La fanfic che segue è una pwp sulla coppia Envy e Greed. Non è la prima volta che ne scrivo una ma credo la prima che questa viene pubblicata, sì… la prima. Spero vi possa piacere. Trattandosi di una pwp il rischio che i personaggi entrino nell’ooc è normale, e non esiste una trama vera e propria o un perché degli eventi. Chiaro e tondo la fic serve solo per descrivere una bella (o brutta, decidetelo voi) scena di sesso tra i due personaggi. Scena che credo molti pochi di voi avranno mai letto da qualche altra parte, scena che in pochi appunto potrebbero immaginarsi e accettare, scena che vi lascerà con la bocca aperta.
Something
di Jacky-dragon
Si sporge un po’ in avanti, oltre il fogliame dell’albero nel quale è appostato, il tanto giusto per poterlo vedere, paziente, aspettarlo. Il più giovane infatti aspetta, camminando avanti e indietro in quel piccolo buco d’erba che sembra lo sputo di un cane. Schiaccia radici, insetti, e tutto ciò che le scarpe trovano al loro passaggio, e i passi tradiscono la sua rabbia, la seccatura che pulsa sulla vena del viso e i visibili denti appuntiti, brillanti sotto la luce chiara del sole, in un cielo ricoperto da candide nuvole bianche, come branchi di pecorelle. Il più vecchio invece rimane appollaiato sul ramo, come un avvoltoio, ma no, non è corretto il termine, un falco è più adatto. Gli occhi si puntano su quella figura nervosa, occhi ametista chiusi in due fessure leggermente piegate in avanti, un sorriso a ricoprire il volto nascosto nell’ombra, i denti come rasoi vengono carezzati dalla lingua morbida, sottile, un serpente… mai visto un falco con la testa d’un serpente. “Mi aspettavi…?” la voce, dall’alto del suo trono fatto di foglie, insetti e legno, lascia intravede il volto, sporgendosi ancora di più oltre il fogliame. E l’altro frena il suo camminare, concentrandosi su di lui che intanto è scivolato verso il basso, senza staccare piedi e mani da quel tronco, semplicemente scivolando, testa in giù, capelli fluenti, morbidi, che sfiorano il terreno soffice del bosco e sorrisetto cattivo al contrario, manco fosse un grugnito malvagio, no, resta sempre un sorrisetto cattivo. “Certo che ti aspettavo, stronzo!” eccolo, il primo insulto della giornata, della settimana forse, visto da quanto non si vedono, da quell’incontro casuale nell’isola del lago, da quella sfuriata un po’ piacevole un po’ meno e da quel desiderio di contatto che si è trasformato in una rissa. “Mi aspettavi per giocare?” la domanda è qualcosa di spontaneo, era nelle sue viscere, doveva dirlo, e deve sentire la medesima risposta di ogni volta. “Piantala puttana!” Mentre la bocca del giovane si piega in un ringhio di rabbia e ne escono flebili ruggiti da piccolo leoncino infuriato, l’altro, per tutta risposta rimane a guardarlo, con quell’aria strafottente che ha di solito, come se fosse per lui linfa vitale, come se fosse obbligato a portarla con se, unica cosa che è stato in grado di imparare e apprezzare dal genere umano. La lite non si direbbe furiosa, non avvengono veri e propri colpi, niente calci, niente pugni, niente graffi, niente morsi. E’ una lite di sguardi e di parole, di frecce mentali che penetrano in quel cuore di pietra che posseggono entrambi, o di pietra filosofale se vogliamo essere precisi. Tristezza per il primo, divertimento per il secondo, tutta la discussione si sintetizza in semplici parole, brevi e brevi insulti senza un senso, atti solo ad aprire la bocca e fare aria, atti solo a sentirsi rispondere di conseguenza, neanche ad offendere l’altro, certo che non basta dargli dell’idiota perché questo corra dalla mamma piangendo. “Troia!” “Stronzo!” “Puttana!” “Idiota!” “Schifoso!” “Lercio!” “Feccia!” E intanto che gli insulti migliori sono già stati usati, si impiega un po’ di tempo per riuscire a trovarne di buoni, di adatti, e il tutto diventa quasi un litigio tra scolaretti, nell’utilizzo di parole di cui si ignora il significato ma che si è sentiti da una persona più grande quindi si è certi della loro influenza, o semplici lettere messe a caso a formare delle sillabe, tanto per dare un tono, per far credere di essere più adulti dell’altro. Vano tentativo. Avviene un’interruzione, non dovuta questa volta da una casualità o da una terza presenza, come nelle vicende precedenti. Questa volta, uno di loro ride, felice, divertito, estasiato da quelle che le sue orecchie hanno potuto sentire e dall’arroganza, dalla cattiveria, dalla rabbia che impregnava l’aria. Compiaciuto di come il suo solo esistere crei questo effetto all’altro. “Che hai da ridere Envy?” sbotta, seccato, un passo in avanti e il piede sprofonda nel terreno lasciando un solco ben profondo. Le dita scricchiolano ripetutamente in quelle mani e braccia possenti, se non fosse un homunculus si sarebbe già dovuto preoccupare della salute delle sue ossa. Il più anziano, di nome Envy, lascia scemare la sua risata fino a farla sparire del tutto. Gli occhi, precedentemente piegati in una forma che ha del demoniaco, tornano pressoché normali e, con un colpo di mano, sposta una ciocca di capelli caduta sul viso. Come uno specchio, anche il suo piede, nudo, si sposta in avanti, abbattendosi sull’erba, un ricatto, un’offesa. Non ci si aspetterebbe che a questo ne seguisse un altro passo e un altro, cadenzati, nessuna forza, come se stesse facendo una tranquilla passeggiata per la spiaggia. Il che di certo non aggrada. “Che fai!?” “Mi avvicino… Greed…” pronuncia il suo nome, non come fosse infetto, come invece aveva fatto Greed stesso con il suo, bensì come se si trattasse di una caramella alla fragola. Lo rigira tra i denti e lo pronuncia un’altra volta con atteggiamento sensuale. Una vera caramella che ama succhiare nella bocca, sentirne il sapore vivace scivolare lungo la gola e rimanere impresso sulla lingua; la stuzzica mordicchiandola di tanto in tanto. Ed è un piacere vedere quanto ciò irriti il proprietario. “Prova ad avvicinarti e ti stacco le braccia!” chiara minaccia, per nulla originale visto tutto quello che sono riusciti a dirsi in più di 200 anni, molto debole, smorta. Neanche sembra averla sentita Envy mentre il passo diventa più lento, come se stesse aspettando qualcosa: l’aria ancora più tesa, come a lui è congeniale, il respiro più affannato, come lui preferisce, il battito cardiaco veloce quanto l’andare di un treno sulle rotaie, come lui ama. La scena sarebbe paragonabile ad una sparatoria western. I due si squadrano. La telecamera solo sugli occhi ardenti di entrambi, accigliati, divertiti e furiosi, rabbiosi e maliziosi, combinazioni per nulla vincenti tra loro. La macchina scende ed ecco l’inquadratura perfetta delle loro mani, mani di ferro e sangue, che hanno ucciso troppe volte per riuscire a cancellare l’odore di morte. La prima cambia colorito, tendendo ad un blu/grigio metallizzato, brillante sotto i raggi del sole, le cui crepe della pelle scompaiono lasciando solo lo strato di metallo resistente a proteggerla. L’altra, sottile, ammorbidisce le dita qualche secondo, pregustando il momento, e poi le piega verso il palmo della mano facendo rumori per nulla piacevoli. La moneta cade, ma nella realtà e solo una foglia, separata da un ramo per colpa del vento e… Greed inarca le sopracciglia verso il centro, piegandosi leggermente all’indietro, ancora un poco, e scatta come una molla. La terra sembra tremare per la violenza del balzo. Il braccio teso, pronto a squarciare carne che di umano non ha niente. Dita appuntite come coltelli da cucina. Occhi iniettati di sangue o semplicemente di rabbia ardente. E’ il tempo che si ferma, quando ormai nessun umano potrebbe aver via per sfuggire al suo attacco. Tanto vicino da sentire quel sorriso sfiorargli la pelle del viso. Ma non è umano il suo avversario, questa volta no. Envy si abbassa con rapidità innaturale, piegando la schiena all’indietro. Tutto ciò che Greed sente tra le dita sono i capelli di quel mostro spostati per la troppa velocità. E mentre il primo ride come un ossesso ad ogni colpo, ad ogni attacco mai andato a segno, ad ogni pugno deviato, l’altro ringhia, insulta, attacca di nuovo, con più forza, e cade per la pressione del suo stesso pugno o del suo calcio. Sono movimenti sensuali quelli di Envy, veloci ma sensuali, come ardente tentatore in una bettola per soli uomini; continua a guardarlo, pure dopo aver superato tre metri con un balzo in aria ed essere sceso inginocchiato sul terreno dandogli la schiena, apposta. Un pugno immediato, questa volta andato a segno. E qui ci sarebbe da dire <i>finalmente</i>. Ma non può essere così. Non quando Greed sa benissimo che è riuscito a sfiorarlo solo perché quell’essere ha voluto e l’ha atteso, con il sorriso ancora sulla faccia seppur rigata di sangue amaro. Mano immobile che penetra la carne calda del collo. Taglia la vita come un rasoio e la taglia di nuovo mentre questa tenta di ritornare, uno spreco di pietre rosse, no? Eppure, un brivido alla schiena lo colpisce, un brivido dovuto alla testa che si è leggermente spostata all’indietro, innaturalmente. Brivido. Lo sguardo dell’homunculus morto piegato in una cieca malizia, in una cattiveria e in un sadismo che di certo non aveva mai visto in nessun altra creatura. Brivido. E le labbra piegate in quel sorriso che raggiunge entrambe le orecchie, la lingua leggermente fuori, come fosse un’offesa stessa, come la puttana che prima ti accoltella poi ti fa la linguaccia. Brivido. Greed è come un ragazzino alla sua prima volta, non capisce né il come né il perché, né tanto meno il quando. Nessuna intenzione di togliere quelle zanne da lì, né di modificare il ferro con la pelle. E’ quasi piacevole vedere tutto quel sangue macchiare la terra e l’erba, ricoperta di rugiada, d’un rosso scuro e vibrante. Ha un profumo, questo è certo, forte, intenso, ipnotico: e di profumi di sangue e morte lui ne ha sentito tanti ma questo è diverso, non sa della SUA morte. Non capisce. Non capisce e si riflette in quegli occhi che non possono più vedere. Non capisce e quelle labbra trasfigurate in un ghigno diventano allettanti. Non capisce e la bocca si poggia sulla sua in un bacio che ha solo contatto. Non capisce e la lingua piano si fa spazio in mezzo alla bocca rigurgitante rosso. Non capisce e il sapore è una droga, sapore di lui, sapore di sangue, sapore di Envy.
Lascia il tempo alla pupilla di riprendere vita prima di battere le ciglia come se gli fosse stata data una botta in testa e si fosse appena svegliato. Scricchiola un po’ il collo e le braccia, rizzando le gambe e alzandosi in piedi, un bel colpetto alla schiena e fatto. Ora è perfetto, Envy. Comincia la ricerca, ma nulla, nessun risultato. La figura del giovane ormai è sparita, come la sua ombra, come il suo profumo, come i suoi insulti. Sparita oltre la fitta boscaglia, dispersa probabilmente per non tornare mai più. Il corpo scioccato fugge, terrorizzato da se stesso e da quelle orribili azioni, incredulo ancora d’aver spogliato l’homunculus mentre ancora era morto e la sua gola trafitta dalla mano omicida. Era curiosità, chiunque l’avrebbe potuta avere, sia umano che immortale. L’aveva visto, non se l’aspettava così, con quei pantaloni aderenti non avrebbe mai pensato che ce l’avesse in quel modo. Ed era la prima volta che ne toccava uno. Corre il suo corpo, fugge. Sì, così ci si sarebbe aspettati, ma così non va. Greed… non corre. Con la schiena appoggiata all’albero opposto dello spiazzo, attende il suo giudizio, o semplicemente cerca di darsi una spiegazione senza effettivamente volerne trovare una. Non impiega troppo tempo, Envy, a capire di aver i pantaloncini tirati alle ginocchia, basta solo accorgersi del perché alzarsi e divaricare le gambe sia così difficile. Qualche secondo sorpreso, con la bocca lievemente aperta a guardare la sua intimità senza un velo, e la pelle sensibile infreddolita dal vento. Ma come già detto, solo un secondo. “Greed…” ha quel tono canzonatorio, questa volta un po’ diverso, ricorda il bambino che scopre il punto debole del genitore e non vede l’ora, già… non vede l’ora di poterlo sfruttare. L’uomo, chiamato, evita apertamente quello sguardo, voltando la testa seccato a fissare quel piccolo sputo di terra nella quale il loro furioso combattimento ha avuto inizio, e dell’erba precedente nessuna traccia. Le braccia incrociate al petto si stringono, percependo i passi dell’altro homunculus avvicinarsi lentamente quasi dolci, con una calma innaturale; la stessa calma del gatto col topo. Non gli piace, e allora perché non scappa come tanto voleva fare? Non ci vuole niente, l’ha fatto altre volte. L’ha fatto… tutte le volte… Come se un fulmine gli avesse appena trapanato il cervello, si volta, deciso scosso. “Ah!” brutta sorpresa. “Non era quello che volevi?” e quel suo maledetto sorriso si allarga, mostrando denti e lingua, guardandolo dall’alto in basso. “Toglilo dalla mia faccia! Idiota!” insulto parecchio blando visto l’accaduto di alcuni minuti prima. Ha un attimo di esitazione prima di alzare il braccio e dargli una debole spintina sul ventre, solo per non averlo dritto a premere contro la propria bocca. Si maledice, dandosi dell’idiota, eppure non riesce a pensare che l’azione possa fare così tanto schifo. Envy invece non demorde, si porta nuovamente in avanti, fa peso sulla sua mano, come se gli volesse cadere addosso direttamente con le palle nei suoi occhi. Però non muove le braccia dai fianchi, anzi, alza un poco la gamba per togliere il pantaloncino rimasto ancora aggrappato ad una caviglia. Non si preoccupa se Greed gli stia prestando attenzione o meno, non ha importanza ora, ma la lingua che va a sfiorargli le labbra, occorreva. Aveva il bisogno fisico di farlo, e la lingua va, inumidendogli le labbra lisce e succose, le mordicchia forte tra i denti per rendere rosse quanto due belle fragole mature. Sotto di lui, l’altro lo nota, eccome se lo nota. E si accorge anche d’altro che non dovrebbe seguire. Altro che lo costringe a cambiare posizione e chiudere le gambe, portare le ginocchia al petto e qui stringerle. “Ma guarda!” Un altro brivido, ne ha avuti troppi in troppi pochi minuti. “Sei così… timido… Greed…” la voce velata, maliziosa, non ha nulla che si avvicini alla dolcezza d’un rapporto, nulla, se non i movimenti sensuali della miglior puttana di periferia. Con questi, si inchina davanti a lui, il viso poco distante dal suo, il sorriso tanto vicino da poterne sentire la cattiveria colpire la pelle del volto e il fiato caldo che qui va ad appoggiarsi, incantatore, elisir d’amore, elisir di sesso, elisir di passione. Il silenzio incombe, solo la natura che li circonda sembra non interessarsi a loro né a quello che nascerà. Greed non parla, non che non voglia, semplicemente non ci riesce, e sa alla perfezione che chi tace acconsente, bè, è ora che acconsenta anche lui. Deglutisce, lasciando cadere le braccia ai lati del corpo, contro il tronco d’albero, intanto che il più anziano si è avvicinato a lui e finalmente l’ha fatto, entrambi sobri, o almeno uno lo è: le labbra si sfiorano, solo un delicato toccarsi, e sono i loro aliti caldi a giocare, come piccoli uragani all’interno delle loro bocche, e al termine di quella danza, salgono ad eliminare con il loro soffio i pochi neuroni intelligenti rimasti. Allunga il collo un po’ di più, a chiedere altro oltre quel contatto, ma questo non gli viene dato, la bocca di Envy sparisce dalla sua, il suo fiato caldo e il viso con lei. Svaniscono per scendere verso il basso e aprire con uno scatto violento le labbra chiuse dell’uomo. “Mmh…” mormora, compiaciuto del proprio operato neanche ancora iniziato ma che già ha dato i suoi frutti. Ammira dalla sua posizione la notevole erezione che preme contro i pantaloni di stretta pelle, ansima per voler uscire: piega labbra e sopraciglia in una dolce espressione di pena, una compassione deliziosa verso quel sesso che freme solo per lui e che saprà sfruttare al meglio. Povero piccolo uccellino rinchiuso nella sua gabbia di pelle – e avvicina le mani alla cerniera – si sentirà da solo chiuso lì dentro – e la lampo scende – ma che bell’uccellino abbiamo liberato – e lo estrae dai pantaloni insieme ai testicoli, strappando quasi la zip – ora addestriamo l’uccellino. “Cosa…” “Ssh… ssh… - ma quelle dita sulla sua bocca lo impediscono – Lascia che ti insegni qualcosina…” Cosa vuoi che sarà mai qualcosina? Tanto, quante donne l’hanno toccato in quel modo? Tantissime e tutte sono uguali, ogni loro gesto è sempre lo stesso. Cosa dovrebbe avere Envy ch- “Aah!” lancia un urlo, bloccandolo immediatamente tra i denti serrati, portandosi in avanti a chiudere la testa di Envy in mezzo alle sue gambe, che sia una punizione o un privilegio non gli interessa, è solo meraviglioso. Envy lo avvolge, con la sua bocca calda e così tanto accogliente, i denti si ritraggono come le unghie dei gatti, non si sente una punta ma solo il morbido andare su e giù delle labbra rosee. Nessuna preparazione, nessuna suadente dolcezza che possa alleviare così quel piacere a renderlo intrigante, ma una sorpresa il succhiare violento della sua gola e i feroci colpi di lingua. La mano scivola in mezzo alle sue gambe, raggiungendo rapidamente i testicoli appesi, vibranti, stringendoli tra le dita, invogliandoli a produrre in fretta. E nel momento stesso in cui Greed porta le mani a stringere la sua testa, ecco che quest’ultimo si blocca, prima che ci fosse pressione, estraendo quella cospicua dose di carne sussultante dalla bocca. Ci poggia il volto, le labbra in baci dolci, calmando quella povera bestia impazzita e spaventata. “Hai un buon profumo…” tira col naso, come se si trattasse di oppio della migliore qualità, il delizioso profumo che quel corpo, mascolino più del suo seppur ora così passivo, emana. Solleva lo sguardo, ricercando Greed: soddisfatto del proprio lavoro, ammira il viso deformato, sempre più tendente al rosso, sudato, una ciocca che si infrange abbattuta contro la sua fronte e le labbra aperte alla ricerca di aria, suadente, accattivante, deliziosamente fantastico. Per un attimo anche Greed abbassa lo sguardo e sì… ora ne è certo, solo Envy è in grado di fare un pompino e tenere quello sguardo maligno mentre lo fa. “Sì, hai davvero un ottimo profumo…” e detto questo ricomincia, la lentezza in contrasto con la violenza precedente. Dalla bocca, solo la piccola punta della lingua esce fuori a carezzare adagio la base del suo membro, tocchi tenui, delicati, colpetti di lingua e di zanne, facendogli sentire la pungente forma dei suoi canini, un avviso o semplicemente un gioco. Envy dona il piacere per poi sottrarlo con altrettanta ferocia col quale l’ha ceduto. Il carnefice attende che la sua vittima emetta la sua stessa condanna, a lei una scelta fasulla, unica scelta quella di un <i>sì</i> e un… “Continua…” infatti. Subdolamente ride, dilettandosi di quella parola soffocata tra le labbra, forse involontaria. Chissà ora se Greed si sta pentendo di quello che ha appena detto o semplicemente non ha ancora compreso la gravità della situazione. Envy predilige la seconda ipotesi, più intrigante l’innocenza della sua mente, più gradevole se è in grado di stupirlo con delle mosse nuove. La sua bocca si apre, ricevendo quella durezza nell’interno della gola, completamente, fino in fondo, assaporando quelle poche, prime stille di sperma che sfuggono. Lo sfiora con i denti, un piccolo avvertimento, o solo il piacere di poter sentire Greed emettere un gemito roco e dolorante. E’ un esperto, fa saettare la lingua per sfiorare i punti più sensibili, praticamente tutto, e con le mani gioca, divertendosi a lasciare piccoli graffi nell’interno coscia e stringere, prima piano, poi più forte, i testicoli tra le dita sottili. Su e giù, su e giù, semplicemente lo fa sprofondare nella propria cavità cocente e umida, senza succhiare, come se non fosse altro che un buco. Aspetta, impaziente, finché le mani della sua vittima non si chiudono tra i capelli verdi e le gambe si spalancano, lasciandogli tutto lo spazio possibile. Qui un invito implorante che, benevolo, lui accoglie. Succhia quel sesso vibrante nella bocca, lasciando che la gola con questo si colmi, lasciando che nel momento in cui le labbra salgono a liberarne la base siano le mani a prendere il posto, per non dar respiro ad una sola parte di quella pelle. Più forte, più veloce. Su e giù. Su e giù. Greed, giunto al limite, si morde il labbro fino a farlo sanguinare, perché lui, uomo, lui, nemico, seppur lasciatosi maneggiare così abilmente dall’homunculus, non può permettersi di piagnucolare. Ma non può neanche permettersi di non farlo, viste le dita di Envy che, appena appena bagnate del proprio sperma, entrano rapide nella sua bocca, spalancandola. Ecco… ecco… viene, inondando quel vano del suo seme caldo, il quale, riempiendolo, esce dai lati, sporcando così quel bel viso liscio e dalla pelle bianca come la neve. Finito, ma Envy non è ancora soddisfatto. Greed si accascia a peso morto contro il tronco dell’albero, la mente e il corpo svuotati del tutto, come se avesse aspirato ogni parte della sua linfa vitale. Neanche chiude le gambe o mostra qualcosa come cenno d’un nuovo movimento, niente, come se fosse addormentato. La facoltà di pensare sembra essersi dissolta nel nulla; con chi è, il perché, il come, non ha importanza. Semplicemente è successo e si sente soddisfatto appieno così. Solo una cosa lo risveglia un poco dal suo torpore, ed è il volto di Envy, sporco ai lati della bocca del suo seme incrostato, delizioso no? Lo ammira mentre tenta di pulirsi sfregando il pollice ma nulla, proprio non se ne va quel biancore, è così carino da vedere. Non se ne accorge, o forse per pigrizia fa finta di nulla, ma sta di fatto che un attimo dopo viene svegliato definitivamente, lo stesso attimo nel quale le loro labbra si sfiorano. Ma ora no, non sono le labbra a doversi toccare, non saranno i fiati a divertirsi ma le loro lingue, o almeno la lingua del più anziano che si è infilata nella sua bocca, biforcuta e serpentina saetta al suo interno: carezza i denti appuntiti, tagliandosi anche pur di assaporare ancora meglio quel mix erotico di sapore, sperma, saliva e sangue, un cocktail esplosivo. Greed, rinato, non risponde al contatto se non afferrando il suo petto tra le mani e spingendolo all’indietro, ma a nulla questo serve, la forza dell’homunculus è troppo prepotente perché ci riesca, e ne viene sommerso, trasportato al lato dell’albero, a far combaciare la schiena con l’erba fresca. Gli manca il fiato, invaso da quei sapori e bloccato dalla sua lingua: sente i polsi venir afferrati con freddezza e portati con un forte colpo ai lati della testa. In trappola, prigioniero, quasi legato. Come un animale selvaggio rinchiuso in una gabbia troppo piccola per lui, si lascia prendere dal panico agitando le gambe e portando in avanti il petto per potersi rialzare, fino ad arrivare all’unica soluzione al momento possibile: morderlo. Il sapore del sangue diventa netto mentre scivola nella sua gola, e la lingua fugge terrorizzata assieme alle labbra e al peso dell’altro. Il quale, impressionato, accarezza il punto strappato e lacerato con la lingua. Un momento di attesa, di silenzio, prima che l’aria si impregni di quella risata che nulla ha di umano. Una risata pazza, senza alcun senso, una risata che non può appartenere a null’altro se non Envy, quella risata, la sua. Il mostro lo fissa dritto negli occhi, le pupille piccole, dilatate, come quelle d’un folle, la bocca piegata in un sorriso tremendo e le spalle scosse dai tremore. Decisamente spaventoso. “Ed ora che farai Greed? – si interrompe – Mi dirai anche che non ti è piaciuto?” per poi ricominciare, più assordante di prima. E con un colpo eccolo tornare, imponente sopra di lui, senza baciarlo, semplicemente lì. Le mani sbattono ai lati della sua testa, dando la sensazione che la terra tremi sotto di lui. E quel fiato caldo, proveniente direttamente dall’inferno, a pochi centimetri dalla bocca, gli occhi gli stessi d’un diavolo. “Allora… - e qui Greed pensa davvero di urlare e scappare come una femminuccia – Non sei avido tu?” E’ una domanda strana, nuova. Greed risponde con un semplice cenno del capo, non riuscendo a capirne il significato. Alza il petto sui gomiti, spostandosi leggermente all’indietro, solo per allontanarsi un po’, perché… non è così tanto stupido alla fine, quella posizione non gli piace per niente. Non gli piace il sesso vibrante ed eretto di Envy che pulsa contro il suo ancora mezzo addormentato, una situazione spiacevole. Si muove affaticato seppur non abbia fatto nulla. Riesce finalmente ad evitare il suo sguardo, guardando alla sua destra, ma forse è questo il suo errore. L’errore che non gli ha fatto vedere il sorriso di Envy allargarsi, le mani prima ferme sui fianchi ora spostarsi verso il bordo dei pantaloni di pelle. “Ah!” un’altra sorpresa, così tante mai avute in un solo giorno. Si sente strattonare per i pantaloni e prima ancora che se ne possa accorgere il suo corpo viene sbattuto verso destra, voltato a pancia contro la nuda terra, trattato come un bambola. La faccia, finita contro una pozzanghera, si rialza, incerta, ancora scossa. Povero piccolo innocente, che si aspettava uno svago e nulla più, che ancora non ha la più pallida idea di come Envy ha intenzione di passare il tempo. E non è un nuovo combattimento quello appena iniziato, o forse sì, sta di fatto che il vincitore è già stato scelto. Prova a far forza con le braccia, ma a nulla servono i muscoli ora che il peso di Envy è sulla sua schiena, il suo alito sul collo, le sue mani sui fianchi. Questo soffia sulle orecchie esposte, carezzandole da dietro con la lingua morbida, lasciando una scia dalla loro base alle spalle, scoprendole leggermente dall’aderente maglietta. Le mani carezzano, vogliose, passano le dita a tastare la pelle della schiena sotto il tessuto, lo alzano, ci giocano, studiano ogni minimo movimento che i suoi tocchi provocano, dalle scosse, ai lamenti. E’ un’animale lui, che annusa l’aroma eccitante della paura e quel leggero profumo di un orgasmo che si è appena concluso: come fosse il sangue che sgorga dalla ferita di una gazzella, lui ci va, affamato, morde, succhia, lecca, bacia quel collo esposto, sulla nuca, soffia facendo in modo che i brividi ricoprano il suo corpo. Greed non può fare nulla, sorpreso e arrabbiato non può che subire i suoi svaghi e le sue carezze incessanti. Lo sente impossessarsi della sua pelle e solo piccoli movimenti fa fare al corpo mentre la pancia, le gambe e il sesso, strusciano contro la terra fredda e sporca e mentre il suo volto si contrae dal dispiacere e dal piacere, troppo per il giovane homunculus. “Hai paura…?” “Sta zitto sgorbio!” risponde seccato avanzando col bacino, ma l’altro ribatte con un colpo duro dei fianchi e duro non è una parola scelta a caso. “Così mi inviti a nozze…” un altro colpo secco, dritto in mezzo alle sue natiche, nulla a celare il desiderio che attanaglia la mente del esecutore. Quella che si è preannunciata come lotta non ha più fine, non placa la propria sete, bensì la intensifica, aumentando le spinte. E Greed, probabilmente senza accorgersene, rizza verso l’alto il bacino, allontanandolo da terra: che sia per potersi allontanare, che sia perché quel piacevole sfiorarsi di intimità non gli dispiace poi così tanto, ed Envy ne è soddisfatto, felice di come la propria bravura abbia portato a tanto e come un semplice sfiorarsi di labbra, un semplice orgasmo, possa rendere un animale selvatico come l’Avidità, così docile sotto il suo comando. “A…allontanati…” una difesa orale, inutile. “Perché dovrei? – e le labbra dalla sua nuca scivolano fino all’orecchio destro – Sei così divertente…” e di nuovo la nuca è il posto per quella lingua, una parte dal sapore dolce, sensibile. Un rumore sordo interrompe il silenzio, e non è la loro voce bensì da loro provenga. Uno strattone e pantaloni vengono abbassati, solo quel tanto, quel poco a scoprire la perfetta durezza delle natiche dell’uomo, a lasciarle libere così, davanti agli occhi del carnefice. Lancia un urlo, battuto dalla sorpresa. Nuovamente tenta ti rialzarsi e nuovamente la mano di Envy, poggiata sopra la schiena, lo tiene assolutamente fermo contro il terreno, aggiudicandosi finalmente la vittoria totale. O forse il vincitore è nessuno. Perché nessuno realmente vuole opporsi, e nessuno realmente vuole fare del male all’altro, ma è un gioco, e si sa che nei giochi di ruolo è meraviglioso recitare una parte. Troppo difficile da sostenere per Greed perché riesca a trattenersi. Ma ne è fermamente convinto, è in grado e può benissimo allontanarsi: allora perché non lo fa? Perché è ancora lì? Perché non ha usato il suo potere? Può darsi sia impazzito, lasciandosi trasportare dalla maniacale pazzia dell’altro, forse non se la sente, pazzo a sua volta per un desiderio che, non nato dalla sua mente, germoglia verso il basso, verso un luogo che pochi secondi prima era a riposo. “Ma guarda un po’… mi sorprendi così Greed!” già, non sa quanto si sorprenda lui stesso delle proprie azioni. Il bacino va a cozzare contro il terreno, terrorizzato, nasconde l’evidente nuova erezione distogliendo lo sguardo ogni qual volta nota quello di Envy poggiarsi sul suo. Ma no, non gli viene permesso. La mano dell’altro si insinua in mezzo alle sue natiche senza alcuna premura, insinuandosi al loro interno, superando i testicoli e finalmente giungendo a quella tanto agognata durezza tra le dita. L’accarezza, la fa girare, la rende sua schiava, fa in modo con movimenti precisi che, nel momento in cui la sua mano non ci sarà più essa non potrà che bramarlo, e sarà costretta a cercarlo. Proprio come pochi secondi prima ha fatto con la bocca esperta, così facendo Greed ha espresso il verdetto e non è detto che <i>continua</i> si riferisse solo a quel modico gesto. Greed, lamentoso, pianta ben fermi i palmi delle mani contro l’erba facendo forza sulle braccia. Ma qui l’Invidia gli va proprio addosso, attaccandosi a lui, petto contro schiena, sesso contro natiche, Dio, gli sembrava di essere una di quelle piccole sporche prostitute di strada, mancava solo il vestitino in pizzo. “Greed, avidità, su… prendi anche questo, prendi pure tutto quel che vuoi!” Ride sonoramente l’animale alle sue spalle, il sesso ben tenuto su una mano perché rimanga fermo e poi ad appoggiarsi sulla sua apertura mai sfiorata da anima viva, nessuno ne ha mai avuto il coraggio. Un brivido, senza lasciar uscire una parola dalla bocca, tenuta ben salda coi denti affilati, le dita fissate sul terreno come paletti d’una tenda da campo e gli occhi sbarrati anch’essi, senza accorgersi che in tal modo l’unico senso che rimane ben udibile è quello che occupa la sua intimità. L’altro preme e lui distinto porta il bacino in avanti, ma nulla, quella mano da bestia lo raggiunge e lo spinge nuovamente contro di sé. Nessuna via d’uscita, nessuna via di scampo, in trappola, questa volta… sul serio. “AAAAHH!!” un urlo improvviso avvolge l’aria: si ripete, una, due, tre, infinite volte per infinito tempo. Finché tessuto nero strappato dal petto non va a ricoprire la bocca che lo cacciava, bloccandosi con uno stretto nodo dietro la nuca. “Ah, ma sta zitto! Noioso!” ringhia Envy aggrappando i suoi fianchi tra le mani, ormai dentro, in buona parte, si limita a spinte leggere, a affondare con moto ondeggiante e dolce, accompagnando i muscoli a rilassarsi e abituarsi alla sua fastidiosa presenza. Troppo rapida la spinta, forzata per entrambi, non ha fatto che rendere l’amplesso più difficile. Ancora penetra in quella cavità stretta e calda, trattenendo i gemiti tra le labbra, solamente per poter sentire il dolce suono di quei mormorii racchiusi ad ogni piccolo affondo e per bearsi di quel profumo intenso che da il sesso. Esce quel poco necessario e poi rientra, di nuovo. Un gesto ripetuto all’infinito, lento, poi più veloce, poi di nuovo lento. Un’ultima forzata spinta e sente il cozzare del proprio bacino contro le sue natiche, i muscoli di Greed contrarsi per un piacere troppo simile al dolore per riuscire a distinguerlo e, attaccando il collo e la schiena con veloci colpi di labbra e lingua. “Mmh…” geme tra la stoffa morbida sui denti, affondando le dita sul terreno. E’ dentro di sé, in un certo senso non ci crede, nell’altro non crede di essere ancora in quella posizione, incolume come una ragazzina in un vicolo buio, a lasciarsi trafiggere da quel mostro, a godere del suo stesso gioco. Mentre buona parte della mente si riempie di insulti rivolti a sé e idee furiose, gettate solo per la fretta d’un’azione, il corpo agisce di sua spontanea volontà. Si muove, ancheggiando i fianchi, rilassando i muscoli tesi e sentendo lo stridore della pelle ai lati farsi quieto, diventare morbido l’entrare e uscire così provocante ed eccitante. Lo segue, si posta quando si sposta lui, lo raggiunge quando quest’ultimo si avvicina, ma sempre piano, ma sempre con quei movimenti nascosti come fosse un segreto, forse lo è. Probabilmente. Sicuro. Envy, estasiato nel sentire tutta quella partecipazione, trasforma l’ondeggiare in un secco moto continuo. Come una macchina entra ed esce da quel corpo bollente, si impossessa delle sue carni stringendole tra le mani e lambisce la pelle con morsi, per poi vederli rimarginare sotto mielate carezze di lingua. La sua mente è in subbuglio, scossa più di quella della vittima, innamorata di quella schiena tanto ampia sotto di sé, cotta di quella profondità che lo accoglie così apertamente, sdegnata della propria stupidità nell’aver tolto a cotale bellezza l’uso della parola. Intanto che una mano va a intrufolarsi oltre i fianchi, fino a dove a pelle viene tirata, l’altra slaccia rapidamente il nodo sulla nuca e strappa il tessuto, così liberando la bocca. Grave mossa, che Greed non si aspettava commettesse, non solo gli da la possibilità di sentire il suono soave uscire dalla gola del passivo, ma di sentirlo appieno, rimbombare dentro quello sputo di terra se non oltre, riempire l’aria in rauche urla e mugolii trattenuti con forza. “Aah… nh…” difficile trattenersi quando la mente sembra perdere la strada e tutto ciò che sta al suo interno diventare nebbia. E tutto quello che sente è tanto piacevole da essere quasi doloroso, ma ancora per poco, qualche leggero bruciare e poi il dolore si trasforma, come alchimia. I gemiti si trasformano in urla sempre più rumorose, sempre più insistenti, sempre più veloci. Ad ogni suono una spinta. Ad ogni spinta un suono. Tutto sembra essersi trasformato in una danza, c’è chi trasporta e chi viene trasportato. C’è il carnefice e c’è la vittima. C’è Envy e c’è Greed. La morbidezza di quelle gesta all’interno del corpo di Greed cambiano forma, diventano quasi forzate, colpi secchi che penetrano nella sua carne senza alcuna preoccupazione: una mano stringe il suo sesso tra le dita in un rapido e duro salire e scendere su di lui, bagnandosi delle prime gocce di sperma e l’altro trattiene il suo peso poggiandosi sulla schiena, tenendo ben fermo quel corpo infuocato. Le loro ginocchia, le mani, il petto, i piedi, incastonati tra l’erba la strappano via per la forza di quell’amplesso, lasciando solo mucchi di terra al loro passaggio e la fuga d’insetti. Envy inarca la schiena in un movimento involontario sentendo l’infiltrarsi di quella pura passione che non credeva possibile su vita terrena, ricercando di più, più calore, più forza, e la impone, aumentando ancora la velocità e l’affondo, come volendolo spezzare in due quel corpo diventato sacrificio per il suo. Ad ogni spinta gli sembra di morire, l’allontanarsi da lui è tremendo, l’avvicinarsi talmente vicino al paradiso dal credere di star per cadere all’inferno da un momento all’altro. Il piacere, il dolore, quella sensazione senza un nome ma con una follia e una passione indescrivibili, si prende i loro corpi, aumenta sempre di più, più veloce, più forza, più grida, più morsi! Aumenta in un delizioso crescendo condito delle loro voci e del loro calore. Una spinta, un'altra, lasciandosi prendere, penetrare, possedere, distruggere da lui e dal suo sesso, la carne che brucia al suo passaggio, rossa, infiammata, dove il male e il bene non hanno nome. Grida lasciando che anche la gola raggiunga la sua pienezza, distruggendo le corde vocali, lettere senza un senso, guaiti come d’un cane. “AAH!! ENVY!” Ecco che le lettere senza un senso, unendosi in un nome rinchiuso solo nella sua testa, formano quel nome. Lo stesso nome di chi lo prende con tanta foga da ucciderlo all’istante da fargli toccare l’inferno e il paradiso in una sola volta, da fargli percepire un piacere mai provato e una violenza tanto ardua, tanto incendiaria, da scioglierlo come ghiaccio. La sua mano sul sesso lo fa vibrare, tendere sempre più, donando diverse fonti, così tanto bramate. Ecco. La mano che con incredibile foga lo toccava diventa un calice, raccogliendo quel seme, che dopo un urlo soffocato con la faccia sull’erba, schizza da dentro di lui, liberandolo da un peso opprimente. Quel seme era un inferno, e come tale, dopo essere uscito, lascia il corpo una bambola, stremato, sfinito, sfiancato. E Envy, forse mosso da chissà quale misericordia, lo lascia andare, liberandogli i fianchi dalla sua stretta tenace e uscendo da lui, lentamente, sfilando il sesso ancora teso da quell’apertura, voglioso, ben deciso ad ottenere tutto fin in fondo, ma ad averlo in altro modo. Una risata riempie l’aria intanto che lo guarda cadere stremato a terra, accasciarsi sull’erba strappata e sporca, culo in aria, sporco, nei polmoni non una traccia di fiato, nella testa il ronzio di un’ape, nella pelle il bruciare del fuoco. Eppure, lui non è in condizioni migliori: il profumo che lo avvolgeva si è trasformato in sudore e puzzo di sesso, la pelle rossa e affaticata e i capelli attaccati alla schiena, incollati quasi da far male. Gli occhi quasi spenti ma ancora la forza di mostrare al mondo il suo ghigno, di far vedere quel sorriso che terrorizza e allo stesso tempo attrae il povero Greed, così maltrattato, stuprato quasi se non fosse stato per la sua più che deliziosa partecipazione all’amplesso. Gli occhi porcellini lo guardano ancora, navigano sul corpo perfetto del più giovane eccitandosi forse più di prima. L’erezione, stanca, riprende a far sentire la sua presenza, dolendo per ottenere attenzioni. “Mmh… Greed… ti ricordi quello che ti ho insegnato?” eppure la voce è diversa, corrotta dalla stanchezza e dalla fatica. Si alza, allontanandosi barcollante da lui, rischiando di cadere all’indietro e sbattere di schiena. Supera la sua gamba coricata a terra e cammina lungo il suo fianco, soffermandosi più volte ad ammirarlo. Mai vista tanta bellezza tutta in una sola creatura. Mai avuto così tanto desiderio nel vederla venire ancora, ancora e ancora; sentire urlare il proprio nome veramente, come fosse la parola più bella del mondo, come fosse il pulsante che fa scoccare il desiderio; ascoltare quel profumo tanto intenso di puro sesso, il suo, fino a che questo non invade ogni goccia del proprio sangue scioccandola come fa l’oppio con sangue umano; percepire il forte calore della sua apertura circondare il proprio sesso, mangiarlo, sfregare le carne contro di esso fino a farle infiammare, in un fuoco che è passione. Solo ora Greed si accorge del suo calore venuto meno, e della vicinanza al viso stanco. Alza lo sguardo, prima chiuso dalle palpebre, cercando di raggiungere il suo viso, forse per scorgerne un po’ di dolcezza, o un po’ di malignità, si sta parlando di Envy, non si sa mai… tutto è possibile! E’ in piedi, di fronte a lui, e gli occhi navigano sulle gambe lisce e perfette, probabilmente neanche sue; cadono involontariamente sul sesso ancora eretto, ancora pulsante, ancora interessato a ciò che ha di fronte, non nascondendo un lieve rossore sulle guance; ma non vanno oltre, stroncati dal troppo peso della testa impossibile da alzare. “Non affaticarti troppo tesorino… - tesorino? – Solo un’ultima cosa…” la frase termina con un ansimo sensuale, divertito, come quello di una puttana che sta per darti la cosa peggiore della tua vita. Si inchina a terra, gambe aperta davanti a Greed, gambe aperte… già. E l’altro non fa nulla se non abbassare lo sguardo e seguirlo nel movimento, seguirlo mentre è tanto vicino da sentire il profumo di sesso che lo ricopre, e quasi non vuole credere che assieme a quel profumo ci sia anche il suo. Gli occhi saettano, prima su a cercare speranza in quel riso beffardo che non vuole cambiare, e poi nuovamente giù chiedendosi se magari si è spostato. Ma solo più vicino arriva, a sfiorare la guancia scusa con la punta sporca già del liquido biancastro, a far aumentare la risata che da sopra non fa che piombarti addosso come una casa, quella risata che non nasconde la frase <i>è stato solo sesso</i>. “Su… non hai visto cosa ho fatto prima? – l’ha visto, e in un certo senso non si pente di essere stato lui la vittima di quel primo, così innocente, approccio – Dai, ora tocca a te!” Potrebbe benissimo aprirgli la bocca e ficcarglielo dentro a forza, ma non lo fa. Anzi, rimane fermo a premere contro la sua guancia, solo per far sentire la propria presente, ad attendere la mossa tanto desiderata. “Stronzo…” “Se vuoi… basta dire di no…” “No!” “…e andartene!” Verrebbe da chiedersi perché non l’ha già fatto, a lui soprattutto. Verrebbe da chiedersi perché non ha preso la sua faccia ora che gli sta parlando in quel modo e schiaffando il cazzo davanti e non gliel’abbia sbattuta ripetutamente contro un sasso. Verrebbe da chiedersi perché gridasse il suo nome e si contorcesse sotto le sue spinte solo qualche minuto fa. Verrebbe da chiedersi perché sta perdendo tempo a farsi tutte queste domande. Risponde svogliatamente, dando la colpa alla stanchezza, all’orgasmo, a quella piccola pazzia cominciata già dalla mattina precedente, quando si è deciso a dare un luogo ben preciso al loro scontro: solo loro e nessun altro. Greed mugugna solo qualcosa senza dare una risposta ben precisa, spostando la testa un po’ a sinistra, verso la spalla, allontanandola un poco da quella punta che sembra lo voglia perforare. E intanto quell’essere se la ride, come sempre, sghignazza pensando alla sua inesperienza, mha… chissà cosa pensa poi veramente. Pensa di non essere mai stato così fortunato nella vita terrena, che forse non è stato un male uccidere il compagno della propria madre per poi rivolerlo indietro, che quel corpo non era così brutto come credeva, che probabilmente non era stata una cosa di solo sesso come credeva. Quieta la risata, lasciando sul viso solo un sorriso, non di certo simile a quello d’un bambino come ci si vorrebbe sentir dire. E con le mani, con la stessa innaturale calma con il quale è riuscito ad ammorbidire le prime spinte, gli carezza la testa, affondando le dita tra i capelli impregnati di sudore. Così continua, lo addolcisce come si fa con una bestia feroce, gli sposta la testa più a destra facendo scivolare la punta del proprio sesso lungo il suo viso. E’ per istinto che apre la bocca, o semplicemente per desiderio. La apre, lasciando uscire la lingua per poterlo accogliere meglio, e questo scivola dentro di lui, neanche ancora nella sua pienezza, solo a metà, riempiendosi della sua saliva. Il sapore è forte, sa di puro erotismo, quello secco, quello energico, quello che ti fa sognare la notte di venir usato il più presto possibile come una bambola, o di essere tu il padrone di questa. E’ un sapore inebriante, ed è solo qualche goccia rimasta lì ancora da quell’amplesso, figurarsi quando quel liquido scivolerà tutto e pieno lungo la sua gola. “Aah…” geme, senza sentire il bisogno di trattenersi. Le mani che lo accarezzavano si chiudono sui suoi capelli, segno di incitamento e segno di continuare. E’ piacere fuso che cola lungo ogni fibra dell’essere il sentire quella bocca chiudersi sul suo sesso, eppure lui aveva fatto così tante cose nella vita, non pensava che sentirlo far da lui, vederlo, convincersi che è vero ciò che sta accadendo, potesse essere così bello. Inarca la schiena leggermente in avanti, chiudendosi mentre sente il ritmo aumentare, affondare dentro alla cavità calda, scivolare oltre le labbra fini e i denti appuntiti che nonostante tutto ogni tanto si fanno sentire. Greed è come mosso da una certa esperienza, seppur mai ne ha avuta una in questo campo. Lascia che il sesso scivoli tra le labbra, accarezza con la lingua la pelle così tesa e sensibile, arretrando a tratti, aumentando ad altri. Come se si trattasse di un gioco cattivo, uno di quelli non solo vietati ai minori, ma anche a chi non vuole piangere. Sente tremare il corpo dell’altro divenuto in suo controllo, quando con i denti passa in leggeri graffi lungo la superficie. Poi si stacca, e con la punta della lingua incita quell’altra sommità altrettanto succulenta; intorno, mordicchia, poi nuovamente la lingua che la colpisce come un combattimento tra spade di diversa misura, le labbra, la lingua, i denti, la bocca intera a ingoiarla. “Greed... sii…” sono incontrollabili i suoi movimenti: il leccarsi di labbra e denti con la lingua serpentina, e gli occhi che vagano, dal sesso al culo dell’altro, neanche fosse una rivista pornografica per la quale masturbarsi la mattina. Spinge, affondando dentro di lui ancora, il calore del suo alito è come una fiamma accesa che brucia, incendia ciò che trova al suo passaggio. Ed è diventato Envy la vittima di questo sacrificio, incapace di pensare, incapace di mantenere quel sorriso beffardo, ormai già trasformato in un espressione di sano godimento carnale. Envy che non può fare a meno di gemere e ansimare continuamente mentre sente il limite avvicinarsi. Il membro, teso fino allo spasmo, raccoglie tutte le sue forze e le rigetta tra quelle labbra, sporcando in parte la pelle del viso, in parte la lingua, in parte la gola. Non sa se è meglio l’esser venuto e vedere Greed in quelle condizioni così maledettamente eccitanti: di nuovo, ancora, per sempre. Gli carezza la testa, affondando le dita tra i capelli, qualche ciuffo abbassato, qualche altro macchiato di terra, ma a nulla importa: la cosa fondamentale è lui, il suo volto così meravigliosamente eccitante, verrebbe voglia di girarlo di nuovo, alzargli il culo e prenderlo da dietro. “Fai venire voglia, lo sai?” già, perché non dirgli ciò che si sta pensando? Greed risponde con un grugnito sconsiderato, alterata la sua posa, rabbiosa la sua bocca prima così tanto dolce e perfetta. Si allontana scattando all’indietro, passando distrattamente il polso nudo sulla faccia, pulendosi velocemente da quello che lui ritiene solo schifo. Eppure, non lo ha mandato in visibilio la sensazione di quello sperma caldo che scivola lungo la sua gola, dandogli dei tremori per tutto il corpo? Sicuramente sì. “Ora vattene!” Si attacca al tronco dell’albero di schiena, alzando distrattamente i pantaloni di pelle, neanche si cura di pulirsi un po’ dallo schifo in mezzo alle gambe. Sente solo fretta di allontanarsi il più possibile, la sensazione che tutto potrebbe non essere finito lì. E più i secondi passando più di ciò è certo: ne è certo dallo sguardo che continua così immancabilmente ad osservarlo, mangiandolo boccone su boccone, e dal sorriso sadico che parte da un orecchio all’altro, leccandosi le labbra con la lingua, come se stesse già pregustando il sapore della sua preda. Un respiro lungo e profondo, per recuperare i neuroni andati perduti. Ma ben presto scopre di non averne più bisogno, né della collera, né dell’attenzione. Non ne ha bisogno dal momento che Envy ormai si è già alzato in piedi, e, recuperati velocemente i pantaloncini da terra, neanche li indossa, ma si volta, incamminandosi verso il sentiero. Il tessuto stretto nella mano chiusa a pugno e lo sguardo sereno, beato, il sorriso incastonato come fosse un diamante, e l’ondeggiare delle braccia stanche lungo i fianchi, danno una sensazione di armonia. Bestia che ormai ha già mangiato. Sazia e soddisfatta si incammina, tornando alla sua tana.
Sì. Si potrebbe dire che tutto questo non è mai successo. Nessun incontro è mai lì avvenuto. Nessun bacio. Nessun amplesso. Nessuna lotta di frasi, di insulti. Nessun immancabile arrendersi di fronte a quell’ovvietà: la quale grida a gran voce “c’era qualcosa oltre quelle spinte così voraci”. Ma negare fa parte della natura di Greed, come ne fa parte il suo ricominciare a vivere, tentando di eliminare i ricordi dalla mente. Inutile, futile tentativo, il suo. Macchiato solo dall’evidente senso di mancanza raggiunto, non per la perdita di quella che gli stupidi umani chiamano verginità, ma perdita d’un qualcos’altro che è solo il freddo calore d’un corpo non umano e la sensazione bollente delle sue labbra sulla pelle, sulla propria bocca, e il sentire eccitante della voce e degli ansimi racchiusi in un sorriso. Questo lo turba. Nessuna pace per lui. Ore fermo sul tronco dell’albero a lasciar bollire il cervello tra i pensieri oscuri. A pulirsi e vestirsi con una lentezza esasperante. A mormorare parole insensate mentre ci si incammina lungo il sentiero fatto di polvere bianca. Si allontana dal luogo macchiato del loro seme, e di quel peccato probabilmente più grande di entrambi. Ma, non fa bene avvicinarsi all’arma del delitto. Sporta un po’ in avanti, oltre il fogliame dell’albero nel quale è appostata il tanto giusto per poterlo vedere, camminare, ignaro. Rimane appollaiato sul ramo, come un avvoltoio, ma no, non è corretto il termine, un falco è più adatto. Gli occhi si puntano su quella figura nervosa, occhi ametista chiusi in due fessure leggermente piegate in avanti, un sorriso a ricoprire il volto nascosto nell’ombra, un sorriso spiacevole per chi lo ispira, i denti come rasoi vengono carezzati dalla lingua morbida, sottile, un serpente… mai visto un falco con la testa d’un serpente. Scivola verso il basso, agile, senza staccare i piedi e le mani da quel tronco, testa in giù, capelli fluenti che sbattono contro la faccia di Greed. “Bu!” “AAAAAHHH!!”
<i>C’era qualcosa oltre quelle spinte così voraci.</i> Che quel qualcosa entrambi non lo conoscano, ciò non potrebbe impedire il ripetersi ancora, all’infinito, del rapporto.
-Fine-
Beta-reader: nacchan Ringraziamenti: nacchan; Someone.
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