DEDICHE unt RINGRAZIAMENTI: come già preannunciato, i tre capitoli di quest’ultima follia sono dedicati a Lucy, Lal e Silene. In particolare, questo è per Lal, la folle pulzella che si è imbarcata con me nell’avventura di una cofic impegnativa come quella che stiamo creando… Grazie di tutto, piccina, dell’affetto dell’appoggio e degli insegnamenti di tutti i tipi che mi elargisci! Spero di poterti trasmettere almeno un po’ del mio con questa fic… DISCLAIMERS: i personaggi sono tutti di Takehiko Inoue, le idee malsane sono le mie e le canzoni (naturalmente con le dovute licenze) sono di Nino d’Angelo (canzone d’amore), quel gran paraculo di Sandro Giacobbe (signora mia) e degli O.R.O. (vivo per…) NOTE 01: tra gli asterischi i flash back, in corsivo il testo delle canzoni/poesie, i cambi di POV sono segnalati...tutto come sempre insomma! NOTE 02: come sempre è tutto buttato a caso, non cercate riferimenti né temporali né di luogo né di nessun altro tipo!!! NOTE 03: visto che oggi mi sento buona...lieto fine per tutti!!!! FORSE… È la mia prima
MakiKiyo…
Signore mio le dedico una canzone d'amore parte II - Signore Mio di Marty
Nessuno. Shinichi Maki richiuse la porta con aria confusa. Era sicuro che ci fosse qualcuno lì fuori. Ma probabilmente era solo la sua mente malata che sperava così tanto che quella certa persona venisse a cercarlo da fargli immaginare ciò che non c’era. Quella persona per cui ogni notte lui cantava e suonava con tutta l’anima. Quella persona che l’aveva salvato dal baratro e gli aveva ridato la voglia di vivere che ormai credeva di aver perso per sempre. E tutto questo, ovviamente, senza saperlo. *******************FLASHBACK******************* “Passa,
Nobuscimmia!” “Ehi, non ti permettere di chiamarmi così, sottospecie di babbuino!” “Ti sei mai guardato allo specchio, SARUragi?!” “Maledetto nano!” “Hn” “Kitsune, fai silenzio dannazione!” Una risata squillante attirò l’attenzione del ragazzo, che era seduto su una panchina nel parco. Aveva la barba di qualche giorno, i capelli sporchi e cresciuti evidentemente senza cura, i vestiti spiegazzati e gli occhi lucidi pervasi da un dolore sordo. Da quando aveva finito il liceo ed era entrato al conservatorio, su di lui c’era una pressione inaudita. All’inizio l’interesse per il suo talento l’aveva inorgoglito, ma ora tutti sembravano fare a gara nel dargli consigli (che assomigliavano più ad ordini, per la verità) e nell’indicargli il cammino. Ma lui voleva trovarselo da solo, il suo cammino! Così, dopo l’ennesima lite con i suoi, era fuggito. Aveva vagato per Kanagawa come un’anima in pena per tre giorni, dormendo dove capitava e mangiando solo qualche panino al fast food. Tutto gli sembrava inutile e fastidioso. Voleva solo chiudere gli occhi e non pensare più. Ritrovare quella serenità che ormai a malapena riusciva a ricordare. Poi, quelle voci e la risata lo attirarono verso il campetto da basket che si trovava a poca distanza. E lì lo vide. Stava saltando a canestro e, kami sama, sembrava un angelo. Lunghi capelli corvini liberi nel vento che gli incorniciavano il viso fiero, gli occhi che brillavano, le guance rosse, l’espressione risoluta e la mascella serrata nello sforzo. I muscoli tesi, sotto la canotta rossa, il corpo proteso nel vuoto. Volava. Il mondo sembrò fermarsi per un istante, mentre la palla s’insaccava nella retina bianca. Poi il ragazzo ricadde. E il boato dei suoi amici, le risa e le pacche sulle spalle fecero spuntare un sorriso di una dolcezza incredibile. Certo, doveva avere almeno cinque anno meno di lui, eppure emanava sicurezza e positività. Come svegliandosi da un sogno, si guardò. Da quanto tempo aveva dimenticato cosa volesse dire suonare per vedere un sorriso simile sul volto di chi ascolta? Da quanto tempo il canto non gli riscaldava più il cuore? Forse non era troppo tardi, si disse. Poteva ricominciare. Guardò di nuovo il ragazzo, che aveva ripreso a punzecchiarsi con il suo amico dai capelli rossi, e sorrise. Doveva far presto, aveva perso ben tre giorni di lezione e il professore doveva essere furioso, pensò mettendosi a correre in direzione del conservatorio. **************FINE
FLASHBACK******************* Ed ecco come aveva ripreso a seguire i corsi, e si era laureato. Aveva scoperto dove il ragazzo abitava e si era trasferito nel palazzo di fronte. Aveva i soldi dei premi vinti durante il liceo, quindi non era stato un problema, e in questo modo aveva potuto non solo avere l’illusione di tenerlo vicino, ma anche recuperare i suoi ritmi e vivere in modo più sereno. Il campanello trillò, facendolo sobbalzare. Chi diavolo poteva essere a quell’ora? Mancavano una ventina di minuti all’inizio del suo concerto serale… Beh, lo avrebbe mandato via. Nessuno poteva impedirgli di suonare per il suo amore. Ma quando aprì la porta… “Buonasera” disse in un soffio Nobunaga. “Mi scusi se ho suonato. Non so perché, ma stasera ho sentito il bisogno di parlarle, e dirle che da quando l’ho vista per la prima volta è divampato l’incendio dentro di me e non sono riuscito a spegnerlo. Signore… Non riuscirei più a dormire o a vivere, se lei ora mi mandasse via. Lo so che non è l’ora, ma dovevo dirglielo: non sa quante volte mi sono immaginato con lei, e nei miei sogni la vedevo addormentato al mio fianco. Di notte io guardavo nella sua finestra chiusa; mi immaginavo tutto…ma non mi chieda cosa” Soggiunse arrossendo furiosamente, per i sottintesi di questa frase. Alzando un attimo lo sguardo che aveva fino ad allora tenuto fisso sul pavimento, si avvide che anche il volto del suo amore era vermiglio. “Perché arrossisce?” Si stupì. “In fondo sono venuto solo per riuscire finalmente a scambiare due parole con lei. Se mi ritiene troppo sfacciato, non mi dia confidenza, però…mi dia almeno una speranza! Sa, io abito nel palazzo qui di fronte, in quello gemello al suo, e se guarda da quella parte si accorgerà che sono sempre rivolto verso la sua finestra. Ora me ne vado, non voglio metterla ulteriormente in imbarazzo.” E così dicendo, si voltò e fece per andarsene. Ma il musicista gli afferrò un braccio. Nobunaga lo guardò sorpreso, spalancando gli occhi non appena questo iniziò a parlare. “Oh, tu non sai quante volte ti ho sognato, e ad ogni risveglio ti cercavo nel mio letto…Di notte guardo la tua finestra, e mi chiedo cosa sogni tu, se la mia musica ti raggiunge o ti tocca in qualche modo…mi immagino una vita insieme…non chiedermi altro, mi vergogno e mi sento stupido!” “Ma allora lei…tu…” il moro non riusciva a crederci. Non era possibile che fosse tutto così semplice! Lo amava! Si amavano! Il cuore gli batteva forte. Poi chinò il capo arrossendo di nuovo. “Cosa c’è?” chiese l’altro. “Non so neanche come ti chiami…” confessò imbarazzato Nobunaga. Il biondo sorrise. Gli tese la mano. “Io sono Shinichi Maki” si presentò. “Mi stai prendendo in giro?!” rispose il moretto, non poteva essere vero! Ma Shinichi scosse la testa. E così Nobu iniziò a ridere, genuino, sentendo di non essere mai stato così felice in vita sua, mentre l’altro lo abbracciava. Gli avrebbe rivelato più tardi che il suo, di nome, lo conosceva bene. * tsuzuki * beh? Che ne dite? Sdolcinato da far
schifo, eh? -.- Vabbè, a me
piaciucchia tutto sommato ^^ L’ultima parte
arriverà presto! Un bacio e
commentate! Marty
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