WARNING: Hanako: questo capitolo l'ho scritto io per cui se la ricostruzione storica non vi piace, o trovate degli errori di qualsiasi genere fatemelo pure notare. Io credo che le critiche costruttive siano importanti.
Spero però che apprezziate il lavoro che mi sono sobbarcata per ricostruire la vita medievale nonostante sia solo in seconda superiore.
NOTE: Questa ff è nata per caso durante una conversazione con Naika ( a cui dedico questo capitolo insieme alla mia gemellina Minako che come me oggi compie 16 anni !!!!) in cui scherzando avevo proposto di rinchiudere Ru e Hana in monastero al fine di farli diventare casti e puri. Pian piano mi è venuta quest'idea strampalata e devo dire che la storia si è creata praticamente da sola.
Ora dovevo solo scriverla e non era cosa da poco. Per cui per la prima volta ho deciso di avvalermi di una valida co- writer, per l'appunto Neko (assoluta dea delle lemon). Con un titolo così vi immaginate cosa viene fuori?
Sono sicura che nelle parti scritte da me vi annoierete mortalmente, ma mi spiace, la storia ormai l'ho ideata e che vi piaccia o no, ve la posto lo stesso!
DISCLAIMERS: me ne stavo dimenticando!… ^^;; Vabbè, rimedio immediatamente!
Ehm…Rukawa non è mio e nemmeno Hanamichi. Non so se Neko li possiede, ma in ogni caso il sensei Inoue non leggerà mai nulla di tutto questo. E se lo fa non è colpa mia se gli viene un infarto!
Sin capitolo
I di
Hanako & Neko
[ Peccato: comportamento umano che costituisce violazione della legge etica e divina.]
La piccola comitiva giunse in vista di Knightshill quando ormai si era fatto buio da molto tempo.
Il sole li aveva lasciati quando ancora il sentiero si addentrava nella fitta foresta. In quel periodo di guerra attraversare senza scorta armata le foreste rappresentava davvero un pericolo notevole. Bande di briganti e disperati non si facevano alcuno scrupolo ad assaltare e derubare chiunque si trovasse disarmato nel loro territorio. La carestia, orribile conseguenza della guerra e il magro raccolto di quell'estate avevano ridotto alla fame molti contadini che si erano visti costretti ad abbandonare le loro case e a cercare di che sfamarsi nelle foreste rubando ai pellegrini e ai viaggiatori che vi si avventuravano.
I tre uomini a cavallo lasciarono il pendio boscoso e il paesaggio sottostante si presentò a loro illuminato dalla pallida luce lunare e dalle stelle che la incorniciavano nella volta celeste.
La distesa di campi gelati e privi di vita, intervallata qua e là da qualche albero scheletrico sembrava il ritratto della desolazione.
Tutto era lasciato a se stesso poiché in inverno non c'erano lavori agricoli da fare.
A un paio di miglia di distanza s'intravedeva la cattedrale di Knightshill.
Sorgeva su un altura, detta appunto Colle del cavaliere, e si presentava come un edificio enorme e tozzo, come d'altronde tutte le chiese dell'epoca.
Proseguirono seguendo la strada in un avvallamento, mentre i cavalli procedevano con calma nei solchi gelati, con i loro respiri che si condensavano in piccole nuvolette di vapore.
La chiesa scomparve momentaneamente alla vista per poi riapparire quando giunsero sulla cresta di un'altra altura.
Il paesaggio era dominato dalla costruzione imponente con due torri gemine ai lati della facciata, che si elevavano massicce sulla prima campata delle navate laterali ed allineate alla parte centrale facevano saldamente corpo con essa con un effetto di accentuata potenza.
Le costruzioni del monastero in calcare chiaro, stavano attorno alla chiesa in gruppi come pecore attorno al pastore e già da lontano si potevano riconoscere alcuni degli edifici principali.
Il priorato di Knightshill era uno dei monasteri più grandi del paese, ma non molto importante data la sua posizione isolata. Situato infatti su una strada che portava al nord, un tempo importante, ma che ora veniva raramente percorsa da importanti personaggi che del monastero avrebbero potuto ingrandire il prestigio e rimpinguare la casse di offerte e doni preziosi, era rimasto piuttosto isolato e non si era ingrandito come gli altri. Aveva una cattedrale e la sua chiesa avrebbero dovuto essere la sede di un vescovo, ufficialmente anche abate del monastero, ma il vescovo James preferiva vivere nella città Peterborough nella ricchezza e nell'agio, piuttosto che in un isolato monastero di provincia. In pratica, quindi, tutto era posto agli ordini di un priore e l'abate celebrava i riti nella cattedrale solo nel giorno dedicato al santo di cui nella chiesa si conservavano le reliquie: S. Aroldo.
All'esterno dell'alto muro che cingeva il priorato c'era una quantità di catapecchie di legno e fango, con i tetti di paglia, abitate dai contadini che coltivavano i campi circostanti di proprietà del monastero. Tutto sommato se la passavano meglio degli altri, sia perché il priore era caritatevole e non si dimostrava violento con loro come avrebbe potuto esserlo un signore feudale, sia perché in quell'angolo di mondo lontano da tutto, la guerra molto probabilmente non sarebbe arrivata.
Dal tempo del primo re Guglielmo, detto il Conquistatore o il Bastardo a seconda delle idee di chi parlava, il priorato non si era mai trovato all'interno di contese e non era mai stato considerato una città che valesse la pena di conquistare, anche perché una città non era.
Era giudicata alla stregua di un villaggio e conosciuta soltanto per l'operosità dei monaci che lì vivevano. Una fama che nell'ambito religioso faceva molto onore,ma che indubbiamente non riempiva i granai e non serviva ad ampliare il mercato.
Quando giunsero in prossimità del ponte uno degli uomini a cavallo scese.
Indossava il semplice saio dei monaci, di lana non tinta e lavorata grossolanamente, mentre, nonostante il freddo, portava ai piedi i consueti sandali.
Lentamente si avviò con passo deciso verso la guardiola sulla sponda opposta del ponte di legno. L'assito scricchiolava mentre conduceva per le briglie il cavallo e udito il rumore, il guardiano venne fuori con una torcia per spostare il ramo si salice che fungeva da barriera.
Il fiume stretto e turbolento che attraversava l'angolo sud- occidentale del villaggio e portava l'acqua al monastero scorreva impetuoso sotto i suoi piedi e l'acqua scura aveva lo stesso colore dei suoi occhi.
"Chi sei?" chiese il frate guardiano alzando la torcia per illuminare il nuovo venuto.
"Il mio nome è Kaede e reco un messaggio per il priore di questo monastero, per cui ti prego di farci passare." Disse il giovane scoprendosi il capo, fino ad allora nascosto dal cappuccio e rivelando un viso pallido e folti capelli del colore delle ali di un corvo. Aveva parlato con voce calma, quasi assonnata e meccanica come quella di chi recita il Pater Noster a memoria.
Era incredibilmente bello, con la pelle diafana come possono averla solo quei monaci che non trascorrono la loro giornata nei campi sotto il sole cocente, ma nello scriptorium a copiare immani volumi fino a sera tarda miniandoli con bravura. Eppure le sue mani erano forti come quelle dei contadini che aravano senza sosta durante il mese della semina.
Il monaco di guardia era un po' diffidente: perché mai un semplice novizio, e data la giovane età e l'assenza della tonsura di certo era un novizio, recava delle notizie quando quello di ambasciatore era un compito riservato ai frati più anziani?
Diede una rapida occhiata alle spalle del giovane e notò i cavalieri dietro di lui
Li indicò con un cenno del capo, capendo immediatamente, dal riverbero incerto della torcia sui mantelli e sulle fibbie dorate che li chiudevano che non potevano essere frati.
"Chi sono?" domandò allora.
"Sono dei cavalieri che ho incrociato lungo il cammino e che hanno avuto la bontà di accompagnarmi qui evitandomi il triste destino di cadere vittima dei briganti. Oramai non v'è più rispetto per gli uomini di Dio." Rispose Kaede con la prontezza di chi già si aspetta una domanda e proprio quella gli viene posta.
<Uomini di Dio? Parla come se già fosse un monaco… Questi novizi già si credono frati prima ancora di aver pronunciato i voti!> pensò indignato il monaco, senza però lasciarsi sfuggire una sola parola sui suoi pensieri.
"Bene, tu potrai passare senza pagare nulla, ma loro dovranno darmi un penny per ogni cavallo ed un farthing per ogni uomo.
Il giovane si girò allora senza dire nulla, dando le spalle all'uomo, ed invitando uno dei cavalieri a raggiungerlo.
Quello che sembrava di rango più alto, scese da cavallo e attraversò il ponte fino a trovarsi anch'egli di fronte al guardiano.
"Come ho detto al novizio che hai accompagnato, devi pagare due farthing e due penny per passare. Il mio consiglio, comunque, è di tornare sulla tua via ora che hai condotto qui questo giovane, cosa che ti eviterà di pagare un inutile prezzo che la tua gentilezza non meriterebbe. Sarai ricordato nelle nostre preghiere nel Mattutino per la tua carità nei confronti di un monaco indifeso."
Il cavaliere sorrise.
Alzò per un momento gli occhi al cielo pensando < Si capisce benissimo che non vogliono armati a turbare la pace del loro monastero. E questo monaco dalla lingua lunga me l'ha fatto notare anche troppo bene. >
Si passò una mano negli scuri capelli a punta e prese dalla cintura un borsello formato da un quadrato di morbido cuoio sui cui lati erano stati praticati dei fori a distanza ravvicinata, attraverso i quali era stato fatto passare una robusta cordicella che se tirata faceva chiudere il tutto a sacchetto.
Estrasse alcune monete con la mano robusta e le porse al monaco visibilmente irritato, riponendo poi il borsello.
"Ritengo sia meglio per noi chiedere ospitalità al monastero per questa notte. Sarà più prudente compiere il viaggio di ritorno alla luce del giorno e dopo aver riposato qualche ora. Una spada non può bastare se non vi è una mente sveglia ad impugnarla. Desidero parlare con il tuo priore."
Il monaco prese le monete e le depose nella guardiola. Poi, lentamente, alzò il ramo permettendo agli uomini di passare.
"Chi devo annunciare, nobile cavaliere?" chiese infine con aria stizzita e un tono così falsamente garbato da sembrare una minaccia.
"Il mio nome, se questo ha una qualche importanza, è Akira e l'altro 'nobile cavaliere ' si chiama Hisashi. E ora ti prego di fare in fretta perché la notte è breve e noi vorremmo ripartire all'alba." Disse con sorriso sprezzante che fece irrigidire il frate non abituato a ricevere ordini da qualcuno che non fosse il priore o quanto meno uno degli obedientari del monastero.
Ricacciò in gola le parole di sfida che avrebbe voluto pronunciare e si diresse a passo svelto dal frate guardiano all'entrata del monastero, chiedendogli di chiamare il priore e il custus hospitum, ovvero il padre portinaio incaricato di provvedere all'alloggio di ospiti di rango elevato all'interno della foresteria dei ricchi.
Infatti, nel monastero, seppur con differenze a seconda della condizione sociale dell'ospite, l'ospitalità era offerta a tutti ed era un sacro dovere come nell'antichità.
Per questo, dato l'alto numero di poveri che chiedevano asilo e dei ricchi che soggiornavano nei monasteri per non passare la notte all'addiaccio, il custus hospitum e l' elemosynarius disponevano addirittura della decima parte di tutti i redditi del monastero.
I cavalieri ed il novizio guidarono il cavallo tra le casupole a passo lento, senza fretta, verso l'entrata del priorato.
Il monastero era situato all' interno di un alto muro di pietra con la chiesa al centro. Gli edifici erano disposti in modo che tutto a nord e ad ovest della chiesa fosse pubblico e laico, mentre ciò che stava a sud e ad est fosse sacro e spirituale, per cui l'entrata era posta nel lato nord occidentale.
Trovarono la porta aperta ed attraversatala senza problemi, si trovarono di fronte alla scuderia, una robusta struttura in legno con scomparti dal pavimento ricoperto di paglia per ospitarvi i cavalli del priorato e quelli di eventuali ospiti. Nella parte destra, nascosto da una parete, stava un grande mucchio di fieno e delle balle ordinatamente disposte, tutto pronto all'uso.
Su una di queste stava seduto un giovane dai corti capelli rossi, di sicuro un novizio. Li stava aspettando, perché quando si avvicinarono alla costruzione saltò giù con un balzo e gli andò incontro.
Indossava una veste diversa da quella degli altri frati, macchiata ed un po' sporca, che evidentemente indossava quando doveva svolgere dei lavori nella scuderia.
Appena fu abbastanza vicino per vedere Kaede, rimase a bocca aperta.
Gli sembrava un sogno <Un novizio! E sa addirittura cavalcare… Speriamo non sia solo di passaggio, ma sia qui per restare! Finalmente avrò qualcuno con cui parlare che non sia quel barboso del mio confessore…> pensò mentre un sorriso gli si dipingeva sul volto.
Al monastero si era sempre sentito terribilmente solo.
Non aveva trovato nessuno della sua età che condividesse con lui la passione per l'equitazione, anzi, nessuno dei ragazzi che aveva conosciuto sapeva cavalcare e l'unico cavallo con cui avevano avuto a che fare era quello che tirava l'aratro. Forse era lui che era troppo esigente con gli altri, ma non capiva come loro potessero essere tanto rispettosi delle regole ed attaccati alla religione e alla preghiera.
Ma ora lo sentiva, lo percepiva. Quel ragazzo era come lui: uno che non si faceva piegare dalla vita monastica come un giunco, ma resisteva a costo di spezzarsi. Lo aveva capito dallo sguardo freddo e diretto, così diverso da dalle occhiate veloci e dagli sguardi abbassati ed umili degli altri.
E se davvero era come lui c'era solo da sperare che fosse un tipo amichevole, altrimenti sarebbero stati guai seri.
Lui era Hanamichi, e non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno.
Nessuno osava chiamarlo Redhead in sua presenza, anche se sapeva benissimo che alle sue spalle questo nomignolo era usato ben più speso del suo vero nome.
Si distolse dalla contemplazione, ma il suo cervello registrò alcuni particolari del nuovo arrivato come per esempio l'altezza considerevole e non mancò certo di constatare che era davvero di bell'aspetto. <Il tipo che fa strage di cuori tra le dame… Chissà quanto saranno state infelici a vederlo divenire un novizio! >.
Prese le briglie dei cavalli e si diresse nella stalla, dove li dissellò, tolse loro il morso e li condusse nelle stalle, dove avrebbero trovato acqua fresca e fieno. Dopo averli strigliati coprì loro la schiena sudata con delle coperte in modo che non prendessero freddo e si ammalassero.
Faceva questo lavoro con passione. Gli piaceva prendersi cura degli animali e grazi a questo compito che lo teneva notevolmente impegnato saltava quasi tutte le funzioni religiose. Praticamente partecipava solo al Mattutino, ai laudi a metà della notte, al Capitolo e alla messa solenne. Nulla in confronto a ciò che dovevano sorbirsi gli altri.
E poi poteva andare dove voleva anche nel cuore della notte e anche se veniva scoperto poteva accampare la scusa che un cavallo non si sentiva bene o che aveva dimenticato di controllare se tutti gli animali avevano acqua e così via.
LA vita monastica gli stava stretta, ma almeno così era vivibile.
Quando tornò nello spiazzo, non c'era più traccia dei due stranieri e del novizio e quindi tornò dalle bestie, deciso a fingere di stare ancora finendo il suo lavoro. Così almeno avrebbe evitato il servizio religioso serale e sarebbe potuto andare direttamente a cena.
****
IL priore Andrew era un uomo anziano, sui sessant'anni, dai tratti duri ed autoritari.
Le rughe segnavano il suo volto come se fossero state incise da un coltello e le sopracciglia cispose gli conferivano un'aria severa.
Stava curvo sulla sedia come se sostenesse un peso inimmaginabile sulle sue spalle: un' Atlante invecchiato che conservava ancora la sua forza solo nello sguardo profondo.
Vestiva dello stesso saio che usavano i suoi confratelli e non erano visibili ornamenti o simboli che ne decretassero il potere. Ma ugualmente sembrava un sovrano, anche senza corone o manti d'ermellino.
Il priore, come indicava il titolo, era solo il primo tra gli eguali, e tutti giuravano obbedienza alla regola di S. Benedetto e non a un superiore, per cui la sua era un'autorità che i frati accettavano senza giuramenti come facevano invece i vassalli ed erano gli stessi monaci ad eleggere un nuovo priore alla morte del precedente.
Andrew squadrò i due cavalieri ed il novizio con interesse.
Sembravano tutti avere più o meno la stessa età, anche se il novizio di certo era più giovane.
Il cavaliere più alto, con degli inusuali capelli a punta, sembrava il più nobile pur avendo uno sguardo bonario ed un sorriso disarmante. <Il classico lupo travestito da agnello > si ritrovò a pensare improvvisamente l'uomo.
Il compagno d'arme invece gli ricordava davvero un lupo, con corti capelli neri e una cicatrice piuttosto vistosa sul mento. <Sembra un uomo che per vendetta non esiterebbe a prendersela con degli innocenti.> constatò.
Il novizio, invece, non destò in lui particolari sentimenti. Notò come tutti la sua bellezza e la sua aria sprezzante che gli ricordò un poco quella di Hanamichi e scosse la testa.
"Cosa vi conduce qui?" disse con voce dura.
Akira fece un passo in avanti e rispose.
"Stavamo eseguendo un ordine per conto del mio signore Koshino, quando siamo incappati nel giovane monaco che vedi qui.
Dato che la nostra missione era stata conclusa, abbiamo deciso di accompagnare questo ragazzo al monastero e gli abbiamo offerto protezione poiché avevamo già intenzione di dirigerci qui per passare la notte.
Chiediamo ospitalità e in cambio faremo delle offerte al monastero"
Sottolineò con la voce l'ultima frase.
"Sta bene. Potete recarvi alla foresteria dove vi verrà servito un pasto caldo. I vostri cavalli saranno custoditi dal ragazzo con i capelli rossi che avete avuto di certo modo di notare prima. Quando avrete bisogno di prenderli rivolgetevi a lui. Per quanto riguarda le armi, dovranno essere custodite dai frati per evitare qualsiasi contaminazione di questo luogo sacro con armi bagnate dal sangue. Queste sono le condizioni della mia ospitalità. " disse allora il priore.
<Altro che contaminazione…quest'uomo vuole evitare sommosse o teme che ruberemmo qualcosa. MA d'altronde le armi stanotte non ci serviranno di certo.> pensò mentre rispondeva con voce calma
"Accettiamo, ovviamente."
Il priore allora li congedò benedicendoli con la mano e li affidò a un frate piuttosto anziano che era il custus hospitum.
Rivolse quindi il suo sguardo al novizio, che gli consegnò una lettera che recava il sigillo dell'abate James in persona.
La aprì avvicinandosi ad una candela in modo da leggere più facilmente le lettere tracciate in minuscola carolina.
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Al Priore del monastero di Knightshill.
Vi affido questo giovane novizio che stava completando il suo praticantato nel monastero di Shiring prima di prendere, come voi ben sapete, i tre voti di castità, obbedienza e povertà che S. Benedetto, illuminato da Dio e dagli angeli creò al fine di regolare questa nostra permanenza in terra al servizio di Dio.
Questo giovane non è stato allontanato a causa di un comportamento riprovevole ma in base a cause di forza maggiore che hanno a che fare con una sua lontana parentela con il defunto signore di Shiring. Poiché egli è dunque in pericolo in quel monastero perché purtroppo la corruzione tra i figli di Dio non risparmia nemmeno coloro che a Lui sono votati, lo invio a voi perché lo teniate al sicuro nel monastero in cui senza timore potrà pregare per la gloria della Chiesa santissima ed elevare il suo spirito lungo il cammino che lo vedrà divenire monaco al servizio della santissima ed indivisibile Trinità.
Trovategli dunque un impiego a cui sia consono in modo che onori Dio non solo con la preghiera ma anche con le opere poiché come disse S. Benedetto i monaci sono realmente tali << quando vivono del lavoro delle loro mani, come i nostri padri e gli apostoli.>>.
Accoglietelo dunque come vostro fratello e con lui celebrate l' Eucaristia.
Pregherò affinché la vostra vita continui pacificamente e attendiate alle preghiere senza alcuna molestia da parte di alcuno, tanto per la salvezza nostra come per la stabilità del regno in cui viviamo, già scosso da guerre e tremendi mali.
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La lettera terminava con il sigillo dell'abate e la sua firma.
Il priore ripose il foglio debitamente arrotolato sul grembo e si rivolse a Kaede.
"Ti accoglieremo in questo monastero dove terminerai il tuo noviziato e prenderai i voti.
Ti sarà assegnata una cella dove dormirai. Obbedirai alle regole di S. Benedetto come prima già facevi. Pregherai e lavorerai al servizio di Dio.
Quale compito ritieni ti sia più consono?"
Kaede elencò mentalmente le cose che sapeva fare e ne scartò la maggior parte. Poi, ad un tratto ebbe l'illuminazione.
"So accudire i cavalli."disse cercando di dare un tono umile alla sua voce.
"Vi è già un novizio che attende a questo compito, ma credo che gli farà bene assistere a qualche rito in più. Poiché il troppo lavoro non gli permette di pregare in modo adeguato dividerà insieme a te le mansioni che gli competono alla scuderia e così facendo il suo spirito ne trarrà giovamento. Ora vai, il maestro dei novizi è già stato mandato a chiamare. Sarà lui a mostrarti i tuoi compiti. Puoi andare. "
Kaede allora chinò il capo e si avviò alla porta dove un vecchio dall'aria bonaria lo stava aspettando.
(continua…)
Hanako: anf, anf… E' davvero lungo sto capitolo!
Hana&Ru: guarda che devi scrivere la lemon!
H: non vi siete nemmeno conosciuti… -____- Hentai!
H&R: dettagli
H: e poi le lemon le lascio scrivere a Neko che è così bravaaaaaaa
H&R: che la scriva chi vuole, ma noi la vogliamo!
H: beh, non la metto dato che non mi fate gli auguri… Oggi è il sette luglio e compio 16 anni!!!!E voi nemmeno mi fate gli auguri!
H&R: ok, ok…Auguri!
Rukawa: toglimi una curiosità... tu come mai leggi le lemon e le scrivi pure quando non sei maggiorenne?
H: ehm…io….insomma….(ci pensa su)…beh…io sono molto matura per la mia età!
H&R: come no -____-
H: Ehi! Anche voi non siete maggiorenni!!!!! E certe cose le fate pure! Quasi quasi vi sostituisco con altri personaggi (maggiorenni) e faccio diventare la ff una original! >__<
H&R: ok…come non detto!!!!!!!!!!!!
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