"Vendetta, voglio vendetta!"
Era questo ciò che mi ripetevo fino a poco tempo fa. Ora le cose sono cambiate, quel desiderio lo conservo ancora, ma dorme, forse aspetta il momento buono per risollevarsi ed attaccarmi, ma durante questi periodi di pace non sarà facile per lui avere il sopravvento.
Non voglio ricadere in lui, non così presto, ho vagato per anni pensando solo alla vendetta, sacrificando me stesso, a quell’unico scopo, uccidere un uomo.
Un uomo che amavo, che ammiravo, che mi riempiva la vita, in cui avevo fiducia. Un uomo che in un attimo mi ha distrutto, mi ha tolto tutto, mi a reso inumano, uno schiavo pronto a servire la sua padrona Vendetta a qualsiasi costo.
Vivevo senza amici, senza emozioni, senza sentimenti, mi comportavo in modo che niente mi coinvolgesse. Quello che facevo, le persone che incontravo, i luoghi che visitavo, tutto mi passava accanto sfiorandomi lasciandomi addosso niente più che un po’ di polvere sui vestiti. Ricordi di quegli anni non ne ho, come potrei, non mi soffermavo su nulla d'esterno al mio dolore.
Quell’individuo mi ha privato di tutto ciò a cui tenevo e in cui credevo, la famiglia, l’amore, la fiducia nel prossimo e in me stesso.
Ma se odiavo tanto quell’uomo, perché ho continuato a cercare cose che me lo ricordassero?
Ho anche cominciato a fumare. La stessa marca di sigarette che lui portava fra le labbra, per non dimenticare il suo odore. Perché?
Sono stato riscosso da questo mio stato quando, finalmente l’ho rivisto, l’ho inseguito e ci siamo scontrati. Era forte, non so se sarei riuscito a batterlo, ma se ne andò prima di terminare lo scontro dichiarando non curante di avere altri impegni, avrei potuto inseguirlo, ma non ne ebbi la forza in quell’istante.
Il ragazzino che incontrai poco dopo, in balia del suo migliore amico trasformato nel suo peggior nemico, mi svegliò del tutto da quegli anni buoi.
La ragazza, quella giovane donna significata la vita per quel ragazzino, e lui ha dovuto assistere alla sua decapitazione senza poter intervenire, l’ha vista spegnersi in un momento, non potendola neanche toccare per un’ultima volta, senza potergli esprimere i suoi sentimenti, i suoi pensieri.
L’altro ragazzo ha alzato la spada e ha dato inizio all’esecuzione, a quella strana danza macabra che ha creato un’altra arma simile in tutto e per tutto a quella che teneva in mano.
Due ragazzi. Due spade. Due destini. Una battaglia per il futuro del mondo.
Non me la sentivo di lasciare quel ragazzino, Kamui, in balia di se stesso dopo tutto quello che aveva passato. Ero l’unico in grado di farlo tornare alla realtà e trascinarlo fuori dai ricordi che lo incatenavano. Non sopportavo di vederlo abbandonato su quell’immenso letto mentre stringeva al petto ciò che rimaneva della ragazza con uno sguardo privo di vita. Dovevo fare qualcosa, o almeno tentare, mi ricordava troppo me stesso.
Anni prima anch’io mi trovai ridotto in quelle condizioni molto simile ad un vegetale, rifiutandomi di tornare nel mondo reale, che non avrebbe avuto più senso dopo le rivelazioni di Seishiro, mi stavo lasciando morire a causa di quell’uomo.
Fu la morte di mia sorella Hokuto a riportarmi indietro e a darmi la forza di affrontare ancora una volta il mondo, con le mie paure e la mia solitudine, ed un unico scopo, uccidere Sakurazuka.
Presi il piccolo viso di Kamui fra le mani, gli toccai la fronte con la mia e mi ritrovai nei suoi sogni.
Vidi Kamui compiere l’atto che poco prima avrebbe fatto di tutto per fermare. Conficcare la lama nella carne della giovane.
Lo osservai nelle sue fattezze infantili mentre giocava a rincorrersi coi suoi amici, la ragazza e un altro bambino, la cui immagine si spezzo rilasciando un corpo maturo d'adolescente, lo stesso che avevo visto nella realtà, il migliore amico del ragazzino, Fuma.
Cercava disperatamente di non credere a quello che vedeva di stringere gli altri due bimbi a sé, per non farli scomparire, ma si stavano già dissolvendo.
Ora ero più che mai determinato a tirarlo fuori da quella prigione onirica. Lo scrollai, doveva guardarmi, ascoltarmi.
Mi scoprii come non avevo mai fatto con nessuno, ma con lui dovevo.
Gli raccontai di me, di Seishiro e di Hokuto.
Entrambi avevamo perso una persona che amavamo per mano di un'altra che ci aveva traditi. Io ne ero uscito, non senza dolore e sofferenza, ma avevo comunque deciso di ricominciare a vivere, lo stesso volevo che facesse lui. La guerra che avrebbe dovuto combattere si stava avvicinando, avrebbe patito anche più di così, doveva diventare forte, costruirsi un a barriera invalicabile.
La figura del bambino che mi stava di fronte cominciò a cambiare assumendo infine le forme del ragazzo che giaceva realmente nel letto.
Uscimmo insieme da quell’incubo, ritornando a percepire i contorni della stanza in cui ci trovavamo, i respiri degli altri draghi del cielo che ci stavano vegliando.
Svenni fra le braccia di Kamui poco dopo, completamente senza forze.
Nonostante tutte le mie proteste i miei "nuovi amici" mi hanno infine convinto ad abitare insieme ad Arashi, Sorata, Yuzuriha e Kamui, in una grande casa che avrebbe anche avuto la funzione di base di ritrovo in caso di imprevisti. Seichiro e Karen per motivi di lavoro e non so che altro, hanno deciso rimanere a vivere nelle rispettive case.
Le battaglie tra noi Sigilli e i Draghi della Terra sono spesso intervallate da periodi di calma e pace, in questi momenti mi sento svuotato, dopo anni passati da solo a pensare alla vendetta mi trovo disorientato dai ragazzi che mi circondano e anche dall’affetto che riescono a dimostrarmi malgrado il mio distacco per lo meno apparente.
"Subaru" E’ impossibile per il mio udito non riconoscere questa voce adolescenziale.
"Kamui, ancora in crisi coi compiti" Lo prendo in giro.
"Non ce la farò mai a recuperare tutto da solo, per favore."
"E va bene, andiamo in gazebo, almeno fuori posso fumare."
Kamui, come gli altri, ha ricominciato a frequentare le lezioni a scuola, cessate le battaglie, e ora si ritrova indietro con il programma un po’ in tutte le materie, ma in matematica non ha proprio speranza di recuperare, è un vero disastro, anche col mio aiuto non so quanto di buono combinerà.
"Perché fumi così tanto?"
Non mi va di rispondere a questa domanda, ma so che n'arriveranno altre.
"Perché vuoi continuare a ricordarti di lui mentre affermi che lo odi?"
"Non mi va di parlarne! E se non sbaglio siamo qui per cercare di salvarti la carriera scolastica!"
Silenzio, e faccia china sui libri.
"Scusa, non volevo urlare. Ma sai che preferisco non parlarne, quindi chiuso argomento."
Pessima giornata, la domanda di Kamui mi ronza ancora nella testa.
La cosa bella di vivere con più persone è che c’è sempre qualcuno che cucina meglio di te e si può sfruttare, nel nostro caso…
"Arashi, è tutto squisito, te l’ho mai detto che saresti una splendida mogliettina!"
Kishu se la cava splendidamente in cucina, per nostra fortuna. E ovviamente Sorata non perde occasione per corteggiarla. Almeno ravvivano un po’ la casa.
"Dai non fare così! No, mica vorrai veramente…Ite!!!" E come al solito il ragazzo si è ritrovato con qualcosa in testa. Una pentola, per la precisione.
"Kamui, stai bene? Mi sembri tremendamente giù di morale. Non è che Subaru ti fa studiare troppo?" Però è un vero ficcanaso.
"No, Sorata, sto bene sono solo un po’ stanco."
"Davvero? Sarà ma non ti credo, e poi anche tu Subaru sei più taciturno del solito. Avanti cosa è successo. Ha sbagliato un’equazione e te la sei presa troppo!" Ritiro, non è un ficcanaso, è un rompiscatole patentato.
"No davvero, Subaru concentra. Ultimamente ho avuto qualche incubo e dormo poco, ma sono cose passeggere. Squisito questo riso al curry Kishu."
"Grazie Kamui, ne vuoi ancora un po’, hai bisogno di mangiare per rimetterti bene in forze."
Cara ragazza. Sempre premurosa, e anche forte quando serve, non mi stupisce che Arisugawa gli muoia dietro.
"Si, anch’io Arashina cara, ancora. Per favore." Per fortuna per distrarre Sorata basta poco.
Stasera la piccola Yuzuriha non cena con noi, ha telefonato poco prima dicendo che si sarebbe fermata per la notte da Seichiro, quei due vanno veramente d’accordo, sembrano padre e figlia.
Era una notte di pioggia, il buio veniva rischiarato solo da qualche fulmine seguito dall’inevitabile boato del tuono.
Quand’ero piccolo avevo paura, andavo sempre a rifugiarmi in camera di Hokuto, adesso non provo più paura, perché, anche se la provassi non saprei dove nascondermi.
Stavo sdraiato sul letto a leggere il resoconto di un esorcismo che mi aveva inviato nel pomeriggio mia nonna, e ogni tanto sbirciavo fuori dalla finestra sperando che la tempesta si placasse, ma non ne dava segno.
Era già notte fonda, in casa tutti dormivano.
Concentrato sullo scritto che avevo fra le mani non mi accorsi che qualcuno era entrato nella stanza, finche non ne notai l’ombra sulle mie gambe.
"Kamui, come mai sei ancora sveglio a quest’ora di notte?" Chiesi mentre mi alzavo.
La mia azione fu fermata dalla sua mano, e mi trovai seduto, mentre lui si sistemava in ginocchio sul letto accanto a me.
Alzò le braccia, mi prese il viso fra le mani e mi baciò, con la disperazione che può provare un bambino che si è perso. Non lo fermai e mi lasciai andare.
Mosse la mani dal mio viso al mio cuore, allontanò le sue labbra dalle mie e mi guardò.
"Ho bisogno di te" Sussurrò, poi crollò addormentato al mio fianco.
Avrei potuto rifiutare quel contatto, prenderlo fra le braccia e riportarlo nella sua stanza, coprirlo ad andare dormire su un divano.
Non feci nulla di tutto ciò, mi limitai a stendermi a mia volta, circondarlo con le braccia, tirare le coperte fino ad avvolgerci entrambi, spegnere la luce sul comodino e crogiolarmi nel tepore che mi dava il suo corpo contro il mio.
Domani non mi sarebbe piaciuto dovermi alzare.
…End…
Spero sia piaciuta ^__^
Ringrazio tantissimissimo Sasha, che ha avuto, come sempre, la pazienza di leggerla e darmi un giudizio, grazie grazie, mi prostro ai suoi piedi.
Sempre Sasha mi ha proposto di continuarla, io non so, sono indecisa, mah, sono indecisa, non so cosa potrebbe uscirne, però ci penserò.