Dediche:

Leyla: A padrona, insostituibile, preziosa e unica, ma soprattutto un amica speciale e meravigliosa a cui sono felice di appartenere come gufino ^**^ buon compleanno Najka il tuo gufino che ti vuole tanto bene, grazie a dany che ha accettato di scrivere con me e a Anny che ha partecipato con il pensiero ^_^

Dany: A padrona a cui voglio tanto tanto bene, per farmi perdonare la lunga latitanza. Nyahhh!

 

 

Someone to belong

By

Trio a Delinquere

 

Una leggenda racconta che gli spiriti volpe siano la personificazione di persone morte,  legate  a questa vita dal ricordo di un amore tradito o infelice… e in virtù di quel dolore sofferto, sono in grado di esaudire i desideri dei mortali.

 

 

 

1

 

C’era una volta una valle circondata da alte vette che ne chiudevano la vista al mondo intero.

Il villaggio sorgeva alle pendici dei monti e nel profondo catino di quella vallata c’era un lago trasparente come il cristallo vicino alla riva e  nero come l’inchiostro nel centro insondato.

Fitte foreste di abeti crescevano all’ombra delle creste ma il villaggio sorgeva tra prati fioriti, frutteti e campi di grano. I picchi montani erano inaccessibili con gli azzurri riflessi dei nevai luccicanti che si tingevano di fiamme sanguigne quando il sole si nascondeva dietro quelle cime.

La vita nel villaggio scorreva tranquilla e monotona, generazione dopo generazione. Si nasceva, ci si innamorava, si generavano figli, nipoti, si moriva. Era una comunità chiusa perché il mondo esterno era molto lontano e molto difficile da raggiungere e solo qualche mercante visitava il villaggio nei mesi estivi quando la neve si era sciolta sugli alti passi.

L’unica cosa che avrebbe potuto spaventare era la noia di giornate tutte uguali scandite dalla routine del lavoro nei campi e delle serate accanto al fuoco ad ascoltare le storie dei vecchi che ormai i giovani conoscevano a memoria per averle sentite da quando erano in grado di intendere

Presto l’inverno sarebbe finito.

E i passi sarebbero stati di nuovo sgombri.

Ma poco sarebbe servito…

Hanamichi sospirò mentre tornava a casa dalla sua giornata nei campi

Passò nella piazza del paese dove tutti si radunavano dopo i lavori nei campi

Salutò gli amici che lo avevano preceduto e che stavano fermi a chiacchierare raccolti in gruppi sparsi nel crepuscolo.

Si fermò accanto alla fontana posando il sacco con le sementi accanto ai suoi piedi. Si lavò le mani gettando poi la testa sotto il getto gelido cercando di scacciare il gelo dal suo cuore ma invano. (me rabbrividisce per lui NdDany me passa teiera bollente alla nipo ndzia Grazie, zia, tu si che mi conosci bene! ^-^NdD)

Salutò Yohei e gli altri con un gesto della mano  ignorando i loro inviti a fermarsi a bere qualcosa alla locanda con loro. E si diresse mestamente verso casa, sentendo ad ogni passo la malinconia opprimergli il petto.

Come gli accadeva ormai da tempo.

Quando passava la giornata al lavoro la sua mente era lontana dai pensieri, ma la sera quando il buio scivolava sui fianchi delle montagne avvolgendo tutta la valle tutto tornava portando con sé quella malinconia e quel senso opprimente che gli pesava sul cuore. Se solo fosse riuscito a dare un nome a quel che sentiva e provava.

Davanti alla porta di casa si fermò guardandosi in giro. La sua era l’ultima casa del paese,

quasi sul limitare del bosco.

Ogni volta che rientrava a casa guardava quel bosco con invidia.

Da lì partiva il sentiero che conduceva alla montagna e al passo che portava fuori da quella profonda vallata. Era un sentiero stretto e serpeggiante che si perdeva nella profondità di quel bosco scuro. Hanamichi si era più volte fermato sul suo limitare ad immaginarne il dipanarsi sotto quegli alberi ritorti e frondosi, ne aveva seguito con la fantasia tutti gli avvallamenti e le curve fin sotto la montagna e poi su fino al passo che scavalcava quelle vette e poi ridiscendeva lungo il crinale nord verso un orizzonte diverso…verso la libertà.

Chiuse la porta alle spalle cercando di non guardare il telaio polveroso abbandonato in un angolo dove un tempo si sedeva sua madre a tessere. Aveva ricordi vaghi di lei e di lui bambino che sedeva ai suoi piedi, osservando spuntare la trama del tappeto o della coperta come una magia, mentre sua madre gli raccontava le storie su quegli animali che lui non aveva mai visto, su quei boschi profondi e scuri e su quel mondo sconosciuto al di là del passo montano. Sua madre era una forestiera, figlia di un mercante di tappeti che si era fermato tanti anni prima nell’unica locanda del paese. La figlia si era innamorata, ricambiata del fabbro del paese e quando era stato il momento di ripartire aveva deciso di restare lì.

A lei Hanamichi doveva i suoi capelli rossi frutto di scherno e di motteggi perché mai si erano visti da quelle parti e come tutte le cose nuove era vista con sospetto e malevolenza…

Piano sentì che cominciava a piovere. Per tutta la giornata grosse nuvole nere si erano rincorse da nord diffondendosi per l’intera vallata cancellando ogni traccia di sole e di cielo e ora cominciarono a riversare torrenti di pioggia che si abbattevano sul piccolo villaggio con incredibile accanimento. Hanamichi aprì la finestra spalancando gli scuri di legno per lasciare entrare l’aria umida. Lo spettacolo  di quel temporale lasciò Hana senza fiato. Tutto era così terrificante, si trovò a sussultare di paura mentre saette accecanti striavano il cielo coperto da quel denso strato di nuvole con il rombo del tuono che riecheggiava per tutta la valle in echi ripetuti che facevano tremare l’ intera vallata.

Pioveva da tre giorni senza tregua. I lavori dei campi furono sospesi e la gente della Valle cominciò a temere che il torrente potesse straripare devastando ogni cosa. Gli uomini si riunivano ogni giorno nell’unica locanda del paese seduti attorno ai quattro tavoli nella fumosa sala, bevendo birra e lanciando occhiate apprensive alla pioggia che cadeva dietro la finestra. Hanamichi sedeva al tavolo più lontano di tutti in un angolo con il suo boccale di sidro di mele ancora pieno, ascoltando distrattamente le conversazioni e scrutando le facce degli uomini riuniti in piccoli gruppi, aggrappandosi alla speranza che presto la tempesta sarebbe passata. Hanamichi nel suo angolino, faceva del suo meglio per ignorarli del tutto ma era difficile. Era difficile ignorare gli sguardi accusatori che gli lanciavano, era difficile ignorare le parole sussurrate con voce abbastanza alta affinché potessero raggiungerlo. Era qualcosa a cui era abituato ma ciò non toglieva che lo infastidiva.

- Dovrebbe andarsene via…- mormorò Takato, uno dei contadini più importanti del villaggio.  -Il sindaco dovrebbe decidersi una buona volta a ordinargli di andare via!-

-Hai perfettamente ragione! Non capisco perché il signor Anzai non l’abbia fatto fin dall’inizio. Quel colore rosso non ci poterà che guai!- gli diede man forte Taoka, il parroco del villaggio che nonostante il suo abito non disdegnava fermarsi a bere con i concittadini. -Ad esempio guarda il tempo! Sono tre giorni che piove e continuerà ancora a lungo! Questo è un segno! Il cielo vuole che lui se ne vada!-

-Che stupidaggini!- esclamò entrando nella locanda un giovane avvolto da un lungo mantello impermeabile che iniziò a gocciolare su tutto il pavimento. -Ancora le stesse superstizioni senza fondamento!- sbuffò abbassando il cappuccio mostrando il viso dai lineamenti gentili, i corti capelli neri e i piccoli occhi che sapevano passare con velocità incredibile dallo scherzo alla serietà più assoluta.

-Signorino Yohei sa bene che non sono solo superstizioni altrimenti non si spiegherebbero le alluvioni di cui siamo vittime da quando lui e sua madre sono venuti ad abitare qui!- disse con un misto di superbia e umiltà Takato, dopotutto non voleva mettersi pubblicamente contro il nipote del sindaco.

- Che idee antiquate, vecchie e decisamente paranoiche!- disse roteando gli occhi. Lasciò che la cameriera portasse via il suo mantello per farlo asciugare vicino al camino e lui si avvicinò ai due uomini più illustri del villaggio. –Signor Takato, buon padre Taoka lasciate che vi informi di qualcosa. Sono anni che andate affermando che la colpa della siccità è di Hanamichi, che la colpa delle alluvioni è di Hanamichi, persino la moria delle vacche di due anni fa fu colpa sua! –

- E’ esattamente questo il punto! Il villaggio ha già sofferto abbastanza! È ora che si allontani la causa dei nostri mali! -  affermò il pastore battendo il pugno sul tavolo.

- Che parole misericordiose provengono dal nostro buon pastore… - lo prese in giro Yohei, scosse la testa impotente. – Sappiate però che i reumatismi di mio padre sembrano essere migliorati. In base alle stupide superstizioni sapete cosa significa? –

Nella locanda si alzarono dei giubili di gioia per quella notizia. Era risaputo che il tempo andava di pari passo con i reumatismi del sindaco, se essi peggioravano il tempo era inclemente, se invece miglioravano, voleva dire che presto il tempo sarebbe migliorato.

Soddisfatto del risultato ottenuto Yohei lasciò i due uomini ad affogare il loro malumore nella birra. Ora qualsiasi cattiveria avessero dentro contro Hanamichi non sarebbe stata ascoltata perché il resto dei clienti della locanda era troppo preso a festeggiare l’imminente fine delle piogge.

Salutò un altro paio di conoscente, parlò con la cameriera e poi finì con il sedersi al tavolo che tutti aveva accuratamente evitato. Appoggiò la schiena contro lo schienale della sedia e allungò le braccia stirandosi i muscoli.  Lanciò uno sguardo al ragazzo che occupava il tavolo e lo guardò con un sopracciglio alzato.

-Per quanto tempo ancora riuscirai a resistere a sopportare in silenzio? -  gli chiese esasperato.

Hanamichi nascose rapidamente sotto il tavolo la mano che, si era accorto solo in quel momento,  aver tenuto per tutto il tempo stretta a pugno.

Yohei era il suo migliore amico, non che ne avesse molti. La maggior parte dei suoi concittadini preferiva rimanere alla larga da lui e non rivolgergli la parola se non era particolarmente indispensabile, se invece gli si doveva rivolgere la parola per insultarlo o beffeggiarlo… allora era un altro paio di maniche, per quello c’era sempre spazio nelle loro conversazioni.

- L’ho promesso a mia madre… - fu la laconica risposta prima che la cameriera si fermasse al loro tavolo con un boccale di birra per Yohei che si affrettò a mettere le monete sul tavolo per pagare. La ragazza gli sorrise e spinse di nuovo le monete verso di lui.

- Lascia, offre la casa! –

- Offre la casa o offri tu?! – chiese Yohei era praticamente impossibile che Takenori Akagi  offrisse qualcosa se non proprio indispensabile. La ragazza arrossì nascondendo parzialmente il viso dietro il vassoio, si scusò per andare via ma Yohei la fermò di nuovo, pregandola di restare a chiacchierare visto che non c’erano clienti che richiedevano la sua assistenza per il momento. Questa volta ad arrossire fu Hanamichi ed era perfettamente sicuro che l’amico avesse trattenuto la cameriera di proposito.

Haruko non era la più bella ragazza del villaggio, c’erano molte altre ragazze più belle di lei tra le quali probabilmente spiccava Ayako. La mano della signorina Ayako era la più richiesta in assoluto ma a causa del carattere deciso di lei e della guardia spietata che le faceva il suo stalliere Ryota, ancora nessuno era riuscito a sposarla. Haruko però era gentile e dolce, la tipica ragazza che sarebbe di certo diventata una moglie buona e premurosa.

Infine Haruko fu richiamata dal fratello e li lasciò di nuovo soli.

- Takenori ci sta guardando torvo… - affermò con finto stupore Yohei.

- Ma non mi dire.. forse perché hai intrattenuto la sorella a parlare con noi?- gli fece notare l’amico. –Se non l’hai notato, nonostante le tue belle parole, io qui sono ancora il ‘demone dai capelli rossi’-

- Come sei melodrammatico! Non preoccuparti, gli passerà appena vedranno di nuovo il sole.-

Hanamichi non rispose ma il suo sguardo seguì i movimento di Haruko nel locale.

- Hey?! – Yohei gli passò la mano davanti al viso. – Mi ascolti o no? –

- Scusa… ero distratto…- bofonchiò imbarazzato.

- SI… a mangiarti con gli occhi la nostra bella cameriera. Quando ti deciderai a chiederle di uscire?-

 - Probabilmente mai…- sospirò malinconico. – Haruko è buona, gentile, davvero amabile ma non uscirà mai con uno come me. –

- Come fai a dirlo se neanche ci provi?- sbuffò esasperato Yohei.

- Perché so già che non ho speranze…- affermò con un sorriso prima di alzarsi. –E’ ora che vada, devo chiudere la stalla. A domani…-

- ok, a doman… ehi!! Se vuoi liberarti di me dillo ma non inventare scuse campate in aria! Quella stalla è vuota!!- gli gridò dietro. Hanamichi scoppiò a ridere e si scusò ma andò via lo stesso.

Per la strada non incontrò nessuno, anche perché difficilmente la gente si sarebbe avventurata sotto il temporale se non per andare alla locanda o correre a casa propria. Attraversò tutto il paese, proteggendosi come meglio poté dalla pioggia e risalì il sentiero coperto da erbacce che conduceva alla sua casa. Erano mesi che si riprometteva di strapparle ma puntualmente rimandava. Stava per entrare in casa quando un rumore lo insospettì. Girò intorno alla casa e si accorse che il rumore proveniva dalla porta lasciata aperta della stalla che sbatteva contro il muro a causa del vento.

Hanamichi si accigliò. Era certo di aver chiuso quella porta. Si avvicinò alla stalla con circospezione.

Era vuota, l’ultima mucca era morta due anni prima e lui non aveva avuto i soldi per comprarne un'altra alla fiera del bestiame che si teneva ogni primavera in paese…questa almeno era la scusa ufficiale che aveva addotto con i suoi amici. La verità era che non voleva avere qualcosa da lasciare quando se ne sarebbe andato da lì. E la cosa sarebbe accaduta molto presto. Hanamichi aveva già deciso. In fondo al villaggio, a parte un paio di persone, tutti sarebbero stati più che felici della sua partenza. L’unica cosa che ancora lo tratteneva lì, era l’incognita rappresentata dalla destinazione del suo viaggio. Voleva andare via, sarebbe andato via, ma per dove?

Riportò la sua attenzione alla stalla e prima di richiuderla, accese la lanterna che teneva sempre accanto alla porta per controllare che all’interno non ci fosse nulla fuori posto.

La stalla era cupa e ovviamente vuota. Un paio di forconi e dei secchi di legno erano stati lasciati appoggiati al muro, lì dove avrebbero dovuto esserci il fieno, il mangime e la paglia. Le porte dei piccoli recinti erano chiuse. Hanamichi scosse la testa con un sorriso. Cosa si aspettava di trovare? Probabilmente la serratura era vecchia e un colpo di vento più forte aveva spalancato la porta. Ripose la lanterna e stava per spegnerla quando si accorse di un ombra bianca nell’angolo del muro, proprio vicino alla porta. Si avvicinò con circospezione e grande fu il suo stupore quando vide quel piccolo cagnolino tremante dal pelo bianco completamente zuppo. Senza neanche pensarci su due volte, prese in braccio la bestiola e, chiusa la porta della stalla, se la portò in casa, dove accese il fuoco nel camino per entrambi.

Il piccolo animale appena Hana lo ebbe posato per terra si scrollò di dosso tutta l’acqua allagando quella porzione davanti al camino, poi spostandosi verso un punto più asciutto si rannicchiò, acciambellandosi avvicinandosi a quel tepore e posando il musetto sulle zampe incrociate cominciò a leccarne una, solo allora Hana si avvide del taglio profondo sulla zampa proprio sopra ai cuscinetti morbidi che le servivano per camminare con tutta la sua grazia. Si avvicinò velocemente inginocchiandosi davanti a lui e allungando il braccio, ma l’animale si ritrasse con un ringhio:

- ehi…baka, guarda che lo faccio per te! – rispose con veemenza producendo nell’animale l’istinto di digrignare i denti. Allungò ancora una volta la mano afferrando con malagrazia la zampetta ferita.  Preso com’era dalla foga e dal nervosismo, strinse troppo provocando l’inevitabile reazione dell’animale. Affondò i denti nella pelle dorata della mano dell’umano che gli aveva provocato quel dolore e si sollevò per allontanarsi, guadagnare più spazio tra sé e quell’umano, appoggiandosi anche sulla zampetta ferita, una scarica violenta di dolore si propagò per tutto l’arto facendolo guaire violentemente. All’udire il guaito della bestiola Hana dimenticò il dolore provocato dal morso di poco prima e ricacciò in gola le imprecazioni.

Si avvicinò questa volta con più circospezione alla piccola bestiola tramante che guaiva cercando di lenire il dolore leccandosi la zampina che aveva ricominciato a sanguinare.

Sospirando si rese conto che quello di prima non era il modo giusto di rivolgersi all’animale, cercò di avvicinarsi in maniera meno brusca, parlandogli con dolcezza. Gli mise una mano vicino al musetto lasciando che l’annusasse per qualche istante:

- Scusa, non volevo farti male…- la bestiola seguì ogni suo movimento come se aspettasse un qualsiasi movimento brusco, pronto per attaccarlo nuovamente e lui proseguì, dicendosi che era alquanto sciocco parlare a un animale che non poteva certo intenderlo, sperò che almeno il tono lo convincesse delle sue intenzioni positive – dai fammi vedere quel taglio, deve farti molto male…

L’animale mosse la coda e solo allora Hana si accorse che la punta della vaporosa coda era completamente nera in netto contrasto con il candore niveo del resto del pelo, come cane era davvero strano ammise con se stesso, mentre lo prendeva delicatamente in braccio e si avvicinava al tavolo della cucina. Si allontanò per prendere qualcosa per medicare il taglio, mentre il cagnolino si guardava in giro.

- non provare a saltare giù da lì – lo ammonì uscendo dalla stanza

rientrò poco dopo osservando con piacere che l’animale lo aveva ascoltato ( magari ha pensato che saltando giù da quel tavolo con la zampa ferita non era una buona idea? NdL – Beh.. anche lui avrà un cervello e qualche volta lo farà funzionare, spero -__-‘’ NdD)

 

 

Erano trascorsi solo un paio di giorni da quando Hana aveva trovato l’animale nella sua stalla, la pioggia aveva cominciato a diradarsi e pareva davvero voler smettere, non era più tornato in paese, Yohei era passato qualche volta a trovarlo e alla sua seconda visita aveva intravisto la bestiola rannicchiata vicino al camino che sonnecchiava. Hana aveva così scoperto che quello che lui credeva un cane era in realtà una volpe:

- una volpe? – aveva esclamato incredulo prendendo la bestiola per la collottola che svegliata di soprassalto non parve gradire quella posizione.

- Sì certo non vedi le orecchie a punta e la coda?ti sembrano quelli di un cane? – Mito osservò il suo migliore amico scrutare l’animale come a volersi sincerare delle sue parole, vedendo che la bestiola cominciava a spazientirsi fece per aprire bocca ma troppo tardi, la zampa della volpe fu più veloce del suo avvertimento:

- Ahia! – si lamentò Hanamichi lasciando andare la presa. La volpe atterrò a terra senza problemi pareva dotata di una grazia innata – Baka Kitsune!

- dai Hana sarà un graffietto – lo canzonò Yohei ridacchiando osservando la volpe camminare verso il suo posto accanto al camino e dedicarsi alla pulizia del pelo, passando con attenzione la zampa sana su ogni minimo centimetro della sua pelliccia arruffata. (fa l’indifferente ^^; ma scommetto che la piccola peste si sta divertendo un mondo NdD)

- un graffietto?quella specie di.. di… - gesticolò un braccio in aria non trovando le parole – Quella. Mi ha quasi staccato un dito!

- andiamo Hana non esagerare, mettici sopra una garza pulita e non pensarci più. Un paio di giorni non avrai più nulla. -

- Uhm se lo dici tu…- si girò verso l’animale – vedi di non farlo più o ti sbatto fuori  a calci sotto l’acqua!Ingrato!-

-ehi hana come la chiamerai? – chiese Yohei cercando di  non ridere dell’aria mortalmente offesa assunta da Hana e dall’indifferenza dell’animale che terminato il rito della pulizia si era risistemato accanto al fuoco riprendendo il sonnellino interrotto poco prima, senza degnare di attenzione l’ avvertimento del rossino.

- non la chiamerò con nessun nome – lo vide rabbuiarsi, per un istante ma fu un attimo e l’amico credette di esserselo immaginato – appena sarà guarita la zampa e smetterà di piovere la porterò nella foresta…

A quelle parole il figlio di Anzai si ricordò che aveva promesso a suo padre di controllare l’argine esterno del torrente, ma per vedere Hana, che da giorni che non si recava in paese, aveva fatto una piccola deviazione. Si alzò prendendo il mantello messo ad asciugare su un gancio accanto al fuoco.

- te ne vai? – gli chiese Hanamichi come riscuotendosi  dai suoi pensieri.

Annuì avvolgendosi nel mantello.

- ho una cosa da fare per mio padre. Con queste piogge teme per gli argini del torrente –

- se vuoi questo argine lo controllo io così avanzi di venire avanti e indietro sotto questa pioggia, se noto qualcosa di strano mi precipito in paese, non sono tranquillo neppure io…

- Grazie Hana…- gli sorrise dalla porta, poi come colto da un pensiero improvviso, tornò a guardare la volpe e aggiunse rabbuiandosi – mi raccomando…non far sapere che tieni una volpe in casa…

- perché?

- mi pare che di motivi per avercela con te ne abbiano a sufficienza…la superstizione è grande in questo villaggio, le volpi non sono ben viste

Hana si volse a guardare la volpe poi di nuovo il suo amico e la sua espressione era interrogativa

- perché?

Yohei si strinse nelle spalle. - Da queste parti si crede portino sfortuna… Lo sanno tutti i bambini fin dall’infanzia. Le mamme raccontano la stessa favola da generazioni… Gli spiriti inquieti non possono riposare e nutrono rancore per gli umani che possono ottenere ciò che loro hanno perso, per questo minano la loro felicità e divorano le loro anime. Tutti i bambini sanno che è proibito andare a giocare al di là della pietra bianca nel bosco, perché quello è il territorio degli spiriti e una volta entrati gli spiriti delle volpi vengono a reclamare e divorare le loro anime. Ricordo che da bambino mi nascondevo sotto le coperte ogni volta che sentivo raccontare questa storia dalla mamma. –

- Non l’avevo mai sentita… mia madre non mi ha mai raccontato una storia simile, probabilmente perché non era del posto. – mormorò Hanamichi con gli occhi sgranati. Non poteva credere che quell’esserino irritante ma dopotutto gracile e indifeso potesse portare sfortuna o addirittura divorare qualcuno, e lo disse a Yohei.

-Hai ragione ma lo sai bene.. la gente qui è terribilmente superstiziosa, tanto che ogni anno Takato piazza delle trappole nella neve per catturare.

-Catturarle? Per farne cosa?- Chiese curioso Hanamichi.

-Ucciderle, mi sembra ovvio. Cosa ti aspetti da uno stupido come il nostro più grande proprietario terriero? Butta le carcasse nel burrone. Dice che così la sfortuna si allontana.-

- ma è orribile! –esclamò Hanamichi tornando a guardare la piccola volpe ignara di quelle atrocità mordendosi il labbro.

- Già – Yohei lo salutò richiudendosi la porta alle spalle.

Il ragazzo dai capelli rossi rimase fermo al centro della stanza perso nei suoi pensieri continuando a tormentarsi le labbra. Si sedette al tavolo posando i gomiti sulle ginocchia. Quando aveva trovato l’animale aveva subito pensato che non voleva in alcun modo legarsi a qualcosa o qualcuno, aveva lasciato che anche la casa andasse in malora per  quello. Non voleva avere rimpianti per quando se ne sarebbe andato. Ormai aveva deciso. Appena avesse smesso di piovere avrebbe lasciato il villaggio. Ma quello che gli aveva detto Yohei era qualcosa che lo stava torturando, lasciare la volpe nel bosco gli sembrava come una condanna. E’ vero, si disse scuotendo la testa, che non era detto che sarebbe incappata nelle trappole ma  il solo pensiero lo rendeva inquieto. Si avvicinò all’animale che dormiva, in effetti non faceva altro, si svegliava solo ogni tanto e reclamava cibo e poi tornava ad acciambellarsi accanto al fuoco, questo non spiaceva ad Hanamichi ma…

Sbuffando si alzò di scatto e afferrato il mantello se lo drappeggiò sulle spalle e uscì nella tempesta aveva bisogno i riflettere e farlo in casa non era produttivo.

Aveva camminato per quelle che dovevano essere un paio d’ore cercando una soluzione per la questione della volpe, ma l’unica a cui era giunto era di portarla con sé e abbandonarla lungo la via il più lontano possibile dal villaggio sperando di portarla abbastanza lontano dal raggio d’azione delle trappole di Takato, sarebbe partito sicuramente appena avesse smesso si piovere completamente.

 

Una piccola folla era ferma davanti alla porta di casa sua, si fermò nascondendosi dietro il grande albero, li sentiva parlare

- l’ho vista era in casa, una volpe bianca che dormiva accanto al camino – stava dicendo la moglie di Takato – e quando sono entrata mi ha guardato con quegli occhi blu, pareva umana…

Hanamichi si sentì stringere il cuore in una morsa. Si era dimenticato che a turno le donne del paese facevano il giro per portare viveri e pane durante quei giorni di inattività. Si era chiesto spesso perché lo portassero pure a lui  invece di sperare che morisse di fame.

Li vide entrare in casa e attraverso le finestre li scorse che frugavano in ogni angolo dalle loro imprecazioni intuì che non dovevano averla trovata…dove si era cacciata? si chiese, che fosse scappata? Ma la zampa non era ancora guarita del tutto non avrebbe potuto andare lontana. All’improvviso un movimento in un angolo della cucina gli cancellò le sue preoccupazioni per la sorte della piccola volpe…Vide Takato alzare la scure e calarla con forza sul telaio che era appartenuto a sua madre…Hanamichi fece per slanciarsi verso la casa, voleva impedire che il telaio di sua madre venisse distrutto quella era l’unico ricordo che gli restava, l’unico legame che ancora aveva con sua madre, non ne rammentava con precisione il suo viso ma se si voltava a guardare il telaio veniva invaso da una serie di immagini e sensazioni che gli faceva sentire come se la madre fosse ancora con lui. Inciampò in una radice e cadde bocconi con il viso nel fango non riuscendo a piangere soffocato dal nodo in gola, rimase sdraiato per un tempo che non era in grado di quantificare con la pioggia che cadeva su di lui inzuppandolo fino alle ossa. Poi qualcosa cambiò. Non avrebbe saputo dire cosa di preciso ma aveva una percezione diversa dell’aria che lo circondava, sollevò il viso e si accorse che aveva cessato di piovere, anche le persone che erano nella casa se ne accorsero, udì la voce soddisfatta di Takato esclamare a voce alta:

- ora le cose cambieranno,vedrete! –

li sentì allontanarsi,lasciare la sua casa, la porta aperta le persiane spalancate

si avvicinò piano mentre il cuore gli si faceva più pesante ad ogni passo.

Entrò nella stanza principale della casa, nulla era stato toccato, la furia di Takato  si era concentrata solo sul telaio di sua madre. Hanamichi si lasciò cadere in ginocchio in mezzo ai pezzi di legno sparsi sul pavimento.

La volpe fece capolino dalla porta dello sgabuzzino sul retro, si avvicinò piano con leggerezza schivando le schegge di legno e andandosi a sedere vicino ad Hanamichi senza attirare la sua attenzione.

Fu come se Hana ne percepisse la presenza, si volse verso di lei guardandola attraverso gli occhi velati di lacrime che non gli riusciva ne aveva voglia di trattenere. Allungò la mano attirando il piccolo animale contro il suo petto e affondando le sue dita nel morbido pelo.

 

2.

 

Li odiava, dal profondo del cuore, li odiava veramente. Chiuse gli occhi, ricacciando indietro le lacrime e finendo di infilare nella sacca le poche cose che intendeva portarsi dietro.

Passi che l’avevano preso come capro espiatorio di tutto quello che accadeva, gli andava bene, dopotutto in tutti i villaggi doveva esserci necessariamente colui che veniva considerato lo iettatore di turno ma non avrebbe mai perdonato a quegli stolti di aver distrutto ciò che di più caro aveva al mondo. Si chinò a raccogliere un pesante gilet dal pavimento per infilarlo nella sacca insieme ai pochi altri indumenti che aveva intenzione di portare via e lo sguardo gli si soffermò sui pezzi di legno sfasciati che poche ore prima erano uno splendido telaio. Il telaio della sua defunta madre. Da quel telaio, dalle abili dita della madre erano uscite stoffe preziose.

‘Loro’ avevano dimenticato il tempo in cui, nonostante sottovoce la chiamassero strega, venivano in continuazione a chiedere le sue stoffe. Quanti abiti da sposa erano usciti dalla sua casa? Quasi tutte le ragazze che si erano sposate quando sua madre era viva avevano indossato le stoffe tessute e ricamate da lei, persino le casule e le stole di Padre Taoka per le funzioni importanti erano opera di sua madre, nonostante lo stesso padre blaterasse sul fatto che la ‘straniera’ portasse sfortuna al villaggio così come suo figlio.

L’idea di andarsene l’aveva sfiorato più volte in passato. Non l’aveva mai messa in pratica perché riteneva che ci fosse ancora qualcosa lì che lo legava, prima di andare via, voleva essere sicuro di non aver rimpianti. Ora, gli avevano distrutto l’ultimo legame che gli era rimasto in quella casa, in quel villaggio…

Chiuse la sacca, scuotendo la testa. Ormai lì non c’era più niente per lui. La loro crudeltà, la loro ignoranza e la loro ottusità avevano raggiunto il limite.

Vide la volpe degnarsi di alzare la testa dal tappeto su cui si era raggomitolata a sonnecchiare, e guardarlo incuriosita. Quegli occhi blu,quasi troppo intelligenti per appartenere a un animale, seguivano ogni suo movimento. Hanamichi gli grattò la testa tra le due orecchie, guadagnandosi un occhiataccia.

- Non temere, non ti abbandono. Verrai come me. Ti porterò lontano da qui, lontano dalle trappole di quegli stolti ma dovrai promettermi di non tornare mai più da queste parti, altrimenti farai la fine delle altre della tua stessa specie. -

Afferrò la volpe per la collottola e, nonostante la bestiola si dibattesse per essere trattata così poco gentilmente, la infilò sotto l’impermeabile, per evitare che si bagnasse. Si mise la sacca in spalla e dopo essersi girato intorno un ultima volta per imprimersi nella memoria in modo indelebile ciò che lo circondava, disse mentalmente addio a tutto e aprì la porta.

Quasi saltò dallo spavento quando si ritrovò davanti qualcuno incappucciato e grondante di pioggia poco più basso di lui.

- Così volevi andartene via senza salutare nessuno come un codardo? - chiese Yohei, abbassando il cappuccio.

- Non sto scappando!- puntualizzò Hanamichi senza riuscire a guardare negli occhi l’amico. Lasciare Yohei probabilmente era l’unica cosa di cui si sarebbe per sempre rammaricato.

- Non stai forse andando via? Non è forse una sacca quella che porti in spalla e un impermeabile quello che indossi e una volpe quella che nascondi sotto i vestiti?- chiese con un sopracciglio alzato.

- Yohei… ti prego… non fermarmi.- supplicò guardandolo negli occhi.

Il ragazzo si morse il labbro, distogliendo lo sguardo. – Lo sapevo già. Sapevo che sarebbe successo. Sapevo che saresti andato via. Per questo sono venuto. Non c’è niente che io possa dire per farti cambiare idea? Se te lo chiedessi, resteresti? - gli chiese girandosi a guardarlo.

- Non chiedermelo, per favore. – lo implorò Hanamichi. – Ho già deciso… - Affermò ma in realtà il solo vederlo faceva vacillare la sua convinzione.

Yohei sospirò, poi si frugò nelle tasche e gli porse un piccolo sacchetto di cuoio. Hanamichi sentì distintamente le monete all’interno tintinnare. Il ragazzo gli mise in mano il sacchetto.

- Non sono mai stato in città, ma sarà sicuramente diversa dal nostro piccolo villaggio e di certo non potrai andare da nessuna parte senza queste.-

- Non posso accettarle!- protestò Hanamichi cercando di restituire il sacchetto.

- E non puoi restituirmele. – protestò a sua volta Yohei. – Non sono mie. Sono da parte di mio padre. Ha detto che ti sarebbero servite per il viaggio.-

Hanamichi guardò dubbioso il sacchettino. – Insomma lo sapevate tutti che sarei partito…- disse amaramente.

- A parte me e mio padre… credo nessun’altro.- lo rassicurò con un sorriso, poi tornò serio. –Sei davvero sicuro di voler andare? È come dargliela vinta…-

Il ragazzo dai capelli rossi sorrise. – Non mi hanno cacciato. Sono io che vado via. Mi hanno sempre accusato di essere la causa dei loro mali, bene, e sia… che il male che mi hanno fatto gli si ritorca contro il doppio delle volte. Quando non ci sarò più chi diventerà il loro capro espiatorio? Con chi se la prenderanno? –

- Non sono parole tue queste…- gli fece notare Yohei un po’ ferito.

- Sono solo stanco… - mormorò Hanamichi abbassando lo sguardo. – E non voglio più lottare con loro… sono solo stanco.-

- Allora va, ma ricorda che ci sarà sempre qualcuno ad aspettarti qui…- gli ricordò abbracciandolo. L’altro ricambiò l’abbraccio e la volpe si mosse inquieta sentendosi improvvisamente soffocare troppo. Il ragazzo calmò la bestiola e poi riprendendo la sacca in spalla, si alzò il cappuccio.

- Sai…- si voltò sul ciglio della porta. – Quel qualcuno temo aspetterà in vano… non tornerò… mai più.-

Lo disse con un sorriso, prima di iniziare il lungo viaggio sotto la pioggia torrenziale che l’avrebbe portato nella città al di là del monte. Non si voltò mai indietro, nonostante sentisse lo sguardo di Yohei puntato sulla sua schiena. Strinse più forte la volpe contro il petto, mentre la pioggia gli bagnava il viso. O forse non era la pioggia. Aveva ormai detto addio all’unico vero amico che aveva.

 

Erano passate varie ore da quando era partito. Si era inoltrato nei boschi, seguendo i sentieri dei cacciatori e poi si era inoltrato sempre più in profondità, risalendo il pendio della collina che l’avrebbe portato alle pendici della montagna. Aveva superato per la prima volta nella sua vita la pietra bianca che delimitava il confine estremo del villaggio. Guardandola ripensò alla storia che solo pochi giorni prima aveva ascoltato per la prima volta da Yohei. Gli spiriti sarebbero venuti a prenderlo e divorarlo? Che venissero pure, non aveva paura di loro.

La pioggia aveva lasciato il posto alla neve e la neve si era rapidamente trasformata in tormenta, Non potendo proseguire oltre a causa della scarsa visibilità e del terreno reso instabile dal ghiaccio, Hanamichi si guardava costantemente intorno alla ricerca di un luogo da usare come rifugio. Gli occhi gli bruciavano per il troppo freddo e ormai le dita gli erano diventate insensibili.

Il bosco, era scuro e sconosciuto, e pieno dei rumori notturni e di ombre vive che parevano allungare le loro mani per ghermirlo.

Gli occhi gli lacrimavano e se li strofinò con la mano libera, con l’altra serrava contro di se la volpe. Tra la foschia creata dalla neve, scorse da lontano una stamberga. Da ciò che la circondava comprese che era la vecchia casa del carbonaio. Era l’unico rifugio che aveva visto fino a quel momento e non potendo sfidare oltre le intemperie del tempo, arrancò fino alla tettoia dove di solito si accatastava la legna, trovando finalmente un attimo di tregua. Tentò di sbirciare all’interno della casa da una finestra ma le imposte erano chiuse dall’interno. Bussò alla porta, non ottenendo risposta e considerando lo stato abbandonato del casolare, cercò di forzare la maniglia ma la porta non cedette neanche di un millimetro, probabilmente a causa del fatto che avesse ormai le dita completamente congelate e prive di forza. Rassegnando a passare la nottata all’agghiaccio, ritornò al riparo sotto la tettoia e stringendosi nel mantello, si rannicchiò, tenendo la volpe in grembo, cercando per quanto possibile di proteggerla dal freddo.

Si addormentò piano senza accorgersene, scivolando in un torpore latteo che gli avvolse i sensi invischiandolo.

- sveglia sciocco! – una voce secca si insinuò in quel candore silenzioso.

Aprì un occhio con fatica mugolando piano cercando di districarsi da quel mondo ovattato in cui si era rifugiato.

- avanti alzati…- di nuovo quella voce questa volta più vicino al suo orecchio.

Si volse sulla sinistra  e incontrò lo sguardo di ghiaccio di un viso raggrinzito mentre una mano rinsecchita e dalle unghie lunghe e sporche gli stringeva la spalla scuotendolo.

- Arghhhh – urlò alzandosi bruscamente dal suo giaciglio improvvisato.

La notte era ancora scura e il candore della neve era quasi abbagliante.

- E’ questo il modo in cui ti hanno insegnato a salutare? Si vede lontano un miglio che provieni da quel villaggio di inetti e stolti. Di un po’ avevi forse intenzione di suicidarti? – chiese la vecchia parlando puntandogli un lungo dito ossuto contro al petto.

Hanamichi scosse la testa, non riuscendo a pensare a una risposta. La mente ancora annebbiata registrava a malapena le parole della vecchia, che nella sua mente assomigliava a uno spirito apparso dal nulla, bianca come la neve che ricopriva il bosco. Forse gli spiriti erano davvero andati a prenderlo.

- Vieni.- Ordinò imperiosa l’anziana donna, artigliandogli un braccio e sospingendolo verso la porta con una forza che nessuno avrebbe sospettato possedesse. Fece scattare la serratura con una grossa chiave e entrò trascinandosi dietro il ragazzo. Appena la porta fu chiusa, Hanamichi avvertì immediatamente il freddo smorzarsi. La vecchia era intanto andata ad accendere il fuoco che ora scoppiettava allegramente nel caminetto.

Si guardò intorno. La capanna era linda e ordinata più di quello che si aspettasse rispetto all’aspetto trasandato della vecchia. Il fuoco nel camino che stava rapidamente riscaldando il piccolo ambiente e il tavolo coperto da una colorata tovaglia arancione al centro della sola stanza contribuivano a dare un senso di accoglienza alla capanna.

Hanamichi si sedette sulla sedia che gli aveva indicato la vecchia. Tirò fuori dall’impermeabile la volpe e se la mise in grembo, accarezzandone il pelo, rassicurato del fatto che sembrava soffrire il freddo meno di lui.

La vecchia gli mise davanti un piatto di brodo bollente. –Mangia.- ordinò nel solito tono imperioso, poi si voltò e riprese ad attizzare il fuoco. Senza ombra di dubbio i suoi ex concittadini non avrebbero esitato a chiamare quella stramba vecchietta, strega. Hanamichi sapeva come sua madre aveva sofferto per essere stata definita tale, per cui prese immediatamente in simpatia l’anziana donna e iniziò a mangiare come gli era stato detto. Il liquido caldo che scendeva nel suo corpo era un vero e proprio toccasana.

-Qual è il tuo nome, ragazzo? E cosa ci fai così lontano dal villaggio?- chiese improvvisamente la donna, allontanandosi dal fuoco e arrancando verso delle mensole.

-Hanamichi Sakuragi e… sto cercando di raggiungere la città che c’è dall’altra parte della montagna.-

La vecchia ridacchiò prendendo un baratto la dalla mensola e prendendo quelle che sembravano radici che poi gettò nel fuoco. Immediatamente la stanza si riempì di un forte e penetrante profumo. –E porterai anche la volpe con te?- indagò la vecchia, osservandoli con un sorriso mentre Hanamichi offriva parte del brodo all’animale che si era svegliato e reclamava il suo cibo.

-Non lo so…- Ammise Hanamichi, grattando il pelo dietro le orecchie della volpe. L’animaletto chiuse gli occhi, lasciandosi accarezzare, quello era un suo punto sensibile.

La vecchia ridacchiò di nuovo sedendosi di fronte a lui:

- puoi ricavarci molto da quella pelliccia di volpe se vuoi… Le volpi dal pelo bianco sono molto rare. In città sono molto ricercate.

- cosa ne fanno?

- le donne le apprezzano per farne stole di pelliccia da portare al collo nelle serate fredde.

Hanamichi inorridì osservando la piccola volpe che stringeva tra le mani così piccola indifesa.

- come? No, non potrei mai…

- allora lasciala nel bosco –

- sì…ma… è ancora ferita e…

Hanamichi abbassò il capo guardando la piccola volpe. Era da poco che l’aveva trovata, ma il pensiero di farle del male gli era insopportabile e, abbandonarla… non aveva il coraggio di farlo. Ormai si era affezionato a quella piccola palla di pelo.

La vecchia sorrise avvicinandosi al fuoco per ravvivarlo un po’.

- sai c’è una leggenda sulle volpi che popolano questi boschi…

Hanamichi sollevò la testa guardando le spalle della vecchia, che stava curva accanto al fuoco, il bagliore rossastro che le illuminava il profilo, mettendo ancora più in evidenza la pelle segnata dal tempo.

- una leggenda? L’ho sentita. Le volpi divorano l’anima delle persone. Sono fandonie, non ci credo.- affermò con risolutezza.

La vecchia non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere. – e’ questo che si dice nel villaggio di stolti? Come al solito si comportando da stupidi. Se non conosci qualcosa, eliminala. E’ questo il loro modo di fare. Le volpi di questi boschi non divorano l’anima delle persone, tutt’altro. Sono esseri fatati…

- magici?

- mai sentito parlare degli Spiriti Volpe?

-è una favola per bambini…- borbottò Hanamichi rammentando quello che aveva sentito dire da Yohei.

La vecchia parve non ascoltarlo e proseguì nel suo racconto come seguendo un filo noto solo a lei, come la scia di un aquilone:

-Vagano per questi boschi anime inquiete che non possono liberarsi da questo mondo, perché legate dal rimpianto che portano nel cuore.

DI solito quando una persona muore, raggiunge una landa di eterna giovinezza e felicità, a volte però i morti rimangono imprigionati nel nostro mondo dal forte dolore provato in vita. Per tutta la loro esistenza cercano quello che hanno perso in vita, cercano l’amore assoluto, l’amore puro, l’appartenenza totale che in vita non hanno avuto. Sebbene non ricordino nulla della loro vita, i loro spiriti continuano a vagare alla ricerca di quel qualcosa che li ripaghi di quello che hanno perso. Come bambini che vagano al buio procedono a tentoni, cercano gli umani, sono affascinati da loro ma non ne capiscono il perché. E gli umani sono stolti e li temono e cercano le volpi per ucciderle. Gli spiriti-volpe sono come tutti gli altri spiriti, non cercano altro che la pace ma gli umani sono così sciocchi da cacciarli, scatenando la loro ira e i loro dispetti. Per natura capricciosi, il comportamento degli umani non fa che fornire loro una scusa per vendicarsi e alleviare anche solo per un po’ il rancore che si portano dietro dalla loro vita mortale. Ho pietà per loro… in fondo sono solo spiriti tristi e incompresi, che non conoscono l’amore se non quello infelice, costretti a vagare nel mondo sotto forma di un animale.-

Hanamichi ascoltò la vecchia con attenzione. Era affascinato dalla sua voce bassa e roca e dalla storia che aveva appena raccontato. La luce del camino, il rumore della tormenta che imperversava fuori… tutto contribuiva a creare un atmosfera irreale. Guardò la volpetta che si era addormentata nel suo grembo. Possibile che quella piccola palla di pelo bianco fosse uno spirito? Uno spirito inquieto alla ricerca di un po’ di pace, uno spirito che non sapeva cosa era l’amore?

-Allora cosa hai deciso che farai?- chiese la vecchia strappandolo dai suoi pensieri. Hanamichi la guardò stranito. –Per il viaggio? Hai intenzione di proseguire?- si spiegò meglio la vecchia.

Hanamichi annuì, spiegando che voleva assolutamente arrivare in città. La vecchia lo mise in guardia, sulle insidie che vi avrebbe trovato, le città erano solo un concentrato di malvagità, ma il ragazzo era più che mai deciso a partire. –E per la volpe? La porterai con te?-

Hanamichi passò lo sguardo dalla vecchia alla volpe. L’avrebbe portata con lui in città? O l’avrebbe lasciata nel bosco a cui apparteneva? Però sembrava così piccola e indifesa e non era sicuro che sarebbe riuscita a sopravvivere da sola. E se si feriva di nuovo? Chi l’avrebbe curata?

In realtà non aveva la minima idea di come rispondere alla vecchia, per cui rimase in silenzio. L’anziana donna sbuffò. –D’accordo. Dormici su. Magari avrai una risposta domani. Per stanotte potrai dormire in quella stanza lì.- disse indicando con il dito ossuto una porta alla sua destra.

Dopo che ebbe rinchiuso la porta alle sue spalle Hanamichi si rannicchiò raccogliendo le ginocchia al petto e osservando la volpe sveglia tra le sue braccia. Non riusciva ad addormentarsi quella notte. Le parole della vecchia gli vorticavano in testa:

Vincolati a un amore infelice costretti a vagare nel mondo sotto forma di un animale’.

- sei davvero uno spirito volpe? –

Il piccolo animale lo guardava fisso senza dare segno di intendere le sue parole. Era strano però lo teneva accanto a sé ma non dava segno di voler scappare, eppure avrebbe dovuto morderlo e fuggire. C’era qualcosa in quegli occhi…

- se così fosse mi piacerebbe davvero che tu potessi esaudire il mio desiderio…

La vopeltta mugolò piano.

- lo vuoi sapere?

Prese un profondo respiro.

- vorrei sapere cosa si prova ad appartenere a qualcuno… sono stato sempre solo… mi piacerebbe… appartenere a te – chiuse gli occhi rendendosi conto che quella era una sciocchezza.

Aprì gli occhi per spalancarli ancora di più mentre la piccola volpe si divincolava dalle sue braccia.

Apparve un giovane bellissimo dai lunghi capelli neri raccolti in una coda alla base del collo e con indosso un kimono blu su cui erano ricamate delle piccole volpi con dei fili d’argento.

- Va bene accetto. Da oggi mi appartieni.

- Come sarebbe a dire che ti appartengo?!

Il ragazzo davanti a lui lo guardò sbuffando sollevando un sopraciglio.

- do’hao…

- ehi stupida volpe come sarebbe a dire…

- hai espresso un desiderio – si sedette di fianco al letto, le mani in grembo, gli occhi fissi in quelli del rossino

- e tu puoi esaudirlo? – Hana lo guardava, seduto sul letto i capelli scomposti  i lembi dello yukata scostati si sporse verso di lui, annullando la distanza che li separava, fermandosi a pochi centimetri dal suo viso, le punte dei nasi che si sfioravano. Osservò divertito il diffondersi del rossore sulle gote e lo schiudersi dei suoi occhi castani.

- io posso esaudire i desideri altrui, questo è il mio potere – gli soffiò sulle labbra prima di avvicinarsi ancora, ma Hana si scostò appoggiandosi con la schiena alla parete – è per questo che tu mi appartieni…

Hana allungò le braccia nel tentativo di tenerlo lontano, sfiorando così la veste dello spirito, subito ritrasse le dita colpito dalla sensazione di freddo

- io non appartengo a nessuno…

Con una mossa rapida lo spirito lo immobilizzò contro la parete, sdraiandosi contro di lui

- questo è quello che hai chiesto – mormorò chinandosi verso la porzione di pelle del collo lasciata scoperta dai lembi dello yukata, era tiepida e invitante profumata di un aroma sconosciuto, qualcosa che lo faceva fremere in maniera strana, come mai prima di allora gli era capitato nelle rare volte che aveva avuto  contatti con gli umani…lasciò scivolare la mano lungo il bordo dello yukata sfiorando appena la pelle. Hana si agitò nel tentativo di liberarsi ma la presa dello spirito era ferrea, eppure non pareva compiere uno sforzo eccessivo per tenerlo così, la corsa delle sue dita era arrivato al bordo dei pantaloni dello yukata (…ci sono i pantaloni vero?o lo yukata è un pezzo unico come il kimono?Ndzia ………zia, nella nostra fic ci sono i pantaloni…. Se nella realtà non ci sono, pazienza! -_-‘ e cmq mi pare non ci siano NdD)

- puoi esaudire tutto ciò che ti chiedo? – chiese ansimando al contatto con la pelle fredda delle labbra dell’altro lungo la sua giugulare, mentre quelle dita lunghe e fredde si insinuavano ancora più in basso

- certo…- sussurrò l’altro sollevandosi leggermente per guardarlo – cosa vuoi?

- fermarti per favore…- lo supplicò (e qui padrona ci uccide tutte e due nDzia Susu…la padrona capirà^^’ NdD dubito -.- ndzia ) e quando l’altro allontanò le dita, stranamente rimpianse quel tocco gelido che solo allora si rese conto non era affatto fastidioso…(oddio questa frase è un casino l’ho scritta lavorando e rispondendo al telefono >_< guarda che riesci a sistemarla….ndzia io l’ho capita °_° NdD)

- come vuoi…- si scostò di un poco senza allontanarsi troppo, quel tepore era piacevole dopotutto,anche solo stando nelle sue immediate vicinanze

Hanamichi cercò di ricomporsi accostando i lembi dello yukata per celare la porzione di pelle visibile agli occhi famelici della volpe, l’altro non pareva eccessivamente infastidito della cosa,anzi si sistemò meglio accanto a lui senza smettere di fissarlo

- perché hai voluto che mi fermassi? – trovava adorabile vederlo arrossire, anche se non ne capiva la ragione

- come perché? – cominciò a gesticolare –insomma tu…tu…-si fermò di colpo chiudendo di scatto la bocca incapace di proseguire con il discorso

-io cosa? – gli chiese inclinando il volto e guardandolo interrogativamente –cosa c’era che non andava, era piacevole no?ho sentito un brivido scorrere sulla tua pelle mentre ti accarezzavo-

sollevò la mano avvicinandola di nuovo alla pelle del rossino gli sembrava che potesse in qualche modo lenire con il suo tepore il freddo che sentiva dentro di sé.

- baka kitsune giù le mani – Hana sperò che la sua voce suonasse convincente ma il tremore con cui gli scivolò fuori dalle labbra rivelò il suo fallimento

- non capisco cosa ci sia che non va

- non…è…così che dovrebbe accadere insomma certe cose…

- che cose?

- quello che tu stavi facendo…il toccarmi…in quel modo…-deglutì un paio di volte ancora una volta incapace di proseguire soffocato dall’imbarazzo

- non volevi ti possedessi?Lo hai detto tu che volevi appartenermi… – lo incitò la volpe (in effetti, Hana, ha ragione ndLe teme!mi hai messo nei guai e ora tirami fuori da qui!NdHana…susu sei un tensai no?vediamo che sai fare ndLe …-___-|| povera me NdD)

- Baka kitsune…quello che tu volevi da me ora sarebbe solo possesso…l’appartenenza è un'altra cosa…

Lo spirito volpe per un istante rimase senza parole, lo guardò stringendo gli occhi perso in chissà quali pensieri, si scostò da lui lentamente, in un fruscio leggero della stoffa del kimono

- c’è differenza? – chiese con quel tono neutro che gli era proprio

- Certo – annuì Hanamichi e la volpe inclinò la testa – molta differenza…le cose si possiedono, gli esseri umani no…

- ma gli uomini bramano di possedere ogni cosa possibile, anche i loro simili…di solito chiedono questo…soldi, oggetti materiali, l’avere l’amore di qualcuno

- già ma non è così

- me lo insegneresti?….- osservò l’altro

- Cosa? – trasecolò Hana

- cosa vuol dire appartenere a qualcuno.

 

Hanamichi si mosse nel sonno cercando di districarsi dal tepore del dormiveglia. Allungò la mano a cercare il piccolo corpicino di volpe accanto per rubare un po’ di quel tepore e d’improvviso fu completamente sveglio quando si accorse che non c’era. Si alzò bruscamente dal giaciglio cercandolo sotto alla branda, rivoltando il pagliericcio.

Dov’era? Non c’era più! La piccola volpetta era sparita. D’improvviso si sentì triste e amareggiato e piccole lacrime gli riempirono gli occhi.

- do’hao…

Una voce morbida ma profonda allo stesso tempo lo fece sussultare.

Si voltò piano, incontrando un giovane che se ne stava seduto sul davanzale della finestra con un ginocchio raccolto al petto e lo sguardo puntato su di lui…

“va bene accetto, da oggi mi appartieni”

Il ricordo di quello che era avvenuto la sera prima lo travolse prepotentemente.

- non chiamarmi dohao kitsune no baka…

- Ti chiamo come mi pare…- fece una pausa guardandolo così intensamente da farlo arrossire – perché mi appartieni…

Hanamichi scosse il capo con violenza ma l’ingresso della vecchia interruppe la loro discussione.

- Vedo che sei già in piedi – osservò – ero venuta a vedere se volevi qualcosa da mangiare per colazione prima di rimetterti in viaggio.

La vecchia si volse verso la finestra:

- Vedo che la volpetta smania per uscire…

- eh?!- Hanamichi si volse verso la finestra e vide il giovane davanti al vetro che guardava fuori con uno sguardo strano come se per lui stare in quella stanza fosse insopportabile, ripensò alla sera precedente quando lo aveva respinto forse era arrabbiato per questo, eppure nel prosequio del discorso non gli era apparso davvero arrabbiato, solo incuriosito quando aveva chiesto che gli venisse insegnato ad appartenere a qualcuno…ripensò alle parole della vecchia, “cercano l’appartenenza totale che in vita non hanno avuto. Sebbene non ricordino nulla della loro vita, i loro spiriti continuano a vagare alla ricerca di quel qualcosa che li ripaghi di quello che hanno perso” avrebbe voluto chiedere che cosa era quello che lui aveva perso ma non osava

- non possono vederti?

- nh no…credevo l’avessi capito…

- cosa?

- mpfui solo la persona a cui lo permetto mi possono vedere in quest’aspetto…- fece un gesto vago con la mano a indicare distrattamente il corpo.

Hanamichi seguì con lo guardo il movimento di quella mano leggera che pareva muoversi come una farfalla candida…

- come facevo a capirlo scusa?-  brontolò incrociando le braccia al petto.

- hn bastava riflettere… (certo come no… è poi il dohao è hanimichi^^’ NdDany …sono tutti e due nipo -.- Ndzia)

Hanamichi si sedette sul davanzale della finestra accanto a lui, provava curiosità per quell’essere fatata

- sei davvero uno spirito volpe?

- …chiesto da uno che mi aveva preso per un cane…- obiettò

- Ehi Baka kitsune! Guarda che avrei potuto lasciarti  in quella stalla

- E’ vero…- annuì con voce incolore l’altro poi voltandosi a guardarlo fisso gli chiese – perché non lo hai fatto?

Hanamichi rimase esterrefatto da quella domanda non sapendo cosa rispondere:

- non avrei mai potuto…davvero…io dicevo così per dire… - comincio a balbettare gesticolando con le mani –non crederai mai che io…

L’altro strinse gli occhi inclinando il viso

- no non lo credo…- si fermò un istante come a cercare le parole – sei diverso dagli altri umani che ho incontrato…

- kitsune…

- Kaede…

- Eh?

-Chiamami Kaede, questo è il mio nome

- Kaede…- ripeté piano Hanamichi

- ha un suono strano detto da te…non lo avevo mai sentito…

- nessuno ti chiama per nome?

Scosse la testa:

- che bisogno c’è?Io sono una volpe, gli esseri umani del tuo villaggio non si fermano certo a far conversazione con me…

Hanamichi rabbrividì al pensiero di quello che Yohei gli aveva raccontato di Tarato e delle sue battute di caccia:

- io sono Hanamichi

- lo sapevo…il tuo amico ti chiamava così…

- tu potevi capire? – esclamò con tono eccessivamente stupefatto

- Do’hao! – lo fulminò chiedendo immediatamente – tu non volevi appartenere a lui?Era molto triste quando sei partito l’ho sentito mentre ti abbracciava…

- Appartenere a Yohei? – scosse la testa – no lui è un amico…è un senso di appartenenza diverso

- ma non c’era nessuno in quel villaggio verso cui tu provassi un desiderio simile?

Hanamichi esitò un attimo prima di rispondere, cercò di richiamare alla mente il viso di Haruko ma era come se fosse opaco, velato, cominciava a svanire come i volti degli altri abitanti del villaggio, non li aveva mai sentiti davvero vicino al suo cuore, erano stati come un oggetto che posto davanti a uno specchio ne viene da questi riflesso ma se lo si allontana diventa sempre più piccolo fino a scomparire del tutto.

- No..

- e perché lo hai chiesto a me?

- non lo so davvero… mi è venuto spontaneo

Kaede restò in silenzio lo sguardo fisso sulla neve che cadeva lieve fuori dalla finestra, ora non era più la tormenta della sera prima ma una danza lieve e candida:

- tu non hai mai desiderato appartenere a qualcuno? – gli chiese Hanamichi dopo qualche istante di silenzio

- non me lo ricordo…. – rispose e per la prima volta Hanamichi sentì del rimpianto nella sua voce

La vecchia entrò in quel momento:

- Allora non vieni a fare colazione?io devo uscire, la zuppa è a scaldare sul fuoco se ne vuoi…

- quando smetterà di nevicare? – chiese Hanamichi

- Vuoi andare via?allora hai deciso…

- Certo voglio andare in città te l’ho detto – annuì convinto

- e la volpe?

Mentre rispondeva ad Hana parve che l’altro si irrigidisse in attesa di conoscere il suo destino:

- verrà con me è ovvio…

- come vuoi…- annuì la vecchia – credo che entro un paio di giorni potrai incamminarti, la temperatura è alta, la neve non dovrebbe durare ancora a lungo…

- bene…prima partiamo prima arriverò in città…

La vecchia uscì sorridendo e Kaede gli chiese a bruciapelo:

- perché hai così tanta voglia di andare in città?

- cerco un posto dove sentirmi a casa…

- un posto così non esiste…

Hanamichi lo guardò tristemente

3.

 

La distesa davanti a loro era talmente candida da essere abbagliante, Hanamichi si chiese come avrebbero fatto ad attraversarla senza avere problemi, soprattutto Kaede con quell’ abbigliamento poco adatto al clima gelido dell’inverno e soprattutto con gli zori ai piedi. Si volse a guardarlo per un istante ma non lo vide più accanto a sé, cominciò a cercarlo intorno chiedendosi dove si fosse cacciata quando un rumore attrasse la sua attenzione verso il basso. Vide la volpe seduta sulle zampe posteriori, che lo guardava  fisso ondeggiando la lunga coda davanti a sé.

Evidentemente ci aveva pensato già lui:

- ehi Baka cosa credi non ho intenzione di portarti e poi non ho posto nella bisaccia – si inginocchiò per mostrargli che la piccola sacca di tela che aveva a tracolla era effettivamente piena di provviste che la vecchia gli aveva gentilmente fornito – vedi?

La volpe lo guardò stringendo gli occhi avvicinandosi ancora di più e  con un balzo leggero saltò in braccio al rossino, che impreparato al gesto finì col ritrovarsi seduto sulla neve mentre la volpe compiaciuta  si apriva un varco sotto il suo vestito, mugolando soddisfatta.

Hanamichi si alzò togliendo la neve che gli era rimasta appiccicata addosso borbottando:

- dannata…non credere che abbia intenzione di portarti per tutto il viaggio –

 per tutta risposta l’animale si mosse un po’ sistemandosi meglio e chiudendo gli occhi cullato da quel suono ritmato che proveniva da dentro il petto del giovane.

Non seppe per quanto tempo avesse dormito quando si risvegliò si trovò su un giaciglio di foglie asciutte,su cui il rossino aveva ripiegato il suo mantello. Sollevò il muso a guardarsi attorno e studiare quel posto annusando gli odori che lo circondavano. Quello del rossino era molto forte, forse perché era sul suo mantello, si alzò stiracchiandosi cercando di scoprire dove si fosse cacciato.

Erano sotto una sporgenza della montagna, così che la neve non ricopriva il terreno, poco distante da dove si trovava c’era uno scoppiettante fuoco annusò tutto intorno ma l’odore del rossino si allontanava verso la distesa di neve

Dove diavolo si era cacciato?

Hana si affrettò a tornare indietro, cominciava a fare buio e non voleva lasciare la volpe troppo da sola, avevano bisogno di legna per tenere il fuoco acceso durante tutta la notte, non solo per la temperatura che temeva si sarebbe abbassata di molto, ma anche per i lupi. Ne aveva visto le tracce mentre usciva dal bosco e si infilava in quella radura ai piedi della montagna, prima di cominciare la  salita al passo, aveva udito i loro ululati, non era stato in grado di capire se fossero lontani o vicini

- dove sei stato? – la voce emerse alle sue spalle mentre si chinava a posare la legna

- a cercare legna per il fuoco –

- mi sono svegliato e non c’eri…

il tono di voce parve così carico di un certo rimprovero che Hana si volse a guardarlo, attraverso le fiamme del fuoco che guizzavano; era seduto sul suo mantello, la schiena dritta la stoffa dell’abito che riluceva accarezzata dalla luce aranciata del fuoco

- preparo qualcosa da mangiare…- disse Hanamichi tornando a distogliere lo sguardo, quello spirito qualunque cosa fosse era davvero bellissimo

- perché sei andato via dal villaggio?

Hana sospirò a quella domanda

- loro non mi volevano…

- è perché?

- dicevano che porto sfortuna

- cosa facevi?

- io non facevo nulla…- proruppe Hana dedicandosi ad attizzare il fuoco

- gli avrai dato un motivo no?ti hanno distrutto quell’arnese di legno in cucina erano molto arrabbiati…

Ogni parola della volpe era come una staffilata:

- loro dicevano che era colpa mia se pioveva

- ed è vero?

- certo che no!come diavolo potrei far piovere secondo te

L’altro si strinse nelle spalle:

- un motivo ci sarà stato

- io sono diverso da loro…e loro hanno paura di ciò che è diverso…odiavano anche mia madre – le parole gli uscivano incontrollate senza che lui non potesse far nulla per  fermarle – dopo che mio padre è morto, hanno cominciato ad isolarci, dicevano che era morto per colpa di mia madre, perché aveva sposato una straniera dai capelli rossi, le parlavano alle spalle quando scendeva in paese, la indicavano e bisbigliavano contro di le…si è spenta piano, piano, la sentivo piangere di notte quando credeva non la vedessi….

Kaede lo guardava gli occhi blu fissi accesi di una strana luce, poi accadde qualcosa che per un attimo gli fece dilatare le pupille…non capiva cosa fosse ne perché ma dagli occhi del giovane seduto davanti a lui cominciarono a sgorgare delle gocce d’acqua

- lei amava quel telaio, ci passava ore e ore seduta a tessere e loro…loro…- la voce gli cedette passò nervosamente la mano sul viso cercando di arginare in qualche modo le lacrime ma senza risultato

Chiuse gli occhi ma li riaprì di scatto quando due dite leggere lo sfiorarono all’angolo del viso

Kaede era fermo davanti a lui che si guardava le dita bagnate dalle sue lacrime

- cosa sono? – gli chiese

Hanamichi rimase interdetto di fronte a quella domanda non sapendo cosa rispondere, l’altro parve non farci caso si portò le dita alle labbra e assaggiò quello strano liquido della consistenza dell’acqua, aveva un sapore leggermente salato…era buono però…ne voleva ancora

I suoi occhi si posarono sul rossino seduto davanti a lui  che alla luce del fuoco morente portava ancora i segni del passaggio di quelle strane cose, si sporse verso di lui facendo guizzare la lingua su quella pelle tiepida, era una sensazione strana, lo sentì irrigidirsi e scostarsi un poco ma si sporse ancora di più avvolgendogli una spalla con un braccio per tenerlo vicino a sé.

Passò la punta della lingua prima su una guancia del rossino che si era tinta di un delicato rossore e poi sull’altra, alla fine però di quel sapore non ne rimase alcuna traccia, indispettito ruotò leggermente il viso spostandosi verso destra incontrando così le labbra del giovane, che sussultò. Anche se era poca la distanza che li separava poté percepire quel battito al centro del torace mutare il suo ritmo, da placido e regolare (che cullava il suo sonno in maniera quasi ipnotica) ad accelerato e scomposto, ripeté l’azione questa volta più lentamente, passando la lingua sul labbro inferiore e poi su quello superiore ritrovando un po’ di quel sapore salato di poc’anzi. Hanamichi gemette pe un istante socchiudendo le labbra ed egli spinto da un impulso improvviso ( ¬¬  ma a chi la racconti ndL), fece scivolare la sua lingua nella bocca dell’altro cominciando ad esplorarla piano. Il sapore era diverso, più dolce, ma ugualmente buono, lo spinse leggermente verso terra sdraiandosi su di lui mentre il kimono si  allargava a coprirli.

Continuò a baciarlo per un tempo che a entrambi parve infinito ma a un certo punto il ragazzo coi capelli rossi lo scostò da sé sollevandosi a sedere, il fiato corto:

- cosa stavi facendo…

- scoprire cos’è quell’acqua salata –

Hanamichi si sentì avvampare

- quelle erano lacrime Baka kitsune…

- lacrime?che cosa sono?

- le lacrime sgorgano dal cuore degli uomini e sono segno del loro dolore ma anche della loro gioia

-  dolore e gioia…- ripetè piano – io non so cosa siano…potresti insegnarmeli?

- i sentimenti non si imparano…devi avere un cuore…

- cos’è il cuore?

A quella domanda Hanamichi spalancò gli occhi, poi afferrò la mano di Kaede posata accanto a lui e se la portò al petto, sotto le sue dita Kaede sentì  quel battito lento e regolare, si porto l’altra mano al petto e chiuse gli occhi ma il silenzio regnava incontrastato in quel luogo, la dove c’era un cuore nel petto di Hana lui non aveva nulla…

Sentì un lieve pizzicore agli occhi e un umidore sconosciuto, mentre sorpreso una lacrima solitaria gli scivolava lungo la guancia cadendo sulla stoffa bianca del vestito allargandosi in un ombra scura. Sollevò uno sguardo interrogativo sul giovane dai capelli rossi che lo guardava:

- questo è il dolore?

L’altro annuì in silenzio…

 

- ehi dohao…vorrei farmi un bagno…

- trasformati in volpe e fai al solito modo…- sbottò Hanamichi volgendosi a guardarlo da sopra la spalla. Si erano fermati per la seconda notte consecutiva erano arrivati al passo e l’indomani avrebbero cominciato la discesa verso i piedi della montagna, non era ancora calata la notte ma Hanamichi aveva preferito fermarsi lo stesso. Kaede per tutto il giorno aveva camminato accanto a lui in sembianze umane, guardandosi in giro e ponendo mille domande, su quello che vedeva, pareva incuriosito da quanto lo circondava come se il mondo lui lo vedesse per la prima volta, aveva provato a interrogarlo su chi era prima di diventare uno spirito volpe, ma l’altro si era stretto nelle spalle, e i suoi occhi si erano scuriti un poco, e aveva assunto un’espressione così addolorata che Hana si era interrotto subito balbettando scuse, sul fatto che non voleva ferirlo. Da allora era rimasto sempre in silenzio fino all’uscita di poco prima:

- nh non mi va…poco fa siamo passati davanti a quella piccola sorgente…

- allora vai…

- mi laveresti la schiena?

- baka kitsune per chi mi hai preso per il tuo schiavetto?

- ma tu mi appartieni…- osservò quasi annoiato l’altro

- non ci penso minimamente – ribatté Hanamichi cercando di non arrossire

- hai espresso un desiderio…- fece tranquillo l’altro senza scomporsi

- ne abbiamo già parlato mi pare…io non sono una cosa tua…- Hanamichi incrociò le braccia la petto, il possesso è una cosa, l’appartenenza un'altra.

- sì lo so e la cosa mi incuriosisce parecchio…potremmo parlarne ancora mentre mi lavi la schiena

- Devo preparare la cena…

- Mphf…

Kaede si allontanò senza insistere oltre e Hanamichi si chiese se si fosse offeso, a dire la verità la volpe era piuttosto strana, non si riusciva mai a capire. Lo osservò da sopra una spalla nelle sue sembianze animali che si puliva diligentemente il pelo era girato verso il lato del sentiero dove sarebbero scesi l’indomani e non lo degnava minimamente di attenzione. Mise a scaldare la zuppa accanto al fuoco e si allontanò  cercando di non far rumore, non avrebbe dovuto metterci molto. Voleva fare qualcosa che potesse far piacere a Kaede…qualcosa che fosse una sorpresa.

 

La volpetta girò la testa inquieta per l’ennesima volta, si era allontanato solo pochi minuti per terminare la sua pulizia, un po’…deluso, forse che Hana gli avesse rifiutato la richiesta di preparargli il bagno, ma non offeso. La cosa gli aveva dato da pensare, in effetti per lui era difficile comprendere quel concetto di appartenenza, e molte volte lo confondeva con il possesso. In effetti forse le due cose erano simili, c’era però una sfumatura che ancora gli sfuggiva…e non riusciva scovarla per quanto si sforzasse, era certo che fosse qualcosa di importante.

Si era girato dopo aver dato un ultima leccata al pelo della coda e non lo aveva più visto accanto al fuoco, lo aveva cercato annusando tutto intorno, ma il suo odore si allontanava tornando vero il bosco, probabilmente in cerca di legna. Si accucciò accanto al fuoco osservando i giochi delle fiamme guizzanti,avrebbe potuto addormentarsi nell’attesa ma ultimamente si era abituato a dormire con il battito regolare del cuore del rossino  come sottofondo e gli risultava difficile senza, tuttavia chiuse gli occhi per far passare  il tempo

Si sentì sollevare da due mani grandi e guaì per la sorpresa, ma l’odore era quello familiare di Hanamichi per cui si rilassò:

- tranquillo volpetta ti ho preparato una sorpresa – gli sussurrò a pochi centimetri dalla sua testa, poté sentire il fiato dell’altro che gli accarezzava il pelo

Kaede si lasciò portare in braccio dal rossino chiedendosi cosa  fosse una sorpresa (che carino!! NdD), stranamente stavano tornando indietro lungo il sentiero e la piccola volpe non capiva come mai. Arrivarono allo spiazzo dove c’era la sorgente e Hanamichi posò per terra l’animale:

- ora ridiventa umano così puoi fare un bagno – gli disse indicando una pozza poco distante dalla cascata che aveva precedentemente foderato di fogliame

Al posto della volpetta apparve Kaede che lo guardava interdetto:

- avevi detto che non eri il mio servo allora perché lo hai fatto?

Hanamichi si strinse nelle spalle:

- mi faceva piacere, e ho pensato che avessi davvero voglia di fare un bagno

- non credo di capire

- le cose Kaede non si fanno perché ci vengono ordinate,per gli amici si fa così

- e noi siamo amici?

- in un certo senso…

- e questa amicizia è un sentimento anche lei?

- certo – annuì il rossino, poi indicandogli la pozza lo incitò ad andare – su ora va io resterò qui ad assicurarmi che non arrivi nessuno

- nh…

Kaede si allontano di qualche passo slacciando la cintura del kimono e facendoselo scivolare con grazia lungo le spalle,, Hana restò abbagliato da candore di quella pelle che pareva rilucere sotto lo splendore delle stelle che cominciavano ad ammiccare dal cielo, era davvero uno splendore:

- c’è qualcosa che non va? – la voce di Kaede lo fece sussultare e si rese conto di essersi incantato a guardarlo, sentendosi avvampare deglutì un paio di volte

- sei…sei…bellissimo…- mormorò senza rendersene conto

- davvero? – il tono dell’altro era sorpreso mentre si osservava con attenzione –trovi che questo aspetto sia bello?

Hanamichi fu solo in grado di annuire

- perché? – chiese Kaede inclinando il capo

- perché cosa? –

- perché mi trovi bello…

- beh sei piacevole da guardare…- spiegò trovando la situazione alquanto strana stava lì sotto la luna con davanti un bellissimo spirito quasi completamente nudo a spiegargli perché lo trovasse bello (in effetti è abbastanza stramba come situazione… ma tutte le situazioni che creiamo sono sempre strambe! u.u NdD)

- capisco…- fece con fare meditabondo Kaede dirigendosi verso la fonte, e immergendovisi con un sospiro estasiato,Hanamichi fece per girarsi e andarsene.

- puoi restare se vuoi… mi farebbe piacere…

Il cuore di Hanamichi perse un battito e trattenne il respiro. Infine annuì e rimase.

 

4.

 

Dopo giorni di viaggio erano finalmente giunti a destinazione: Kainan la città più fiorente e prosperosa della regione. Appena gli alberi iniziarono a diradarsi Hanamichi la vide in tutto il suo splendore: di un bianco accecante, tutte le cupole e i tetti erano di uno sfavillante color oro che luccicava sotto i raggi del sole, le strade erano lastricate da particolari pietre dall’inusuale colore viola sicché da lontano sembravano ruscelli che serpeggiavano sinuosi nella città.

Ora che era finalmente giunto non sapeva esattamente cosa fare. Gli sembrava così strano essere arrivato che non era più certo di voler andare effettivamente lì, in quella città, contro cui la vecchia l’aveva così tante volte messo in guardia.

La volpe, sgusciò da sotto la giacca, indisposta dall’improvviso arresto. Ringhiò contrita ma visto che non otteneva l’attenzione del rossino, decise di saltare a terra e vedere con i suoi occhi cosa l’aveva affascinato al punto di dimenticarsi di tutto il resto. Si arrampicò su un albero e da lì osservò meglio la città. Era meravigliosa, sembrava una miniatura in una palla di vetro tanto era perfetta.

Hanamichi non avrebbe saputo dire per quanto tempo rimase ad ammirarla in silenzio, ammaliato e al tempo stesso intimidito da essa.

-Do’hao, hai intenzione di rimanere tutta la mattina lì?-

La voce di Kaede lo riscosse dai suoi pensieri. Si guardò intorno cercando la provenienza della voce, ma trovando solo alberi e nient’altro. Lo spirito sbuffò. –Qui sopra.- mugugnò.

Hanamichi alzò il viso e lo vide: seduto sul ramo, con la schiena appoggiata al tronco. Gli orli del kimono bianco ondeggiavano al vento mentre lo spirito con il viso dall’espressione illeggibile fissava e osservava qualsiasi cosa fatta dal rossino. Quello stesso rossino che giorno dopo giorno gli stava insegnando cose nuove, che lo affascinava, per cui provava qualcosa che lui stesso non comprendeva.

-Cosa fai lì sopra!?- chiese Hanamichi piantandosi sotto l’albero.

-Guardavo la città, volevo capire cosa ti affascinava.-

-E dovevi farlo da lì sopra?- borbottò il rossino imbronciato.

-volevo avere una visuale migliore.- si adombrò –Non mi piace… e mi piace. Non capisco bene. ma ho paura di tornare.-

-Hai detto tornare?- chiese improvvisamente più che attento Hanamichi. Lo spirito lo guardò sbalordito. –Non lo so.- mormorò confuso.

-Hai detto proprio tornare!- sentenziò il rossino quasi trionfante. –Forse prima abitavi in una città.- aggiunse con un sorriso, rivolgendo di nuovo lo sguardo su Kainan. Sentì lo spirito sbuffare, evidentemente lui non ne era affatto convinto. Per quanto non volesse ammetterlo, Hanamichi sapeva che soffriva per il suo ‘non sapere da dove proveniva e chi era stato. Quando ritornò a guardarlo, lo sorprese a fissarlo dall’albero. –Che guardi?-

-guardavo te.- fu la sintetica risposta, che lo fece arrossire, prima che lo spirito allungasse le braccia verso di lui. Hanamichi comprese che voleva essere aiutato a scendere. Non che avesse davvero bisogno di aiuto, ma a volte aveva scoperto che alla volpetta piaceva essere vezzeggiata.

La seta delicata e impalpabile del kimono gli sfiorò il viso e tutto gli sembrò profumare di terra appena bagnata e resina. Quello era il profumo di Kaede. Appena fu a terra, i loro volti erano vicinissimi l’uno all’altro e Hanamichi temette (e nonostante tutto quasi desiderò) di essere baciato, ma lo spirito si voltò su se stesso e iniziò a camminare, deciso a raggiungere la città. Si fermò solo quando si rese conto di non essere seguito. Lo guardò con un sopracciglio alzato.

-Baka Kitsune.- borbottò il rossino raggiungendolo. Ora si metteva anche a dare ordini!

Man a mano che si avvicinavano, videro le imponenti porte del muro di cinta.

Hanamichi si leccò le labbra improvvisamente secche. Kaede continuò a proseguire senza alcuna esitazione. In fondo lui per tutti gli altri era solo una piccola volpe e gli abitanti della città non lo degnarono neanche di uno sguardo. Hanamichi era esterrefatto, neanche durante le feste aveva visto tanta gente tutta quanta insieme per strada. Tutti indossavano abiti magnifici, i negozi pullulavano di oggetti mai visti e dai colori brillanti, stoffe variopinte ovunque. Era tutto così diverso dal villaggio in cui era cresciuto. Fu spinto dalla folla verso una piazza dalla forma ovale. Al centro c’era una bella fontana di marmo bianco. Si sedette sul bordo e continuò a guardarsi intorno, non riuscendo a riprendersi dalla troppo meraviglia. Ripensò a Takato, Taoka, il buon vecchio Anzai e tutti gli altri abitanti del villaggio, se solo avessero potuto vederlo ora, se solo avessero osato mettere il naso fuori dalla porta e vedere quello che vedeva lui ora!

Dei bambini dai capelli ancora più rossi dei suoi giocavano con dei sassi poco distanti dalla fontana, una donna dai capelli biondi come il grano maturo gli passò accanto con un cesto di verdure. Il panettiere sembrava un gentiluomo per come era vestito, la moglie del rigattiere indossava lo stesso abito che la moglie di Takato aveva indossato l’ultima volta alla festa di paese. Come si era pavoneggiata in quel vestito, definito all’ultima moda. Invece la donna che stava osservando ora lo indossava come un capo qualunque.

Il rissino non riuscì a trattenersi oltre e scoppiò a ridere, rise fino alle lacrime, rimpiangendolo solo di non poter dividere quelle risate con Yohei. Anche lui avrebbe trovato tutto questo estremamente divertente.

Sospiro e si calmò. In viso aveva stampato il sorriso. Aveva finalmente trovato il posto per lui.

Gli schiamazzi dei ragazzi attirarono la sua attenzione. Riportò lo sguardo su di loro e vide la sua povera volpetta che veniva maltrattata. –Ehi! Voi! Che credete di fare?!-

-Volevamo solo vedere come era fatta dentro!- spiegò il più intraprendete dei bambini. –Via!- gridò veramente arrabbiato Hanamichi e il gruppetto si disperse, lasciando la volpe ferita a terra.

Il rossino si inginocchiò e tese una mano verso Kaede. –Ti fa molto male?- chiese scostandogli la frangia dalla fronte dove scorreva del sangue. Lo spirito mosse di scatto la testa, sottraendosi al suo tocco. Hanamichi non ci badò più di tanto e preso un fazzoletto lo bagnò nell’acqua della fontana per poi tornare a occuparsi della volpe, rimproverandola per non morso e aver ringhiato contro i bambini, continuando a blaterare sul fatto che con lui non si era fatto remore a mordere, e quei bambini per giunta erano anche impertinenti nonostante questo, la città era bellissima, era colorata, viva, nessuno trovava strano il suo colore di capelli e…

Non riuscì a finire le sue innumerevoli lodi perché Kaede si alzò di scatto, spingendolo a terra con sguardo furioso che Hanamichi non riuscì a comprendere. –Si può sapere che ti prende? Perché sei arrabbiato!?-

Kaede aprì la bocca, poi la richiuse. Si, era arrabbiato. Era quella forza che lo riempiva ogni volta che gli umani gli facevano del male ma questa volta era diverso. Era più forte e non era solo rabbia. Hanamichi intanto si era già alzato e aveva ripreso a parlare della città, indicandogli ora questo e ora quello ma non perché lui guardasse. Hanamichi non stava affatto pensando a lui, tutto ciò che riempiva la sua mente in quel momento era Kainan, nient’altro e nessun’ altro aveva importanza. Neanche la sua ferita… Hanamichi l’aveva già dimenticata.

Si portò una mano alla fronte. Il dolore però c’era ancora. E la rabbia… e l’invidia e… un sentimento nuovo, che non sapeva definire. Afferrò le spalle di Hanamichi e lo fece voltare verso di sé. Voleva che guardasse solo lui, solo e soltanto lui.

– Cos’è questo?- pretese di sapere.

- Cos’è cosa?- chiese confuso il rossino.

- Cos’è questo che sento! Questo odiare quello che stai facendo… voglio che tu dimentichi i panettiere e l’insegna e quella casa buffa e il ponte, voglio che dimentichi la città e voglio che guardi me, solo me!-

Hanamichi sbatté le palpebre.

–Non ci posso credere…- mormorò prima di scoppiare sonoramente a ridere. –La baka kitsune è gelosa!-

-Gelosa…- Kaede assaggiò la parola sulle labbra. Quello era essere gelosi.

-Susu.. non essere baka, non c’è motivo di essere gelosa. Voglio vedere tutto di questa città in lungo e in largo, dal campanile alla prigione e…-

Lo spirito lo risentì ripartire di nuovo nelle sue lunghe spiegazioni, si era di nuovo dimenticato di lui tutto preso da quello che di nuovo che lo circondava e che voleva vedere. La gelosia e la rabbia aumentarono e allungò le mani e lo spinse nella fontana.

Hanamichi tossì e sputò l’acqua ingoiata prima di risaltare come una furia fuori dalla fontana.

-Kitsuneeeeeeeee!- gridò incurante degli sguardi sorpresi dei cittadini ma lo spirito era già andato via e non riusciva a vederlo da nessuna parte.

-Signore se cerca la volpe che era con lei è già scappata via da quella parte.- gli gridò ridacchiando una donna dall’aspetto un po’ volgare. Il rossino la ringraziò e presa la sacca corse nella direzione indicata dalla donna. Questa volta quella dannata volpe l’avrebbe pagata, spirito o non spirito! Avrebbe potuto prendersi una polmonite!

Si infilò in stretti vicoli dagli odori sgradevoli e in strade piene di gente e in ampi viali attraversati da eleganti carrozze. Dovette fermarsi più volte a chiedere indicazioni a chi aveva visto una volpe correre, e finalmente quando la vide, fu per vederla mettere dentro una gabbia.

-Ehi, fermo! Quella è la mia volpe!- protestò subito contro l’uomo che portava la gabbia. L’uomo si strinse nelle spalle. –Puoi dimostrarlo?- chiese con tono di sufficienza-

-Dimostrarlo?- ripeté Hanamichi confuso.

-si, poi dimostrare che ti appartiene?-

-Ma è mia!- protestò con veemenza cercando di riprendersi con al forza la gabbia ma un altro paio di uomini lo immobilizzarono e lo gettarono in mezzo alla strada. –Non aveva un collare e non era con te. L’ho trovata in mezzo alla strada e per tanto ora appartiene al mio signore.- L’uomo con la gabbia, portò la volpe dentro una carrozza e salì a sua volta. Si affacciò dal finestrino e aggiunse: -Se hai qualche rimostranza da fare vieni pure a casa Sendoh e chiedi del mio padrone Akira.-

La carrozza partì, lasciando Hanamichi da solo. Un ragazzino passò di corsa per sbrigare evidentemente una commissione. Il rossino lo fermò al volo e gli chiese senza tante cerimonie dove era la casa Sendoh. Il ragazzino scoppiò a ridere, affermando che tutti sapevano dove era casa Sendoh ma che se non lo sapeva allora doveva essere uno straniero e l’avrebbe accompagnato ma solo dopo aver sbrigato le sue commissioni, ed erano tante… aggiunse con aria maliziosa. Hanamichi strinse i pugni ma si offrì di aiutarlo purché dopo l’accompagnasse a casa Sendoh.

Il ragazzino si presentò con il nome di Hikoichi e aveva una chiacchiera che non finiva mai. Hanamichi pensò che fosse il pettegolo ufficiale della città. Conosceva vita, morte e miracoli di tutti gli abitanti di Kainan, conosceva tutti e tutti conoscevano lui. Ogni volta che qualcuno lo salutava lui ricambiava il saluto e poi si voltava per sussurrargli chi era, che lavoro faceva, come si comportava la moglie, quanti figli aveva, cosa avevano mangiato quel giorno a pranzo… e lo stesso valeva per le piazze, le case, le strade, le chiese. Per ogni edificio Hikoichi aveva qualcosa da dire ma Hanamichi non era più affascinato dalla città come prima, non la trovava più interessante, né attraente.

Era invece preoccupato a morte per la sorte della sua volpe ricordando i racconti della vecchia sulle pellicce e temendo per la vita di Kaede. Cercò di ragionare che in fondo era uno spirito e aveva dei poteri… insomma li aveva sperimentati sulla sua pelle! (credo…. NdD) ma allora perché non li aveva usati per liberarsi dalla gabbia quando era stato preso?

Continuò a rimuginare su quei pensieri trascinato in lungo e in largo per la città a sbrigare commissioni con Hikoichi.

 

La volpe intanto era stata porta nella casa più sfarzosa dei Kainan, ovviamente seconda solo  alla casa del sindaco. Casa Sendoh era un enorme palazzo di due piani circondata da un giardino curatissimo, da alte inferriate e da un piccolo laghetto privato. L’interno non era meno sontuoso dell’esterno. Kaede non aveva mai visto nulla di simile. La sua gabbietta fu trasportata, non troppo gentilmente, in una camera che profumava di legno. Dai mobili, al tavolo e persino il pavimento era fatto di quell’elemento. Un distinto signore dall’aria allegra si avvicinò al tavolo dove la gabbia era stata posata e osservò con attenzione la volpe.

-E’ perfetta! Ci si può ricavare una bellissima stola appena sarà cresciuta ancora un po’- esclamò contento battendo le mani e chiedendo all’uomo che aveva portato la gabbia fino a quel momento dove avesse trovato un esemplare così magnifico.

-Non ci crederete signorino Akira, ma l’ho trovata in mezzo alla strada.-

-Non ci credo infatti. Vuoi prendermi in giro, Koshino?-

-affatto. Evidentemente il Signore l’ha mandata appositamente per te.- Koshino si strinse nelle spalle. Aveva però completamente dimenticato di menzionare lo strano ragazzo dall’accento strano che pretendeva di mettere le mani su quella volpe. Evidentemente anche lui aveva visto il potenziale valore della sua pelliccia e aveva intenzione di catturarla per rivenderla a Minami, il pellicciaio, per ricavare una buona somma di denaro.

Kaede tentò di uscire dalla gabbia, mordendo le sbarre, urtandole con la testa ma quelle non si mossero di un solo millimetro.

-Nono… non agitarti così. Hai fame vero? Ti farò subito portare da mangiare.- decise Akira battendo le mani e chiamando i servitori.

Kaede si chiede cosa diavolo aspettava Hanamichi per andarlo a recuperare. Non voleva restare in quella gabbia… era troppo stretta e non poteva andare dove voleva e non poteva vedere il rossino. Sentì ancora una volta quella strana sensazione opprimente che aveva imparato a chiamare con il nome di dolore e tristezza.

 

Hanamichi si fermò davanti all’imponente cancello. Quella era Casa Sendoh.

Era ormai il tramonto e il cielo era colorato delle calde sfumature dell’arancione e del viola. In mezzo a quel cielo la casa sembrava brillare come il sole.  Bussò un po’ titubante ma con tutta l’intenzione di riprendersi la volpe.

Ad aprire fu un servitore che inizialmente non voleva saperne di farlo entrare. Disse che era stato Hikoichi a mandarlo e questo gli aprì le porte. A quanto sembrava conoscere Hikoichi era come un lasciapassare. Fu portato in una saletta con un soffice tappeto sul pavimento, comode poltrone e mobili dall’aria talmente costosa che Hanamichi si guardò bene dal toccare. Il signor Akira non si fece attendere a lungo e dopo un paio di minuti fece il suo ingresso nella stanza con lo stesso uomo che gli aveva rubato la volpe. Appena lo riconobbe gli puntò un dito contro.

-Tu! Dov’è? Dove hai messo la mia volpe!?- gridò afferrando l’uomo per il bavero.

-Per favore si calmi!- Si intromise con un sorriso Akira, costringendolo a lasciare la presa. Hanamichi guardò furioso anche lui. –Io sono Akira Sendoh e lui è il mio ‘servitore’ Koshino. Vuoi dirci il tuo nome?-

-Hanamichi Sakuragi- rispose automaticamente e poi ritornando a indicare Koshino. –E LUI ha rubato la MIA volpe!-

-Intendi la volpe dal pelo bianco?- si informò Akira.

-Si!-

Akira alzò un sopracciglio, chiedendo spiegazioni a Koshino. –E’ come vi ho già detto signorino Akira. La volpe non aveva collare e quando l’ho trovata era da sola in mezzo alla strada. Sicuramente il signor Hanamichi ha semplicemente visto la volpe e pensava di poterci fare abbastanza soldi vendendola a Minami.-

-Non voglio affatto rivederla!- protestò Hanamichi.

-Però è vero che non aveva collare?- costatò Akira.

-Beh si…- mugolò il rossino.

-Allora temo che ora appartenga a me.-

-Gliela ricompro! Ecco prenda!- disse mettendo in mano all’uomo il sacchetto con le monete ricevute da Anzai.

Akira lo guardò sorpreso e poi gli sorrise comprensivo. –Capisco. La vuole proprio indietro quella volpe, vero? In effetti ha il più bel pelo che abbia mai visto ma deve comprendermi… questi- disse alludendo ai soldi nel sacchetto –non bastono a comprarla. Il suo valore è molto più alto.-

Hanamichi strabuzzò gli occhi. Che avessero scoperto che era uno spirito? –Da una pelliccia così morbida e candida verrà fuori una stola stupenda che tutti…-

-COSA?!- esclamò inorridito Hanamichi non lasciandolo finire. Quell’essere voleva davvero ammazzare la sua volpe e farne una pelliccia! Gli mise le mani addosso e iniziò a strattonarlo pretendendo di riavere immediatamente la volpe.

-ok, ok.. ascolti.. le do una settimana di tempo. Mi porti il doppio dei soldi e riavrà la sua volpe.-

-Il doppio?!- esclamò scandalizzato il rossino.

-Queste sono le condizioni, prendere o lasciare.-

 

E Hanamichi non poté far altro che accettarle. Doveva trovare un lavoro e doveva trovarlo subito. Chiese aiuto a Hikoichi, l’unica persona che conosceva a Kainan.

-Lavori così remunerativi non ci sono. È un impresa impossibile racimolare tanti soldi in una settimana!-

-Ma io DEVO! Non posso lasciare che Kaede diventi una pelliccia! Non me lo perdonerei mai!- esclamò il rossino battendo il pugno sul tavolo dell’osteria. Un paio di clienti si voltarono verso di loro.

-Ti prego, abbassa la voce!- lo supplicò Hikoichi. -Nessun po’ parlare male del signor Sendoh. È una persona molta influente…-

-Non me ne importa un accidente! Rivoglio solo indietro la mia volpe. Non mi piace Kainan, non mi piacciono le città e non mi piace neanche le persone che ci vivono. Sono cattive…- mugolò Hanamichi, sorseggiando la birra che Hikoichi gli aveva offerto. -Non c’è… non esiste un posto per me, Kaede aveva ragione.-

Hikoichi si ritrovò a ridacchiare per sdrammatizzare la situazione. -Parli della volpe come se fosse una persona.-

Hanamichi si zittì di colpo. Non voleva assolutamente che scoprissero che Kaede era uno spirito.

-Se vuoi io so chi può offrirti un lavoro. Se ti impegni puoi racimolare la cifra che ti serve.- Affermò un giovane uomo avvicinandosi al loro tavolo.

-Oh..  Hanamichi, questo è Hasegawa.- Hikoichi fece rapidamente le presentazioni.

-Di che lavoro si tratta?- si informò subito il rossino.

-Nulla di particolare. Il signor Fukuda è sempre alla ricerca di camerieri per il suo locale. La paga è più che buona e con le mance potrai facilmente arrivare alla somma che ti serve.-

-Davvero?- chiese incredulo Hanamichi che senza pensarci due volte su, si fece accompagnare al locare di Fukuda, il quale gli confermò quello che gli aveva già detto Hasegawa.

-Senti, non mi piace…- sussurrò Hikoichi, tirandolo da parte e guardandosi con sospetto intorno. Il locale di Fukuda era uno dei locali che non frequentava mai e per una buona ragione. -Circolano strane voci su questo posto.- Il rossino alzò un sopracciglio invitandolo a proseguire. -Beh, non so per certo… la maggior parte sono racconti di persone ubriaca ma qui c’è sicuramente qualcosa di strano. E’ un club chiuso e solo i soci possono entrare…-

-Bene! questo vuol dire che ci sarà poco lavoro… se non hai una vera e propria scusa per cui non dovrei accettare allora ti pregherei di lasciarmi fare. Ho davvero bisogno di quei soldi…-

Hikoichi tentò di dissuaderlo ancora un po’ ma ormai Hanamichi aveva deciso e nulla l’avrebbe distolto.

 

In realtà non capiva affatto tutta la preoccupazione di Hikoichi. Il lavoro fino a quel momento era stato semplice e poco impegnativo. Lavava i piatti (e non erano neanche molti, visto che si trattava di un club privato i clienti non erano mai eccessivi), pulire le sale e di tanto in tanto servire i soci.

Fu in una delle occasioni in cui si trovò a servire che conobbe Maki, il sindaco di Kainan e il suo segretario, Hanagata. Entrambi furono stranamente scontenti dell’improvviso cambio di cameriere.

Quando chiese informazioni agli altri ragazzi che lavoravano per Fukuda, loro scoppiarono a ridere. -Ma come? Non l’hai capito?-

No, non aveva affatto capito.

-Di solito a occuparsi del sindaco e del suo segretario sono Fujima e Nobunaga, sarà stato davvero una brutta sorpresa vedere che entrambi erano assenti. È per questo che il signor Maki è andato via subito, di solito si intrattiene con loro fino all’alba.-

Hanamichi si grattò la testa confuso. Si intrattenevano fino all’alba a fare che?

La sua domanda ebbe una risposta nel giro di pochi giorni.

Di solito i clienti allungavano un po’ le mani, Hanamichi trovava la cosa strana, ma non ci badava più di tanto perché aveva scoperto che in quei casi la mancia aumentava di molto. Naturalmente la cosa lo infastidiva un po’ ma ogni volta si ripeteva che prima racimolava i soldi, prima avrebbe riavuto la volpe, prima sarebbero potuti andare via.

Quegli uomini non si limitarono a palpargli il sedere e a fargli complimenti e/o allusioni. Quella notte sembrava proprio che volessero portarselo a letto e fare cose indicibili.

Ovviamente se c’era una cosa di cui andava fiero era la sua forza fisica, quindi colpiti con pugni ben assestati i due uomini, aveva recuperato le sue cose (e naturalmente i soldi accumulati fino a quel momento) e corse fino alla dimora dei Sendoh. Ne aveva abbastanza della città. Voleva indietro Kaede e voleva andare via da lì.

Atterrò il maggiordomo che era andato ad aprire con una testata e marciò diretto nella stanza dove aveva visto l’ultima volta la sua volpetta. Era ancora lì. Cercò di aprire la gabbia ma era chiusa a chiave. Kaede mugolò grattando con le zampe sulle sbarre della gabbia. Evidentemente moriva dalla voglia di uscire da quel piccolo spazio angusto.

-Non temere ti tirerò fuori di lì.- lo rassicurò Hanamichi.

-Mi sembrava di essere stato chiaro…- esclamò una voce entrando nella stanza. Hanamichi si voltò e vide un assonnato Akira appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate.  Gli lanciò ai piedi la borsa con i soldi. –E’ un po’ meno di quello che avevo promesso ma ora me ne andrò lo stesso con Kaede. Sono stufo di questa città.-

Akira si massaggiò la fronte. –Pensi che ti potrei lasciare andare via così? Perché credi che ti abbia dato solo una settimana di tempo e una somma impossibile da guadagnare in una sola settimana?- il giovane nobile sospirò scuotendo la testa. –Sei proprio uno stupido. Voglio la pelliccia di quella volpe e l’avrò.-

-No può!- protestò con veemenza Hanamichi ma nel frattempo altre persone si raggiunsero la stanza. Erano gendarmi. –Comandante Mitsui arresti quell’uomo. Ha fatto irruzione nella mia casa e ha tentato di rubare la mia volpe.-

il comandante aveva un aspetto che metteva paura. Aveva uno sguardo duro e inflessibile e i suoi occhi esprimevano cattiveria.

-Non ho affatto tentato di rubare la volpe! Kaede è mia! Appartiene a me!- protestò Hanamichi.

Kaede sbarrò gli occhi sentendo quelle parole. Quel calore che sentiva diffondersi nel suo piccolo corpicino di volpe era una sensazione piacevole e appagante. Era quello che veniva chiamata ‘felicità’? Avrebbe tanto voluto che Hanamichi glielo spiegasse ma prima, avrebbe voluto aiutarlo. Se solo avesse potuto usare i suoi poteri…

Nel frattempo il rossino stava lottando con i gendarmi. Aveva cercato di giustificarsi dicendo che aveva persino pagato per riavere la volpe ma misteriosamente il sacchettino con i soldi era sparito e i gendarmi l’avevano attaccato per portarlo via.

-Oh quanto casino…- borbottò Akira, poi rivolto a Koshino. –Chiama Minami, uccidiamo questa volpe e che non se ne parli più.-

-No! Non potete!!- protestò ancora più forte Hanamichi ma ormai l’avevano immobilizzato sul pavimento e non sarebbe riuscito a fare nulla. Non avrebbe sopportato di veder morire Kaede sotto i suoi occhi, non voleva perdere un’altra persona a cui teneva. –Scappa!- gridò rivolto alla volpe. –So che puoi farlo! Scappa. Voglio che vivi! È questo il mio desiderio. Voglio che tu vivi. Non sopporterei di perderti.- gridò con quanto fiato aveva in gola, mentre gli occhi si scioglievano in lacrime.

La volpe inclinò la piccola testa da un lato. Come poteva chiedergli quello? Come poteva chiedergli di lasciarlo lì? Come poteva…

Una chiara luce illuminò la stanza.

Non  sarebbe andato via senza di lui. non poteva lasciare il rossino. Non poteva lasciare colui che gli aveva insegnato tante cose e che gli faceva provare tutte quelle cose strane, quelle che lui chiamava sentimenti.

 

Quello che accadde quella notte fu raccontato, il giorno seguente, arricchito di particolari più o meno fantasiosi man mano che passava di bocca in bocca. Si diceva che uno spirito era apparso nella casa dei Sendoh, che aveva illuminato la notte come il giorno e che in quella luce era sparito portando via un ragazzo. Si diceva che quello spirito fosse un angelo dalla bellezza eterea, si diceva che quello spirito fosse un diavolo venuto per portare le anime all’inferno, di lui si ricordò la bellezza eterea, il candore della pelle, il kimono scintillante e lo sguardo furioso che rivolse ai presenti e quello pieno di dolore che rivolse al rossino.

Per molte notti dopo quella Akira continuò a rivedere in sogno lo spirito avvicinarsi al rossino, allontanare con una mano le persone che lo trattenevano e chinarsi ad accarezzare la guancia del ragazzo, raccogliere le lacrime e portarle alle labbra.

“Esprimi un desiderio…”

Il rossino gli aveva preso la mano e se l’era portata alla guancia. “Voglio andare via, voglio andare via con te. Voglio andare in un posto che posso chiamare casa e quel posto è solo dove tu sei con me.”

La luce diventò più forte accecando tutti.

Quando poterono di nuovo guardare della volpe, dello spirito e del rossino non era rimasta alcuna traccia.

 

Hanamichi riaprì lentamente gli occhi. Tutto intorno a lui si stendeva la foresta ricoperta di candida neve. Teneva ancora per mano Kaede. Un Kaede sano e salvo. Gli strinse più forte la mano. Non voleva lasciarla, per paura che sparisse di nuovo dalla sua vista. L’altro ricambiò la stretta:

- come hai fatto? – si volse a guardarlo

- sei stato tu…- gli sorrise l’altro

- io? Io non ho fatto nulla!

- hai espresso il desiderio…e io ho potuto esaudirlo

Hanamichi arrossì ricordando quello che aveva urlato nel salone della casa di Sendoh, ma era vero, per chissà quale strano motivo non poteva fare a meno di quella volpe…

- Sai – mormorò Kaede facendosi più vicino senza smettere di tenergli la mano e alzando l’altra a sfiorargli le guance – mentre tu non c’eri sentivo una cosa strana qui…- portò la sua mano e quella del rossino intrecciate al centro del petto, là dove avrebbe dovuto esserci il cuore, guardandolo fisso:

- cosa sentivi? –

- vuoto e tristezza perché tu non c’eri…dolore perché tardavi ad arrivare da me…qualcosa di bello quando sei finalmente arrivato…

- quella era gioia…- gli spiegò Hanamichi

Inclinando il capo l’altro annuì:

- lo avevo immaginato…ma c’era qualcosa d’altro…che non so spiegarmi

- cosa?

- mentre ero nella casa del nobile Sendoh e ti aspettavo…non riuscivo a smettere di pensare a te, ripensavo a quanto ero felice quando eri con me,e a quanto ero triste in quel momento perché non c’eri…durante la notte mentre pensavo questo mi uscivano quelle cose chiamate lacrime, ma anche adesso che ti rivedo dopo tanto tempo sento quel pizzicore strano agli occhi, mi piace stare con te, mi piace accarezzarti ed essere accarezzato. Mi piace baciarti e quando lo faccio sento un calore piacevole diffondersi qui nel mio petto dove dovrebbe esserci il cuore-

Hanamichi spalancò gli occhi incapace di rispondere, un po’ perché era incredulo di quello che sentiva, e un po’ perché dopotutto la volpe aveva descritto perfettamente i suoi stessi sentimenti, gli occhi gli si riempirono improvvisamente di lacrime mentre il suo cuore accelerava i battiti:

- cosa c’è? – gli chiese la volpe allungando una mano a sfiorargli la guancia, Hanamichi scosse la testa reclinando il volto per ricevere meglio quella carezza – ma tu stai piangendo…ho detto qualcosa che non va? – insistette Kaede

- no…- si schiarì la voce roca dall’emozione – non hai detto nulla di male, quello che provi è forse il sentimento più bello e più doloroso che ci sia, ma non se ne può fare a meno -

- che cos’è? – l’incalzò la volpe

- E’ l’amore Kaede-

- Davvero? – la volpe chiuse gli occhi  assaporando quelle sensazioni, e così quello era l’amore, quel calore tiepido e morbido che lo avvolgeva cancellando per la prima volta il freddo con cui era costretto a convivere in quanto spirito. Riaprì gli occhi mentre Hanamichi mormorava:

- e la sai una cosa Kaede? Quelle cose le ho provate anche io…e le provo anche ora…

- Anche tu?Quindi…- lasciò la frase in sospeso

e rimasero a guardarsi negli occhi prima di mormorare entrambi:

- Aishiteru..

e unire le loro labbra in un dolce bacio, dimentichi del mondo circostante. (oh beh… non che ci sia molto in giro… alberi, rocce, neve, qualche animaletto, la neve, cespugli, neve, un gufo, la neve, un micio… ho detto la neve? NdD bèh era quello il mondi circostante di cui erano dimentichi ndzia)

 

Si racconta che Hana e Kaede si incamminarono per far ritorno al villaggio e non si voltarono indietro sulla collina per dire addio alla città di Kainan, non ne avevano bisogno, entrambi avevano trovato qualcuno a cui appartenere.

Giunsero nel villaggio di Hana dopo qualche tempo, ma lo trovarono devastato, la devastazione si estendeva per tutta la valle, della casa di Hanamichi non restava altro che un cumulo di macerie. Yohei venne loro incontro, fu molto contento di rivedere il suo amico sano e salvo assieme alla volpe dal manto candido, gli raccontò che l’argine aveva ceduto la notte in cui lui era fuggito dal villaggio,travolgendo tutto e lasciandosi alle spalle quella desolazione solitaria, di tutti gli abitanti del villaggio pochi erano sopravvissuti, Takato e Taoka erano periti con tutti gli altri mentre cercavano di mettersi in salvo sulle pendici delle montagne (zia, sbaglio o ti stavano un po’ antipatici quei due??? ^^;; hai cercato di accopparli dal primo momento che sono apparsi, confessa!!! NdD >_< erano cattivi con Hana, e secondo me è stata la volpe! Hana in fondo ha detto a Yohei che il male fatto doveva ritorcesi contro e ru ha esaudito il desiderio! :P NdL … NdD ). Hanamichi raccontò all’amico della sua avventura in città di come non fosse come in realtà si era aspettato e di come avesse deciso di tornare e trovare un posto per sé e la volpe, dove vivere il resto della sua vita. Rimase con Yohei per qualche giorno aiutandolo alla ricostruzione della sua casa ma giunse presto il momento di ripartire, una sera davanti alla cena Hanamichi comunicò all’amico che se ne sarebbe andato l’indomani.

- e dove andrai? – gli chiese Yohei osservando come l’amico passasse le dita tra il pelo candido della volpe che pareva estasiata di quello.

- nel bosco, alla capanna della vecchia carbonaia, forse mi ospiterà

- Hana...quella capanna è vuota da anni, ancor prima che nascessimo noi…non c’è mai stato nessuno lì da che io ricordi…

- Ma io…

yohei scosse la testa:

- mi pareva di avertelo detto, oltre la pietra bianca nel bosco avvengono cose strane…

- già me lo avevi detto…

Hanamichi non poté trattenere il sorriso che gli salì alle labbra mentre accarezzava il pelo della volpe. Oltre la pietra bianca accadevano cose strane, cose meravigliose…

 

La gente ricostruì il villaggio, lentamente tutto tornò alla normalità, nessuno tranne Yohei era a conoscenza dell’uomo solitario che abitava nelle profondità del bosco in compagnia della sua volpe.

Hana e Kaede vissero per sempre insieme uno accanto all’altro fino a che non si compirono per Hana  i suoi giorni da mortale, nessuno tranne il vento, la luna e le stelle  poterono assistere a quel momento, ma se avessero potuto narrare quanto accadde avrebbero riferito di un Hanamichi stanco, il volto rugoso avvolto dall’abbraccio di Kaede ma tuttavia il suo volto era sereno, appagato di chi lascia una vita piena e felice senza rimpianti:

- Hana – la voce di Kaede fu un sussurro lieve per paura di disturbare il riposo dell’amato.

L’altro sollevò le palpebre stanche andando a incontrare gli occhi blu da cui sgorgavano lacrime di dolore e impotenza:

-  vorrei esprimere un desiderio…- mormorò Kaede mentre il rossino sollevava con fatica la mano ad asciugare quelle lacrime.

- dimmi…

- Così come allora, in quella casa di Kainan, verrò nel posto dove stai andando….non  ti lascerò da solo…perché io ti appartengo e dove vai tu, vado io.

Hanamichi sorrise stanco, nonostante fosse un sorriso sereno. Accarezzò il viso dello spirito che in tutti quegli anni non era minimamente cambiato. Kaede gli prese la mano e gli baciò il palmo.

-Aishi…teru…- fu solo un sussurrò a cui non seguì nient’altro, ma lo spirito lo sentì distintamente e nulla riuscì a fermare le sue lacrime e mentre le lacrime cadevano, esse si dissolsero in miriadi di frammenti di luce. Lo spirito si dissolse e con esso il corpo del rossino.

 

Solo la luna brillante nel cielo e il vento che soffiava tra gli alberi e i fiocchi di neve che scendevano pigramente furono testimoni di quel patto e di quel’amore eterno.

 

 

The End

 

Epilogo

 

Le due bambine si volsero verso la zia seduta sulla sedia a dondolo,con ancora il libro sulle ginocchia:

- allora nipotine mie piaciuta la storia?

- ma finisce male…- protestò Dany aggiustandosi le pieghe del vestito di mussolina

- già perché devono morire? – chiese Anny stringendo a sé il coniglietto di pelusche

- Ma hanno vissuto una lunga vita felice, appartenendo uno all’altro

- Vivere per sempre innamorati, legati per sempre… - Dany ci pensò su. – Oki, forse non finisce tanto male!-