Note: solito doppio registro di narrazione
^^ Se per caso le mie parole offenderanno qualcuno vi prego sin d'ora di
scusarmi perché non era mia intenzione, ok? ^^ [fra asterischi * * ho messo
ciò che in originale era in corsivo ^^]
Commenti e critiche se avrete la forza di scriverne al termine della tortura
saranno accolti con gioia ^___^
Sogni distrutti
di Alessia
Parte 2/3
Era sdraiato sul letto senza la forza di muoversi, un braccio piegato sugli
occhi.
Era trascorsa una settimana eppure le parole di Alex continuavano a
tormentarlo.
*Non ti amo... non ti ho mai amato... io non sono come te...*
Ricordava le parole, i suoi occhi marroni sempre così pieni di dolcezza e
nondimeno in quel momento più freddi dei ghiacci polari.
Perché si era comportato a quel modo?
Se avesse voluto lasciarlo perché accortosi del mutare dei suoi sentimenti
avrebbe potuto accettarlo.
Ne avrebbe sofferto, ovvio, ma l'avrebbe accettato sapendo che l'amore
non è eterno.
Invece Alex aveva voluto infierire. Ferirlo.
Ryan sapeva quanto fosse costato ad Alex arrendersi a lui e ai sentimenti
che provava.
Lui! Lui che era un Casanova incallito, che cambiava ragazza ogni settimana
si era innamorato di un altro uomo!
Cercare di negare, soffocare e spiegare razionalmente ciò che provava lo
aveva logorato sin quasi a distruggerlo.
Poi, una sera, era venuto da lui in lacrime, implorandolo di aiutarlo.
E Ryan l'aveva fatto. Aveva cercato di stargli vicino, di fargli capire che
non c'era nulla di sbagliato, immorale, innaturale o perverso in ciò che
provava.
E alla fine Alex si era arreso. Un poco alla volta gli aveva ceduto un
pezzettino della sua anima e del suo corpo.
E adesso...
*Io non sono un maledetto frocio come te...*
Cos'era successo?
Voleva delle spiegazioni, non poteva e non doveva accontentarsi di un paio
d'insulti a chiusura di una relazione che durava da più di un anno.
Negli ultimi due giorni lo aveva continuamente chiamato sul cellulare ma era
evidente che Alex non voleva parlargli.
Non poteva essere tornato dai suoi genitori, in casa aveva ancora tutta la
sua roba, per non parlare del suo lavoro. E non aveva di sicuro chiesto
ospitalità ad uno dei loro amici. Alex non l'avrebbe mai fatto, troppo
orgoglioso per compiere un tale atto.
Domani sarebbe andato dove lavorava e gli avrebbe parlato.
A tutti i costi.
Questo posto fa schifo. Ma cos'altro posso aspettarmi da un motel nel
quartiere più infimo della città?
Ho passato questi giorni ad ubriacarmi per non pensare, ma adesso sono
sobrio.
Beh... devo esserlo se voglio andarmene da qui.
Andarmene... è l'unica conclusione cui sia giunto da ubriaco. Ed è di
sicuro la miglior idea che abbia mai avuto da un anno a questa parte.
Tra un paio di giorni tornerò al suo appartamento mentre lui è al lavoro e
mi riprenderò tutte le mie cose, poi partirò e mi rifarò una vita lontano
da qui. Mi cercherò una brava ragazza da sposare e mettere incinta.
Una vita normale e rispettabile senza froci che mi girino intorno.
E lontano da qui potrò realizzare i miei sogni, senza che nessuno mi metta
i bastoni fra le ruote con la sua fastidiosa ed ingombrante presenza.
Fermò la macchina ad un paio d'isolati dall'edificio.
Cercando di rallentare il battito impazzito del suo cuore scese e si avviò
verso quella che ad una prima occhiata sembrava la classica villa in stile
coloniale del New England. In realtà era l'asilo più famoso, costoso e
sicuro dell'intero stato.
La padrona della casa non potendo avere figli aveva deciso di fondare un
asilo per esserne sempre circondata.
Percorse lentamente il viale che conduceva sino al portico colonnato.
Quel posto era la concretizzazione dei sogni di Alex. Sogni che
comprendevano una famiglia numerosa e lui circondato da bambini.
Suonò il campanello, ogni settimana una musica diversa, ed attese
continuando a guardarsi intorno.
Era stato in quel posto una sola volta durante la festa di Halloween che era
stata organizzata un paio di mesi fa.
"Buongiorno!"
Ryan si voltò di scatto verso la ragazza che gli aveva aperto la porta.
Bionda e con ridenti occhi verdi.
"Buongiorno, sono un amico di Alex, posso parlargli un momento?"
Il sorriso scomparve e gli occhi divennero tristi. Aprì un po' di più la
porta facendolo entrare e accomodare in un piccolo soggiorno.
"Mi aspetti qui, la prego. Torno subito"
Cosa stava succedendo?
Voleva semplicemente parlare con Alex, non chiedeva molto. Però, forse...
che Alex avesse chiesto ai suoi colleghi di non riceverlo?
*Può darsi...*
Ma allora perché era seduto su quel divano e perché quell'espressione così
triste sul viso della ragazza?
Un leggero tossire lo riportò alla realtà e vide davanti a se una signora
anziana, vestita di un elegante tailleur pastello impiastricciato qua e là
di colori a tempera.
Gli sorrise tranquilla porgendogli la mano.
"Mabel Turner, lieta di conoscerla"
Ryan si era alzato a sua volta "Ryan Sinclair, signora"
La donna sorrise e lo pregò di seguirlo al piano superiore sino al suo
ufficio dove lo fece accomodare su una morbida poltrona di pelle.
"La prego di scusare il modo in cui mi sono presentata signor Sinclair,
ma a volte i bambini sono un po' troppo esuberanti"
Ryan annuì comprensivo ricordando tutte le volte in cui Alex arrivava a
casa colorato come un arcobaleno. E ricordava tutte le docce fatte insieme
per ripulirlo.
La signora Turner lo riscosse dai suoi ricordi continuando a parlare
"Mi ricordo di lei signor Sinclair. Lei era venuto con Alex alla festa
di Halloween" la donna sorrideva tranquilla e Ryan confermò con un
cenno della testa.
Ancora non capiva cosa ci facesse lì.
Mabel Turner intrecciò le mani sul ripiano della scrivania e sospirò
"Se lei è qui suppongo che Alex non glielo abbia detto..." abbassò
lo sguardo per un momento "L'ho dovuto licenziare"
Ryan trattenne il fiato per alcuni secondi.
Licenziato..? Ma perché?
Prese fiato lentamente "Posso chiederle qual è il motivo?"
Non esisteva sulla faccia della Terra qualcuno che amasse i bambini più di
Alex. Li amava e li faceva sentire amati. Li trattava come piccoli adulti e
non come dei bambolotti di gomma come la maggior parte delle persone,
genitori compresi.
La signora Turner ora sembrava imbarazzata ma spiegò: "Vede, signor
Sinclair, se tanti genitori affidano a noi i loro bambini è perché sanno
che questo è un posto sicuro, lontano dagli orrori della vita odierna.
Tutti i miei dipendenti hanno dovuto superare delle selezioni estremamente
rigide e Alex le ha superate brillantemente, purtroppo però nella pratica
mi sono resa conta che non era adatto per questo lavoro"
Se prima era confuso ora lo era molto di più. Che diavolo stava dicendo
quella donna? Se solo tre settimane fa Alex gli aveva detto che la signora
Turner gli aveva fatto i suoi più vivi complimenti per come lavorava come
poteva adesso dire che non era adatto a quel lavoro?
"La prego di scusarmi, ma... potrebbe spiegarsi meglio?"
La signora sospirò rassegnata e porse a Ryan una busta che aveva tolto da
un cassetto della scrivania.
Ryan scorse le foto con incredulità, rabbia, disprezzo e disgusto.
Erano immagini di lui e Alex mentre andavano in giro per strada o mentre
erano seduti al tavolo di qualche locale. Alcune addirittura li ritraevano
all'interno del loro appartamento.
"Cosa significano?" gettò le foto sulla scrivania cercando di
trattenersi dallo sputarle in faccia tutto ciò che pensava di lei.
Mabel Turner sorrise con circostanza "Io non ho nulla contro le persone
come voi, signor Sinclair, ma non posso esporre i bambini ad un tale
pericolo, lei mi capisce non è vero?"
*Che cosa?!?!?*
*Capire?*
*Capire cosa?!?*
"Per caso teme che Alex possa attaccar loro qualche malattia?"
La donna sospiro come stesse parlando con un ambino testardo "No,
signor Sinclair. Vede... Alex è troppo... come dire... attaccato a quei
bambini. Li abbraccia, li bacia, li tocca troppo per essere un semplice
insegnante, quindi... e poi si sa che voi avete strane tendenze anche verso
i bambini" terminò sicura, come se ciò che aveva appena finito di
dire fosse una verità assoluta e assodata.
Ryan si alzò sbigottito e furioso.
Avrebbe voluto sibilarle qualche minaccia che la potesse spaventare, ma si
rese conto che non c'era nulla che quella gente temesse.
La gente come quella donna si faceva scudo dell'ignoranza e delle paure
collettive per giustificare i propri meschini comportamenti.
Uscì dall'ufficio sbattendo la porta, percorrendo di corsa le scale e
ritornando alla macchina.
*Devo trovare Alex!*
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