Sole
silenzioso parte
II
di Mikako e
Yurika
Mathias alzò gli occhi al cielo, era nuvoloso.
"Pioverà" mormorò Mattie prima di alzare le spalle e correre
fuori verso il campetto.
Adorava il sole ma nulla gli impediva di giocare con qualsiasi tempo!
Arrivò vedendo che i suoi amici già si scaldavano e sorridendo si unì a
loro, chissà se quel ragazzo sarebbe venuto oggi.
A dire il vero lui non aveva inteso mandargli un invito...cioè era una
cosa che diceva per salutarlo nulla di che, ma la reazione dell'altro
aveva creato una stupida aspettativa anche in lui.
Era piacevole parlare con Michel, ma pericoloso in un certo senso....a
nessuno diceva mai dei suoi genitori, non sapeva cosa gli era preso, gli
era sembrato naturale quasi.
Scrollò le spalle iniziando la partita e scacciando quel pensiero.
Michel sarebbe venuto lo sapeva e, dopotutto, forse avere un amico con cui
parlare veramente non sarebbe stato male.
Le prime gocce di pioggia cominciarono a cadere dal cielo plumbeo.
"Merda! Mi si rovineranno i capelli! Proprio oggi che ci tenevo tanto
a farmi vedere in perfetta forma".
Uscì dall'università cercando di camminare più che poteva accostato ai
muri delle case per cercare un seppur lieve riparo sotto i cornicioni.
Arrivò al campetto che era completamente zuppo. I capelli, diventati di
un biondo scuro, gli si incollavano ai lati del viso.
Aveva paura di non trovare più nessuno, dato il tempo.
Il cuore gli batteva forte al pensiero che non avrebbe potuto rivedere
Mathias.
Corse verso il campo da calcetto. Per fortuna c'era ancora gente.
Perlustrò con lo sguardo i vari giocatori. Solo uno gli interessava.
Un ragazzo dai capelli lunghi del colore delle ali dei corvi e
dall'incredibile sguardo di fuoco.
La pioggia gli scivolava addosso creando sentieri di sogno sulla sua pelle
candida e appiccicandogli la maglietta al torace. Era bianca e faceva
intravedere tutto, ma il proprietario sembrava non curarsene... si
concentrava sul gioco e per fortuna che aveva fatto la treccia oggi!
Sentiva le ciocche nere aderirgli al viso e se le scrollò stizzito, la
partita procedeva ugualmente, ma era difficile giocare in queste
condizioni.
Non per questo era meno bravo.
Scorreva via fendendo la difesa avversaria e guizzando in una serie di
dribbling mozzafiato fino a quando, vedendosi di fronte il portiere, scartò
all'ultimo passando la palla in un assist magnifico ad Ale permettendogli
di segnare.
"Cazzo" fu il commento di Giò, sapeva di cosa era capace Mattie
ma lo stesso restava senza fiato quando vedeva giocate del genere.
"Finiamo qui la partita!" urlò Ale per farsi sentire e solo
adesso
Mathias si guardò intorno e vide Michel ai bordi del campo che lo
guardava.
Alzò una mano per salutarlo e poi ritornò un attimo dai suoi amici a
mettersi d'accordo per l'indomani.
Di nuovo quella meravigliosa aura che avvolgeva il giovane calciatore
mentre sgusciava imprendibile in mezzo alla difesa avversaria.
Era invidioso di tutti quelli che lo circondavano, invidioso perfino della
palla che stava calciando perché erano al centro dell'attenzione di
Mathias, mentre lui era relegato al solo ruolo di spettatore.
Quando finalmente venne dato il segnale di fine partita, Michel si sentì
ansioso come non era mai stato prima.
Questa volta doveva riuscire ad approfondire la loro conoscenza.
Sentiva che doveva giocarsi il tutto per tutto.
Sarebbe diventato suo amico ad ogni costo. Anche qualcosa di più, se
tutto andava per il meglio.
Mathias gli fece un cenno della mano al quale lui rispose, poi si spostò
verso i suoi amici. Michel decise di aspettarlo lì dov'era. Avevano un
appuntamento, o almeno una specie di appuntamento, per cui il ragazzo lo
avrebbe raggiunto di certo.
E Mathias effettivamente lo raggiunse, incurante della pioggia e
ridacchiando notandone gli effetti disastrosi sul bel vestito di Michel
"Che disastro eh?" commentò divertito "Dai andiamo a
ripararci" dirigendosi verso un albero e controllando che non ci
fossero tuoni e fulmini - non si sa mai, non avrebbe certo voluto
ritrovarsi colpito da una scarica elettrica!
Si appoggiò al tronco scostandosi i capelli dal volto
"Sei venuto anche con questo tempo... ti piace tanto vedermi
giocare?"
"Mi piace tanto vederti e basta".
Meglio se senza vestiti magari. Ma questo non glielo poteva dire di certo.
Si mise a fissarlo intensamente negli occhi.
'Non abbassa lo sguardo, posso farcela'.
Mathias lo guardò stranito. Aveva detto davvero quello che aveva sentito?
O forse era lui che aveva interpretato male.
Ma perché continuava a guardarlo in quel modo?
Michel non trattenne un sorriso. La confusione che aleggiava sul volto del
ragazzo era commovente. Gli piaceva sempre di più ogni minuto che
passava.
"Ti andrebbe di andare a bere qualcosa? Almeno potremmo ripararci da
questa pioggia e parlare un po' in santa pace".
Annuì subito, qualsiasi cosa pur di superare il turbinio di pensieri che
si erano insidiati nella sua mente. "Conosco un posto qui
vicino" facendogli cenno di seguirlo e trattenendo a stento un
brivido, faceva davvero freddo e lui indossava solo una maglietta ma
d'altronde per giocare bastava.
Alzò il viso al cielo un attimo, sembrava la sua vita che scendeva da
quell'immensità ora quasi nera e che senza tregua tormentava le persone.
La sua stessa vita era un fastidio per i suoi genitori, un fastidio
direttamente proporzionale al suo carattere indipendente e ribelle.
"Però preferisco il sole" borbottò riabbassando il volto e
lasciando che ciuffi neri ricadessero davanti al viso.
"A me piace la pioggia. Soprattutto quando sono seduto di fronte ad
un caminetto sorseggiando un bel tea caldo. No, a parte gli scherzi: mi
piace sul serio. Quando vedo le gocce cadere dal cielo mi sembra che il
mondo possa purificarsi da tutte le sue brutture.
Naturalmente questa è solo un'illusione".
Michel terminò la frase con un leggero sorriso malinconico che gli
increspava le labbra.
Notò che il ragazzo era rimasto con lo sguardo rivolto a terra. Prima
ancora di rendersi conto di ciò che stava facendo, allungò una mano e
scostò alcune ciocche dal viso di Mathias.
"Tu sei decisamente un tipo da sole. Lo vedo dai tuoi occhi."
Un incredibile calore gli si scatenò dentro a dispetto della pioggia e di
tutto. Sentì la sua mano indugiare un attimo sulla sua pelle e si scostò
impercettibilmente, sorridendo però e replicando "Hai ragione lo
adoro".
La pioggia portava con sè brutti pensieri, come gocce di cristallo posati
sull'anima, ma era cristallo che tagliava e feriva e tanto più cercava di
leccare via il sangue sgorgato, tanto più questo stillava spietato.
Il sole portava con sè la speranza che tutto si sarebbe illuminato e un
giorno le ferite impostegli sarebbero state curate.
Si voltò riprendendo il cammino e commentando "Ma ci nutriamo di
illusioni vero? altrimenti a volte fa male" l'illusione di vedersi
accettato dai suoi in quanto persona e non inutile appendice.
"Mh, sì hai ragione. Ma è dura quando ti accorgi che la tua
illusione non potrà mai essere realtà. A volte mi chiedo se non sarebbe
meglio smettere di sperare. Farebbe meno male".
Ma cosa gli era saltato in mente di dire? Non aveva mai rivelato molto del
suo vero essere ad anima viva, neppure a sua madre e ora, con una sola
frase, aveva messo a nudo una verità troppo profonda e dolorosa a quel
ragazzino appena conosciuto.
Lo sapeva che era pericoloso rivederlo. Eppure non riusciva a pentirsi di
trovarsi lì con lui in quel momento.
"Senti, non fare caso a quello che ho appena detto, ok? Tendo ad
avere un brutto carattere in questa stagione".
Gli sfoggiò un altro dei suoi sorrisi. Ne aveva un repertorio infinito,
provati uno ad uno in mille circostanze diverse fino ad arrivare alla
perfezione. Perché lui doveva sempre mostrarsi perfetto.
Mathias ignorò l'ultima frase concentrandosi sulla precedente, come
faceva a non farci caso? Era quello che mille volte sentiva anche lui.
"Ma la speranza è l'unica cosa che ci resta ormai no?" poi si
scrollò cacciando dalla mente quei pensieri e quelle sensazioni /come di
una fiammata che durante un'eternità solo sussurrata urla la sua presenza
al mondo/ e guardando Michel ebbe la certezza che quello non era il suo
vero sorriso, solo una piccola intuizione ma sentiva che rispondeva a
verità.
Quel ragazzo aveva il potere di tirare fuori pensieri e domande che
credeva sepolte e in profondità anche.. ma ovviamente non si poteva
nascondere a lungo una ferita se non si vuole che questa si infetti.
Così sorrise a sua volta riprendendo il suo solito atteggiamento allegro
ed esclamando " Ecco guarda, quello è il bar!
Conosco il proprietario fanno una cioccolata buonissima" leccandosi
le labbra quasi stesse pregustando già il suo sapore dolcissimo.
Un brivido attraversò la schiena di Michel quando vide la lingua guizzare
tra le labbra di Mathias. Era così carino e dolce in quel momento che
avrebbe voluto mangiarlo di baci. Si limitò ad annuire e a seguire il
ragazzo all'interno del locale.
Il posto era veramente carino, le pareti foderate in legno e i tavolini
abbastanza appartati e tranquilli, un'atmosfera accogliente e calma che
sembrava invitarti a rilassarti e a fermarti un momento, aveva un
potere incredibilmente calmante su Mattie. La cameriera venne a portare le
ordinazioni e scherzò con Mattie, si conoscevano da tanto, da quando
aveva cominciato a frequentare questo locale un anno fa e lei era quasi
una bambina. Una bambina di 14 anni cotta di lui che pendeva dalle sue
labbra.
Adesso si è calmata (più o meno) e sono amici, si può dire.
"Ti piace?" chiede riferendosi chiaramente al locale.
"Carina, ma non è il mio genere" rispose con aria noncurante.
Aveva notato il modo in cui quella ragazzina guardava il suo Mathias e non
gli piaceva per nulla. Oddio! Pensava già a lui come 'suo'. decisamente
si stava ammattendo.
Mathias lo guardò di nuovo stupito. A Michel passò per la testa che,
forse, il ragazzo non si stesse riferendo alla giovane cameriere che li
aveva serviti.
"Oh! Il locale intendi. E' delizioso".
Per fortuna non si faceva scoraggiare da una piccola brutta figura.
Il ragazzo scoppiò a ridere asciugandosi una goccia di pioggia che gli
scivolava sulla guancia, unica residua che ancora, tenace e immortale si
ostinava a resistere al caldo del locale.
"Beh Annie è molto carina decisamente, ma è troppo giovane!"
sussurrato perché non voleva certo spezzare il giovane cuore della sua
amica!
"Anche se conosco chi non si fermerebbe davanti a tal ostacolo".
Guardando la ragazza che si stava avvicinando con la cioccolata enorme di
Mattie e il tea verde di Michel, traballante sui tacchi alti, giudicò la
sua merenda in pericolo e si alzò ad aiutarla mettendo in salvo le
tazzine e pizzicandole il sedere ridendo.
Adorava metterla in imbarazzo!
Michel finse di non notare il gesto di Mathias. In fondo gli aveva appena
detto che quella ragazza non lo interessava.
Si mise a girare il cucchiaio nella tazza senza farlo scontrare con le
pareti di porcellana esattamente come gli era stato insegnato fin da
piccolo. Intanto non perdeva un attimo di vista il ragazzo seduto accanto
a lui.
Lo vide tuffarsi golosamente nella cioccolata affondando il naso nella
panna, proprio come i bambini.
Dopo i primi sorsi prese una pausa per respirare e si pulì la bocca
leccandosi le labbra.
Michel strinse la presa sulla sua tazza. Bastava anche quel minimo gesto
innocente per mandarlo in ebollizione. Decise di passare all'attacco.
Prese il volto di Mathias tra le mani. "Ti è rimasta della panna sul
naso" e così dicendo posò le sue labbra sulla punta sporca.
Rimase così per un istante solo, poi si staccò velocemente da lui e tornò
a concentrarsi sul suo tea.
E Mattie rimase lì a bocca aperta cercando di capire che avesse fatto e
come mai il suo viso fosse in fiamme.
Si passò la mano sul naso automaticamente e mormorò un
"Grazie" flebile
Flebile. Non sapeva come interpretare un gesto del genere e insomma.. non
era esattamente di amicizia no?
Ma cosa poteva chiedergli? Così si tuffò nuovamente sulla panna
sporcandosi il viso e mormorando un "Se nn bevi si raffredda".
Meglio ignorare tutto.
Sotto la sua maschera impassibile, Michel gioì per la reazione
dell'amico. Se gli avesse dato fastidio il suo gesto gli avrebbe detto
qualcosa. Invece si era solo imbarazzato. Molto bene, questo era un buon
inizio.
"Cosa fa il nostro bel Mathias nella vita oltre a saper giocare
benissimo a calcetto?"
Alzò la testa grato per aver finalmente un argomento di discussione che
lo tirasse fuori dall'imbarazzo, "Beh vado a scuola" ridacchiò
"e gioco a basket a tennis a baseball...poi che altro"
se la stava chiaramente tirando, ma d'altronde era vero che praticava una
marea di sport.
"Ma non a livello agonistico".
si portò alle labbra la tazzina per finire la cioccolata e pulendosi col
tovagliolo le labbra chiese " e tu?"
"Come ti ho già detto ieri, temo di non essere un grande
sportivo". Per carità, odiava fare attività fisica che andasse al
di là della passeggiata in centro per fare shopping! Decisamente era un
tipo più contemplativo che attivo.
"Oltre che venire al campetto per veder giocare bei ragazzi" e
qui lanciò a Mathias una delle sue occhiate 'assassine'
"frequento il terzo anno alla facoltà di Lettere Classiche. Uhm...
vediamo che altro dirti. Il mio hobby è suonare il violino".
Più che un hobby era una costrizione che lo aveva perseguitato
dall'infanzia. Suo padre aveva preteso che imparasse l'arte di uno
strumento nobile e sua madre si era gettata nell'impresa di farlo
diventare il
primo violinista di qualche importante orchestra.
Adesso però non gli dispiaceva più tanto aver imparato a suonarlo.
Doveva ammettere che gli era venuto spesso in aiuto poter sfogare i suoi
momenti di crisi profonda con le note struggenti tratte da quelle corde
fatate.
"Qual è la cosa che ti piace di più in assoluto?"
Non sapeva neppure lui perché gli aveva appena rivolto quella domanda.
Ogni volta che stava insieme a Mathias scopriva lati di sè che non
conosceva e questo lo spaventava un po'.
Per un attimo vacillò sotto il peso di mille ricordi e mille costrizioni,
essere il figlio perfetto, giocare a golf, fare sempre la cosa giusta,
finché si era ribellato e aveva fatto quello che voleva...ma era davvero
quello che voleva? o solo una stupida ribellione senza significato?
Si strinse nelle spalle, non lo sapeva, a lui piaceva giocare a calcio, di
più, lo adorava, ma non avrebbe saputo rispondere.
Non c'era nulla che gli piacesse in modo assoluto, al di sopra di tutto.
"Non lo so " rispose sincero "mi piace molto giocare ma non
penso sia un qualcosa di assoluto, alle volte ho l'impressione di sprecare
tutto" leccò la tazzina in modo da non lasciarsi sfuggire una sola
goccia di cioccolata "Sono alla ricerca del mio assoluto" con un
sorriso e rivoltandogli contro la stessa domanda.
"E a te?"
Michel si mise a ridere. Da quanto non rideva più così di cuore? Ormai
non se lo ricordava neanche più.
"Scusa, temo di averti fatto una domanda molto strana.
In effetti anch'io sono ancora alla ricerca del mio assoluto".
Sempre che da qualche parte esso esista.
"L'unica cosa che so per certo è che vorrei rivedere il sorriso di
mia madre".
Lo aveva fatto di nuovo. Si era confidato un'altra volta con lui. Aveva
parlato di sua madre, tra l'altro! Non aveva mai parlato a nessuno di lei,
se non per rispondere alle domande di cortesia che gli venivano rivolte.
Non capiva cosa gli stesse capitando. Non si capiva più.
Gli sorrise tenero, anche lui avrebbe voluto rivederlo, quel sorriso che
gli faceva sempre la sera da piccolo prima di metterlo a letto, sincero
come non ne aveva più fatti dopo.
"Cosa le è successo?" e capiva che quella domanda serviva più
a Michel che a lui.
Gli dedicò tutta la sua attenzione lanciando prima un'occhiata
all'orologio, fra poco Kether sarebbe venuto a prenderlo.
Cosa doveva fare? Raccontargli la verità? O mentire come aveva sempre
fatto?
Eppure capì che di Mathias si poteva fidare. Lo intuì leggendo nei suoi
occhi chiari così pieni di sollecitudine, completamente rivolta a lui.
"Mia madre è ricoverata da tempo in una clinica per malattie
nervose.
Soffre di crisi depressive e ha tentato il suicidio più volte."
Aveva pronunciato quelle parole tutto d'un fiato e ora si chiedeva come
l'altro avrebbe reagito. Decise che se avesse capito di fargli pena
sarebbe uscito immediatamente dalla sua vita per non rivederlo più.
Mattie appoggiò la testa all'indietro sciogliendosi i capelli e lasciando
che ricadessero in una cascata di seta nera fino al fondoschiena.
Erano ancora fradici e non si sarebbero mai asciugati se li lasciava
legati. "Mia madre è a casa ma è come se non ci fosse.
Una macchinetta che si regola in base alle esigenze degli altri e della
vita sociale". Non capiva perché gli stava dicendo tutto questo,
forse voleva dirgli che anche lui avrebbe voluto una madre, ma capiva che
non era la stessa cosa.
Gli piantò i suoi occhi azzurrissimi in viso "A quanto pare entrambi
soffriamo per i nostri genitori" e non l'aveva mai detto a nessuno.
Non perché se ne vergognasse, ma perché nessuno avrebbe capito oppure lo
avrebbero compatito e basta.
Solo Kether sapeva.
Lo aveva compreso. Non lo aveva sbeffeggiato e non aveva provato pena per
lui. Semplicemente aveva capito. E ora che lo guardava negli occhi poteva
leggervi riflessa la sua stessa sofferenza. Bé, non proprio la stessa
forse, ma sicuramente una altrettanto intensa.
Gli sorrise gentile. "A quanto pare".
Continuò ad osservarlo estasiato. Era talmente bello con i capelli
sciolti sulla schiena e gli occhi color del ghiaccio artico, ma che
portavano in sè anche il fuoco del sole tropicale!
Michel si chiese se a questo punto avrebbe potuto anche solo fare a meno
di vederlo.
"So che la mia richiesta potrebbe sembrarti inopportuna ma... potrei
sapere se ci sono speranze che ci rivediamo ancora?"
Lo guardò disorientato, non era abituato a ricevere richieste formali di
questo tipo. "Perché inopportuna? Certo, quando vuoi, ti lascio il
mio numero di cell".
Parlava bene con lui e aveva detto cose che non si sarebbe sognato di
rivelare a nessuno, gli sarebbe dispiaciuto non rivederlo.
Si tastò la tasca dei pantaloni quando si rese conto che non aveva il
telefonino con se... certo non lo portava mica al campetto a giocare!
"Mmm sì, ti lascio il mio perché il cell io l'ho lasciato a
casa" disse sorridendo e guardandolo.
"Perfetto, non c'è problema!" Tirò fuori il telefonino e
memorizzò il numero di Mathias. Si sentiva felice come quando, da
bambino, riceveva il regalo che aveva tanto desiderato per il suo
compleanno.
"Immagino che ora tu dovrai andare a casa." Un po' gli
dispiaceva doverlo lasciare, ma sapeva che non doveva tirare troppo la
corda. Non era un ragazzo qualunque e non poteva permettersi di perderlo
per una stupida mossa affrettata.
Guardò l'orologio in fretta e furia "Certo è tardissimo
cavoli! Kether mi uccide!" alzandosi in piedi e dirigendosi verso la
cassa, pagò il conto di entrambi e poi tornò un attimino al tavolo per
salutarlo "Ciao allora, chiamami quando vuoi" sfiorandogli la
mano per salutarlo e uscendo fuori correndo come una furia continuando a
ripetere "Ket mi uccide,
Ket mi uccide" divorando la strada che lo portava a casa e entrando
con foga, ignorando la domestica accorsa al suo arrivo. Pensava ancora a
quello strano ragazzo al bar. Era sicuro lo avrebbe chiamato.
Gliel'aveva letto negli occhi.
Mathias era appena scomparso fuori dalla porta del locale. Non gli aveva
dato neppure il tempo di pagare il conto. In fondo era stato lui a
invitarlo.
Sorrise. Quel ragazzo era un vero uragano! Era appena entrato nella sua
vita e già l'aveva totalmente sconvolta. Ormai non poteva più fare a
meno di lui.
Si ricordò che solo pochi minuti prima aveva pensato che gli bastasse la
sua amicizia. Ora era certo che sarebbe morto se Mathias non lo avesse
amato.
Michel sospirò rumorosamente. Amore. Per quanto tempo era fuggito da quel
sentimento. E adesso, invece, avrebbe fatto qualunque cosa per riuscire a
viverlo appieno. Si sarebbe trasformato in uno zerbino e avrebbe lasciato
che Mathias si pulisse i piedi sopra, pur di potergli stare accanto.
Scosse la testa. Era inutile continuare a pensarci.
Domani l'avrebbe chiamato. Gli mancava già così tanto! Avrebbe resistito
fino al giorno dopo? Magari poteva scrivergli un messaggio quella sera.
Intanto, era meglio tornare a casa. Si alzò e, salutando con un cenno la
piccola amica di Mathias, uscì dal bar.
Mathias si guardò intorno per l'ennesima volta, non era possibile che
l'unica volta che lui aveva corso come un dannato per essere puntuale
l'amico arrivasse tardi! Insomma! Aguzzò lo sguardo e un sorrisone gli
illuminò il viso quando vide la sua figura farsi strada attraverso la
notte. Un raggio di luna lo illuminava e si rifletteva sui suoi capelli
rosso rubino, in una notte di luna rilucevano modestamente, ma in una
giornata di sole fiammeggiavano come tizzoni ardenti.
Un'esile fiamma che danzava sensuale sulle note di una melodia mai
scritta, ma che impregna la notte, qualunque notte in qualunque mondo.
La camicia di raso rossa imprigionava brandelli di luna e i volant di
pizzo sempre rosso facevano intravedere le mani pallide.
Mattie osservò i pantaloni di raso nero che stringevano le cosce per
scendere morbidi sui polpacci e le mille catenine d'argento che si portava
dietro.
Scosse la testa facendo una smorfia alla vista degli enormi occhi verdi
contornati dal kajal e dalla bocca carnosa che spiccava come una macchia
di sangue contro il visetto bianco.
Ma chi glielo faceva fare di andare in giro con un tipo del genere?
"In ritardo" disse sogghignando, finalmente poteva vendicarsi di
tutte le volte in cui l'amico glielo rinfacciava, ma desistette subito
notando lo sguardo triste e il viso tirato.
"Cosa è successo Keth?"
Vide l'amico scuotere la testa e prendendolo per un braccio lo trascinò
all'interno del locale.
Nessuno doveva fare del male a quell'angelo triste.
Si sedette osservando allo specchio i lunghi capelli neri raccolti in una
coda e la camicia bianca aderente sopra i pantaloni di pelle nera, non era
da paragonare come fantasia all'abbigliamento di Kether ma stava bene.
"Dimmi cosa è successo... centra Brandon?"
Capì di aver centrato il problema quando Kether sobbalzò e lo guardò
con gli occhi sgranati.
"Mi ha chiesto di studiare a casa sua la prossima settimana".
"Non ti fidare" fu la prima reazione di Mattie, Ket scosse la
testa
" Senti.. lo so che si è comportato da stronzo e che è etero e a me
non mi calcola.. non può rappresentare nessun pericolo" ma l'amico
gli prese le mani guardandolo quasi in lacrime, sentiva che c'era qualcosa
che non andava, Brandon non era il tipo da invitare ragazzi a casa
sua, specialmente Kether che gli faceva il filo da un mare di tempo. Anzi
l'aveva sempre insultato e sbeffeggiato, con scherzi talvolta anche
crudeli.
Ma c'era di più.
Tutti i suoi sensi erano tirati all'inverosimile sentiva che sarebbe
successo qualcosa di terribile se fosse andato.
"Non sono tranquillo, ti prego ascoltami.. Brandon NON è il tipo che
invita a casa ragazzi, e non è assolutamente il tipo dolce e gentile che
non ti farebbe nulla.. non andare" l'amico gli strinse le mani,
"Anche tu sei etero ma non faresti mai male ad una mosca".
"Che cazzo c'entra, io non sono un teppista come Brand".
"Mattie io ne sono innamorato!"
'E' qui il problema!' avrebbe voluto dire, ma rimase in silenzio e lo
contemplò con sguardo tagliente.
" Ket se quello ti fa qualcosa che si allontana anche minimamente da
una carezza io lo trovo e lo ammazzo".
Kether rabbrividì, era capace di farlo, aveva già visto Mattie
all'opera.
"Dimmi di te piuttosto".
Era un subdolo tentativo di cambiare discorso ma Mattie era troppo ingenuo
per accorgersene quindi cadde in pieno nella trappola
" Ho conosciuto un tipo strano".
Ket sollevò un sopracciglio in silenzio.
"Beh, strano nel senso che.. insomma mi ha baciato la punta del naso
per togliermi via la panna, ha detto che gli piace vedere dei ragazzi
giocare e.. che hai da guardarmi così?"
In effetti Kether era una delle persone che non commentavano se non era
necessario e che quando parlavano lo facevano per dire qualcosa di
importante.
Una delle pochissime persone con cui stare in silenzio non era
imbarazzante, ti sembrava quasi di cogliere il suono del mondo che girava
e delle mille anime che soffrivano e lottavano e amavano.
"E se fosse gay?"
Quelle semplici parole lo buttarono nella confusione, non ci aveva
minimamente pensato.
"E-eh?"
Le labbra rosse di Ket si piegarono in un sorriso.
"Ma certo Mattie, io non lo conosco, ma uno che dice di voler vedere
i bei ragazzi che giocano!"
"E tu che ne sai che ha detto 'bei' ?" disse imbronciato.
"Beh guardava te no?"
Arrossì alzandosi in piedi e mugolando un "vado a prendere da
bere" lasciandosi dietro la risata di Kether.
FINE CAPITOLO II
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