NOTE: non ammazzatemi dopo averlo letto, vi prego.... giuro che nei prossimi capitoli Michel migliora^^;;;; NdYurika
Sole
silenzioso
parte
VIII
di
Mikako & Yurika
CAPITOLO VIII
Le spire del sonno trattenevano Michel nel limbo ovattato del dormiveglia. Non voleva svegliarsi per poter galleggiare ancora tra i ricordi della notte precedente. Poteva di nuovo sentire su di
sé le mani di Mathias, assaggiare i suoi baci, gemere sotto le sue carezze. Sorrise pensando che gli sarebbe bastato aprire gli occhi per essere riempito dalla visione del corpo celestiale di quella creatura fatata, uscita dalle fiabe per riempire il vuoto che regnava nel suo cuore. Socchiuse appena una palpebra e gettò una rapida occhiata al posto vicino al suo. Vuoto. Perfettamente sveglio si mise a sedere passando una mano sull'incavo che il ragazzo aveva lasciato tra le lenzuola. Freddo. Doveva essersi alzato già da parecchio.
"Mattie! Mattie, dove sei?"
Visto che non riceveva risposta, Michel uscì dal letto infilandosi rapidamente i pantaloni del pigiama. Andò a cercare Mathias in tutte le stanze che formavano il suo appartamento, ma non trovò nessuno. Se ne era andato. O forse non era mai venuto? Forse quella della notte scorsa era stata solo una visione dovuta alla sua mente sconvolta. Eppure quella pelle calda e morbida sotto le sue labbra sembrava così reale!
Si fiondò nel bagno dove aprì il rubinetto dell'acqua lasciandola scorrere per un po' prima di infilarci sotto la testa. Gocciolante, riaprì gli occhi e notò un particolare che gli era sfuggito al primo sguardo. Un filo di seta nera risaltava sul bianco della lucida ceramica del lavabo. Michel lo prese delicatamente e se lo fece passare tra le dita. Un capello di Mathias.
Allora non era stato tutto un sogno! Allora Mattie era davvero venuto da lui quella notte e avevano davvero fatto l'amore! Allora.... se ne era andato. Era fuggito da lui un'altra volta!
Sarebbe stato sempre così tra loro due? Lui ad inseguirlo e l'altro a gettarsi tra le sue braccia con un'impetuosità e una generosità quasi commoventi per poi lasciarlo di nuovo solo? Non avrebbe resistito. La sua mente sarebbe crollata in pezzi. Sarebbe diventato... come sua madre.
Lo stomaco di Michel si attorcigliò su sè stesso, mentre un conato gli attanagliava la gola. Per fortuna non mangiava niente dal giorno prima, almeno non avrebbe rimesso. Respirò profondamente aspettando che la nausea passasse.
No, lui non sarebbe diventato come sua madre! Non sarebbe stato rinchiuso in una lussuosa clinica per ricchi maniaci-depressivi! Non lo avrebbe permesso! Piuttosto si sarebbe strappato il cuore dal petto con le sue stesse mani. Avrebbe rinunciato alla sua vita, alla sua anima. Avrebbe rinunciato al suo angelo dagli occhi di cielo.
Odiò Mathias per ciò che gli stava facendo, ma più ancora odiò sè stesso perchè, in fondo al cuore, era convinto che la colpa fosse sua, che se fosse stato diverso, migliore in qualche modo, l'altro lo avrebbe amato e sarebbe rimasto vicino a lui.
Si guardò nello specchio sopra il lavandino.
"Sei uno stupido Michel Rinaldi Dei Costi. Sei solo un povero patetico esserino che crede ancora nella favola dell'amore. Non c'è amore per te. Non ce n'è mai stato e mai ce ne sarà. Sei solo un povero illuso!"
La sua decisione ormai era presa. Non avrebbe più visto la fatata creatura dai lunghi capelli d'ebano.
Il campanello della porta suonava con insistenza. Michel per un po' finse di ignorarlo, poi, infastidito da quel suono assordante, andò ad aprire riservando uno sguardo fulminante a chiunque avesse osato disturbarlo. Non era proprio giornata quella!
Si trovò di fronte il suo sogno - o il suo incubo, forse - ritto sulla soglia. Mathias aveva di nuovo l'aria sconvolta e, alla luce del giorno, i lividi che aveva in faccia si facevano decisamente più evidenti. La magliettina striminzita che portava, almeno di due taglie più piccola della sua, non aiutavano di certo il suo aspetto attuale. Eppure Michel pensò di non averlo mai visto più desiderabile.
Mentalmente si ricordò il suo fermo proposito di quella mattina. Doveva dirgli addio. Per il suo bene. Per il bene di
Mathias. Perché ormai era ovvio che non era lui la persona adatta per quel ragazzo.
Lo guardò con l'espressione più fredda che avesse.
"Entra" gli disse e senza aspettarlo gli voltò le spalle e si diresse nel salotto, dove si sedette sul divano. "Accomodati. Cosa posso fare per te?"
Mattie rimase a bocca aperta a fissarlo. Che cazzo stava succedendo? Beh, ok, si era aspettato di trovare Michel un po’ contrariato per averlo lasciato così ma...doveva andare da Keth! Si rabbuiò pensando alle condizioni dell'amico. Se avesse potuto avrebbe tirato fuori Brand dall'ospedale e l'avrebbe picchiato altre cento volte.
Entrò restando in piedi.
"Cosa... cosa significa cosa posso fare per te?"
Per ora era ancora calmo...per ora.
Ma era così emotivamente distrutto che non sapeva quanto avrebbe resistito.
Michel alzò le spalle in gesto indifferente.
"Esattamente quello che ho detto. Mi sembra chiaro che, se sei venuto qui, è perchè hai bisogno di qualcosa".
Lo guardò da capo a piedi e fece una leggera smorfia.
"In effetti ne hai anche tutta l'aria".
"Sono di Keth" sibilò rabbioso.
"Cosa significa questo atteggiamento allucinante?"
Non sapeva come reagire e cosa fare, si sentiva così impotente che avrebbe voluto urlare.
"Sono andato a vedere come stava Keth!!!"
Michel ridusse gli occhi a due fessure di ghiaccio.
"E così sei andato da lui. E' incredibile come ogni volta che tu stia con me poi senti il bisogno di correre subito dal tuo 'amichetto'".
Sottolineò in modo sgradevole l'ultima parola. Sapeva di dire cose orribili, che non pensava veramente, ma la sua unica arma per difendersi dalle grazie di quel ragazzo era farsi odiare da lui.
Spalancò gli occhi pensando di aver sentito male, non poteva averlo detto davvero!!!!
"Ed è incredibile che tu invece mi tratti così subito dopo essere venuto a letto con me".
Ormai urlava e non gli importava che lo sentissero pure fino in America!!!
"E non parlare di Kether! Non hai idea..."
La voce gli si spezzò ricordando l'amico e questo pensiero lo fece infuriare ancora di più.
Aveva la fortissima tentazione di abbracciarlo forte e consolare la sua sofferenza. Capiva quanto dovesse essere penosa per lui la condizione del suo migliore amico. Ma non poteva lasciarsi andare adesso, altrimenti sarebbe ricaduto in quella spirale di tormento ed estasi che contraddistingueva la sua storia con Mattie.
"Come se ti fosse dispiaciuto!"
Le labbra si incresparono in un sorrisetto ironico che avrebbe avuto il potere di irritare anche un Santo! Voleva essere spregevole, doveva essere spregevole e chiudere con lui una volta per tutte.
"Non è questo il punto merda! Potevi dirmelo subito che volevi solo divertiti, mi sarei adeguato".
Il tono era altrettanto sprezzante, tagliava come mille lame conficcandosi nel cuore.
Si sentiva sull'orlo di una crisi di pianto. E pensare che aveva lasciato Keth da solo terrorizzato per correre da lui! Che idiota che era stato!
Strinse le labbra che sbiancarono.
"Spero ne sia valsa la pena almeno".
Furioso come mai era stato ma anche terrorizzato da tutto quello che stava accadendo.
Perché l'aveva fatto? L'aveva messo in crisi, aveva dovuto ammettere di amarlo , almeno con
sé stesso, e adesso lo trattava così!
"Con che cazzo di diritto mi tratti così?"
E più l'altro sfoderava quel tono gelido più si incazzava.
Era arrivato il punto critico, Michel lo sapeva bene. Si sarebbe giocato tutto con la prossima risposta. Anche se il suo istinto era quello di stringerlo a sè chiedendogli perdono per come lo stava trattando e ripetergli 100, 1000 volte che il suo cuore batteva solo per lui e che lo amava come non avrebbe mai più potuto amare in tutto il resto della sua vita, il suo tono non cambiò di una virgola.
Sempre indossando il suo sorriso sprezzante gli disse: "In effetti come puttanella rendi parecchio. Ed è giusto trattarti come tale".
Mathias impallidì avvicinandosi di scatto e facendo partire un pugno che lo colpì con la precisione di una fucilata allo zigomo destro. Avrebbe voluto continuare, ma sentiva che fra un nanosecondo sarebbe scoppiato a piangere.
"Sei uno stronzo" sibilò con la voce che tremava "e azzardati a farti rivedere nel raggio di 100000 km che ti ammazzo".
Poi si voltò e scappò via senza mai voltarsi indietro. Cosa poteva fare ora? Cosa gli rimaneva da fare? Cazzo!
Corse verso la casa di Kether come un pazzo e aprì la porta con le mani che tremavano gettandosi nelle sue braccia e scoppiando a piangere. Non era giusto!
Si accoccolò contro di lui sentendo che anche il corpo del suo amico tremava e lo strinse forte al petto. Ormai non gli era rimasto altro che lui.
Michel rimase sdraiato sul divano chissà per quanto tempo. Canticchiava a bassa voce sempre lo stesso ritornello. 'Love is suicide' diceva la canzone - Bodies degli Smashing Pumpkins. Gli piaceva quel gruppo, suonavano la stessa rabbia che lui sentiva dentro di sè.
Quanto desiderava avere sua madre vicina in quel momento! Lei, forse, era l'unica che potesse capirlo in quel momento. Lo avrebbe stretto nel suo amorevole abbraccio e gli avrebbe mentito dicendo che sarebbe andato tutto bene. Aveva talmente tanto bisogno di lei.
'Domani. Domani andrò a trovarla' si disse mentalmente. Poi chiuse gli occhi e si lasciò inghiottire dal nulla.
FINE CAPITOLO VIII
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