Sole
silenzioso parte
III
di Mikako & Yurika
Michel stava camminando per le vie dell'elegante quartiere. Doveva recarsi in casa del suo professore di Letteratura Greca per farsi dare dei
libri che gli servivano per redigere la tesi.
"Che palle!" In realtà non ne aveva proprio voglia. Non che non gli piacesse studiare, in fondo aveva sempre desiderato occuparsi di materie
classiche. Solo che avrebbe preferito passare la giornata con Mathias invece che con quel bacchettone del prof.
La sera prima aveva mandato un messaggio al ragazzo che ormai ossessionava i suoi giorni e le sue notti. Il messaggio diceva "E' la prima
volta che incontro qualcuno con cui parlare liberamente. Grazie della meravigliosa giornata Michel"
Dopo pochi minuti il cell aveva emesso il bip bip che segnala l'arrivo di un nuovo messaggio. Lo lesse immediatamente: "E' la stessa cosa per
me, grazie mille. Mat".
Arrivò imprecando silenziosamente al cancello di cui aveva annotato il numero su un foglietto. Suonò al citofono e gli fu subito aperto.
Passò attraverso un sentiero di ghiaia che conduceva alla porta della villetta a due piani. Ad attenderlo sulla soglia c'era una ragazza
giovane che doveva essere la domestica della casa. Con aria compita e deferente fece accomodare Michel in un bel salotto che mostrava un lusso non
sfacciato. Dopo qualche minuto comparve una signora bellissima con splendidi capelli neri.
"Mio marito arriverà subito. Posso offrirle qualcosa nel frattempo?"
"Grazie signora, non si disturbi. Sto bene così".
Sfoggiò il sorriso affascinante delle grandi occasioni. Non poteva di certo sfigurare in casa del suo relatore di tesi!
Cominciò una conversazione superficiale che toccò vari aspetti della vita scolastica di Michel. Entrambi erano dotati di un raffinatissimo 'savoir
faire'.
"Vedo che il nostro giovane studioso è rimasto in buona compagnia nonostante la mia assenza".
Michel si alzò per salutare il suo professore. Gli strinse la mano.
"Ottima direi" esclamò, sorridendo all'indirizzo della bella moglie del suo insegnante. Michel non sapeva spiegarsi il perché, ma c'era qualcosa
in lei che lo attraeva irrimediabilmente. Forse era per via di quei capelli scuri e lucenti. Ne era semplicemente affascinato.
I cani trotterellavano obbedienti al suo fianco, dandogli qualche lieve leccatina e lasciandosi accarezzare. Li adorava ed era l'unica cosa in
cui era riuscito a spuntarla coi suoi.
Erano tre, Suze la femmina pastore tedesco, insieme al suo cucciolo Nicky e Joker il pastore irlandese. Li adorava semplicemente.
Spalancò il cancello di casa sua e li lasciò liberi di correre nel cortile rotolandosi nell'erba con loro e ridendo come un pazzo, si
divertiva un mondo! Dimenticava tutto, i suoi genitori, l'ansia per Kether,
ogni cosa. C'era solo quell'attimo di gioia e di gioco sfrenato con loro.
Si alzò da terra scrollandosi i lunghi capelli neri raccolti nell'immancabile coda e ancora ridendo entrò in casa, per bloccarsi
immediatamente sulla soglia.
C'era qualcuno in salotto con i suoi.
Sbirciò dentro e rimase immobile non credendo ai propri occhi, quello era Michel!! Cercò di sgattaiolare via senza farsi notare, ma sua madre
lo vide e lo chiamò dentro per salutare il loro ospite, insomma una buona
volta poteva pur essere gentile e bla bla bla le solite cose.
Lo sguardo gelido si posò su suo padre seduto sul divano vicino a Michel e su sua madre ancora in piedi. Ma che bella compagnia erano!
Non sopportava l'ipocrisia dei suoi genitori e nn capiva cosa ci facesse Michel lì.
"Ma che bella sorpresa" ironico al punto da sfociare nel tagliente.
Non era possibile! Quello era proprio Mathias! Cosa ci faceva lì? Cioè, cosa ci faceva lo capiva, visto che era il figlio del padrone di casa.
Ma perché suo padre doveva proprio essere il suo stimatissimo docente?
Ovviamente non fece trapelare nulla della tempesta che si era scatenata
del suo petto. Rivolse un sorriso cortese a Mathias e gli rispose "Anche per me è una vera sorpresa".
"Ma come, voi due vi conoscete già?" Il padre del ragazzo sembrava favorevolmente stupito.
"Sì, signore. Ho conosciuto suo figlio l'altro giorno al campetto di calcio e devo farvi i miei più vivi complimenti. Avete un vero campione
in famiglia."
Mattie alzò gli occhi al cielo esasperato; non bastavano i suoi, adesso anche Michel si metteva a fare il perfettino e a dargli corda... non
sopportava l'espressione di compiacimento dei suoi. Sapeva che per loro era solo un bell'oggetto da mettere in mostra.
Nient'altro.
Non lo conoscevano minimamente nè sembravano intenzionati a farlo, sua madre era ancora convinta che detestasse gli spinaci e adorasse
attaccare figurine nel suo album dei calciatori.
"Beh, adesso sapete qualcosa di più su di me...gioco a calcio" il tono stavolta era sarcastico e non si fermò a valutarne gli effetti, uscì
nuovamente e si rituffò in mezzo ai cani.
Perché ci ritentava ancora?
Poteva dire quello che voleva: i suoi non lo avrebbero calcolato.
Si stese lasciando che Nicky gli salisse sopra e Suze gli leccasse l'intera faccia. Paradossalmente erano loro l'unica famiglia che mai
ricordasse di aver avuto.
Il gelo che si respirava a casa sua avrebbe potuto congelare il polo nord.
"Temo di aver detto qualcosa che possa averlo offeso".
Ecco, ne aveva combinata una delle sue! Perché non imparava a tenere la bocca chiusa? Eppure lo sapeva che i genitori di Mathias non amavano
gli sport! Tutta colpa del suo essere sempre condiscendente quando si trovava a contatto con persone adulte.
"Oh, non te ne crucciare. Nostro figlio è ancora un bambino da questo punto di vista e si irrita facilmente. Spero che tu non te la sia presa".
"Certo che no!"
Si rivolse di nuovo con un sorriso alla madre di Mathias. Ora capiva cosa gli piaceva tanto di lei. Aveva gli stessi
meravigliosi capelli del figlio.
La conversazione andò avanti ancora parecchi minuti. Alla fine Michel prese in prestito i libri che gli servivano e si accomiatò dalla coppia.
"Mi auguro che tornerai a trovarci. E' raro poter parlare con dei giovani così bene educati".
Michel abbassò leggermente la testa in segno di ringraziamento.
"Ed è anche uno dei migliori studenti degli ultimi anni! La sua conoscenza è approfondita e ben utilizzata. Credo che farà una grande carriera
nell'ambiente accademico".
"La ringrazio signore, ma gran parte del merito va ai suoi insegnamenti".
Il padre di Mathias rise compiaciuto. Dopo alcuni altri inutili convenevoli finalmente si salutarono.
Michel voleva rivedere Mathias prima di andarsene. Chissà cosa pensava ora di lui? Avrebbe mai potuto fargli capire le ragioni del suo
comportamento? Almeno ci doveva provare.
Mattie rimase lì disteso, sepolto dai cani a pensare. Con nessuno dei suoi amici aveva reagito così, non gli aveva dato fastidio il tono
ipocrita dei suoi e la loro stolida deferenza, allora perché con Michel sì?
Ma era diverso. Gli altri non sapevano quello che sapeva lui, non sapevano della sua sofferenza, del desiderio di vedere loro e non uno stupido
robot.
Lui sapeva eppure si comportava come una macchinetta. Come loro.
Non lo sopportava.
Uno specchio che rifletteva il nulla. Ecco in fondo non si potevano nemmeno venire definiti 'ipocriti' perché dentro di loro c'era solo il
silenzio di un eterno nulla pronto a trascinarti con sè nella follia.
La follia di una vita vissuta per modo di dire e senza conoscere davvero le persone che la attraversavano.
Nemmeno il loro stesso figlio.
Percorse di nuovo il sentiero nel giardino e lo vide. Era steso sul prato con tre cani attorno. Per un attimo Michel pensò alle zampate di
fango sul suo completo grigio chiaro di Armani.
'Al diavolo! Mathias è molto più importante di uno stupido vestito'.
Si avvicinò al ragazzo che non si era ancora accorto della sua presenza.
"Credo di averti deluso. Mi dispiace!"
I cani si chiusero intorno a lui in un anello protettivo, non avrebbero permesso a nessuno di fargli del male. Osservarono il loro padrone
sedersi e guardare dal basso verso l'alto lo sconosciuto che tanto lo turbava. Lo guardò in silenzio. Cosa doveva dire? In fondo lui non sapeva i
motivi per i quali era lì e non avrebbe dovuto nemmeno comportarsi così,
che diritto ne aveva?
"Molte persone mi deludono, non sei il primo nè sarai l'ultimo" ma sentiva di essere ingiusto. Non poteva scaricare su di lui la tensione che
accumulava coi suoi.
Abbassò le spalle di scatto voltando la testa.
"Scusa" mormorò, non
aveva il diritto di trattarlo così.
"Non devi scusarti. Immagino cosa devi aver provato vedendomi chiacchierare 'amorevolmente' coi tuoi. Però vorrei provare a spiegarti la
situazione se me lo permetti. E se me lo permettono i tuoi cuccioli, soprattutto".
I cani gli piacevano, ma era un po' preoccupato dall'aria minacciosa con cui lo stavano squadrando.
Con un gesto allontanò Suze e Joker che si sedettero poco lontano, sempre pronti a intervenire in caso di bisogno. Prese in braccio Nicky
accarezzandolo.
"Spiega pure" il tono era atono, voleva proprio vedere cosa gli avrebbe detto adesso.
Non gli piacevano i suoi e non gli piaceva nessuna delle molte persone che frequentavano, soprattutto William, ma per Michel avrebbe ascoltato.
Sospirò rassegnato. Le premesse non erano certo delle migliori, ma almeno aveva accettato di starlo a sentire.
Si sedette accanto al ragazzo sull'erba pensando con una fitta di dolore alle macchie verdi che vi sarebbero impresse sui pantaloni.
"Tuo padre è uno dei miei professori all'università. Anzi, è il mio relatore di tesi. Per questo ci conosciamo. Oggi dovevo passare a casa tua
a prendere dei libri che mi servivano e così ho fatto la conoscenza
anche di tua madre. Sai, ha degli splendidi capelli, belli come i tuoi".
Così dicendo passò una mano ad accarezzare le ciocche scure di Mathias che gli ricadevano dietro la schiena.
Mattie lo lasciò fare rilassandosi un po' sotto il suo tocco e affondando la mano nella pelliccia morbida di Nicky.
Certo, era la spiegazione più logica del mondo e si diede dell'imbecille per non averci pensato
da solo.
"Ci tiene un casino, li cura molto" il tono più caldo ora, non riusciva a stare arrabbiato a lungo e adesso specialmente non ne aveva motivo.
Stava bene così e per ora non si domandava nulla. Aveva la mente in pezzi dopo la conversazione con Ket e incontrare i suoi era stato la
mazzata finale.
Visto che Mathias non opponeva resistenza, continuò ad accarezzarlo.
Stava così bene in quel momento, non avrebbe più voluto andarsene via. Ma
c'era ancora una cosa che voleva far sapere al suo dolce angelo dagli occhi azzurri.
"Quello che hai visto nel salotto che parlava ai tuoi genitori non è il vero Michel. E' solo la maschera che uso di fronte... bé, di fronte a
tutti a dire la verità".
Ridacchiò imbarazzato.
"Ci sono solo due persone che hanno conosciuto il vero me stesso: mia madre... e tu".
Lo guardò attentamente cercando di penetrare i suoi pensieri e le sue emozioni, per lui non era difficile. Possedeva un intuito che sfiorava
il sovrannaturale.
"Per non lasciare che gli altri ti feriscano o provino pena per te?"
In fondo lui faceva la stessa cosa, solo che la sua maschera era quella dell'allegria, come uno di quei clown patetici che
sfidano gli altri con il loro sorriso invincibile e nel silenzio del loro camerino piangono lacrime assurde.
Lo capiva.
Avvertiva di nuovo quella sensazione di appartenenza. Quando stava con Mathias non si sentiva mai inadatto o fuori luogo. Questo perché sapeva
che il ragazzo lo capiva profondamente, senza bisogno di parole.
"Sì è così. Il povero ragazzino sfortunato, abbandonato da un padre sempre a caccia di gonnelle e con una madre pazza di cui curarsi! Se non
mi mostrassi sempre perfetto tutti mi compatirebbero o, peggio, cercherebbero di aiutarmi. Come se potessero darmi ciò di cui ho davvero
bisogno, come se potessero anche solo capire cos'è che voglio".
Michel non si era neppure reso conto di aver serrato i pugni e di essersi messo a tremare dalla rabbia. Raramente mostrava i suoi reali
sentimenti e quando lo faceva non sapeva mai come giostrarli.
Le mani del ragazzo volarono ad aprirgli i palmi e afferrarglieli, non si fermò a riflettere sulla stranezza del suo comportamento, con
nessuno dei suoi amici aveva gesti così, solo con Ket.
"La gente adora farsi
vedere addolorata o sentirsi dire che è altruista e gentile ma alcuni lo sono davvero".
Sapeva che gran parte della conversazione valeva anche per lui, ma se avesse
confermato tutto il discorso di Michel dove sarebbero finiti? Era quello che gli ripeteva sempre Kether e se lo diceva lui doveva esserci un
fondo di verità.
Lo fissò intensamente in quegli occhi così belli e puri. Raramente aveva visto una bellezza esteriore tanto consimile a quella interiore.
Sentiva le mani calde di Mathias stringere le sue. Riusciva a intravedere la sua anima lucente. Michel non si rendeva più conto di chi era né di
dove si trovasse. Le uniche cose che importassero erano quelle dita sottili, quei due cieli infiniti e i battiti dei cuori dei due ragazzi
collegati da un identico ritmo.
Agì d'impulso, senza riflettere. Non lasciando all'altro il tempo di reagire, Michel si chinò verso Mathias e gli sfiorò le labbra con le sue.
Era un bacio dolce e pieno di calore.
Quando si riprese e capì ciò che aveva appena fatto, si scostò velocemente dal ragazzo.
"Scusa, io.... non volevo spaventarti".
Si alzò di scatto indietreggiando, cosa diavolo... in un lampo ricordò le parole di Kether 'forse è gay'.
Vide solo parzialmente i cani che accorsero parandosi di fronte a lui, avevano percepito la sua confusione.
Si avvolse il torace con le braccia.
"Cosa significa?" lui non aveva mai baciato un ragazzo! Non lo aveva mai nemmeno preso in considerazione
e per Michel provava solo amicizia, certo forse più forte di quella che sentiva verso Ale, Giò e gli altri, ma da qui a baciarsi!
Si premette la mano sulle labbra ricordando la morbidezza e il calore di Michel, fu questo che più di tutto lo spaventò. Non aveva provato
tutto quel disgusto che avrebbe pensato.
Michel sospirò di nuovo. Era la giornata delle grandi rivelazioni quella! Appoggiò la testa sulle ginocchia e disse: "Mi sono innamorato di
te".
Non voleva guardarlo in viso ora. Se vi avesse letto del disprezzo ne sarebbe morto. Non in senso letterale, naturalmente, ma sarebbe morta
quell'ultima piccola parte di sé che aveva ancora conservato gelosamente,
difendendola con le unghie e con i denti da tutte le sventure che gli erano capitate nella vita e che avevano inaridito il suo cuore.
"Non volevo fare nulla che a te non andasse, credimi. Però non sono riuscito a trattenermi. Ed è giusto tu sappia che non so se mi riuscirò a
trattenere neppure la prossima volta".
Sgranò gli occhi incredulo stringendo spasmodicamente Nicky e strappandogli un guaito, forse era colpa sua, cioè... non aveva fatto nulla per
scoraggiarlo e...scosse la testa, stava impazzendo.
"I-io... cioè... per me sei un amico e basta mi dispiace".
Non voleva ferirlo o che lui credesse che gli faceva schifo, in fondo anche Kether
era gay e lui odiava con tutto il cuore il compagno di classe che lo maltrattava per questo.
Si accucciò davanti a lui allontanando i due cani grandi e tenendo il cucciolo stretto a sè, come una barriera.
"Forse è meglio se non ci vediamo più allora...non voglio farti soffrire".
Michel si alzò in piedi continuando a non guardarlo.
"Non voglio perderti. Sei troppo importante per me. Sei la prima persona con cui riesca a
parlare liberamente. Se non dovessimo vederci mai più ne soffrirei troppo. Io ti voglio bene anche come amico. Ti prometto che non ti parlerò
più dei miei sentimenti per te se ti infastidiscono, ma, per favore, continuiamo a vederci".
Se ne fosse stato ancora capace, forse si sarebbe messo anche a piangere per riuscire a convincerlo. Ma ormai non ci riusciva più. Aveva perso
da tempo il conforto di quello sfogo. Poteva solo continuare a reprimere ciò che sentiva come aveva sempre fatto. Non sarebbe stato un
problema, ormai c'era abituato. Ma allora perché solo l'idea di dover continuare la sua farsa lo faceva stare così male?
Lasciò andare Nicky. Ma che discorso era?
"Ma Michel io lo faccio per
te! A me non dà assolutamente fastidio, il mio migliore amico è gay non è
questo, io non voglio che tu soffra vedendomi ecco".
Gli sarebbe dispiaciuto molto nn vederlo più, non sapeva perché o come era successo ma quel ragazzo era riuscito dove i genitori e gli amici,
a parte Kether, avevano fallito. Sentiva che avrebbe potuto aprirgli l'anima.
Michel si commosse a quelle parole. Mathias aveva tutte le ragioni del mondo per avercela con lui, in fondo aveva tradito la
sua fiducia. Eppure cercava il modo per non farlo soffrire. Questo lo fece sorridere e sentire una potente fitta nello stesso tempo. Possibile
che proprio ora che non poteva averlo si rendesse conto di quanto fosse speciale?
"Allora resta mio amico, per favore. Starei molto più male se non ti dovessi più vedere".
Doveva riuscire a convincerlo, non poteva permettersi di perdere anche l'unica persona che lo aiutasse a
conservare un briciolo della sua umanità.
Aveva sempre vissuto nella perfezione più assoluta, conscio che ogni minimo errore avrebbe richiamato su di sè il biasimo o
la compassione della gente. Il figlio di un padre disgraziato che aveva abbandonato la sua famiglia e di una madre pazza non poteva essere
nient'altro che perfetto per potersi proteggere dai continui attacchi del mondo esterno.
Con Mathias aveva ritrovato un po' del vero Michel nascosto da qualche parte nel suo cuore e lo aveva tirato fuori. Ma se
adesso lo avesse rifiutato totalmente, anche quel poco sarebbe andato irrimediabilmente perduto.
Mattie strinse il cucciolo ancora più forte, poi a un guaito di protesta lo lasciò andare dalla madre che li guardava protettiva.
Neanche lui voleva perderlo, con Michel riusciva ad essere qualcosa di più che un clown sempre allegro. Riusciva a parlare e non era poco.
"Ok" sussurrò scrollandosi i lunghi capelli neri e sorridendo.
Gli sarebbe dispiaciuto non vederlo più.
"Allora ci vedremo ancora... hai sempre il mio numero no?"
Michel sorrise felice.
"Certo! Che ne diresti se uscissimo insieme una di queste sere? Ti chiamo domani per metterci
d'accordo".
Non tutto era perduto, in fondo. Mathias, per quanto non lo avesse propriamente ricambiato, almeno non si era sottratto al
suo bacio. Michel era sicuro di avere ancora qualche speranza.
Dopo che Mathias gli ebbe fatto un cenno d'assenso con il capo, si diresse verso il cancello attraverso il viottolo di ghiaia.
Non sapeva neppure lui se era felice o depresso. Fece un sospiro.
Sperava solo di non illudersi troppo riguardo all'altro ragazzo.
FINE CAPITOLO III
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