Dediche:
Leyla: A padrona, insostituibile,
preziosa e unica, ma soprattutto un amica speciale e meravigliosa a cui sono
felice di appartenere come gufino ^**^ buon compleanno Najka il tuo gufino che
ti vuole tanto bene, grazie a dany che ha accettato di scrivere con me e a Anny
che ha partecipato con il pensiero ^_^
Dany: A padrona a cui voglio tanto tanto
bene, per farmi perdonare la lunga latitanza. Nyahhh!
Someone to belong
Trio a Delinquere
Una leggenda racconta che gli
spiriti volpe siano la personificazione di persone morte, legate
a questa vita dal ricordo di un amore tradito o infelice… e in virtù di
quel dolore sofferto, sono in grado di esaudire i desideri dei mortali.
1
C’era una
volta una valle circondata da alte vette che ne chiudevano la vista al mondo
intero.
Il
villaggio sorgeva alle pendici dei monti e nel profondo catino di quella
vallata c’era un lago trasparente come il cristallo vicino alla riva e nero come l’inchiostro nel centro insondato.
Fitte
foreste di abeti crescevano all’ombra delle creste ma il villaggio sorgeva tra
prati fioriti, frutteti e campi di grano. I picchi montani erano inaccessibili
con gli azzurri riflessi dei nevai luccicanti che si tingevano di fiamme
sanguigne quando il sole si nascondeva dietro quelle cime.
La vita
nel villaggio scorreva tranquilla e monotona, generazione dopo generazione. Si
nasceva, ci si innamorava, si generavano figli, nipoti, si moriva. Era una
comunità chiusa perché il mondo esterno era molto lontano e molto difficile da
raggiungere e solo qualche mercante visitava il villaggio nei mesi estivi
quando la neve si era sciolta sugli alti passi.
L’unica
cosa che avrebbe potuto spaventare era la noia di giornate tutte uguali
scandite dalla routine del lavoro nei campi e delle serate accanto al fuoco ad
ascoltare le storie dei vecchi che ormai i giovani conoscevano a memoria per
averle sentite da quando erano in grado di intendere
Presto
l’inverno sarebbe finito.
E i passi
sarebbero stati di nuovo sgombri.
Ma poco
sarebbe servito…
Hanamichi
sospirò mentre tornava a casa dalla sua giornata nei campi
Passò
nella piazza del paese dove tutti si radunavano dopo i lavori nei campi
Salutò
gli amici che lo avevano preceduto e che stavano fermi a chiacchierare raccolti
in gruppi sparsi nel crepuscolo.
Si fermò
accanto alla fontana posando il sacco con le sementi accanto ai suoi piedi. Si
lavò le mani gettando poi la testa sotto il getto gelido cercando di scacciare
il gelo dal suo cuore ma invano. (me rabbrividisce per lui NdDany me passa
teiera bollente alla nipo ndzia Grazie, zia, tu si che mi conosci bene! ^-^NdD)
Salutò
Yohei e gli altri con un gesto della mano
ignorando i loro inviti a fermarsi a bere qualcosa alla locanda con
loro. E si diresse mestamente verso casa, sentendo ad ogni passo la malinconia
opprimergli il petto.
Come gli
accadeva ormai da tempo.
Quando
passava la giornata al lavoro la sua mente era lontana dai pensieri, ma la sera
quando il buio scivolava sui fianchi delle montagne avvolgendo tutta la valle
tutto tornava portando con sé quella malinconia e quel senso opprimente che gli
pesava sul cuore. Se solo fosse riuscito a dare un nome a quel che sentiva e
provava.
Davanti
alla porta di casa si fermò guardandosi in giro. La sua era l’ultima casa del
paese,
quasi sul
limitare del bosco.
Ogni
volta che rientrava a casa guardava quel bosco con invidia.
Da lì
partiva il sentiero che conduceva alla montagna e al passo che portava fuori da
quella profonda vallata. Era un sentiero stretto e serpeggiante che si perdeva
nella profondità di quel bosco scuro. Hanamichi si era più volte fermato sul
suo limitare ad immaginarne il dipanarsi sotto quegli alberi ritorti e
frondosi, ne aveva seguito con la fantasia tutti gli avvallamenti e le curve
fin sotto la montagna e poi su fino al passo che scavalcava quelle vette e poi
ridiscendeva lungo il crinale nord verso un orizzonte diverso…verso la libertà.
Chiuse la
porta alle spalle cercando di non guardare il telaio polveroso abbandonato in
un angolo dove un tempo si sedeva sua madre a tessere. Aveva ricordi vaghi di
lei e di lui bambino che sedeva ai suoi piedi, osservando spuntare la trama del
tappeto o della coperta come una magia, mentre sua madre gli raccontava le
storie su quegli animali che lui non aveva mai visto, su quei boschi profondi e
scuri e su quel mondo sconosciuto al di là del passo montano. Sua madre era una
forestiera, figlia di un mercante di tappeti che si era fermato tanti anni
prima nell’unica locanda del paese. La figlia si era innamorata, ricambiata del
fabbro del paese e quando era stato il momento di ripartire aveva deciso di
restare lì.
A lei
Hanamichi doveva i suoi capelli rossi frutto di scherno e di motteggi perché
mai si erano visti da quelle parti e come tutte le cose nuove era vista con
sospetto e malevolenza…
Piano
sentì che cominciava a piovere. Per tutta la giornata grosse nuvole nere si
erano rincorse da nord diffondendosi per l’intera vallata cancellando ogni
traccia di sole e di cielo e ora cominciarono a riversare torrenti di pioggia
che si abbattevano sul piccolo villaggio con incredibile accanimento. Hanamichi
aprì la finestra spalancando gli scuri di legno per lasciare entrare l’aria
umida. Lo spettacolo di quel temporale
lasciò Hana senza fiato. Tutto era così terrificante, si trovò a sussultare di
paura mentre saette accecanti striavano il cielo coperto da quel denso strato
di nuvole con il rombo del tuono che riecheggiava per tutta la valle in echi
ripetuti che facevano tremare l’ intera vallata.
Pioveva
da tre giorni senza tregua. I lavori dei campi furono sospesi e la gente della
Valle cominciò a temere che il torrente potesse straripare devastando ogni
cosa. Gli uomini si riunivano ogni giorno nell’unica locanda del paese seduti
attorno ai quattro tavoli nella fumosa sala, bevendo birra e lanciando occhiate
apprensive alla pioggia che cadeva dietro la finestra. Hanamichi sedeva al
tavolo più lontano di tutti in un angolo con il suo boccale di sidro di mele
ancora pieno, ascoltando distrattamente le conversazioni e scrutando le facce
degli uomini riuniti in piccoli gruppi, aggrappandosi alla speranza che presto
la tempesta sarebbe passata. Hanamichi nel suo angolino, faceva del suo meglio
per ignorarli del tutto ma era difficile. Era difficile ignorare gli sguardi
accusatori che gli lanciavano, era difficile ignorare le parole sussurrate con
voce abbastanza alta affinché potessero raggiungerlo. Era qualcosa a cui era
abituato ma ciò non toglieva che lo infastidiva.
-
Dovrebbe andarsene via…- mormorò Takato, uno dei contadini più importanti del
villaggio. -Il sindaco dovrebbe
decidersi una buona volta a ordinargli di andare via!-
-Hai
perfettamente ragione! Non capisco perché il signor Anzai non l’abbia fatto fin
dall’inizio. Quel colore rosso non ci poterà che guai!- gli diede man forte
Taoka, il parroco del villaggio che nonostante il suo abito non disdegnava
fermarsi a bere con i concittadini. -Ad esempio guarda il tempo! Sono tre
giorni che piove e continuerà ancora a lungo! Questo è un segno! Il cielo vuole
che lui se ne vada!-
-Che
stupidaggini!- esclamò entrando nella locanda un giovane avvolto da un lungo
mantello impermeabile che iniziò a gocciolare su tutto il pavimento. -Ancora le
stesse superstizioni senza fondamento!- sbuffò abbassando il cappuccio
mostrando il viso dai lineamenti gentili, i corti capelli neri e i piccoli
occhi che sapevano passare con velocità incredibile dallo scherzo alla serietà
più assoluta.
-Signorino
Yohei sa bene che non sono solo superstizioni altrimenti non si spiegherebbero
le alluvioni di cui siamo vittime da quando lui e sua madre sono venuti ad
abitare qui!- disse con un misto di superbia e umiltà Takato, dopotutto non
voleva mettersi pubblicamente contro il nipote del sindaco.
- Che
idee antiquate, vecchie e decisamente paranoiche!- disse roteando gli occhi.
Lasciò che la cameriera portasse via il suo mantello per farlo asciugare vicino
al camino e lui si avvicinò ai due uomini più illustri del villaggio. –Signor
Takato, buon padre Taoka lasciate che vi informi di qualcosa. Sono anni che
andate affermando che la colpa della siccità è di Hanamichi, che la colpa delle
alluvioni è di Hanamichi, persino la moria delle vacche di due anni fa fu colpa
sua! –
- E’
esattamente questo il punto! Il villaggio ha già sofferto abbastanza! È ora che
si allontani la causa dei nostri mali! -
affermò il pastore battendo il pugno sul tavolo.
- Che
parole misericordiose provengono dal nostro buon pastore… - lo prese in giro
Yohei, scosse la testa impotente. – Sappiate però che i reumatismi di mio padre
sembrano essere migliorati. In base alle stupide superstizioni sapete cosa
significa? –
Nella
locanda si alzarono dei giubili di gioia per quella notizia. Era risaputo che
il tempo andava di pari passo con i reumatismi del sindaco, se essi
peggioravano il tempo era inclemente, se invece miglioravano, voleva dire che
presto il tempo sarebbe migliorato.
Soddisfatto
del risultato ottenuto Yohei lasciò i due uomini ad affogare il loro malumore
nella birra. Ora qualsiasi cattiveria avessero dentro contro Hanamichi non
sarebbe stata ascoltata perché il resto dei clienti della locanda era troppo
preso a festeggiare l’imminente fine delle piogge.
Salutò un
altro paio di conoscente, parlò con la cameriera e poi finì con il sedersi al
tavolo che tutti aveva accuratamente evitato. Appoggiò la schiena contro lo
schienale della sedia e allungò le braccia stirandosi i muscoli. Lanciò uno sguardo al ragazzo che occupava
il tavolo e lo guardò con un sopracciglio alzato.
-Per
quanto tempo ancora riuscirai a resistere a sopportare in silenzio? - gli chiese esasperato.
Hanamichi nascose rapidamente sotto il tavolo la mano che,
si era accorto solo in quel momento,
aver tenuto per tutto il tempo stretta a pugno.
Yohei era il suo migliore amico, non che ne avesse molti.
La maggior parte dei suoi concittadini preferiva rimanere alla larga da lui e
non rivolgergli la parola se non era particolarmente indispensabile, se invece
gli si doveva rivolgere la parola per insultarlo o beffeggiarlo… allora era un
altro paio di maniche, per quello c’era sempre spazio nelle loro conversazioni.
- L’ho promesso a mia madre… - fu la laconica risposta
prima che la cameriera si fermasse al loro tavolo con un boccale di birra per
Yohei che si affrettò a mettere le monete sul tavolo per pagare. La ragazza gli
sorrise e spinse di nuovo le monete verso di lui.
- Lascia, offre la casa! –
- Offre la casa o offri tu?! – chiese Yohei era
praticamente impossibile che Takenori Akagi
offrisse qualcosa se non proprio indispensabile. La ragazza arrossì
nascondendo parzialmente il viso dietro il vassoio, si scusò per andare via ma
Yohei la fermò di nuovo, pregandola di restare a chiacchierare visto che non
c’erano clienti che richiedevano la sua assistenza per il momento. Questa volta
ad arrossire fu Hanamichi ed era perfettamente sicuro che l’amico avesse
trattenuto la cameriera di proposito.
Haruko non era la più bella ragazza del villaggio, c’erano
molte altre ragazze più belle di lei tra le quali probabilmente spiccava Ayako.
La mano della signorina Ayako era la più richiesta in assoluto ma a causa del
carattere deciso di lei e della guardia spietata che le faceva il suo stalliere
Ryota, ancora nessuno era riuscito a sposarla. Haruko però era gentile e dolce,
la tipica ragazza che sarebbe di certo diventata una moglie buona e premurosa.
Infine Haruko fu richiamata dal fratello e li lasciò di
nuovo soli.
- Takenori ci sta guardando torvo… - affermò con finto
stupore Yohei.
- Ma non mi dire.. forse perché hai intrattenuto la
sorella a parlare con noi?- gli fece notare l’amico. –Se non l’hai notato,
nonostante le tue belle parole, io qui sono ancora il ‘demone dai capelli
rossi’-
- Come sei melodrammatico! Non preoccuparti, gli passerà
appena vedranno di nuovo il sole.-
Hanamichi non rispose ma il suo sguardo seguì i movimento
di Haruko nel locale.
- Hey?! – Yohei gli passò la mano davanti al viso. – Mi
ascolti o no? –
- Scusa… ero distratto…- bofonchiò imbarazzato.
- SI… a mangiarti con gli occhi la nostra bella cameriera.
Quando ti deciderai a chiederle di uscire?-
- Probabilmente
mai…- sospirò malinconico. – Haruko è buona, gentile, davvero amabile ma non
uscirà mai con uno come me. –
- Come fai a dirlo se neanche ci provi?- sbuffò esasperato
Yohei.
- Perché so già che non ho speranze…- affermò con un
sorriso prima di alzarsi. –E’ ora che vada, devo chiudere la stalla. A domani…-
- ok, a doman… ehi!! Se vuoi liberarti di me dillo ma non
inventare scuse campate in aria! Quella stalla è vuota!!- gli gridò dietro.
Hanamichi scoppiò a ridere e si scusò ma andò via lo stesso.
Per la strada non incontrò nessuno, anche perché
difficilmente la gente si sarebbe avventurata sotto il temporale se non per
andare alla locanda o correre a casa propria. Attraversò tutto il paese,
proteggendosi come meglio poté dalla pioggia e risalì il sentiero coperto da
erbacce che conduceva alla sua casa. Erano mesi che si riprometteva di
strapparle ma puntualmente rimandava. Stava per entrare in casa quando un
rumore lo insospettì. Girò intorno alla casa e si accorse che il rumore
proveniva dalla porta lasciata aperta della stalla che sbatteva contro il muro
a causa del vento.
Hanamichi si accigliò. Era certo di aver chiuso quella
porta. Si avvicinò alla stalla con circospezione.
Era
vuota, l’ultima mucca era morta due anni prima e lui non aveva avuto i soldi
per comprarne un'altra alla fiera del bestiame che si teneva ogni primavera in
paese…questa almeno era la scusa ufficiale che aveva addotto con i suoi amici.
La verità era che non voleva avere qualcosa da lasciare quando se ne sarebbe
andato da lì. E la cosa sarebbe accaduta molto presto. Hanamichi aveva già
deciso. In fondo al villaggio, a parte un paio di persone, tutti sarebbero
stati più che felici della sua partenza. L’unica cosa che ancora lo tratteneva
lì, era l’incognita rappresentata dalla destinazione del suo viaggio. Voleva
andare via, sarebbe andato via, ma per dove?
Riportò
la sua attenzione alla stalla e prima di richiuderla, accese la lanterna che
teneva sempre accanto alla porta per controllare che all’interno non ci fosse
nulla fuori posto.
La stalla
era cupa e ovviamente vuota. Un paio di forconi e dei secchi di legno erano
stati lasciati appoggiati al muro, lì dove avrebbero dovuto esserci il fieno,
il mangime e la paglia. Le porte dei piccoli recinti erano chiuse. Hanamichi
scosse la testa con un sorriso. Cosa si aspettava di trovare? Probabilmente la
serratura era vecchia e un colpo di vento più forte aveva spalancato la porta.
Ripose la lanterna e stava per spegnerla quando si accorse di un ombra bianca
nell’angolo del muro, proprio vicino alla porta. Si avvicinò con circospezione
e grande fu il suo stupore quando vide quel piccolo cagnolino tremante dal pelo
bianco completamente zuppo. Senza neanche pensarci su due volte, prese in
braccio la bestiola e, chiusa la porta della stalla, se la portò in casa, dove
accese il fuoco nel camino per entrambi.
Il
piccolo animale appena Hana lo ebbe posato per terra si scrollò di dosso tutta
l’acqua allagando quella porzione davanti al camino, poi spostandosi verso un
punto più asciutto si rannicchiò, acciambellandosi avvicinandosi a quel tepore
e posando il musetto sulle zampe incrociate cominciò a leccarne una, solo
allora Hana si avvide del taglio profondo sulla zampa proprio sopra ai
cuscinetti morbidi che le servivano per camminare con tutta la sua grazia. Si avvicinò
velocemente inginocchiandosi davanti a lui e allungando il braccio, ma
l’animale si ritrasse con un ringhio:
-
ehi…baka, guarda che lo faccio per te! – rispose con veemenza producendo
nell’animale l’istinto di digrignare i denti. Allungò ancora una volta la mano
afferrando con malagrazia la zampetta ferita.
Preso com’era dalla foga e dal nervosismo, strinse troppo provocando
l’inevitabile reazione dell’animale. Affondò i denti nella pelle dorata della
mano dell’umano che gli aveva provocato quel dolore e si sollevò per
allontanarsi, guadagnare più spazio tra sé e quell’umano, appoggiandosi anche
sulla zampetta ferita, una scarica violenta di dolore si propagò per tutto
l’arto facendolo guaire violentemente. All’udire il guaito della bestiola Hana dimenticò
il dolore provocato dal morso di poco prima e ricacciò in gola le imprecazioni.
Si
avvicinò questa volta con più circospezione alla piccola bestiola tramante che
guaiva cercando di lenire il dolore leccandosi la zampina che aveva
ricominciato a sanguinare.
Sospirando
si rese conto che quello di prima non era il modo giusto di rivolgersi
all’animale, cercò di avvicinarsi in maniera meno brusca, parlandogli con
dolcezza. Gli mise una mano vicino al musetto lasciando che l’annusasse per
qualche istante:
- Scusa,
non volevo farti male…- la bestiola seguì ogni suo movimento come se aspettasse
un qualsiasi movimento brusco, pronto per attaccarlo nuovamente e lui proseguì,
dicendosi che era alquanto sciocco parlare a un animale che non poteva certo
intenderlo, sperò che almeno il tono lo convincesse delle sue intenzioni
positive – dai fammi vedere quel taglio, deve farti molto male…
L’animale
mosse la coda e solo allora Hana si accorse che la punta della vaporosa coda
era completamente nera in netto contrasto con il candore niveo del resto del
pelo, come cane era davvero strano ammise con se stesso, mentre lo prendeva
delicatamente in braccio e si avvicinava al tavolo della cucina. Si allontanò
per prendere qualcosa per medicare il taglio, mentre il cagnolino si guardava
in giro.
- non
provare a saltare giù da lì – lo ammonì uscendo dalla stanza
rientrò
poco dopo osservando con piacere che l’animale lo aveva ascoltato ( magari ha
pensato che saltando giù da quel tavolo con la zampa ferita non era una buona
idea? NdL – Beh.. anche lui avrà un cervello e qualche volta lo farà
funzionare, spero -__-‘’ NdD)
Erano
trascorsi solo un paio di giorni da quando Hana aveva trovato l’animale nella
sua stalla, la pioggia aveva cominciato a diradarsi e pareva davvero voler
smettere, non era più tornato in paese, Yohei era passato qualche volta a
trovarlo e alla sua seconda visita aveva intravisto la bestiola rannicchiata
vicino al camino che sonnecchiava. Hana aveva così scoperto che quello che lui
credeva un cane era in realtà una volpe:
- una
volpe? – aveva esclamato incredulo prendendo la bestiola per la collottola che
svegliata di soprassalto non parve gradire quella posizione.
- Sì
certo non vedi le orecchie a punta e la coda?ti sembrano quelli di un cane? –
Mito osservò il suo migliore amico scrutare l’animale come a volersi sincerare
delle sue parole, vedendo che la bestiola cominciava a spazientirsi fece per
aprire bocca ma troppo tardi, la zampa della volpe fu più veloce del suo
avvertimento:
- Ahia! –
si lamentò Hanamichi lasciando andare la presa. La volpe atterrò a terra senza
problemi pareva dotata di una grazia innata – Baka Kitsune!
- dai
Hana sarà un graffietto – lo canzonò Yohei ridacchiando osservando la volpe
camminare verso il suo posto accanto al camino e dedicarsi alla pulizia del
pelo, passando con attenzione la zampa sana su ogni minimo centimetro della sua
pelliccia arruffata. (fa l’indifferente ^^; ma scommetto che la piccola peste
si sta divertendo un mondo NdD)
- un
graffietto?quella specie di.. di… - gesticolò un braccio in aria non trovando
le parole – Quella. Mi ha quasi staccato un dito!
- andiamo
Hana non esagerare, mettici sopra una garza pulita e non pensarci più. Un paio
di giorni non avrai più nulla. -
- Uhm se
lo dici tu…- si girò verso l’animale – vedi di non farlo più o ti sbatto
fuori a calci sotto l’acqua!Ingrato!-
-ehi hana
come la chiamerai? – chiese Yohei cercando di
non ridere dell’aria mortalmente offesa assunta da Hana e
dall’indifferenza dell’animale che terminato il rito della pulizia si era
risistemato accanto al fuoco riprendendo il sonnellino interrotto poco prima,
senza degnare di attenzione l’ avvertimento del rossino.
- non la
chiamerò con nessun nome – lo vide rabbuiarsi, per un istante ma fu un attimo e
l’amico credette di esserselo immaginato – appena sarà guarita la zampa e
smetterà di piovere la porterò nella foresta…
A quelle
parole il figlio di Anzai si ricordò che aveva promesso a suo padre di
controllare l’argine esterno del torrente, ma per vedere Hana, che da giorni
che non si recava in paese, aveva fatto una piccola deviazione. Si alzò
prendendo il mantello messo ad asciugare su un gancio accanto al fuoco.
- te ne
vai? – gli chiese Hanamichi come riscuotendosi
dai suoi pensieri.
Annuì
avvolgendosi nel mantello.
- ho una
cosa da fare per mio padre. Con queste piogge teme per gli argini del torrente
–
- se vuoi
questo argine lo controllo io così avanzi di venire avanti e indietro sotto
questa pioggia, se noto qualcosa di strano mi precipito in paese, non sono tranquillo
neppure io…
- Grazie
Hana…- gli sorrise dalla porta, poi come colto da un pensiero improvviso, tornò
a guardare la volpe e aggiunse rabbuiandosi – mi raccomando…non far sapere che
tieni una volpe in casa…
- perché?
- mi pare
che di motivi per avercela con te ne abbiano a sufficienza…la superstizione è
grande in questo villaggio, le volpi non sono ben viste
Hana si
volse a guardare la volpe poi di nuovo il suo amico e la sua espressione era
interrogativa
- perché?
Yohei si
strinse nelle spalle. - Da queste parti si crede portino sfortuna… Lo sanno
tutti i bambini fin dall’infanzia. Le mamme raccontano la stessa favola da
generazioni… Gli spiriti inquieti non possono riposare e nutrono rancore per
gli umani che possono ottenere ciò che loro hanno perso, per questo minano la
loro felicità e divorano le loro anime. Tutti i bambini sanno che è proibito
andare a giocare al di là della pietra bianca nel bosco, perché quello è il
territorio degli spiriti e una volta entrati gli spiriti delle volpi vengono a
reclamare e divorare le loro anime. Ricordo che da bambino mi nascondevo sotto
le coperte ogni volta che sentivo raccontare questa storia dalla mamma. –
- Non
l’avevo mai sentita… mia madre non mi ha mai raccontato una storia simile,
probabilmente perché non era del posto. – mormorò Hanamichi con gli occhi
sgranati. Non poteva credere che quell’esserino irritante ma dopotutto gracile
e indifeso potesse portare sfortuna o addirittura divorare qualcuno, e lo disse
a Yohei.
-Hai
ragione ma lo sai bene.. la gente qui è terribilmente superstiziosa, tanto che
ogni anno Takato piazza delle trappole nella neve per catturare.
-Catturarle?
Per farne cosa?- Chiese curioso Hanamichi.
-Ucciderle,
mi sembra ovvio. Cosa ti aspetti da uno stupido come il nostro più grande proprietario
terriero? Butta le carcasse nel burrone. Dice che così la sfortuna si
allontana.-
- ma è
orribile! –esclamò Hanamichi tornando a guardare la piccola volpe ignara di
quelle atrocità mordendosi il labbro.
- Già –
Yohei lo salutò richiudendosi la porta alle spalle.
Il
ragazzo dai capelli rossi rimase fermo al centro della stanza perso nei suoi
pensieri continuando a tormentarsi le labbra. Si sedette al tavolo posando i
gomiti sulle ginocchia. Quando aveva trovato l’animale aveva subito pensato che
non voleva in alcun modo legarsi a qualcosa o qualcuno, aveva lasciato che
anche la casa andasse in malora per
quello. Non voleva avere rimpianti per quando se ne sarebbe andato.
Ormai aveva deciso. Appena avesse smesso di piovere avrebbe lasciato il villaggio.
Ma quello che gli aveva detto Yohei era qualcosa che lo stava torturando,
lasciare la volpe nel bosco gli sembrava come una condanna. E’ vero, si disse
scuotendo la testa, che non era detto che sarebbe incappata nelle trappole ma il solo pensiero lo rendeva inquieto. Si
avvicinò all’animale che dormiva, in effetti non faceva altro, si svegliava
solo ogni tanto e reclamava cibo e poi tornava ad acciambellarsi accanto al
fuoco, questo non spiaceva ad Hanamichi ma…
Sbuffando
si alzò di scatto e afferrato il mantello se lo drappeggiò sulle spalle e uscì
nella tempesta aveva bisogno i riflettere e farlo in casa non era produttivo.
Aveva
camminato per quelle che dovevano essere un paio d’ore cercando una soluzione
per la questione della volpe, ma l’unica a cui era giunto era di portarla con
sé e abbandonarla lungo la via il più lontano possibile dal villaggio sperando
di portarla abbastanza lontano dal raggio d’azione delle trappole di Takato,
sarebbe partito sicuramente appena avesse smesso si piovere completamente.
Una
piccola folla era ferma davanti alla porta di casa sua, si fermò nascondendosi
dietro il grande albero, li sentiva parlare
- l’ho
vista era in casa, una volpe bianca che dormiva accanto al camino – stava
dicendo la moglie di Takato – e quando sono entrata mi ha guardato con quegli
occhi blu, pareva umana…
Hanamichi
si sentì stringere il cuore in una morsa. Si era dimenticato che a turno le
donne del paese facevano il giro per portare viveri e pane durante quei giorni
di inattività. Si era chiesto spesso perché lo portassero pure a lui invece di sperare che morisse di fame.
Li vide
entrare in casa e attraverso le finestre li scorse che frugavano in ogni angolo
dalle loro imprecazioni intuì che non dovevano averla trovata…dove si era
cacciata? si chiese, che fosse scappata? Ma la zampa non era ancora guarita del
tutto non avrebbe potuto andare lontana. All’improvviso un movimento in un
angolo della cucina gli cancellò le sue preoccupazioni per la sorte della
piccola volpe…Vide Takato alzare la scure e calarla con forza sul telaio che
era appartenuto a sua madre…Hanamichi fece per slanciarsi verso la casa, voleva
impedire che il telaio di sua madre venisse distrutto quella era l’unico
ricordo che gli restava, l’unico legame che ancora aveva con sua madre, non ne
rammentava con precisione il suo viso ma se si voltava a guardare il telaio
veniva invaso da una serie di immagini e sensazioni che gli faceva sentire come
se la madre fosse ancora con lui. Inciampò in una radice e cadde bocconi con il
viso nel fango non riuscendo a piangere soffocato dal nodo in gola, rimase
sdraiato per un tempo che non era in grado di quantificare con la pioggia che
cadeva su di lui inzuppandolo fino alle ossa. Poi qualcosa cambiò. Non avrebbe
saputo dire cosa di preciso ma aveva una percezione diversa dell’aria che lo
circondava, sollevò il viso e si accorse che aveva cessato di piovere, anche le
persone che erano nella casa se ne accorsero, udì la voce soddisfatta di Takato
esclamare a voce alta:
- ora le
cose cambieranno,vedrete! –
li sentì
allontanarsi,lasciare la sua casa, la porta aperta le persiane spalancate
si
avvicinò piano mentre il cuore gli si faceva più pesante ad ogni passo.
Entrò
nella stanza principale della casa, nulla era stato toccato, la furia di Takato si era concentrata solo sul telaio di sua
madre. Hanamichi si lasciò cadere in ginocchio in mezzo ai pezzi di legno
sparsi sul pavimento.
La volpe
fece capolino dalla porta dello sgabuzzino sul retro, si avvicinò piano con
leggerezza schivando le schegge di legno e andandosi a sedere vicino ad
Hanamichi senza attirare la sua attenzione.
Fu come
se Hana ne percepisse la presenza, si volse verso di lei guardandola attraverso
gli occhi velati di lacrime che non gli riusciva ne aveva voglia di trattenere.
Allungò la mano attirando il piccolo animale contro il suo petto e affondando
le sue dita nel morbido pelo.
2.
Li
odiava, dal profondo del cuore, li odiava veramente. Chiuse gli occhi,
ricacciando indietro le lacrime e finendo di infilare nella sacca le poche cose
che intendeva portarsi dietro.
Passi che
l’avevano preso come capro espiatorio di tutto quello che accadeva, gli andava
bene, dopotutto in tutti i villaggi doveva esserci necessariamente colui che
veniva considerato lo iettatore di turno ma non avrebbe mai perdonato a quegli
stolti di aver distrutto ciò che di più caro aveva al mondo. Si chinò a
raccogliere un pesante gilet dal pavimento per infilarlo nella sacca insieme ai
pochi altri indumenti che aveva intenzione di portare via e lo sguardo gli si
soffermò sui pezzi di legno sfasciati che poche ore prima erano uno splendido
telaio. Il telaio della sua defunta madre. Da quel telaio, dalle abili dita
della madre erano uscite stoffe preziose.
‘Loro’
avevano dimenticato il tempo in cui, nonostante sottovoce la chiamassero
strega, venivano in continuazione a chiedere le sue stoffe. Quanti abiti da
sposa erano usciti dalla sua casa? Quasi tutte le ragazze che si erano sposate
quando sua madre era viva avevano indossato le stoffe tessute e ricamate da lei,
persino le casule e le stole di Padre Taoka per le funzioni importanti erano
opera di sua madre, nonostante lo stesso padre blaterasse sul fatto che la
‘straniera’ portasse sfortuna al villaggio così come suo figlio.
L’idea di
andarsene l’aveva sfiorato più volte in passato. Non l’aveva mai messa in
pratica perché riteneva che ci fosse ancora qualcosa lì che lo legava, prima di
andare via, voleva essere sicuro di non aver rimpianti. Ora, gli avevano
distrutto l’ultimo legame che gli era rimasto in quella casa, in quel
villaggio…
Chiuse la
sacca, scuotendo la testa. Ormai lì non c’era più niente per lui. La loro
crudeltà, la loro ignoranza e la loro ottusità avevano raggiunto il limite.
Vide la
volpe degnarsi di alzare la testa dal tappeto su cui si era raggomitolata a
sonnecchiare, e guardarlo incuriosita. Quegli occhi blu,quasi troppo
intelligenti per appartenere a un animale, seguivano ogni suo movimento.
Hanamichi gli grattò la testa tra le due orecchie, guadagnandosi un
occhiataccia.
- Non
temere, non ti abbandono. Verrai come me. Ti porterò lontano da qui, lontano
dalle trappole di quegli stolti ma dovrai promettermi di non tornare mai più da
queste parti, altrimenti farai la fine delle altre della tua stessa specie. -
Afferrò
la volpe per la collottola e, nonostante la bestiola si dibattesse per essere
trattata così poco gentilmente, la infilò sotto l’impermeabile, per evitare che
si bagnasse. Si mise la sacca in spalla e dopo essersi girato intorno un ultima
volta per imprimersi nella memoria in modo indelebile ciò che lo circondava,
disse mentalmente addio a tutto e aprì la porta.
Quasi
saltò dallo spavento quando si ritrovò davanti qualcuno incappucciato e
grondante di pioggia poco più basso di lui.
- Così
volevi andartene via senza salutare nessuno come un codardo? - chiese Yohei,
abbassando il cappuccio.
- Non sto
scappando!- puntualizzò Hanamichi senza riuscire a guardare negli occhi
l’amico. Lasciare Yohei probabilmente era l’unica cosa di cui si sarebbe per
sempre rammaricato.
- Non
stai forse andando via? Non è forse una sacca quella che porti in spalla e un
impermeabile quello che indossi e una volpe quella che nascondi sotto i
vestiti?- chiese con un sopracciglio alzato.
- Yohei…
ti prego… non fermarmi.- supplicò guardandolo negli occhi.
Il
ragazzo si morse il labbro, distogliendo lo sguardo. – Lo sapevo già. Sapevo
che sarebbe successo. Sapevo che saresti andato via. Per questo sono venuto.
Non c’è niente che io possa dire per farti cambiare idea? Se te lo chiedessi,
resteresti? - gli chiese girandosi a guardarlo.
- Non
chiedermelo, per favore. – lo implorò Hanamichi. – Ho già deciso… - Affermò ma
in realtà il solo vederlo faceva vacillare la sua convinzione.
Yohei
sospirò, poi si frugò nelle tasche e gli porse un piccolo sacchetto di cuoio.
Hanamichi sentì distintamente le monete all’interno tintinnare. Il ragazzo gli
mise in mano il sacchetto.
- Non
sono mai stato in città, ma sarà sicuramente diversa dal nostro piccolo
villaggio e di certo non potrai andare da nessuna parte senza queste.-
- Non
posso accettarle!- protestò Hanamichi cercando di restituire il sacchetto.
- E non
puoi restituirmele. – protestò a sua volta Yohei. – Non sono mie. Sono da parte
di mio padre. Ha detto che ti sarebbero servite per il viaggio.-
Hanamichi
guardò dubbioso il sacchettino. – Insomma lo sapevate tutti che sarei partito…-
disse amaramente.
- A parte
me e mio padre… credo nessun’altro.- lo rassicurò con un sorriso, poi tornò
serio. –Sei davvero sicuro di voler andare? È come dargliela vinta…-
Il
ragazzo dai capelli rossi sorrise. – Non mi hanno cacciato. Sono io che vado
via. Mi hanno sempre accusato di essere la causa dei loro mali, bene, e sia…
che il male che mi hanno fatto gli si ritorca contro il doppio delle volte.
Quando non ci sarò più chi diventerà il loro capro espiatorio? Con chi se la
prenderanno? –
- Non
sono parole tue queste…- gli fece notare Yohei un po’ ferito.
- Sono
solo stanco… - mormorò Hanamichi abbassando lo sguardo. – E non voglio più
lottare con loro… sono solo stanco.-
- Allora
va, ma ricorda che ci sarà sempre qualcuno ad aspettarti qui…- gli ricordò
abbracciandolo. L’altro ricambiò l’abbraccio e la volpe si mosse inquieta
sentendosi improvvisamente soffocare troppo. Il ragazzo calmò la bestiola e poi
riprendendo la sacca in spalla, si alzò il cappuccio.
- Sai…-
si voltò sul ciglio della porta. – Quel qualcuno temo aspetterà in vano… non
tornerò… mai più.-
Lo disse
con un sorriso, prima di iniziare il lungo viaggio sotto la pioggia torrenziale
che l’avrebbe portato nella città al di là del monte. Non si voltò mai
indietro, nonostante sentisse lo sguardo di Yohei puntato sulla sua schiena.
Strinse più forte la volpe contro il petto, mentre la pioggia gli bagnava il
viso. O forse non era la pioggia. Aveva ormai detto addio all’unico vero amico
che aveva.
Erano
passate varie ore da quando era partito. Si era inoltrato nei boschi, seguendo
i sentieri dei cacciatori e poi si era inoltrato sempre più in profondità,
risalendo il pendio della collina che l’avrebbe portato alle pendici della montagna.
Aveva superato per la prima volta nella sua vita la pietra bianca che
delimitava il confine estremo del villaggio. Guardandola ripensò alla storia
che solo pochi giorni prima aveva ascoltato per la prima volta da Yohei. Gli
spiriti sarebbero venuti a prenderlo e divorarlo? Che venissero pure, non aveva
paura di loro.
La
pioggia aveva lasciato il posto alla neve e la neve si era rapidamente
trasformata in tormenta, Non potendo proseguire oltre a causa della scarsa
visibilità e del terreno reso instabile dal ghiaccio, Hanamichi si guardava
costantemente intorno alla ricerca di un luogo da usare come rifugio. Gli occhi
gli bruciavano per il troppo freddo e ormai le dita gli erano diventate
insensibili.
Il bosco,
era scuro e sconosciuto, e pieno dei rumori notturni e di ombre vive che
parevano allungare le loro mani per ghermirlo.
Gli occhi
gli lacrimavano e se li strofinò con la mano libera, con l’altra serrava contro
di se la volpe. Tra la foschia creata dalla neve, scorse da lontano una
stamberga. Da ciò che la circondava comprese che era la vecchia casa del
carbonaio. Era l’unico rifugio che aveva visto fino a quel momento e non
potendo sfidare oltre le intemperie del tempo, arrancò fino alla tettoia dove
di solito si accatastava la legna, trovando finalmente un attimo di tregua.
Tentò di sbirciare all’interno della casa da una finestra ma le imposte erano
chiuse dall’interno. Bussò alla porta, non ottenendo risposta e considerando lo
stato abbandonato del casolare, cercò di forzare la maniglia ma la porta non
cedette neanche di un millimetro, probabilmente a causa del fatto che avesse
ormai le dita completamente congelate e prive di forza. Rassegnando a passare
la nottata all’agghiaccio, ritornò al riparo sotto la tettoia e stringendosi
nel mantello, si rannicchiò, tenendo la volpe in grembo, cercando per quanto
possibile di proteggerla dal freddo.
Si
addormentò piano senza accorgersene, scivolando in un torpore latteo che gli
avvolse i sensi invischiandolo.
- sveglia
sciocco! – una voce secca si insinuò in quel candore silenzioso.
Aprì un
occhio con fatica mugolando piano cercando di districarsi da quel mondo
ovattato in cui si era rifugiato.
- avanti
alzati…- di nuovo quella voce questa volta più vicino al suo orecchio.
Si volse
sulla sinistra e incontrò lo sguardo di
ghiaccio di un viso raggrinzito mentre una mano rinsecchita e dalle unghie
lunghe e sporche gli stringeva la spalla scuotendolo.
- Arghhhh
– urlò alzandosi bruscamente dal suo giaciglio improvvisato.
La notte
era ancora scura e il candore della neve era quasi abbagliante.
- E’
questo il modo in cui ti hanno insegnato a salutare? Si vede lontano un miglio
che provieni da quel villaggio di inetti e stolti. Di un po’ avevi forse
intenzione di suicidarti? – chiese la vecchia parlando puntandogli un lungo
dito ossuto contro al petto.
Hanamichi
scosse la testa, non riuscendo a pensare a una risposta. La mente ancora
annebbiata registrava a malapena le parole della vecchia, che nella sua mente
assomigliava a uno spirito apparso dal nulla, bianca come la neve che ricopriva
il bosco. Forse gli spiriti erano davvero andati a prenderlo.
- Vieni.-
Ordinò imperiosa l’anziana donna, artigliandogli un braccio e sospingendolo
verso la porta con una forza che nessuno avrebbe sospettato possedesse. Fece scattare
la serratura con una grossa chiave e entrò trascinandosi dietro il ragazzo.
Appena la porta fu chiusa, Hanamichi avvertì immediatamente il freddo
smorzarsi. La vecchia era intanto andata ad accendere il fuoco che ora
scoppiettava allegramente nel caminetto.
Si guardò
intorno. La capanna era linda e ordinata più di quello che si aspettasse
rispetto all’aspetto trasandato della vecchia. Il fuoco nel camino che stava
rapidamente riscaldando il piccolo ambiente e il tavolo coperto da una colorata
tovaglia arancione al centro della sola stanza contribuivano a dare un senso di
accoglienza alla capanna.
Hanamichi
si sedette sulla sedia che gli aveva indicato la vecchia. Tirò fuori
dall’impermeabile la volpe e se la mise in grembo, accarezzandone il pelo, rassicurato
del fatto che sembrava soffrire il freddo meno di lui.
La
vecchia gli mise davanti un piatto di brodo bollente. –Mangia.- ordinò nel
solito tono imperioso, poi si voltò e riprese ad attizzare il fuoco. Senza
ombra di dubbio i suoi ex concittadini non avrebbero esitato a chiamare quella
stramba vecchietta, strega. Hanamichi sapeva come sua madre aveva sofferto per
essere stata definita tale, per cui prese immediatamente in simpatia l’anziana
donna e iniziò a mangiare come gli era stato detto. Il liquido caldo che
scendeva nel suo corpo era un vero e proprio toccasana.
-Qual è
il tuo nome, ragazzo? E cosa ci fai così lontano dal villaggio?- chiese
improvvisamente la donna, allontanandosi dal fuoco e arrancando verso delle
mensole.
-Hanamichi
Sakuragi e… sto cercando di raggiungere la città che c’è dall’altra parte della
montagna.-
La
vecchia ridacchiò prendendo un baratto la dalla mensola e prendendo quelle che
sembravano radici che poi gettò nel fuoco. Immediatamente la stanza si riempì
di un forte e penetrante profumo. –E porterai anche la volpe con te?- indagò la
vecchia, osservandoli con un sorriso mentre Hanamichi offriva parte del brodo
all’animale che si era svegliato e reclamava il suo cibo.
-Non lo
so…- Ammise Hanamichi, grattando il pelo dietro le orecchie della volpe.
L’animaletto chiuse gli occhi, lasciandosi accarezzare, quello era un suo punto
sensibile.
La
vecchia ridacchiò di nuovo sedendosi di fronte a lui:
- puoi
ricavarci molto da quella pelliccia di volpe se vuoi… Le volpi dal pelo bianco
sono molto rare. In città sono molto ricercate.
- cosa ne
fanno?
- le
donne le apprezzano per farne stole di pelliccia da portare al collo nelle
serate fredde.
Hanamichi
inorridì osservando la piccola volpe che stringeva tra le mani così piccola indifesa.
- come?
No, non potrei mai…
- allora
lasciala nel bosco –
- sì…ma…
è ancora ferita e…
Hanamichi
abbassò il capo guardando la piccola volpe. Era da poco che l’aveva trovata, ma
il pensiero di farle del male gli era insopportabile e, abbandonarla… non aveva
il coraggio di farlo. Ormai si era affezionato a quella piccola palla di pelo.
La
vecchia sorrise avvicinandosi al fuoco per ravvivarlo un po’.
- sai c’è
una leggenda sulle volpi che popolano questi boschi…
Hanamichi
sollevò la testa guardando le spalle della vecchia, che stava curva accanto al
fuoco, il bagliore rossastro che le illuminava il profilo, mettendo ancora più
in evidenza la pelle segnata dal tempo.
- una
leggenda? L’ho sentita. Le volpi divorano l’anima delle persone. Sono fandonie,
non ci credo.- affermò con risolutezza.
La
vecchia non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere. – e’ questo che si
dice nel villaggio di stolti? Come al solito si comportando da stupidi. Se non
conosci qualcosa, eliminala. E’ questo il loro modo di fare. Le volpi di questi
boschi non divorano l’anima delle persone, tutt’altro. Sono esseri fatati…
- magici?
- mai
sentito parlare degli Spiriti Volpe?
-è una
favola per bambini…- borbottò Hanamichi rammentando quello che aveva sentito
dire da Yohei.
La vecchia
parve non ascoltarlo e proseguì nel suo racconto come seguendo un filo noto
solo a lei, come la scia di un aquilone:
-Vagano per questi boschi anime inquiete che
non possono liberarsi da questo mondo, perché legate dal rimpianto che portano
nel cuore.
DI solito quando una persona
muore, raggiunge una landa di eterna giovinezza e felicità, a volte però i
morti rimangono imprigionati nel nostro mondo dal forte dolore provato in vita.
Per tutta la loro esistenza cercano quello che hanno perso in vita, cercano
l’amore assoluto, l’amore puro, l’appartenenza totale che in vita non hanno
avuto. Sebbene non ricordino nulla della loro vita, i loro spiriti continuano a
vagare alla ricerca di quel qualcosa che li ripaghi di quello che hanno perso.
Come bambini che vagano al buio procedono a tentoni, cercano gli umani, sono
affascinati da loro ma non ne capiscono il perché. E gli umani sono stolti e li
temono e cercano le volpi per ucciderle. Gli spiriti-volpe sono come tutti gli
altri spiriti, non cercano altro che la pace ma gli umani sono così sciocchi da
cacciarli, scatenando la loro ira e i loro dispetti. Per natura capricciosi, il
comportamento degli umani non fa che fornire loro una scusa per vendicarsi e
alleviare anche solo per un po’ il rancore che si portano dietro dalla loro
vita mortale. Ho pietà per loro… in fondo sono solo spiriti tristi e
incompresi, che non conoscono l’amore se non quello infelice, costretti a
vagare nel mondo sotto forma di un animale.-
Hanamichi
ascoltò la vecchia con attenzione. Era affascinato dalla sua voce bassa e roca
e dalla storia che aveva appena raccontato. La luce del camino, il rumore della
tormenta che imperversava fuori… tutto contribuiva a creare un atmosfera
irreale. Guardò la volpetta che si era addormentata nel suo grembo. Possibile
che quella piccola palla di pelo bianco fosse uno spirito? Uno spirito inquieto
alla ricerca di un po’ di pace, uno spirito che non sapeva cosa era l’amore?
-Allora
cosa hai deciso che farai?- chiese la vecchia strappandolo dai suoi pensieri.
Hanamichi la guardò stranito. –Per il viaggio? Hai intenzione di proseguire?-
si spiegò meglio la vecchia.
Hanamichi
annuì, spiegando che voleva assolutamente arrivare in città. La vecchia lo mise
in guardia, sulle insidie che vi avrebbe trovato, le città erano solo un
concentrato di malvagità, ma il ragazzo era più che mai deciso a partire. –E
per la volpe? La porterai con te?-
Hanamichi
passò lo sguardo dalla vecchia alla volpe. L’avrebbe portata con lui in città?
O l’avrebbe lasciata nel bosco a cui apparteneva? Però sembrava così piccola e
indifesa e non era sicuro che sarebbe riuscita a sopravvivere da sola. E se si
feriva di nuovo? Chi l’avrebbe curata?
In realtà
non aveva la minima idea di come rispondere alla vecchia, per cui rimase in
silenzio. L’anziana donna sbuffò. –D’accordo. Dormici su. Magari avrai una
risposta domani. Per stanotte potrai dormire in quella stanza lì.- disse
indicando con il dito ossuto una porta alla sua destra.
Dopo che
ebbe rinchiuso la porta alle sue spalle Hanamichi si rannicchiò raccogliendo le
ginocchia al petto e osservando la volpe sveglia tra le sue braccia. Non
riusciva ad addormentarsi quella notte. Le parole della vecchia gli vorticavano
in testa:
‘Vincolati a un amore infelice costretti a
vagare nel mondo sotto forma di un animale’.
- sei
davvero uno spirito volpe? –
Il
piccolo animale lo guardava fisso senza dare segno di intendere le sue parole.
Era strano però lo teneva accanto a sé ma non dava segno di voler scappare,
eppure avrebbe dovuto morderlo e fuggire. C’era qualcosa in quegli occhi…
- se così
fosse mi piacerebbe davvero che tu potessi esaudire il mio desiderio…
La
vopeltta mugolò piano.
- lo vuoi
sapere?
Prese un
profondo respiro.
- vorrei
sapere cosa si prova ad appartenere a qualcuno… sono stato sempre solo… mi
piacerebbe… appartenere a te – chiuse gli occhi rendendosi conto che quella era
una sciocchezza.
Aprì gli
occhi per spalancarli ancora di più mentre la piccola volpe si divincolava
dalle sue braccia.
Apparve
un giovane bellissimo dai lunghi capelli neri raccolti in una coda alla base
del collo e con indosso un kimono blu su cui erano ricamate delle piccole volpi
con dei fili d’argento.
- Va bene
accetto. Da oggi mi appartieni.
- Come
sarebbe a dire che ti appartengo?!
Il
ragazzo davanti a lui lo guardò sbuffando sollevando un sopraciglio.
- do’hao…
- ehi
stupida volpe come sarebbe a dire…
- hai
espresso un desiderio – si sedette di fianco al letto, le mani in grembo, gli
occhi fissi in quelli del rossino
- e tu
puoi esaudirlo? – Hana lo guardava, seduto sul letto i capelli scomposti i lembi dello yukata scostati si sporse
verso di lui, annullando la distanza che li separava, fermandosi a pochi
centimetri dal suo viso, le punte dei nasi che si sfioravano. Osservò divertito
il diffondersi del rossore sulle gote e lo schiudersi dei suoi occhi castani.
- io
posso esaudire i desideri altrui, questo è il mio potere – gli soffiò sulle
labbra prima di avvicinarsi ancora, ma Hana si scostò appoggiandosi con la
schiena alla parete – è per questo che tu mi appartieni…
Hana
allungò le braccia nel tentativo di tenerlo lontano, sfiorando così la veste
dello spirito, subito ritrasse le dita colpito dalla sensazione di freddo
- io non
appartengo a nessuno…
Con una
mossa rapida lo spirito lo immobilizzò contro la parete, sdraiandosi contro di
lui
- questo
è quello che hai chiesto – mormorò chinandosi verso la porzione di pelle del
collo lasciata scoperta dai lembi dello yukata, era tiepida e invitante
profumata di un aroma sconosciuto, qualcosa che lo faceva fremere in maniera
strana, come mai prima di allora gli era capitato nelle rare volte che aveva
avuto contatti con gli umani…lasciò
scivolare la mano lungo il bordo dello yukata sfiorando appena la pelle. Hana
si agitò nel tentativo di liberarsi ma la presa dello spirito era ferrea,
eppure non pareva compiere uno sforzo eccessivo per tenerlo così, la corsa
delle sue dita era arrivato al bordo dei pantaloni dello yukata (…ci sono i
pantaloni vero?o lo yukata è un pezzo unico come il kimono?Ndzia ………zia, nella
nostra fic ci sono i pantaloni…. Se nella realtà non ci sono, pazienza! -_-‘ e
cmq mi pare non ci siano NdD)
- puoi
esaudire tutto ciò che ti chiedo? – chiese ansimando al contatto con la pelle
fredda delle labbra dell’altro lungo la sua giugulare, mentre quelle dita
lunghe e fredde si insinuavano ancora più in basso
- certo…-
sussurrò l’altro sollevandosi leggermente per guardarlo – cosa vuoi?
-
fermarti per favore…- lo supplicò (e qui padrona ci uccide tutte e due nDzia
Susu…la padrona capirà^^’ NdD dubito -.- ndzia ) e quando l’altro allontanò le
dita, stranamente rimpianse quel tocco gelido che solo allora si rese conto non
era affatto fastidioso…(oddio questa frase è un casino l’ho scritta lavorando e
rispondendo al telefono >_< guarda che riesci a sistemarla….ndzia io l’ho
capita °_° NdD)
- come
vuoi…- si scostò di un poco senza allontanarsi troppo, quel tepore era
piacevole dopotutto,anche solo stando nelle sue immediate vicinanze
Hanamichi
cercò di ricomporsi accostando i lembi dello yukata per celare la porzione di
pelle visibile agli occhi famelici della volpe, l’altro non pareva
eccessivamente infastidito della cosa,anzi si sistemò meglio accanto a lui
senza smettere di fissarlo
- perché
hai voluto che mi fermassi? – trovava adorabile vederlo arrossire, anche se non
ne capiva la ragione
- come
perché? – cominciò a gesticolare –insomma tu…tu…-si fermò di colpo chiudendo di
scatto la bocca incapace di proseguire con il discorso
-io cosa?
– gli chiese inclinando il volto e guardandolo interrogativamente –cosa c’era
che non andava, era piacevole no?ho sentito un brivido scorrere sulla tua pelle
mentre ti accarezzavo-
sollevò
la mano avvicinandola di nuovo alla pelle del rossino gli sembrava che potesse
in qualche modo lenire con il suo tepore il freddo che sentiva dentro di sé.
- baka
kitsune giù le mani – Hana sperò che la sua voce suonasse convincente ma il
tremore con cui gli scivolò fuori dalle labbra rivelò il suo fallimento
- non
capisco cosa ci sia che non va
-
non…è…così che dovrebbe accadere insomma certe cose…
- che
cose?
- quello
che tu stavi facendo…il toccarmi…in quel modo…-deglutì un paio di volte ancora
una volta incapace di proseguire soffocato dall’imbarazzo
- non
volevi ti possedessi?Lo hai detto tu che volevi appartenermi… – lo incitò la
volpe (in effetti, Hana, ha ragione ndLe teme!mi hai messo nei guai e ora
tirami fuori da qui!NdHana…susu sei un tensai no?vediamo che sai fare ndLe
…-___-|| povera me NdD)
- Baka
kitsune…quello che tu volevi da me ora sarebbe solo possesso…l’appartenenza è
un'altra cosa…
Lo
spirito volpe per un istante rimase senza parole, lo guardò stringendo gli
occhi perso in chissà quali pensieri, si scostò da lui lentamente, in un
fruscio leggero della stoffa del kimono
- c’è
differenza? – chiese con quel tono neutro che gli era proprio
- Certo –
annuì Hanamichi e la volpe inclinò la testa – molta differenza…le cose si
possiedono, gli esseri umani no…
- ma gli
uomini bramano di possedere ogni cosa possibile, anche i loro simili…di solito
chiedono questo…soldi, oggetti materiali, l’avere l’amore di qualcuno
- già ma
non è così
- me lo
insegneresti?….- osservò l’altro
- Cosa? –
trasecolò Hana
- cosa
vuol dire appartenere a qualcuno.
Hanamichi
si mosse nel sonno cercando di districarsi dal tepore del dormiveglia. Allungò
la mano a cercare il piccolo corpicino di volpe accanto per rubare un po’ di
quel tepore e d’improvviso fu completamente sveglio quando si accorse che non
c’era. Si alzò bruscamente dal giaciglio cercandolo sotto alla branda,
rivoltando il pagliericcio.
Dov’era?
Non c’era più! La piccola volpetta era sparita. D’improvviso si sentì triste e
amareggiato e piccole lacrime gli riempirono gli occhi.
- do’hao…
Una voce
morbida ma profonda allo stesso tempo lo fece sussultare.
Si voltò
piano, incontrando un giovane che se ne stava seduto sul davanzale della
finestra con un ginocchio raccolto al petto e lo sguardo puntato su di lui…
“va bene accetto, da oggi mi
appartieni”
Il
ricordo di quello che era avvenuto la sera prima lo travolse prepotentemente.
- non
chiamarmi dohao kitsune no baka…
- Ti
chiamo come mi pare…- fece una pausa guardandolo così intensamente da farlo
arrossire – perché mi appartieni…
Hanamichi
scosse il capo con violenza ma l’ingresso della vecchia interruppe la loro
discussione.
- Vedo
che sei già in piedi – osservò – ero venuta a vedere se volevi qualcosa da
mangiare per colazione prima di rimetterti in viaggio.
La
vecchia si volse verso la finestra:
- Vedo
che la volpetta smania per uscire…
- eh?!-
Hanamichi si volse verso la finestra e vide il giovane davanti al vetro che
guardava fuori con uno sguardo strano come se per lui stare in quella stanza
fosse insopportabile, ripensò alla sera precedente quando lo aveva respinto
forse era arrabbiato per questo, eppure nel prosequio del discorso non gli era
apparso davvero arrabbiato, solo incuriosito quando aveva chiesto che gli
venisse insegnato ad appartenere a qualcuno…ripensò alle parole della vecchia, “cercano
l’appartenenza totale che in vita non
hanno avuto. Sebbene non ricordino nulla della loro vita, i loro spiriti
continuano a vagare alla ricerca di quel qualcosa che li ripaghi di quello che
hanno perso” avrebbe voluto
chiedere che cosa era quello che lui aveva perso ma non osava
- non
possono vederti?
- nh
no…credevo l’avessi capito…
- cosa?
- mpfui
solo la persona a cui lo permetto mi possono vedere in quest’aspetto…- fece un
gesto vago con la mano a indicare distrattamente il corpo.
Hanamichi
seguì con lo guardo il movimento di quella mano leggera che pareva muoversi
come una farfalla candida…
- come
facevo a capirlo scusa?- brontolò
incrociando le braccia al petto.
- hn
bastava riflettere… (certo come no… è poi il dohao è hanimichi^^’ NdDany …sono
tutti e due nipo -.- Ndzia)
Hanamichi
si sedette sul davanzale della finestra accanto a lui, provava curiosità per
quell’essere fatata
- sei
davvero uno spirito volpe?
-
…chiesto da uno che mi aveva preso per un cane…- obiettò
- Ehi Baka kitsune! Guarda che avrei potuto lasciarti in quella stalla
- E’
vero…- annuì con voce incolore l’altro poi voltandosi a guardarlo fisso gli
chiese – perché non lo hai fatto?
Hanamichi
rimase esterrefatto da quella domanda non sapendo cosa rispondere:
- non
avrei mai potuto…davvero…io dicevo così per dire… - comincio a balbettare
gesticolando con le mani –non crederai mai che io…
L’altro
strinse gli occhi inclinando il viso
- no non
lo credo…- si fermò un istante come a cercare le parole – sei diverso dagli
altri umani che ho incontrato…
-
kitsune…
- Kaede…
- Eh?
-Chiamami
Kaede, questo è il mio nome
- Kaede…-
ripeté piano Hanamichi
- ha un
suono strano detto da te…non lo avevo mai sentito…
- nessuno
ti chiama per nome?
Scosse la
testa:
- che
bisogno c’è?Io sono una volpe, gli esseri umani del tuo villaggio non si
fermano certo a far conversazione con me…
Hanamichi
rabbrividì al pensiero di quello che Yohei gli aveva raccontato di Tarato e
delle sue battute di caccia:
- io sono
Hanamichi
- lo
sapevo…il tuo amico ti chiamava così…
- tu
potevi capire? – esclamò con tono eccessivamente stupefatto
- Do’hao!
– lo fulminò chiedendo immediatamente – tu non volevi appartenere a lui?Era
molto triste quando sei partito l’ho sentito mentre ti abbracciava…
-
Appartenere a Yohei? – scosse la testa – no lui è un amico…è un senso di
appartenenza diverso
- ma non
c’era nessuno in quel villaggio verso cui tu provassi un desiderio simile?
Hanamichi
esitò un attimo prima di rispondere, cercò di richiamare alla mente il viso di
Haruko ma era come se fosse opaco, velato, cominciava a svanire come i volti
degli altri abitanti del villaggio, non li aveva mai sentiti davvero vicino al
suo cuore, erano stati come un oggetto che posto davanti a uno specchio ne
viene da questi riflesso ma se lo si allontana diventa sempre più piccolo fino
a scomparire del tutto.
- No..
- e
perché lo hai chiesto a me?
- non lo
so davvero… mi è venuto spontaneo
Kaede
restò in silenzio lo sguardo fisso sulla neve che cadeva lieve fuori dalla
finestra, ora non era più la tormenta della sera prima ma una danza lieve e
candida:
- tu non
hai mai desiderato appartenere a qualcuno? – gli chiese Hanamichi dopo qualche
istante di silenzio
- non me
lo ricordo…. – rispose e per la prima volta Hanamichi sentì del rimpianto nella
sua voce
La
vecchia entrò in quel momento:
- Allora
non vieni a fare colazione?io devo uscire, la zuppa è a scaldare sul fuoco se
ne vuoi…
- quando
smetterà di nevicare? – chiese Hanamichi
- Vuoi
andare via?allora hai deciso…
- Certo
voglio andare in città te l’ho detto – annuì convinto
- e la
volpe?
Mentre
rispondeva ad Hana parve che l’altro si irrigidisse in attesa di conoscere il
suo destino:
- verrà
con me è ovvio…
- come
vuoi…- annuì la vecchia – credo che entro un paio di giorni potrai
incamminarti, la temperatura è alta, la neve non dovrebbe durare ancora a
lungo…
-
bene…prima partiamo prima arriverò in città…
La
vecchia uscì sorridendo e Kaede gli chiese a bruciapelo:
- perché
hai così tanta voglia di andare in città?
- cerco
un posto dove sentirmi a casa…
- un
posto così non esiste…
Hanamichi
lo guardò tristemente
3.
La
distesa davanti a loro era talmente candida da essere abbagliante, Hanamichi si
chiese come avrebbero fatto ad attraversarla senza avere problemi, soprattutto
Kaede con quell’ abbigliamento poco adatto al clima gelido dell’inverno e
soprattutto con gli zori ai piedi. Si volse a guardarlo per un istante ma non
lo vide più accanto a sé, cominciò a cercarlo intorno chiedendosi dove si fosse
cacciata quando un rumore attrasse la sua attenzione verso il basso. Vide la
volpe seduta sulle zampe posteriori, che lo guardava fisso ondeggiando la lunga coda davanti a sé.
Evidentemente
ci aveva pensato già lui:
- ehi
Baka cosa credi non ho intenzione di portarti e poi non ho posto nella bisaccia
– si inginocchiò per mostrargli che la piccola sacca di tela che aveva a
tracolla era effettivamente piena di provviste che la vecchia gli aveva
gentilmente fornito – vedi?
La
volpe lo guardò stringendo gli occhi avvicinandosi ancora di più e con un balzo leggero saltò in braccio al
rossino, che impreparato al gesto finì col ritrovarsi seduto sulla neve mentre
la volpe compiaciuta si apriva un varco
sotto il suo vestito, mugolando soddisfatta.
Hanamichi
si alzò togliendo la neve che gli era rimasta appiccicata addosso borbottando:
-
dannata…non credere che abbia intenzione di portarti per tutto il viaggio –
per tutta risposta l’animale si mosse un po’
sistemandosi meglio e chiudendo gli occhi cullato da quel suono ritmato che
proveniva da dentro il petto del giovane.
Non
seppe per quanto tempo avesse dormito quando si risvegliò si trovò su un
giaciglio di foglie asciutte,su cui il rossino aveva ripiegato il suo mantello.
Sollevò il muso a guardarsi attorno e studiare quel posto annusando gli odori
che lo circondavano. Quello del rossino era molto forte, forse perché era sul
suo mantello, si alzò stiracchiandosi cercando di scoprire dove si fosse
cacciato.
Erano
sotto una sporgenza della montagna, così che la neve non ricopriva il terreno,
poco distante da dove si trovava c’era uno scoppiettante fuoco annusò tutto
intorno ma l’odore del rossino si allontanava verso la distesa di neve
Dove
diavolo si era cacciato?
Hana si
affrettò a tornare indietro, cominciava a fare buio e non voleva lasciare la
volpe troppo da sola, avevano bisogno di legna per tenere il fuoco acceso
durante tutta la notte, non solo per la temperatura che temeva si sarebbe
abbassata di molto, ma anche per i lupi. Ne aveva visto le tracce mentre usciva
dal bosco e si infilava in quella radura ai piedi della montagna, prima di
cominciare la salita al passo, aveva
udito i loro ululati, non era stato in grado di capire se fossero lontani o
vicini
- dove
sei stato? – la voce emerse alle sue spalle mentre si chinava a posare la legna
- a
cercare legna per il fuoco –
- mi
sono svegliato e non c’eri…
il tono
di voce parve così carico di un certo rimprovero che Hana si volse a guardarlo,
attraverso le fiamme del fuoco che guizzavano; era seduto sul suo mantello, la
schiena dritta la stoffa dell’abito che riluceva accarezzata dalla luce
aranciata del fuoco
-
preparo qualcosa da mangiare…- disse Hanamichi tornando a distogliere lo
sguardo, quello spirito qualunque cosa fosse era davvero bellissimo
-
perché sei andato via dal villaggio?
Hana
sospirò a quella domanda
- loro
non mi volevano…
- è
perché?
-
dicevano che porto sfortuna
- cosa
facevi?
- io
non facevo nulla…- proruppe Hana dedicandosi ad attizzare il fuoco
- gli
avrai dato un motivo no?ti hanno distrutto quell’arnese di legno in cucina
erano molto arrabbiati…
Ogni
parola della volpe era come una staffilata:
- loro
dicevano che era colpa mia se pioveva
- ed è
vero?
- certo
che no!come diavolo potrei far piovere secondo te
L’altro
si strinse nelle spalle:
- un
motivo ci sarà stato
- io
sono diverso da loro…e loro hanno paura di ciò che è diverso…odiavano anche mia
madre – le parole gli uscivano incontrollate senza che lui non potesse far
nulla per fermarle – dopo che mio padre
è morto, hanno cominciato ad isolarci, dicevano che era morto per colpa di mia
madre, perché aveva sposato una straniera dai capelli rossi, le parlavano alle
spalle quando scendeva in paese, la indicavano e bisbigliavano contro di le…si
è spenta piano, piano, la sentivo piangere di notte quando credeva non la
vedessi….
Kaede
lo guardava gli occhi blu fissi accesi di una strana luce, poi accadde qualcosa
che per un attimo gli fece dilatare le pupille…non capiva cosa fosse ne perché
ma dagli occhi del giovane seduto davanti a lui cominciarono a sgorgare delle
gocce d’acqua
- lei
amava quel telaio, ci passava ore e ore seduta a tessere e loro…loro…- la voce
gli cedette passò nervosamente la mano sul viso cercando di arginare in qualche
modo le lacrime ma senza risultato
Chiuse
gli occhi ma li riaprì di scatto quando due dite leggere lo sfiorarono
all’angolo del viso
Kaede
era fermo davanti a lui che si guardava le dita bagnate dalle sue lacrime
- cosa
sono? – gli chiese
Hanamichi
rimase interdetto di fronte a quella domanda non sapendo cosa rispondere,
l’altro parve non farci caso si portò le dita alle labbra e assaggiò quello
strano liquido della consistenza dell’acqua, aveva un sapore leggermente
salato…era buono però…ne voleva ancora
I suoi
occhi si posarono sul rossino seduto davanti a lui che alla luce del fuoco morente portava ancora i segni del
passaggio di quelle strane cose, si sporse verso di lui facendo guizzare la lingua
su quella pelle tiepida, era una sensazione strana, lo sentì irrigidirsi e
scostarsi un poco ma si sporse ancora di più avvolgendogli una spalla con un
braccio per tenerlo vicino a sé.
Passò
la punta della lingua prima su una guancia del rossino che si era tinta di un
delicato rossore e poi sull’altra, alla fine però di quel sapore non ne rimase
alcuna traccia, indispettito ruotò leggermente il viso spostandosi verso destra
incontrando così le labbra del giovane, che sussultò. Anche se era poca la distanza
che li separava poté percepire quel battito al centro del torace mutare il suo
ritmo, da placido e regolare (che cullava il suo sonno in maniera quasi
ipnotica) ad accelerato e scomposto, ripeté l’azione questa volta più
lentamente, passando la lingua sul labbro inferiore e poi su quello superiore
ritrovando un po’ di quel sapore salato di poc’anzi. Hanamichi gemette pe un
istante socchiudendo le labbra ed egli spinto da un impulso improvviso (
¬¬ ma a chi la racconti ndL), fece
scivolare la sua lingua nella bocca dell’altro cominciando ad esplorarla piano.
Il sapore era diverso, più dolce, ma ugualmente buono, lo spinse leggermente
verso terra sdraiandosi su di lui mentre il kimono si allargava a coprirli.
Continuò
a baciarlo per un tempo che a entrambi parve infinito ma a un certo punto il
ragazzo coi capelli rossi lo scostò da sé sollevandosi a sedere, il fiato
corto:
- cosa
stavi facendo…
-
scoprire cos’è quell’acqua salata –
Hanamichi
si sentì avvampare
-
quelle erano lacrime Baka kitsune…
- lacrime?che
cosa sono?
- le
lacrime sgorgano dal cuore degli uomini e sono segno del loro dolore ma anche
della loro gioia
- dolore e gioia…- ripetè piano – io non so
cosa siano…potresti insegnarmeli?
- i
sentimenti non si imparano…devi avere un cuore…
- cos’è
il cuore?
A
quella domanda Hanamichi spalancò gli occhi, poi afferrò la mano di Kaede
posata accanto a lui e se la portò al petto, sotto le sue dita Kaede sentì quel battito lento e regolare, si porto
l’altra mano al petto e chiuse gli occhi ma il silenzio regnava incontrastato
in quel luogo, la dove c’era un cuore nel petto di Hana lui non aveva nulla…
Sentì
un lieve pizzicore agli occhi e un umidore sconosciuto, mentre sorpreso una
lacrima solitaria gli scivolava lungo la guancia cadendo sulla stoffa bianca
del vestito allargandosi in un ombra scura. Sollevò uno sguardo interrogativo
sul giovane dai capelli rossi che lo guardava:
-
questo è il dolore?
L’altro
annuì in silenzio…
- ehi
dohao…vorrei farmi un bagno…
-
trasformati in volpe e fai al solito modo…- sbottò Hanamichi volgendosi a
guardarlo da sopra la spalla. Si erano fermati per la seconda notte consecutiva
erano arrivati al passo e l’indomani avrebbero cominciato la discesa verso i
piedi della montagna, non era ancora calata la notte ma Hanamichi aveva
preferito fermarsi lo stesso. Kaede per tutto il giorno aveva camminato accanto
a lui in sembianze umane, guardandosi in giro e ponendo mille domande, su
quello che vedeva, pareva incuriosito da quanto lo circondava come se il mondo
lui lo vedesse per la prima volta, aveva provato a interrogarlo su chi era
prima di diventare uno spirito volpe, ma l’altro si era stretto nelle spalle, e
i suoi occhi si erano scuriti un poco, e aveva assunto un’espressione così
addolorata che Hana si era interrotto subito balbettando scuse, sul fatto che
non voleva ferirlo. Da allora era rimasto sempre in silenzio fino all’uscita di
poco prima:
- nh
non mi va…poco fa siamo passati davanti a quella piccola sorgente…
-
allora vai…
- mi
laveresti la schiena?
- baka
kitsune per chi mi hai preso per il tuo schiavetto?
- ma tu
mi appartieni…- osservò quasi annoiato l’altro
- non
ci penso minimamente – ribatté Hanamichi cercando di non arrossire
- hai
espresso un desiderio…- fece tranquillo l’altro senza scomporsi
- ne
abbiamo già parlato mi pare…io non sono una cosa tua…- Hanamichi incrociò le
braccia la petto, il possesso è una cosa, l’appartenenza un'altra.
- sì lo
so e la cosa mi incuriosisce parecchio…potremmo parlarne ancora mentre mi lavi
la schiena
- Devo
preparare la cena…
- Mphf…
Kaede
si allontanò senza insistere oltre e Hanamichi si chiese se si fosse offeso, a
dire la verità la volpe era piuttosto strana, non si riusciva mai a capire. Lo
osservò da sopra una spalla nelle sue sembianze animali che si puliva diligentemente
il pelo era girato verso il lato del sentiero dove sarebbero scesi l’indomani e
non lo degnava minimamente di attenzione. Mise a scaldare la zuppa accanto al
fuoco e si allontanò cercando di non
far rumore, non avrebbe dovuto metterci molto. Voleva fare qualcosa che potesse
far piacere a Kaede…qualcosa che fosse una sorpresa.
La
volpetta girò la testa inquieta per l’ennesima volta, si era allontanato solo
pochi minuti per terminare la sua pulizia, un po’…deluso, forse che Hana gli
avesse rifiutato la richiesta di preparargli il bagno, ma non offeso. La cosa
gli aveva dato da pensare, in effetti per lui era difficile comprendere quel
concetto di appartenenza, e molte volte lo confondeva con il possesso. In
effetti forse le due cose erano simili, c’era però una sfumatura che ancora gli
sfuggiva…e non riusciva scovarla per quanto si sforzasse, era certo che fosse
qualcosa di importante.
Si era
girato dopo aver dato un ultima leccata al pelo della coda e non lo aveva più
visto accanto al fuoco, lo aveva cercato annusando tutto intorno, ma il suo
odore si allontanava tornando vero il bosco, probabilmente in cerca di legna.
Si accucciò accanto al fuoco osservando i giochi delle fiamme guizzanti,avrebbe
potuto addormentarsi nell’attesa ma ultimamente si era abituato a dormire con
il battito regolare del cuore del rossino
come sottofondo e gli risultava difficile senza, tuttavia chiuse gli
occhi per far passare il tempo
Si
sentì sollevare da due mani grandi e guaì per la sorpresa, ma l’odore era
quello familiare di Hanamichi per cui si rilassò:
-
tranquillo volpetta ti ho preparato una sorpresa – gli sussurrò a pochi
centimetri dalla sua testa, poté sentire il fiato dell’altro che gli
accarezzava il pelo
Kaede
si lasciò portare in braccio dal rossino chiedendosi cosa fosse una sorpresa (che carino!! NdD),
stranamente stavano tornando indietro lungo il sentiero e la piccola volpe non
capiva come mai. Arrivarono allo spiazzo dove c’era la sorgente e Hanamichi
posò per terra l’animale:
- ora
ridiventa umano così puoi fare un bagno – gli disse indicando una pozza poco
distante dalla cascata che aveva precedentemente foderato di fogliame
Al
posto della volpetta apparve Kaede che lo guardava interdetto:
- avevi
detto che non eri il mio servo allora perché lo hai fatto?
Hanamichi
si strinse nelle spalle:
- mi
faceva piacere, e ho pensato che avessi davvero voglia di fare un bagno
- non
credo di capire
- le
cose Kaede non si fanno perché ci vengono ordinate,per gli amici si fa così
- e noi
siamo amici?
- in un
certo senso…
- e
questa amicizia è un sentimento anche lei?
- certo
– annuì il rossino, poi indicandogli la pozza lo incitò ad andare – su ora va
io resterò qui ad assicurarmi che non arrivi nessuno
- nh…
Kaede
si allontano di qualche passo slacciando la cintura del kimono e facendoselo
scivolare con grazia lungo le spalle,, Hana restò abbagliato da candore di
quella pelle che pareva rilucere sotto lo splendore delle stelle che
cominciavano ad ammiccare dal cielo, era davvero uno splendore:
- c’è
qualcosa che non va? – la voce di Kaede lo fece sussultare e si rese conto di
essersi incantato a guardarlo, sentendosi avvampare deglutì un paio di volte
-
sei…sei…bellissimo…- mormorò senza rendersene conto
-
davvero? – il tono dell’altro era sorpreso mentre si osservava con attenzione
–trovi che questo aspetto sia bello?
Hanamichi
fu solo in grado di annuire
-
perché? – chiese Kaede inclinando il capo
-
perché cosa? –
-
perché mi trovi bello…
- beh
sei piacevole da guardare…- spiegò trovando la situazione alquanto strana stava
lì sotto la luna con davanti un bellissimo spirito quasi completamente nudo a
spiegargli perché lo trovasse bello (in effetti è abbastanza stramba come
situazione… ma tutte le situazioni che creiamo sono sempre strambe! u.u NdD)
-
capisco…- fece con fare meditabondo Kaede dirigendosi verso la fonte, e
immergendovisi con un sospiro estasiato,Hanamichi fece per girarsi e andarsene.
- puoi
restare se vuoi… mi farebbe piacere…
Il
cuore di Hanamichi perse un battito e trattenne il respiro. Infine annuì e
rimase.
4.
Dopo
giorni di viaggio erano finalmente giunti a destinazione: Kainan la città più
fiorente e prosperosa della regione. Appena gli alberi iniziarono a diradarsi
Hanamichi la vide in tutto il suo splendore: di un bianco accecante, tutte le
cupole e i tetti erano di uno sfavillante color oro che luccicava sotto i raggi
del sole, le strade erano lastricate da particolari pietre dall’inusuale colore
viola sicché da lontano sembravano ruscelli che serpeggiavano sinuosi nella
città.
Ora che
era finalmente giunto non sapeva esattamente cosa fare. Gli sembrava così
strano essere arrivato che non era più certo di voler andare effettivamente lì,
in quella città, contro cui la vecchia l’aveva così tante volte messo in
guardia.
La volpe,
sgusciò da sotto la giacca, indisposta dall’improvviso arresto. Ringhiò
contrita ma visto che non otteneva l’attenzione del rossino, decise di saltare
a terra e vedere con i suoi occhi cosa l’aveva affascinato al punto di
dimenticarsi di tutto il resto. Si arrampicò su un albero e da lì osservò
meglio la città. Era meravigliosa, sembrava una miniatura in una palla di vetro
tanto era perfetta.
Hanamichi
non avrebbe saputo dire per quanto tempo rimase ad ammirarla in silenzio,
ammaliato e al tempo stesso intimidito da essa.
-Do’hao,
hai intenzione di rimanere tutta la mattina lì?-
La voce
di Kaede lo riscosse dai suoi pensieri. Si guardò intorno cercando la
provenienza della voce, ma trovando solo alberi e nient’altro. Lo spirito
sbuffò. –Qui sopra.- mugugnò.
Hanamichi
alzò il viso e lo vide: seduto sul ramo, con la schiena appoggiata al tronco.
Gli orli del kimono bianco ondeggiavano al vento mentre lo spirito con il viso
dall’espressione illeggibile fissava e osservava qualsiasi cosa fatta dal
rossino. Quello stesso rossino che giorno dopo giorno gli stava insegnando cose
nuove, che lo affascinava, per cui provava qualcosa che lui stesso non
comprendeva.
-Cosa fai
lì sopra!?- chiese Hanamichi piantandosi sotto l’albero.
-Guardavo
la città, volevo capire cosa ti affascinava.-
-E dovevi
farlo da lì sopra?- borbottò il rossino imbronciato.
-volevo
avere una visuale migliore.- si adombrò –Non mi piace… e mi piace. Non capisco
bene. ma ho paura di tornare.-
-Hai
detto tornare?- chiese improvvisamente più che attento Hanamichi. Lo spirito lo
guardò sbalordito. –Non lo so.- mormorò confuso.
-Hai
detto proprio tornare!- sentenziò il rossino quasi trionfante. –Forse prima
abitavi in una città.- aggiunse con un sorriso, rivolgendo di nuovo lo sguardo
su Kainan. Sentì lo spirito sbuffare, evidentemente lui non ne era affatto
convinto. Per quanto non volesse ammetterlo, Hanamichi sapeva che soffriva per
il suo ‘non sapere da dove proveniva e chi era stato. Quando ritornò a
guardarlo, lo sorprese a fissarlo dall’albero. –Che guardi?-
-guardavo
te.- fu la sintetica risposta, che lo fece arrossire, prima che lo spirito
allungasse le braccia verso di lui. Hanamichi comprese che voleva essere
aiutato a scendere. Non che avesse davvero bisogno di aiuto, ma a volte aveva
scoperto che alla volpetta piaceva essere vezzeggiata.
La seta
delicata e impalpabile del kimono gli sfiorò il viso e tutto gli sembrò
profumare di terra appena bagnata e resina. Quello era il profumo di Kaede.
Appena fu a terra, i loro volti erano vicinissimi l’uno all’altro e Hanamichi
temette (e nonostante tutto quasi desiderò) di essere baciato, ma lo spirito si
voltò su se stesso e iniziò a camminare, deciso a raggiungere la città. Si
fermò solo quando si rese conto di non essere seguito. Lo guardò con un
sopracciglio alzato.
-Baka
Kitsune.- borbottò il rossino raggiungendolo. Ora si metteva anche a dare
ordini!
Man a
mano che si avvicinavano, videro le imponenti porte del muro di cinta.
Hanamichi
si leccò le labbra improvvisamente secche. Kaede continuò a proseguire senza alcuna
esitazione. In fondo lui per tutti gli altri era solo una piccola volpe e gli
abitanti della città non lo degnarono neanche di uno sguardo. Hanamichi era
esterrefatto, neanche durante le feste aveva visto tanta gente tutta quanta
insieme per strada. Tutti indossavano abiti magnifici, i negozi pullulavano di
oggetti mai visti e dai colori brillanti, stoffe variopinte ovunque. Era tutto
così diverso dal villaggio in cui era cresciuto. Fu spinto dalla folla verso
una piazza dalla forma ovale. Al centro c’era una bella fontana di marmo
bianco. Si sedette sul bordo e continuò a guardarsi intorno, non riuscendo a
riprendersi dalla troppo meraviglia. Ripensò a Takato, Taoka, il buon vecchio
Anzai e tutti gli altri abitanti del villaggio, se solo avessero potuto vederlo
ora, se solo avessero osato mettere il naso fuori dalla porta e vedere quello
che vedeva lui ora!
Dei
bambini dai capelli ancora più rossi dei suoi giocavano con dei sassi poco
distanti dalla fontana, una donna dai capelli biondi come il grano maturo gli
passò accanto con un cesto di verdure. Il panettiere sembrava un gentiluomo per
come era vestito, la moglie del rigattiere indossava lo stesso abito che la
moglie di Takato aveva indossato l’ultima volta alla festa di paese. Come si
era pavoneggiata in quel vestito, definito all’ultima moda. Invece la donna che
stava osservando ora lo indossava come un capo qualunque.
Il
rissino non riuscì a trattenersi oltre e scoppiò a ridere, rise fino alle
lacrime, rimpiangendolo solo di non poter dividere quelle risate con Yohei.
Anche lui avrebbe trovato tutto questo estremamente divertente.
Sospiro e
si calmò. In viso aveva stampato il sorriso. Aveva finalmente trovato il posto
per lui.
Gli
schiamazzi dei ragazzi attirarono la sua attenzione. Riportò lo sguardo su di
loro e vide la sua povera volpetta che veniva maltrattata. –Ehi! Voi! Che
credete di fare?!-
-Volevamo
solo vedere come era fatta dentro!- spiegò il più intraprendete dei bambini.
–Via!- gridò veramente arrabbiato Hanamichi e il gruppetto si disperse,
lasciando la volpe ferita a terra.
Il
rossino si inginocchiò e tese una mano verso Kaede. –Ti fa molto male?- chiese
scostandogli la frangia dalla fronte dove scorreva del sangue. Lo spirito mosse
di scatto la testa, sottraendosi al suo tocco. Hanamichi non ci badò più di
tanto e preso un fazzoletto lo bagnò nell’acqua della fontana per poi tornare a
occuparsi della volpe, rimproverandola per non morso e aver ringhiato contro i
bambini, continuando a blaterare sul fatto che con lui non si era fatto remore
a mordere, e quei bambini per giunta erano anche impertinenti nonostante
questo, la città era bellissima, era colorata, viva, nessuno trovava strano il
suo colore di capelli e…
Non
riuscì a finire le sue innumerevoli lodi perché Kaede si alzò di scatto,
spingendolo a terra con sguardo furioso che Hanamichi non riuscì a comprendere.
–Si può sapere che ti prende? Perché sei arrabbiato!?-
Kaede
aprì la bocca, poi la richiuse. Si, era arrabbiato. Era quella forza che lo
riempiva ogni volta che gli umani gli facevano del male ma questa volta era
diverso. Era più forte e non era solo rabbia. Hanamichi intanto si era già
alzato e aveva ripreso a parlare della città, indicandogli ora questo e ora
quello ma non perché lui guardasse. Hanamichi non stava affatto pensando a lui,
tutto ciò che riempiva la sua mente in quel momento era Kainan, nient’altro e
nessun’ altro aveva importanza. Neanche la sua ferita… Hanamichi l’aveva già
dimenticata.
Si portò
una mano alla fronte. Il dolore però c’era ancora. E la rabbia… e l’invidia e…
un sentimento nuovo, che non sapeva definire. Afferrò le spalle di Hanamichi e
lo fece voltare verso di sé. Voleva che guardasse solo lui, solo e soltanto
lui.
– Cos’è
questo?- pretese di sapere.
- Cos’è
cosa?- chiese confuso il rossino.
- Cos’è
questo che sento! Questo odiare quello che stai facendo… voglio che tu
dimentichi i panettiere e l’insegna e quella casa buffa e il ponte, voglio che
dimentichi la città e voglio che guardi me, solo me!-
Hanamichi
sbatté le palpebre.
–Non ci posso
credere…- mormorò prima di scoppiare sonoramente a ridere. –La baka kitsune è
gelosa!-
-Gelosa…-
Kaede assaggiò la parola sulle labbra. Quello era essere gelosi.
-Susu..
non essere baka, non c’è motivo di essere gelosa. Voglio vedere tutto di questa
città in lungo e in largo, dal campanile alla prigione e…-
Lo
spirito lo risentì ripartire di nuovo nelle sue lunghe spiegazioni, si era di
nuovo dimenticato di lui tutto preso da quello che di nuovo che lo circondava e
che voleva vedere. La gelosia e la rabbia aumentarono e allungò le mani e lo
spinse nella fontana.
Hanamichi
tossì e sputò l’acqua ingoiata prima di risaltare come una furia fuori dalla
fontana.
-Kitsuneeeeeeeee!-
gridò incurante degli sguardi sorpresi dei cittadini ma lo spirito era già andato
via e non riusciva a vederlo da nessuna parte.
-Signore
se cerca la volpe che era con lei è già scappata via da quella parte.- gli
gridò ridacchiando una donna dall’aspetto un po’ volgare. Il rossino la
ringraziò e presa la sacca corse nella direzione indicata dalla donna. Questa
volta quella dannata volpe l’avrebbe pagata, spirito o non spirito! Avrebbe
potuto prendersi una polmonite!
Si infilò
in stretti vicoli dagli odori sgradevoli e in strade piene di gente e in ampi
viali attraversati da eleganti carrozze. Dovette fermarsi più volte a chiedere
indicazioni a chi aveva visto una volpe correre, e finalmente quando la vide,
fu per vederla mettere dentro una gabbia.
-Ehi,
fermo! Quella è la mia volpe!- protestò subito contro l’uomo che portava la
gabbia. L’uomo si strinse nelle spalle. –Puoi dimostrarlo?- chiese con tono di
sufficienza-
-Dimostrarlo?-
ripeté Hanamichi confuso.
-si, poi
dimostrare che ti appartiene?-
-Ma è
mia!- protestò con veemenza cercando di riprendersi con al forza la gabbia ma
un altro paio di uomini lo immobilizzarono e lo gettarono in mezzo alla strada.
–Non aveva un collare e non era con te. L’ho trovata in mezzo alla strada e per
tanto ora appartiene al mio signore.- L’uomo con la gabbia, portò la volpe
dentro una carrozza e salì a sua volta. Si affacciò dal finestrino e aggiunse:
-Se hai qualche rimostranza da fare vieni pure a casa Sendoh e chiedi del mio
padrone Akira.-
La
carrozza partì, lasciando Hanamichi da solo. Un ragazzino passò di corsa per
sbrigare evidentemente una commissione. Il rossino lo fermò al volo e gli
chiese senza tante cerimonie dove era la casa Sendoh. Il ragazzino scoppiò a
ridere, affermando che tutti sapevano dove era casa Sendoh ma che se non lo
sapeva allora doveva essere uno straniero e l’avrebbe accompagnato ma solo dopo
aver sbrigato le sue commissioni, ed erano tante… aggiunse con aria maliziosa.
Hanamichi strinse i pugni ma si offrì di aiutarlo purché dopo l’accompagnasse a
casa Sendoh.
Il
ragazzino si presentò con il nome di Hikoichi e aveva una chiacchiera che non
finiva mai. Hanamichi pensò che fosse il pettegolo ufficiale della città.
Conosceva vita, morte e miracoli di tutti gli abitanti di Kainan, conosceva
tutti e tutti conoscevano lui. Ogni volta che qualcuno lo salutava lui
ricambiava il saluto e poi si voltava per sussurrargli chi era, che lavoro
faceva, come si comportava la moglie, quanti figli aveva, cosa avevano mangiato
quel giorno a pranzo… e lo stesso valeva per le piazze, le case, le strade, le
chiese. Per ogni edificio Hikoichi aveva qualcosa da dire ma Hanamichi non era
più affascinato dalla città come prima, non la trovava più interessante, né
attraente.
Era
invece preoccupato a morte per la sorte della sua volpe ricordando i racconti
della vecchia sulle pellicce e temendo per la vita di Kaede. Cercò di ragionare
che in fondo era uno spirito e aveva dei poteri… insomma li aveva sperimentati
sulla sua pelle! (credo…. NdD) ma allora perché non li aveva usati per
liberarsi dalla gabbia quando era stato preso?
Continuò
a rimuginare su quei pensieri trascinato in lungo e in largo per la città a
sbrigare commissioni con Hikoichi.
La volpe
intanto era stata porta nella casa più sfarzosa dei Kainan, ovviamente seconda
solo alla casa del sindaco. Casa Sendoh
era un enorme palazzo di due piani circondata da un giardino curatissimo, da
alte inferriate e da un piccolo laghetto privato. L’interno non era meno
sontuoso dell’esterno. Kaede non aveva mai visto nulla di simile. La sua
gabbietta fu trasportata, non troppo gentilmente, in una camera che profumava
di legno. Dai mobili, al tavolo e persino il pavimento era fatto di
quell’elemento. Un distinto signore dall’aria allegra si avvicinò al tavolo
dove la gabbia era stata posata e osservò con attenzione la volpe.
-E’
perfetta! Ci si può ricavare una bellissima stola appena sarà cresciuta ancora
un po’- esclamò contento battendo le mani e chiedendo all’uomo che aveva
portato la gabbia fino a quel momento dove avesse trovato un esemplare così
magnifico.
-Non ci
crederete signorino Akira, ma l’ho trovata in mezzo alla strada.-
-Non ci
credo infatti. Vuoi prendermi in giro, Koshino?-
-affatto.
Evidentemente il Signore l’ha mandata appositamente per te.- Koshino si strinse
nelle spalle. Aveva però completamente dimenticato di menzionare lo strano ragazzo
dall’accento strano che pretendeva di mettere le mani su quella volpe.
Evidentemente anche lui aveva visto il potenziale valore della sua pelliccia e
aveva intenzione di catturarla per rivenderla a Minami, il pellicciaio, per
ricavare una buona somma di denaro.
Kaede
tentò di uscire dalla gabbia, mordendo le sbarre, urtandole con la testa ma
quelle non si mossero di un solo millimetro.
-Nono…
non agitarti così. Hai fame vero? Ti farò subito portare da mangiare.- decise
Akira battendo le mani e chiamando i servitori.
Kaede si
chiede cosa diavolo aspettava Hanamichi per andarlo a recuperare. Non voleva
restare in quella gabbia… era troppo stretta e non poteva andare dove voleva e
non poteva vedere il rossino. Sentì ancora una volta quella strana sensazione
opprimente che aveva imparato a chiamare con il nome di dolore e tristezza.
Hanamichi
si fermò davanti all’imponente cancello. Quella era Casa Sendoh.
Era ormai
il tramonto e il cielo era colorato delle calde sfumature dell’arancione e del
viola. In mezzo a quel cielo la casa sembrava brillare come il sole. Bussò un po’ titubante ma con tutta
l’intenzione di riprendersi la volpe.
Ad aprire
fu un servitore che inizialmente non voleva saperne di farlo entrare. Disse che
era stato Hikoichi a mandarlo e questo gli aprì le porte. A quanto sembrava
conoscere Hikoichi era come un lasciapassare. Fu portato in una saletta con un
soffice tappeto sul pavimento, comode poltrone e mobili dall’aria talmente
costosa che Hanamichi si guardò bene dal toccare. Il signor Akira non si fece
attendere a lungo e dopo un paio di minuti fece il suo ingresso nella stanza
con lo stesso uomo che gli aveva rubato la volpe. Appena lo riconobbe gli puntò
un dito contro.
-Tu!
Dov’è? Dove hai messo la mia volpe!?- gridò afferrando l’uomo per il bavero.
-Per
favore si calmi!- Si intromise con un sorriso Akira, costringendolo a lasciare
la presa. Hanamichi guardò furioso anche lui. –Io sono Akira Sendoh e lui è il
mio ‘servitore’ Koshino. Vuoi dirci il tuo nome?-
-Hanamichi
Sakuragi- rispose automaticamente e poi ritornando a indicare Koshino. –E LUI
ha rubato la MIA volpe!-
-Intendi
la volpe dal pelo bianco?- si informò Akira.
-Si!-
Akira
alzò un sopracciglio, chiedendo spiegazioni a Koshino. –E’ come vi ho già detto
signorino Akira. La volpe non aveva collare e quando l’ho trovata era da sola
in mezzo alla strada. Sicuramente il signor Hanamichi ha semplicemente visto la
volpe e pensava di poterci fare abbastanza soldi vendendola a Minami.-
-Non
voglio affatto rivederla!- protestò Hanamichi.
-Però è
vero che non aveva collare?- costatò Akira.
-Beh si…-
mugolò il rossino.
-Allora
temo che ora appartenga a me.-
-Gliela
ricompro! Ecco prenda!- disse mettendo in mano all’uomo il sacchetto con le
monete ricevute da Anzai.
Akira lo
guardò sorpreso e poi gli sorrise comprensivo. –Capisco. La vuole proprio
indietro quella volpe, vero? In effetti ha il più bel pelo che abbia mai visto
ma deve comprendermi… questi- disse alludendo ai soldi nel sacchetto –non
bastono a comprarla. Il suo valore è molto più alto.-
Hanamichi
strabuzzò gli occhi. Che avessero scoperto che era uno spirito? –Da una
pelliccia così morbida e candida verrà fuori una stola stupenda che tutti…-
-COSA?!-
esclamò inorridito Hanamichi non lasciandolo finire. Quell’essere voleva
davvero ammazzare la sua volpe e farne una pelliccia! Gli mise le mani addosso
e iniziò a strattonarlo pretendendo di riavere immediatamente la volpe.
-ok, ok..
ascolti.. le do una settimana di tempo. Mi porti il doppio dei soldi e riavrà
la sua volpe.-
-Il
doppio?!- esclamò scandalizzato il rossino.
-Queste
sono le condizioni, prendere o lasciare.-
E
Hanamichi non poté far altro che accettarle. Doveva trovare un lavoro e doveva
trovarlo subito. Chiese aiuto a Hikoichi, l’unica persona che conosceva a Kainan.
-Lavori
così remunerativi non ci sono. È un impresa impossibile racimolare tanti soldi
in una settimana!-
-Ma io
DEVO! Non posso lasciare che Kaede diventi una pelliccia! Non me lo perdonerei
mai!- esclamò il rossino battendo il pugno sul tavolo dell’osteria. Un paio di
clienti si voltarono verso di loro.
-Ti
prego, abbassa la voce!- lo supplicò Hikoichi. -Nessun po’ parlare male del
signor Sendoh. È una persona molta influente…-
-Non me
ne importa un accidente! Rivoglio solo indietro la mia volpe. Non mi piace
Kainan, non mi piacciono le città e non mi piace neanche le persone che ci
vivono. Sono cattive…- mugolò Hanamichi, sorseggiando la birra che Hikoichi gli
aveva offerto. -Non c’è… non esiste un posto per me, Kaede aveva ragione.-
Hikoichi
si ritrovò a ridacchiare per sdrammatizzare la situazione. -Parli della volpe
come se fosse una persona.-
Hanamichi
si zittì di colpo. Non voleva assolutamente che scoprissero che Kaede era uno
spirito.
-Se vuoi
io so chi può offrirti un lavoro. Se ti impegni puoi racimolare la cifra che ti
serve.- Affermò un giovane uomo avvicinandosi al loro tavolo.
-Oh.. Hanamichi, questo è Hasegawa.- Hikoichi fece
rapidamente le presentazioni.
-Di che
lavoro si tratta?- si informò subito il rossino.
-Nulla di
particolare. Il signor Fukuda è sempre alla ricerca di camerieri per il suo
locale. La paga è più che buona e con le mance potrai facilmente arrivare alla
somma che ti serve.-
-Davvero?-
chiese incredulo Hanamichi che senza pensarci due volte su, si fece
accompagnare al locare di Fukuda, il quale gli confermò quello che gli aveva
già detto Hasegawa.
-Senti,
non mi piace…- sussurrò Hikoichi, tirandolo da parte e guardandosi con sospetto
intorno. Il locale di Fukuda era uno dei locali che non frequentava mai e per
una buona ragione. -Circolano strane voci su questo posto.- Il rossino alzò un
sopracciglio invitandolo a proseguire. -Beh, non so per certo… la maggior parte
sono racconti di persone ubriaca ma qui c’è sicuramente qualcosa di strano. E’
un club chiuso e solo i soci possono entrare…-
-Bene!
questo vuol dire che ci sarà poco lavoro… se non hai una vera e propria scusa
per cui non dovrei accettare allora ti pregherei di lasciarmi fare. Ho davvero
bisogno di quei soldi…-
Hikoichi
tentò di dissuaderlo ancora un po’ ma ormai Hanamichi aveva deciso e nulla
l’avrebbe distolto.
In realtà
non capiva affatto tutta la preoccupazione di Hikoichi. Il lavoro fino a quel
momento era stato semplice e poco impegnativo. Lavava i piatti (e non erano
neanche molti, visto che si trattava di un club privato i clienti non erano mai
eccessivi), pulire le sale e di tanto in tanto servire i soci.
Fu in una
delle occasioni in cui si trovò a servire che conobbe Maki, il sindaco di
Kainan e il suo segretario, Hanagata. Entrambi furono stranamente scontenti
dell’improvviso cambio di cameriere.
Quando
chiese informazioni agli altri ragazzi che lavoravano per Fukuda, loro
scoppiarono a ridere. -Ma come? Non l’hai capito?-
No, non
aveva affatto capito.
-Di
solito a occuparsi del sindaco e del suo segretario sono Fujima e Nobunaga,
sarà stato davvero una brutta sorpresa vedere che entrambi erano assenti. È per
questo che il signor Maki è andato via subito, di solito si intrattiene con
loro fino all’alba.-
Hanamichi
si grattò la testa confuso. Si intrattenevano fino all’alba a fare che?
La sua
domanda ebbe una risposta nel giro di pochi giorni.
Di solito
i clienti allungavano un po’ le mani, Hanamichi trovava la cosa strana, ma non
ci badava più di tanto perché aveva scoperto che in quei casi la mancia
aumentava di molto. Naturalmente la cosa lo infastidiva un po’ ma ogni volta si
ripeteva che prima racimolava i soldi, prima avrebbe riavuto la volpe, prima
sarebbero potuti andare via.
Quegli
uomini non si limitarono a palpargli il sedere e a fargli complimenti e/o
allusioni. Quella notte sembrava proprio che volessero portarselo a letto e
fare cose indicibili.
Ovviamente
se c’era una cosa di cui andava fiero era la sua forza fisica, quindi colpiti
con pugni ben assestati i due uomini, aveva recuperato le sue cose (e
naturalmente i soldi accumulati fino a quel momento) e corse fino alla dimora
dei Sendoh. Ne aveva abbastanza della città. Voleva indietro Kaede e voleva
andare via da lì.
Atterrò
il maggiordomo che era andato ad aprire con una testata e marciò diretto nella
stanza dove aveva visto l’ultima volta la sua volpetta. Era ancora lì. Cercò di
aprire la gabbia ma era chiusa a chiave. Kaede mugolò grattando con le zampe
sulle sbarre della gabbia. Evidentemente moriva dalla voglia di uscire da quel
piccolo spazio angusto.
-Non
temere ti tirerò fuori di lì.- lo rassicurò Hanamichi.
-Mi
sembrava di essere stato chiaro…- esclamò una voce entrando nella stanza.
Hanamichi si voltò e vide un assonnato Akira appoggiato allo stipite della
porta con le braccia incrociate. Gli
lanciò ai piedi la borsa con i soldi. –E’ un po’ meno di quello che avevo
promesso ma ora me ne andrò lo stesso con Kaede. Sono stufo di questa città.-
Akira si
massaggiò la fronte. –Pensi che ti potrei lasciare andare via così? Perché
credi che ti abbia dato solo una settimana di tempo e una somma impossibile da
guadagnare in una sola settimana?- il giovane nobile sospirò scuotendo la
testa. –Sei proprio uno stupido. Voglio la pelliccia di quella volpe e l’avrò.-
-No può!-
protestò con veemenza Hanamichi ma nel frattempo altre persone si raggiunsero
la stanza. Erano gendarmi. –Comandante Mitsui arresti quell’uomo. Ha fatto
irruzione nella mia casa e ha tentato di rubare la mia volpe.-
il
comandante aveva un aspetto che metteva paura. Aveva uno sguardo duro e
inflessibile e i suoi occhi esprimevano cattiveria.
-Non ho
affatto tentato di rubare la volpe! Kaede è mia! Appartiene a me!- protestò
Hanamichi.
Kaede
sbarrò gli occhi sentendo quelle parole. Quel calore che sentiva diffondersi nel
suo piccolo corpicino di volpe era una sensazione piacevole e appagante. Era
quello che veniva chiamata ‘felicità’? Avrebbe tanto voluto che Hanamichi
glielo spiegasse ma prima, avrebbe voluto aiutarlo. Se solo avesse potuto usare
i suoi poteri…
Nel frattempo
il rossino stava lottando con i gendarmi. Aveva cercato di giustificarsi
dicendo che aveva persino pagato per riavere la volpe ma misteriosamente il
sacchettino con i soldi era sparito e i gendarmi l’avevano attaccato per
portarlo via.
-Oh
quanto casino…- borbottò Akira, poi rivolto a Koshino. –Chiama Minami,
uccidiamo questa volpe e che non se ne parli più.-
-No! Non
potete!!- protestò ancora più forte Hanamichi ma ormai l’avevano immobilizzato
sul pavimento e non sarebbe riuscito a fare nulla. Non avrebbe sopportato di
veder morire Kaede sotto i suoi occhi, non voleva perdere un’altra persona a
cui teneva. –Scappa!- gridò rivolto alla volpe. –So che puoi farlo! Scappa.
Voglio che vivi! È questo il mio desiderio. Voglio che tu vivi. Non sopporterei
di perderti.- gridò con quanto fiato aveva in gola, mentre gli occhi si
scioglievano in lacrime.
La volpe
inclinò la piccola testa da un lato. Come poteva chiedergli quello? Come poteva
chiedergli di lasciarlo lì? Come poteva…
Una
chiara luce illuminò la stanza.
Non sarebbe andato via senza di lui. non poteva
lasciare il rossino. Non poteva lasciare colui che gli aveva insegnato tante
cose e che gli faceva provare tutte quelle cose strane, quelle che lui chiamava
sentimenti.
Quello
che accadde quella notte fu raccontato, il giorno seguente, arricchito di
particolari più o meno fantasiosi man mano che passava di bocca in bocca. Si
diceva che uno spirito era apparso nella casa dei Sendoh, che aveva illuminato
la notte come il giorno e che in quella luce era sparito portando via un
ragazzo. Si diceva che quello spirito fosse un angelo dalla bellezza eterea, si
diceva che quello spirito fosse un diavolo venuto per portare le anime
all’inferno, di lui si ricordò la bellezza eterea, il candore della pelle, il kimono
scintillante e lo sguardo furioso che rivolse ai presenti e quello pieno di
dolore che rivolse al rossino.
Per molte
notti dopo quella Akira continuò a rivedere in sogno lo spirito avvicinarsi al
rossino, allontanare con una mano le persone che lo trattenevano e chinarsi ad
accarezzare la guancia del ragazzo, raccogliere le lacrime e portarle alle
labbra.
“Esprimi
un desiderio…”
Il
rossino gli aveva preso la mano e se l’era portata alla guancia. “Voglio andare
via, voglio andare via con te. Voglio andare in un posto che posso chiamare
casa e quel posto è solo dove tu sei con me.”
La luce
diventò più forte accecando tutti.
Quando
poterono di nuovo guardare della volpe, dello spirito e del rossino non era
rimasta alcuna traccia.
Hanamichi
riaprì lentamente gli occhi. Tutto intorno a lui si stendeva la foresta
ricoperta di candida neve. Teneva ancora per mano Kaede. Un Kaede sano e salvo.
Gli strinse più forte la mano. Non voleva lasciarla, per paura che sparisse di
nuovo dalla sua vista. L’altro ricambiò la stretta:
- come
hai fatto? – si volse a guardarlo
- sei
stato tu…- gli sorrise l’altro
- io? Io
non ho fatto nulla!
- hai
espresso il desiderio…e io ho potuto esaudirlo
Hanamichi
arrossì ricordando quello che aveva urlato nel salone della casa di Sendoh, ma
era vero, per chissà quale strano motivo non poteva fare a meno di quella
volpe…
- Sai –
mormorò Kaede facendosi più vicino senza smettere di tenergli la mano e alzando
l’altra a sfiorargli le guance – mentre tu non c’eri sentivo una cosa strana
qui…- portò la sua mano e quella del rossino intrecciate al centro del petto,
là dove avrebbe dovuto esserci il cuore, guardandolo fisso:
- cosa
sentivi? –
- vuoto e
tristezza perché tu non c’eri…dolore perché tardavi ad arrivare da me…qualcosa
di bello quando sei finalmente arrivato…
- quella
era gioia…- gli spiegò Hanamichi
Inclinando
il capo l’altro annuì:
- lo
avevo immaginato…ma c’era qualcosa d’altro…che non so spiegarmi
- cosa?
- mentre
ero nella casa del nobile Sendoh e ti aspettavo…non riuscivo a smettere di
pensare a te, ripensavo a quanto ero felice quando eri con me,e a quanto ero
triste in quel momento perché non c’eri…durante la notte mentre pensavo questo
mi uscivano quelle cose chiamate lacrime, ma anche adesso che ti rivedo dopo
tanto tempo sento quel pizzicore strano agli occhi, mi piace stare con te, mi
piace accarezzarti ed essere accarezzato. Mi piace baciarti e quando lo faccio
sento un calore piacevole diffondersi qui nel mio petto dove dovrebbe esserci
il cuore-
Hanamichi
spalancò gli occhi incapace di rispondere, un po’ perché era incredulo di
quello che sentiva, e un po’ perché dopotutto la volpe aveva descritto
perfettamente i suoi stessi sentimenti, gli occhi gli si riempirono
improvvisamente di lacrime mentre il suo cuore accelerava i battiti:
- cosa
c’è? – gli chiese la volpe allungando una mano a sfiorargli la guancia,
Hanamichi scosse la testa reclinando il volto per ricevere meglio quella
carezza – ma tu stai piangendo…ho detto qualcosa che non va? – insistette Kaede
- no…- si
schiarì la voce roca dall’emozione – non hai detto nulla di male, quello che
provi è forse il sentimento più bello e più doloroso che ci sia, ma non se ne
può fare a meno -
- che
cos’è? – l’incalzò la volpe
- E’
l’amore Kaede-
-
Davvero? – la volpe chiuse gli occhi
assaporando quelle sensazioni, e così quello era l’amore, quel calore
tiepido e morbido che lo avvolgeva cancellando per la prima volta il freddo con
cui era costretto a convivere in quanto spirito. Riaprì gli occhi mentre
Hanamichi mormorava:
- e la
sai una cosa Kaede? Quelle cose le ho provate anche io…e le provo anche ora…
- Anche
tu?Quindi…- lasciò la frase in sospeso
e
rimasero a guardarsi negli occhi prima di mormorare entrambi:
-
Aishiteru..
e
unire le loro labbra in un dolce bacio, dimentichi del mondo circostante. (oh
beh… non che ci sia molto in giro… alberi, rocce, neve, qualche animaletto, la
neve, cespugli, neve, un gufo, la neve, un micio… ho detto la neve? NdD bèh era quello il mondi circostante di cui erano dimentichi ndzia)
Si racconta
che Hana e Kaede si incamminarono per far ritorno al villaggio e non si
voltarono indietro sulla collina per dire addio alla città di Kainan, non ne
avevano bisogno, entrambi avevano trovato qualcuno a cui appartenere.
Giunsero
nel villaggio di Hana dopo qualche tempo, ma lo trovarono devastato, la
devastazione si estendeva per tutta la valle, della casa di Hanamichi non
restava altro che un cumulo di macerie. Yohei venne loro incontro, fu molto
contento di rivedere il suo amico sano e salvo assieme alla volpe dal manto
candido, gli raccontò che l’argine aveva ceduto la notte in cui lui era fuggito
dal villaggio,travolgendo tutto e lasciandosi alle spalle quella desolazione
solitaria, di tutti gli abitanti del villaggio pochi erano sopravvissuti, Takato
e Taoka erano periti con tutti gli altri mentre cercavano di mettersi in salvo
sulle pendici delle montagne (zia, sbaglio o ti stavano un po’ antipatici quei
due??? ^^;; hai cercato di accopparli dal primo momento che sono apparsi,
confessa!!! NdD >_< erano cattivi con Hana, e secondo me è stata la
volpe! Hana in fondo ha detto a Yohei che il male fatto doveva ritorcesi contro
e ru ha esaudito il desiderio! :P NdL … NdD ). Hanamichi raccontò all’amico
della sua avventura in città di come non fosse come in realtà si era aspettato
e di come avesse deciso di tornare e trovare un posto per sé e la volpe, dove
vivere il resto della sua vita. Rimase con Yohei per qualche giorno aiutandolo
alla ricostruzione della sua casa ma giunse presto il momento di ripartire, una
sera davanti alla cena Hanamichi comunicò all’amico che se ne sarebbe andato
l’indomani.
- e dove
andrai? – gli chiese Yohei osservando come l’amico passasse le dita tra il pelo
candido della volpe che pareva estasiata di quello.
- nel
bosco, alla capanna della vecchia carbonaia, forse mi ospiterà
-
Hana...quella capanna è vuota da anni, ancor prima che nascessimo noi…non c’è
mai stato nessuno lì da che io ricordi…
- Ma io…
yohei
scosse la testa:
- mi
pareva di avertelo detto, oltre la pietra bianca nel bosco avvengono cose
strane…
- già me
lo avevi detto…
Hanamichi
non poté trattenere il sorriso che gli salì alle labbra mentre accarezzava il
pelo della volpe. Oltre la pietra bianca accadevano cose strane, cose
meravigliose…
La gente
ricostruì il villaggio, lentamente tutto tornò alla normalità, nessuno tranne
Yohei era a conoscenza dell’uomo solitario che abitava nelle profondità del
bosco in compagnia della sua volpe.
Hana e
Kaede vissero per sempre insieme uno accanto all’altro fino a che non si compirono
per Hana i suoi giorni da mortale,
nessuno tranne il vento, la luna e le stelle
poterono assistere a quel momento, ma se avessero potuto narrare quanto
accadde avrebbero riferito di un Hanamichi stanco, il volto rugoso avvolto
dall’abbraccio di Kaede ma tuttavia il suo volto era sereno, appagato di chi
lascia una vita piena e felice senza rimpianti:
- Hana –
la voce di Kaede fu un sussurro lieve per paura di disturbare il riposo
dell’amato.
L’altro
sollevò le palpebre stanche andando a incontrare gli occhi blu da cui
sgorgavano lacrime di dolore e impotenza:
- vorrei esprimere un desiderio…- mormorò
Kaede mentre il rossino sollevava con fatica la mano ad asciugare quelle
lacrime.
- dimmi…
- Così
come allora, in quella casa di Kainan, verrò nel posto dove stai
andando….non ti lascerò da solo…perché
io ti appartengo e dove vai tu, vado io.
Hanamichi
sorrise stanco, nonostante fosse un sorriso sereno. Accarezzò il viso dello
spirito che in tutti quegli anni non era minimamente cambiato. Kaede gli prese
la mano e gli baciò il palmo.
-Aishi…teru…-
fu solo un sussurrò a cui non seguì nient’altro, ma lo spirito lo sentì
distintamente e nulla riuscì a fermare le sue lacrime e mentre le lacrime
cadevano, esse si dissolsero in miriadi di frammenti di luce. Lo spirito si
dissolse e con esso il corpo del rossino.
Solo la
luna brillante nel cielo e il vento che soffiava tra gli alberi e i fiocchi di
neve che scendevano pigramente furono testimoni di quel patto e di quel’amore
eterno.
The End
Epilogo
Le due bambine
si volsero verso la zia seduta sulla sedia a dondolo,con ancora il libro sulle
ginocchia:
- allora
nipotine mie piaciuta la storia?
- ma
finisce male…- protestò Dany aggiustandosi le pieghe del vestito di mussolina
- già
perché devono morire? – chiese Anny stringendo a sé il coniglietto di pelusche
- Ma
hanno vissuto una lunga vita felice, appartenendo uno all’altro
- Vivere
per sempre innamorati, legati per sempre… - Dany ci pensò su. – Oki, forse non
finisce tanto male!-