L'appuntamento.
L'appuntamento e' alle 9.
Ho preso la metro perché la mia testa gira ancora vorticosa e con la moto mi sarei di sicuro ammazzato.
L'orologio sopra il palazzo della stazione segna le 8:30.
Non arriverò' in tempo.
Ferirò i suoi sentimenti?
Kira si arrabbierà?
Mi sorprenderà con una voce rabbiosa che non conosco e getterà a mare le tempere trasformando in fango il suo cuore?
Che pensieri stupidi... sorrido tra me e me... lei non lo farà... anche la sua collera è rapida e pacifica come una rondine.
Lei mi salva sempre.
***
I miei passi sono veloci. Cammino fendendo il mondo, me ne accorgo solo ora e penso a come faccia Kira a starmi dietro. E' facile... precedendomi.
Mai una sola volta mi ha seguito.
Ripensandoci me la sono sempre trovata davanti.
Mi ha dipinto. Ha trasformato la mia vita in una metafora.
Accanto a lei sento di avere un senso.
***
Oltrepasso i giardinetti e scendo le scalinate a gran balzi, quasi una rampa per volta. Il sole è tiepido e divora le case con lentezza.
Pensare che solo fino a ieri sera si gelava.
Che inverno lunatico.
Con le mani in tasca accelero il passo, trotto fischiettando fino all'uscita del parco e proseguo verso la fermata dell'autobus.
Frrr... la brezza fruscia come i raggi di una bicicletta... le foglie tremano... la luce si frastaglia tra i rami...
E' allora che lo vedo.
Un bambino.
Piange con le manine, strette a pugno, premute sugli occhi.
Accanto a lui un uomo inginocchiato che lo accarezza.
Non vedo il suo viso.
La mano percorre tutto il corpo del bambino. Gli scende sui glutei, disegna i fianchi, tasta la schiena minuta.
Ho l'impressione che il piccolo stia tremando.
L'uomo alza il viso.
Gli occhi sono fosse nere... il sole non ci arriva.
La mano si fa incerta poi si ritrae.
Si alza in piedi e si scrolla i pantaloni sdruciti, tocca la testa del bambino e lo spinge davanti a sè.
S'incamminano.
A capo chino.
Dove?
A fare che?
Il mondo e' un posto buio e vi accadono cose ancora più buie.
E a volte noi non le fermiamo.
A volte le desideriamo.
***
Sei si è lanciato dal terrazzo della scuola.
Il suo corpo si è schiantato al suolo con il tonfo sordo della realtà.
Il gong del tamburo che ne segna la fine.
Da allora vivo in un sogno fatto di rabbia e black-out.
Mi sento vivo solo così.
Nel secondo preciso, nel minuto preciso, nell'ora precisa - il ticchettio ancora impresso nelle mie orecchie - in cui Sei ha toccato il suolo, tutto ha avuto inizio.
E adesso è inarrestabile.
Mi hanno detto di accantonare immaginari sensi di colpa, mi hanno detto che erano senza fondamento e che la mia psiche li aveva creati in seguito allo shock... ma non credo a ciò che si dice per circostanza.
La mente non crea inganni... ne sono convinto.
Solo dobbiamo illuderci che sia così, per poter scacciare le fantasie malate e non sbranarci gli uni con gli altri, per non strapparci il cuore e divorarlo.
Per non scoprire che possiamo vivere anche senza di esso.
***
Sei è caduto al suolo.
Io non l'ho salvato.
Io l'ho ucciso anche se non l'ho spinto.
L'ho ucciso perché' non ho saputo trattenerlo.
***
Ho visto un cadavere identico a me e per questo ora sono insensibile.
La carne morta non può essere ferita.
Ma riesce ugualmente a contaminare ciò che la circonda.
Eppure sono splendente, lo so,... lo vedo da come mi guardano... lo sento da come mi parlano, sono un mistero unico... il soggetto di un quadro... un dio, il Dio.
Quello della guerra.
E porto solo morte.
***
Salgo sull'autobus e prendo posto accanto ad una signora che, in equilibrio sul bordo del sedile, tenta di far star buona la nipotina.
Mi accomodo meglio. Mi scompongo sciogliendomi i capelli, appoggio i piedi alla stanga di ferro di fronte a me e guardo il riflesso sul vetro.
Guardo me e guardo Sei.
Un Dio... posseggo davvero questa cosa chiamata fascino?
Sono solo un ragazzo, un ammasso di ormoni, una testa confusa che si spegnerà prima di arrivare a capirci qualcosa. Un ragazzo a cui un giorno è stata mostrata una crepa nel tessuto lucido della realtà.
Dietro c'erano solo cadaveri.
Corpi in putrefazione.
E asfalto.
Asfalto macchiato di sangue e l'odore dell'estate e della gomma.
Sono un ragazzo bello che non sa che farsene della sua bellezza.
Allora la regalo...
Esploro quei corpi femminili così diversi da me... ne cerco tutti i segreti... senza pretendere che questo allievi la mia solitudine.
Solo Kira non vuol essere toccata e così non posso far altro che abbracciarle l'anima.
Lei c'è sempre stata e sempre ci sarà... anche se non l'amassi più... perché ancora non sa.
Ancora non mi conosce, e anche se è egoistico ho bisogno di ingannarla per non impazzire.
Ho bisogno di vedere riflessa nei suoi occhi la persona che non sono più e che forse - è doloroso pensarlo - non sono mai stato.
Ho bisogno di qualcuno convinto che lo squarcio che ho dentro sia una bella tenda, un drappeggio, un gioco d'ombre e di colori. Posso crederci anch'io se lei riuscirà ad essere abbastanza convincente. Se continuerà a dipingere tele così belle.
Mentre disegna ha lo sguardo di chi sta studiando gli ingranaggi del mondo.
Di chi conosce gli scantinati dell'animo umano.
Di uno scienziato che mi scandaglia il cuore. Non voglio che arrivi fino in fondo... non c'è nient'altro che valga la pena di vedere.
Forse sono un ingenuo a credere di poterla ingannare.
Forse lei ha capito tutto nell'istante preciso in cui mi ha visto attraverso gli occhi di Makio.
Quindi, ancora una volta... i mie sensi di colpa sono fasulli.
Anche quelli per il ragazzo con le mani sporche di sangue che ho lasciato nel mio letto.
Tutto fasullo.
Rei, mi dico, rievocando il viso del medico, tu sei innocente.
Si, ancora una volta sono libero.
***
La bambina scivola giù' dalle ginocchia della nonna che sbuffa e allunga una mano per riprenderla. Ma il braccino della piccola le sfugge dalle dita. La vedo che traffica con le buste della spesa tentando di farle stare in equilibrio mentre si alza per recuperare la nipote che nel frattempo ha cominciato a correre su e giù per lo scompartimento.
Ha due trecce bionde.
Salta e strilla.
Se ci fosse Kira qui con me la troverei carina, lei è il mio filtro del mondo, il mio collegamento con tutto ciò che è giusto e sano.
Ma non c'è e così, proprio mentre la piccola cade a terra, per la seconda volta in un giorno, mi giro dall'altra parte.
E penso.
Penso... alle cose buie che accadono e che a volte vogliamo...
Credo sia così vera questa frase. La rigiro nella mia bocca e la studio per bene.
E' proprio vera.
... è che a volte ci sembrano tanto familiari... a volte le cose buie ci chiamano con la voce della nostalgia...
Risale tutto a poche ore fa.
Non sembra neanche vero che sia accaduto.
La sera appena trascorsa, una sera come tante, mi preparo e esco... e fuori mi attende un imprevisto.
***
Makio.
Fuori della porta di casa mia c'è Makio.
Con il suo sguardo freddo, così simile al mio e con il suo collo esile.
Makio a cui, nel primo pomeriggio, non avevo aperto la porta e che ora ritrovo lì.
Ci vado quasi a sbattere.
E' fermo, immobile bagnato fradicio.
La dimostrazione che non sono cattivo?
Lo tiro dentro.
Lo spingo sul divano e gli sfilo la maglia.
Devo faticare, non mi aiuta e quando riesco a tirarla via vedo che sorride.
***
"Ti porto qualcosa di asciutto... ti cambi e poi sloggi."
Frugo nell'armadio. Prendo una tuta che di sicuro gli starà grande poi torno da lui.
Siede immobile come l'ho lasciato. La schiena bianca e curva e le gocce di pioggia che gli colano dai capelli.
Scivolano sul collo esile e sulle spalle.
La sua pelle sembra morbida come quella di una ragazza.
Come quella di Kira?
Probabilmente percepisce la mia presenza, perché si volta senza che io abbia detto nulla.
Ha le labbra socchiuse e trema.
"Non mandarmi via , per favore... Rei "
Ha l'aria triste, ma è solo apparenza.
Potrebbe ingannare chiunque ma non me. Esattamente come io non posso ingannare lui.
Il mondo intero mi porge un abbraccio consolatorio e mi avvolge nel celeste della pietà: Makio no.
Mi porta un suono cupo e il colore del vuoto.
Viene dritto dall'inferno e senza indugio mi chiama assassino.
Mi strappa dall'anima il cadavere di Sei e mi mostra tutte le prove.
Vuole farmi credere di essere l'unico ad accettarmi per quel che realmente sono, ma io non ho intenzione di cascarci, ho capito bene che è l'astuzia a guidare i suoi passi.
Perché solo se mi riconoscessi uguale a lui potrebbe avermi.
Anche adesso, che si fa ancora più minuto e s'inventa sul volto una dolcezza che non possiede, non riesce a smentirsi.
... piccolo bastardo...
Ha gli occhi che ridono.
E non dovrebbero, non in mia presenza.
***
"Come mai sei rimasto ad aspettare sotto la pioggia?... è un caso che io sia uscito... non era in programma... "
Non parla accarezza la felpa senza mostrare alcuna intenzione di mettersela.
"Ti avrei trovato domattina morto assiderato..." sorrido... "e penso che non ci avrei pianto... anzi, forse sarebbe stato un bel modo per iniziare la giornata..." dico, appoggiandomi al muro e incrociando le braccia.
Continuo a ghignare e sento il viso che mi si deforma.
Mi guarda senza espressione e spiega la felpa. L'esamina attento per un istante.
"E' troppo grande per me..."
Mi sorride e si avvicina...
... piccolo schifoso...
Comincio a capire il suo gioco.
"Senti puttanella psicopatica... non sei il mio tipo... anche se mi giri nudo per casa non c'è speranza che ti scopi! Per cui asciugati, vestiti e togliti dalle palle!"
Nessuna reazione.
Il ghigno mi tira il viso facendomi sentire come se indossassi una maschera di cemento. Quanto vorrei che le mie parole fossero frustate.
Frustate su quella pelle bianca, su quel corpo... e che il dolore arrivasse in profondità, sul fondo di quegli occhi senza espressione... rimescolando tutto il fango della sua anima e facendocelo annegare dentro.
"Non mi fai male Rei... lo sai... sono come te... non sento nulla... ma io, a differenza tua, non ho paura di me stesso..."
Sorride.
Sorride sempre.
E ha sguardi di filo spinato.
Mi sta davanti. E' più basso di me e più esile, molto più esile... ma non sembra fragile.
Una solidità sinistra gli scorre sotto la pelle.
Lungo le braccia, nell'incavo appena ombrato delle ascelle, s'inerpica sui tendini del collo, scende sulle scapole, scorre forzata dai fianchi stretti e sboccia in fiori spinosi che gli tirano il ventre e che gli arpionano la pelle bianca e sottile.
Le cicatrici stellate che, come un parassita, vivono in simbiosi con lui.
Le cicatrici... quelle cicatrici...
... oh Dio mio...
"Mhh... queste?" dice indicandosi lo stomaco, "Sono il regalo di Yuji Aoki "
Continuo a fissarle ipnotizzato.
"Sono davvero un regalo... per chiunque sarebbero un cruccio... ma non per me."
Sorride estasiato.
"Sono il mio lasciapassare!... Commuovono le persone! E, quando vengo colto in flagrante... sono la mia giustificazione. Perché chi ha sofferto può fare quel che vuole, non è vero Rei?.. Tu lo sai meglio di me in fondo..."
"Non vivo di rendita dei miei dolori, se è questo che stai insinuando e soprattutto non sono responsabile del modo in cui la gente interpreta le cose che accadono..."
"... ma non fai nulla per impedirlo... però... "
Le sue provocazioni mi arrivano sfocate; è come se la sua pelle urlasse più forte.
Mi avvicino ancora un po'... non riesco quasi a credere che lo sto facendo davvero... allungo una mano, le dita come calamitate.
E le tocco, tocco quelle ferite.
Li la pelle è dura e di un colore più scuro.
Liscia e rigida, la sento che mi scorre sotto le dita.
Makio ha un brivido, ritrae appena lo stomaco e deglutisce. Quel gesto mi fa venir voglia di affondare le unghie direttamente nella sua carne.
Riprende a parlare ma nella voce c'è rimasto un tremito.
"Se... se mi tocchi li'... è come se m'infilassi una mano in una ferita aperta... "
Sembra che tenti di nascondere un ansito.
"Ti fa male? "bisbiglio.
"No... non fisicamente..."
Sì, non è un impressione, il suo respiro si è fatto veloce... e anche il mio.
Faccio scorrere le dita su e giù, delicatamente... ho la sensazione che gli facciano l'effetto della corrente elettrica; si morde un labbro.
Le sue labbra, sono così pallide...
Ma che sto facendo??
Me ne rendo conto tutto ad un tratto...
Tento di riprendermi... mi accorgo però che mi è rimasta la voglia di sentire com'è il resto della sua pelle.
Mi ritraggo di scatto... fanculo!... l'avrà notato sicuramente.
Sbuffo e mi passo una mano tra i capelli.
Afferro il pacchetto di sigarette dal tavolino e mi butto sul divano.
Mentre me ne accendo una mi accorgo delle mie mani.
Cristo! stanno tremando!
Non voglio lasciare a Makio la conduzione del gioco...
Mi viene da ridere perché a pensarci bene l'eventualità di finire a letto con lui è la più rosea: la più nera è quella di ritrovarmi con un coltello nella pancia se solo non sto attento.
Tento di cambiare discorso.
"Cosa volevi?"
"... non lo so, dimmelo tu... cosa potrei mai volere..." risponde con tono divertito.
Mi sento torvo, torvo come non mai.
Lui sospira e s'infila la felpa, poi si siede sul divano di fronte a me.
"Contento ora? "mi chiede.
Non c'è dubbio, già' si sente padrone della situazione.
Ma io non sono tipo da lasciarsi trascinare, conosco certe correnti meglio di lui, so giocare meglio di lui e ho un vantaggio... il mio cervello, al contrario del suo, funziona ancora.
***
Fuori si è fatta notte.
Adesso nel mondo ci siamo solo noi due. Se lo uccidessi non mi renderei realmente conto di aver commesso un omicidio fino a domattina. Se lo strangolassi. Se lo ferissi. Se lo violentassi, lo umiliassi.
Se lo amassi...
Il ticchettio delle ore ha riempito la stanza.
Makio non parla più. Sento che devo cercare ad ogni costo di ridare una parvenza di normalità alla serata.
"Sei ancora bagnato... cambiati anche i pantaloni... io... vado a prenderti un asciugamano per i capelli "dico improvvisamente alzandomi.
Lo squarcio nella realtà si è allargato, le cose cominciano a vacillare e Kira si è fatta piccola all'orizzonte.
Questo non deve accadere. Non ho intenzione di permetterlo.
Mi alzo e m'incammino verso il bagno.
La casa d'un tratto è opprimente, i miei polmoni sembrano essersi rimpiccioliti e il respiro mi fa l'effetto di una lama nel torace.
La voce monocorde e laconica di Makio mi raggiunge alle spalle. Mi blocca sulla porta del corridoio.
"Perché ti sforzi di essere gentile?... Non volevi uccidermi?"
Già... perchè?...
"Nei miei sogni sì, sempre... ti spezzo il collo continuamente, mi dai più piacere di una bella donna... ma" la smorfia cattiva che avevo assunto mi si allenta un po' sul viso "io vivo nella realtà, riesco ancore a distinguere le mie ossessioni dalle cose giuste... "
"Ah "
"..."
"... Ne sei sicur..."
"Cambiati e sparisci. "lo interrompo, adesso si è fatto davvero troppo irritante per i miei gusti. Esco da quella stanza irrespirabile.
***
Mi sciacquo la faccia con l'acqua fredda, ma la palpebre continuano a bruciarmi come fossero ustionate da quello che ho visto. Il gorgo del lavandino col suo rumore di risucchio mi sembra assordante.
Un ronzio cieco mi sta invadendo il cervello.
Io non posso permettermi di impazzire, non sono tipo da lanciarsi nel vuoto e tutto quello che riuscirei a fare è ferire chi mi sta accanto.
Finirei per fare del male anche a Kira, soprattutto a lei.
I colori... Kira vede i colori...
... Makio... lui di che colore è?
Mi viene in mente solo il nero.
Il nero profondo.
E il buio.
E lui vi brilla al centro.
Gli ultimi giorni di vita di Sei sono stati altrettanto neri?... Io non lo ricordo.
Forse quando uno sta per morire, indipendentemente dalla causa, l'aria si fa vuota intorno a lui e la luce fugge... come un animale che fiuta la paura. Come ho fatto anch'io.
Mi guardo allo specchio ed è vero.
I miei occhi sono come i suoi, vorrei ammazzarlo perché ha ragione.
Vorrei anche... perché negarlo arrivato a questo punto?
Vorrei anche toccarlo, baciarlo... .sentire che sapore ha il suo corpo.
Vedere se sul fondo c'è rimasto qualche brandello d'anima.
Quando torno Makio è sul divano e sta guardando la televisione.
In un angolo, appollaiato e sperso dentro la mia felpa, si mangiucchia le unghie fissando avido quello che avviene al di la dello schermo.
Sembra così innocente. In questo momento non è diverso da Kira e da Sei.
Eppure...
Quelle mani delicate hanno stretto un coltello con tanta forza da non allentare le presa neanche di fronte al suono agghiacciante della carne lacerata.
Quegli occhi castani hanno fissato il sangue che sgorgava... l'hanno visto farsi denso e nero... e non si sono voltati dall'altra parte.
Quella parvenza di bambino che siede sul divano di casa mia ha conosciuto e goduto della più sordida delle perversioni...
Eppure... io... io...
***
Gli lancio l'asciugamano che gli piomba in testa, lui ci annaspa dentro e poi se lo tira via riemergendo stralunato: "Ehh... ?"
"Asciugati i capelli "
"E poi me ne devo andare giusto? "domanda mentre si strofina le ciocche chiare col tessuto di spugna.
"Esattamente "
Cerco di usare un tono freddo, è così che voglio apparire ai suoi occhi, è così che devo apparire...
Attraverso la stanza e mi avvicino alla finestra, sul vetro c'è il suo riflesso.
L'immagine speculare di Makio che a gambe incrociate si asciuga i capelli. Sembra indaffarato, tutto preso da quel gesto quotidiano.
Mi chiama porgendomi l'asciugamano.
"Ehi?... ma non avresti un phon?..."
"Si è rotto e ho dimenticato di ricomprarlo..."
"Ahhh... queste incombenze domestiche... non ti si addicono..."
Sorride e strizza gli occhi appoggiandosi allo schienale. Un ridacchiare sommesso prende a scuotergli in modo quasi impercettibile il torace.
E io sento una morsa nelle viscere.
Vederlo tranquillo, rilassato. E' tutto così familiare.
Kira è sempre un po' tesa invece. Emozionata e pensierosa.
Dolce... sì... ma sulle spine.
Invece ora sono io quello che balla sui carboni ardenti.
"... Idiota" gli dico e uso l'asciugamano come una fionda per colpirlo.
Lui si copre la testa e si piega su un fianco continuando a ridere.
Mi rilasso in un sorriso.
Una marea gentile mi sale e scende nella gola mentre guardo quel corpo semi disteso che si abbandona ad un sospiro e resta immobile con il viso contro il bracciolo.
Questa situazione è ridicola, stupida, pericolosa.
Dovremmo essere sue individui segnati, due pazzi, due nemici.
Invece sembriamo una coppia di amanti.
Mai, come prima d'ora, il mondo mi è sembrato raccolto e comodo.
Sferico, ovattato e perfetto.
E' come la nostalgia, come il riflesso su una decorazione di Natale.
Come un sogno in una biglia di vetro.
Senza uscita e senza speranza.
Devo fare qualcosa per mandarla in frantumi perché non voglio essere io quello che si spezza alla fine.
Un breve momento di silenzio, quel tanto che basta a raccogliere i pensieri e la saliva necessaria, poi gli tocco la spalla. Un gesto dubbioso, un tocco sfuggente per paura che si trasformi in una carezza.
"Voglio che tu te ne vada... domattina devo vedere Kira... per cui ora vorrei dormire ."
"..."
Makio mugugna qualcosa d'incomprensibile.
"Non mi interessa come lo fai, chiama un taxi o vattene a piedi, ma vattene ."
Solleva il viso.
Una ciocca di capelli tra le labbra.
La bocca socchiusa.
E gli occhi limpidi come specchi.
Suppongo che quello che vorrebbe indurmi a vedervi riflesso siano la mia testardaggine e la mia crudeltà.
E' sempre più' bravo a fingere, di questo devo dargliene atto.
Fuori la notte è perfettamente blu.
Da dietro i vetri la sento premere sulla mia schiena.
"... Non voglio averti qui di notte! Fatti una bella passeggiata."suggerisco sfilandogli di mano il telecomando e spegnendo la televisione.
E allora eccolo, quel sorriso che conosco così bene. Lo stesso che ho voluto mostrare a Kira quel giorno al locale. Quello che più di ogni parola serve a descrivere Makio.
Una piccola smorfia cattiva che si allarga come una piantina carnivora.
Come la soddisfazione che invade gli occhi dei vampiri e come le pozze di sangue che disperdono la vita.
La sua bocca è una mezza luna e gli occhi gli brillano come una stella morta.
Conosco quell'espressione e mi terrorizza.
Me la sento sul volto continuamente, quando Kira non c'è, quando ripenso alla lettera che ho voluto mostrare a Sei prima che si ammazzasse e quando mi guardo allo specchio troppo a lungo.
"Che bugiardo che sei Rei, non è vero che non mi vuoi qui stanotte... tu mi vuoi, mi vuoi eccome!! "
I suoi occhi hanno un sussulto, o forse sono io che sobbalzo a quelle parole.
Si passa la lingua sulle labbra.
"... Come vuoi che io ti insegni quello che so sul piacere di uccidere... e di essere se stessi "
Stringo gli occhi.
"Povero ragazzino... suggestionabile! Mi fai pena Makio... non hai niente di meglio da inventarti che queste uscite da film? "
"Ma e' vero..."
Si siede più compostamente e con le mani posate in grembo e l'aria placida continua la sua litania.
"... Io ho ammesso di essere un assassino, ti ho confessato il mio piacere... e tu non hai fatto niente! Ti sarebbe bastato dire che stavo infastidendo te e la tua ragazza... che pensavi io fossi pericoloso... che mi avrebbero preso e riportato indietro e rinchiuso in un istituto!! Ma non l'hai fatto... nonostante fossi preoccupato per Kira... il motivo è molto semplice non credi? E molto evidente direi... "
Parla guardandosi le mani, come per pudore.
Come se avesse rovistato nei miei cassetti, nella mia vita, tra le mie lenzuola e sul fondo avesse trovato qualcosa di talmente compromettente da vergognarsene lui per me.
Quello che dice è chiaro come la carta, non posso negarlo, forse neanche giustificarlo... ma... neppure posso ammetterlo.
"... E' vero "dico "... ma è stato perché mi facevi pena!"
Non ha nessuna reazione così continuo.
"A parte il fatto che potrei farlo anche ora, forse ho provato pietà per un povero ragazzino malato... che dici? "dico con tono stanco e volutamente ironico.
Makio solleva il viso incupito.
"... In fondo non è questo quello a cui miri tu? Vuoi impietosire la gente per manipolarla... ed il trucchetto ti è riuscito, stavolta "
La sua espressione si fa greve , pensierosa. Continua a guardarmi senza parlare.
Ora sono io che conduco il gioco.
Perché quello che dico sembra sincero e lui non è abituato alla verità.
"... Certo, è stato imprudente da parte mia... non ho giustificazioni. Ho commesso uno sbaglio! Sarei dovuto andare alla polizia subito dopo la nostra chiacchierata... non ho intenzione di negare la mia imprudenza... ma in qualche modo mi ricordavi Sei... " incredibile, sono arrivato ad usare Sei pur di tirarmi fuori da questa situazione.
Davvero io non sono diverso da lui.
Corruga la fronte.
"Sei? "
"... Mpf..." chiudo gli occhi e sorrido "Sì Sei,... sembri fragile come lui, ma possiedi una forza maligna proprio come me... e per un istante ho pensato che forse anche lui sarebbe potuto arrivare a compiere qualcosa di terribile se non ci fossi stato io al suo fianco. Per questo... mi hai fatto pena, neanche per te stesso, ma solo per una... mhh... sì, una trasposizione della mia mente "dico agitando la mano con noncuranza e appoggiandomi allo schienale del divano.
Mi fingo distratto, ma spio ogni contrazione del suo viso.
Stringe le mascelle.
Ora sento finalmente di averlo ferito.
"... Forse..." comincia "senza di te... "
Mette le parole in fila con una lentezza che ferma il tempo, le carica calmo come fossero una pistola.
Preparandosi a restituire il colpo.
"... Forse senza di te..." mi punta lo sguardo cattivo come una canna di fucile dritto dentro gli occhi, "adesso sarebbe ancora vivo!!... Magari non si sarebbe ammazzato!"
Sa dove pungere... e non si tira indietro.
A fuggire a ritroso invece è la mia lucidità.
Un lampo bianco di calore mi passa sopra gli occhi.
Una mano arroventata che mi ustiona facendomi vacillare.
La collera è corrosiva, mi fa acido il sangue e prende a scorrermi furiosa dentro ogni capillare.
Sento che le mani mi prudono. Tutto il mio copro freme...
Resto immobile ad attendere che la voce della ragione m'imponga di non fare quello che sto desiderando, di non stringere ancora quel collo, di non spezzare quelle ossa... ma a giungermi nitide invece sono le parole di Makio... fredde e taglienti come un rasoi, acuminate e fragili come un ago.
"... Sì, forse, se non ci fossi stato tu Sei... avrebbe tirato fuori le palle invece di coltivare fantasie sull'inarrivabile fratello gemello!!!... E per cosa poi? Solo per sentirsi buttato via... che grazioso caso da psicanalisi che era!! Un peccato che sia morto... non era poi inutile come credeva di essere no? Alla scienza avrebbe fatto comodo! "
... dieci... cento... mille coltellate, gli assassini non si fermano... franano inarrestabili... fino alle estreme conseguenze... Makio ne è la prova...
Che strani scherzi che gioca la mente.
Di fronte agli occhi ho un negativo sfocato.
Nel mio cervello si azzera ogni cosa tranne che i versi di una canzone dei Pink Floyd...
... sento che arriva uno dei miei brutti periodi... mi sento freddo come una lama di rasoio... stretto come una pinza emostatica...
E come una pinza scatto.
Gl'infilo una mano tra i capelli e stringo finche non sento le radici cedere.
Lo trascino giù dal divano e lo sbatto in terra con violenza.
In un attimo sono sopra di lui...
Con una mano gli blocco le braccia sul torace, stringendo e spingendo con tutto il mio peso e con l'altra lo colpisco in pieno viso.
Al primo colpo sento la sua testa sbattere contro il pavimento e le ossa del cranio risuonare contro il mio pugno.
Sorrido di una gioia selvaggia.
Non riesco a fermarmi, ciocche sudate di capelli mi cadono davanti agli occhi e mi finiscono in bocca, le sputo via e continuo a ridere mentre lo colpisco forte, sempre più forte.
Voglio che provi quello che ha provato Sei quando l'impatto l'ha ucciso.
E' fragile, sento il suo corpo come fosse cartapesta, come vetro sottile.
Se lo rompo mi taglierò anch'io, ma non me ne importa più.
Continuo, continuo.
Continuo finche la mano non mi scotta.
E finche la mente non mi si snebbia.
Allora mi fermo e lo strattono per il colletto.
Lo sollevo e ghignando mi avvicino al suo viso. Voglio godermi la sua sofferenza, imprimergli nella mente la sua stessa espressione da folle.
Invece... l'unica cosa che vedo sono le mie lacrime.
Delle gocce trasparenti che piovono sulla sua pelle bruciante e dolorosa come il deserto.
Neanche capisco che sono mie, neanche capisco che sono lacrime finche' lui non parla.
"... Stai piangendo... P... perchè?..."
Con una mano mi tocco la guancia, è umida, bagnaticcia e le lacrime continuano a scendere come tante piccole onde.
Improvvisamente un freddo insinuante mi avvolge la spina dorsale.
... sono forse impazzito??...
Guardo Makio stralunato, ha i capelli spettinati, il viso martoriato e respira come se stesse morendo.
... ma che ho fatto???...
Il suo labbro inferiore sanguina.
Una goccia rossa che gli spacca la bocca a metà.
Il mio ginocchio ancora premuto sul suo ventre non lo fa respirare.
... ma volevo veramente ucciderlo??...
Mi sposto immediatamente e gli prendo il viso tra le mani.
... mio Dio...
Tremo come una foglia mentre lo sollevo e lo prendo in braccio.
E' così leggero.
Tira dei respiri violenti e spezzati. D'improvviso mi si aggrappa addosso con tutte le sue forze, m'infila le dita nella carne e stringe.
Il cuore mi si strizza come un panno.
"Scusa scusa scusa!! "è tutto quello che riesco a dire.
Perdonami... perdonami... perdonami...
E' tutto quello che riesco a pensare.
***
Lo porto in camera mia e lo faccio stendere sul letto, ma lui non accenna a volermi lasciare, il viso premuto contro il mio collo e un tremito pietoso che gli corre lungo tutte le membra.
Con il viso sfioro suoi capelli umidi e le mie lacrime s'intrecciano ad essi.
Hanno un profumo delicato, di pioggia e di shampoo e mi premono morbidi sulla guancia.
Tremo sempre più forte...
Non posso aver fatto questo...
Per quanto spregevole Makio sia... io...
Io... ho paura di lui fino a questo punto?... paura dei miei desideri fino a questo punto??...
Cerco di staccarlo da me con gentilezza e corro in bagno a raccattare qualunque cosa mi capiti sottomano: disinfettante, bende, garze, cerotti, aspirina e antidolorifico... raccolgo su tutto quasi senza pensarci, poi vado in cucina a prendere dell'acqua fresca da fargli bere.
***
La luce del frigorifero spezza il grigiore monotono della stanza.
Odio quel ronzio elettrico che sa di camera mortuaria.
Frugo alla bell'e meglio nel surgelatore facendo cadere delle confezioni di cibo precotto...
Ma dove diavolo è?...
Ah, finalmente!
Dal fondo estraggo del ghiaccio secco, lo scuoto per liberarlo dalla brina e lo appoggio sul lavello.
Cos'altro ero venuto a prendere? Ah si, dell'acqua fresca!
La prendo dall'ultimo ripiano.
Nella bottiglia fluttua trasparente e luminosa.
Fisso quelle striature danzanti di luce.
Come le dita che il sole allunga sul mare.
E ricordo.
Eravamo in vacanza quel giorno.
Era estate e Sei era vestito di bianco e d'azzurro.
Per tutta la mattina avevamo nuotato e messo alla prova i nostri polmoni di tredicenni cacciandoci, fintamente minacciosi, l'un l'altro la testa sott'acqua e immergendoci e riemergendo fulminei.
Ancora adesso è il ricordo più bello che ho.
Io e Sei, in un bagno di luce.
Poi nel pomeriggio lui dormiva su di un'amaca.
Con indosso solo un paio di pantaloncini, la pelle ambrata e briciole di sabbia sulle ginocchia magre.
Immerso nel bianco col mare che brillava alle sue spalle.
Nel sonno era così sensuale, così diverso, liscio e pulito, rispetto alle donne vogliose e lascive che spiavamo sulle riviste porno.
Così luminoso.
Così conosciuto, familiare, accogliente.
Mi accovacciai vicino a lui, nell'amaca come in un utero.
Io conoscevo tutto di quel corpo e nonostante questo non riuscivo a coglierne l'essenza ed il candore.
Era come fissare il sole e non vederlo.
Due metà strappate l'una dall'altra.
Provai a ricongiungerle, come meglio potevo.
Nel modo impacciato di un tredicenne sconvolto dai sensi che, ridestandosi, lo spingono in un'inaspettata direzione.
Muovendomi goffo e lento per non svegliarlo mi portai più vicino al suo viso.
... non svegliarti... ti prego... non svegliarti...
Sudavo freddo.
La bocca dei Sei era dischiusa.
Il suo respiro regolare.
Mi guardai intorno preoccupato che nessuno vedesse quello che stavo per fare... mi avvicinai ancora, deglutii e lo baciai.
Ricordo che fu come assaggiare un frutto, rosso e acerbo insieme, e dallo strano sapore.
Mi separai da lui, ma solo per pochi secondi.
Con l'indecifrabile ancora sulla lingua decisi di assaggiare più in profondità.
Ormai in preda all'incoscienza mi riattaccai alle sue labbra.
Con circospezione gli forzai poco per volta la bocca finche non si aprì e io riuscii a spingermi dentro ed a trovare la sua lingua.
E allora qualcosa di confuso mi salì sopra gli occhi e il mondo intorno divenne solo una grotta vuota di cui più nulla m'importava e mi raggiungeva.
E nel silenzio di quella caverna, sentii Sei rispondere al mio bacio.
Forse lo sognai soltanto.
Non so dirlo.
So solo che quella fu la prima e l'ultima volta che provai qualcosa di simile e che dubitai dell'innocenza di Sei.
Dopo quell'episodio ricacciai tutto nel fondo del mio animo, nella sua parte più profonda, solo un'indistinta cosa buia tra milioni di altre.
Per anni l'ho portata dentro, seppellita nelle viscere , esorcizzata dall'assenza di Sei, dalle ore di sesso sfrenato e dalla dolcezza di Kira.
Fino ad oggi, fino all'arrivo di Makio.
Richiudo lo sportello del frigo.
Afferro tutto e cercando di non perdermi nessun pezzo per strada torno da lui.
***
Con un po' di cotone umido gli pulisco il viso dalle lacrime.
L'ho praticamente obbligato a buttare giù due aspirine che, anche non servissero a nulla, non gli faranno di sicuro male, ed adesso lo ispeziono con attenzione, toccandolo e chiedendogli se e dove sente dolore.
Trascorro quasi un ora nel tentativo di rimetterlo in sesto.
Sembro un medico alle prime armi, inesperto e piuttosto incapace.
Lui risponde a monosillabi.
"Forse..." suggerisco "sarebbe meglio chiamare un dottore..."
"No "
"Credo che sia la cosa migliore "
"No!... Sto bene, davvero... Sono abituato! "
Persino in una situazione simile non rinuncia all'ironia.
"Però potresti avere delle lesioni..."
"Sì certo!!" alza la testa con un moto di orgoglio e di rivincita, "E cosa gli raccontiamo al medico? Che sono caduto? Come nei film sulle violenze domestiche? "
"La verità Makio! E' colpa mia e non ho intenzione di negarlo "dico e mi alzo per telefonare.
Mi afferra una mano trattenendomi.
"No! Sto bene davvero... non ho niente di rotto guardami... è stato lo shock più che altro! "
Cerca di sorridere ,ma gli esce fuori una smorfia sgraziata.
Il suo sguardo è annebbiato dalle lacrime trattenute.
"Come vuoi tu, però poi non lamentarti! "
Torno a sedermi accanto a lui e lo osservo.
Le spalle curve e il capo chino.
"Lo vedi? "dice... "Mi vuoi talmente tanto da tentare di uccidermi..."
Sgrano gli occhi.
"... e forse anche da cadavere ci faresti un pensierino su!!"
Sputa fuori quella frase tutta d'un fiato e poi crolla di nuovo sulla mia spalla singhiozzando e ridendo contemporaneamente. E' un irriducibile, non c'è alcun dubbio.
"Guardami Makio "
In tutta risposta rinsalda la presa, allora l'allontano con decisione tenendolo per le spalle.
Si libera con uno scatto e si copre il viso con le braccia.
"Non coprirti, non ho intenzione di picchiarti "
Ha paura di me.
Di certo non posso dargli torto, ma vorrei tanto che non fosse così.
Lo prendo per i polsi e gli allargo le braccia serrate, in modo da poterlo guardare in faccia.
Le labbra solcate da quel nero graffio di sangue, le guance arrossate e delle escoriazioni impresse come marchi sulla tempia.
Gli prendo il viso tra le mani e con i pollici gli accarezzo le gote.
Con tenerezza.
Come la pioggia sui frutti riarsi dal sole.
Mi guarda senza capire.
"Perdonami "
Non risponde.
Le labbra socchiuse e l'incredulità dipinta in faccia.
"Perdonami..."
"Cosa... cosa significa... Rei?"
"... Significa che hai vinto."
Sgrana gli occhi e fa per dire qualcosa, ma io non gliene lascio il tempo.
Veloce faccio guizzare la lingua tra le sue labbra ferite.
Lecco via il sangue e lo assaporo.
A quel gesto vibra come colpito da un terremoto. Più forte che sotto i miei pugni.
Allora continuo. Unisco le mie labbra alle sue.
Con la lingua le accarezzo e poi gli scivolo dentro. Un fulmine elettrico mi sale dalla bocca al cervello. Come il sale e come il mercurio.
Come il solletico.
Come uno spasmo ricacciato indietro. E' come leccare la superficie degli specchi...
Niente mi è mai piaciuto così tanto.
E' una sensazione conosciuta, la più familiare e temuta di tutta la mia vita.
... come quella volta... in estate...
Makio si apre completamente a me, risponde al bacio con movimenti leggeri, quasi impercettibili.
... come quella volta... in estate... con Sei...
Intreccio la mia lingua alla sua, bevo la sua saliva e gli mordo le labbra ferite strappandogli un gemito.
Poi torno ad accarezzargli il palato, la lingua, i denti.
Gli respiro dentro.
Infine, stordito, mi stacco da lui e lo guardo.
Sul fondo miele dei suoi occhi si agitano paura e desiderio.
Sotto la superficie guizza come un serpente d'oro la gioia per questo inaspettato trionfo.
Riacquista colore e le guance gli si accendono.
"ora "gli sussurro nell'orecchio "avrai quello che volevi "
A queste parole freme, e non è il solo.
Provo un brivido anch'io.
So meglio di lui cosa sottintendono.
Domani io dimenticherò, domani abbandonerò Sei ancora una volta.
Sono meschino.
... mi passo la lingua sulle labbra...
Sono uguale a lui.
... mi tolgo la maglia e sento l'aria, corposa come il desiderio, fasciarmi lo stomaco e i muscoli...
No, sono peggio, molto peggio.
***
La stanza è avvolta in una penombra leggera.
Makio mi stringe.
Le sue braccia intorno al mio collo.
Le nostre lingue intrecciate.
Con una mano sfioro i suoi capelli.
Allungo l'altra, gliela infilo sotto la maglia e finalmente tocco quella pelle sottile e sensibile.
Ne tasto ogni millimetro con i polpastrelli, palpeggiandola con cura come per imprimermene la memoria fin dentro le cellule.
Lo spingo giù e lo faccio sdraiare.
Accarezzo il suo addome piatto e morbido.
Poi gli sollevo la felpa e appoggio la bocca al suo ombelico.
Con la punta della lingua sfioro una cicatrice.
Un respiro tremante gli sfugge dalle labbra e il suo ventre sussulta.
... ahh Dio...
Quanto mi piace, mi piace da impazzire vedere la pelle tirata del suo addome scossa dai tremiti. Vulnerabile, indifesa e provocante.
La assaggio.
La lecco.
Sollevo ancora di più' la maglia e la tiro fino a sfilargliela.
Faccio scorrere la lingua sui suoi capezzoli e sentendolo sussultare di nuovo ne prendo uno tra le labbra.
Lo succhio, lo lambisco con la lingua e lo mordo. Lui getta la testa all'indietro e un rauco "... siii... " gli sfugge dalle labbra.
Mi risollevo e gli bacio il collo, il viso e la bocca.
Gli lecco la gola e con i denti scivolo fino al suo petto.
Come guidato dal ritmo sincopato dei suoi sospiri scendo ancora più giù e inizio a sfilargli i pantaloni.
S'intrecciano sui suoi piedi e allora li strattono con forza.
Sento Makio ridere.
Sollevo la testa e lo vedo con il viso impaziente e acceso che mi sorride malizioso.
Si mette a sedere e finisce di toglierseli da solo.
"e adesso? "domanda mostrandomisi senza ritegno.
Già, e adesso?
Non l'ho mai fatto con un uomo...
Poco male, so quello che piace a me in fondo!
Lo spingo giù e lo bacio mentre lui mi fa scorrere le mani su tutto il corpo.
Mi accarezza leggero, titubante mentre gli infilo le dita tra i capelli e continuo a baciarlo.
Il suo tocco è lieve.
Piacevole e strano, di un altro mondo come quello di una medusa.
Il dolore viene dopo.
Quando ricordo che con quelle mani ha tolto la vita ad un uomo.
Piccoli tentacoli urticanti che mi fluttuano sulla pelle e a cui non mi sottraggo, a cui rispondo come non ho mai fatto con niente e nessuno prima.
Senza più capire, senza più distinguere l'angoscia dal piacere.
Sento il suo sesso inturgidito premermi addosso e allora l'afferro.
Makio si irrigidisce, il suo corpo si tende.
Lo sto ancora baciando e così lo sento gemere e chiamare il mio nome nella mia bocca.
Mi scosto leggermente, con un gesto butto indietro i capelli e gli sorrido mentre prendo a far scorrere la mano su e giù, con studiata lentezza.
Lo accarezzo con una calma esasperata e voluta.
Lui aumenta il ritmo del respiro e l'espressione beata del suo volto si va tingendo di frustrazione.
Un piacere sottile, lento e sospeso può' rivelarsi una tortura.
Voglio farlo impazzire... più di quanto non sia già.
E invece è quieto, placido, passivo.
Inerte come le sabbie mobili.
E io vi sto affondando.
Una ruga sfumata in mezzo alla fronte, una goccia trasparente di sudore sul collo, il tremito moribondo delle gambe e un gemito smorzato dal fondo della sua gola.
Nessun altro segno per farmi capire che vuole di più.
Nient'altro per dirmi che sta morendo.
Comincio a muovere la mano più velocemente, stringo più forte e sento i suoi sospiri crescere fino a diventare singhiozzi.
Piega la testa indietro, porgendomi la gola bianca e nervosa. La bacio la mordo, strofino il mio viso contro il suo, sconvolto e affascinato da quell'improvviso abbandonarsi al piacere.
Le sue dita mi scorrono veloci lungo i muscoli del braccio e scendono fino alla mia presa, le si serrano intorno e l'accarezzano, l'aiutano, la incitano.
Me ne libero all'improvviso, mi abbasso fino all'altezza del suo sesso.
E lo prendo nella mia bocca.
Una scossa violenta lo fa sussultare.
"... R... Reii..."
Chiama il mio nome e mi arpiona i capelli, spingendomi giù.
L'eccitazione che rende dolorosa la stretta dei miei jeans mi circonda di una cortina di sangue e luce.
La ragione e il controllo si arrendono gradualmente, stregati dai suoi gemiti.
E come quella volta con Sei il mondo si trasforma in zona rossa e remota al di la delle mie palpebre chiuse.
Il sapore di Makio m'ipnotizza e assecondo il suo ritmo.
Gli spasmi silenziosi del suo corpo e il respiro che diventa sempre più cupo e intenso, veloce e sofferto.
Finche non si blocca, immobile, in una contrazione silenziosa...
Per un interminabile secondo...
E poi si scioglie nella mia bocca.
Sento il suo seme scorrermi nella gola e i battiti del mio cuore trasformarsi in tonfi sordi nelle cavità delle vene.
E' la prima volta che il piacere di un'altra persona mi procura tanta soddisfazione.
Makio abbandonato tra le lenzuola sconta gli ultimi ansimi, con le palpebre abbassate e le guance accese.
Mi sdraio accanto a lui e lo abbraccio.
Lui apre gli occhi lentamente, ancora frastornato.
Gli scosto delle ciocche dalla fronte e lo bacio.
Con dolcezza inizialmente e poi con veemenza.
Con una foga inaspettata.
Il mio corpo ancora eccitato stride sul suo rilasciato e placido.
Non voglio che riprenda fiato, non voglio lasciargli tregua, ma un infantile curiosità, simile alla gelosia più trita, mi si agita dentro.
"... tu e Aoki andavate a letto insieme, vero? "bisbiglio mordicchiandogli un orecchio.
Lui allunga la mano tra le mie gambe e mi accarezza attraverso la stoffa spessa dei Jeans. Mugolo di piacere. Ma non basta a distrarmi.
"... ti piace?" domanda, sfiorandomi la bocca.
"... rispondimi..." gli intimo strofinandomi più forte su di lui e sulla sua mano.
D'improvviso una cortina di gelo gli copre lo sguardo. Si solleva su un gomito, m'infila le dita tra i capelli e me li tira, obbligandomi a guardarlo in volto.
"... si, se proprio ci tieni a saperlo ero il suo giochino sessuale... peccato che poi si sentisse sempre così in colpa da ammazzarmi di botte! "
Lo dice sorridendo ma il suo sguardo è una superficie ghiacciata.
"... un po' come te mio amato Kashino "
Ha ripreso a chiamarmi per cognome.
Gli si assottigliano gli occhi e il sorriso tagliente da assassino torna a spalancargli la bocca, riaprendo la ferita e facendola sanguinare.
... l'antilope s'incattivisce (*)...
A quanto pare oggi penso solo in versi di canzoni...
Lo prendo a mia volta per i capelli.
"Ti sbagli."
... No, ha ragione...
"Non è così... io..."
"Tu cosa, Kashino?"
"Io..."
"Sto aspettando." mi incita con aria sostenuta, ma l'espressione fredda si è ormai incrinata.
E' bellissimo con quel sangue sulle labbra pallide, preda di un ansia sottile e con i segni del piacere ancora accesi sul viso.
Il compagno di un Dio. L'amante caduto dal cielo. La chimera riflessa in uno specchio d'acqua. Il fondo amaro di veleno nel calice di vino.
"... Non sei il mio giocattolo sessuale... se sono qui adesso... in queste condizioni... "
Ad ogni mia parola il suo viso perde sicurezza, le labbra cominciano a tremargli.
Non è il solo ad aver paura di quello che sto per dire.
"... Sei... sei qualcosa da cui sono fuggito tutta la vita, sei la parte mancante... io ti... ti... "
... ti amo... ti amo... ti amo Makio...
Mi poggia un dito sulle labbra.
"Shhh."
Il mio desiderio non si è ancora spento così afferro la sua mano e gli succhio le dita.
E per la prima volta lo vedo arrossire.
Come una ragazzina innamorata, come avrebbe potuto fare Kira... o Sei...
"... Sei la cosa più terribile che mi sia capitata... e la più importante... la più voluta! "continuo.
... Ed è per questo che ti faro' soffrire più di chiunque altro...
"Adesso... voglio solo te... non riesco a pensare a nient'altro... "
Mi scruta con attenzione. Sembra sofferente. Sospettoso.
Sensibile alla gioia come gli altri lo sono al dolore.
Ci guardiamo per alcuni istanti.
Ma ognuno è perso dentro se stesso, dentro le sue bugie e le sue paure.
"... Dai "sussurra scostandosi leggermente da me.
Si abbandona tra le lenzuola sfatte e chiude gli occhi.
Offrendomisi.
Mi tolgo i pantaloni e li lascio cadere in terra.
Completamente nudo mi adagio su di lui e un brivido aspro mi scorre sulla schiena a quel contatto pieno e totale.
Ogni anfratto del mio corpo che preme sul suo.
La sensazione che ogni angolo della mia pelle sia esposta a lui, che ogni millimetro gli appartenga.
Makio resta quasi inerme sotto di me, ma lo sento ugualmente rispondere con corrispondenza perfetta.
Sa quello che vuole. Lo conosce, è abituato.
Infilo una mano tra i glutei, solco con le dita la fessura poi stringo la sua carne con forza strappandogli un gemito.
Il bacio che ci unisce è una attesa, un'anticipazione, un farsi incontro e ritirarsi.
La sua lingua mi guizza in bocca e poi sfugge invitandomi a morderlo ed a baciarlo più profondamente.
Io sono ancora più impaziente di lui.
Tutti i miei muscoli sono tesi, tirati allo spasimo dalla voglia di entrargli dentro.
Smetto di baciarlo e lo guardo.
Il viso reclinato sul cuscino e i capelli scomposti.
E' ansimante e nuovamente eccitato, piccoli brividi lo fanno tremare, ma non si muove, resta fermo, con gli occhi chiusi e un accenno di sorriso.
Mi sollevo in ginocchio.
Gli allargo le gambe e bacio il suo sesso e poi scivolo più giù.
Non ho vaselina o cose simili in casa perciò uso la saliva anche se so che così gli farà più male.
Stringo i suoi fianchi e lo strattono verso di me.
Lui continua a non reagire, ma le sue guance si fanno rosse e il respiro concitato mentre mi chino su di lui.
"Guardami Makio."
Non lo fa, i suoi occhi restano chiusi.
"Guardami."la mia voce suona rauca, sfibrata dal desiderio.
Nessuna reazione.
Allora gli mordo con forza un capezzolo.
Una flebile lamento è tutto quello che mi concede.
Gli tiro i capelli.
"Guardami ho detto! "e stavolta la mia voce suona cattiva.
"... No..." lo dice piano e sorride continuando a tenere le palpebre serrate e il volto girato.
Allora do un altro strattone ai suoi capelli mentre con l'altro braccio gli sollevo la gamba e tutto in un colpo mi spingo dentro di lui.
Makio geme forte e si morde le labbra.
Una stretta di piacere mi attanaglia il corpo e lo stomaco.
Mi spezza il fiato.
In quel preciso istante lui apre gli occhi.
Ed io, risucchiato dalle sue pupille, precipito.
In quell'autunno freddo.
In quel sottobosco castano privo il sole.
Dove un uomo ha trovato la morte.
***
Mi muovo fuori e dentro di lui lentamente, ma con vigore, senza sprecare un singolo brivido, una singola sensazione.
L'intensità dei movimenti e del piacere si inseguono l'un l'altra affiancandosi e superandosi in continuazione.
Ho i muscoli tesi al punto di farmi male.
Makio mi accarezza e il suo tocco è elettrico.
Stordente e caldo.
Fa scorrere le dita sulla mia schiena e sui miei glutei, le fa risalire e le intreccia nei miei capelli.
Lo penetro con più violenza bisbigliandogli all'orecchio tutto il mio desiderio.
Lui intreccia la gambe intorno ai miei fianchi e si morde una mano per non urlare.
Ma io voglio che urli.
Voglio sentirlo gemere.
Il ritmo delle mie spinte si fa più incalzante. Più dolorosa la sensazione dell'inevitabile distacco.
Ciò che è iniziato non può essere fermato.
E il piacere cristallizzato sarebbe solo una tomba.
Mi spingo completamente dentro di lui.
Il mondo è coperto dal suono del mio stesso respiro.
Makio annaspa sotto di me, le sue mani cercano la testiera del letto e vi si aggrappano.
Gira la testa di lato e morde la stoffa del cuscino.
I respiri si fanno affannosi.
Il suo ansimare accelera, si spezza e riprende sempre più greve.
Il suo corpo è teso fino allo spasimo.
Le cicatrici sembra vogliano strapparsi.
E rivelare che il passato non può essere cancellato senza portarti via con sè.
Il sudore cola dai miei capelli sul suo stomaco scosso e scivola via lungo la linea dell'ombelico.
Il suo torace si alza e abbassa violentemente.
Dune del deserto illuminate dalla luna.
La notte rende fredda qualunque cosa.
Ma Makio è caldo.
Tanto da ustionarmi nonostante anch'io sia bollente.
Sfioro con la lingua i suoi capezzoli e il suo collo.
Roventi e salati.
I suoi gemiti si sono trasformati in grida mal celate.
Gli dico di non trattenerle.
Di urlare.
Di farmi sentire come gode.
Gli dico cose che non ho mai detto a nessuno.
Che da sole bastano a farmi sentire la vergogna agitarmisi nello stomaco.
E lui le accetta. Come accetta tutto di me.
Sitibondo e apparentemente senza difese.
Senza muri, senza ostacoli.
Guardandomi con occhi annebbiati di desiderio, imbarazzati e felici.
Sfiniti e vogliosi.
Si protende verso di me e mi bacia.
Un bacio che è una supplica.
"... Ancora... più forte..." geme disperato nella mia bocca.
E io lo accontento.
Vorrei tanto che fosse solo perversione.
Che fosse una cosa buia.
Da dimenticare e amara.
E invece Makio ha il sapore più dolce che abbia mai assaggiato.
Intreccio la mia lingua con la sua, la succhio mugolando spinto da una delizia inaspettata come la neve.
Inarrestabile come veleno.
Che mi sale liscia lungo i nervi, dentro le cellule, fino al cervello.
Con un colpo di reni più forte lo faccio sussultare e lo sento tendersi e gridare di dolore e piacere insieme.
Allungo una mano e stringo il suo membro e comincio a massaggiarlo forte finche non lo sento aggrapparsi alla mia schiena, serrarmi il bacino tra le gambe come in una tagliola e venire urlando il mio nome.
Ormai sull'orlo del precipizio mi porto alla bocca la mano sporca del suo seme e lecco quello che mi è rimasto tra le dita. Vedo i suoi occhi vacillare e il suo viso farsi più acceso.
Allora lo bacio accompagnando con la lingua il ritmo del mio corpo.
I suoi ansiti si spengono nella mia bocca.
"... Io... ti amo Rei..."
Sono le ultime parole che sento mentre gli vengo dentro, precipitando sul fondo dell'estasi.
Una caduta bianca come le ali di un angelo che mi trafigge il cuore e il bassoventre e mi brucia il corpo fino all'anima.
***
E' mattina.
La luce si è allargata come una mano bianca.
Su di me, sul mondo, sui ricordi.
E mi ha reso di nuovo freddo, di nuovo Rei Kashino.
Quello vero.
Quello che Makio voleva e che avrà.
Lui dorme spossato.
Il respiro è regolare e il viso sereno.
Nel bianco dei cuscini e del sole invernale.
Siedo abbracciandomi le ginocchia e guardando di fuori.
A quest'ora della mattina sembrano non esistere le ombre.
Non ci sono lati oscuri, cose da nascondere.
Tutto e' semplicemente ciò che è.
E questo dovrebbe fare più paura persino del buio.
Perché se sei oscuro anche in piena luce allora per te non ci sono più speranze.
Osservo quel corpo adagiato vicino a me.
Liscio e bianco come pane.
Caldo.
Vivo
Reale.
Non è stato un sogno.
Ho baciato davvero quelle labbra, sentito e toccato ogni millimetro di quella pelle.
Assaggiato ogni suo sapore.
E provato il piacere più grande di tutta la mia vita.
Ma ora la realtà è tornata a farsi pressante.
Ho un appuntamento con Kira e con l'altro me stesso.
Quello per cui non ancora tutto è perduto.
Mi dispiace Makio.
... Mi dispiace...
Non sono riuscito ad afferrare Sei.
Non riuscirò neanche a restare accanto a te.
***
Sotto il getto della doccia mi accarezzo come per trattenere ciò che l'acqua sta lavando via.
La sensazione di lui.
Del suo corpo, del suo odore da bambino.
Ma so che è necessario.
E le cose necessarie vanno fatte senza rimpianti.
Ancora in accappatoio apro il frigo e mi attacco al cartone del latte.
Bianco e freddo mi scorre nella gola.
Il latte purifica dicono.
Dentro di me invece brucia, perché lava via il suo sapore.
La casa è silenziosa, ma l'aria pregna ancora di quello che è accaduto mi sembra viva e brulicante. Mossa da onde e spiriti.
Come se fosse eccitata di non sentirsi più vuota.
Come se la presenza di Makio qui avesse riempito il nulla.
Torno in camera.
Lui dorme ancora, nudo tra le lenzuola e girato di schiena.
Vigliaccamente non ho il coraggio di svegliarlo e comincio a vestirmi facendo il più piano possibile.
Quando sbuco fuori dal maglione che mi sto infilando lo vedo seduto sul letto che mi guarda.
"Sei già sveglio?"domanda con voce limpida.
Annuisco.
Forse è sbagliato, anzi, lo è sicuramente, ma non riesco ad evitare di chinarmi su di lui e baciarlo.
Devo apparirgli freddo, perché con gentilezza mi scosta da sè e piega la testa di lato con fare interrogativo.
"Cosa c'è? "domanda.
Forse è la mia cattiva coscienza che mi fa avvertire un impronta di paura nella sua voce.
"Niente..." rispondo con dolcezza.
... Falso... sono falso...
Lui mi sorride con gli occhi che brillano.
E io mi accorgo di desiderarlo ancora.
Ma, dico a me stesso, ora non ha senso volere con una simile ferocia ciò che ancor più ferocemente si sta per abbandonare.
Makio si stira e si alza.
Il suo copro sottile contro la luce del giorno.
Cerco di non guardarlo mentre mi siedo e mi chino per allacciarmi le scarpe.
"Vado a bere qualcosa."dice sorridendo, fermo sul ciglio della porta.
Annuisco.
Finisco di allacciarmi le scarpe mentre con un orecchio vigile ascolto i rumori che provengono dalla cucina.
Quella sensazione di familiarità ritorna caparbia e dolorosa, cercando con ogni mezzo di farmi piangere, di farmi cambiare idea.
Una tazza appoggiata sul tavolo, lo sportello del frigo che cigola, un cassetto che viene chiuso.
Rumori comuni, che stamattina sembrano urlare come le sirene nelle orecchie di Ulisse.
Mi alzo e afferro la giacca dalla spalliera della sedia, e quando mi volto Makio è lì.
Con un coltello in mano.
***
Un fascio di sole arriva fino ai suoi piedi.
Il suo sguardo è spento, triste e senza aspettative.
"Stai andando da Kira..."
"Sì, sto andando da lei... e da quello..."dico, indicando il coltello con un cenno del capo "immagino tu sappia cosa significa "
Deglutisce senza rispondere.
Io ho l'impressione di avere il cuore sotto una pressa di ferro.
Schiacciato, sanguinante e sul punto di scoppiare.
Credevo davvero che sarebbe stata una cosa indolore?
Stringe la presa.
Deglutisce ancora mentre gli occhi gli si appannano di lacrime.
"Non tornerai da me... anzi ti farei un favore se non mi facessi ritrovare qui... vero?"
"Esattamente."
" ti sei preso gioco di me... anche tu "
La pressa stringe il mio cuore più forte.
"Cosa vuoi fare con quel coltello Makio? Uccidermi?"
... Me lo meriterei...
Ostento tutta la freddezza di cui sono capace.
E non è poca.
"N-no..." balbetta "è per me..."
La pressa si fa ancora più stretta.
"Se ora mi lasci... io mi ammazzo."
La pressa si abbassa sul mio cuore e lo stritola.
Il sangue mi schizza dappertutto dentro il petto.
Se adesso parlassi mi colerebbe fuori dalla bocca, se piangessi le mie lacrime sarebbero rosse.
Lo fisso in silenzio per un istante.
Poi do prova a me stesso e a Dio che il mondo è veramente un posto buio.
Terribilmente buio.
"Non dentro casa mia, per favore ! "
Apre la bocca a vuoto con gli occhi che non riescono più a trattenere le lacrime.
E comincia a tremare.
Il mondo è così buio... e noi persone comuni diventiamo gli araldi di quella notte infinita. A volte per caso.
A volte semplicemente perché ci serve.
Gli passo accanto e sento distintamente la corrente fredda del suo dolore sfiorarmi la spalla come un fantasma.
Ripeto a me stesso che Makio non lo farà, che sono gli altri quelli che uccide, che lui è come me e non come Sei.
Che è solo una messa in scena.
M'impongo questa cantilena nella mente come se fosse un ordine e esco dalla mia stanza.
Faccio solo pochi passi.
Poi non so che cosa mi spinga a voltarmi.
Forse l'intuito, o forse quel legame che sto facendo di tutto per distruggere.
E così vedo le sue spalle curve.
Le sue braccia tese in avanti e lo sento.
Giuro che riesco a sentire il rumore della carne che viene lacerata.
Mi passa come una scheggia nelle orecchie e si conficca nel mio cervello alcolica e dolorosa.
La mia mente è paralizzata.
... Sei sta cadendo al suolo...
... davanti ai miei occhi...
... ancora una volta...
Il mio corpo scatta.
Mi precede.
Provvidenziale e istintivo.
Lo afferro da dietro bloccandogli le braccia proprio mentre la punta del coltello entra nella carne tenera del ventre.
Il sangue sgorga rosso e liscio nella luce spenta di questa mattina d'inverno.
Scivola su di lui fino al pube e sgocciola sulle sue cosce bianche, scorre sulle ginocchia fino a terra.
Fortunatamente la punta è entrata appena.
La ferita è superficiale.
Ma il sangue è tantissimo.
Non so dire invece quanto sia profondo lo squarcio che ha nell'anima, il mio è una voragine immensa da cui ogni sentimento fugge via in un istante.
Gli stringo il polso con tutta la mia forza fino a che non lascia la presa e il coltello cade a terra.
D'istinto lo calcio via e faccio girare Makio verso di me.
Lo guardo. Ed ho la sensazione terribile di avergli provocato un danno irreparabile.
Lo stringo e lo bacio.
Ancora una volta, dovevo farlo ancora una volta prima di abbandonarlo.
Risponde al mio bacio come chi dopo inimmaginabili torture trova sollievo nel confessare.
Mi stacco da lui e gli asciugo le lacrime con le mani.
"Non fare sciocchezze Makio... non servirebbero comunque a trattenermi." lo dico con dolcezza mentre lo trascino in bagno per medicargli la ferita.
Ma è falso, ipocrita e stupido come promettere alla propria vittima che morirà senza soffrire.
Rimetto a posto il disinfettante e applico una garza e dei cerotti.
"E' uscito molto sangue, ma la ferita in realtà è solo un taglietto... non rischi di morire sta tranquillo."
Ma in realtà sono io quello che tento di tranquillizzare.
"Perché?..." è tutto quello che riesce a chiedermi con un filo di voce.
"Perché ho paura di impazzire... paura di diventare come te... ho paura... semplicemente paura... e ho scelto... così... ormai..."
Lentamente sul suo viso si allarga un sorriso.
"Non mi sbagliavo su di te Rei... ti ho scelto per questo... per espiare forse. Sei abbastanza crudele da essere una punizione divina. Ma prima, quando abbiamo fatto l'amore, ho creduto che forse ci saremmo potuti salvare a vicenda... ho sbagliato... a quanto pare ."
"E' meglio così, adesso vestiti e tornatene a casa... se sai davvero come sono fatto allora sai anche che i ricatti con me non servono. E' meglio così... mi dispiace... "
"Non è un ricatto!!" dice rabbioso, abbassando lo sguardo e stringendo i pugni.
"A no?" domando sarcastico, "Minacciarmi di toglierti la vita come ha fatto Sei, per terrorizzarmi... per ferirmi... non è un ricatto secondo te?"
Neanche immagina la mia rabbia.
Giocare con i punti deboli altrui e lasciare all'avversario la possibilità di reagire è rischioso, molto rischioso.
La reazione potrebbe essere qualunque cosa.
Insignificante.
O terribile.
Lui non mi risponde.
Mi chino su di lui e gli sfioro le labbra con le mie.
Il mio bacio sa di sale. Lo sento stonato come quello di Giuda.
E ne sono felice.
Devo essere elettrico perché si ritrae come se l'avesse punto uno scorpione.
"Adesso basta con questa storia... d'accordo? "gli sorrido glaciale.
So che lo sto umiliando come nessuno ha mai fatto, ma so anche che non devo dargli la sensazione di avere una speranza.
"Io lo farò..."
"E allora..." dico.
... Come?? Come posso essere veramente così??...
"... Fallo! "
I suoi occhi mi colpiscono in viso, cerchiati e sfibrati.
E lo sento. Lo sento chiaramente andare in pezzi.
Lo sto perdendo per sempre.
Ma questo non basta a fermarmi.
Mi giro e me ne vado chiudendomi la porta alle spalle.
***
Il capolinea.
La donna accanto a me è scesa due fermate prima trascinandosi dietro la nipote che puntava i piedi e strillava di non voler tornare a casa.
Sono le 9:43.
Sono spaventosamente in ritardo.
Ma di sicuro Kira mi starà ancora aspettando.
Quando scendo dall'autobus una folata di vento mi scompiglia i capelli e li spinge in alto.
Nel cielo invernale il sole continua a splendere lontano e opaco.
Sotto la città brulica di gente.
... Lui invece è da solo...
La folla della domenica mi passa accanto e mi sfiora, mi urta e m'ignora.
In questo momento l'indifferenza del mondo mi fa bene.
Mi fa illudere che non sono l'unico a non sentire, a non vedere, a lasciarsi qualcosa alle spalle.
Delle studentesse che hanno la divisa, anche se non è un giorno di scuola, mi passano vicino ridacchiando.
Una di loro mi sorride e arrossisce.
Le seguo con lo sguardo e le vedo sparire tra un groviglio di macchine e persone.
Lo stesso rossore era anche sulle guance di Makio.
"... Sei abbastanza crudele da essere una punizione..."
Tutte le parole che sono state dette ieri notte mi rigirano in testa, nello stomaco sotto la pelle.
"... Se ora mi lasci... mi ammazzo..."
Non posso eluderle.
Non posso fuggire.
"... Io ti amo Rei..."
Per quanto acceleri il passo... stavolta non ci riuscirò.
Stavolta nessun dottore basterà a convincermi che posso guardarmi ancora allo specchio senza vedere i cadaveri che mi sono lasciato dietro.
L'unico Rei Kashino che posso sopportare è quello che si riflette nello sguardo di Kira.
Devo correre da lei.
Da lei che non sa e che vive di fiducia e d'amore.
I riflessi sui grattacieli di marmo e ferro sono taglienti e spigolosi.
Mi sbattono sugli occhi mentre mi lancio tra i passanti correndo.
Urto qualcuno ma non mi fermo, sento degli insulti alle mie spalle.
E' tutto indistinto, confuso.
Corro più velocemente che posso.
Come se fossi inseguito.
Deciso a tutto tranne che a fermarmi.
Devo raggiungere Kira prima di risentire quel suono.
... Il tonfo sordo di un corpo che precipita al suolo...
Prima che mi renda conto di quello che ho fatto.
Dentro di me risuona come un tamburo funebre la certezza che Makio non scherzasse.
Attraverso la strada di corsa, disperato e ansimante.
Dei clacson suonano, delle gomme stridono sull'asfalto.
Non mi fermo, non ancora.
... Dieci... cento... mille coltellate, gli assassini non si fermano... franano inarrestabili... fino alle estreme conseguenze...
Ed è questo ciò che sono.
E' questo ciò che ho fatto.
Ho ucciso Sei un'altra volta.
Corro come un forsennato, senza neanche toccare il suolo.
E la vedo in lontananza.
Kira.
Ferma accanto alla fontana del centro commerciale.
Eretta e minuta.
Ignara.
E così necessaria.
Mi bruciano i polmoni, la testa, i muscoli.
Le piombo addosso quasi travolgendola.
Quasi senza coscienza.
Kira barcolla, poi mi afferra con le sue mani delicate.
Vedo il suo viso pallido e tirato dall'ansia e dall'incomprensione.
La sua bocca si muove, ma non riesco a comprendere quello che dice.
Dei suoni inarticolati le sfuggono dalle labbra.
Le sue parole mi arrivano sfocate e prendono forma troppo tardi perché il cervello le registri.
"Cos'hai Rei?? "
"Ti prego rispondimi... cos'è successo? Reiii!"
Cos'è successo Kira?
Vuoi saperlo?
E' accaduto che non sono fuggito abbastanza lontano, che ho capito perché la gente ha paura di me, che ho il cuore vuoto e dolorante, che forse ho ucciso la persona che amo...
Kira mi prega, mi scuote, piange e non capisce.
Qualcosa di doloroso e che sa di rimorso mi si scioglie dentro.
Come se avessi schiacciato tra i denti una capsula di cianuro, lo sento che mi entra in circolo nelle vene.
Non mi arriva più nulla del mondo circostante.
Le mie ginocchia si piegano come fossero di burro e crollo a terra.
Dei passi si raccolgono intorno a me, accalcandosi per vedere che succede per offrire aiuto.
... La strada è fredda, il mondo è freddo, solo le lacrime dense come miele e brucianti come strisce di lava sono calde, vere e dolorose come la realtà.
L'orribile realtà che ho creato con le mie mani.
Mi sento solo al centro del buio.
Con una cavità vuota al posto del petto.
Li c'era Makio e io l'ho scavato via.
Dio come lo vorrei qui, stretto, mio, salvo. A riempirmi l'anima. A scaldarmi dal gelo che lo so non mi abbandonerà mai più.
... Makio...
E' la sola cosa che riesco a dire.
... che io lo amo...
E' tutto ciò che riesco a pensare.
... e che l'ho ucciso...
E' quello che mi sento urlare a Kira.
Ha un lampo viola di paura e dolore negli occhi. Di pena e sconfitta nello sguardo quando le prendo un lembo del cappotto tra le dita e chinando la testa le dico che amo Makio... e che non voglio che muoia.
La gente si muove, si agita, qualcuno mi sostiene cercando di farmi rialzare.
Il crollo psicologico è stato inevitabile.
Questo diranno i medici.
Ma io solo saprò la verità.
Intravedo Kira correre in un negozio urlando che le serve un telefono e un uomo porgerle un cellulare.
... Ti prego salvalo... ti prego...
Ma una voce cattiva mi dice che è tardi.
Ormai è tardi.
Tardi per tutto.
Perché il mondo è un posto buio e vi accadono cose ancora più buie.
E a volte noi non le fermiamo.
A volte le desideriamo.
FINE
(*) altro verso preso da una canzone dei Pink Floyd, per la precisione "Let there be more light"