapere cosa dire. Aveva improvvisamente perso il sorriso, facendosi tutto serio.

Osservò la fronte di Fukuda aggrottarsi leggermente e le dita della mano aprirsi lentamente, lasciando il suo viso.

"Hai paura di me?", gli chiese all’improvviso Fukuda.

Il rossore di Jin accentuò lievemente.

"No… No, che dici?", negò, prontamente; in realtà, era davvero spaventato, ma da se stesso, non certo dal suo compagno. Non ne aveva mai avuto paura… Anzi. Si sentiva sicuro, vicino a lui… Anche quando giocavano a basket, la sua presenza in campo lo tranquillizzava.

"Benone…" Fukuda si stiracchiò leggermente, poi abbandonò la posizione inginocchiata che entrambi avevano mantenuto fino a quel momento e si mise a sedere comodamente a gambe incrociate. Jin lo imitò subito; restare seduto sui talloni in quella stanza semibuia gli faceva uno strano effetto: sembrava quasi di essere due monaci Zen in meditazione ma, date le circostanze, quel pensiero era vagamente disturbante…

"Vuoi che ti insegni qualcos’altro?", chiese quindi Fukuda, incrociando le mani dietro alla nuca con assoluta noncuranza.

Jin lo guardò, smarrito.

"Credi… Che ce ne sia bisogno?", si informò a sua volta Jin, sperando vivamente in una risposta negativa dell’amico, più che altro per essere rassicurato sul fatto che non avrebbe dovuto spingersi con Momoko al di là di un semplice bacio.

"Beh… Per il primo appuntamento potrebbe bastare… Ma già che siamo qui…" Fukuda sbadigliò con indolenza, coprendosi appena la bocca con la mano.

"In effetti… N… Non è che ti secca? Voglio dire, se devi andare, io…"

"Oh, dai, JinJin! Perché ti devi sempre fare tanti problemi? Se te l’ho proposto io vuol dire che mi va, no?"

"Sicuro?"

"JinJin…"

"Va bene, va bene! Allora… Cos’è che devo ancora sapere?"

Le labbra di Fukuda si incurvarono in un altro sorriso e, questa volta, a Jin parve di veder passare nei suoi occhi un lampo di malizia.

"Vediamo… "Fukuda si portò due dita sotto il mento, con fare meditabondo. "Potremmo passare ai baci più… ‘seri’."

"…’seri’?!?"

Una risatina sommessa.

"Ma dove vivi, bell’addormentato? Sto parlando di baci veri… Quelli che si scambiano, di solito, un uomo e una donna…"

Fukuda lanciò a Jin uno sguardo pieno di sottintesi e quest’ultimo non poté fare altro che abbassare il suo, troppo pieno di vergogna. ‘Bell’addormentato…’ Già, in fondo era vero…

"Allora… Mh… Stavolta forse è meglio che faccia io, poi tu provi ad imitarmi… Va bene?"

"S… si, ma…"

Fukuda si mise a quattro zampe e gattonò di qualche passo, raggiungendo di nuovo Jin, senza mai distogliere quello sguardo penetrante dal suo viso ormai paonazzo; una volta faccia a faccia con lui, si rimise a sedere e sospirò profondamente, come qualcuno che si concentri prima di iniziare qualcosa di molto impegnativo.

"Dunque… Tu cerca di rilassarti e di registrare bene quello che faccio io, OK?", disse poi.

"OK…", acconsentì Jin, sempre più imbarazzato.

Fukuda ripeté la gestualità di poco prima, allungando la mano a raggiungere una guancia morbida e calda, colorata di un inusuale rosso acceso.

"Devi fare come ti ho insegnato prima…" Si avvicinò a quel viso deliziosamente arrossato e appoggiò le labbra tumide a quelle di Jin, accarezzandogli dolcemente la linea della mandibola.

"Poi, devi cercare…", sussurrò, staccandosi di quel tanto da consentirgli di parlare, "… di muovere le labbra in modo da far dischiudere le sue…", continuò, mettendo in pratica ciò che aveva appena spiegato a parole.

Jin si sentì come se il pavimento, sotto di lui, fosse crollato e, al suo posto, si fosse aperta una tremenda voragine. La sensazione di quelle labbra umide e tiepide che si muovevano sensuali contro le sue era qualcosa a cui i suoi sensi non erano assolutamente preparati; lo stomaco gli si strinse in una morsa e sentì il sangue defluirgli da ogni distretto del corpo in un unico, imprecisato punto nel basso-ventre.

Provò l'impulso improvviso di ritrarsi, spaventato a morte da quel senso di vertigine; stava solo imparando a baciare una ragazza da un suo amico, perché il suo corpo reagiva in quel modo?

Esercitò un ferreo controllo su se stesso per non muoversi: Fukuda stava passando ciò che rimaneva del pomeriggio ad insegnargli a comportarsi da uomo, non poteva rendersi ridicolo di fronte a lui dimostrandogli di non riuscire a gestire un semplice bacio... Questo pensiero lo aiutò a trovare la forza per rimanere immobile dov'era, finché non avvertì due mani forti stringere le sue, rimaste chiuse a pugno alle estremità delle braccia, rigide ed immobili lungo i suoi fianchi.

"...Hai le mani gelate. Rilassati..." Il sussurro di Fukuda lo sorprese, sfiorandogli dolcemente un orecchio e provocandogli un brivido lungo la schiena.

"S... Scusa..."La risata che uscì dalle labbra quasi appoggiate al suo padiglione parve rimbombargli attraverso il condotto uditivo fino alla gola, per raggiungere i polmoni e togliergli il respiro.

'Ma sono impazzito? Che mi sta succedendo?' Il pensiero attraversò la mente di Jin come un fulmine ma, prima che riuscisse a trovare una risposta a quel quesito avvertì la fronte del compagno appoggiarsi alla sua, lo sguardo divertito fissarsi nei suoi occhi.

"Non devi chiedermi scusa, baka! Dai... Riproviamo. Stai tranquillo, altrimenti non funziona..." Le mani di Fukuda lasciarono quelle di Jin per posarglisi sulle spalle.

"Che cosa vuol dire 'non funz...'" Non fece in tempo a finire la frase, la bocca carnosa di Fukuda aveva chiuso la sua, continuando il lavoro lasciato in sospeso pochi attimi prima.

Jin era preparato, questa volta, eppure il senso di vertigine lo provò ugualmente, anche più violento di prima e accompagnato a quel calore intossicante... Comunque, cercò di rilassarsi, solo per scoprire che la curiosa sensazione che provava al ventre aumentava di intensità di secondo in secondo... Senza nemmeno accorgersene, aprì la bocca, assecondando i movimenti dell'amico e un gemito gli sfuggì dalla gola: sentiva il cuore battergli frenetico nel petto e le guance scottare come se avesse avuto la febbre alta.

Sentì le dita affusolate del suo compagno passargli leggere tra i capelli, accarezzandoli; subito dopo, quelle labbra piene lasciarono le sue e Jin riaprì gli occhi, che non si era nemmeno accorto di avere chiuso; Fukuda lo guardava con un'espressione interrogativa e quel sorriso divertito, appena accennato, che continuava ad incurvargli gli angoli della bocca.

"...Capito?!?" Chiese semplicemente Fukuda, prendendolo di nuovo per le spalle e scrollandolo un po', affettuosamente.

Jin sbatté le palpebre per tornare alla realtà; quel bacio lo aveva lasciato senza fiato e senza parole.

"Se... Se da parte di un ragazzo fa questo effetto, chissà baciare una ragazza...", lanciò Jin, dando voce ai suoi pensieri; a quelle parole, gli parve di vedere gli occhi di Fukuda abbassarsi un momento, come per guardare un punto imprecisato sul pavimento, per poi rialzarsi velocemente e scrutare di nuovo nei suoi.

"...Tocca a te", lo invitò poi, continuando a stringergli le spalle.

Jin sorrise a sua volta. Si sentiva strano, forse un po' spaventato, ma anche stranamente euforico.... Tentativamente, allungò una mano, lasciandola posare sulla guancia di Fukuda; allo stesso tempo, si avvicinò lentamente e appoggiò di nuovo la bocca a quella dell'altro. Cercò di imitare ciò che gli era stato 'spiegato', cominciando a muovere piano le labbra sopra a quelle soffici e calde dell'amico; dopo qualche istante, udì un lungo sospiro e avvertì le mani di Fukuda scivolare dalle sue spalle lungo le braccia, per andare ad allacciarsi dietro alla sua schiena. Si irrigidì leggermente, ma il suo compagno lo rassicurò: "Non ti distrarre... Tutto quello che faccio io ti sarà utile, se te lo ricorderai al momento giusto.."

Fukuda gli aveva parlato praticamente sulle labbra, evitando di interrompere il bacio in cui Jin si stava impegnando tanto, procurandogli un altro, lunghissimo brivido lungo la spina dorsale.

Jin stava quasi prendendo confidenza con la situazione quando Fukuda si scostò di qualche millimetro, posandogli un bacio leggero sull'angolo della bocca e quindi allontanandosi per guardarlo negli occhi, senza però sciogliere l'abbraccio in cui l'aveva avvolto.

"Bene, JinJin... Adesso... La parte più difficile..."

"Difficile?", chiese Jin, sorpreso. Gli aveva dato quasi fastidio che Fukuda l'avesse interrotto così... Già, ma perché, poi?

"Si, difficile... Questa è una cosa che devi imparare bene... E' da questo che le ragazze capiscono se sai baciare o no."

Jin deglutì, emozionato. Il fiato caldo di Fukuda che gli sfiorava le labbra gli procurò di nuovo la sensazione di vertigine.

Il sole primaverile stava cominciando a nascondersi dietro i rami degli alberi più alti, fuori; le piccole finestre a ribaltino del magazzino lasciavano entrare pochi raggi aranciati che si proiettavano obliqui sugli attrezzi accatastati, creando un gioco di luci soffuse e dorate che contribuivano a scaldare l'atmosfera in modo quasi imbarazzante.

Fukuda baciò di nuovo le labbra rosate di Jin, stringendo un po' di più le braccia intorno al suo corpo longilineo, come se volesse rassicurarlo; inconsciamente, Jin si sporse in avanti, rilassando la presa sulle spalle dell'amico, lasciando scivolare le mani sulle scapole e avvertendo sotto i palmi i fasci di muscoli dorsali che aveva ammirato prima, negli spogliatoi... Quell'immagine, associata al contatto con il corpo cui apparteneva, ebbe l'effetto di una vampata di fuoco; Jin aprì la bocca e strinse forte tra le mani la stoffa della T-shirt del compagno, desideroso di qualcosa a cui nemmeno lui sapeva dare un nome... Finché non sentì la lingua di Fukuda insinuarglisi tra le labbra dischiuse e accarezzare la sua, lentamente.

Gli occhi di Jin si spalancarono; aveva intuito che il contenuto di quell'ultima parte di 'lezione' sarebbe stato più o meno quello che aveva appena sperimentato, ma ne rimase ugualmente terrorizzato: infatti, in quel preciso istante si rese conto che il calore che sentiva non era dovuto all'imbarazzo ed il senso di vertigine che aveva provato non dipendeva dalla sua totale inesperienza... Era eccitato, nel senso fisico del termine!

Non era la prima volta che gli accedeva, negli ultimi due anni era già successo in qualche altra occasione; di solito, gli era capitato guardando una scena d'amore in qualche film, oppure assistendo alle effusioni delle coppiette che si nascondevano, clandestine, tra gli alberi del parco che attraversava ogni giorno sulla strada di casa... Sapeva di cosa si trattava, naturalmente, ma nelle occasioni in cui gli era successo non aveva mai saputo cosa fare ed ora, rendendosi conto che si stava eccitando scambiandosi qualche bacio con un ragazzo, si sentì spaventato a morte.

Pensieri ed emozioni contrastanti lo travolsero come un'onda; sentì improvvisamente le lacrime salirgli agli occhi e lo stomaco strizzarsi in una morsa tanto forte da procurargli una sensazione molto simile ad un conato di vomito.

Lasciò andare la presa sulla maglietta di Fukuda, appoggiandogli le mani sul petto e spingendo con tutte le sue forze per allontanarsi, girando il viso di scatto per liberare la bocca da quella del compagno.

"No...", mormorò, senza fiato. "Fukki..."

Le braccia intorno alla sua vita si allentarono, permettendogli di indietreggiare, ma senza lasciarlo del tutto.

"Hey, sta' tranquillo... Non ti spaventare... Non puoi mica scappare, quando bacerai Momoko-chan!" Nel tono di Fukuda c'era una nota di divertimento, ma a lui quel gioco non piaceva più. Era in preda al panico e non riusciva a guardare il suo compagno negli occhi.

"Io... Non.. Non ce la faccio..."

"Le ragazze di solito si calmano, così..."

"Io... Ah!"

Le labbra generose di Fukuda erano scese, leggere, a percorrere la linea della mandibola del sempre più spaventato Jin, mentre le sue braccia muscolose lo avvolgevano in un abbraccio rassicurante, ma deciso; Jin non aveva la forza per opporsi seriamente, si sentiva un budino tremolante e, inoltre, con sua grande vergogna si stava rendendo conto di avere un disperato bisogno di ciò che il suo amico gli stava offrendo in quel momento...

"Impara, JinJin..." La voce un po' roca vibrò di nuovo contro il suo padiglione auricolare e, stavolta, il brivido che lo scosse fu talmente violento da farlo tremare dalla testa ai piedi; sentì la lingua di Fukuda tracciare leggera i contorni dell'orecchio, i suoi denti mordergli piano il lobo... Le dita di Jin si serrarono a pugno, stringendo un'altra volta la maglia del compagno come se fosse stata l'unico appiglio sicuro che gli era rimasto; sentì quella labbra così incredibilmente calde e morbide scendergli sul collo e non riuscì a trattenere un gemito.

"N... Non dobbiamo, Fukki...", riuscì a sussurrare, annaspando.

"Mh? Perché?", chiese Fukuda, senza farsi distrarre e lasciando che la punta della lingua accompagnasse le labbra nel loro percorso.

"Noi... Ah!"

"Noi... Cosa?" I baci sul collo si trasformarono in lievi morsi.

"Noi... Siamo due ragazzi!", sbottò Jin e, con un ultimo disperato tentativo, raccolse tutta la sua forza di volontà e riuscì a liberarsi dall'abbraccio del compagno, piantandogli le mani sulle spalle e spingendosi via da lui, solo per ritrovarsi i polsi bloccati in una morsa d'acciaio e un paio di occhi piccoli ma incredibilmente penetranti che lo fissavano.

Fukuda era improvvisamente serio, aveva anzi assunto quell'espressione semi-accigliata che lo faceva somigliare davvero ad un teppista; il suo sguardo scivolò nuovamente sulle parti basse di Jin e l'ombra di un sorriso aleggiò nuovamente sul viso del ragazzo.

"...E allora? Non mi sembra che la cosa ti dispiaccia...", puntualizzò, malizioso.

"Fukki, io... Mi sento strano... Ti prego, lasciami andare!" Jin era sempre più in preda al panico; fuori, il sole era ormai scomparso dietro agli alberi e il magazzino era piuttosto buio. Sicuramente, nella scuola non era rimasto più nessuno...

"Ti senti... 'strano'? Hai solo avuto un'erezione, JinJin! E' la prima volta che ti capita?", indagò Fukuda, continuando a tenere stretti i polsi di Jin e scendendo nuovamente sul collo lungo e candido per stuzzicarlo con la sua bocca.

"No! Cioè, si... Mh... Smettila! Ah..."

"Si o no?!?"

"...Fukki... Ti prego..."

"Si o no?"

"NO! Ma non per… a causa… Per un ragazzo!"

"Mh… E cosa hai fatto le altre volte?" La voce di Fukuda si stava facendo vagamente ansimante, mentre le sue labbra erano scese a giocare con spalla di Jin, mordicchiandola da sopra il cotone della camicia.

"N… Ah… Niente…"

"Niente... Allora lascia che stavolta me ne occupi io… Così ti insegnerò anche questo…" Fukuda lasciò andare la presa sui polsi di Jin, avvertendo che il corpo dell’amico, a dispetto di ciò che lui diceva, si stava pian piano rilassando e il suo tentare di divincolarsi era sempre meno convinto; immediatamente, le sue dita scivolarono sul torace di Jin, sfiorandolo in una carezza leggerissima, lasciando che i pollici indugiassero per un attimo sui capezzoli, al di sotto della camicia.

Fu la volta di Jin di afferrare i polsi del compagno.

"Fukki!!!"

Le mani di Fukuda, incuranti di quella stretta, cominciarono a sbottonare la camicia di Jin, scoprendogli lentamente il torace. "Shh... Buono, JinJin...", sussurrò, abbassandosi per riuscire ad accarezzare con le labbra la pelle diafana che aveva appena messo a nudo; poi, invertendo la presa di Jin sui suoi polsi, gli abbassò le braccia, spingendogliele dietro alla schiena e bloccandole lì, facendo in modo di intrecciare le dita con le sue.

Jin era troppo confuso per reagire e, inoltre, stava avendo conferma dell' idea che aveva sempre avuto di Fukuda: era molto più forte di lui. Si sentì stringere contro quel corpo muscoloso, mentre la bocca che lo stava assaggiando era nuovamente salita a baciargli le labbra.

"Fukuda! Per favore... Per favore..." Supplicò Jin, quasi gridando e ormai disperato; il suo cuore aveva raggiunto una velocità che mai avrebbe creduto possibile e sentiva il sangue pulsargli violentemente in una zona del corpo dove non avrebbe creduto di poterlo sentire.

Sperò di svenire, di risvegliarsi nel suo letto senza ricordarsi nulla, sperò di poter tornare indietro nel tempo e non trovare mai quella maledetta lettera nel suo armadietto...

"Jin... Se il tuo corpo reagisce così, vuol dire che ti piace quello che stiamo facendo. Non devi aver paura...", soffiò Fukuda sulle labbra piene e rosate di Jin.

"F... Fukuda..."

"...Fammi vedere se ti ho insegnato bene."

"N... No..."

Le mani di Fukuda si slacciarono da quelle di Jin, sciogliendolo dall'abbraccio, posandosi ai lati del suo viso.

Jin sgranò gli occhi, sbattendo le palpebre, come per cercare di liberarsi di quel velo trasparente che gli sfocava la vista.

"JinJin... Non ti fidi di me?"

"Io... "

"...Sei libero di andartene quando vuoi. Non ti voglio costringere a fare niente. Ma..." Fukuda fece scivolare le dita lungo il collo di Jin, appoggiandogli poi le mani sulle spalle. "... Non devi aver paura di quello che ti sta succedendo. Se resti qui con me, imparerai come prenderti cura di te stesso... Usami come un punching-ball, Jin. Sfoga su di me tutto quello che hai represso finora…"

Jin sbattè di nuovo gli occhi. Si sentiva andare a fuoco e provava uno strano bisogno di piangere, era terrorizzato… Ma quella mani ferme sulle sue spalle ebbero il potere di rassicurarlo. Gli occhi di Fukuda scrutavano ancora nei suoi, imperturbabili.

Fukki non gli avrebbe mai fatto del male. Non lo avrebbe mai costretto a fare nulla che non desiderasse anche lui. Ne era certo…

Con un sospiro, Jin alzò le braccia, gettandole letteralmente al collo dell’amico e, chiudendo gli occhi, schiacciò le sue labbra carnose con le proprie, premendosi contro quel corpo che aveva sempre ammirato tanto… Lo sentì irrigidirsi leggermente per un attimo, sicuramente l’aveva sorpreso… D’altra parte, era proprio lui il più sconvolto da ciò che stava facendo lì, in quel magazzino semibuio, in un tardo pomeriggio primaverile…

Jin sentì un paio di braccia muscolose avvolgerlo in un abbraccio passionale, mentre lui divorava le labbra di Fukuda, baciandolo quasi con violenza, movendo la bocca contro la sua, cercando vagamente di imitare i movimenti che gli erano stati insegnati, anche se ormai non c’era più molto di didattico, in quello che stava accadendo.

Fukuda si lasciò sfuggire un gemito, quando schiuse le labbra e la sua bocca venne invasa dalla lingua, ancora esitante, di Jin; gli lasciò tenere il controllo del bacio per qualche secondo, prima di cominciare a duellare con lui per prevalere in quella sensuale schermaglia. Avvertì Jin aggrapparsi ancora di più a lui e si staccò un attimo dalla sua bocca, appoggiandogli le labbra sull’orecchio. "Sei così dolce, JinJin", sussurrò, mentre gli infilava le mani sotto la camicia, accarezzandogli la schiena.

" Fukki…"

"Vieni…" Fukuda si allontanò di qualche centimetro, sedendosi con la schiena appoggiata ad una pila di materassini, tenendo Jin per una mano, invitandolo a seguirlo.

Jin obbedì: non gli era rimasto nemmeno più un briciolo di volontà e si sentiva incapace di resistere a Fukuda; assecondò i suoi movimenti, quando Fukuda gli posizionò le mani sulla parte posteriore delle cosce, facendo in modo di farlo sedere a cavalcioni su di lui, con le ginocchia appoggiate a terra; e quasi gridò, quando Fukuda, infilandogli le dita nei passanti dei pantaloni, lo tirò bruscamente verso di se, spingendo i fianchi in avanti e causando così il contatto più intimo che Jin avesse mai provato in vita sua…

Jin si rese conto che il suo ultimo gemito era stato un po’ troppo rumoroso e, istintivamente, si coprì la bocca con una mano, sgranando ancora di più i suoi occhi di ossidiana, mentre le dita dell’altra strinsero spasmodicamente una manica della maglia di Fukuda, che, nel frattempo, aveva ricominciato a baciargli il collo e le spalle, insinuandogli nuovamente le mani sotto alla camicia e accarezzandolo in un modo che gli faceva venire voglia di urlare ancora più forte di quanto avesse fatto un attimo prima.

"Non vergognarti, JinJin. Qui non ti può sentire nessuno, non hai bisogno di trattenerti…" Fukuda spinse il bacino in avanti un’altra volta e, di nuovo, Jin gridò, questa volta premendo le labbra sul collo dell’amico per soffocare il suono.

Si sentiva sciogliere.

Non era sicuro nemmeno che stesse succedendo a lui, non immaginava di riuscire a provare quel tipo di sensazioni, specialmente con un ragazzo… Eppure era lì, gemeva fra le braccia di un suo compagno di squadra, mordendogli il collo ed il lobo dell’orecchio per soffocare le grida che gli sfuggivano dalla gola ogni volta che le parti basse ed eccitate di Fukuda sfioravano le sue, non meno surriscaldate… Un paio di volte affondò i denti con un po’ troppa foga e sentì una sfumatura di dolore, nei gemiti del suo compagno, che gli fece desiderare di morderlo ancora più forte.

"JinJin… Cerca di… muoverti un po’ su e giù…" Riuscì a dire Fukuda, ansimando un po’, con la sua voce roca resa ancora più profonda dalla passione, tenendo sempre le labbra incollate al corpo ormai bollente di Jin, che, se possibile, arrossì ancora di più a quelle parole, prima di affondare il viso nell’incavo della spalla del compagno.

Jin cominciò a muoversi contro il bacino di Fukuda, aggrappandosi disperatamente alla T-shirt del compagno quando il primo movimento gli causò un’ondata di piacere che si propagò attraverso tutte le sue terminazioni nervose, tutti i suoi neuroni, salendo lungo il midollo spinale fino alla parte più profonda del suo cervello.

"F… Fukuda!"

"Shh… Va tutto bene…" Le mani di Fukuda lasciarono la pelle calda che stavano accarezzando e le sue braccia si chiusero di nuovo protettivamente intorno al quel corpo esile e tremante; cominciò a sincronizzare le spinte dei suoi fianchi con quelle di Jin e lo sentì afferrare un lembo della sua maglia con i denti, come per improvvisare una sorta di bavaglio.

Dopo pochi secondi, anche l’ansimare controllato di Fukuda si trasformò in una serie di gemiti spezzati: Jin si sentì stringere ancora più stretto, mentre lui aveva ormai perso ogni barlume di ragione ed era scoppiato a piangere in quell’abbraccio sensuale, continuando a muoversi contro il bacino dell’amico, accarezzando così reciprocamente le loro parti intime attraverso la spessa stoffa dei jeans.

Era una sensazione incredibile, come se avesse scoperto davvero di aver un corpo, per la prima volta… Sentì Fukuda spingere con ancora più forza contro di lui e lo imitò, sperimentando, contemporaneamente, la passione più pura ed una fastidiosa vergogna di se stesso…

Improvvisamente, fu come se le sensazioni che stava provando lo sopraffacessero, togliendogli il respiro; sentì il bisogno di gridare, mentre tutti i suoi muscoli si irrigidirono per un attimo, prima di assaporare il piacere assoluto nel primo orgasmo della sua vita…

Vagamente, riuscì ad avvertire che Fukuda si era leggermente sollevato dal pavimento e lo stava spingendo verso la pila di materassini più bassa; senza nemmeno sapere come, si ritrovò sdraiato a terra, con il suo compagno che si muoveva ancora sopra di lui, tenendolo abbracciato e baciandogli le lacrime sugli zigomi arrossati; dopo qualche secondo, anche Fukuda gridò, accasciandosi poi, subito dopo, sul corpo supino di Jin, appoggiandogli la testa sul petto, ascoltando il suo cuore battere frenetico ed i singhiozzi sommessi che gli uscivano dalle labbra.

Fukuda si sollevò, liberando Jin dal peso del suo corpo, sdraiandosi al suo fianco sollevato su un gomito; Jin stava ancora piangendo, con una mano sollevata a coprirgli gli occhi.

Le dita di Fukuda si posarono leggere su una guancia, accarezzandola.

"…Ti prego, dimmi che non mi odi, JinJin. Sono stato un bastardo."

Jin scostò il braccio che gli nascondeva il volto; prese la mano dell’amico nella sua, stringendola.

"Non ti odio, Fukki. Non ti odio… Tu mi piaci… E questo mi fa paura. Non ce l’ho con te…"

Fukuda incurvò di nuovo gli angoli della sua bocca carnosa in uno dei suoi mezzi sorrisi; attirò Jin a se e se lo strinse contro, affondando il viso nei suoi capelli.

"…Anche tu mi piaci, JinJin. Mi piaci da morire… "

"Credevo che ti piacessero le ragazze…"

"Infatti... Ma mi piaci anche tu…. E sono convinto che piacerai anche a Momoko-chan."

"…Mi terresti abbracciato per un po’?"

"Ma certo, JinJin…"

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Una ragazzina in divisa da baseball, con i capelli raccolti in due simpatici codini fermati con dei nastri rosa attendeva, appoggiata al muro di cinta della sua scuola media. Ogni tanto, lanciava un occhiata all’orologio per sbuffare, annoiata. Le sette e mezza. Ma quanto ci metteva?!? Si stava facendo buio, ormai, si sarebbe presa una sgridata dalla mamma.

Finalmente, con la coda dell’occhio, scorse il ragazzo che aspettava avvicinarlesi, sorridendo.

"Fukuchan… Ce ne hai messo, di tempo!"

"Scusa, cuginetta… E’ stata una cosa lunga…"

Gli occhi della ragazzina si illuminarono.

"Allora ce l’hai fatta!"

"Te ne devo una, Momoko-chan!" Kitcho Fukuda alzò la mano e sua cugina Momoko batté prontamente un cinque.

"Com’è il dolce JinJin, allora?"

"… Me lo dirai tu stessa, cuginetta. Domenica ti inviterà al Luna-Park. E ti assicuro che saresti davvero sciocca, se non ci andassi."

"Oh, ma non avevo alcuna intenzione di rifiutarmi!"

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Due anni dopo

Jin si sentiva vagamente nervoso. Ormai, l’ammissione della squadra del Kainan al campionato nazionale era cosa fatta… Comunque, il Ryonan era un avversario di tutto rispetto e lui, fondamentalmente, era rimasto un emotivo, sebbene fosse riuscito a migliorarsi così tanto da venire considerato il miglior cestista di tutta la prefettura… Beh, la presenza di Maki, in ogni caso, era rassicurante e… E poi, c’era lui. Kiyota. Nobunaga. Il casinista più adorabile della storia della pallacanestro… La sua vicinanza era più che sufficiente a risollevargli il morale in qualsiasi circostanza. Anche quando faceva il buffone durante i riscaldamenti pre-partita, come il quel preciso istante…

"…Con un’ultima mossa, catalizzerò l’attenzione del pubblico!" , stava infatti gridando Kyiota, mentre lanciava la palla da basket a terra con forza, nell'intento di prenderla su rimbalzo e mandarla a canestro con un alley hoop. Jin sorrise, divertito.

'Sempre il solito esibizionista...' , pensò, guardando amorevolmente il suo compagno. 'Quanto mi piaci, però...'

Jin era uscito per qualche settimana con la sua Momoko-chan, un paio d'anni prima; erano diventati molto amici, ma... Beh, la sua 'performance' con Fukuda gli aveva fatto capire che, forse, non era poi così terribile provare dell'attrazione verso una persona dello stesso sesso.

La palla che Nobunaga aveva fatto rimbalzare sul parquet entrò da sola a canestro, suscitando l'ilarità di Sakuragi, che guardava la partita dagli spalti insieme a tutta la squadra dello Shohoku.

"Maledizione, che figuraccia!" Kiyota aveva assunto una delle sue espressioni più buffe e il sorriso di Jin si addolcì, mentre si girava a guardare il suo amico e... Osservava lo splendido alley hoop eseguito sul rimablazo della palla sfuggita a Nobunaga, eseguito da...

"Maledetto megalomane!" La voce squillante di Kiyota non servì ad attirare la sua attenzione, questa volta: il suo sguardo era fisso sul ragazzo che aveva appena eseguito quel canestro saltantdo con l'agilità di una pantera.

'Ma quel ragazzo...'

"Hey, Jin! Vieni, presto!"

"Ma si, quel ragazzo e' Fukki!"

"'Fukki'? Chi sarebbe?"

Fukuda guardò la squadra del Kainan radunarsi intorno all'allenatore Takato, mettendo a fuoco il ragazzo alto dai grandi occhi neri.

'JinJin...'

"Beh, come mai conosci quel tipo, Jin?" Kiyota era davvero infastidito. Non solo quel tipo con la faccia da teppista gli aveva rubato l’attenzione del pubblico, ma Jin lo stava anche guardando con interesse.

"Si chiama Kitcho Fukuda… Abbiamo giocato insieme per qualche mese, ai tempi delle medie. Non era nulla di speciale allora, ma… Si distingueva per la sue inesauribile energia." Jin arrossì, dopo aver brevemente introdotto l’ex compagno di scuola. "Una volta alle superiori, ci separammo e non seppi più niente di lui…"

"Beh, comunque sembra che ti abbia riconosciuto anche lui. Continua a fissarti con lo sguardo da merluzzo… Dì, ma eravate amici, tu e quel tipo?" Indagò Kiyota, rivolgendo uno sguardo oltre la sua spalla, fulminando il giocatore del Ryonan con gli occhi.

"Beh, si… Buoni amici. Mi ha insegnato molte cose", rispose Jin, sorridendo e abbassando gli occhi.

"Sul basket?!?", chiese ancora Nobunaga, curioso.

Lo sguardo di Jin si fissò sul viso abbronzato del compagno, mentre le sue belle labbra piene si incurvarono in sorriso malizioso che fece deglutire udibilmente Kiyota. Non avrebbe mai creduto di poter leggere la malizia sul volto etereo di Jin…

"Un giorno te lo racconterò, Nobunaga… Pensiamo alla partita, ora!"

Il viso di Kiyota si illuminò di un bellissimo sorriso.

"Certo! Li schiacceremo! Ah, ricordami che devo dirti una cosa, dopo… Ma solo se vinciamo, quindi vedi di mettercela tutta!"

"Mh? Così mi incuriosisci… E’ qualcosa di importante?!?"

"Dopo la partita, Jin!"

Nobunaga si sistemò la fascia che teneva scostati dal viso i lunghi capelli neri.

Jin gli rivolse uno sguardo carico di tenerezza, per poi girarsi un’ultima volta a guardare i ragazzi del Ryonan, mentre Takato-sensei dava le ultima direttive ai suoi compagni di squadra.

I suoi grandi occhi neri incrociarono nuovamente lo sguardo di Fukuda, che lo osservava dall’altra parte del campo.

Fukuda sorrise, prima di dargli le spalle e concentrarsi sulle parole del suo allenatore.

Jin sorrise a sua volta, girandosi ad ascoltare Takato-sensei, mentre lo sguardo gli scivolò furtivo sul viso di Kiyota.

‘Sayonara, Fuku-chan… E grazie’

-owari-

(1) Scusa la citazione, Ria-chan, ma in Giappone le lettere nell'armadietto sono pane quotidiano... Anzi, riso quotidiano!


*Nobunaga: BEH, QUESTA POOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOIIIIIII!!!! Choco, come hai potuto scrivere un'amenità del genere? Jin con quell'essere dalle labbra formato canotto?!? E poi, guardalo lì! Sembra una scimmia!!!
*Choco: Senti chi parla, la bertuccia di Kanagawa! E poi, non permetterti di offendere Fuku-chan! Lui è molto affascinante!
*Nobunaga: Affascinante?!? Ma se sembra un cerebroleso!
*Choco: Ma, Nobu-chan, guardalo: ha un bel corpo, è atletico, gioca bene a basket, tutti i ragazzini del campetto lo adorano... E poi, non sai che le persone con le labbra carnose sono, solitamente, sensuali ed appassionate?
*Nobu: Vabbé, vabbé, ho capito... Hai un pessimo gusto in fatto di uomini e ti piace Fukuda... Ma come ti è mai venuto in mente di farlo interagire con Jin?!?
*Choco: Ma scusa, Nobu-chan... Vatti a rileggere l'inizio della partita Ryonan-Kainan! 'Fukki...' 'JinJin...' Ma ti pare?!?!?
*Nobu: ...Sei proprio malata...
*Choco: Sarà! Ma a me piace così!
*Maki: Choco, dove sei? Dai, che dobbiamo uscire! Ti porto a mangiare il sashimi in quel posto di cui ti raccontavo...
*Choco: Arrivooooooooooooooooooooooooo!
*Nobu: Prima Fukuda e poi Maki... Dalle stalle alle stelle, insomma...
*Choco: Maki è un sofisticated man e me lo tengo come ragazzo fisso, Fuku-chan è un real man istintivo e passionale... Che c'è di male?!?
*Nobu: OK, sei proprio irrecuperabile...


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