DISCLAIMER: I personaggi non appartengono ad Amrita ma ad Inoue-sama e la poveretta non ci guadagna neanche una lira scrivendo 'sta storia.


Sole spento

di Amrita


Lente e ritmate cadevano gocce di pioggia come lacrime di Dio.
Il buio dell'inferno si trovava in quella camera.
Rannicchiato sul letto, come un animale morente, un ragazzo in posizione fetale.La sua pelle era bianca, capelli neri, occhi a mandorla, lo spettro di un ricordo passato.
Dentro di sé sentiva un terribile vuoto e dai suoi occhi trasparivano le tracce tangibili di una strana paura.
Non era stato terribile scoprirsi gay, come per un diverso non è terribile scoprirsi tale.
Non che l'avesse sempre saputo, ma la sessualità era sempre stata per lui un problema secondario.
Perché porsi problemi se nessuno riusciva ad interessarlo?
Era stufo di combattere e di cercare occhi diversi.
Tremava, ma non c'era freddo, la coperta avvolta in torno al suo corpo, come un manto, non riusciva a trasmettergli alcun calore.
Quegli occhi avevano cercato lui, l'avevano trovato, sedotto, e dominato. L'avevano reso felice, gli avevano inferto ferite.
Akira.
Sempre lui.
Non riusciva a ricordare come avesse scoperto l'omosessualità del suo rivale, e non riusciva nemmeno a ricordare quando e come gli svelò la propria.
Il suo viso sì, quello lo ricordava.
I capelli a punta, gli occhi profondi, intensi, che nascondevano labirinti pericolosi e luoghi oscuri. Tanti sguardi nei suoi occhi: sguardi di amicizia, d'amore, d'eccitazione, di sofferenza. Ma non quelli, nessuno di quelli era il suo sguardo. Era un piccolo e bastardo Jolly, un folletto dispettoso, un ammaliatore di fate, Akira era proprio così, riusciva a manipolare le proprie emozioni e quelle degli altri, con prepotenza penetrava il cuore delle persone, e ,da lì, li soggiogava.
Amandoli e odiandoli, e facendosi odiare ed amare allo stesso tempo, diventava il loro carnefice e salvatore, l'eroe e il cattivo.
Rukawa lo capì la prima volta che lo vide, eppure non riuscì a sottrarsi al suo giogo.
A causa di quello sguardo. Lo sguardo che Sendoh regalò a Rukawa era forse il più vero e per questo anche il più pericoloso: quello dell'animale in gabbia che rinuncia anche alle proprie emozioni per arrivare alla meta. Emozioni e pensieri soffocanti, quelli di Rukawa.
La sua bocca, la sua bocca lo tormentava. 
L'aveva saggiata per la prima volta due mesi fa.
Il tetro Kaede Rukawa era rinato. Ciliegie da spolpare le sue labbra, come vino rosso la sua lingua l'inondava,inebriandolo.
Non poteva più fare a meno del dolce miele che, caldo, sgorgava da quelle labbra, e come un bambino inesperto che rivuole il suo giocattolo più bello, richiedeva infinite volte quel tepore, che lo nutriva e lo ammaliava, ma che non riusciva mai a soddisfare la sete del suo corpo.
Maledetto Demone va' via dalla mia mente. Ti ho chiesto del tempo per pensare, ma non riesco a fare altro che desiderarti. Ridammi me stesso!
Non si riconosceva più.Era vittima di emozioni sconosciute, che non riusciva a reprimere o ad annientare.
Doveva ritrovare se stesso, la personalità di Akira era troppo prorompente, e lui troppo immaturo per contrastarla apertamente.
Erano passate quasi due settimane da quando, per la prima volta, gli aveva detto di No.
-"Andiamo a letto insieme."-
Gli aveva detto solo quello,quattro parole buttate lì così, che gli misero i brividi.
Il loro stare insieme era senza legami, non c'erano regole, non c'erano emozioni espresse, c'era solo piacere, curiosità, interesse ed attrazione reciproca.
Lui era vergine.Sapeva che prima o poi sarebbe successo, e di certo non aveva paura di una storia di sesso.
Solo non voleva essere il suo oggetto, un altro trofeo da mostrare, voleva fargli ciò che aveva fatto a lui, voleva farlo impazzire al solo tocco col suo corpo, voleva riprendersi ciò che era suo e rubargli l'anima.
L'anima, ma Sendoh l'aveva?
No, ciò che più lo spaventava è il rapporto che nasce tra due persone che fanno del sesso. Non sapeva se sarebbe riuscito ad andare a letto con lui e comportarsi normalmente il giorno dopo. Temeva il potere che gli avrebbe conferito il suo corpo dopo quella notte.
Oltretutto lui era troppo assolutista, lo desiderava, lo voleva troppo, per pensare di condividerlo con qualcun altro. E poi aveva paura, paura di turbare quell'equilibrio che si era venuto a creare tra loro, quella strana complicità che passava attraverso i loro occhi senza aver bisogno dell'ausilio delle parole, che viveva nel silenzio dei loro gesti, che si esprimeva con azioni incompiute.
Un districato groviglio di emozioni invadeva i pensieri di Rukawa.
Due giorni, aveva altri due giorni per decidere se darsi a lui o...
"Basta, non voglio che quello stupido mi crei altri problemi, adesso vado da lui e gli dico che devo pensare al basket, a diventare il numero uno del Giappone,e che lui mi distrae troppo. <Ci rivedremo sul campo> gli dirò freddamente, e andrò via!"
Tirò un sospiro di sollievo.Qualunque fosse stata la sua decisione l'aveva finalmente fatto, l'aveva presa. E poi perché mai continuare una storia che sarebbe comunque destinata a finire? No, meglio troncare subito, meglio smetterla ora, ora che riusciva ancora a staccarsi da lui.

                                                ________________________________

Prese la sua inseparabile bici e si diresse verso casa di Sendoh.
La notte non era troppo fredda e quel venticello fresco che si abbatteva sulla sua faccia, a causa della velocità, lo faceva sentire rinato, come fuggito da un lungo periodo di prigionia.
La casa era completamente al buio, e un silenzio innaturale l'invadeva.
Bussò, ma la porta principale era aperta.
"Non gli sarà successo qualcosa."- il solo pensiero gli diede i brividi.
Andò in camera di Akira.Una figura scura, illuminata solo dalla luce proveniente dalla strada, si trovava rannicchiata sotto la finestra, immobile.
-"Sendoh, mi hai fatto prendere un colpo! Sono venuto qui per parlarti di quella cosa."-
Ma non un sospiro uscì dalla bocca di Sendoh. Aveva gli occhi aperti e fissi sul pavimento, nessuno sguardo questa volta. Era perso nel vuoto.
-"Sendoh mi stai facendo preoccupare, cos'hai?"-disse Rukawa, cercando di avere un tono il più dolce possibile.
Si sedette accanto a lui.
Non erano abituati a certe smancerie, il loro era un rapporto di impatto, era una guerra infinita, ma Rukawa capì che questa volta non era come le altre. L'abbracciò.
Rimasero così per almeno mezz'ora, il corpo di Sendoh era rigido, solo il suo respiro lo rendeva vivo, e le sue mani, dalle quali sembrava trapelare tutto il suo dolore.
Iniziò a baciargli lentamente la faccia, i lobi delle orecchie,il collo, affondò il viso nei suoi capelli.
In quel momento lunghe e calde lacrime iniziarono a scivolare piano dagli occhi di Sendoh, il suo corpo si fece meno rigido, si voltò verso Rukawa.
Vedere per la prima volta il compagno di tante sfide così fragile e scosso lo trasformò a sua volta. Dolcemente, raccolse le lacrime che gli erano scivolate lungo il viso con le sue labbra, gli baciò gli occhi, il naso, la bocca.Un bacio leggero.
Sendoh si meravigliò nello scoprire in quel bacio non il compagno irruente e voglioso di qualche sera prima, capace di pensare solo al soddisfacimento del proprio piacere, ma una persona disposta a comprenderlo.
-"Un mio amico.era stato anche con me.guidava ubriaco. Improvvisamente un'altra macchina in una curva.."- disse e riscoppiò in un altro singhiozzo.
-"Non mi devi nessuna spiegazione, non ce n'è bisogno"- disse Rukawa , ora con voce più dura, nella quale Sendoh riuscì a decifrare l'impercettibile gelosia, che l'aveva animato quando gli aveva parlato di un suo amante. Guardò quello stupido caschetto, quegli occhi imbronciati e battaglieri, la pelle bianca, e qualche accenno di colore sulle labbra, perché fossero visibili nel viso.
Gli sorrise e iniziò a baciarlo, con forza. Rukawa, dapprima restio, cedette sotto il tocco delle labbra che aveva tanto desiderato e ricambiò il bacio.
Le sue mani iniziarono a scorrere lungo l'ampio torace dell'altro, che emetteva dei gemiti confusi.
Si ritrovarono senza maglietta, distesi sul letto. Akira, mentre baciava i suoi capezzoli, procurandogli sensazioni indefinibili, giocherellava con i bottoni del pantalone.
Sussultò.
Cosa sto facendo -pensò- avevo deciso di non farlo. Perché poi? Con lui è inutile pensare a quello che sarà, c'è solo il presente.Ho deciso di rischiare. Dovrò vincere anche questa partita.
Per un momento si guardarono in viso, ed a Rukawa parve che Akira riconoscesse le tempeste che si risvegliavano nei suoi occhi.
-"Non preoccuparti"- gli disse.
Rukawa si diede a lui.

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Le quattro, in un letto troppo stretto due figure giacciono distese.Una delle due non dorme, guarda il compagno che invece è caduto in un sonno profondo, e come se fosse geloso di Morfeo inizia a stuzzicargli i lobi delle orecchie. Un leggero mugolio di dissenso e l'altro torna a dormire beato, come un bambino.
Sendoh si alzò e accese una sigaretta.
Malboro Light. Una fioca luce illuminava il suo volto. L'accese e fece un primo lungo tiro. Non amava quel sapore, fumava solo perché l'attraeva l'idea di qualcosa che si consuma attraverso il fuoco, e prima di finire entra dentro di te, inondandoti con il suo sapore. Preferiva di certo la Marijuana, ma in mancanza di meglio.
Rivolse il suo sguardo verso Rukawa, che dormiva ancora, incurante di tutto.
Era bello. Il viso lievemente illuminato, con un'espressione distesa. Si era tolto finalmente quell'atteggiamento di sfida che l'accompagnava per tutta la giornata, quell'espressione che lo rendeva terribilmente attraente ed arrogante allo stesso tempo. Era l'unico che aveva interrotto per un po' il via-vai di uomini e donne che giungevano a casa sua, protagonisti di una notte, numeri in un agendina telefonica.
Rukawa era intrigante ed inesperto, due figure ambivalenti si dibattevano nel suo corpo: una, quella da uomo duro, senza emozioni, indifferente e libero da vincoli di qualsiasi tipo, l'altra, invece, quella di un ragazzo impaurito, che scopre la miriade di sensazioni che può donargli il suo corpo, e come un bambino curioso inizia a bramare quei piaceri a lungo occultati.
Ma entrambe, entrambe le personalità avevano una caratteristica predominante, quella che l'aveva intrappolato: una strana luce negli occhi, la luce di chi vive la vita come una battaglia, lo sguardo di chi ottiene tutto ciò che vuole, lo sguardo di chi odia perdere, di chi combatte fino allo stremo per arrivare alla metà, il volto del successo.
Si sedette sul letto e iniziò ad accarezzargli i capelli.
-"Cosa fai? Perché non dormi?"- disse Rukawa, tenendo ancora gli occhi chiusi.
-"Soffro d'insonnia, riesco a dormire solo 5-6 ore ogni notte. Poi mi sveglio e vago per casa come un fantasma"-
-"Per questo ti accompagni così spesso con altre persone, almeno ti fanno compagnia"- gli rispose l'altro con un po' di malizia.
-"Già, ma a quanto pare questa volta ho scelto male, non riuscirebbe a svegliarti nemmeno il tonfo di una cannonata"- gli disse e sorrise.
Un sorriso che colse impreparato Rukawa e lo costrinse ad abbassare gli occhi e arrossire leggermente.
Aveva sempre detto no. Tutta la sua vita era stata un susseguirsi di negazioni: aveva dimenticato i sentimenti, gli amici, le ragazze, tutto ciò che lo circondava per un'unica meta:diventare il numero uno del Giappone.
Non vi avrebbe mai rinunciato, ma per la prima volta, lì, disteso nel letto di Sendoh, percependo ancora il calore del suo corpo e l'odore della sua pelle, riusciva a sentirsi bene. Voleva dire sì, dire sì ad altre notti come quella, alla passione sfrenata e alla dolcezza del compagno, voleva poter guardare il suo corpo nudo, voleva poter sentire ancora il suo respiro, caldo e invitante.
Non importava a cosa avrebbe dovuto affrontare. Di certo in Giappone c'era ancora una grande discriminazione nei confronti degli omosessuali, ma nel suo gruppo, nella squadra, tra i suoi amici, perché quelli erano i suoi amici, non ci sarebbero stati grossi problemi.
Certamente quell'idiota di Sakuragi avrebbe iniziato con le sue solite battutine, ma avrebbero capito tutti, ne era sicuro. Del resto quando Kogure dichiarò apertamente la propria omosessualità tutti lo accettarono ugualmente, perché una squadra si regge sul rispetto reciproco, sull'amicizia e sulla fiducia. Certo, ci furono dei problemi quando tentò un approccio con Mitsui, ma in quel caso oltre ad essere un tiratore d'eccezione Mitsui dimostrò di avere anche una notevole sensibilità, confessando di essere etero senza ferire il compagno.
Ma lui, Sendoh cosa avrebbe voluto?
Del resto definirlo omosessuale era riduttivo. Sendoh riusciva a stare con uomini e donne indistintamente, riusciva ad andare oltre quel mero involucro che è il corpo, e percepiva ed amava l'essenza delle persone, semplicemente perché viveva nella continua sperimentazione, cercava l'anima che riuscisse a renderlo completo, che ponesse fine a quella allettante, ma allo stesso tempo, straziante ricerca. E per meglio riuscire nel suo scopo estendeva il suo raggio di indagine a tutti coloro che riuscissero a farlo stare bene, anche solo per una notte. Un opportunista? Sì, lo era, e quel bastardo se ne vantava, consapevole del potere che esercitava sulle anime vaganti, proprio come la sua.
Avrebbe voluto dirgliele tutte queste cose, avrebbe voluto uscire dall'iceberg che si era costruito intorno, ma Sendoh, avrebbe accettato di essere il suo sole spento?
-"So che è quasi impossibile avere un sole nel quale sentire freddo. Lo so- iniziò a dire senza rendersene conto- ma il fatto è che io non so essere altrimenti."
Sendoh lo guardò allibito, senza riuscire a capire cosa volesse dire.
"Vedi, io posso accettare che tu vada a letto con altre persone, posso capirlo, ma ti sento troppo dentro di me per rinunciare anche a ciò che va oltre il tuo corpo, chiamala anima, chiamalo spirito, non me ne fotte, ma io lo voglio, e non accetto di dividerlo con nessuno.Quindi decidi, ora, subito, o stai con me , oppure.- non ebbe la forza per sostenere quello sguardo che frugava dentro il proprio essere, ma le disse quelle parole, tutte d'un fiato, e poté sentirne quasi il peso -.oppure la finiamo qua."
Ecco, la bomba era stata sganciata, adesso non poteva più tornare indietro. Aspettava una sua risposta, e questa volta fu lo sguardo di Sendoh a cadere.
Un silenzio denso strisciò in quella stanza e si impossessò di tutto ciò che c'era dentro, animato o inanimato, addirittura il rumore dei loro respiri, qualche ora prima così marcato, si affievolì fino a diventare impercettibile. Erano immobili, come catapultati in un'altra dimensione temporale.
Non ne posso più, devo scappare, devo andare via, ho troppa paura della sua risposta, ho paura di non riuscire a sostenere il suo sguardo, di cedere, di lasciarmi convincere e di finire ammaliato, nella sua trappola, la trappola che tende a chiunque gli si avvicini, devo andarmene via.
Si alzò dal letto di scatto e si diresse come una furia verso la porta, ma prima che potesse varcarla due braccia lo scaraventarono a terra.
"Smettila di scappare, vigliacco!"-
"Scappare, perché tu cosa stai facendo? Lo fai da così tanto tempo che ormai non te ne rendi nemmeno conto,brutto bastardo, levati dalle palle!"- disse Rukawa e lo spinse a terra.
Iniziarono una lotta furibonda, rivoli di sangue scorsero dalle bocche, dal naso, nessuno dei due pareva intenzionato a smettere, colpi violenti piovevano da entrambe la parti.
Alla fine caddero esausti sul pavimento.
-"Io me ne vado."- disse ancora Rukawa raccogliendo l'ultimo briciolo di forza rimasto, ma prima che potesse alzarsi un ultimo e potentissimo pugno lo colpì in pieno volto, rigettandolo a terra quasi privo di sensi.
-"Devi aspettare la mia risposta!"-
Ripresero fiato, ma nessuno dei due parlava o accennava un movimento. Sendoh fece il primo passo. Si piegò verso Rukawa e lo sollevò da terra, imbarazzatissimo l'altro non proferì parola, ma assecondò i gesti del compagno. Lo poggiò delicatamente sul letto, dal comodino prese un fazzoletto di stoffa, lo inumidì con la propria saliva e delicatamente iniziò a togliere le gocce di sangue dal viso di Rukawa, che un po' per il dolore, un po' per il contatto della sua pelle col fazzoletto inumidito, sussultava ad ogni movimento.
-"TI faccio male?"- gli chiese Akira.
Si guardarono negli occhi, sostenendosi a vicenda, per qualche secondo, poi Rukawa girò il viso sul cuscino, proferendo con noncuranza un NO, che gli parve acido e stridente rispetto alla voce del compagno di poco prima.
Lo guardò con occhi supplichevoli, chiedendogli di porre fine al martirio a cui lo stava costringendo.
Ma Sendoh non era ancora soddisfatto. Con i denti iniziò nuovamente a stuzzicargli i lobi delle orecchie, le sue mani si fecero strada tra i vestiti di Rukawa.
Lentamente iniziò a spuntargli i bottoni della camicia, lentamente posò la lingua su quella pelle morbida ed iniziò a disegnare delle circonferenze che si andavano restringendo sempre di più in vicinanza del capezzolo.
I "NO" soffocati che emetteva Rukawa sembravano voci lontane, disarmoniche, figlie di posti remoti e dimenticati.
Non riusciva a resistergli, e questo Sendoh lo sapeva bene.
Non avrebbe osato affrontarlo apertamente, era un piccolo sovversivo Kaede e dentro di sé si sarebbe di certo ribellato, ma in situazioni come quella era completamente in balia del suo corpo.
Mentre giocava con la sua preda, convinto di averla completamente presa in trappola, una cosa spiazzò il nostro cacciatore.
Rukawa aveva capito il suo gioco, ed ora giocherellava con l'elastico dei suoi pantaloni, baciandolo e allontanandosi, concedendosi, ma mai completamente, anche Akira fu vittima della sua stessa trappola.
Iniziò ad emettere dei gemiti soffocati, noncurante delle risatine che animavano il suo compagno.
La situazione si era ribaltata, Rukawa disteso su Sendoh gli bloccò il bacino col proprio corpo, iniziò ad esplorare il suo torace, quasi gli stesse frugando nell'anima, e ad ancheggiare lievemente.
Si fermarono improvvisamente, a pochi centimetri dal viso dell'altro, ed una certezza passò attraverso i loro occhi: quello sguardo di sfida, la voglia di vincere e lottare che entrambi avevano nel sangue; lo stesso sguardo, gli stessi occhi, una sola battaglia, nel campo da basket e nella vita, questo era il loro destino.
-"Kitsune baka, non sperarci, non sarò mai il tuo sole spento!"- sussurrò nell'orecchio dell'altro, provocandogli in un momento costernazione e dolore. - Sarai tu a scioglierti come un povero ghiacciolo al sole!"- gli disse con un lampo malizioso negli occhi.
Consolidarono questa nuova sfida con un lungo bacio.


FINE

 
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