Dopo secoli di totale astinenza ecco il nuovo capitolo di Sole. Il
merito va interamente a Mikako e vi dico già che c'è una scena di sesso non
consensuale.
Sole
silenzioso
parte
VI
di
Mikako & Yurika
Forse avrebbe dovuto dare retta a Mattie. Il posto era bello e la casa era grande, ma era stato un incosciente a venire lì.
D’altronde cos’altro avrebbe potuto fare? Il pensiero di Brandon lo tormentava ogni notte e ogni volta che lo guardava
il cuore saliva in gola. Sapeva che era solo carino e il suo
cervello non è che eccellesse in quanto a intelligenza ma non riusciva a stargli lontano. Era stupido e irrazionale da parte sua,
ma non dicevano tutti che anche l’amore era stupido e
irrazionale? Controllò i vestiti, la maglietta di pizzo nero portata
senza nulla sotto e i pantaloni di raso rosso cupo. Ok, poteva andare.
Suonò il campanello stringendo la borsa dei libri a sé, come per difendersi, e aspettò che la porta si aprisse.
Vide gli occhi di Brandon e si spaventò. Erano neri e sembravano pozzi senza fondo, la voce era gentile e lo lasciò entrare senza
problemi, ma sentiva che c’era qualcosa che non andava.
Lo portò in camera sua chiudendo a chiave.
"Così nessuno ci disturba".
E il sorriso che gli rivolse gli fece accapponare la pelle.
Sembrava marcio. Nonostante tutto. Posò la borsa e rimase in
piedi, a guardarlo a disagio, non sapeva cosa fare, era lì nella camera di Brandon ed era quello che aveva desiderato per
tanto, troppo tempo, tuttavia non riusciva a lasciarsi andare.
Gli fece cenno di sedersi sul letto. Era grande e le lenzuola erano di cotone, fresche. Si sedette cercando di calmare la sua mente
che, impazzita, gli stava lanciando mille segnali di pericolo.
Era assurdo Brand non gli avrebbe mai fatto del male. Ma i suoi occhi gli facevano paura. Una paura che non credeva di poter
sentire. Seguì i suoi movimenti con lo sguardo, gli occhi verdi che non perdevano di vista il corpo del ragazzo che liberò la
scrivania dalle cose in eccesso e prendeva due sedie. Rabbrividì quando gli si sedette accanto e gli circondò le spalle con un
braccio, sempre con quello sguardo negli occhi, ricordava la dimora dei defunti, certe cose non riposano in pace nemmeno
da morte. Le loro ossa gridano dalla terra.
Ma stava esagerando, non c’era niente da aver paura. Forse se se lo fosse ripetuto per un milione di volte ci avrebbe
creduto. Si rilassò leggermente e si lasciò andare ai brividi che
lo attraversavano quando avvicinò la bocca al suo orecchio e sussurrò.
"Dai, dovevamo studiare".
Brandon lo osservava attento, la sua espressione smarrita e le spalle abbandonate al suo braccio, così indifeso, così dolce,
sarebbe bastato un nulla a spezzarlo. Pregustava già il momento in cui avrebbe visto la paura sul bel viso di Kether. Si sarebbe divertito.
Quella puttanella era da almeno un anno che gli stava dietro,discretamente certo, ma a scuola tutti sapevano che era gay e
alcuni gesti erano inequivocabili. Si era divertito prendendolo in giro e godendo della sua espressione ferita quando faceva
battutine particolarmente crudeli. Sì, Kether era il suo giocattolo e ora se lo sarebbe goduto appieno. Si sedette sulla sedia della
scrivania facendo accomodare il ragazzo vicino a lui e tirando
fuori i libri, non aveva la minima intenzione di studiare. Voleva ben altro da Kether. Certo era consapevole che usando un po’
di dolcezza avrebbe ottenuto ugualmente quello che voleva ma... beh, dove sarebbe stato il divertimento dopo? Così mentre
Keth parlava posò la mano sulla sua gamba osservando l’espressione stupita del suo volto e sentendolo rabbrividire.
Risalì fino a posarsi sul suo inguine e lo sentì gonfiarsi lentamente sotto le sue stimolazioni, era... eccitante. Lo vide
mordersi il labbro inferiore e allargare le gambe un po’ di più.
Quella troia stava godendo. Ci avrebbe pensato lui a sostituire quell’espressione dal viso con il terrore. Strinse forte fino a
strappargli un grido e lo gettò a terra malamente ribaltando la
sedia e sogghignando.
Kether cercò di riprendersi dalla fitta lancinante che la schiena gli aveva rimandato, ma il terrore era scoppiato intossicando
tutto il corpo e l’anima.
"Cosa... vuoi fare?" e si sentì morire quando Brandon rise sprezzante e gli si sedette sopra
rispondendogli " Divertirmi con te puttana".
E allora il panico lo afferrò e cercò di liberarsi, non voleva sentirlo su di
sé, non voleva. La mano di Brand lo colpì facendogli voltare la testa di scatto, il sapore del sangue gli invase la bocca mentre il dolore pulsava sordo come un
incubo appena nato, ma pieno di rivoltante malvagità.
Abbandonò il corpo mentre Brandon gli
strappava i vestiti abbassandosi per baciargli il torace. Aveva troppa paura per trovarlo piacevole, troppa paura persino per
muoversi. Urlò quando il ragazzo gli afferrò i capelli rossi, tirandolo su e mettendogli in bocca il suo sesso, costringendolo
a succhiare. Lo stava riempiendo, si sentiva soffocare mentre il ragazzo gli tirava i capelli e gli muoveva la testa su e giù
violentandogli la bocca.
‘Non sta accadendo sul serio, non sta accadendo sul serio’ incessante cantilena che gli scoppiava nella
testa. Sentì Brand irrigidirsi e venire nella sua bocca. Ecco, ora le lacrime uscivano, rumorose e taglienti, come lame roventi
sulla pelle, le sentiva bruciare mentre il suo cuore si stava lentamente spezzando e una belva feroce divorava i suoi
brandelli. Perché doveva essere così?
"Perché?" sussurrò tra le lacrime.
"Cos’è non ti piace puttana? Non godi?"
Il labbro pulsava mentre i singhiozzi squassavano il corpo
"Non voglio... ti prego".
Un sussurro all’orecchio prima che la mano del bruno cominciasse a
slacciargli i pantaloni, un assurdo piacere lo invase quando le labbra di Brandon scesero a prenderlo in bocca e succhiarono
con forza. Assurdo.
Bene.
La puttanella era terrorizzata e il sapore delle lacrime e del sangue era inebriante. Inebriante come penetrarlo con un dito e
sentire la carne stringersi attorno a lui.
Alzò la testa ridendo.
"Non ci credo! Sei vergine! Cos’è, nessuno te l’ha mai messo nel culo? Rimedieremo subito allora."
Poteva quasi toccare il terrore che queste parole avevano suscitato in
Kether, il suo corpo era morbido e cedevole. Gli veniva voglia di spezzarlo. Sentì che Brand cercava di separargli le gambe e le
strinse con furia, no, non doveva accadere. La sua prima volta... non così. Pianse più forte mentre Brand lo colpiva dappertutto
gridando cose incomprensibili, ormai il dolore era così forte che quasi non lo sentiva. Non sapeva nemmeno più se era il suo
corpo o la sua anima. E le gambe cedettero, il ragazzo le inchiodò a terra ed entrò in lui fulmineo, violento, era enorme e
lo squarciava, si sentiva strappare dentro, spaccato in due.
Insostenibile.
Urlò e pianse, ma solo la risata e gli ansimi di piacere di Brand gli risposero.
Il dolore di una notte passata insonne a preoccuparsi per Kether e a
pensare a Michel, al calore che gli saliva dentro ogni volta che ripensava a
lui, alla voglia di stringerlo quando parlava dei suoi genitori, al desiderio
spasmodico di vederlo... si sentiva perdere e ne aveva una paura bestiale. Il
fatto di potersi innamorare di un ragazzo lo sconvolgeva, non avrebbe mai pensato di
poter arrivare a questo punto. Lo squillo del telefonino lo scosse, lo afferrò
con una strana angoscia nel cuore, era successo qualcosa a Kether... lo
sentiva.
"Mattie... vieni..."
Un sussurro spezzato che si perse in un singhiozzo disperato, mentre anche il
cuore scoppiava frantumandosi, Kether... nessuno doveva fargli del male. Spense
la comunicazione uscendo nella notte e imprecando, pioveva e tuonava. E Kether
era semplicemente terrorizzato dai tuoni.
Si fermò indeciso se prendere la macchina o la moto poi scosse le spalle e salì
su quest’ultima, avrebbe fatto più in fretta.
Corse a rotta di collo, corse con un solo pensiero in mente *Dio fa che non gli
sia accaduto nulla, ti prego, ti prego...* una preghiera inutile che si perse
in un cielo che piangeva e si infuriava come se fosse arrabbiato con Brandon e
con l’umanità intera.
Arrivò catapultandosi per terra quasi e salendo le scale preoccupato
a morte, con i capelli neri che si incollavano al viso ed i vestiti completamente
fradici.
La porta era aperta, entrò chiamandolo piano seguendo il pianto sommesso e
disperato che si spandeva per la stanza, silenzioso e sconvolgente insieme,
come se combattesse contro il fragore dei tuoni usando semplicemente la sua
paura. E quando aprì la porta del bagno si sentì un po’ spezzare dentro,
frantumare, rompere, alla vista di Kether accucciato sotto la doccia vestito
solo di un paio di pantaloni stracciati e del suo dolore, piangeva
appoggiando il viso fra le mani, piangeva come un bambino che è stato tradito
dalla persona
di cui si fidava di più al mondo.
Si avvicinò cauto, gli scese giù l’angoscia per l’anima come un sorso di
liquore giù per la gola... stava tremando quando entrò sotto l’acqua bollente e
si inginocchiò davanti all’amico.
"Kether" con la sicurezza di un comando e la dolcezza di una preghiera. Il
ragazzo si buttò su di lui aggrappandoglisi al collo e stringendosi come per
scaldarsi, come se non gli rimanesse altro nella sua vita.
"Dio Keth... cos’è successo?" una domanda che si perse nel pianto e nella
disperazione, sentiva il corpo di Kether tremare e il cuore battere impazzito
accanto al suo.
"Brandon... " riuscì solo a bisbigliare Kether prima che Mattie gli posasse un
dito sulle labbra per zittirlo.
Dopo.
Dopo avrebbero parlato.
Lo prese per le spalle allontanandolo da sé e scrutandolo attentamente. Era
pieno di lividi, i pantaloni incrostati di sangue e gli occhi... Dio i suoi
occhi... un abisso scuro senza fine né luce, terre desolate dove la luce non
brilla e il sole non sparge il suo calore dorato. Tenebre e oscurità. I suoi
magnifici occhi verdi che ora sfuggivano il suo sguardo inquisitorio e che si
rifugiavano nell’acqua che scendeva nello scarico della doccia.
Se solo fosse potuto andare giù, perdersi e smembrasi nell’acqua scura e rossa,
non pensare a Brandon, a quello che gli aveva fatto, alla sua vita, a tutta la
sua fottuta speranza... speranza di cosa? Che Brandon avesse magari bevuto e
quindi non fosse stato in sé? Si diede dello stupido.
Brandon sapeva benissimo quello che faceva.
Sentì le mani di Mattie svestirlo, sfiorargli il corpo, accarezzarlo… lo stava
lavando. Il sapone scivolava sulla pelle, grattando via la sporcizia, il
sangue, il nero, l’odio, la paura... ma era solo un’illusione. Non bastava
l’acqua per lavarsi l’anima.
Rabbia, pura e semplice rabbia che invadeva il cuore e faceva fremere il corpo,
sanguinare l’anima e lacerare con artigli crudeli il velo che copriva la
ragione. Chi si era azzardato a toccarlo? A toccare Kether?
Lo avrebbe ammazzato.
Senza mezzi termini.
Passò le mani sul torace, sulle gambe, soffermandosi sui glutei incrostati di
sangue.
Ogni gemito di dolore di Kether era una coltellata che avrebbe inflitto a
Brandon.
Lo tirò fuori dalla doccia, avvolgendolo in un asciugamano enorme e prendendolo
in braccio, non era tristezza quella che gli colpiva lo stomaco e neanche
disperazione. Solo rabbia.
"Keth... va tutto bene tesoro, tutto bene... ci sono io con te adesso".
Lo strinse forte al petto, il suo amico, la sua famiglia, l’unica persona sulla
faccia della terra da cui poteva tornare. L’essere più fragile e bello che
avesse mai incontrato. Gli si annodò lo stomaco ma respinse quell’ondata di
tenerezza per lasciare posto solo alla furia, non doveva lasciarsi intenerire
così, doveva lasciarsi prendere dalla rabbia, doveva riuscire ad
ammazzare Brandon.
Lo posò delicatamente sul letto, stringendolo forte, ora aveva
smesso di tuonare per fortuna e si sentiva solo lo scroscio della pioggia,
cupo rimbombare che faceva rabbrividire l’anima.
"Lui... era seduto vicino a me e... ha cominciato a toccarmi..." sussurròKether in un respiro spezzato " io l’ho lasciato fare ma poi mi ha gettato a
terra e... " e Mattie non riuscì più a sopportarlo. Gli baciò una guancia
accarezzandogli piano i capelli, come un padre, come un amante.
"Shhh ho capito" sussurrò "non dire altro, ci penso io adesso".
Kether gli sorrise lasciandosi andare tra le sue braccia e chiudendo gli occhi,
adesso c’era Mathias, adesso sarebbe andato tutto bene. Se solo gli
avesse dato retta... ma adesso questi pensieri non portavano da nessuna parte.
Si lasciò cullare dal lento movimento del corpo dell’amico fino a perdere la mente in un
luogo senza sogni e, finalmente, addormentarsi.
FINE CAPITOLO VI
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