DISCLAMER: Questa non è una fic, ma un delirio notturno..... colpa di Inoue che ha creato tali pg.... se non li creava per la mia salute mentale era meglio!!

 

 


Specchi

di Nuel


 

Le 3 di notte, un’ ora che, in certi posti, fa la differenza: troppo tardi per essere ancora svegli nei piccoli centri urbani, ancora presto nelle grandi città illuminate a giorno dai locali ancora aperti........ ma Kanagawa? Troppo piccola, ma non tanto per non incontrare le ultime anime che si affrettano per la strada.

 

-Mi sa che stavolta abbiamo esagerato, sai!-

 

-Ma no! Ormai siamo studenti universitari, se anche per una notte ci diamo ai bagordi, cosa vuoi che importi!- La risata di Sakuragi riecheggiò nella notte, accompagnata da quella di Mito, forse avevano bevuto troppo, ma, chi se ne importava!

 

Una macchina frenò bruscamente un centinaio di metri davanti a loro, una persona ne uscì sbattendo la portiera, barcollava. L’ uomo al volante gli tirò addosso qualcosa che il ragazzo si chinò a raccogliere.

 

-Sei solo una puttana da quattro soldi! Sparisci!- Urlò all’ indirizzo del ragazzo che aveva fatto scendere, partendo sgommando.

 

Il ragazzo s’ incamminò con passo malfermo, per un istante passò al limitare della luce di un lampione e Mito sobbalzò, credendo di riconoscerlo.

 

-Hana’........ non è Rukawa, quello?-

 

-Ma che dici! Non può essere!- Eppure, anche lui aveva avuto quell’ impressione.

 

Rukawa si era ritirato da scuola a metà dell’ ultimo anno, e non si era più visto. Il telefono di casa sua era stato staccato, le finestre erano sempre chiuse, nei posti dove passava la domenica a giocare a basket non si era più visto, inghiottito dal nulla, come non fosse mai esistito.

 

Sakuragi sospirò, ormai completamente sobrio, era un ricordo triste: si era appena accorto dei sentimenti che provava per la volpe, euforico e frastornato, indeciso su cosa fare, e quello, senza dire nulla, lasciava club e scuola senza lasciare traccia.

 

-Dai, torniamo a casa, è tardi-

 

Mito non protestò sentendo la sfumatura di tristezza nella voce del suo miglior amico.


 

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Era passata una settimana, era di nuovo sabato sera, l’ unico momento della settimana in cui l’ armata poteva ritrovarsi al gran completo. Anche quel sabato sera avevano finito per fare tardi, ma certi locali chiudevano molto più tardi.

 

-Dai, andiamo a bere lì, sembra un posto carino!-

 

-Più che carino sembra caro!-

 

-Beh, una volta ogni tanto possiamo anche permetterci un piccolo lusso, no?!-

 

-Ma dite che ci lasciano entrare, vestiti così?-

 

L’ interno del locale era illuminato come un aeroporto, la musica sovrastava il brusio dei clienti di ogni età e classe sociale.

 

-Hana’, guarda la- Mito indicò un tavolo poco più in la.

 

Sakuragi si scurì in volto: un uomo di mezza età, vestito in modo distinto accarezzava lascivamente la coscia di un efebo dal viso scavato e dai capelli un po’ troppo lunghi, che reggeva in mano un bicchiere pieno di liquido scuro. Sakuragi registrò i particolari stonati più evidenti, ma sicuramente non gli unici, da quello che era indubbiamente Rukawa. Si alzò, senza staccare gli occhi da quell’ immagine.

 

La mano di Mito che lo trattenne lo fece tornare alla realtà: non poteva intromettersi così e poi, non voleva credere che quello spettro vestito di un elegante nero che lasciava trasparire abbondantemente il petto dallo scollo esagerato della camicia, fosse......... lui.

 

-Guarda il bicchiere, Hana’. Quello non è sicuro nulla di analcolico. Chiunque sia quell’ uomo non si fa troppi scrupoli a farlo bere-

 

Sakuragi considerò la serata rovinata. Ogni tanto, troppo spesso, per la verità, guardava di sottecchi verso quel tavolo, dove la conversazione sembrava animata, ed il bicchiere di Rukawa si vuotava troppo in fretta.

 

-E quello, adesso, chi è?- Chiese Sakuragi sovrappensiero, ma attirando l’ attenzione di Mito. Un uomo, anche questo di mezza età, in giacca e cravatta, si sedette al tavolo dei due, salutando calorosamente entrambi, passando una mano tra i capelli di Rukawa, che gli sorrise con molta intimità, suscitando un moto d’ira in Sakuragi.

 

-Yohei! Che ci fai qui?- Il cameriere appoggiò sul tavolo le birre analcoliche che avevano ordinato.

 

-Ciao! Non sapevo che lavorassi qui! Ragazzi, lui è un mio compagno di corso, loro sono l’ armata al gran completo.........-

 

Finì le presentazioni, poi ebbe un’ idea: -Tu sai chi sono quei tipi?-

 

-Ora non ho tempo, ne parliamo lunedì, ti va? Scusa, ciao- Tagliò corto dopo aver visto il suo capo che lo fissava dal bancone, se continuava a perdere tempo, sarebbe stato licenziato.


 

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Sakuragi rientrò in casa stanco, era dal venerdì che non dormiva, continuava ripensare a Rukawa che si alzava con quei due uomini, passava accanto al loro tavolo senza vederli, lo sguardo vuoto ed un sorriso intorpidito sul viso. Rukawa non sorrideva mai, che lui ricordasse, ma anche il broncio perpetuo che aveva una volta era meglio di quel sorriso scialbo e privo di gioia. Si sedette davanti al telefono, in attesa della telefonata che Yohei gli aveva promesso.

 

Il telefono suonò.

 

-Pronto!- Rispose al primo squillo.

 

-Hana’, è meglio che ci vediamo. Vieni domani sera al solito posto. Ciao- Mito riattaccò. Sakuragi rimase imbambolato, col ricevitore in mano. Raramente Mito si comportava così, e quando lo faceva c’ era sotto qualcosa di poco piacevole.

 

Sakuragi arrivò in anticipo all’ appuntamento. Aspettò Mito per quasi mezz’ ora.

 

-Ciao-

 

-Allora?- Chiese, troppo in ansia anche per salutare.

 

-Seguimi, arriveremo presto, ma intanto ti racconto quello che mi ha raccontato il mio amico- Mito era serio. S’ incamminò verso una caffetteria al primo piano di una stradina secondaria. Si sedettero vicino alla vetrata che dava sulla strada e sul locale di fronte, un alberghetto ad ore dall’ aspetto squallido e deprimente.

 

-Sembra che Rukawa sia un cliente piuttosto assiduo....... il mio amico mi ha detto anche che si impasticca parecchio..........-

 

-COSA?-

 

-Dalle voci che ha sentito su di lui, frequenta spesso quest’ albergo ad ore, di certo e spesso con uomini diversi, anche se i due dell’ altra sera sembrano essere dei suoi frequentatori abituali-

 

-Cosa stai cercando di dirmi?-

 

-Ti ricordi come l’ ha chiamato quel tipo, due settimane fa? Quello della macchina?-

 

-L’ ha chiamato....... - "puttana" Non riuscì nemmeno a dirlo.

 

-Temo che non ci sia molto da lasciare all’ immaginazione-

 

-Non ci credo!- Sakuragi guardò fuori, stralunato. In che razza di pasticcio poteva essersi messo Rukawa? Come aveva fatto uno come lui a finire così?

 

Il buoi della sera e l’ illuminazione del locale tramutarono la vetrata in un grande specchio scuro in cui Sakuragi poteva osservare la sua espressione, il nodo che gli chiudeva la gola che si materializzava a tratti in gocce che gli bruciavano gli occhi. Non ci avrebbe creduto finché non l’ avesse visto con i suoi occhi.

 

Il love hotel accese l’ illuminazione all’ ingresso, l’ insegna poco discreta lampeggiava, sporadiche coppie entravano od uscivano con passo veloce e la testa bassa.

 

All’ una una cameriera si avvicinò al loro tavolo per togliere l’ ennesima tazza di caffè ed avvisarli che il locale stava per chiudere.

 

Quando furono di nuovo in strada, sovrastati dall’ insegna al neon rossa, Sakuragi sentì una gran voglia di urlare. Rukawa non era andato lì, quella notte, ma non si sentiva sollevato, anzi. "Dove può essere" Continuava a chiedersi, mentre, in silenzio, faceva a ritroso la strada di qualche ora prima.


 

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Se solo si fosse deciso a picchiarlo più forte, se solo quel fastidioso insetto fosse stato velenoso e lo avesse sollevato da ogni sofferenza, Allora, forse, avrebbe potuto finalmente riposare.

 

"Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria" Citò una voce nella sua mente. Rukawa non reagiva mentre quella individuo di cui ignorava anche il nome lo stava picchiando ed insultando, lì, sul ciglio di una strada qualsiasi.

 

"Tu gli hai sicuramente fatto qualcosa, anche se non lo ricordi" Insisteva quella voce che usciva dallo specchio dei suoi ricordi. Ricordi che cercava di sradicare con tutte le sue forze, con l’ alcool, con le droghe......... col dolore fisico che, a volte, riusciva a fargli dimenticare quello del cuore, per qualche istante.

 

Da fuori di sè, Rukawa si vide cadere a terra, come un immagine riflessa su uno specchio impolverato. Non c’ entrava nulla con lui, quel misero corpo di cui aveva una vaga percezione.

 

Sentì delle voci chiamarlo, passi di corsa che si avvicinavano, ma anche quelli appartenevano ad un passato lontano, da cancellare, da distruggere, perché non gli provocasse altro dolore.

 

L’ uomo che lo aveva picchiato scappò. Due braccia forti lo sollevarono da terra, qualcun altro lo aiutava. Calore. Calore di un corpo premuto contro il suo, lo conosceva bene. Lo incontrava quasi ogni notte, quasi ogni notte era il calore di un uomi diverso.

 

-Rukawa! Rukawa, guardami!-

 

Conosceva quella voce. Sakuragi. Si alzò e respinse l’ abbraccio che lo sosteneva. Barcollò, si girò, e cominciò a camminare verso casa sua con un angosciante senso di vuoto nel petto.

 

-Rukawa- Lo chiamò di nuovo.

 

"Ecco il mio specchio. Vedendo te, vedo quello che sono diventato" Stava pensando nel suo immutabile delirio, Rukawa. "Ma io non voglio vedere"

 

Rukawa inciampò. Ancora passi. Passi che si avvicinavano. Braccia che lo aiutavano.

 

-Ti accompagniamo a casa- Gli disse Sakuragi. Non fece resistenza. Che lo portassero a casa o che lo abbandonassero accanto ad un cassonetto per i rifiuti, per lui non cambiava nulla.

 

La porta di casa di Rukawa era aperta. Quando accesero la luce, lui si lamentò, gli dava fastidio agli occhi. Lo accompagnarono in camera, una stanza polverosa, con la lampadina fulminata. Poster che erano stati di campioni del basket, e che ora erano solo pezzi di cara strappata erano ancora ai muri. Lo misero a letto e Sakuragi decise di rimanere lì fino all’ indomani.

 

-Vuoi che resti con te?-

 

-No, Yohei, grazie. Me la sbrigo da solo, non preoccuparti-

 

Sakuragi chiuse la porta dietro la schiena di Mito e tornò a vedere Rukawa.

 

Il padrone di casa si era addormentato. "Almeno in questo non è cambiato" Pensò con tenerezza accarezzandogli il viso emaciato.

 

Si guardò in torno, indeciso sul da farsi. Cercò il bagno, aprendo alcune porte. Proprio di fronte alla camera di Rukawa ce n’ era un’ altra. Accese la luce. Le camere avevano dimensioni identiche ed identica disposizione dei mobili, ma in questa non c’ erano poster, le pareti erano coperte da due enormi specchi che si riflettevano l’ uno nell’ altro, e poi librerie piene di volumi polverosi. In parte erano anche sul pavimento, e pagine strappate erano ovunque. Sakuragi entrò. La sua immagine riflessa centinaia di volte gli fece girare la testa.

 

-Impressionante, vero?-

 

La voce di Rukawa era bassa, decisa, faticò a riconoscerla, c’ era qualcosa, un tono amaro, rabbia, un dolore che gli fece lancinare il petto.

 

Si girò.

 

Rimase a bocca aperta: Rukawa, era appoggiato allo stipite della porta, un braccio sollevato in un gesto languido, completamente nudo.

 

-Ru.....-

 

Rukawa gli si avvicinò. Era troppo magro, troppo pallido, gli occhi dilatati e lucidi.

 

Fece un passo in dietro. Rukawa spense la luce e lo spinse sul letto, sdraiandosi sopra di lui. Sakuragi sentì il respiro mancare, il cuore accelerare.

 

-Scopami- Lo baciò.

 

La luce che giungeva dal corridoio gli permetteva di vederlo ancora, di distinguere i bei tratti tormentati. L’ abbracciò d’ istinto, come per proteggerlo, ma Rukawa prese a strusciarsi su di lui. Invertì le loro posizioni. Vide l’ espressione soddisfatta, quel sorriso vuoto che, evidentemente, regalava ai suoi amanti.

 

-Smettila Rukawa! Cos’ hai?-

 

Rukawa scoppiò a ridere. Una risata isterica che si tramutò in un pianto disperato.

 

Sakuragi tornò ad abbracciarlo, non sapendo che altro fare. Dopo un po’ il ragazzo tra le sue braccia si calmò e gli posò un bacio leggero sulle labbra, guardandolo con qualcosa di simile allo sguardo che aveva un tempo. Gli si strinse di nuovo il cuore.

 

-Gli saresti piaciuto, sai?-

 

"A chi?" Non fece in tempo a chiederglielo, era scivolato da sotto di lui ed era tornato nella sua stanza.

 

Passarono diversi minuti prima che Sakuragi riuscisse ad alzarsi, ancora turbato. Chiuse la porta alle sue spalle a finalmente trovò il bagno. Tirò un sospiro di sollievo, liberandosi dei troppi caffè bevuti quella sera, andò a lavarsi le mani e, il fiato gli uscì di colpo dai polmoni, sullo specchio c’ era un drappo nero a nasconderlo completamente.

 

Quando tornò in camera di Rukawa, lui dormiva di nuovo. Prese una sedia e si mise accanto a lui, a vegliare quel sonno agitato dagli incubi.


 

Rukawa si svegliò a mattina inoltrata. Sakuragi aprì la persiana della grande finestra, sollevando le sue flebili proteste.

 

Fu allora che notò la foto sulla scrivania. Era una di quelle foto che danno il senso della gioia a chiunque le guardi: una giornata luminosa, un bel prato verde, le montagne sullo sfondo...... in centro, due bambini, uno con una palla da basket in mano, l’ altro con in mano un libro e due occhialetti con la montatura rossa sul naso. Identici. Senza ombra di dubbio. Gemelli.

 

La strana sensazione di sapere cosa fosse successo s’ impadronì di lui. La stanza, lo specchio del bagno coperto...... era l’ altro la causa di tutto. Rukawa era cambiato così perché l’ altro se n’ era andato........ questo gli diceva confusamente il suo istinto.

 

-Sakuragi......... grazie per ieri sera, e scusami-

 

-Ti pare!- Si riscosse e tornò a sedersi accanto al letto.

 

-Ti preparo qualcosa di buono, ok?-

 

-No!- Rukawa scattò a sedersi sul letto, afferrandogli una mano. -Non lasciarmi solo-

 

Sakuragi era stupito da quel cambiamento repentino. I nervi di Rukawa dovevano aver ceduto da un pezzo, ormai.

 

-Vado solo giù in cucina per pochi minuti. Lascio la porta aperta, così mi senti, ma non chiamarmi per nulla, intesi?!- Gli sorrise. Rukawa lo seguì con lo sguardo. Appena in corridoio, Sakuragi si sentì meglio, non era più a suo agio dopo aver visto quella foto.


 

Aprì il frigo e la dispensa, sconsolato: cibo scaduto ed un paio di precotti. Cercò di preparare qualcosa di decente, che, insoddisfatto, portò di sopra.

 

Rukawa cincischiò con la posata per un po’, senza mai portarla alla bocca.

 

-Scusa, non ho fame-

 

-Se non mangi me ne vado-

 

Rukawa lo fissò stupito, poi, cominciò a mangiare lentamente, la mano che reggeva la posata, tramante.

 

-Poi andiamo a fare un po’ di spesa, la tua dispensa fa schifo-

 

-Non esco mai di giorno-

 

-Volpaccia, non sarai mica diventato un vampiro!- Scherzò, ma alle sue parole Rukawa scoppiò in pianto.

 

Sakuragi tolse il piatto dal letto appena in tempo perché il contenuto non inondasse il letto, mentre il suo occupante si raggomitolava stringendosi la testa tra le mani.

 

-Vuoi dirmi cosa ti è successo, Ru’?- Gli accarezzò la testa, riuscendo a calmarlo.

 

-Perché non hai voluto venire a letto con me ieri?-

 

-Ma che razza di domanda...!- Lo colse impreparato.

 

-Ti faccio pena, vero? Avresti potuto sbattermi come fanno gli altri, io sarei stato meglio e per te non sarebbe cambiato molto, in fin dei conti avresti mantenuto il ruolo che sei abituato a fare-

 

-Ma che cavolate dici?!-

 

-Sono una bardassa, una puttana omosessuale che supplica qualche momento d’ amore a uomini a cui basta sfogare i propri istinti. Non chiedo denaro, solo di potermi perdere e dimenticare di me stesso per qualche momento-

 

-Perché ti sei ridotto così? Proprio tu che eri la stella nascente del basket, che avevi centinaia di fans........-

 

-Non esiste più, quella persona-

 

-Io......... tu sei scomparso prima che io potessi dirti quello che realmente provavo per te......-

 

-Amore-

 

-Cosa?-

 

-Amore. E’ quello che io provavo per te. Ma non avevo il coraggio di confessartelo, e poi........ è stato troppo tardi!-

 

-Ru’.........- Sakuragi gli baciò delicatamente la fronte, gli asciugò gli occhi umidi e decise di dirglielo.

 

-Anch’ io ti amavo. Forse....... non è ancora troppo tardi-

 

-Mi vedi? Sono finito come essere umano. Sono solo un rifiuto. Vuoi restare qui per mostrarmi ogni giorno cosa avrei potuto essere?-

 

-Voglio restare qui per farti tornare com’ eri-

 

-Ma io sono morto- Lo disse come fosse stata la cosa più naturale del mondo.

 

Sakuragi si zittì. Cos’ era successo al gemello di Rukawa?

 

-Io avevo un sogno: volevo diventare una stella del basket per andare in America e ricongiungermi con una persona.........-

 

-Tuo fratello.-

 

Rukawa gli sorrise, un sorriso triste, sofferente, ma vero, stavolta.

 

-Hai visto la foto?-

 

Sakuragi annuì. -E non vuoi più, adesso?-

 

Rukawa sorrise di nuovo, tristemente. -Si-

 

Sakuragi capì di avergli fatto la domanda sbagliata. -In America?- La sua voce tremava.

 

-E’ morto.- Rukawa sospirò, chiudendo gli occhi, ma ora non sembrava triste.

 

-Lui era l’ opposto di me: allegro, cordiale......... negli sport era una schiappa, ma era un vero genio. Voleva diventare ingegnere aerospaziale e lavorare alla NASA. Studiava in America per poter realizzare il suo sogno.......... durante un esperimento, nel laboratorio di chimica, ci fu un’ esplosione. Lui aveva una relazione con un ricercatore universitario, quando è morto, quell’ uomo è venuto qui, per conoscermi.......... da cosa nasce cosa, lo sai. Siamo stati amanti per un po’, ma mio fratello ossessionava entrambi, mi disse che in me vedeva solo lui e che così finiva solo per usarmi ed è tornato in America. Non credo avesse capito che anche per me era la stessa cosa: in lui cercavo le tracce di mio fratello, l’ unico vero amico che avessi mai avuto........ Anche adesso è così: continuo a cercarlo in ogni uomo con cui sto........ -

 

Il silenzio lasciò creò un invisibile legame, nessuno aveva conosciuto questa storia, fin’ ora, e Sakuragi sentiva che Rukawa gliela aveva raccontata per un motivo preciso.

 

-Gli avevo parlato di te - Riprese poi, spezzando il silenzio -Avrebbe voluto conoscerti, diceva che, da come parlavo di te, dovevi essere davvero un tipo fuori dal comune! Ogni lunedì sera, e dopo ogni partita, ci telefonavamo e chiacchieravamo per ore.......-

 

-Gli parlavi di me?-

 

-Lui mi spronava a farmi avanti, diceva che dovevo conquistarti, oppure non sarei più stato suo fratello!- A questo ricordo Rukawa parve riacquistare un po’ di serenità.

 

-Allora dovrai impegnarti!-

 

Rukawa lo guardò per un istante ed un lampo attraversò i suoi occhi, per quell’ istante Sakuragi rivide il vecchio Rukawa, e seppe che non tutto era perduto.

 

-Io resterò accanto a te finché non ti sarai ripreso, e poi dovrai corteggiarmi fino a farmi capitolare ai tuoi piedi, d’ accordo?- Si sedette sul letto, attirandolo contro il suo petto ed abbracciandolo. -E poi, Kaede, Farò l’ amore con te, e sarà amore, non sesso- Gli sussurrò la sua promessa.

 

Rukawa sentì il calore invadergli il petto, un calore dolce che non sentiva da tanto tempo, la sensazione di non essere solo al mondo.

 

Forse la vita avrebbe continuato a ferirlo, a farsi vedere solo attraverso specchi distorti che l’ avrebbero nauseato, specchi infranti che l’ avrebbero ferito con le loro schegge, avrebbe dovuto guardare di nuovo altre persone in faccia, specchiarsi nei loro occhi ed affrontare se stesso, ma forse avrebbe potuto anche vedere specchi limpidi, che gli avrebbero lasciato vivere momenti sereni, specchi che riflettevano una luce calda ed intensa, come gli occhi delle due persone che avrebbe amato per sempre.

 

-Hana’?-

 

-Dimmi?-

 

-Mi daresti un bacio?......... Per provarmi che è vero-

 

-Di solito non si danno pizzicotti?-

 

Rukawa sorrise alla battuta e Sakuragi lo baciò. Un piccolo assaggio di quello che avrebbe avuto in futuro, del suo sogno da cui non voleva più svegliarsi.




 

Fine
 



 

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