Diciamo che questo è il secondo “atto” di una fic a cui tengo
particolarmente: “A place from my head”. L’idea iniziale era un po’
diversa e anche al song che volevo usare era un’altra, poi le cose hanno
preso una strana piega, ma eccomi comunque qua, quindi…ecco la mia
seconda MakiMito! (Ma quanto mi piace ‘sto pair! ** Vojo diventare la
“MakiMito no miko”! ><) I personaggi sono tutti di Inoue e la song è dei
Linkin Park. La dedico al mio amorino Pam-chan per l’affetto e la
dedizione nel seguirmi, alla mia cugi Natsume per l’aiuto e lo spunto
nella crisi, alla mia quarta sis onoraria e cognata Ally per
incoraggiarmi a raccontare di pair impopolari come questo e per tutto
quello che fa per me, ad Emanuele per…be’…lui lo sa ^^, alla mia prima
sis onoraria Minako/Tsukino che con immensa fatica ha letto l’altra –
non pretendo che leggi anche questa! ^^ - e a tutti coloro che provato
un minimo di simpatia per questo pair. Ora non mi resta che augurarvi
buona lettura!
Somewhere I
belong
di Kima
È un giorno freddo. E qua, alla fermata della metro, il gelo
sembra spolparti. La sciarpa non riesce a difendere il mio viso dal vento,
la pelle mi tira, è resa come insensibile dalla mezz’ora che aspetto.
Spero che Hanamichi si sbrighi e che mi offra un bel tè bollente, sto
proprio congelando. Mi stringo ancora di più nel cappotto, avrei dovuto
prendere quello di Hisashi, interamente di lana, e non il mio pastrano in
pelle…anzi che sono uscito, è già tanto! Spero che il mio bro si renda
conto che questa me la dovrà pagare; esco di casa l’indispensabile e
questo non ci rientra. Ma dato che è per Hanamichi, ho fatto questo
sforzo…già, sforzo. È il modo più adatto per chiamarlo; perché, a me, non
è più così congeniale uscire dalla mia bella prigione e rischiare di
incontrarlo. Anche se è passato del tempo, le cose non sono cambiate poi
molto e dubito cambieranno, perché le ferite bruciano, perché il suo
ricordo è sale, perché ancora non accetto di essere solo.
Con la mano destra, quella che sembra più funzionale,
nonostante il gelo, mi metto una sigaretta tra le labbra e l’accendo
immediatamente aspirandone il sapore. Come per aspirare anche i pensieri
di quest’attimo, bastasse bruciarli, fosse possibile ridurli in cenere,
sarebbe fantastico…
Un braccio che si muove oltre le teste dei passanti e una nuca
rossa attirano la mia vitrea attenzione: finalmente è arrivato. Mi faccio
largo tra la gente, ce n’è davvero tanta in giro, sarà per la festa
d’inverno? O perché, anche un centinaio di persone, per me, sono già
troppe? Basta pensieri.
Hanamichi mi abbraccia ancor prima di salutarmi e di darmene
il tempo.
- Ciao, eh!- gli faccio ad accompagnare una pacca sulle
spalle.
- E’ tanto che aspetti?- chiede con un sorrisone e non ho il
coraggio di dirgli che, se aspettavo ancora un po’, i pinguini mi
avrebbero fatto cittadino onorario del Polo.
-
N-no…andato bene il viaggio?- devio subito il discorso su di lui,
escogitiamo un modo per limitare le solite domande su di me, perché di
parlare non ne ho proprio voglia.
- Sì, tutto bene! Ah, ti ho portato una cosa!- dice
rifilandomi in mano un pacchetto dalla carta viola. Ci resto un po’ così,
lo studio un attimo: è qualcosa di simile a un cilindro, abbastanza
leggero; strappo via la carta con un unico gesto e spunta fuori un
accendino che sembra un residuato bellico molto chic, una foto del mare
che fa da sfondo e una scritta rossa che esclama festosa: “saluti dalla
costa!”. Lo guardo interdetto, ma dato che è un regalo e, per di più, del
mio migliore amico, non mi resta poi molta scelta, lo stringo tra le dita
e lo metto in tasca.
- Grazie del pensiero- gli sorrido a metà.
- Andiamo, ti offro qualcosa- dice prendendo la sua valigia e
precedendomi.
- Ok- rispondo senza fare troppi complimenti, dopo tutto il
tempo da cui ci conosciamo…
- Allora dimmi, Hisashi?- chiede con gli occhi che gli
brillano, anche gli occhi di Shinichi avevano quel bagliore quando parlava
di me? Mi esce improvviso e doloroso, vacillo un attimo, sono ancora qua a
pensarci, da dove può esser evaso quel pensiero idiota?! Da tutta la tua
anima? No, non è così. Non può essere così. È troppo fastidioso
d’accettare, troppo idiota da concepire…
Torno al reale con gli occhi di Hanamichi che aspettano una
risposta e che mi guardano interrogativi.
- S-sta benone. Ha detto che gli dispiace non esser potuto
venire a prenderti, ma aveva un impegno improrogabile di lavoro, comunque
garantisce che si farà perdonare stanotte…- riporto le parole del mio bro
per filo e per segno, sorvolando, però, sulla faccia allupata che ha
accompagnato l’ultima frase…
- Bene…- commenta lui arrossendo leggermente; vorrei dirgli di
ricordarsi che ci sono io nella stanza accanto e di avere un po’ di
rispetto, ma solo a comporre ‘sto pensiero mi sento un ottantenne
rompipalle che si lamenta per la musica alta dei vicini e mi trattengo;
sono anche tre settimane che non si vedono…Hisashi, metto in conto anche
la nottata in bianco che mi farai passare mentre festeggi con il tuo
“amorino”, non temere…
- E tu come stai?- fa lui, fissandomi negli occhi, sedutomi
accanto, al bancone di un bar grigio alluminio. Alzo la faccia shockato,
poi mi sento più incazzato che altro, ma che cazzo di domanda è?! Come se
non mi si leggesse in faccia…mi mordo la lingua per non mandarcelo e
impongo al mio corpo di restare qui, seduto, il mio sguardo si deve fare
di un peso atroce e di una tinta foschissima perché vedo Hanamichi come
rintanarsi nel suo tè, un’occasione di silenzio persa per sempre…
When this began
I had nothing to say
And I’d get lost in the nothingness inside of me
I was confuse
And I let it all out to find / that I’m
Not the only person with these things in mind
Inside of me
But all the vacancy the words revealed
Is the only real thing that I’ve got left to feel
Nothing to lose
Just stuk / hollow and alone
And the fault is my own
And the fault is my own
Poco dopo siamo tra la gente, io chiuso in un rigido mutismo
che non mi sforzo poi tanto a mantenere, anzi…mi è più che solidale e,
soprattutto, mi dà forza, la forza che mi manca come l’aria. Hanamichi è
imbarazzato, si vedrebbe lontano un miglio, ma non mi interessa affatto,
mi interessa solo di mantenere il controllo di me stesso del mio corpo, mi
preoccupo solo di guardarmi intorno nella costante e spasmodica speranza
di non intravederlo neppure. Sempre lui. Sempre qua. Fisso nel cervello. E
mi sento un fuggiasco con il suo inseguitore costantemente alle calcagna,
che non può liberarsene, a malapena seminarlo, per poi ritrovarselo, in un
modo o nell’altro, di fronte pronto a torturalo senza sosta…scaccio il
pensiero con forza, perché tutti questi dubbi? Perché ora? Non ho avuto
una sola, minima, minuscola, incertezza nel momento che l’ho piantato,
perché dovrei averne ora? Perché? Perché? Perché riesce a torturarmi anche
se non c’è? Perché ho così paura di aver sbagliato? Perché sto male
avendolo perso? Perché tutta la mia risolutezza, quella di quel momento,
va a farsi fottere in questo modo ridicolo?! Perché lui non c’è? E
comunque mi fa male? Mi butta in faccia la mia fragilità… perché ho paura
di aver fatto male??? Vorrei saperlo! L’ho trovato con *quellA*, lui mi ha
tradito, ha tradito la mia fiducia, se n’è fregato di me e io ho fatto
bene a mollarlo…vero? Era la cosa migliore da fare, no? L’unica…no?? E mi
ritrovo steso sul mio letto, al buio, gli occhi al soffitto, le braccia
stese lungo i fianchi e sotto i sospiri e tutto il resto di Hanamichi e
Hisashi che se la stanno decisamente spassando. Dannate pareti di carta!
Mi rigiro, invano. Non dormirò, lo so, sono ancora vestito, non spreco le
forze neppure per spogliarmi. Mi piace stare al buio, peccato che stare
così, senza fare nulla, nell’ozio, nel silenzio, non mi istighi solamente,
inesorabilmente a farmi seghe mentali…davvero un peccato…stingo gli occhi
e ci appoggio i dorsi sopra, sospiro e sento la gola bruciare per la
voglia di bere qualcosa, qualcosa di così forte da stordirmi, da impedirmi
di pensare. Mi alzo e mi butto in salotto, noto che il mio bro e il suo
ragazzo hanno avuto la decenza di chiudere la porta! Quella volta che mi
sono fermato a guardali è servita a qualcosa! Rovisto mezza casa ma non
c’è nulla di alcolico, a quei due non piace bere e neanche a me…be’,
depressioni a parte…rivado in camera, mi infilo gli anfibi, prendo le
sigarette e l’accendino da sopra il comodino e li ficco in tasca, un
attimo dopo sono per strada. Mi sento abbastanza ridicolo. Possibile che
non faccia che scappare in continuazione? Ogni volta che la mia stanza
satura di pensieri su di lui mi alzo e mi ritrovo qua. E ripensando a
com’è andata quella volta tutto questo assume toni ancora più surreali…e
se, infondo, e forse nemmeno tanto, sperassi nel ripetersi degli eventi?
Qualcosa di ciclico che si ripete, innescato semplicemente dalla mia
debolezza? Questo pensiero mi shocka, mi blocca in mezzo alla strada e mi
riprendo solo dopo un paio di sigarette e la decisione che il primo bar
sarà la mia meta. Ne vedo uno in fondo alla via, ne seguo l’insegna
ipnotizzato, è squallido e semi deserto: un ubriaco sdraiato su uno dei
tavoli, l’odore di alcol che emana mi arriva direttamente al cervello; una
prostituta con la parrucca di paglia verde che siede al bancone, strano,
era tanto che non ne vedevo, da queste parti poi. Mi siedo a qualche
sgabello da lei, mi viene spontaneo guardarla: magra, un po’ piatta, sotto
il trucco pesante un bel visino, sottile, con due occhi di un azzurro
assolutamente finto, il corpo fasciato in un top, una minigonna e un paio
di stivaloni neri, distolgo lo sguardo e individuo il barista, preso a
sistemare i bicchieri, gli faccio un cenno con la mano.
- Una bottiglia di vodka gelata e un bicchiere- mi guarda
stralunato un attimo, poi afferra la bottiglia appannata, il bicchiere e
me li mette di fronte. Mi prendo anche un posacenere, lo accomodo vicino,
più a portata di mano possibile, appoggio la sigaretta e mi verso il primo
bicchiere. Me lo ciondolo davanti toccandolo di tanto in tanto, la
sigaretta e il bicchiere nella stessa mano, davanti ai miei occhi
appannati di disattenzione. Ogni tanto passo la sigaretta all’altra mano e
ne aspiro un qualcosa di simile a una boccata. I sorsi vanno giù veloci,
uno dopo l’altro, lisci, freddi, piacevoli per come ti anestetizzano i
pensieri, anche un po’ il corpo mentre bruciano la gola. Sono già a mezza
bottiglia. Me ne accorgo per l’aura tremula che assume tutto, è un po’
fumosa, mossa, ma dato che non sono qui per guardare i particolari,
cercare i dettagli, va più che bene così. Continuo meccanicamente a bere
senza un perché, sono troppo preso a cercarne per il mio attaccamento a
Shinichi, una cosa per volta, è già abbastanza faticoso, alcol a parte o
compreso…
La porta del locale si apre stridendo, un rumore maligno che
si infilza nel cervello, incurante dell’offuscamento dei sensi, mi giro,
infastidito: chi osa entrare con tanto odioso suono nella mia prigione di
vodka e stecche di sigarette e vuoto? I miei riflessi sono decisamente
lenti ma davanti a quello che mi si prospetta all’improvviso, con
crudeltà, il destino che si accanisce contro di me, anche il mio cadavere
reagirebbe: la voglia di scappare nasce con un lampo, un flash nella mia
testa ma tempo di arrivare alle gambe si è già perso a riverberare sul
liquido cristallino con cui cerco di riempirmi. E non posso fare nulla…per
l’ennesima volta. Perché lui è qui, a due metri da me e non posso
combattere ne’ concedermi una goffa fuga, inutile come contare i miei
dubbi, anche se forse questo è più semplicemente impossibile…lo guardo per
qualche secondo, lui e il suo compare, o dovrei dire compagno, per come se
lo tiene al braccio, e per cancellare questa sensazione del cazzo mi butto
giù d’un fiato un bicchiere colmo. Gli occhi mi schizzano di fuori quando
lo sento correre in dirittura d’arrivo allo stomaco, ma è niente rispetto
all’orrore di vederlo e non poter scegliere ne’ tapparmi gli occhi. Il suo
compagno è quel tipeto insipido che conosce dal liceo, Jin, un cognome
corto e del genere, che, se me ne fregasse anche solo lontanamente, forse
ricorderei…un tipo pulitino, insignificante? Pure…candido come le lenzuola
delle pubblicità, con quell’aria da coniglietto pasquale, sexy come il
banco di una chiesa; vomitevole, mezza sbronza a parte. E poi c’è
lui…letale e sensuale come sempre, da tempesta ormonale solo a vederlo a
un chilometro di distanza, sconvolgente nella sua fierezza, da farti
venire il magone, l’abbronzatura perfetta e integrale (di questo ne sono
più che certo…) e quegl’occhi capaci di trapassarmi come fossi di carta e
niente e io non voglio esserlo, per questo mi verso un altro goccio. Mi
pizzicano gli occhi e la vista comincia a ondeggiare oppure sono io che
ondeggio, non ne ho idea, so solo che la mia sigaretta trema tra il indice
e il medio in modo imbarazzante, la poggio sul posacenere e sospiro
mestamente: vecchio mio, mi fai pena…
Scommetto che anche lui mi ha visto, sicuro, mi ci gioco gli
attributi che, evidentemente, ho lasciato a casa…smidollato. Infatti una
mano forte mi si poggia sulla spalla e stringe finché, per disperazione,
non mi giro fissandomi, per quanto mi è possibile, e dico tutto, su
un’espressione alla “cosa diavolo vuoi, idiota?!” ma a quanto pare
fallisco ancor prima di iniziare, giro cinque secondi mi ritrovo un suo
braccio sulle spalle e le sue labbra sul collo. Mi irrigidisco di colpo,
il corpo mi diventa di sale, pesante, da far fatica a respirare, tanto che
mi sembra di essere in apnea, probabilmente lo sono, ho un nodo in gola e
ci butto dietro un mezzo bicchiere sperando che serva a qualcosa. Qualcosa
di irritante mi arriva all’orecchio, non ci faccio caso, resuscitare il
mio autocontrollo è un’impresa così disperata che mi viene da svenire
oppure è il mix di alcol con la sua presenza? Tanto per cambiare non ne ho
idea. Improvvisamente sento un tocco ustionante sul petto che mi riporta
sul pianeta Terra e me lo vedo lì, con quella bella fiacca spavalda che mi
sorride tranquillo e focalizzo il suo braccio ancora lì, dove me lo
ricordavo; il suo amichetto al fianco, sembra un allegato, con
un’espressione idilliaca, neanche fosse uscito dal mondo delle fate e dei
principi azzurri che mi da su nervi e associo quel “qualcosa di irritante”
alla sua risata; il bicchiere nuovamente vuoto e il barista finto
indifferente.
Mi poggia un bacio sotto l’orecchio e quella carezza rovente
si strascina per tutto il pettorale, dalla clavicola al capezzolo; fortuna
che indosso un maglione altrimenti a quest’ora mi avrebbe già spogliato e
mi starebbe sbaciucchiando gli addominali, qui, davanti a tutti e,
conoscendolo, potrebbe farlo! Afferro la bottiglia di vodka e riempio il
bicchiere per l’ennesima volta, come se non sopportassi di vederlo vuoto,
ne assaporo qualche sorso mentre lui continua a seguire la linea del mio
volto fino al mento e infila l’altra mano sotto la lana, me ne sto qui
quasi vitreo. La sbronza acuisce in modo impressionante il contento delle
nostre pelli ma mi impedisce anche di essere così cosciente da eccitarmi e
lasciarmi andare. Eccitarmi…be’, è un po’ difficile evitarlo…un po’ per
l’identità del mio provocatore, un po’ per mesi di astinenza da un
qualsiasi rapporto fisico che non sia stringere mani. Così, fiutando che
le mie resistenze non saranno tali per molto, gli verso in testa il resto
del liquido che giaceva placido nel bicchiere.
- Questo per i tuoi bollenti spiriti- commento con un
sorrisino di scherno che dubito gli piaccia, che spero non gli piaccia.
Il suo amichetto ride forte e il barista sorride appena, lo
intravedo appoggiandomi a braccia conserte sul bancone, mi sento già
meglio anche se non posso negare che il pensiero che continuasse a
toccarmi mi ha molto più che balenato ed estasiato i sensi…Jin o come si
chiama gli porge un fazzoletto per asciugarsi ma lui rifiuta tirandosi
indietro le ciocche bagnate con un gesto ampio del braccio, alcune gocce
sostano sulla sua fronte, sugli zigomi, una sulla bocca…mi mordo il labbro
inferiore per scontare la tentazione di asciugarla con l’indice e distolgo
lo sguardo, che ci pensi il marmocchio che si porta dietro…sono geloso,
geloso marcio, mi sforzo di non ammetterlo, di non ammettere *nulla* di
quello che mi agita ed eccetera averlo qui, ma è un compito arduo, l’alcol
può solo rimandarlo; mi conosco, finirò per sezionare il più microscopico
dettaglio finché non perderà senso, peccato che quando succederà mi sarò
fatto così male da non rendermene conto…
Torna all’attacco, non è mai stato uno che si arrende
facilmente però questo è decisamente troppo…troppo per un povero disperato
che è solo venuto a farsi un goccio inconsapevole che un fato veramente ma
veramente infame gli avesse organizzato un vero e proprio match con i suoi
incubi. Shinichi e l’onnipresente “altro/a”.
- Vedo che nonostante la tua brutta cera non perdi l’umorismo,
mi fa piacere…- oddio che tono odioso! Da sputargli in faccia! Non lo
sopporto quando fa così!! Altro bicchiere, è meglio! Ne bevo un quarto poi
rispondo.
- Si fa quel che si può…-
- Vedo. Bevi come una spugna quando potresti…- si ferma e mi
guarda con tanta di quella malizia che gli trasuda dagli occhi da farmi
sentire un…marchettaro! Non resisto più, esplodo!
- “Potrei…” cosa?! Essere il tuo servo?! Anzi, no, peggio! Il
tuo amante, il giocattolo che ti fotti quando vuoi?! No, grazie! Ne faccio
volentieri a meno!- mi sfilo il portafogli dalla tasca e sbatto sul tavolo
gli yen per il conto. Gli urlo un “vaffanculo!” sul grugno, gli mostro il
medio e sono fuori.
Già, fuori dal locale e pure di testa. Fuori per la rabbia,
incazzato, infuocato d’ira! L’aria umida mi passa addosso e ho come la
sensazione di farla diventare vapore da come mi sento ardere, cammino in
mezzo alla strada, visto che è tutto, totalmente, deserto; sento il
battito cardiaco su la palpebra destra, decisamente accelerato, ma sono
anche decisamente infuriato col mondo per preoccuparmene. Avrei dovuto
gonfiarlo e non permettergli di cavarsela così semplicemente…ma ormai è
andata e non ho voglia di tornare indietro, sarebbe un rischio enorme,
rischio che non ha senso correre, che non ho la forza di correre. La mia
rabbia cambia e non è più solo contro di lui, anzi lui sembra solo un
alibi…lo usi per proteggermi, sono davvero un debole e non lo sopporto.
Questa situazione è troppo complicata, troppo, troppo per entrarmi in
testa ora che mi sento solo pieno d’alcol e questi pensieri sembrano fatti
solo per trasformare una sbornia cazzuta in una stupida sbornia triste…
sospiro. Meglio non farsi prendere da quest’ira sterile. Almeno non ora
che questa buona vodka vorrebbe solo abbracciarmi dall’interno, darmi un
po’ della pace che non mi concedo da sobrio. È assurdo come da una parte
venga a patti con me stesso solo da sbronzo anche se questo non limita
affatto le mie benamate seghe mentali…anche perché non è che io possa fare
molto, non me la sento di andare per locali e stare a casa, come ho fatto
negli ultimi mesi, comincia a darmi addirittura l’orticaria dai nervi! La
mia scelta è qua. Fuori. Con i pensieri a piede libero che ogni tanto mi
investono, ogni tanto mi risparmiano…
Qualcuno mi prende per una spalla, dev’essere messo bene per
come riesce ad annullare ogni mio tentativo di togliermi la sua mano di
dosso, sboffo e mi tiro avanti di botto, la sua morsa si scioglie e mi
giro con occhi furoreggianti. Macchesorpresa!! Non me l’aspettavo
proprio!! Lui. Senza il suo amichetto, che l’abbia lasciato a fare i
bisognini a un lampione? Spero che non gli abbia tolto il collare…ok,
continuiamo la sparata…
- Che cazzo vuoi?!- scandisco piano, conoscendolo potrebbe
prenderlo per chissà cosa, anche per una dichiarazione d’amore
indissolubile!
- Dove stai andando?- odio quando mi risponde con le domande!
Ma credo che, più semplicemente, non mi abbia proprio sentito! Lo guardo
torvo, stringendo i denti e pensare che mi considero io il masochista!
Anche lui se le cerca con impegno!
- Saranno fatti miei?!- ruggisco tentando di spingerlo
lontano, risultato: un paio di passi.
- No- mi risponde come se fosse la cosa più ovvia
dell’universo, ha pure il fegato di guardarmi dritto in faccia mentre lo
dice.
- Come diavolo sarebbe a dire “no”?!- mi sta rovinando la
sbornia! Ma si diverte?! Prima rovina la prima e unica storia decente che
abbia mai avuto, poi mi rovina gli umori di mesi e mesi e ora gli effetti
della vodka! Che rabbia…
- No, semplice. Non sono fatti tuoi perché tu mi appartieni-
ma stiamo scherzando?! Un essere umano sano di mente non può dire una cosa
del genere! Lui poi!! Ditemi che è uno scherzo! Ma prima che possa
rispondergli in un qualunque modo, mi sento improvvisamente male, come una
centrifuga nello stomaco e la testa che gira e ruzzola, mi piego e gli
vomito davanti per qualche minuto; mi ritiro su, mi asciugo la bocca con
il dorso della mano e lo guardo, sono serio, non lucidissimo magari, ma
serio.
- Vedi che effetto mi fanno le tue stronzate?!-
colpito! Lo vedo da come serra le labbra, fa male essere
sfottuti? Non essere presi sul serio, vero? Be’…tu l’hai sempre fatto, non
puoi pretendere altro, non ora, non da me, la tua vittima.
- E ora ho da fare- riprendo la mia strada assaporando quella
piccola, accennata vittoria che vale come il più grande dei trionfi;
stomaco a soqquadro a parte, sto bene. Dovrò trovare qualcosa da bere per
togliermi ‘sto sapore di vomito dalla bocca: che schifo…
Però…c’è qualcosa che non mi torna…lui è come quei cattivi dei
film horror, duri a morire, tenaci, da sfinire l’avversario: possibile si
sia già arreso? Mmh…
Faccio appena in tempo a mettere insieme questo pigro e lento
pensiero, tipo naufrago che si appiglia al mio cervello sotto spirito, che
sono schiacciato contro un muro con la sua lingua ficcata in bocca. Ho di
nuovo la nausea, la testa mi grida non so che maledizioni, gli occhi mi
chiedono improvvisamente pietà, quella che non posso dargli perché io devo
guardare. E vedo la sua faccia e sento il suo corpo spingersi contro il
mio, ho un’ondata di caldo che si unisce alla necessità di vomitare e
respirare. Tutto è confuso, appiccicoso, le sue mani, ovunque, le labbra e
la lingua, cose per cui sarei venuto ora mi fanno solo schifo, è buio, non
riesco a parlare, a muovermi, cerco di togliermelo di dosso, di colpirlo,
ma il mio corpo è pesante e il suo mosso da una foga assurda. Continua a
sfiorarmi il palato con la lingua mentre si puntella alla parete
tenendomici contro e iniziando a spogliarmi. Comincio a sudare, muovo la
testa convulsamente per farlo uscire dalla mia bocca. Mi ha già tolto
mezzo maglione quando mi accorgo che sta forzando la chiusura dei jeans,
sento qualcosa che somiglia alla mia voce riecheggiare e lui tutto preso
dal suo lavoro per sentirla o forse è nella mia testa. In un attimo di
vigore mi rinfilo la manica, ritiro su i pantaloni mentre le sue dita sono
arrivate a destinazione e fanno calare i boxer. Non ci vedo più: mentre
richiudo la zip mi chino e gli mordo la mano, lui urla ma io non mollo:
voglio assaporare il sangue di uno bastardo come te. Stringo fino a
forargli la pelle, sento un liquido viscoso tra le labbra, lo lecco via e
gli azzanno anche il pollice. Lui urlacchia ancora e cerca di staccarmi
dalla sua mano spingendomi via la testa, è forte, l’è sempre stato, ma la
mia è una potenza migliore. Il suo sangue mi scorre ancora sul mento e mi
rimetto a guardarlo, si tiene la mano con una faccia semi-sconvolta, devo
essere ancora sporco di rosso per come mi guarda.
Gli sputo vicino a una delle sue costosissime scarpe, gli
sorrido:
- Pensavi, forse, che mi sarei lasciato violentare?! Ti avrei
ammazzato quindi ringrazia che me la sono presa solo con la tua mano!-
Lui torna serio e composto, si fascia la mano con il
fazzoletto, mi guarda, ma sono così fuori di me da non preoccuparmi di
cercare chissà che in quegl’occhi.
- Mi fai schifo- mi esce con disprezzo, l’ultima cosa che
avrei pensato di dirgli in tutta la mia vita…e forse questa la cosa
peggiore che mi abbia mai fatto e quell’aria, come se non se ne rendesse
conto, rende tutto ancora peggiore. Ho la tentazione, fortissima, di
picchiarlo fino a fargli perdere i sensi ma questo non cambierebbe nulla,
preferisco evitarlo…
Giro i tacchi e me ne vado mentre me lo immagino, lì,
immobile, a guardarmi, con la faccia di chi si vede partire il treno
proprio un minuto prima di arrivare al marciapiede, l’incredulità che c’è
prima della rabbia.
Me ne torno di filato a casa senza pensare. Mi sento vitreo,
vuoto. E sporco. Mi butto sul letto vestito, gli occhi al soffitto che è
tutt’uno con le pareti nel buio che riempie la stanza; tengo tutto fuori,
ogni pensiero o immagine finché non arriva il sonno a liberarmi, mi sento
debole, di botto, le mie membra si intorpidiscono e sono addormentato.
I want to heal
I want to fell
What I thought was never real
I want to let go of the pain I’ve held so long
[erase all the pain ‘til it’s gone]
it’s gone]
I want to hear
I want to feel
Like I’m close the something real
I want to find something I’ve wanted all along
Somewhere I belong
Mi sveglio che è tardi, già tardi per rendere utile la
giornata, me ne sto un po’ e guardare la mega locandina di “X-men 2”
appiccicata di fronte al letto, fino a quando, stanco dell’occhio severo
di Wolverine, non me ne vado in cucina per riempire la voragine che ho
nello stomaco e placare la sete che mi spacca. Trovo un biglietto
attaccato al frigo: <<siamo andati al lago artificiale di ____, torneremo
domani mattina. Mangia e se ti serve qualcosa chiamaci! Nami & Sashi>> e i
piccioncini sono volati via a tubare altrove…be’, meglio così, forse,
vederli sprizzare amore mentre sono depresso a palla non sarebbe molto
positivo…
Vaschetta di gelato al cocco e un cucchiaio, i miei
antidepressivi mentre sprofondo nel divano. “Nami & Sashi”…che nomignoli
assurdi…io e Shinichi non ne abbiamo mai avuti, mi chiamava “piccolo”,
nulla di speciale, ma me lo aveva dato lui, questo è quanto mi bastava. A
pensarci adesso, tra un boccone al cocco e l’altro, sembra quasi
impossibile che sia andata così, che non si sia lui, qui vicino a me,
adesso.
E torno a lottare contro di lui come stanotte solo che ora
quel disgusto è un eco e che io mi ritrovo in parte a confidare in lui e
mi fa sentire debole come, peggio, che contro quel muro. Perché quel muro
è la solitudine che non so accettare, il muro eretto per tenerlo fuori
mentre mi fa del male. È come aver aperto gli occhi all’improvviso di
fronte a qualcosa che puoi solo vedere, un’istantanea dei tuoi sbagli.
Tutto è cambiato per sesso e violenza, i suoi desideri che distanziano i
nostri di mille lunghezze, delle sue dolci carezze non resta segno, di
ieri sera ustioni…
E mi sento male a pensarci, a pensarci con sfumature di
distacco. È come se continuassi a giustificarlo, assurdo, patetico. A
darmi la colpa. A fare la vittima, insieme. Volevo solo che non andasse
così, tutto allo sfacelo. È così semplice da sembrare inattuabile…E sto
male, con davanti agli occhi i resti acuminati del mio desiderio, che
scintillano appena dopo essere stati calpestati a quel modo, da me, da
lui, emi viene voglia di ingoiarli solo per non vederli più, limitare i
segni del mio fallimento alla mia anima. Che è stanca, perché stufa di
guardare quello che non c’è più, quello che ci poteva essere, che sembra
solo un miraggio, ora, mangiato a metà dal divano e dalla solitudine.
Perché sono solo. Perché sono vuoto. E l’ho scelto. Restando qua a
marcire, a insistere, per lui, a causa sua. Un desiderio distrutto non
diventa irrealizzabile. Lui me l’ha distrutto, non io. Per me c’è ancora,
qua. Sarà meglio uscire…la fine del labirinto è fuori da questo idiota me
stesso….
I will never know
Myself util I do this on my own
And I will never feel
Anything else util my wounds are healed
I will never be
Anything ‘til I break away from me
And I will break away
I’ll find myself today
I want to heal
I want to feel like I’m
Somewhere I belong
Kima - finitoooooo! ^o^
Mito – evviva…temevo il peggio…mi hai fatto prendere delle belle paure
sai??
Kima – davveeeero?!
Mito – sì! Eccome! Crudelissima ragazzina!
Kima – sorry! é_è però non chiamarmi ragazzina! >< e sappi che ti ho
risparmiato solo per la mia sis! >.< ma…come mai Shini non dice nulla??
Mito – è sotto shock. Sperava in un lieto fine a letto -____-
Kima – fissato -.-
Mito – e già…
Kima – glielo diciamo che forse ci sarà un seguito?
Mito O____o <- non lo sapeva neppure lui!
Kima – no, meglio di no…
Mito O-o
Maki T___T
Kima – li ho traumatizzati?! Per così poco?! =P
FINE! ^__^
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