Questa fic è un regalo di compleanno per la ragazza più dolce che abbia mai conosciuto in vita mia: Auguri Saku!!!!! ^__^ Non odiarmi dopo aver letto ‘sta cosa obbrobriosa, ma pensa che l’ho fatta con il cuore, pur non essendone in grado! ç__ç Ancora tanti, tanti auguri!! ^****^
Note1: Chiedo perdono a tutti i fan di Yami, prometto che non lo farò mai più! ç___ç
Note2: Ho cercato di impostarla come se fosse una puntata del manga, non so cosa ne è venuto fuori…ç__ç
Disclaimer: i pg sono di Yoko Matsushita, una donna cui dedicherò un monumento, prima o poi, mentre Watanabe è mio! ^^
Solitudine
di Kieran
La porta dell’ufficio sbatté con violenza ed un uomo di mezza età, con i capelli brizzolati e l’aria molto, molto arrabbiata, entrò a grandi passi ringhiando come un animale feroce; si guardò intorno con furia, attirandosi gli sguardi delle persone presenti.
- Dov’è? – chiese solo ed un ragazzo dai lunghi capelli biondi cominciò a ridacchiare, voltandosi verso il distributore del caffè; l’uomo adocchiò un ragazzino dal viso imbronciato e gli occhi di ghiaccio, e gli si avvicinò velocemente.
- Dov’è quell’imbecille del tuo partner? – gli urlò nell’orecchio; il ragazzo, con aria impassibile e senza neppure guardarlo, allungò una mano verso una scrivania.
- E’ lì sotto.
- Hisokaaaa!!!! – urlò lamentoso il suo collega balzando fuori da sotto il mobile – Ma perché mi hai tradito?
- Tsuzukiii!!! – urlò l’uomo rosso in viso – Vieni immediatamente nel mio ufficio!
Entrò nella stanza di fianco sbattendo la porta contro il muro e l’affascinante ragazzo moro lo seguì a testa bassa e spalle curve, borbottando qualcosa d’incomprensibile. Il ragazzo dai lunghi capelli e gli occhiali si voltò con in mano un bicchierino di carta contenente del caffè nero e si avvicinò al biondino, continuando a ridacchiare.
- Stavolta gli toglie il bonus fino a quando non compirà duecento anni. – canticchiò sedendosi sulla propria scrivania; Hisoka sbuffò e Tatsumi appoggiò dei fogli scuotendo il capo.
- Non avrebbe tutti i torti: quello stupido, invece di cercare l’anima dispersa di quel monaco, si è perso in contemplazione della vetrina di una pasticceria! Se non fosse stato per Hisoka, ora saremmo tutti quanti nei guai!
La porta dell’ufficio del caposezione Konoe si aprì, stavolta lentamente, e ne uscì un abbacchiato Tsuzuki, con dei fogli in mano; si avvicinò alla scrivania del suo compagno e li appoggiò stancamente, poi scoppiò a piangere coprendosi il viso con un braccio.
- Noo!!! Il capo mi ha tolto il bonus per sempre!!! Ma non è colpa mia se mi ha mandato in missione nella patria dei dolci!!
- Che idiota. – borbottò Hisoka coprendosi il viso con una mano; Tatsumi sospirò e prese i fogli adocchiandoli.
- E questo cos’è?
Tsuzuki si lasciò cadere su una sedia, con il viso sconsolato.
- E’ un nuovo caso: se non lo risolvo entro la fine della settimana, posso considerarmi licenziato!
- Ahi, ahi… - ridacchiò Watari sempre più divertito; Hisoka prese i fogli dalle mani di Tatsumi e cominciò a studiare la situazione, leggendo a voce alta.
- Si tratta di un ragazzo di diciannove anni, sembra che dai nostri archivi risulti la sua morte, ma che in realtà sia ancora vivo. I Gushoshins non sanno spiegarsi come sia possibile e tocca a noi scoprirlo…
Appoggiò le carte sulla scrivania ed alzò lo sguardo verso il suo partner; Tsuzuki riprese i fogli sbuffando platealmente e parlò con voce annoiata.
- Ma tu guarda, gli altri sbagliano ed io rischio di essere licenziato! Comunque vediamo, il ragazzo si chiama… Keichi Watanabe.
***
Una ragazza dai lunghi capelli neri correva per il cortile di una scuola, agitando un braccio in segno di saluto e chiamando a gran voce un ragazzo che stava per uscire dal cancello.
- Kei-chan! Aspettami! Avevi promesso di accompagnarmi in centro! Ehi, aspetta!
Il moro si fermò e si voltò, guardandola con occhi duri, le mani in tasca ed un’espressione imbronciata.
- Ah, è vero… - borbottò, però poi sbuffò – Mi dispiace, non posso accompagnarti, mi sono ricordato che ho un impegno.
- Cosa?! Ma hai promesso! – sbottò lei raggiungendolo ed appoggiando le mani sulle ginocchia per riprendere fiato; Keichi si strinse nelle spalle.
- Non posso farci niente. Ciao.
Si voltò e ricominciò a camminare, lasciandola da sola sul cancello; lei si raddrizzò, furiosa.
- Sei uno stronzo, Keichi Watanabe! – urlò con tutto il fiato che le rimaneva, attirando l’attenzione di qualsiasi persona nel raggio di sei miglia. S’incamminò nella direzione opposta a quella presa da Keichi, con faccia offesa e pugni stretti, oltrepassando, senza vederli, due uomini che se ne stavano appoggiati al muro di recinzione del cortile. Il più alto dei due inarcò le sopracciglia, seguendo con lo sguardo la schiena del ragazzo che si allontanava.
- Che brutto tipo! – esclamò ridacchiando; Hisoka non disse nulla ma si staccò dal muro infilandosi le mani in tasca.
- Seguiamolo.
Tsuzuki sospirò, scuotendo il capo: ma perché proprio a lui un partner così glaciale? Lui, così allegro e sempre positivo, si era ritrovato a fare da balia ad un ragazzino taciturno e scontroso, che parlava solo per insultarlo o tradirlo! Pensare che era tanto bello! Era certo che possedesse un sorriso splendido, peccato che non lo avesse mai mostrato! Hisoka aumentò l’andatura, e Tsuzuki dovette rincorrerlo per raggiungerlo, lamentandosi come sempre, ma notò il lieve rossore che gli imporporava le guance.
- Ehi, ragazzino, sei malato?
- Piantala di dire idiozie e non chiamarmi ragazzino! – sbottò Hisoka senza guardarlo; Tsuzuki inarcò un sopracciglio ma non aggiunse altro. Il suo partner si fermò all’improvviso, indicandogli di guardare avanti, dove Watanabe stava osservando qualcosa esposto in una vetrina; Tsuzuki infilò le mani nelle tasche del lungo impermeabile e s’incollò in faccia il suo perenne sorriso.
- Ok, andiamo! – esclamò, ma Hisoka lo trattenne per una manica, senza guardarlo.
- Senti, forse è meglio se risolvi questo caso da solo.
Il ragazzo più alto inarcò un sopracciglio, senza capire.
- Perché?
- E’ meglio, fidati! – borbottò il biondino cocciuto; Tsuzuki piegò il capo su una spalla, cercando di scrutarlo in volto.
- Oggi sei più strano del solito! – esclamò, ma non riuscì ad aggiungere altro, perché un urlo alle sue spalle lo bloccò.
- Hisoka?!
Mentre il biondino abbassava il capo sospirando, Tsuzuki si voltò sorpreso e quasi si ritrovò ad essere travolto da un mezzo ciclone umano che si lanciò addosso al suo collega, saltandogli al collo.
- Hisoka, sei davvero tu? – chiese il ragazzo appeso al collo del biondino; Hisoka cercò di scollarselo di dosso, con poco successo.
- Lasciami! Mi stai soffocando!
- Hicchan!!! – urlò Watanabe stringendolo di più e nascondendo il viso contro la sua spalla – Credevo che fossi morto, lo dicevano tutti quanti!
- Lasciami, Keichi! – esclamò con voce strozzata il biondo; Tsuzuki osservava la scena senza sapere cosa dire o fare: quei due si conoscevano? Cos’era quel “Hicchan”? E perché Hisoka chiamava l’altro per nome?
- Ehi! – esclamò picchiettando un dito sulla spalla del ragazzo abbarbicato addosso al suo partner, ma l’altro sembrò non accorgersi di niente; il moro, allora, cominciò a spazientirsi. D’accordo essere contento di aver rincontrato un vecchio amico, però questo tizio esagerava! Che diritto aveva di prendersi certe confidenze?
- Ti vuoi staccare? – esclamò cominciando ad alterarsi; finalmente Watanabe sembrò accorgersi della sua presenza, perché allentò di poco la presa su Hisoka, che finalmente poté ricominciare a respirare, e si voltò verso di lui.
- E tu chi sei? – chiese con sguardo sospettoso; il moretto incrociò le braccia al petto, fissandolo con espressione astiosa.
- Io sono Tsuzuki Asato e sono il compagno di Hisoka!
- Compagno?! – urlò Watanabe con voce strozzata – Come, “compagno”?! – continuò voltandosi con occhi piangenti verso il biondino; Hisoka scosse il capo, sbuffando.
- Lasciami andare e ti spiegheremo ogni cosa. – disse sospirando, ma il ragazzo sembrava non voler ascoltare altro.
- Sei sparito per tre anni senza dirmi nulla, ed ora ritorni nella mia vita con un compagno? Sei un mostro!
- Keichi…
- Sei sempre stato uno stronzo, ma così esageri!
- Keichi…
- Non stavamo bene insieme? Non ero abbastanza per te? Non… - un pugno in testa bloccò i suoi sproloqui: Tsuzuki aveva agito senza pensare e lo aveva colpito, ed ora cercava di trattenere la rabbia che inspiegabilmente lo aveva assalito ascoltando le sue parole. Cosa significava che stavano insieme? E perché quel tipo si prendeva tante confidenze con un ragazzo così glaciale che non si era lasciato avvicinare neanche da lui?
- Ehi, ma tu chi sei? – sbottò Watanabe voltandosi verso di lui, finalmente lasciando Hisoka, e massaggiandosi il capo dolorante; Tsuzuki inarcò un sopracciglio.
- Mi sono presentato un momento fa! – sbottò, ma Hisoka sbuffò rumorosamente ed afferrò Keichi per un braccio, trascinandolo dietro di sé.
- Spostiamoci dalla strada, dobbiamo parlare!
- Sì tesoro, tutto quello che vuoi! – pigolò il ragazzo seguendolo leggero, e Tsuzuki si ritrovò a digrignare i denti e stringere i pugni: quello già lo odiava!
Erano seduti ad un tavolino d’angolo in un grazioso bar nel centro della città, avevano di fronte tre tè fumanti e dei dolci per Tsuzuki, ma il bel moro non era dell’umore adatto per ingozzarsi come suo solito: dall’altro lato del tavolo, Watanabe se ne stava aggrappato ad un braccio di Hisoka, che beveva il suo tè senza protestare. Tsuzuki non sapeva perché, ma quella situazione gli dava molto fastidio: insomma, lui e Hisoka erano colleghi da alcuni mesi, ormai, ed il biondino non gli aveva mai permesso di toccarlo perché altrimenti ogni suo sentimento lo avrebbe sovrastato attaccando la sua mente. Ma se era vero, perché non si staccava da quel ragazzino appiccicoso? I suoi sentimenti non lo infastidivano?
- Sei tornato per rimetterti con me, vero? – chiese Watanabe con occhi brillanti; Tsuzuki afferrò la tazza di tè bevendo una lunga sorsata, nonostante in quel modo si ustionasse la lingua.
- No. – rispose il biondino tranquillamente.
- Ma sei un mostro! – piagnucolò il moretto facendosi ancora più vicino; Hisoka sospirò, poi si voltò verso di lui.
- Keichi, io sono morto sul serio: noi siamo Shinigami, dei della morte, e siamo venuti da te perché è successo qualcosa d’inspiegabile e dobbiamo indagare.
Il moretto lo guardò inarcando le sopracciglia, riflettendo per qualche minuto; Tsuzuki appoggiò con forza la tazza ormai vuota sul piattino, rischiando pure di romperla, poi osservò il ragazzo sperando che finalmente si decidesse a restituire il braccio ad Hisoka. Watanabe lo guardò per un secondo, poi si voltò di nuovo verso il biondino.
- Quindi lui è un tuo compagno di lavoro? – chiese riflessivo; Hisoka annuì con il capo ed il moretto esplose in una risata felice.
- Evviva! Allora non mi hai tradito! L’ho sempre detto, io, che sei bello come un dio! Visto che avevo ragione?
Hisoka sgranò gli occhi, mentre Tsuzuki per poco non cadde dalla sedia: quel tipo era un idiota! Gli avevano appena rivelato di essere dei della morte, e lui si preoccupava che Hisoka non l’avesse tradito?
- Keichi, forse non mi hai ascoltato! – sbottò il biondino – Noi siamo venuti qui per indagare sulla tua morte!
Il moretto finalmente lo lasciò andare e si appoggiò sul tavolino con i gomiti, assumendo un’espressione concentrata.
- Ma io non sono morto. – disse tranquillamente; Hisoka annuì.
- Così sembra, ma la tua morte è stata archiviata ed i Gushoshins sostengono che non si tratti di un errore.
- I… cosa?
- Lascia perdere! – sbottò Tsuzuki parlando per la prima volta da quando erano entrati in quel bar – L’importante è che ora tu risponda alle nostre domande…
- E tu chi sei? – chiese Watanabe interrompendolo; il moro si alzò in piedi con uno scatto, rosso in viso, pronto a scagliare un paio di Shikigami contro quell’imbecille, ma Hisoka lo raggelò con lo sguardo, prima di parlare con il bellimbusto che gli sedeva di fianco.
- Smettila di prenderlo in giro, Keichi!
Watanabe ignorò immediatamente Tsuzuki e si voltò con occhi sognanti verso il biondino.
- Come vuoi tu, tesoro!
Hisoka guardò il suo partner, con la solita espressione indifferente.
- Siediti e calmati. – ordinò perentorio, ma il bel moro appoggiò le mani sul tavolo, senza obbedire.
- Questo tizio è insopportabile, credo sia meglio se me ne vado a fare un giro mentre tu indaghi! – sbottò; Hisoka lo fissò direttamente negli occhi senza dire nulla, mentre sul viso di Keichi si allargava un ghigno.
- Bravo, lascia soli due fidanzati che s’incontrano dopo tanto tempo! Finalmente ti sei accorto di essere il terzo incomodo!
Tsuzuki non ascoltò oltre, raccolse il proprio impermeabile e si diresse a grandi passi verso l’uscita, però si fermò, tornò indietro, afferrò il vassoio con i pasticcini e, senza dire nulla, uscì dal locale.
***
Si leccò il polpastrello del pollice per ripulirlo dallo zucchero, con lo sguardo perso verso il parco giochi dove molti bambini ridevano e si rincorrevano, urlando e divertendosi; il suo umore era peggiorato da quando aveva lasciato Hisoka e Watanabe da soli, ma si rifiutava di chiedersene il motivo. Però non riusciva ad evitare di pensare che il comportamento del biondino lo aveva ferito: lui non poteva neanche sfiorarlo, ci aveva provato una volta e Hisoka lo aveva scacciato in malo modo sostenendo che essendo empatico, i suoi sentimenti lo soffocassero. Gli aveva creduto, anche perché i Gushoshins avevano confermato quella versione, però perché adesso Hisoka si lasciava abbracciare da quel tipo? Non gli andava! Insomma, credeva di essere la persona più vicina a quel glaciale biondino, ed invece scopriva che in vita aveva avuto un fidanzato, che ci provava ancora spudoratamente.
- Signore, mi regali un dolcetto? – esclamò un bimbetto sorridente fermandosi di fronte a lui; istintivamente Tsuzuki tirò indietro il piatto, però poi guardò il piccolo e gli sorrise: assomigliava tantissimo a Hisoka! Era biondo, con grandi occhi verdi e carnagione pallida, ma a differenza del suo partner, questo bambino aveva un bellissimo sorriso… anche quello di Hisoka era così? E quel Watanabe aveva potuto vederlo?
- Certo, tieni. – mormorò porgendo i dolci al bambino; dal nulla sbucarono altri quattro marmocchi, che assaltarono il piattino svuotandolo. Tsuzuki curvò le spalle, abbacchiato, ma il piccolo si chinò e gli rivolse un sorriso radioso, ringraziandolo; e questo bastò al moro, che ricambiò il sorriso.
- Non è da te offrire i tuoi dolci. – disse una voce impassibile alle sue spalle; Tsuzuki voltò il capo, guardando Hisoka, in piedi dietro di lui. Cercò intorno al ragazzo, ma non vide traccia del rompiscatole.
- Dove hai lasciato Watanabe?
- Sta arrivando. – rispose evasivo il biondo prima di sedersi accanto a lui sulla panchina; per alcuni secondi guardò i bambini che si strafogavano con i dolci rubati a Tsuzuki, poi gli parlò senza voltarsi.
- C’è qualcosa che non va?
Il moretto si strinse nelle spalle.
- Perché me lo chiedi?
- Te ne sei andato arrabbiato, senza motivo.
Senza motivo? Ce lo aveva il motivo, eccome! Lui se n’era andato perché…perché…perché? Lanciò un’occhiata di sfuggita allo splendido ragazzo che gli sedeva di fianco, cercando una risposta a quella domanda; se n’era andato perché lo infastidiva il comportamento di Watanabe, ma ora cominciava a chiedersi perché si fosse arrabbiato in quel modo.
- Watanabe…era il tuo ragazzo quando eri in vita? – chiese cambiando argomento; Hisoka scosse il capo.
- No. Abitava nella casa accanto alla mia e l’avrò incontrato una decina di volte in tutto… ma lui, fin dal nostro primo incontro, ha cominciato a dichiararsi il mio migliore amico, finché non ha deciso, per conto suo, che stavamo insieme.
A queste parole, inspiegabilmente Tsuzuki si sentì sollevato: Watanabe si prendeva tante confidenze in modo arbitrario, senza in realtà averne alcun diritto! Hisoka alzò il viso verso di lui, con espressione sorpresa ed imbarazzata, ed il moretto non capì il perché di quell’atteggiamento, ma ormai la sua mente era persa in altri pensieri: ora che non aveva più motivo di essere geloso, poteva concentrarsi sul caso. Di fianco a lui, Hisoka arrossì furiosamente e si voltò con uno scatto.
- Hai scoperto qualcosa? – gli chiese ed il biondino scosse il capo.
- N…no…
Sorpreso dal tono con il quale Hisoka gli aveva risposto, Tsuzuki lo guardò inarcando le sopracciglia, e vide che aveva il volto abbassato e le mani strette sulle ginocchia; gli sembrava pure rosso in viso, anche se non poteva scorgerlo, ma non poté chiedergli nulla perché una fastidiosa voce urlante gli trafisse un timpano.
- Ehi, non stare così vicino al mio ragazzo! – esclamò Watanabe correndo di fronte alla panchina e sedendosi di prepotenza fra loro due; il bel moro socchiuse gli occhi viola, spostandosi di lato, ma non disse nulla. Hisoka sembrò rilassarsi un poco e sciolse i pugni, riprendendo la solita aria impassibile e parlò con voce atona.
- Devo tornare all’Enma-cho per parlare con i Gushoshins; cercherò di fare il prima possibile.
- Vengo con te! – esclamò allegro Watanabe, ma Tsuzuki gli appoggiò una mano pesante sulla spalla.
- Spiacente, tu non puoi venire all’Enma-cho! Ma accompagnerò io Hisoka!
- No! – esclamò il biondino alzandosi in piedi e trafiggendo entrambi con i suoi glaciali occhi verdi – Ci vado da solo, tu resta con Keichi e non perderlo d’occhio.
- Ma… - provò a protestare Tsuzuki, ma Watanabe lo precedette.
- Io con questo qui non voglio restarci! Voglio venire con te!
- Non fate i bambini! – sibilò raggelante il biondino prima di voltarsi e sparire dalla loro vista; i due rimasero per un attimo in silenzio, poi il ragazzo più giovane si voltò lentamente verso Tsuzuki, guardandolo con odio. Ma l’affascinante moro dagli occhi violetti non si lasciò intimorire.
- Hisoka è mio! – sentenziò Watanabe; Tsuzuki inarcò un sopracciglio.
- E chi lo dice?
- Noi ci amiamo da sempre!
- Hisoka non la pensa così! – replicò seccato; il moretto gli puntò un dito al petto.
- Tu non sai cosa pensa Hisoka, mentre io sì! So leggere dietro la sua maschera fredda, so quanto ha sofferto nella vita e so che ha bisogno di uno come me!
- Ma davvero? – chiese ironico Tsuzuki: dubitava che Watanabe fosse a conoscenza del potere di Hisoka, quello stesso potere che aveva spaventato e disgustato i suoi genitori e che era la causa della sua lunga segregazione in una stanza buia. Si alzò, ignorandolo, e s’incamminò verso l’interno del parco, certo che quel fastidioso tipo lo avrebbe seguito; infatti, pochi secondi dopo se lo ritrovò accanto.
- Ehi, non ignorarmi! – sbottò – Hai capito che devi lasciar perdere il mio Hisoka?
Tsuzuki sbuffò, ma continuò a camminare senza guardarlo.
- Siamo compagni di lavoro, solo questo! – cercò di spiegare con voce calma, ma l’altro scosse il capo con forza e gli corse di fronte bloccandogli la strada.
- Sei un bugiardo! Ho visto come lo guardi, cosa credi?
Il moro inarcò un sopracciglio.
- Non so di cosa parli: Hisoka ed io siamo amici, tutto qui!
- Certo, lui ti considera un amico, ma tu? Per te non è solo un amico! E devi lasciarlo perdere, perché lui è mio, lo è stato per dieci anni e continuerà ad esserlo!
Tsuzuki strinse i pugni nelle tasche dell’impermeabile: quel tipo stava esagerando. Ma chi credeva di essere? Sbucava dal nulla creando problemi all’Enma-cho, si arrogava diritti di proprietà su una persona che neppure lo considerava, ed ora pretendeva pure di analizzare i suoi sentimenti? Sospirò, per calmarsi, e si chinò per arrivare all’altezza di Watanabe.
- Adesso ascoltami bene: per me Hisoka è solo un collega, niente di più! Vorrei essere suo amico, ma penso che sia normale voler andare d’accordo con una persona che si frequenta ogni giorno. Ma i miei sentimenti per lui sono solo questi, chiaro? So che tu vorresti avere un rivale in amore per poterlo sconfiggere ed aumentare il tuo enorme ego, ma quel rivale non sono io! E poi, lasciatelo dire, non hai nessuna speranza di poterti mettere con Hisoka!
La mano di Watanabe scattò per schiaffeggiarlo, ma Tsuzuki fu lesto a ritrarsi e, senza più degnarlo della sua attenzione, ricominciò a camminare, rendendosi conto solo in quel momento di quanto si sentisse furioso e frustrato.
***
- Come sarebbe a dire che l’hai perso di vista?! – sbottò Hisoka battendo le mani sulla scrivania; Tsuzuki, con la fronte appoggiata al palmo della mano, non alzò lo sguardo ma sospirò senza dire nulla.
- Dov’era l’ultima volta che l’hai visto?
- Al parco…abbiamo avuto una discussione e ci siamo separati.
- Una discussione? Per cosa?
Un piccolo sorriso ironico si allargò sul viso di Tsuzuki, che però non rispose: come poteva dirgli che avevano discusso per causa sua? Che Watanabe sosteneva che entrambi erano innamorati di lui? Che si era reso conto all’improvviso di essere geloso del rapporto che il suo collega aveva con quel rompiscatole? Per un attimo rimasero in silenzio, poi il moro alzò il viso ed incontrò i grandi occhi verdi di Hisoka, che immediatamente distolse lo sguardo arrossendo. Corrugò la fronte ed appoggiò il mento su una mano.
- Sei sicuro di stare bene, Hisoka? Oggi non fai che cambiare colore!
- Idiota! – sibilò il biondino voltandosi, chiaramente imbarazzato; Tsuzuki si grattò una guancia, senza aggiungere altro, ed in quel momento i due Goshoshins entrarono nella stanza e si guardarono intorno nervosamente, prima di avvicinarsi ai due Shinigami e parlare con voce bassa.
- Ehm…ci siete solo voi due? – chiese piano il maggiore e Tsuzuki annuì con il capo, incuriosito da quel comportamento; il secondo pennuto cominciò a svolazzare avanti e indietro per l’ufficio.
- Noi…noi abbiamo delle novità per quanto riguarda il caso che state seguendo…
- Che novità? – chiese diretto il biondino, ed il primo Gushoshin cominciò a sudare e ad agitarsi.
- Ecco…è…è stato un errore!
- Un errore? – chiese Tsuzuki appoggiando il mento sulle mani; il fratello minore annuì.
- Omonimia…non sappiamo come sia potuto succedere! Non era mai capitato prima, non abbiamo mai commesso un errore tanto stupido, non…
- Ehi, calmati! – esclamò il moro ridacchiando – Se è così si è risolto tutto, no?
Sorrise, felice di non dover più avere a che fare con quell’odioso ragazzo, ma il Gushoshin maggiore si fiondò sulla scrivania, in lacrime.
- Non è così semplice! Il ragazzo, ora, sta minacciando di buttarsi da un grattacielo, perché vuole diventare uno Shinigami e poter stare per sempre con Hisoka!
- Cosa?! – sbottò Tsuzuki balzando in piedi e facendo cadere il pennuto: ora quel Watanabe stava esagerando! L’allegria di poco prima aveva ceduto il posto ad un borbottio di fondo nella sua mente, una rabbia strisciante e pericolosa.
- Dov’è? – chiese solo con un’espressione terrorizzante in viso, ed i Gushoshins gli diedero le coordinate pregandolo di non dire al capo che avevano commesso un errore così stupido; afferrò il proprio impermeabile e si voltò verso Hisoka, che lo osservava con calma passività e, senza dire una sola parola, gli prese un braccio e lo portò con sé sulla cima del grattacielo.
Watanabe era in piedi sul cornicione dell’edificio e si guardava intorno evitando accuratamente di sbirciare in basso; Tsuzuki gli si avvicinò come una furia e quando lo vide, il giovane ragazzo strinse i pugni e gli puntò contro un dito.
- Cosa ci fai, tu, qui?! Dov’è Hisoka?
- Ci sono anche io. – mormorò il biondino pochi passi alla sua destra; Watanabe sorrise come un ebete e Tsuzuki si fermò appoggiandosi i pugni chiusi sui fianchi.
- Scendi immediatamente da lì! – sbottò ed il ragazzo lo guardò riprendendo la sua aria arrabbiata.
- No! Io ora mi butterò e diventerò un dio della morte, così starò sempre con il mio Hicchan!
- Hisoka non è tuo! – sbottò il moro senza neppure riflettere.
- E sarebbe tuo? Fammi il piacere! Lui è il mio ragazzo, siamo stati separati per tre lunghissimi anni, ma ora niente potrà più dividerci!
Si guardarono in cagnesco per alcuni istanti, poi Tsuzuki si voltò con uno scatto verso il suo collega.
- Ehi, perché non dici niente?! – sbottò; il biondino inarcò un sopracciglio, poi sospirò e guardò Watanabe, parlando con la solita voce fredda e controllata.
- Scendi da lì, è inutile che ti uccidi: non diventerai automaticamente uno Shinigami, solo il re Enma decide chi può esserlo. Ed anche se dovesse sceglierti, non è detto che tu sia mandato all’Enma-cho.
Tsuzuki rimase senza parole: non era quello che intendeva lui! Hisoka non doveva dirgli quelle parole, ma far capire a quell’idiota di Watanabe che non provava niente per lui e che non era il suo fidanzato! Keichi scosse il capo, cocciuto.
- Voglio stare con te! – disse con tono lamentoso; il moro dagli occhi violetti sospirò, digrignando i denti, ma decise di essere diplomatico.
- Senti! Se muori, qualcuno qui sulla terra sentirà la tua mancanza e soffrirà molto!
- Non ho nessuno! – sbottò Watanabe – Sono orfano, non ho parenti, nessuno sentirà la mia mancanza! Hisoka è l’unica persona importante della mia vita!
Quelle parole sorpresero Tsuzuki, che non riuscì a reagire: quel ragazzo non aveva mai avuto nessuno a parte Hisoka? Non lo sapeva! Forse…forse era scritto nella sua scheda, ma lui non l’aveva letta… Comunque, forse cominciava a capire perché si era tanto appiccicato al biondino, e la rabbia che provava cominciò a scemare lentamente, lasciando il posto ad un sentimento vago, che ancora non riusciva a delineare.
- Se ti ucciderai, io avrò la tua morte sulla coscienza, per l’eternità. – disse piano Hisoka; Watanabe lo guardò, sorpreso, ma non si lasciò convincere neppure da quelle parole e scosse il capo.
- No! Perché io non lo faccio per te, ma per me! Perché voglio starti accanto, per non essere più solo!
- Keichi… - mormorò Hisoka con espressione triste ed in quel momento Tsuzuki si sentì assalire dall’angoscia e si voltò con uno scatto, chiudendo con forza gli occhi. Ma cosa stava succedendo? Perché si sentiva così frustrato? Da quando aveva scoperto il reale motivo che spingeva Watanabe a voler stare con Hisoka, non solo non riusciva più ad odiarlo, ma provava pure compassione per lui. E c’era di peggio! Aveva un blocco all’altezza dello stomaco, un sentimento che spingeva per liberarsi e che faticava a tenere imbrigliato: voglia di piangere! Ma perché?
- Hicchan, permettimi di venire con te. – disse gentilmente Watanabe e per un attimo Hisoka non rispose; ma lo fece Tsuzuki, voltandosi con fare deciso.
- Ti sbagli! Qui c’è qualcuno che tiene a te! C’è una ragazza che è innamorata di te! E tu la farai morire di dolore!
Entrambi i ragazzi lo guardarono, sorpresi, e Tsuzuki si avvicinò lentamente a Watanabe.
- Quella ragazza che stamattina ti ha inseguito a scuola: lei tiene molto a te! Ed anche i tuoi compagni di classe, sono certo che ti vogliono bene! Pensaci, Watanabe! Rinuncerai al loro affetto e non otterrai nulla in cambio: solo chi lascia questo mondo con un grande rimorso, può diventare Shinigami! E tu non ti lasceresti nulla alle spalle! Moriresti e noi condurremmo la tua anima alla sua destinazione finale: non solo non potresti avere Hisoka, ma neppure l’affetto di tutte le persone che ti circondano.
Watanabe lo fissò, sorpreso dalle sue parole ed in quel momento anche Hisoka gli si avvicinò, parlando con gentilezza.
- Keichi… tu non l’hai mai saputo, ma io sono un empate: posso leggere i pensieri delle persone ed avvertire i loro sentimenti. Anche quando ero in vita, ho sempre saputo che tu in me vedevi l’unico appiglio per non restare solo, dicevi di amarmi quando invece cercavi solo conforto. Anche ora è così: tu non sei innamorato di me, non vuoi morire per stare al mio fianco. Sei solo stanco di stare da solo. Ma sei tu stesso che tieni gli altri lontani, e questo, ora, è colpa mia: perché sono morto, e tu temi che possa accadere di nuovo. Non ti avvicini a nessuno, non permetti a nessuno di avvicinarti, perché hai paura di perderlo com’è successo con me. Ma uccidendoti non porrai rimedio a questa situazione: sarai ancora più solo.
- Hisoka. – mormorò il ragazzo con gli occhi lucidi; il biondino continuò.
- Ha ragione Tsuzuki: ci sono persone che tengono a te e la ragazza di stamattina è innamorata sul serio, l’ho letto nel suo cuore. Se solo tu le concedessi una possibilità, sono certo che la vita non ti sembrerebbe più così vuota ed inutile.
Watanabe abbassò il viso con uno scatto, per nascondere le lacrime che cercavano di sgorgare dai suoi occhi, però mosse un passo in avanti scendendo dal cornicione e strinse i pugni frementi lungo i fianchi.
- Mi dispiace… - mormorò – Vi ho fatto perdere tempo! Ma quando ti ho rivisto, Hicchan, ho creduto che finalmente sarei riuscito a riempire la mia vita, che non sarei più stato solo.
- Tu non sei solo… - cominciò Tsuzuki, ma il ragazzo lo bloccò con un gesto della mano.
- Mi dispiace averti offeso e attaccato! – esclamò senza rialzare il capo – Ma quando ti ho visto con lui, ho creduto che Hisoka mi avesse dimenticato e sostituito con te! Quando era in vita, io ero l’unico che era riuscito a parlargli qualche volta, il suo unico amico. E quando vi ho visti insieme, ho capito che tu per lui sei più importante di un collega… ed ero geloso di te!
Tsuzuki abbozzò un sorriso: e lui che si era ingelosito di Watanabe! Il nodo che sembrava stringergli lo stomaco si sciolse all’improvviso, lasciando solo una sensazione di sollievo, ma non cercò di darsene una spiegazione; si avvicinò a Watanabe e gli appoggiò una mano sulla spalla, sollevandogli il viso con le dita. Il ragazzo piangente sfuggì il suo sguardo, ma non si sottrasse a quel contatto.
- Ti accompagnamo a casa. – mormorò il moro, poi gli cinse le spalle con un braccio e lo condusse con sé.
***
Ma quanto era imbecille su una scala da uno a cento? Sei milioni! Per tutto il giorno aveva notato che Hisoka arrossiva e distoglieva lo sguardo, ma non aveva capito cosa gli passasse per la testa ed aveva pensato che fosse malato! A parte che uno Shinigami non poteva ammalarsi, ma come aveva fatto a dimenticarsi che il biondino era un empate? O meglio, non se l’era dimenticato, solo che non aveva considerato il fatto che Hisoka potesse avvertire anche i suoi pensieri! E non si era accorto che il suo collega arrossiva solo quando gli stava di fianco e solo dopo che lui aveva formulato pensieri che lo riguardavano! E le sue congetture, quel giorno, erano tutte dettate dalla gelosia che aveva provato a causa di Watanabe! Ed ora Hisoka sapeva che lui non solo era geloso, ma lo riteneva pure molto bello e si chiedeva come fosse il suo sorriso! Aveva fatto un riassunto di tutto quello che era successo in giornata, e più o meno quello era ciò che si ricordava di aver pensato… sperava non ci fosse di peggio! Doveva rimediare in qualche modo, doveva ritrattare ciò che aveva pensato, in fondo lui non provava niente per Hisoka, solo rispetto per un collega! Proprio così!
- Mi stai ascoltando, Tsuzuki? – borbottò l’uomo che sedeva all’altro capo della scrivania; il moretto si riscosse ed annuì esibendo un sorriso di scusa.
- Ma certo capo!
- Bene, allora puoi andare.
Tsuzuki si alzò ed uscì dall’ufficio, chiedendosi di cosa avesse parlato Konoe, visto che non aveva ascoltato una sola parola, però adocchiò Tatsumi seduto alla scrivania accanto all’ufficio e gli si avvicinò.
- Senti, la porta dell’ufficio era aperta, per caso hai sentito cosa mi ha detto il capo?
Tatsumi ridacchiò ma, invece di rispondergli, gli indicò di guardarsi alle spalle; Tsuzuki si voltò e sbiancò: Konoe era proprio dietro di lui.
- Tsuzuki, imbecille! Lo sapevo che non avevi ascoltato una parola!
- Ma…
- Se proprio lo vuoi sapere, ti ho detto che visto che hai risolto il caso in una sola giornata, avevo deciso di ripristinare il tuo bonus, ma adesso ho cambiato idea! Niente bonus per i prossimi cinque anni!
- Ma capo! – piagnucolò il moro girandogli intorno con occhi lacrimanti, ma l’uomo tornò nel suo ufficio e gli sbatté la porta in faccia; Tsuzuki, con la schiena curva, uscì borbottando dall’ufficio, protestando contro il cuore di pietra che si dimostrava sempre troppo insensibile con una povera anima come la sua. Ma dimenticò subito ogni proposito di suicidio, anche perché inutile, quando vide una figura snella poco davanti a lui; si raddrizzò allegramente e corse accanto al suo collega, rivolgendogli un sorriso gentile. S’impose di vuotare la mente e si preparò a ritrattare ogni cosa pensata.
- Hisoka! – esclamò raggiungendolo; il ragazzo si voltò e lo guardò impassibile come sempre – Cosa fai qui? Perché non sei venuto in ufficio dal capo?
- Non avevo voglia di sentirlo gridare contro di te.
- Abbiamo risolto il caso a tempo di record, perché avrebbe dovuto gridare?
- Il motivo non lo so, però si è sentito da qui fuori che ti ha urlato che sei un imbecille.
Il moro tossicchiò, imbarazzato, e cambiò rapidamente argomento.
- Sembra che Watanabe abbia seguito i nostri consigli: ieri sera è uscito con alcuni amici.
Hisoka annuì con il capo, abbozzando un sorriso appena accennato.
- Ne sono contento. – mormorò, ma Tsuzuki non se ne accorse: rimase semplicemente imbambolato a fissarlo. Quel sorriso appena abbozzato aveva trasformato il viso del suo compagno, rendendolo semplicemente stupendo: chissà in che modo sarebbe risplenduto se illuminato da una risata vera! Hisoka alzò il capo con uno scatto, arrossendo per l’ennesima volta, e Tsuzuki si diede dell’idiota: aveva di nuovo lasciato trasparire i suoi pensieri! Pensare che aveva deciso di ritrattare tutto perché senza senso! Ma ora una cosa credeva di averla capita: i sentimenti provati durante quella strana giornata, un senso ce l’avevano, eccome! Ed era inutile, nonché stupido, cercare di camuffarli o negarli: per lui Hisoka non era solo un compagno di lavoro o un amico, ma qualcosa di più. Il biondino girò il capo con uno scatto, ma il ragazzo più alto gli mise due dita sotto il mento, facendolo nuovamente voltare verso di sé; si chinò sorridendogli ed avvicinò i suoi occhi viola a quelli verdi e sgranati del biondo. Senza dire nulla gli sfiorò le labbra con un lieve bacio, poi si ritrasse appena.
- Prima o poi riuscirò a vedere il tuo bellissimo sorriso. – sussurrò sulle sue labbra prima di raddrizzarsi ed allontanarsi, salutandolo con un cenno della mano.
(Fine)
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