Il sorriso
immaginario di
Lan
<Ah,
che bello!>.
Era
tutto buio. Era in stato di semi-incoscienza.
L’unica
certezza era il calore che lo avvolgeva e questo lo faceva sentire
protetto, rilassato, tranquillo…come non si sentiva da tempo, tanto
tempo…
Forza,
Hanamichi, devi aprire gli occhi adesso…
E
così fece.
Aprì
gli occhi e non capì dove fosse.
Tutto
era bianco intorno a lui, i contorni delle cose sfumati. Sentiva caldo,
tanto caldo e per un attimo gli sembrò di essere finito in un morbido
bozzolo fatto di ovatta.
Ma
solo per un attimo.
<Per
la miseria, devo essermi addormentato!>
L’acqua
scorreva calda sulla sua pelle e si ritrovò seduto nella doccia degli
spogliatoi. Evidentemente il tepore lo aveva reso così molle e senza
difese che proprio non era riuscito a dire di no all’invitante abbraccio
di Morfeo, anche se solo per pochi minuti.
Era
da tanto tempo che sognava di fare un sonnellino tranquillo…
…Dio
solo sapeva quanto tempo era che non ne faceva uno così…
Ora
devi alzarti, Hanamichi?…
“Si,
lo sai che è così.”
Lo
sai che adesso tutto avrà inizio?
“Sbagli,
è già cominciato”.
Sapeva
che da qualche parte un altro se stesso lo stava osservando.
Un
altro se stesso, impaurito e rassegnato, che avrebbe voluto chiudere gli
occhi e fingere che non sarebbe successo nulla di male…
Ma
non si può sfuggire al destino, il copione era stato già previsto e
quella non era che una scena già interpretata tante volte…
…si,
lo sapeva: tutto ciò lo aveva già vissuto…
Si
alzò in piedi <AHIA> e sentì dolore alla caviglia. Uffa!
Dimenticava sempre di sollevarsi con cautela.
Ma
non poteva andare diversamente, perché tutto era stato già scritto e
vissuto e adesso il copione gli imponeva di ricordare…
Era
stato poco tempo fa. Era sera e stava passeggiando per le vie del centro.
Tutto immerso nei suoi
pensieri e nelle sue allucinazioni, non si era accorto che qualcuno lo
stava chiamando.
<Ehi,
Sakuragi! SAKURAGIIIIIII!!!>
Si
era voltato e aveva visto gli inconfondibili capelli ritti sulla
testa.
E
sobbalzò. Lo guardò fisso per qualche istante.
<Ciao,
Sendoh!> disse poi con un certo imbarazzo
<Dove vai?>
<Sto
andando a vedere il mare. Di sera mi piace osservare il riflesso della
luna sull’acqua. E stasera questa luna piena e luminosa mi sembra più
magica del solito. E tu?>
<Mah…andavo
al parco…>
<Senza
i tuoi amici?>
<Ho
voglia di star solo…> sorrise, ma gli occhi erano tristi.
Sendoh
si stupì. Aveva sempre immaginato Hanamichi come il ragazzo più allegro
e solare che avesse mai conosciuto. Un tipo che reagiva alla tristezza
buttandola nella spazzatura con una fragorosa risata. Per essere ridotto
così doveva avere dei bei grattacapi… beh, è un essere umano anche
lui, mica è un dio. Purtroppo non poteva chiedergli cosa avesse, non
erano così intimi da permettersi troppe confidenze e avrebbe risposto che
non erano fatti suoi. Però qualcosa
poteva fare.
<Perché
non vieni con me? >
<Veramente
io… oggi non sono di compagnia… non ho molta voglia di parlare… sai,
mi fa male un dente…> si
passò una mano sul viso, poi tra i capelli rossi, quasi a nascondere lo
sguardo bugiardo.
<Ah,
vieni e non preoccuparti. Anch’io, quando ho in mente tristi pensieri,
cerco un posto tranquillo per star solo con me stesso e ti assicuro che la
calma che può darti la vista del mare di notte illuminato dalla luna non
la trovi da nessuna parte. E poi io, di fronte
a un simile spettacolo, non ho mai voglia di parlare, divento
peggio di Rukawa!> disse, cercando di convincerlo
<……………………………..>
un lungo silenzio. No, non era il solito Hanamichi. Sendoh stava
abbandonando le speranze quando lo sentì dire
<D’accordo.
Andiamo>
Rimasero
per una buona mezz’ora a fissare l’acqua. Aveva ragione Sendoh, adesso
andava meglio. Il cuore batteva a intervalli regolari, il respiro era
pacato e la sua mente era sgombra da tutti quei problemi che lo
assillavano da un po’ e a cui il suo esaurito cervello non riusciva a
trovare soluzione.
Sorrise.
<Come
ti senti? Voglio dire… il dente ti fa ancora male?> chiese Sendoh,
utilizzando la stressa frase
bugiarda, come se fosse un codice.
<Si,
ora va meglio. E tu sei più tranquillo adesso?>
<Uh?>
<Hai
detto che vieni qui quando hai qualche triste pensiero>
<Già…>
Sendoh sorrise imbarazzato <si, va decisamente meglio… Ti va di
passeggiare lungo quella stradina? Da li lo spettacolo è davvero
magnifico!>
S’incamminarono
lungo una strada solitaria non molto illuminata che costeggiava la
spiaggia, parlando del più e del meno. Si, ora Hanamichi era tranquillo.
Era sicuro che per quella notte sarebbe riuscito a dormire, ora che la sua
mente era sgombra da mille pensieri, ora che il cuore batteva
regolarmente. Tutto merito di Sendoh.
<Guarda
lassù, Hanamichi. Una stella cadente. Presto, esprimi un desiderio!>
Un
desiderio…
Hana
sbuffò. Non sarebbero bastate mille stelle ad esaudire ciò che
desiderava più di ogni altra cosa.
Ma
è anche vero che la speranza è l’ultima a morire ed era in uno stato
tale che non riusciva proprio ad essere razionale, e si sarebbe aggrappato
a qualsiasi sciocchezza pur di non perdere un microscopico barlume di
speranza.
Tutto,
pur di non rinunciare al suo sogno.
Chiuse
gli occhi…
<………Fatto.
E tu hai espresso il tuo?> chiese all’amico
<No…
ho già avuto quello che desideravo… ed è molto più di quanto osassi
chiedere> si, oggi era decisamente il suo giorno, anzi, la sua notte
fortunata
<Beato
te. Invece i miei sogni non si avverano maaaaaaahhhiiiiiii>
qualcuno
urlò <…LEVATI!!!!…> BOOOOOM
Hamanichi
si ritrovò faccia a terra, dolorante <ma qui non… non dovrebbero
passare… i tir!?!?>
Eh
si, qualcosa lo aveva di certo investito.
Alzò
la testa per vedere (e bestemmiare) chi gli era passato sopra (o sotto, o
di lato, non lo sapeva neanche lui).
E
vide una bici. Turchese.
Un
borsone. Blu.
I
capelli. Neri.
<RUKAWA!>
urlò Hanamichi < Ti sei fatto male?> si
alzò di scatto per soccorrerlo, ma rimase fulminato dalla caviglia che
gli faceva particolarmente male, colpa della rovinosa caduta.
Intanto
Rukawa si era risollevato. Stava bene, solo i vestiti un po’ sgualciti.
Poi lo aveva guardato freddamente e mormorato un <Idiota>.
Stava
per andarsene quando Sendoh intervenne:
<Poteresti
almeno chiedere scusa, visto che Hanamichi è così benevolo da non
pestarti> e si voltò verso il rossino <Stai bene?> e lo aiutò a
sollevarsi, mentre Rukawa continuava a guardarli male.
Hanamichi,
senza dire una parola, osservava fugacemente ora il volto dell’uno, ora
il volto dell’altro. Studiava la scena, per cercare di capire…
<Ah,
potresti almeno aiutarlo a rialzarsi…> continuò Sendoh.
Rukawa
fu glaciale
<La
sua corteccia è ben dura. E poi vedo che tu…te la stai cavando
benissimo…> prese la bici e se ne andò.
<Quel
Rukawa… chi cerca di capirlo è bravo….> disse Sendoh
sconsolato.
Era
sicuro, l’aveva fatto apposta. La strada non era così buia da non
permettergli di vederli, poi lui era stato abbastanza sveglio da cadere
senza farsi male.
Non
capiva perché ce l’avesse tanto con Hanamichi.
<…o
forse è solo un idiota…> mormorò triste il rossino.
“Il
primo passo è compiuto” pensò Hanamichi.
Sei
deciso a continuare?
“Non
sono un codardo, non è la prima volta che recito il copione”
Sei
sicuro…?
Girò
su se stesso. Sorrise tristemente. Si…era sicuro…non era un codardo e sarebbe andato avanti.
In fondo, non era tutto come sempre? Questa volta si sentiva sicuro.
Avrebbe accettato la realtà senza troppi piagnistei.
Anche
se questa volta…
Girò
su stesso e annusò l’aria.
…Anche
se questa volta l’aria è profumata…
Rimase
immobile per qualche secondo, poi si diede una scrollata di spalle.
Tutta
immaginazione… era tutto come sempre.
Con
fare incerto mise qualche passo e si ritrovò di fronte allo specchio
appannato. Con la mano lo pulì parzialmente, quel tanto che bastava per
osservare il livido all’occhio e il labbro inferiore gonfio e tumefatto.
Eh si, questa volta il bastardo c’è andato proprio pesante…
Era
successo ieri pomeriggio.
Sendoh
e Uozumi erano venuti in palestra per mettersi d’accordo con Akagi sul
giorno migliore per prossima partita amichevole. Hanamichi si era
avvicinato ai ragazzi, mentre Sendoh rideva e scherzava come suo solito.
Una goccia di sudore era scivolata sul volto di Hanamichi e prontamente,
con un gesto istintivo, Sendoh l’aveva asciugata passandogli
delicatamente le dita sul viso, veloci e leggere come un soffio. Nessuno
sembrava averci fatto caso.
…sembrava…
La
pallonata colpì violentemente la nuca del rosso.
Che
immediatamente si voltò per verificare chi fosse il responsabile.
Poteva
anche non farlo… tanto lo sapeva…
Rukawa.
Rukawa,
col fare innocente di un bambino, disse <mi è scivolata di mano…>
Sapeva
che sarebbe bastato.
Quella
era la goccia che faceva traboccare il vaso.
Non
avendo ricevuto alcun rimbrotto da Akagi, a sua volta sicuro della sua
buona fede di quel compagno di squadra silenzioso e indifferente ad
attaccare briga, Hanamichi non ci vide più.
Era
stato provocato, ma il suo nemico era così vigliacco da non farlo
apertamente.
Ma
che voleva da lui? Non bastava dover sopportare il suo sguardo sprezzante
tutto il santo giorno? Non era sufficiente questa tortura?
Hanamichi
non ci vide più e schiaffeggiò il rivale.
Non
lo prese a pugni.
Di
solito ci si prende a pugni tra uomini. Invece gli schiaffi si danno ai
ragazzetti cattivi affinché imparino la lezione e lui voleva questo:
essere lasciato in pace. Perché non sopportava più le sue parole
cattive, né le sue occhiate piene di disprezzo, né i suoi sadici
scherzetti.
Invece
Rukawa era fuori di sé. Come si era aspettato era stato picchiato. Lui,
che aveva innocentemente perso la palla dalle mani.
Allora,
forte del suo alibi, aveva iniziato a malmenare, anzi a massacrare il
rossino.
Calci
pugni, sganascioni, gomitate e chi più ne ha più ne metta…
Hanamichi
non reagiva come avrebbe voluto. La stanchezza, fisica e mentale in quel
momento prevalsero, una sorta di apatia gli impediva di essere violento
con quello stupido volpino.
E
poi voleva guardarlo negli occhi.
Voleva
capire cosa c’era dietro quegli occhi cattivi.
Capire
il perché quella violenza.
Non
che lui fosse mai stato tenero con quel volpino. Ma così violento non era
mai stato. Non avrebbe mai potuto fargli del male.
Le
voci dei compagni e le urla del capitano non riuscivano a trattenere
Rukawa, poi…
Hanamichi
stava per chiudere gli occhi, quasi stesse per svenire e di colpo, e la
furia si fermò.
E
vide la scena.
Una
volta l’aveva anche immaginata, ma non credeva si sarebbe mai
realizzata.
Sendoh,
messosi dietro Rukawa, l’aveva stretto tra le sue braccia e con voce
suadente gli aveva intimato <Smettila, o te la farò pagare molto
cara…>.
E
lui aveva smesso.
E
ad Hanamichi non era piaciuto.
Non
quell’abbraccio, non quella voce melodiosa, non la calma improvvisa di
Rukawa.
Rukawa,
che era tornato ad allenarsi come se nulla fosse successo…
Nella
mente stanca di Hanamichi quell’immagine sembrava essersi impressa come
se fosse stata marchiata a fuoco.
Così
aveva incominciato a capire che, forse, le sue allucinazioni non erano del
tutto campate in aria.
Si
compongono i pezzi del puzzle…si compongono i pezzi del puzzle…
no…no…no…no…
Hanamichi,
devi ricordare?
“Lo
sai che è così”
Soffrirai…
“Lo
so…ma tu sai che è tutto scritto”.
Anche
se questa volta l’aria era pregna di quello strano odore…
Doveva
sbrigarsi. Lo spettavano e non poteva tardare all’appuntamento col
destino.
Non
andare Hanamichi…
“Inutile,
tanto è sempre lo stesso”.
Sei
sicuro?
“…uhm…forse
no…forse questa volta è diverso”
Perché…?
“Si
…qualcosa”
Girò
intorno e annusò l’aria…
Un
odore amaro e dolce insieme.
A
molti sarebbe piaciuto.
Ma
lui non lo trovava piacevole.
Qualcosa
di agrodolce che gli riportava alla mente pensieri, sentimenti, emozioni
forti e contraddittorie…
No…non
gli piaceva.
Prese
i suoi vestiti dall’attaccapanni e iniziò a rivestirsi pigramente,
lentamente. Il vapore dell’acqua sembrava essersi diffuso per tutto lo
spogliatoio e il tepore contribuiva a prolungare il suo stato di
rilassatezza.
Però…
Quell’odore
non gli piaceva. Non gli piaceva affatto. Era sicuro…non era nel copione
quotidiano…
“Da
dove viene? Tu lo sai…”
…………
“perché
non parli?”
…………..
Vestitosi,
uscì dallo spogliatoio.
Serrò
nervosamente i pugni.
Era
buio e il corridoio era tetro.
Contrasse
la mascella e per un attimo chiuse gli occhi.
Vai
avanti…
In
fondo una luce. La palestra.
Rumori
di un pallone. Rukawa che continuava ad allenarsi.
Degli
strani mugolii.
Stavano
parlando tra loro.
E
questo odore.
Che
diventava sempre più intenso man mano che si avvicinava alla
palestra.
Prima
spiacevole. Adesso disgustoso.
Voci.
Voci che diventavano più forti. Il cuore di Hanamichi iniziò di nuovo a
tambureggiare in maniera irregolare. Di nuovo irrequietezza. Di nuovo il
dolore.
“lui…”
“non
te… “
“amo…”
“sogno…”
Hanamichi
stava sempre peggio. Non capiva. La altre volte non aveva mai provato una
simile sofferenza.
Lo
sapevi, Hanamichi…
“No,
questa volta è diverso”
Ti
avevo avvisato…
“Non
mi hai detto che sarebbe stato diverso”
Non
puoi più tornare indietro…
Hanamichi
si affacciò sulla porta.
E
vide la scena che si aspettava di vedere.
Ma
che, come tutte le altre volte, giungeva sempre inaspettata.
Rukawa
e Sendoh abbracciati, avvinghiati, fusi in una stretta che non lasciava
vie di fuga. La loro labbra serrate in un bacio mozzafiato. Non si erano
neanche voltati a guardarlo. Continuavano imperterriti senza accorgersi
del ragazzo di fronte a loro.
Sul
suo volto la maschera della disperazione.
Panico.
Aveva
visto giusto. L’aveva sempre saputo.
Panico.
Non
abbracciare lui. Abbraccia me.
Panico.
Non
baciare lui. Bacia me.
Panico.
Non
amare lui. Ama me.
Panico.
Voleva
urlare, ma non riuscì.
Panico.
Aprì
la bocca, ma non riuscì.
Panico
Avrebbe
voluto separarli, ma non riuscì.
Perché
lo investì quell’odore, divenuto oramai fetore.
Carne
al sugo zuccherata al miele, frullato di pesce alla frutta, hamburger
misto al gelato.
Nauseante.
Stomachevole.
Stava
per mettersi una mano alla bocca per evitare di vomitare.
Il
cuore martellava furiosamente, le tempie gli dolevano e il respiro era
affannoso.
Si
accasciò a terra.
Perché soffri? Lo sapevi
che finiva così…
“No”
Ti
avevo avvisato…
“Questa
volta è sbagliato”
Hai
vissuto questa scena tante volte…
“Non
c’è mai stato questo odore…”
Per
un istante capì tutto.. Eh già… all’ultimo il copione aveva subito
una significativa variazione, ma non era più pronto a sostenere la parte.
E
la sua mente esaurita rischiava ora di impazzire.
Doveva
fare qualcosa o il suo destino si sarebbe compiuto.
No,
non ora che sapeva come sarebbe andata davvero a finire…
Si
agitava come un ossesso per interromperli, ma loro non sembravano essersi
minimamente accorti di lui.
Allora
fuggire, voleva fuggire lontano, ma le gambe sembravano incollate al
suolo.
Allora
urlare, aprì la bocca per urlare, ma dalla bocca non uscì alcun suono.
****************
****************
****************
****************
****************
Era
tutto buio.
Respirava
affannosamente, le tempie pulsavano dolorosamente e il cuore batteva così
forte da fargli male. Sudava freddo e quel dannato senso di nausea non
voleva proprio abbandonarlo.
Calmati,
Hanamichi…cerca di calmarti…
Gli
occhi iniziarono a mettere a fuoco, grazie anche alla scarsa luce che
veniva dalla finestra aperta.
I
libri sparsi sulla scrivania, il poster mezzo caduto dalla parete,
l’anta dell’armadio aperta, i vestiti sparsi sul pavimento, il borsone
buttato nell’angolo…sì, quella era proprio la sua stanza e lui era
seduto sul suo letto.
<…allora
è stato solo il sogno. Ancora quel maledettissimo sogno… Un sogno
idiota per un perfetto idiota…ahahah, stupido Hanamichi…> rise
senza convinzione, solo per scacciare quelle immagini che si affollavano
nella sua testa, nella sua anima.
Si,
già da tempo aveva intuito come stavano realmente le cose, mica era
stupido, ma in quel modo gli era stata sbattuta in faccia la realtà e i
suoi sogni e le sue speranze erano volati in cielo.
I
suoi sentimenti invece erano stati scaraventati in un abisso senza fine…
Oddio,
non che si fosse mai fatto delle illusioni , però…
Ancora
pensò a quelle immagini,
a
quei due insieme…
dei
macigni dal peso insostenibile…
Fece
un respiro profondo per cercare di rilassarsi e annusò l’aria…
e
fu percorso da un brivido lungo la schiena:
ancora
quell’odore, dolciastro e pungente, e questa volta sembrava proprio che
la sua stanza, il suo letto, lui stesso, tutto ne fosse impregnato.
“…ODDIO!…”
la
nausea lo assalì ad ondate, sempre più incessante.
Mise
a fuoco…il borsone…i vestiti sparsi sul pavimento…quella divisa…
“…NNNOOOOOOO!…”
mise
una mano sulla bocca per evitare di vomitarsi addosso.
Di
colpo si sentì trascinare giù da due braccia possenti che lo avvolsero
in un calore insopportabile, mentre due gambe si attorcigliarono alle sue,
immobilizzandolo.
Il
corpo del ragazzo si posò sul suo, come il coperchio di un sarcofago,
mentre due mani sfrontate iniziarono ad accarezzarlo…ovunque…
<Allora
è vero che sei un idiota… meno male che te lo dici da solo…>
Le
labbra e l’alito caldo sfioravano la sua guancia come una carezza.
Di
cui avrebbe fatto volentieri a meno.
<Perché
non mi dici cosa hai sognato?>
<……………………una
settimana fa………………tu e lui……> rispose in un soffio.
<Dolce,
tenero Hanamichi… così
adorabilmente contraddittorio. Sei
così alto, così imponente, così forte, sempre pronto ad urlare e a
menare le mani… sembra che tu non abbia mai paura di niente e di
nessuno… non c’è avversario che non sfideresti sicuro di vincere, non
c’è cosa che non sapresti fare se lo volessi, eppure…allo stesso
tempo sei tenero e fragile e imbranato come un bambino… Ti
prego, fammi accendere la luce, voglio guardare il tuo viso
innocente…>
<NO!>
“…non
voglio vedere…non voglio sapere…”
Uno
sbuffo divertito…
<Sei
proprio un ragazzino…non dirmi che ti vergogni…>
*Fammi
vedere, Hanamichi, fammi vedere il tuo viso, ho bisogno di sapere…*.
Si
sentiva prigioniero. Rigido e immobile come una statua, non osava fiatare,
ma soprattutto, non osava pensare, come se quegli occhi, nonostante
l’oscurità, potessero penetrargli il cervello e capire i suoi pensieri.
“No,
non devo pensarci o scoprirà…”
Quasi
in risposta ai suoi timori, lui disse:
<Capisco
che gli eventi di quel giorno siano rimasti impressi nella tua memoria.
Porto nel cuore il tuo sguardo storpiato dalla gelosia e dal furore…>
ancora sbuffò divertito
<…quello
che non capisco è perché non sogni il resto…>
*…La
parte migliore….*
Dicono
che quando un incubo inizi ad assumere delle fattezze talmente reali da
non essere più tollerato dalla ragione, il cervello si mette in moto per
svegliarci, evitandoci delle sofferenze inutili e insopportabili …
La
stessa cosa era accaduta ad Hanamichi: si era svegliato per non dover ricordare il resto.
Era
uscito da un brutto sogno, ma si era smarrito in un incubo ben peggiore…
<Pensavi
davvero che fossi innamorato di lui?
Pensavi
davvero che i miei sorrisi fossero rivolti a lui?
Amore,
non ho fatto che ripetertelo tutto il tempo, ma se vuoi te lo dirò
ancora:
IO
TI AMO. AMO TE E NESSUN ALTRO.
È
incredibile! Sembri così sicuro di te e poi cadi su questo. Una certezza
assoluta…
Sai…se
c’è qualcuno che deve essere rassicurato, quello sono io…>
Hanamichi
chiuse gli occhi.
“NON
DIRLO!”
<Il
momento più bello è stato quando sei arrivato. Lui non voleva proprio
saperne di smettere, pensando che uno stupido bacio avrebbe potuto
cambiare le cose, invece sei sopraggiunto tu e hai detto:
“Umpf…
sei davvero così sciocco? Potrai abbracciarlo, baciarlo, anche
scopartelo, fino allo sfinimento.
Ma
lui non ti ricambierà. MAI! “
hai
ridacchiato nervosamente e lo hai guardato. Sembravi disperato. Hai
continuato:
“già…perché
lui…è innamorato di me….”
Ti
sei avvicinato a noi due, mentre lui ti rivolgeva occhiate cariche di
odio.
“…non
puoi non essertene accorto…ma piuttosto che ammettere la sconfitta hai
tentato di giocarti l’ultima carta.
Una
carta patetica.
Una
scena patetica.
TU
SEI PATETICO!”
E
mentre mi paravo davanti a te per evitare che lui ti colpisse, hai posato
le mani sulle mie spalle e, voltandomi, mi hai stretto forte…
…hai
posato le tue labbra sulle mie…
…e
io mi sono sentito in paradiso…>
A
nulla erano valse le preghiere di Hanamichi. Quel ricordo era una
dolorosissima tortura che avrebbe dovuto subire fino in fondo.
Il
prezzo da pagare per ciò che aveva fatto…
<Eppure
per un attimo…
…per
un attimo ho creduto che tu l’avessi fatto per ripicca!
Si,
per un attimo ho creduto che in realtà fossi innamorato di lui e non di
me e che fossi così disperato perché stavi perdendo lui e non me e che
volevi fargliela pagare e l’unico modo fosse strapparmi a lui perché
lui soffrisse quanto te…> dalle labbra ora imbronciate erano uscite
di getto tutte quelle parole, in una cascata che avrebbe travolto
ogni dubbio e ogni incertezza.
Poi
sorrise
<
Ma è stato solo un attimo.
Quando
ti sei staccato da me e ho visto il tuo sorriso sincero non ho più avuto
alcun dubbio…>
*E'
vero che stai ancora sorridendo, Hanamichi? Lo so, non vuoi che la luce
rovini quest’atmosfera incantata, ma io vorrei vedere di nuovo il tuo
sorriso…
perché
tu stai sorridendo, vero?
Un
sorriso dolce e sincero, come quella sera.
È
tutto buio ma non importa. Io so che stai sorridendo…vero? Si, lo so…
Ti
prego, sorridi, dissipa i miei dubbi, dissipa le mie paure…*
Sorrideva.
Perché
sapeva che quel ragazzo dagli allegri capelli rossi di cui si era
follemente innamorato stava sorridendo con lui.
Perché
sapeva che anche lui lo amava.
E
che non se ne sarebbe andato via…
Hanamichi
fissava il soffitto. Era così stanco!
Non
voleva parlare, ma soprattutto, non voleva pensare a ciò che aveva
fatto…
…a
ciò che era diventato…
<…perdonami
se ho dubitato di te. Non lo farò mai più. Non dopo quel bacio. Non dopo
quel sorriso. Non dopo stanotte…> le
labbra si curvarono in un sorriso gigantesco. Quasi grottesco.
Il
sorriso della vittoria.
Nella
mente di Hanamichi i ricordi si tinsero di colori tanto sgargianti da
stordirlo.
“NO!”
<…sei
stato così dolce…> le sue mani audaci iniziarono ad esplorare
nuovamente ogni delizioso anfratto di quel corpo immobile…
“NON
VOGLIO SAPERE!”
<…così
appassionato…> la sua lingua impertinente iniziò a stuzzicare quelle
labbra serrate affinché dischiudessero il frutto saporito…
“NON
VOGLIO RICORDARE!”
<…abbiamo
fatto l’amore, e questo ha cancellato ogni dubbio> il suo sesso iniziò
a muoversi su quello del compagno muto, ondeggiando sempre più selvaggio,
mentre quell’odore dolciastro e nauseante tornava a diffondersi
nell’aria, appestandola.
“NNNOOOOOOOOO!!!”
Nessuna
reazione da parte di Hanamichi.
<Ehi,
dov’è finita tutta la tua baldanza? Il tensai non regge il ritmo?>
aggiunse malizioso.
<Sono…sono
molto stanco…> fu tutto quello che riuscì a dire
<Hai
ragione, anzi, per essere la tua prima volta sei stato fin troppo
effervescente…> rise divertito.
Era
proprio un ragazzino. Non parlava, certo, chissà che imbarazzo, poi lui
l’aveva fiaccato parecchio…
*Vero,
Hanamichi? Sei stanco, ma stai sorridendo, proprio come quella sera. So
che è così. Deve essere così*
Scivolando
di fianco al suo amante, lo avvolse in un abbraccio caldo e asfissiante,
nella speranza di riscaldare quel corpo che sembrava tanto freddo.
Poi
lo baciò appassionatamente, tanto da fargli mancare l’aria.
<Sei
solo mio e non ti permetterò mai di andare via…
buonanotte,
amore…buonanotte, Hanamichi…>
con
quel po’ di fiato rimastogli Hanamichi
sussurrò:
<Buonanotte,
Akira…>
**********************
**********************
**********************
Non
sapeva quanto tempo era passato, ma Hanamichi continuava a fissare il
soffitto rimanendo immobile nella stretta di Akira.
Forse
aveva paura che potesse leggergli nel pensiero e capire che i suoi timori
non erano infondati, forse non voleva che un piccolo movimento risvegliasse lui e i suoi dannatissimi bollenti spiriti.
Ma
oramai che importanza poteva avere?
Akira
Sendoh poteva fare di lui qualunque cosa, tanto ogni cosa di lui era
andata perduta:
non
aveva più un corpo, l’aveva sacrificato in nome di una vendetta senza
senso;
non
aveva più pensieri, li aveva relegati in un angolo buio della sua mente;
non
aveva più un cuore, quello era stato ridotto in mille pezzi tanto tempo
fa, dalla persona che amava più di ogni cosa.
Non
che uno stupido imbecille, il burattino di una sadica favola in cui il
carnefice, per un assurdo scherzo del destino, si trasforma in vittima.
E
il bello era che la parte l’aveva scelta da solo!
E
alla fine per ottenere che cosa?
CHE
COSA?
L’amore
di un ragazzo che non desiderava e l’odio del ragazzo che amava.
Ah,
quanto avrebbe voluto urlare, scappare, magari piangere, ma i burattini
non parlano, non pensano, non sono.
L’unica
cosa che riuscì a fare fu voltare il viso verso la finestra.
La
finestra aperta…
Dalla
finestra aperta entrava quel tenue chiarore che gli permise di vedere il
volto beato del suo amante addormentato. Da un sospiro di piacere che
aveva emesso, capì che niente avrebbe potuto svegliarlo dal sogno
meraviglioso in cui si era perso; non si sarebbe svegliato per torturarlo
con le sue assillanti carezze, né i suoi occhi avrebbero penetrato i suoi
più intimi pensieri…
Allora
Hanamichi capì di poter evadere, permettendo ai suoi pensieri di volare
lontano, per dimenticare ciò che aveva fatto, per dimenticare ciò che
era diventato…
E
vide la luna luminosa brillare nel cielo nero…
Dolce
e dolorosa, quella immagine
si impresse nel suo cuore: gli riportava alla mente l’immagine di un
volto,
pallido
e bellissimo,
luminoso
e freddo,
irraggiungibile…proprio
come quella luna…
Immagine
di un sogno che non si sarebbe mai avverato, fossero cadute anche mille
stelle dal cielo.
E
finalmente, i suoi pensieri iniziarono liberi a volteggiare e due sottili
lacrime iniziarono a rigargli la tempie,
poi
altre due
poi
altre due
poi
altre due…
La
sua mente volò da lui,
il
suo cuore volò da lui,
il
suo corpo? No, quello era prigioniero, ma in sua vece un sospiro, tutto
per lui.
Dalle
sue labbra una sola parola…
<…Kaede…>
The end
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Ringrazio
il magnifico Robert Smith per aver composto la struggente “Bare”, colonna
sonora della seconda parte di
questa f.f.
Ovviamente
i personaggi non sono i miei e bla bla bla…
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