Fic interamente dedicata e concepita per Ria, per festeggiare il suo compleanno, ma soprattutto per ringraziarla dell’allegria e dell’ottimismo che ci trasmette. Ho impiegato più del previsto a scriverla e so di essere colpevolmente  in ritardo, però le buone intenzioni c’erano… è mancato il tempo!

Tanti auguri, webmom!!

Un baciotto e un ringraziamento a Nausicaa e Calipso, come sempre indispensabili per il sostegno e l’aiuto che mi danno.

Un saluto particolare anche a Angie, Kira e Fra-chan, e a chiunque riterrà di aver passato dei minuti piacevoli leggendo questa storia.

I personaggi di SD non sono miei, così come non è mio il soggetto del film ‘Sette spose per sette fratelli’, che, pur completamente stravolto,  mi è stato di ispirazione.

Ultima cosa: a me piacciono tutti i personaggi di Slam Dunk, senza anche uno solo di loro questo manga bellissimo non sarebbe lo stesso. Se mi sono lasciata trasportare dall’ironia, nel descriverne alcuni, l’ho fatto con affetto.

Buona Lettura.


 

 


7 Basketmen for 7 Brothers

parte VII - Scelta d'amore

di Greta


E Marzo arrivò.

Kogure lasciò la finestra e si voltò a guardare le sei coppie variamente disposte intorno al camino. Sorrise: fino a poche settimane prima sarebbe stato impensabile vedere Koshino e Akira abbracciati sul divano, a giocare con Bigetto, e con un Hiroaki ‘quasi’ sorridente; oppure Uozumi e Takenori presi dalle loro chiacchiere tranquille, e dall’impegnativo compito di divorare il famoso dolce al cioccolato; Minami e Minori che per una volta non si minacciavano le peggiori efferatezze, anzi… con il calimero che passava la mano aperta tra i capelli lunghi del compagno; Toru e Fujima che si mormoravano cose che sentivano solo loro, le mani di uno in quelle dell’altro; e poi c’erano Kiyota e Shinichi… il povero pelle-gialla impegnato ad imparare il significato di ogni carta dei tarocchi, e il suo Raperonzy che annuiva soddisfatto ogni volta che lui indovinava una previsione; e infine Hanamichi e il suo volpacchiotto: Kaede che dormiva beatamente appoggiato alla spalla dello scimmione, mentre questi gli massaggiava delicatamente la schiena.

Improvvisamente, a disturbare questo quadro di perfetta tranquillità domestica, si sentì bussare violentemente contro la porta, e poi la maniglia abbassarsi…

"HISASHI!!!!" urlarono i sei fratelli, in coro, riconoscendo immediatamente la sagoma camuffata sotto strati di vestiti pesanti, e alzandosi tutti insieme per farsi incontro al fratello maggiore… oddio, a parte Hanamichi, che non aveva alcuna intenzione di lasciare il volpacchiotto dormiente, e Toru, che stava troppo bene accanto al suo Kenji.

"Sono tornato" constatò il nuovo arrivato, dimostrando ancora una volta che l’acume era qualcosa di intrinseco nella famiglia, e scuotendosi la neve dalla giacca.

"Non abbiamo sentito la tua mancanza!" gli replicò Minori, il cui sorriso smentiva però le parole.

"Ti sei congelato abbastanza e hai deciso di tornare alla civiltà!" esclamò invece Takenori, dando un pugno scherzoso sulla spalla del fratello. Anche se chiamare il resto della famiglia ‘civiltà’ era certamente qualcosa di un po’ azzardato.

"Fatto buona caccia? Lassù mi sa che non abbondano pollastrelle…" notò invece Akira, strizzandogli l’occhio, prima di rendersi conto che forse avrebbe fatto meglio a tacere.

"La segregazione non ti ha sciupato, sei sempre il figone della famiglia!" gli urlò Hanamichi dal divano.

"Milly non ci crederà… però il Principe, Piciù ed io lo avevamo letto nelle carte!" intervenne Shinichi.

"Bentornato, fratellone" concluse Toru, contento che finalmente Hisashi fosse di nuovo a casa, e poi, forse l’unico ad essersi accorto di come qualcuno fosse rimasto in disparte durante quei festeggiamenti, portando uno sguardo preoccupato su Kogure.

Intanto il maggiore dei Mitsui si era fermato davanti al camino, tendendo le mani per riscaldarsi.

La situazione non era semplice, era tornato, ma non bastava questo a mettere a posto le cose. Entrando, aveva lanciato un’occhiata a Kiminobu, ma aveva subito distolto lo sguardo: mentre scendeva verso valle, era sembrato tutto semplice; avrebbe trovato la famiglia riunita, e, appena entrato, il suo ragazzo lo avrebbe accolto con espressione colpevole e poi si sarebbe gettato ai suoi piedi, implorando il perdono per quel comportamento irrazionale che aveva tenuto la sera del ratto.

E invece Kogure era rimasto in disparte, accanto alla finestra. Non aveva detto una parola, non si era gettato ai suoi piedi, non gli aveva abbracciato le ginocchia… aveva accolto il suo ritorno con indifferenza, immobile, lontano da tutti loro.

"Bene, sono stanco, ho bisogno di togliermi questi vestiti fradici e di farmi una doccia. Ci vediamo tra poco" biascicò Hisashi, infastidito, avviandosi verso la scala.

I fratelli annuirono, ma presto ognuno di loro si rese conto della tensione che stava crescendo nella stanza: il loro fratellone e Kogure-san non si erano scambiati una sola frase prima che il maggiore della famiglia sparisse al piano superiore. C’era solo da sperare che le cose tornassero a posto il prima possibile.

Hisashi entrò in quella che era la sua stanza ed afferrò dei vestiti. Ormai era rimasto poco di suo, la personalità del quattr’occhi aveva pervaso ogni angolo di quello che fino a pochi mesi prima era stato il suo regno… Fece scorrere rapidamente lo sguardo sul letto, sul quale torreggiava una enorme tartaruga verde di peluche, e poi nei cassetti della biancheria, dove i suoi boxer erano annegati in mezzo alla quantità spropositata di pigiamini a soggetto zoologico.

Sorrise, gli erano mancati anche quelli!

Si lavò rapidamente. L’acqua corrente gli sembrò improvvisamente un lusso inaspettato: per un giorno o due poteva essere divertente giocare al colonizzatore di terre selvagge, ma i disagi erano certamente troppi per sopportarli tranquillamente per tre mesi.

Quando uscì, trovò Kogure seduto sul letto, che gli dava le spalle.

Non disse niente; continuò a vestirsi, pur avvertendo chiaramente il peso di quell’incomprensione che li stava dividendo. Quando fu pronto, si sedette anche lui sul bordo del materasso, senza però interrompere quel silenzio.

Kiminobu aveva un’aria triste, una espressione tesa. Al piano di sotto non se ne era accorto, ma adesso, per quanto gli avesse lanciato solo un’occhiata fugace, era più che evidente… per una volta Hisashi decise di mettere da parte l’orgoglio e fare la prima mossa per arrivare a quella spiegazione che era necessaria per poter andare avanti, ma fu interrotto appena prima di cominciare:

"Quando si scioglierà la neve, giù al passo, tornerò in città. Credo che sia meglio così, per tutti…"

Per un momento non seppe come reagire. No, non era questo che si era aspettato durante i mesi di reclusione sulla montagna. Ok, sapeva che forse l’immagine di Kogure supplicante era un po’ troppo ottimistica, però NON potevano lasciarsi! Tutte le coppie attraversavano momenti di difficoltà, perché arrendersi senza combattere?

"No, non puoi" gli rispose, con un tono che non intendeva lasciare spazio a repliche.

Il quattr’occhi si voltò verso di lui:

"Ci abbiamo provato e le cose non hanno funzionato. E’ inutile intestardirsi, ci tengo abbastanza alla mia e alla tua felicità per accettare che è molto più saggio continuare le nostre vite separatamente".

Era stato serio, definitivo, ma Hisashi non aveva intenzione di lasciare scomparire dalla propria vita la persona che era diventata, in pochi mesi, la più importante di tutte:

"Ho… sbagliato – e gli costava molto ammetterlo – Avevi ragione tu, in tutto. Abbiamo agito da incoscienti, ed io ero il più colpevole di tutti, essendo il fratello maggiore…".

Era venuto naturale dirlo: per quanto in tutto quel tempo non avesse fatto che ripetersi di essere dalla parte della ragione, e che le sue scelte non dovevano essere messe in discussione, aveva sempre saputo che quella che aveva organizzato era stata proprio una bravata, una cosa da ragazzini, un pretendere di poter afferrare qualcosa che piace senza lo sforzo di dimostrarsene degni.

"Riporteremo i ragazzi a Kanagawa; il passo sarà agibile a giorni e tutto tornerà come prima" stabilì, sollevando lo sguardo negli occhi del compagno.

Kogure scosse la testa:

"Non è così semplice. Quello che è successo ha cambiato molte cose, tornare indietro diventa quasi impossibile…".

"Dammi questa possibilità: cercherò di riportare tutto a posto, e, se ci riuscirò, tu rimarrai".

Per fortuna non c’era nessuno a sentire le sue parole: Hisashi Mitsui che pregava qualcuno di dargli una possibilità… qualcosa di assolutamente incredibile!

"Ma tu li hai visti, giù? Come puoi pensare di riportare i sei ragazzi in città, sapendo quanto ne rimarrebbero addolorati i tuoi fratelli?" fu la replica inaspettata.

"Ci sono momenti in cui un uomo deve prendere decisioni difficili – rispose lui, di nuovo in piedi e con lo sguardo perso nel cielo notturno – Non sempre le scelte giuste coincidono con la felicità di tutti, ma è con la nostra coscienza che dobbiamo sempre fare i conti…"

Proprio nel mezzo di questa magnifica interpretazione, echeggiò la voce leggiadra del codino:

"EHI!!! AVETE FINITO DI FARE LE PORCATE, LASSU’???!!!"

"Che bestie… non capiranno mai la sacralità di certi istanti!" e, detto questo, Hisashi si chinò a poggiare un bacio sui capelli del quattr’occhi, per poi raggiungere rapidamente i fratelli al piano inferiore.

"Allora? Avete fatto pace? Tutti questi mesi al gelo e poi dopo cinque minuti insieme già a farlo come ricci… chi ve l’avrà fatto fare a perdere tutto questo tempo!" notò Hanamichi, scuotendo la capigliatura rossa.

"Do’aho!" lo riprese il volpacchiotto, abbandonando la comoda posizione contro il suo petto, per rimproverarlo meglio.

"NOOOO!!! KITS, torna qui!!"

Hisashi sbarrò gli occhi: come diavolo aveva fatto il rossino demente a conquistare l’algido principino?

"Bene, sono contento che le cose siano tornate a posto" mormorò Toru, cercando di recuperare gli occhiali che Fujima gli aveva tolto e che non aveva intenzione di restituirgli.

E poi c’era Takenori, seduto sul bracciolo rinforzato della poltrona su cui si trovava Uozumi, con una mano posata sulla spalla del compagno, e… Minori che prendeva in giro il Calimero senza riuscire a nascondere una calda espressione di affetto?! Per non parlare di Akira e Koshino, che giocavano con un cucciolo di cane, i cui ciuffi sulla testa… oddio, erano acconciati in corte ciocchette sparate verso l’alto! Qualcosa da protezione animali.

E infine Shinichi e Kiyota, in concentrata venerazione dell’amuleto di Piciù e di una piccola mucca di legno.

Era stato assente troppo a lungo, oppure aveva bisogno anche lui di un paio di occhiali?

Scosse la testa, come a tentare di liberarsi delle sensazioni che gli dava il vedere quelle coppie così prese.

Aveva fatto una promessa a Kiminobu, e l’avrebbe mantenuta!

Tossicchiò leggermente, con effetto nullo, provò allora un rantolo asmatico, niente, improvvisò un attacco di bronchite galoppante, e gli arrivò solo uno ‘schhhh’ da Kiyota e uno sguardo di disapprovazione da Shinichi, evidentemente assorti nell’ultima macumba.

"VOLETE STARMI A SENTIRE??!!" urlò, inviperito.

Tutti i ragazzi si voltarono finalmente verso di lui, come se non capissero il motivo del suo malumore:

"La neve sta cominciando a sciogliersi, al massimo tra pochi giorni il passo sarà agibile – comunicò – quindi ho deciso che voi – e guardò i giocatori dello Shohoku – tornerete nelle vostre case. Non è stato giusto quello che abbiamo fatto… - e qui abbassò lo sguardo, pur avendo capito che Kogure aveva ragione, non era comunque piacevole dover ammettere un errore - …e questo è il primo rimedio. So che non vi restituirà i mesi passati lontano dalle vostre famiglie, ma è l’unica cosa che possiamo fare per riportare la situazione alla normalità".

Tossicchiò ancora una volta, per imbarazzo, e poi rimase in silenzio.

Perché nessuno parlava? Non erano contenti di tornare alle proprie case?

"No, non se ne parla" interruppe il silenzio Akira.

"Io non voglio andar via" gli fece eco il suo Hiroaki, semistrangolando Bigetto nell’emozione del momento.

"Neanche io andrò via" si aggiunse la voce tonante di Uozumi, mentre Takenori annuiva vigorosamente.

"E io, ora che ho trovato una mente così ricettiva ai misteri della magia… no, non posso andarmene!" e Nobunaga Kiyota scosse la testa, cominciando a mormorare litanie all’indirizzo di Piciù e della mucchina, sotto lo sguardo commosso del pelle-gialla.

"Siamo abbastanza grandi per prendere da soli le nostre decisioni – intervenne Fujima – sistemeremo da soli questa situazione" e appoggiò la testa sulla spalla di Toru.

Scese il silenzio, poi però si cominciarono a sentire rumori provenienti dal divano su cui erano seduti Hanamichi e Rukawa:

"Ehi, kits… tocca a te! Devi dire che non mi lascerai mai, che moriresti lontano da me, che ti sono più necessario dell’aria!! – il rossino cominciò a scuotere il corpo del compagno – volpacchiotto! Mi stai facendo fare una figuraccia!!!"

E finalmente il moretto si svegliò:

"Yawn!!! – sbadigliò – a Kanagawa ci sono i campi con il parquet…" e si riaddormentò, ma solo dopo aver dato una gomitata nello stomaco del rossino per averlo svegliato.

"Ma… KITSUNE!!!" cominciò a piagnucolare il più giovane dei Mitsui, che poi, però, sfoderò un tono deciso ed uno sguardo affilato per rivolgersi a Hisashi:

"Non lo ammette, ma neanche lui vuole tornare in città!".

Il fratello maggiore scosse la testa, non aveva intenzione di tornare sui propri passi, lo aveva promesso a Kimi-kun:

"Sembra che ci siano problemi, ma dovremo risolverli, in qualche modo: io intendo fare ciò che ho det…"

Non riuscì a terminare la frase che fu interrotto dal suono insistente della campana che avvertiva l’avvenuta riapertura del passo. Un lampo di terrore attraversò gli sguardi degli altri fratelli… il passo era agibile, e questo significava che presto dalla città sarebbero arrivate le squadre di ricerca.

"Hisashi… staranno già arrivando?"

Era Kogure, che si era subito portato al suo fianco, facendo scivolare la mano nella sua.

Lo sfregiato gliela strinse, intrecciando le dita:

"E’ molto probabile, forse dovremmo cercare comunque di riportarli a valle… magari passando per il sentiero a nord…" si voltò per verificare l’approvazione dei fratelli al suo piano, ma si accorse che nella stanza non era rimasto nessuno. Cominciò ad urlare i vari nomi… sembrava che la casa fosse deserta, eppure lui sapeva bene che si erano tutti nascosti, per impedirgli di fare l’unica cosa che andava fatta.

"Hisa-kun!! Guarda…" e il quattr’occhi indicò il lungo viale che portava alla casa.

Una lunga fila di slitte illuminate si stava avvicinando velocemente.

"Accidenti! Sono già qui… e adesso?!"

Hisashi lasciò partire un pugno contro la parete, scoprendo che i mattoni erano più duri delle nocche della sua mano. Che diavolo sarebbe successo adesso? Non ci mancava che la scena strappalacrime, sempre che non gli strappasse altro, con i genitori dei ragazzi.

Il pulsante del campanello doveva essere sfuggito all’attenzione dei loro ospiti, perché presto i due ragazzi si trovarono accerchiati da una folla inferocita, che era entrata in casa praticamente buttando giù a spallate la porta.

"DOVE SONO?! DOVE LI AVETE NASCOSTI, COSA GLI AVETE FATTO??? Se gli avete torto anche un solo capello, siete morti, disgraziati… FUORILEGGE, ASSASSINI!!"

Sembrava proprio che una qualsiasi conversazione fosse assolutamente fuori discussione…

Improvvisamente un omone, che dalla stazza doveva essere in qualche modo imparentato con Uozumi, afferrò Kogure per il colletto della camicia e lo sbatté contro il muro:

"Dov’è il mio piccolo Jun?!" gli sibilò sul viso, le mani enormi strette intorno al collo del povero quattr’occhi.

Hisashi non ci vide più: nessuno poteva permettersi di alzare le mani sul suo Kiminobu!

"TOGLI QUELLE MANACCE LURIDE DA KIMI-KUN!" urlò, aggrappandosi al collo dell’assalitore.

"No, Hisashi… non fare così!!! Peggiorerai le cose…" cercò di fermarlo il compagno, rantolando sotto la stretta possente.

Ma non fu tanto la voce di Kogure, quanto quella molto più cavernicola dell’ex cuoco di Kanagawa, ad evitare che la situazione degenerasse:

"PAPA’! Lasciali stare, IMMEDIATAMENTE!"

"JUN!!! Allora stai bene… non sai quanto fossimo preoccupati! COSA VI HANNO FATTO? Vieni… vieni da papino… BASTARDI… mi sembri deperito, cucciolino!"

La montagna umana cercò di sottrarsi alle imbarazzanti attenzioni del genitore, soprattutto visto che dietro di lui c’era anche Takenori, e finalmente ci riuscì, sebbene senza ancora aver modo di piazzare una sola sillaba.

"Perché vi hanno portato quassù? Avevano bisogno di manodopera, e vi hanno rapito, reso prigionieri ai lavori forzati… Ma adesso se la vedranno con noi!"

Intanto, una donna dai lunghi capelli artificialmente arricciati, si portò al centro della stanza:

"Nobunino, dove sei? Spirito di Piciù: mostrami la via!"

Ai ragazzi nella stanza non fu difficile capire di chi fosse la madre.

"MAMMA!!! Oh, sovrana del regno delle Tenebre, Piciù lo sapeva che saresti venuta!"

E Kiyota volò tra le braccia protese della donna.

"Povera creatura… non potevo credere che ti avessero portato via! Credevo fossero gli spiriti del sottosuolo…" e qui il figlio strofinò l’amuleto che aveva in mano, spiriti del sottosuolo?! "E invece erano questi bifolchi! Cosa volevano da te, a quali segreti volevano essere introdotti?"

Il ragazzo arrossì leggermente, senza rispondere. Forse era meglio evitare di spiegare quali pratiche, non esattamente magiche, lo avevano tenuto avvinto nelle ultime settimane.

"Hiro-kun! Amore, dove sei?" una signora anziana cominciò ad aprire tutte le porte, nel tentativo di trovare la giovane riserva dello Shohoku "Vieni dalla nonna, ti ho portato il tuo mix preferito, Manzo&Carote… vieni qui" cominciò a cantilenare, protendendo la mano con la scatoletta metallica su cui faceva bella mostra di sé il muso di un collie sorridente.

"Nonna! Non dovevi preoccuparti tanto!" ringhiò Koshino, uscendo dallo sgabuzzino insieme ad un Akira sospettosamente ansimante "Ehm, grazie" mormorò poi tra i denti, prendendo la scatoletta e cercando di nasconderla allo sguardo del compagno.

"Non sapevo più cosa fare, senza di te! Da quando ti hanno portato via, Nuvola non è stato più lo stesso… prima ringhiavate insieme, invece ora… povera bestia!"

Il ragazzo non le rispose, invece si voltò verso la faccia incredula del porcospino, mormorando un incerto "Non è come credi…", che doveva servirgli come difesa.

"Ah no?! Io che pensavo che Bigetto fosse tutto per te… AVEVI GIA’ UN FIGLIO!" e Akira, per la prima volta senza sorridere, corse al piano di sopra. Hiroaki non riuscì a seguirlo, la presa ferrea della nonna sul suo polso gli impedì di muovere anche un solo passo:

"Adesso tornerai a casa… ho comprato due ossi di gomma, per festeggiare!" continuava la vecchietta, senza accorgersi dell’espressione più corrucciata del solito del suo unico nipote…

"Dove sei, Tsuyoshi!" il tono imperativo di questo richiamo ebbe l’effetto di far uscire immediatamente l’ace killer dal proprio nascondiglio.

"Sono qui, papà" rispose con voce ferma.

"Che diavolo ti è saltato in testa di scappare così? Al negozio è toccato tutto a me e a tua madre" e il ragazzo sapeva che in queste parole doveva leggere che era toccato tutto alla madre "Sei uno stupido teppistello! Ma quando arriviamo a casa…"

"Quando arrivate a casa… COSA?" si intromise minaccioso Minori, portandosi di fronte all’uomo.

"E tu chi sei? Quei capelli… ci mancava il figlio dei fiori!"

"Non metta in mezzo i miei genitori, e tolga quegli artigli luridi dal braccio di Tsuyoshi" gli ribatté il codino, che già al primo incontro ufficiale odiava il suocero.

"MA COME OSI?! E tu non dici niente?" si inalberò Minami senior, rivolgendosi al figlio.

"Minori… lascia stare" mormorò questi, abbassando lo sguardo.

"Scordatelo, honey".

"Togliti dalle palle, pivello!" si rifece sotto l’uomo, trovando coraggio nelle parole del figlio.

"Se lo scordi, vecchio bastardo!"

"TU… TU… COME OSI?!" ma fortunatamente la sorpresa impedì al calimerone di saltare alla gola del ragazzo, almeno per il momento.

I genitori di Kenji Fujima e la madre di Rukawa si guardavano intorno spaesati: quello era l’ambiente dove avevano tenuto prigionieri i loro figli? Era incredibile…

"Kenji!" esclamò la donna con il caschetto bruno, non appena vide il figlio avvicinarsi insieme ad uno stangone con gli occhiali "Oddio, eravamo preoccupatissimi! Stai bene? Ora torneremo a casa, potrai dimenticare tutto…".

L’uomo accanto a lei, una versione più matura del figlio, appoggiò il braccio intorno alle spalle del ragazzo: "Con un bravo psicologo, tutto questo non rimarrà che un ricordo, e poi riprenderai l’università, mi darai una mano in azienda, e presto la tua vita tornerà esattamente quella di prima. Ti vogliamo tanto bene, figliolo".

Toru guardò la coppia perplesso: sembravano trattare Kenji come se avesse dieci anni, e poi erano apprensivi, soffocanti.

"Kaede…" la bellissima donna che Hanamichi aveva visto dalla finestra, la notte del rapimento, mormorò il nome del figlio nel momento in cui lo vide scendere dalle scale.

"Mamma!"

Tutti si voltarono: vedere l’algida Kitsune che correva ad abbracciare un essere umano era qualcosa a cui non erano certamente abituati.

"Come stai? Ero così preoccupata… temevo di non rivederti più!"

"Mi dispiace, mamma, ora è tutto a posto…"

Il rossino guardò la scena con tristezza: a parte il fatto che non riusciva ad afferrare le parole che si nascondevano dietro il loro mormorio, si sentiva messo in disparte da quella chiara dimostrazione di affetto di cui lui non era mai stato oggetto. Certamente ne aveva avute altre, e importanti anche, ma in quel momento invidiava quell’abbraccio, quello sguardo della kitsune, quelle parole bisbigliate, che era sicurissimo non avrebbero portato ad un do’aho, o baka, come accadeva sempre quando il moretto parlava con lui.

Si sedette sull’ultimo gradino della scala, appoggiandosi il mento sulle mani: fino a poche ore prima era stato sicuro di aver catturato il suo volpacchiotto, adesso gli sembrava invece di non conoscerlo neanche.

"Beh, la prima cosa da fare è tornare in città…" l’uomo che aveva capitanato la spedizione si portò di fronte ad Hisashi "…poi manderemo la polizia, per risolvere questa questione…"

"Polizia?! Ma state scherzando!" si intromise Fujima, sollevando uno sguardo sgomento sulla folla che aveva invaso la casa.

"Siete stati portati qui contro la vostra volontà… questo si chiama rapimento!" spiegò l’uomo, evidentemente infastidito dall’interruzione.

"NO! Non è così…" protestò il ragazzo, sapendo di stare lanciando un bomba.

"COSAAAA?! Cosa stai dicendo, Ken-kun? Ti hanno fatto il lavaggio del cervello, e non capisci più nulla!" questo era stato il padre, che aveva contemporaneamente fatto un passo indietro, guardando il figlio come se fosse un alieno.

"Nessun lavaggio del cervello, Kenji ha ragione" intervenne Uozumi "Siamo venuti di nostra spontanea volontà, e io non intendo andarmene" aggiunse, sostenendo lo sguardo del padre e portandosi accanto a Takenori, quasi cercandone il sostegno nella sola vicinanza.

"Non credo che tu ti unirai a queste sciocchezze…" il padre di Minami si rivolse al figlio con espressione poco incoraggiante.

Sentendo la mano di Minori sfiorare leggermente la sua, il calimero raddrizzò la schiena e buttò indietro la testa:

"Hanno ragione loro: non ci hanno rapiti, siamo venuti ad aiutarli di nostra spontanea volontà!" sostenne, deciso.

"Kaede, Eiji ha detto che…"

"Quello che ha detto Sawakita non importa. Hanno ragione loro, non è stato un rapimento. Noi abbiamo acconsentito a seguirli fin quassù…"

"Io... non capisco…"

"Abbi fiducia in me, è l’unica cosa che ti chiedo, mamma" concluse il figlio, stringendole la mano…

"E tu non hai niente da dire? Io ho consultato i tarocchi… ti hanno portato via per carpirti i segreti della divina regina delle tenebre, poche storie! La mia fama è diffusa su tutto il pianeta…" e la madre di Kiyota alzò uno sguardo ispirato verso il lampadario.

"Forse le carte hanno sbagliato… " provò ad obiettare il figlio, proteggendosi la testa con le braccia, conoscendo bene la violenza delle reazioni della donna quando si toccavano gli spiriti delle tenebre.

"Come… COME OSI?! Figlio degenere! Mettere in discussione il potere del tarocco… il nostro unico mezzo di sostentamento da quando quel bastardo di tuo padre è fuggito con quella… quella finta ventriloqua! Lui e la passione per le threesome…"

"Mamma… calmati!"

"I TAROCCHI NON MENTONO! Piciù… ridagli la ragione…" invocò poi la donna, buttandosi in ginocchio.

"Cucciolino, di cosa stanno parlando tutte queste persone? – la nonna di Koshino si era persa a metà discorso, e non riusciva a capire il motivo di tutta quella agitazione – Andiamo a casa, che oggi Nuvola non ha ancora mangiato. Pensa quanto sarà felice quando ti vedrà!"

"Io non tornerò a casa…" le mormorò il nipote, cercando di superare la visione delle feste che gli avrebbe fatto il bassotto quindicenne che la nonna trattava come un essere umano…

"Credo sia il caso che affrontiamo queste difficoltà impreviste separatamente: prendete i vostri figli e parlate a quattr’occhi…" propose ancora il capo della spedizione, grattandosi la testa. Quando erano partiti da Kanagawa, non si era certamente aspettato uno sviluppo di quel tipo.

"Che diavolo c’entra il mio Kimi-kun?! Lasciateci in pace ed andatevene: non siete ospiti graditi!" sbottò Hisashi, che fino a quel momento aveva cercato di trattenere la rabbia.

"Credo voglia dire che ognuno di loro deve parlare ‘privatamente’ con il proprio figlio…" tentò di spiegargli Kogure, tirandolo contemporaneamente per la camicia, per evitare che l’altro si lasciasse andare ad assalire uno per uno tutti i presenti.

Nonostante lo scetticismo dei sei giocatori dello Shohoku, si fece esattamente come era stato proposto: ognuno dei ragazzi si ritirò a parlare con i propri genitori, per cercare di mettere a posto la situazione senza ulteriori drammi.

Le altre persone che erano entrate in casa Mitsui decisero di uscire sul portico, preparando le slitte per la partenza. Ormai era questione di pochi minuti…

I setti fratelli, insieme a Kogure, aspettavano invece nel soggiorno, camminando avanti e indietro come nella sala d’aspetto di un ospedale.

"Avete sentito il mio Jun, che carattere!" mormorava il gorilla, ripensando alla scena che aveva visto il suo ragazzo opposto al padre.

"Già, se si mette in testa qualcosa, diventa difficile opporglisi… come si fa a sradicarlo?" notò Hisashi, rimanendo però soprapensiero.

"E allora il mio Koshino? Anche lui…" ma Akira non terminò la frase. L’esistenza di Nuvola era qualcosa che doveva ancora riuscire ad accettare, era sempre un tradimento verso il loro Bigetto.

"Non credevo che i genitori di bocca di baci… che bestie! Ma io quello lo ammazzo…" sibilò Minori, a cui ancora non era andato giù l’atteggiamento del padre del suo dolce calimero.

"Il mio Nobu-kun ha sfidato la magia… neanche Milly mi aveva mai manifestato il suo affetto in modo così palese…" Shinichi non poteva non ripensare alla dimostrazione di forza ed indipendenza del piccolo Raperonzy; aveva addirittura disconosciuto i poteri della madre! Scosse la testa: Piciù li aveva protetti…

"Kenji ha dimostrato carattere, fermezza… come al solito. Spero solo che i genitori non lo facciano stare troppo male…"

"Figurati, dietro quell’aspetto delicato, ti sei preso un ragazzo dalla volontà di ferro!" gli fece notare Kogure, sorridendogli.

Hanamichi rimase in silenzio: a parte il fatto che non aveva capito cosa si fossero detti madre e figlio, avendo colto solo il nome di Sawakita, cosa in sé molto poco rassicurante, aveva però compreso che il rapporto che li legava era molto forte. E poi, al contrario degli altri, non gli sembrava che la kitsune avesse mai manifestato il desiderio di rimanere sul Fujimori… non parlava sempre di voler ricominciare le partite di basket?

"Che diavolo ti prende, maledetto di un rossino?!" gli si rivolse il gemello, ricorrendo a quell’insulto che tra loro ormai costituiva una specie di gioco.

"NIENTE!! Il Tensai sta benissimo! Sto solo aspettando che la stupida kitsune faccia capire a tutti che non può vivere senza di me!!!" e scoppiò a ridere.

Gli altri lo guardarono in silenzio, poi fu Toru a parlare:

"Infatti, non devi preoccuparti: la tua kitsune non si farà certo sfuggire un genio come te… dove ne trova un altro che si accanisca a farlo scongelare con la tua stessa testardaggine?"

Stavolta Hanamichi sorrise più sinceramente:

"Mai detto cosa più giusta, spilungone!"

 

La Camera di Consiglio richiese quasi un’ora, un’ora di discussioni alle quali i fratelli Mitsui non poterono assistere, un’ora in cui non fecero altro che scambiarsi frasi incomplete e cercare di rassicurarsi a vicenda con rapide occhiate o sorrisi appena abbozzati.

E poi le porte si aprirono:

"Siamo stati anche troppo comprensivi – stava dicendo il padre di Uozumi, scuotendo la testa – Ora basta, vi lasciamo una delle slitte per tornare a casa…"

Kogure spalancò gli occhi: no, non era possibile!

I sei giocatori dello Shohoku annuirono infastiditi, chi con lo sguardo basso, chi guardando fuori dalla finestra, chi fissando le fiamme che ancora ardevano nel camino.

Sì, sembrava proprio che i ragazzi non fossero riusciti ad aver ragione dei propri genitori.

Rukawa fu l’unico ad accompagnare la madre sin fuori della porta, e a mormorarle qualcosa prima di lasciarla salire sulla slitta. Hanamichi lo seguì con lo sguardo, ma non disse niente. Del resto, cosa poteva aggiungere?

I genitori, pur non sapendo e non capendo cosa ci fosse a legarli a quel posto, sembravano aver consentito ai ragazzi di salutarsi da soli, lontani dai loro sguardi arrabbiati… era già più di quello che i fratelli Mitsui si sarebbero potuti aspettare.

"Mi dispiace, Take-chan, non c’è stato verso. Sono i nostri genitori, era impossibile opporci…" cominciò Jun, con un tono dimesso, pateticamente in contrasto con la sua stazza.

"Lo capisco… speravo solo che…"

"Che comprendessero? No, non possono… del resto – e qui il gigante arrossì leggermente – non hanno tutti gli elementi per valutare…"

Koshino si avvicinò ad Akira:

"Senti… - cominciò un po’ titubante - …io volevo rimanere, ma hai visto la nonna… era impossibile oppormi – il ragazzo si interruppe, vedendo l’espressione accigliata del compagno, e il familiare sorriso assente – Per quel che riguarda Nuvola, non ha mai avuto nel mio cuore il posto che occupa il nostro Bigetto… mai!"

Un pallido sorriso si aprì sul viso di Akira, che poi però ridivenne improvvisamente serio:

"Come farò a spiegargli… è ancora tanto piccolo!"

Hiroaki gli poggiò una mano sul braccio:

"E’ sempre stato più maturo della sua età… comprenderà che a volte gli adulti devono compiere scelte dolorose…"

Davanti al camino, si stava svolgendo un’altra conversazione:

"E così torni all’Università…" era una frase stupida, ma davvero Toru era a corto di parole.

"Già… con un altro spirito. Credo che quello che mi hai insegnato tu, non avrei mai potuto scoprirlo sui libri. Sono sicuro che ora sarò un medico migliore…"

Il quattr’occhi annuì e sorrise, sebbene la cosa lo consolasse molto relativamente. In quei mesi era stato così felice, che tornare alla solitudine, allontanarsi dal ragazzo di cui era davvero innamorato, sembrava qualcosa di inimmaginabile.

"Kanagawa non è lontana… ci rivedremo" continuò Fujima.

Lui annuì, ma solo perché era la cosa più semplice da fare.

"Milly sentirà la tua mancanza" stava dicendo Shinichi, rigirandosi tra le mani la piccola scultura di legno a forma di mucca.

"Anche Piciù sentirà la mancanza di Milly… a conoscerla non era tanto antipatica" gli rispose Kiyota, abbassando lo sguardo.

"Già. Beh, e anch’io sentirò la tua mancanza…"

"Ricordati di esercitarti sempre con le magie che ti ho insegnato, servirà a farci sentire più vicini, e poi chissà… Piciù troverà una soluzione!"

"Non so se troverò la forza di andare avanti da solo, senza la tua guida…"

"Siamo compatibili, no? E poi, se Piciù ci ha fatti incontrare, ci farà anche ritrovare, ne sono sicuro!"

Il pelle-gialla sorrise: non era tanto sicuro che quella gli bastasse come rassicurazione…

"Tuo padre è un bastardo" stava invece constatando Minori, vicino all’ace killer.

Tsuyoshi non obiettò nulla, sembrava devitalizzato, come se l’incontro con l’augusto genitore gli avesse tolto ogni forza.

"Non credevo che vi avrebbero convinto ad andar via… ero sicuro che il mio bocca di baci sarebbe rimasto sempre con me!" continuò il codino.

"Smettila con quel nomignolo!" ma anche le proteste del calimero erano meno energiche del solito.

"Spero che non mi dimenticherai completamente…"

Minami alzò lo sguardo:

"Mi sarà difficile, soprattutto ogni volta che guarderò una mela…" mormorò allusivo.

Hanamichi sapeva che non c’erano speranze, ma gli sembrava che potesse esserci ancora la possibilità che la kitsune lo chiamasse ‘do’aho’ e gli dicesse che era tutto un brutto sogno:

"Kaede… è proprio deciso, vero?"

"Hn" gli rispose il compagno, infilandosi le mani in tasca.

"Mi piace tua madre… forse lei capirebbe, se le dicessi che vuoi rimanere qui" provò a proporre, ben sapendo che era un gioco che poteva essere pericoloso solo per lui.

"Non è solo quello…"

"E allora? COSA ALTRO C’E’ DI COSI’ IMPORTANTE?!"

"Il basket…"

No, lo aveva detto… aveva messo quella dannata palla arancione prima del loro rapporto!

"Buona fortuna, allora! E’ il tuo unico sogno, no?" e gli voltò le spalle, senza sentire le parole appena bisbigliate dall’altro:

"Forse no, do’aho…".

 

Pochi minuti dopo, raccolte le loro poche proprietà, i sei basketmen si incamminarono verso la slitta che la spedizione da Kanagawa aveva lasciato a loro disposizione.

Caricarono la roba senza lanciare neanche uno sguardo verso i ragazzi che li guardavano dal portico della casa, sembrava quasi che tutto quello che doveva essere detto lo fosse stato, come se non ci fosse spazio per altre parole…

Uozumi fu quello che si fece più vicino ai fratelli Mitsui, quando fu il momento di partire:

"Beh… noi andiamo… Cercheremo di far capire ai nostri genitori che quello di cui vi hanno accusati non ha fondamento. Non ci saranno conseguenze…" il ragazzo tirò su con il naso, affondando nel fazzoletto quell’improvviso risveglio di raffreddore invernale.

"Avete proprio deciso?" e non era stato Takenori, ma Kogure a cercare un’ultima possibilità.

"Non dipende da noi… e comunque questa storia non ci avrebbe portato da nessuna parte. Le nostre vite sono troppo diverse…"

Eppure in quelle ultime settimane non era sembrato così, non era sembrato che tra loro non potesse esserci una intesa… Kogure stava ripensando a quando aveva visto i due giganti tornare dalla passeggiata durante la quale li aveva colti la tempesta: quei visi, quei sorrisi dicevano tutt’altro rispetto alle parole gelide che adesso l’ex capitano del Ryonan pronunciava con tanta indifferenza!

"A presto, ragazzi… anche se penso… beh, credo di interpretare il pensiero di tutti noi, se vi dico che forse non è il caso che ci rivediamo. Non potremmo che peggiorare le cose".

"Allora andatevene! – il tono di Hisashi era gelido – Non credo proprio che ci sia altro da aggiungere".

Kiminobu si voltò verso il compagno: vide chiaramente i lampi di ira nel suo sguardo, e non poté che condividerne la rabbia. Come potevano quei ragazzi che, nonostante il trattamento iniziale, erano stati accolti nella loro casa come persone di famiglia, aiutati e difesi, e che infine avevano trovato anche l’amore, perché lui era sicuro che ricambiassero i sentimenti dei fratelli Mitsui, beh, come potevano agire con tanta freddezza?

I sei giocatori dello Shohoku non risposero, voltarono le spalle a Kogure e ai fratelli Mitsui e salirono sulla slitta.

Presto di loro fu visibile solo la neve sollevata dagli sci.

"Sono andati via…" mormorò Minori, come se fino all’ultimo non avesse davvero creduto che sarebbe accaduto.

"Sembra… impossibile" aggiunse Toru.

"Io credevo… credevo che sarebbe finita diversamente…" sussurrò Hanamichi.

"Sono stati i loro genitori!" accusò Shinichi.

"E le nonne…" si accodò Akira.

"Ormai è finita" constatò Takenori, scrollando le spalle.

"Hai ragione, è inutile piangere sul latte versato: non valevano i vostri sforzi, i vostri sentimenti" cominciò Hisashi, sbadigliando e voltandosi per tornare in casa.

Gli altri abbassarono la testa, come ad accettare queste parole. Solo una persona si ribellò:

"Non è così! – esclamò Kogure, con una disperata impotenza che traspariva dalle sue parole – Io sono sicuro che vi volessero bene… davvero!! Sono stati i vincoli che hanno con le famiglie a costringerli a tornare a Kanagawa, a lasciarvi. Stanno soffrendo quanto voi, se non di più!"

"Solo tu puoi continuare a crederci… non hai visto con quale noncuranza se non sono andati? Io non sopporto che dei Mitsui siano trattati in questo modo!"

Ma il quattr’occhi continuava a scuotere la testa:

"Ho pensato anch’io, all’inizio, che fossero senza cuore, ma non è così! Stavano soffrendo e si stavano sforzando di mascherarlo!! Voi… VOI DOVETE FARE QUALCOSA!!"

"Non ti sembra che abbiamo fatto anche troppo?" gli si rivoltò contro Takenori.

"No! E’ qui che sbagliate! Se mollate adesso… - e Kogure scosse la testa - …è la vostra ultima possibilità, anche solo per sapere se veramente hanno deciso di interrompere qualsiasi rapporto".

Il suo sguardo deciso, la testa buttata all’indietro, il piccolo ragazzo di città emanava determinazione e sfida.

"Forse hai ragione…"

La voce calma di Toru fu la prima a levarsi a sostegno della sua teoria, ma presto si unirono anche le altre:

"Il mio Kosh sembrava così triste… e poi condividiamo la responsabilità di Bigetto. Devo avere la certezza…" mormorò Akira, passandosi una mano tra le ciocchette un po’ abbattute.

"Lo spirito di Milly e lo spirito di Piciù mi sosterranno… insieme mi guideranno ai veri sentimenti del sommo principe!" esclamò Shinichi, in piena estasi mistica.

"Kitsune!! Non puoi preferire una palla arancione al mio fantastico bestione!" rimò Hanamichi, facendo storcere a tutti i presenti il naso, per l’accenno al leone che gli ruggiva nel motore.

"Sto già deperendo… ho bisogno di Jun!" intervenne Takenori, massaggiandosi gli addominali.

"E’ il momento di fare i conti: devo ricordare a bocca di baci chi è che porta i pantaloni, in famiglia!" sibilò Minori, stringendosi, con mossa battagliera, il laccio che gli legava i capelli.

Kogure si voltò verso Hisashi, che ricambiò lo sguardo con un sorriso indecifrabile:

"Non pensavo che la proposta per recuperare i sei gattini smarriti sarebbe venuta proprio da te… non mi sembra poi tanto lontana dal mio ratto delle veghine… e poi, strappare dei ragazzi alle proprie famiglie! Tu, che hai la responsabilità di questa casa, fai queste proposte?" rispose nascondendo molto a stento il divertimento dietro l’ironia.

"Sturati le orecchie, testone, ho solo detto che ci devono parlare, che secondo me questa è una prova, non ho chiamato la seconda missione punitiva! E adesso… - e si rivolse ai ragazzi - …io vi preparerò un termos per il caffè, voi invece andate a tirare fuori la slitta: se non vi sbrigate, avranno troppo vantaggio!"

Hisashi entrò in casa con lui, appoggiandosi al piano della cucina mentre il quattr’occhi preparava il caffè:

"Non posso credere a quello che vedo: li stai istigando a contravvenire ai desideri che quei ragazzi hanno espresso consapevolmente e coscientemente! – scosse la testa – Dove è finito il mio Kimi-kun, così rispettoso della volontà altrui?"

Kogure non alzò nemmeno lo sguardo, si limitò a roteare gli occhi, mentre svitava il tappo del termos.

L’altro si allontanò dal piano, avvicinandosi lentamente, le spalle e la testa buttate all’indietro e le mani in tasca… ma proprio quando la vicinanza stava cominciando a rendere necessario l’utilizzo di un idrante, la porta della cucina fu spalancata da Shinichi e Minori:

"Caffè! Siamo pronti a partire!" esclamò il pelle-gialla, che dopo il veloce consulto con Milly era sempre più convinto della necessità della spedizione.

"Non abbiamo mica interrotto qualcosa… - aggiunse il codino - …nella situazione in cui siamo, sarebbe davvero di cattivo gusto dedicarvi a coccole e carezze!"

Kogure non rispose, si sistemò gli occhiali e porse il termos.

"E adesso sparite… e vedete di tornare vincitori" li congedò invece il fratello maggiore.

"Agli ordini, Peter Rey!" risposero gli altri, scattando sugli attenti.

Quando furono di nuovo soli, il quattr’occhi cominciò a fissare il compagno, finché questi non si trovò costretto a chiedergliene il motivo:

"Davvero vuoi farli andare da soli? – gli disse il quattr’occhi – Insomma, abbiamo seguito le loro vicende fin qui, adesso voglio sapere come va a finire!"

Hisashi sorrise:

"Non credevo che fossi così curioso… ma per il mio amore – e non era una parola che il ragazzo usasse spesso – questo ed altro! Andiamo nella rimessa, c’è la slitta più piccola!"

E così, afferrando i giacconi più pesanti, anche loro si misero sulle tracce dei sei fuggitivi.

Le due slitte della famiglia Mitsui correvano sulla neve, rischiando ad ogni metro di ribaltarsi, tale era la velocità con la quale si erano lanciate all’inseguimento degli altri ragazzi; eppure i minuti passavano, e della slitta che doveva averli preceduti non riuscivano a trovare alcuna traccia. Più volte si erano fermati, voltando i fari in modo da illuminare anche i prati coperti di neve che circondavano la pista battuta, ma non si vedeva nulla.

Dopo i primi momenti di sconcerto, era subentrata una certa preoccupazione: lì intorno c’erano diversi burroni… e se avessero perso la direzione e fossero finiti in uno di questi? A niente valevano le parole di Shinichi, che ricordava che la spedizione avanzava sotto la protezione del Principe delle Tenebre e di Piciù, ormai i fratelli Mitsui erano sempre più preoccupati.

"Hisashi – disse Takenori, avvicinandosi per l’ennesima volta alla slitta del fratello maggiore – Non riesco a capire dove possano essere finiti! Abbiamo superato il passo, e siamo quasi al limitare della città… dobbiamo averli superati…".

Effettivamente non c’era altra spiegazione, anche perché le luci che vedevano in lontananza indicavano che la carovana di salvataggio, quella che aveva fatto irruzione nella loro casa, stava ancora aspettando le pecorelle smarrite. E comunque, anche se non ci fosse stato questo, loro avevano corso così tanto, ed avevano mezzi di trasporto tanto più potenti, che non potevano non averli raggiunti.

"Non ci resta che tornare indietro, tenere gli occhi aperti, e cercare con attenzione in ogni anfratto…"

La voce preoccupata del ragazzo agitò Kogure, abituato in genere a vederlo sicuro di sé, mai spaventato di fronte a niente: si strinse nel giaccone e sotto la coperta di pelliccia, tremando per i brividi improvvisi.

Tornarono indietro, fermandosi ogni pochi metri per ispezionare il terreno. Più volte chiamarono ad alta voce, sperando che qualcuno rispondesse, ma quando si resero conto di essere ormai vicini al recinto della proprietà, non avevano trovato ancora nulla, neanche una traccia.

Lasciarono le slitte nella rimessa, e mestamente si avviarono verso casa, voltandosi continuamente indietro come se potesse esserci ancora la possibilità di vedere il mezzo con cui si erano allontanati i sei ragazzi sbucare all’improvviso da dietro una curva.

"Sicuramente avranno preso una strada diversa… ormai saranno sani e salvi con le loro famiglie" provò a dire Hisashi, ostentando un tono sicuro e tranquillo a cui non credeva nemmeno lui, ma nessuno gli rispose.

Entrarono in casa, l’unica luce ad illuminare il soggiorno era quella delle fiamme che ancora ardevano nel camino.

Mentre si toglievano mestamente i cappotti, lasciandoli appesi accanto alla porta, un ciocco cadde, facendoli sobbalzare:

"I sette fratelli Mitsui che hanno paura di poche scintille?"

I ragazzi rimasero impietriti… chi diavolo c’era nella stanza?! Ma prima che potessero raggiungere l’interruttore della luce, si levò la voce di Toru:

"Kenji… possibile? Sei tu?"

Si sentì una risata trattenuta, e finalmente Kogure riuscì a raggiungere la lampada sistemata nell’angolo vicino alla porta… il fascio di luce rese finalmente visibili i dettagli della sala: Kenji Fujima era rannicchiato sulla poltrona, la testa appoggiata ad una delle alette laterali, come se avesse tentato di assopirsi; Tsuyoshi Minami era seduto sul pavimento, la schiena contro il divano sul quale Kaede Rukawa stava dormendo tutto raggomitolato, nel vano tentativo di scaldarsi. Jun Uozumi era in piedi, appoggiato alla parete, mentre Hiroaki Koshino, sdraiato sul tappeto, giocava con Bigetto, cercando di difenderlo dai tentativi di Nobunaga Kiyota di applicargli la sua magia e farlo librare in volo.

"Ma… ma cosa ci fate qui?!" esclamarono i gemelli, in coro.

"Non capisco tanto stupore, NOI non ci siamo mai mossi!" rispose Minami, sollevando lo sguardo sul rossino, ed evitando accuratamente di guardare Minori.

"Eravate partiti con la slitta… vi abbiamo visti!" insistette Akira.

"Dice che ci hanno visti partire con la slitta…" ripeté Kiyota, voltandosi verso Uozumi.

"CI AVETE FATTO DANNARE!!! Pensavamo che vi fosse successo qualcosa!!!" esclamò Takenori, furente.

"Davvero?! Se da piccoli aveste letto il Manuale delle Giovani Marmotte, avreste capito che non eravamo andati molto lontano… si chiama ‘seguire le tracce’…" spiegò Koshino, con tono annoiato.

"Ci avete ingannati?" chiese Shinichi, al quale neanche l’evidenza dava un minimo di intuizione.

"Famiglia di do’aho" riassunse Rukawa, prima di risistemarsi e ricominciare a dormire.

Rimasero tutti in silenzio. Era evidente che i ragazzi avessero voluto vendicarsi, spaventandoli, ma adesso cosa si doveva fare? Kogure si voltò verso Hisashi…

"Beh, siete stati bravi… noi a cercarvi come deficienti, e voi a scaldarvi davanti al fuoco. Spero solo di non ritrovarmi domani i vostri genitori ad inondarci di nuovo la casa!" disse acidamente il maggiore dei fratelli Mitsui.

"No, non dovrebbe esserci questo rischio… perché credete che ci sia voluta un’ora di camera di consiglio, prima? Abbiamo dovuto convincerli… non è stato facile, ma chi non c’è riuscito con le buone, è riuscito a farsi ascoltare in altro modo…" e Fujima posò lo sguardo prima su Kiyota e poi su Minami.

"Vuol dire che adesso rimarrete qui per sempre?" chiese Akira, speranzoso.

"Sicuramente fino a domani, poi si vedrà" gli replicò acidamente Hiroaki.

"Kitsune! Perché non mi hai detto niente… ero così preoccupato, parlavi sempre di basket!"

Alla parola magica, il moretto sollevò la testa dal divano:

"E così sarà sempre, scimmia: preparati psicologicamente, perché non ho intenzione di rinunciare al mio sogno… tu ti allenerai e giocherai con me" sibilò con tono definitivo, prima di ributtarsi giù.

Hisashi storse il viso, ma una gomitata di Kogure lo convinse a non dire nulla… tutto sommato guadagnavano parecchie braccia, e ad occhio e croce quelle di Uozumi valevano davvero la pena, quindi, anche se Hanamichi fosse andato in città, la produzione della fattoria non ne avrebbe risentito. E poi durante le vacanze i due sarebbero sempre stati a disposizione, no?

"Ok, allora è tutto a posto, possiamo andare a dormire… - e il ragazzo cominciò a sbadigliare – Sono mesi che non dormo in un letto decente, credo di essermi meritato un po’ di riposo" quindi, afferrato il braccio del quattr’occhi, si avviò su per la scala.

"Cercate di dormire davvero, però!" li sfotté Toru, sorridendo.

"ECCO, NON FATE I CONIGLI FINO A DOMATTINA!!- esclamarono i gemelli in coro -Oppure siete per il recupero TUTTO IN UNA NOTTE??!!" e scoppiarono a ridere.

"NON E’ CHE TI SARAI SCORDATO COME SI FA?" aggiunse Akira, come sempre il più delicato.

"Ma no, è come andare in bicicletta…" li rassicurò Shinichi.

"E CHI E’ CHE SI SIEDE SULLA CANNA?" si informò Takenori.

Stupiti di non sentire reazioni, i fratelli ammutolirono, drizzando le orecchie. Proprio quando ormai non lo speravano più, arrivò la replica di Hisashi:

"BASTARDI e INFANTILI! Altro che Gundam…" furono le sue parole, esclamate con rabbia prima di far sbattere la porta sulle loro risate.

I sei fratelli continuarono a sghignazzare, ma presto nella stanza scese il silenzio… i ragazzi erano rimasti con loro, eppure si trovavano un po’ in imbarazzo a ritornare nella situazione dalla quale l’arrivo dei genitori li aveva distolti.

Fu Minori a prendere coraggio:

"Ehi, bocca di baci, hai deciso di rimanere spalmato sul pavimento tutta la notte? Andiamo a dormire" e si chinò per afferrare il polso del compagno e costringerlo ad alzarsi; poi, con il solito sorriso sarcastico si rivolse agli altri "Voi rimanete pure a raccontarvi le favole!" e si diresse per le scale, deciso ad approfittare del vecchio divano, strategicamente sistemato in soffitta.

"Idiota!" sbottò Hanamichi, stupendosi ancora una volta di come il linguaggio della sua kitsune gli fosse ormai entrato nella pelle… pelle chiara, liscia, morbida come quella del suo amore…

"Kaede… è ora di fare la nanna, domani dobbiamo allenarci…- inutile fargli rimarcare che Rukawa stava già dormendo – Non fare il ghiretto, dai!" e gli passò un braccio intorno alle spalle e l’altro sotto le ginocchia.

"Lasciami!" gli sibilò il compagno, che non amava molto essere trattato come un pacco postale.

"Non se ne parla… - poi, rivolto ai fratelli – NOI andiamo nella stanza da letto, vedete un po’ cosa potete fare!" e se ne andò anche lui.

Shinichi sbadigliò platealmente, poi si chinò sul suo Nobu-kun:

"Dobbiamo tranquillizzare Milly; quando le ho detto che eri andato via, ha cominciato a scalciare e a muggire disperata… se non vogliamo che domani faccia solo mezzo secchio, dobbiamo salutarla" comunicò, convinto.

"Hn, però Piciù verrà con noi!"

Il pelle-gialla annuì: non che impazzisse per i rapporti a tre, ma Piciù in genere non aveva molte pretese.

Coprendosi con i cappotti, i due ragazzi si immersero di nuovo nel freddo di quella nottata di inizio marzo.

"Beh, anch’io comincio ad avere sonno…" esclamò Akira, sorridendo e domandandosi contemporaneamente se le ciocchette, dopo quella giornata turbolenta, fossero ancora all’altezza della loro fama.

Sentì due ringhi provenire dalla sua sinistra, e allungò un braccio per carezzare le due testoline del suo amore e della loro creaturina:

"Che ne dite di rifornirci di latte e crocc… e biscotti, e poi ritirarci nella cuccia?!"

Ancora rumori sospetti dai famigliari, ma lui sembrava dar loro molto poco peso; del resto il motto della famiglia Mitsui era che l’uomo è uomo, deve essere la guida, indipendentemente dall’emotività dei propri protetti. E così i tre, con Bigetto tra le braccia di Koshino, se ne andarono in cantina, a continuare vecchi discorsi sulla branda del quadrupede.

"Ehm… beh, Jun… io credo che anche noi meritiamo un po’ di riposo…" Takenori pronunciò queste parole senza guardare il compagno, improvvisamente vergognoso.

"Sì, penso anch’io" gli rispose Uozumi, staccandosi dal muro.

Il problema era trovare un posto libero, però…

"Lo studio – suggerì Fujima, impietosito, mentre Toru riusciva a stento a trattenere un sorriso - C’è anche il divano, è abbastanza comodo…" spiegò, con finta noncuranza.

"Sperimentato direttamente?" si informò il cuoco, incuriosito.

"Diciamo che siamo sicuri vi sarà utile…" rispose il quattr’occhi, passando il braccio intorno alle spalle del ragazzo più basso.

"Beh, grazie! E buonanotte…"

E così anche i passi dei due gorilla risuonarono sulle scale.

Fujima e Toru, rimasti soli, si guardarono di sottecchi: e dove diavolo sarebbero andati loro, adesso? Tutti i posti erano già stati occupati.

Kenji si appoggiò sulla spalla del compagno, voltando poi la testa in modo da guardarlo in viso. Vedendo dipinta l’incertezza nei tratti di Toru, si sporse per baciarlo e gli sussurrò:

"Credo proprio che non ci sia un posto per noi… hanno preso tutto!" mormorò sorridendo, e sperando che l’altro cogliesse.

"Già… non possiamo spostarci. E non è un peccato, questo divano è comodo, non credi?" gli replicò l’altro, accarezzandogli i capelli.

Mentre le fiamme cominciavano ad affievolirsi, i due si stesero, afferrando una coperta per coprirsi… caso mai a qualcuno venisse voglia di un bicchiere d’acqua durante la notte.

 

Intanto, nella camera da letto di Hisashi e Kogure, le manovre erano ancora ferme alla fase uno.

Dopo tanto tempo, Hisashi poteva finalmente riprendere possesso di un materasso normale, ma non era questo a riempire i suoi pensieri… era passato molto tempo anche da qualche altra cosa.

Si voltò per l’ennesima volta verso la porta che conduceva al piccolo bagno; Kiminobu era scomparso lì dentro almeno venti minuti prima, e ancora non era riemerso.

Lui aveva fatto in tempo a spogliarsi, a fare i soliti 102 addominali, ad affacciarsi alla finestra per osservare quei dementi di Shinichi e Kiyota avanzare verso le stalle, e a sorridere divertito al pensiero dell’esibizione della quale Milly, Bucaneve, Apu, Piggy e tutti gli altri sarebbero presto stati spettatori… sperava solo che le bestie non ne venissero traumatizzate al punto di compromettere la loro produttività.

Sicuramente, al loro posto, lui non si sarebbe più ripreso.

Scosse la testa, cercando di scacciare il pensiero di quello che sarebbe successo, e tornò a guardare la lama di luce che filtrava da sotto la porta dietro la quale si era nascosto il suo Kimi-kun… Oddio, era vero che era passato del tempo, ma ancora era così timido e pudibondo? Evidentemente dovevano lavorare ancora un po’, da questo punto di vista! Insomma, quand’è che sarebbe tornato a casa e avrebbe trovato il suo ragazzo ad aspettarlo sul letto vestito solo di petali di rosa? Cercando di immaginare la scena, decise che forse così era troppo romantica… vestito solo di un paio di scarpe con i tacchi a spillo faceva tutto un altro effetto!

Improvvisamente la porta si aprì…

Ecco, si sarebbe accontentato anche di qualcosa di più normale, per esempio di orecchie da coniglietto, oppure di un banale completino di cuoio, ma… ma il pigiamino con le giraffine NOOOOOO!!!!

"Ti piace? Mi sono accorto che su al rifugio non avevi portato quello che ti avevo regalato, quello con i leoncini, e ho pensato che ne sentissi la mancanza…" e Kogure, con mossa fulminea, tirò fuori la maglietta di felpa con il re della savana, sicuro che sarebbe stata perfetta sopra i pantaloni neri che l’altro aveva indossato per dormire.

Lui sorrise, prendendola e spedendola immediatamente in fondo al letto:

"Non credo di averne bisogno in questo momento… mi sento tutto un fuoco!" aggiunse allusivo.

"C’è troppa legna nel camino? Vuoi che lo spengiamo?" gli rispose subito il compagno, apprensivo.

"Non è quello il ‘calore’ di cui parlo…"

Oooh! Finalmente l’altro sembrava aver capito, e infatti arrossì leggermente:

"Pensavo che avessi sonno…" mormorò.

"Anche…" e Hisashi sollevò una mano a sfilargli gli occhiali.

"Ma gli altri potrebbero… ah! – esclamò il quattr’occhi, quando l’altra mano del compagno gli si intrufolò sotto la maglietta – …sentirci…" concluse a fatica.

"Credo che siano presi da altre faccende, in questo momento".

Kogure decise di credergli, e si lasciò attirare nel suo abbraccio senza opporre altra resistenza.

Ad un certo punto, Hisashi si allontanò per spengere la luce: nella stanza non rimaneva che il bagliore tremolante della legna che ardeva nel camino, ma purtroppo era ancora più che sufficiente per distinguere il sorriso rilassato delle giraffine.

"E’ davvero bello questo nuovo pigiama – mormorò, osservando con il sopracciglio sollevato le bestiacce immonde disegnate sulla maglietta – però, per quanto addosso a te sia perfetto, sono sicuro che ti donerebbe molto di più stando sul pavimento…" mormorò, prima di tornare con le labbra sul collo del quattr’occhi.

Finalmente liberi da quella presenza ingombrante, i due si ritrovarono sul letto, pronti a recuperare, come avevano suggerito i gemelli, il tempo perduto.

Hisashi, appoggiato su un fianco, cominciò a massaggiare con la mano la spalla del quattr’occhi, scendendo lentamente sul petto, fermandosi con più insistenza sul suo stomaco.

"Hi… Hisashi…" mormorò Kogure, cercando di trattenere il respiro.

Lui si chinò a baciarlo:

"Tutta colpa delle giraffe…" gli alitò nell’orecchio.

Al suo Kimi-kun sfuggì una risata:

"Non sapevo fossero afrodisiache…"

Afrochè? Meglio non indagare… anche se sapere che il compagno conosceva giochetti che lui ignorava lo metteva un po’ a disagio… ma avrebbe recuperato!

Rapidamente la situazione sfuggì di mano, e presto il maggiore dei Mitsui si ritrovò avvinto dalle braccine affettuose del suo amore, e con le bocche incollate, come a rendere tardiva giustizia alla terza lezione del Piccolo Chirurgo: ‘la scoperta del cavo orale’. Hisashi, però, si sentiva un esploratore avventuroso, quella sera, e molto presto il loro legame divenne infinitamente più intimo…

"Amore… sei stato una bestia!" gli disse Kogure, quando finalmente non gli fu rimasta neanche una goccia di energia, e lui sorrise orgoglioso: da quel punto di vista, sapeva di non dover temere rivali.

Si chinò per riportare indietro i capelli scompigliati del suo cucciolo, quando un rumore improvviso, proveniente dalla stanza di sopra, lo fece scattare a sedere:

"Che è stato?" esclamò.

"Il rumore viene dallo studio…" gli rispose il quattr’occhi… prima che gli fosse evidente che ‘qualcuno’ doveva aver usato la stanza sopra la loro non per cadere tra le braccia di Morfeo, ma per sperimentare cose molto più interessanti tra quelle di qualcun altro.

Un altro tonfo… rumore di cedimento di legno, e infine un crack pauroso.

"Ma chi sono?" chiese Hisashi, con espressione tra lo sconvolto e il disgustato. E’ vero, anche loro avevano sfondato il letto, ma il divano dello studio era super rinforzato! E improvvisamente una fiammella si accese nel suo cervello… NO! Tutto, ma non i due gorilla!!!

"TAKE-CHAN… SEI UN CATERPILLAR!!!" sentirono finalmente ‘mormorare’ dalla voce di Uozumi, pronto a fugare i loro ultimi dubbi.

"Noooo!! Non voglio sapere!!! – Hisashi cominciò a saltellare con le dita nelle orecchie – E’ orribile, i due Gorilla che lo facevano… SOPRA DI NOI!!!!" urlò, disgustato.

"Ma dai, non fare così… di cosa ti sconvolgi? E poi mica lo facevano davanti a te…"

Sì, ci sarebbe mancato solo quello, che lo facessero sopra era già abbastanza terrificante!

"Preferisci immaginare Shinichi e Kiyota?" e Kogure scosse la testa per allontanare quell’immagine che lui stesso aveva creato.

"Principe Kiyota, oooohhh… due secchi ne hai fatti!" mormorò Hisashi, imitando la voce arrochita dalla passione del fratello pelle-gialla.

Il compagno ci mise qualche secondo per comprendere il senso di quella battuta, ma quando capì, non poté che reagire violentemente, pur trattenendo a stento il sorriso; lo spinse fuori dal letto, e poi gli diede una cuscinata in testa:

"Sei peggio di Piggy, Hisashi Mitsui!!"

L’altro gli rispose con un sorrisetto malizioso:

"…ma sono sicuro che troverai tanti modi interessanti per punirmi…"

 

Sette Basketmen per Sette Fratelli – The End

 

PS Complimenti a quanti sono arrivati fino alla fine di questa fic... vi dico solo che in word superava le 200 pagine! Spero che abbia raggiunto lo scopo primario, quello di strappare almeno un sorriso...





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