Fic interamente
dedicata e concepita per Ria, per festeggiare il suo compleanno, ma
soprattutto per ringraziarla dell’allegria e dell’ottimismo che ci
trasmette. Ho impiegato più del previsto a scriverla e so di essere
colpevolmente in ritardo, però le buone intenzioni c’erano… è mancato il
tempo!
Tanti auguri, webmom!!
Un baciotto e un
ringraziamento a Nausicaa e Calipso, come sempre indispensabili per il
sostegno e l’aiuto che mi danno.
Un saluto particolare
anche a Angie, Kira e Fra-chan, e a chiunque riterrà di aver passato dei
minuti piacevoli leggendo questa storia.
I personaggi di SD non
sono miei, così come non è mio il soggetto del film ‘Sette spose per sette
fratelli’, che, pur completamente stravolto, mi è stato di ispirazione.
Ultima cosa: a me
piacciono tutti i personaggi di Slam Dunk, senza anche uno solo di loro
questo manga bellissimo non sarebbe lo stesso. Se mi sono lasciata
trasportare dall’ironia, nel descriverne alcuni, l’ho fatto con affetto.
Buona Lettura.
7 Basketmen
for 7 Brothers
parte III - Caccia al Basketman
di Greta
Quando arrivarono a
casa, Kogure scaricò il furgone in silenzio. Ancora non poteva credere
che, lasciati soli per pochi minuti, quei sei fossero riusciti a scatenare
una rissa coinvolgendo buona parte della popolazione maschile di Kanagawa.
Scosse la testa,
afferrando l’ennesima busta, e mantenne puntigliosamente lo sguardo basso e
la fronte corrugata per evitare gli occhi colpevoli dei fratelli Mitsui: a
cosa serviva il loro pentimento se poi era certo che, messi nella stessa
situazione, si sarebbero comportati esattamente nello stesso modo?
Quando Hisashi rientrò in
casa, terminato il lavoro alla segheria, gli bastò uno sguardo per capire
che qualcosa, nella gita in città, doveva essere andato storto; si avvicinò
a Kogure, e, nonostante il chiaro tentativo del ragazzo di divincolarsi, lo
abbracciò stretto:
“Qualcosa che non va?”
gli chiese, cercando di non essere brusco come al solito.
Il quattr’occhi scosse la
testa, liberandosi dalla sua presa e ricominciando a sistemare le provviste
negli scaffali.
Non era il caso di
insistere, Hisashi lo aveva compreso perfettamente. Lo sfiorò con una
carezza delicata sul viso, e poi lasciò la cucina, deciso a capire qualcosa
di più su ciò che doveva essere accaduto durante il viaggio.
Trovò i fratelli
variamente sistemati nel soggiorno, chi abbandonato sul divano, chi sul
pavimento, Shinichi in posa meditativa davanti al camino spento.
“CHE DIAVOLO AVETE
COMBINATO, RAZZA DI SCIMMIE DEFICIENTI!!” chiese gentilmente.
Qualcosa non andava,
perché gli sguardi un po’ persi che sentì su di sé non erano tipici della
balordaggine familiare.
“TAKENORI! – urlò,
cercando di nascondere lo stupore che aveva preso il posto della rabbia –
Voglio sapere perché sembrate degli zombie con due di pressione e perché
Kimi-kun è arrabbiato… e vedi di darmi una risposta degna di questo nome, o
stasera dormirete tutti nella stalla!” minacciò, pur sapendo che una
eventuale sistemazione con gli animali non sarebbe poi stata tanto diversa
dalla loro stanza.
Il gorilla sollevò uno
sguardo stanco sul fratello maggiore:
“C’è stata una rissa… -
cominciò, e fin qui non aveva aggiunto niente che non fosse già noto solo
guardando in viso i fratelli Mitsui – Kogure-san non l’ha presa bene”.
“Noi eravamo dalla parte
della ragione!” aggiunse Akira, riuscendo anche a sfoderare un sorriso,
sebbene meno solare del solito: appena dodici denti.
“Beh?! E gliele avete
date a quei damerini di città?” li spronò Hisashi.
“Certo che sì” lo
confortò Shinichi, sebbene con poco entusiasmo.
“E allora che problema
c’è?! E io che pensavo che la famiglia Mitsui non si fosse fatta valere…
bravi ragazzi, facciamo una bella bevuta a questa vittoria!”
“HISASHI MITSUI!!”
Il ragazzo si voltò
lentamente. La voce del suo Kimi-kun non sembrava esattamente carica
d’affetto…
“Sì?!” provò a
rispondere, tentando di ignorare la non troppo vaga sensazione che si stesse
per scatenare una tempesta.
“Non ti ci mettere anche
tu! Come ti viene in mente di sostenere il loro comportamento
irresponsabile?! Ti rendi conto che hanno partecipato ad una rissa
pubblica?”
Hisashi tentò di
mantenere una espressione seria e compresa, però… non riusciva assolutamente
a capire cosa ci fosse di male nella dimostrazione di forza e virilità che
il parentado aveva mostrato sulla pubblica via. Era sempre un bene
dimostrare chi era il più forte, una lezione imparata dai galli del pollaio
sin dalla più tenera età.
“E poi non vedi come sono
ridotti?! – proseguì il suo Kimi-kun, evidentemente in preda ad un attacco
d’ansia – Tutti feriti e pieni di lividi. Hanno cercato di adescare delle
ragazze… - voltò lo sguardo arrabbiato sui sei reprobi – e le hanno
sconvolte!”
“Non tutti sanno
apprezzare il fascino dell’uomo virile… - poi Mitsui, ostentando noncuranza
osservandosi le unghie, aggiunse – E non tutti hanno la mia tecnica!”
Un momento di silenzio, e
poi ancora la voce di Kogure, tesa e carica di rabbia:
“Hai ragione, e non tutti
si lasciano rimorchiare con la stessa facilità che io ho permesso a te”.
Hisashi tossicchiò,
vittima di un improvviso attacco di raucedine, poi decise di lasciare la
stanza, sfiorando leggermente la mano del compagno nell’allontanarsi.
“Ci dispiace, Kogure -
san…” mormorò Takenori, come se non riuscisse ad aggiungere altro.
Il quattr’occhi scosse la
testa, sedendosi poi su una poltrona:
“Vi rendete conto che
avete sbagliato tutto? Non si avvicina così una ragazza…” mormorò, cercando
di ritrovare l’usuale tranquillità.
“Veramente era la scimmia
rossa che stava tentando l’approccio…” replicò il gorilla.
“Vuoi dire che tu non hai
problemi, in materia?” insistette Kogure, seriamente.
“Beh… io ho conosciuto
una persona, oggi. E…”
“E’ andato tutto bene?”
“Ecco… ci ho fatto a
pugni!”
“IL GORILLA CHE FA A
PUGNI CON LA GORILLESSA!!!!” urlò Hanamichi, riprendendo improvvisamente
vigore.
“Ma non stava facendo a
pugni con una ragazza…” intervenne Akira, corrugando la fronte.
“Già, combatteva contro
una specie di bisonte! – lo sostenne Minori – Una coppia fantastica: il
Gorilla e il Bisonte!!”.
“DUE UOMINI?!” cercò di
raccapezzarsi la scimmia rossa, meritandosi un’occhiataccia dal gemello.
“Io non ci trovo nulla di
strano…” mormorò Toru.
“In effetti, anche
Pallino ci provava sempre con l’Uomo Ragno” convenne Shinichi, ricordando le
gesta dei gatti di famiglia.
“Peccato che poi si è
scoperto che l’Uomo Ragno era in realtà una Donna Ragno!” lo redarguì subito
il codino.
“Uomo di nome… non di
fatto!” fu l’esilarante battuta del rossino.
“E comunque almeno io ho
trovato qualcuno, voi siete sempre la solita banda di sfigati!!!” tuonò
Takenori.
“Beh, veramente anch’io
ho trovato qualcuno…” e Akira non continuò, passandosi invece le dita in
mezzo alle spine dure che gli ornavano la testa, per rimettere a posto i tre
peli sfuggiti alla cura.
“Oh, oohh… un porcospino
in amore! E chi sarebbe la fortunata?” lo prese in giro Minori.
“Veramente… diciamo che
ho il problema di Pallino…” mormorò il ragazzo, arrossendo leggermente.
“Cioè… ti sei preso una
sbandata per un tipo che si è rivelato essere una tipa?!” cercò di
ricapitolare Hanamichi.
“PROPRIO NON CAPITE
NIENTE, EH?! Ho conosciuto un ragazzo…”
“Bello?” chiese Takenori.
Non che avesse mai considerato la bellezza importante, era pura curiosità.
“Normale…”
“Simpatico?” insistette
Toru.
“Beh, un po’ scorbutico…”
“Intelligente?” provò
Shinichi, non volendo rivali in quello che considerava il proprio punto di
forza.
“Insomma…”
“E allora come ha fatto a
piacerti?! SEMBRA UNA PIATTOLA!” sintetizzò Hanamichi, per tutti.
“Ma cosa dici? –
intervenne Kogure – ci sono tante altre cose che fanno innamorare…”.
“Già… e alcune sono molto
misteriose! Chissà cosa avrai visto tu in Hisashi!” gli replicò pronto
Takenori.
“Probabilmente qualcosa
che sta ancora cercando!!” scoppiò a ridere Minori, tenendosi la pancia.
“In ogni caso, Koshino è
la persona per me! Ci siamo conosciuti al negozio di animali…” riprese Akira,
desideroso di spiegare la situazione.
“Volevo ben dire!” lo
interruppe il gemello rosso, cercando di mantenersi serio.
“Idiota! Comunque è… è…
ecco, è Koshino!”
“Al cuore non si
comanda…” mormorò Shinichi, masticando un cioccolatino e leggendo,
contemporaneamente, la frase scritta sull’involucro.
“Parole sante!” concluse
Takenori, causando qualche istante di silenzio, per riflettere sulla
profondità di ciò che si erano detti.
“E tu, pelle-gialla,
nessuna conquista, in città? Milly rimane l’unica padrona del tuo cuore?”
Minori sfotté il fratello più grande.
“Ho conosciuto un ragazzo
meraviglioso…” rispose l’altro, infilandosi un secondo cioccolatino in
bocca.
“Ho la vaga sensazione
che non diventerò mai zio” mormorò Kogure, scoraggiato.
“E’ un campione di
basket, ha i capelli lunghi, gli occhi scuri, ed è così acuto e
intelligente…” continuò Shinichi.
A quel punto, il quattr’occhi
lo guardò per qualche secondo, come se stesse cercando di ricordare
qualcosa:
“Ma non starai parlando
di Nobunaga Kiyota?!” chiese.
“Sì, Nobu-kun…” rispose
l’altro, in estasi.
“Fa parte della squadra
di basket universitaria. Me lo ricordo bene, sono stato il vice-capitano,
durante gli studi. Già, il capitano era Jun Uozumi – si fermò
improvvisamente, portando lo sguardo su Takenori – JUN UOZUMI!!! Il ragazzo
con cui stavi combattendo… il TUO Jun!”.
“Un campione di basket…”
mormorò il gorilla “Cuoco e campione: binomio perfetto!”
Due cuori pulsanti
avevano preso nei suoi occhi il posto delle iridi.
“E anche Koshino… lui
giocava da ala piccola, non un fulmine di guerra, ma un buon panchinaro…”
“LO SAPEVO CHE AKIRA SI
SAREBBE RACCATTATO UNO SCARTO!!!” urlarono i gemelli in coro, dandosi sonore
pacche sulle spalle per l’acutezza dell’osservazione.
“Koshino non è uno
scarto! – saltò su il porcospino – E’ un ragazzo gent… no; è un ragazzo
bellis… no; è un ragazzo simp… no; è un ragazzo… come dire…”
“E’ un ragazzo” tirò le
somme per lui Toru.
“A proposito, fratellone,
chi era quel damerino che stava vicino a noi quando abbiamo avuto lo scambio
di idee, giù in città?” si intromise Minori.
Toru non rispose
immediatamente, qualcosa di simile ad un lampo di tristezza gli aveva
attraversato lo sguardo. Poi però sorrise gentilmente e rispose con
serenità:
“Un ragazzo che ho
incontrato in libreria. Studia veterinaria”.
Un lungo fischio di
ammirazione, e poi Hanamichi insistette:
“Anche tu ti sei
innamorato? Non è il ragazzo più bello che abbia visto – e qui il rossino
avvampò, notando il sopracciglio sollevato del gemello – ma devo dire che
hai buon gusto!”
“Peccato che sia finita
prima di nascere. Non credo di aver dato una grande prova di me, coinvolto
in una rissa con degli sconosciuti” spiegò Toru, sfilandosi gli occhiali, e
massaggiandosi lentamente il naso.
“Se non è in grado di
apprezzare il fascino di un combattimento virile, vuol dire che non fa per
la nostra vita” cercò di consolarlo Takenori.
“Se non ti ama, vuol dire
che non ti merita” aggiunse Akira, definitivo.
Toru era sempre stato una
guida per tutti loro, ed era quello per cui tutti avrebbero desiderato una
felicità perfetta.
“Kenji Fujima non è uno
sciocco. Sicuramente non è tipo da apprezzare uno spettacolo come quello che
avete animato stamattina, ma non si ferma alle apparenze. Per aver accettato
di fare una passeggiata con te, vuol dire che gli hai fatto un’ottima
impressione” mormorò Kogure, attirandosi gli sguardi sorpresi dei fratelli
Mitsui.
“Vuol dire che tu lo
conosci?!” gli chiese l’altro quattr’occhi.
“Fujima, dopo essere
stato capitano e campione della squadra del suo liceo, è stato il playmaker
della squadra universitaria, il famoso allenatore sul campo. Ci sono pochi
giocatori come lui, e poi è un ottimo studente, un ragazzo simpatico,
gentile, anche se riservato” gli rispose Kiminobu.
“Cavolo, dovevamo
incontrarla prima questa squadra di basket! Mi sembra la miniera di
Aladino!” mormorò Akira.
“Sì, e il genio usciva
dalla pala…” lo prese in giro Minori.
L’altro neanche notò la
sfumatura, ma si rivolse ad entrambi i gemelli:
“E voi? Vi siete
raccattati quelle ragazze, vero?!”
Un minuto di silenzio.
Stava parlando delle tre ragane?!
“Quelle scorfane non
fanno per me. Direi che, continuando la sana abitudine di famiglia, io ero
più orientato verso il ragazzo con cui ho fatto a pugni: Minami” rivelò
tranquillamente Minori, senza però risparmiarsi un’occhiata ironica verso il
gemello, che era rimasto in silenzio, in chiaro imbarazzo.
Ma non durò molto… e
infatti Hanamichi urlò:
“L’ORRIDO CALIMERO!!!! E’
molto più bella la mia Kitsune!!”
“Kitsune? Secondo te la
tipa che volevi rimorchiare somigliava ad una volpe?” gli chiese Shinichi,
evidentemente sconcertato.
“Che c’entra quella?! Io
sto parlando della MIA kitsune!” fu l’oscura replica del rossino.
“Minori, spiegaci cosa
sta dicendo” si intromise Takenori, sicuro che in questo modo avrebbero
compreso la vicenda.
Dopo uno sguardo al
gemello, e aver ricevuto l’autorizzazione a parlare, il codino spiegò che la
Kitsune in questione era il ragazzo con cui Hanamichi si era picchiato.
“Quella signorina?!”
chiese Shinichi, orgoglioso che il suo Nobunaga sfoderasse tutt’altra
virilità.
“Come osi?! TU NON
CAPISCI NIENTE! Pure una formica rifiuterebbe un cervello come il tuo!”
sbottò il rossino, pronto a difendere il suo amore da ogni attacco.
“Beh, se ho capito di chi
si parla, devo dire che il poppante ha un certo buon gusto!” gli disse
invece Takenori, strizzandogli un occhio.
Oddio: un gorilla che
faceva l’occhiolino… inquietante!
“Se fanno parte anche
loro della squadra di basket, sono pronto a…” e Akira si fece ruotare
intorno al dito il coltellino multifunzione, cercando un’adeguata punizione
da auto-infliggersi.
“NO!! Non accorciare il
tuo Bobby… già soffre di nanismo!” lo fermò Minori, portando gli occhi al
soffitto e poggiandosi una mano sul cuore.
“Ragazzi! Comportatevi da
gentiluomini!” si mise subito in mezzo Kogure, sentendo immediatamente odore
di rissa, ma cercando contemporaneamente di mantenersi serio… anche di
fronte all’espressione esterrefatta di Akira, visibilmente attonito per le
parole irriguardose del fratello.
“In ogni caso – proseguì
quando fu certo che i due non sarebbero arrivati alle mani – i due ragazzi
di cui stavate parlando sono Tsuyoshi Minami e Kaede Rukawa…”
“Ha pure il nome da
donna!” intervenne Shinichi, evidenziando ancora una volta come l’aspetto
del ragazzo di Hanamichi lo aveva colpito indelebilmente.
“Rukawa, dal primo anno,
era l’ala piccola della squadra. E’ un vero campione, l’asso del team
universitario, titolare già dalla partita d’esordio. Poi è diventato
playmaker, dividendosi il ruolo con Fujima” spiegò ancora il quattr’occhi,
cercando di ignorare le parole di Shinichi.
“VUOI DIRE CHE KOSHINO E’
LA RISERVA DELLA MIA KITSUNE?!” e il rossino scoppiò in una risata
irrefrenabile.
“Taci, deficiente!” lo
redarguì Takenori, dandogli un pugno sulla testa.
“Koshino non è una
riserva, è un ragazzo così… amabile?” provò Akira, che trovandosi però di
fronte a sei teste che si scuotevano forsennatamente, capì che ancora una
volta non aveva trovato l’aggettivo adatto per descrivere il suo amore.
“E Minami? E’ bravo?”
chiese Minori, fingendo noncuranza.
“Molto, soprattutto
quando evita di prendere a gomitate gli avversari. Lo chiamavano ‘Ace
Killer’; anche Rukawa ne ha fatte le spese, una volta, poi però sono
diventati amici”.
“Lo sapevo! Un ragazzo
ruspante… quello che ci vuole per me! Sarà divertente fargli capire chi è il
più forte!” considerò il codino con grande soddisfazione.
“Grazie, Minori, ma i
vostri particolari intimi ce li risparmiamo volentieri…” lo prese in giro
Takenori.
“Tu spero che ci
racconterai i tuoi, invece… potremmo usarli per un film dell’orrore!” fu la
pronta, e sfacciata, replica del gemello bruno.
“BASTA!” si mise di nuovo
in mezzo Kogure “Se continuate a comportarvi in questo modo, non riuscirete
mai a conquistarli!”
“Perché, secondo te
sbagliamo qualcosa?” chiese Shinichi.
“Non basta afferrarli,
sbatterli su un letto e…” Hanamichi lasciò all’altrui immaginazione il
seguito.
“Mica dovremo esibirci in
svenevolezze!” rincarò Takenori.
“L’uomo deve essere uomo:
fatti, non parole!” stigmatizzò Minori.
“Siete veramente dei
cavernicoli! Non si corteggia così una… un ragazzo! Si deve essere gentili,
delicati… bisogna cercare di far capire i propri sentimenti, conquistarne la
fiducia poco a poco” cominciò Kogure, sognante.
“CHECCOSA??!!! Mica
starai blaterando di fiori, cioccolatini e robaccia simile?!” lo bloccò un
Hanamichi disgustato. Veramente alla Kitsune sarebbe piaciuto un cespo di
verdura? No, non era possibile…
“Perché no? – si riprese
il quattr’occhi, cercando di incenerirlo con lo sguardo – pensi che basti
schioccare le dita?”
“Beh, più o meno l’idea
era questa…” annuì un Minori cogitabondo.
“E invece non è così, non
state radunando le pecore, state cercando di rivelare qualcosa di voi
stessi, i vostri pregi, nel cercare di conquistare un’altra persona: voi
accorrereste ad uno schiocco di dita?”
“Che c’entra questo: noi
siamo i conquistatori… ‘loro’ devono cedere!” chiarì Akira, sorridendo
soddisfatto.
“Ok, non uno schiocco di
dita, ma non credo che i fiori…” mormorò Toru, davanti al quale si
materializzò l’immagine di un Fujima nascosto dietro un enorme mazzo di rose
rosse.
“Io non sto dicendo che
dobbiate stendere tappeti di petali di rose al loro passaggio, ma solo che
dovete essere gentili. Per esempio, Takenori, quale sarebbe il tuo approccio
con Uozumi?” provò a convincerli Kogure, tentando di conquistarsi l’aiuto
del gorilla.
“Beh… ecco…” cominciò
quello, arrossendo.
“Allora?!” lo tampinarono
in coro tutti i fratelli.
“Allora… io, per
cominciare, gli direi: ‘Hai un mestolo d’oro, Jun’!”
MESTOLO… D’ORO?!
“A cosa… stai alludendo,
Takenori-chan?” Oddio, tutto purché non fosse quello!!!
“Lui è un cuoco, penso
che apprezzare la sua cucina sia il metodo migliore per conquistarlo!”
spiegò il secondogenito della famiglia Mitsui, contento di essersi tolto
d’impaccio con la solita brillantezza.
Ok, per fortuna una
spiegazione innocua, però ancora non andava bene.
Kogure si alzò in piedi,
avvicinandosi a Shinichi:
“Fai finta che io sia
Nobunaga Kiyota… - a parte quello di Shinichi, gli altri visi mostrarono
espressioni orripilate – Cosa faresti per conquistarlo?”
Quasi non riuscì a
terminare la frase, che si ritrovò sbattuto sul divano, il viso affondato
nei cuscini e una presa ferma sulla nuca per immobilizzarlo.
“LASCIAMI!! Che diavolo
stai facendo?! Non sono un capretto!”
L’altro lo lasciò,
permettendogli di voltarsi:
“Perché? Cosa c’è che non
va?!” chiese stupito.
“Sei un animale!” gli
chiarì il concetto Hanamichi.
“Non farci caso,
Kimi-chan: lui non ha mai fatto molta pratica!” infierì Minori.
“Pallino e l’Uomo Ragno
facevano così!” si giustificò il pelle-gialla.
“Shinichi… non sempre
l’uomo deve prendere esempio dalle bestie” provò a spiegargli gentilmente
Toru.
“Però l’uomo deriva dalla
scimmia, no?” intervenne Akira, cercando di soccorrere il fratello.
No, decisamente le cose
non andavano!
“E tu Akira? Come
agiresti con Koshino?”
Poteva essere una buona
mossa, magari avrebbe risposto ‘con un sorriso gentile’…
“Premetto che il metodo
di Shin-kun non mi dispiace; comunque, per far comprendere la tenacia
dei miei sentimenti, credo che regalerei al mio Koshino una confezione
gigante di gel per capelli: così capirebbe che voglio vivere tutta la mia
vita appiccicato a lui!”
“Uniti per i capelli fino
alla morte…” notò Minori sarcastico.
“Uh… una fantastica
definizione, grazie Min-kun!”
Ok, altro fallimento!
“Immagino che tu,
Hanamichi, abbia un’idea molto più romantica per la tua Kitsune…” tentò di
nuovo Kogure, speranzoso.
“Una testata, se non si
decide ad accettare la prepotenza dei miei sentimenti!! Una testata leggera,
solo per fargli capire che mi appartiene… non vorrei certo fargli troppo
male!”
“Però lui ti ha fatto
uscire il sangue dal naso… forse dovresti mettere in chiaro chi è che
comanda!” gli fece notare Takenori.
“Non ti converrebbe
tentare qualcosa di più… ‘lieve’? Potresti proporgli di fare una passeggiata
nel parco, magari offrirgli un gelato! E poi ricordati, lui è un asso del
basket della prefettura, potresti giocare una partita con lui” suggerì il
quattr’occhi, sedendosi sul divano, non riuscendo più a sostenere neanche
fisicamente le tecniche infallibili della famiglia Mitsui.
“Con Minami, so che ci
comprenderemmo al primo sguardo: Ace Killer lo chiamavano? Beh, sarebbe
stimolante una sfida a due, sono sicuro che lui finirebbe al tappeto!” e
sulle labbra di Minori rimase un sorrisetto hentai, che gli meritò fischi e
prese in giro da parte dei fratelli.
“Il posto giusto del tuo
Calimero è insieme alle galline… bipede col becco!” fu il commento acido di
Hanamichi. Il rapporto tra i gemelli li rendeva anche benevolmente gelosi
uno dell’altro “E poi stesse lontano dal mio Kaede, non mi piace che gli
stia così incollato!”
“Toru… almeno tu!”
implorò Kogure, ormai allo stremo delle forze.
Il ragazzo più alto si
sollevò dal muro a cui era appoggiato e si avvicinò:
“Posso avere l’onore di
questo ballo, Kenji?” mormorò, tendendogli la mano.
Kiminobu accettò
l’offerta, alzandosi dal divano.
Minori e Hanamichi
attaccarono con un coretto su fiori e cuori sanguinanti, con qualche
accenno, ogni tanto, a cervelli spappolati, facendo da romantico sottofondo
ai loro giri di valzer.
Nel frattempo, Akira
aveva strappato l’unico ramoscello ancora vivo del rosmarino e l’aveva porto
a Takenori, battendo ripetutamente gli occhi, mentre Shinichi, in ginocchio,
lanciava cioccolatini addosso ai gemelli duettanti, in quello che, secondo
lui, doveva essere il giusto punto di incontro tra delicatezza e
passionalità. Del resto… mica aveva usato la fionda, no?!
Quando anche l’ultimo di
loro, sfinito, crollò sul pavimento, si ritrovarono tutti abbandonati alle
risate… perfino Kogure, che finalmente aveva capito qual era l’unico modo
per aiutare i sei fratelli Mitsui.
Contare su un loro
cambiamento improvviso era inattuabile, però alcune piccole accortezze
poteva insegnargliele. Per prima cosa frugò nel proprio zaino, fino ad
estrarne due volumetti sottili, comprati proprio per l’occasione al Centro
Commerciale.
Ne porse uno ad Akira,
che ne lesse subito il titolo:
“Gaaaaa… laaaa… teeee…”
si interruppe guardando Kogure perplesso, grattandosi le ciocchette, e
quindi terminò “ooooo… GELATO!!!” ricompose poi alla fine, felice.
“No, ‘Galateo’: quello è
un libro di Galateo, cioè dell’arte del comportarsi da gentiluomini, secondo
le regole della buona creanza” spiegò il quattr’occhi.
“Che c’entra la
credenza?” si informò Shinichi, mormorando la domanda a Takenori, e
rimediando solo un pugno, come risposta.
“Vi consiglio di
leggervelo attentamente, potrete trovarvi dei consigli molto interessanti…”
a questo punto porse a Minori il secondo volumetto.
“Centocinquantadue frasi
per conquistare la vostra anima gemella… - dopo qualche secondo di silenzio,
il ragazzo sbottò, inorridito – MA IO NON VOGLIO CONQUISTARE L’ORRIDO
ROSSINO!!!”.
“Anima gemella… la
persona con cui potreste dividere tutta la vostra vita! Non intende ‘il
vostro gemello’!” tentò di spiegare Kogure.
“Spero bene!” fu il
contributo di Hanamichi, che non smetteva di guardare in cagnesco il
libretto e il codino.
“Quest’amore mi lessa il
cuore” lesse Takenori “Potrebbe non essere male…Jun fa il cuoco!”.
Kogure si sporse sul
libro: che diavolo di frase romantica era quella?!
“C’è scritto ‘mi lega’,
Takenori!” lo corresse.
“Beh, l’altra versione
era migliore! Sicuramente molto più adatta…”
“Ok, potete ovviamente
rielaborare, a seconda della vostra situazione. Potreste trovare dei buoni
spunti…” e con queste parole Kogure decise che la lezione di corteggiamento
era terminata.
Tanto più che, per
conquistare sei basketmen, riteneva fosse necessario un altro tipo di
insegnamento; sorrise, ripensando al depliant che aveva visto attaccato alla
porta del supermercato…
Quando quella sera si
ritrovarono da soli nella loro stanza, Hisashi capì che, pur avendo vissuto
ben venticinque anni di avventure, i pericoli si annidavano sempre dietro
l’angolo.
Davanti allo specchio del
bagno, non faceva che mormorare “No, no, no…”, ma la voce di Kogure che lo
chiamava, e gli chiedeva se la taglia fosse giusta, lo obbligò a terminare
presto quella disperata litania.
Emerse dal bagno con un
bel sorriso, nascondendo nel profondo della propria anima lo sconforto più
totale.
“E’ perfetto!!! Ti sta
benissimo!” lo gratificò il suo ragazzo, sollevandosi dal letto, e
avvicinandosi per sistemare le ultime pieghe.
“Grazie…” riuscì a
mormorare lui, ormai allo stremo. Cercò comunque di non seguire lo sguardo
del compagno: vedersi di fronte allo specchio con il nuovo pigiama blu su
cui spiccava una allegra famigliola di meduse lilla, con tanto di occhi
spalancati e bocche sorridenti, era una esperienza che non aveva intenzione
di ripetere a breve.
Decise che la strategia
di attacco fosse la migliore, per dimenticare le pene contingenti, e così
lasciò scivolare le braccia intorno alla vita del suo Kimi-kun, conducendo
con abilità la cosa in modo da ritrovarsi stesi sul materasso.
In quella che lui aveva
inteso come una breve pausa tra un bacio e un assalto vampiresco al collo
del compagno, il suo quattr’occhi decise però di introdurre altre sei
persone nei loro pensieri…
“Sai che in città i tuoi
fratelli hanno conosciuto degli altri ragazzi?”
“Hn… è sempre bello
socializzare…” mormorò lui, senza quasi staccare le labbra dall’orecchio
morbido che stava torturando.
“Credo che si siano
innamorati davvero” continuò Kogure, insistendo ad imporre quella che stava
diventando una incestuosa ammucchiata.
“Chi se ne frega…” riuscì
ad alitargli lui sulla gola, riprendendo le proprie somministrazioni.
“Dovremmo fare qualcosa
per aiutarli, Hisa-kun. Sono così commoventi!”
“Sono grandi e vaccinati,
non hanno bisogno di una balia” replicò lui, cercando di mitigare il
malcontento che cominciava ad avvertire.
Improvvisamente si sentì
allontanare con decisione. Sollevando lo sguardo negli occhi scuri di
Kiminobu, per capire cosa fosse successo, si accorse del suo sguardo di
disapprovazione:
“Non ti stai comportando
da bravo fratello maggiore!” fu l’accusa lapidaria.
Hisashi si tirò a sedere,
poi si passò una mano tra i capelli corti:
“Ti sembra tanto strano
che mi occupi della MIA vita sentimentale, prima che di quella dei sei
sgorbi?!” rispose, controllando il disappunto.
L’altro arrossì:
“Non sarebbe bello se si
sistemassero anche loro e vivessimo tutti insieme?” chiese poi con voce
sognante.
Lui rimase per qualche
istante in silenzio, figurandosi la casa piena di mogli e bambini, poi si
protese di nuovo verso il viso del compagno:
“No!” gli sussurrò piano,
prima di ricatturargli quella bocca importuna, ma non l’ebbe vinta, perché
l’altro sembrava avere molto a cuore l’argomento:
“Io avrei un piano…” gli
mormorò, riaccendendo la lampada che lui era riuscito a spengere con un
colpo di alluce “Vuoi che te ne parli?”
No, non voleva! Perché
dovevano parlare dei drammi sentimentali dei sei sfigati?!
“Io avrei in mente un
programma più interessante…” tentò, in tono allusivo.
Perché il quattr’occhi
era scoppiato a ridere? Così rispondeva alle sue profferte amorose?!
“Questo pigiama sembra
pensato per te! Siete incantevoli…”
Seguendo l’indice che
indicava le meduse flottanti, Mitsui si rese conto di come la manovra di
spegnimento della luce fosse indispensabile per portare avanti certi
discorsi: le proprie bestiacce violette e la tartaruga verde sulla maglietta
di Kogure facevano pendant nell’interpretazione più raccapricciante del
termine.
“Cosa hai pensato per
accasare il parentado?” chiese, ormai rassegnato.
“Beh… è sicuramente
un’idea rischiosa, però, con un po’ di sforzo…”
La spiegazione non durò
tantissimo, ma mai Hisashi aveva sentito qualcosa di tanto assurdo. Poteva
essere solo il suo Kimi-kun, che sembrava vivere su una nuvola, ad
architettare una pazzia del genere!
“Forza! Più veloci!!! Non
avete un minimo di resistenza!” stava urlando Kogure, cercando di spronare i
sei scansafatiche. Come pensavano di conquistare le loro dolci metà se non
erano neanche in grado di reggere tre chilometri di corsa sulle stradine di
montagna?!
“Su, su, su!! Ginocchia
alte! Al petto!” continuò ad urlare, forzando sui pedali della mountain
bike. Del resto, mica era lui a dover cominciare l’allenamento da zero.
“Io lo ammazzo…” si sentì
minacciare dalla voce rantolante di Minori.
“Sei una pappamolla,
codino…” intervenne subito Hanamichi, mezzo metro di lingua srotolata a mo’
di cravatta.
“Il sudore mi scioglie il
gel!” si lamentò Akira, senza però neanche la forza di portarsi le mani a
protezione delle preziose ciocchette.
“Tacete, deficienti!!!”
tuonò Takenori, il vocione continuamente interrotto da lunghi respiri
asmatici.
“Non vedo un accidente…”
osservò Toru, le lenti che gli ballonzolavano sul naso, sempre in
controtempo con il movimento del resto del corpo.
“Maiala di una vacca
gravida…” imprecò Shinichi.
I sei continuarono a
trottare per i viottoli scoscesi, finché il loro preparatore non decise che
un ulteriore sforzo avrebbe compromesso il resto della lezione:
“Riposo!” urlò, scendendo
dalla bicicletta e asciugandosi la fronte.
Li guardò uno ad uno, e
per un istante sognò di pronunciare uno di quei discorsi da sergente dei
Marines che aveva visto tante volte nei film americani. Qualcosa che doveva
suonare come:
‘Voi! Reclute indegne di
vivere, scarti della società, rifiuti alitanti… voi non siete niente, non
contate niente, solo numeri su una piastrina! Ma dopo il mio allenamento…
giustificherete la vostra esistenza: diventerete dei soldati, dei degni
cittadini… degli uomini!’, e via con la sigla conclusiva, con la marmaglia,
trasformata in gruppo, a correre felice e sana sulla spiaggia… lo sguardo,
limpido e deciso proiettato verso il futuro.
“Che cazzo c’avrà da
ridere questo…” mormorò Hanamichi, risvegliandolo bruscamente dalla lista
dei personaggi e interpreti dei titoli di coda.
Kogure si riprese
rapidamente, cercando di mascherare il disappunto per essersi lasciato
andare a pensieri che esulavano dall’allenamento, proprio nel bel mezzo del
proprio lavoro come preparatore: doveva sempre ricordarsi di essere un
professionista, prima di tutto.
Cronometro alla mano,
lasciò alla truppa nove minuti e diciotto secondi per riprendersi, poi si
portò il fischietto alla bocca, ordinando la prima serie di flessioni.
Osservando i sei pezzi di
marmo andare su e giù sulle braccia, si congratulò ancora una volta con se
stesso per la qualità del materiale che aveva tra le mani. Se solo avesse
avuto più tempo, allora sì che sarebbe riuscito ad estrarre qualcosa di
importante da quei corpi arrugginiti!
Era tardo pomeriggio
quando si decise a portarli tutti nel piccolo campo allestito per il suo
progetto. Non era stato difficile convincere Hisashi a cedere ai suoi
desideri, e a lasciargli i fratelli per tutti i pomeriggi, ma la sorpresa
più gradita era stata la scoperta del piccolo campo in cemento, nascosto
dietro la stalla. Fra l’altro, la scoperta ne aveva portata un’altra con sé,
e cioè che i sei non erano completamente digiuni di quel tipo di attività,
sebbene l’avessero praticata ‘a modo loro’… almeno queste erano state le
parole leggermente divertite del primogenito dei Mitsui.
Liberato il terreno dalle
erbacce, grazie al contributo gratuito offerto dalle pecore shetland, il
campo si rivelò perfettamente agibile.
“FORZA!! Cominciate a
palleggiare!” intimò Kogure, distribuendo i palloni arancioni che aveva
comprato per l’occasione.
“Quello è il mio,
deficiente!” urlò Minori, dopo che il gemello gli ebbe sottratto la palla
dopo essersi perso la propria.
“A te, Gori!” urlò il
rossino, gettando la palla al fratello più grande.
“Oh, oh! Vediamo se sei
rapido come dici, fratellino!” rispose subito Takenori, gettandosi subito
nel gioco “Tua, Toru!”
L’alto quattr’occhi si
limitò a passare la sfera sopra la testa di Minori, lanciandola a Shinichi.
“Akira!” urlò il
pelle-gialla, lanciandola tipo palla da baseball.
“Bastardi…” mormorava
intanto il codino tra i denti.
Ma proprio mentre Akira
faceva lo sciocco, palleggiando davanti al fratello minore senza lasciarsi
togliere il trofeo, Kogure decise che il gioco poteva avere uno sbocco
didattico: si avvicinò all’uomo-porcospino, piazzandoglisi davanti e
sfidandolo a passare.
L’altro lo guardò con
sufficienza, scagliandosi verso il canestro.
Peccato che quando ci
arrivò in mano non avesse che aria, mentre Kiminobu volava ad insaccare il
pallone arancione nel canestro opposto:
“Quasi come rubare le
caramelle ad un bambino…” mormorò, sapendo che la sfida avrebbe reso i sei
ragazzi più recettivi.
“MORTE AL QUATTR’OCCHI!!!”
urlarono infatti insieme i due gemelli, prendendo evidentemente in maniera
troppo personale lo scontro.
“Vediamo se riesci a
rifare il giochetto, damerino!” sbottò Takenori, fermandoglisi davanti.
Anche gli altri tre
avanzarono minacciosi: sei contro uno, ma un abisso di tecnica a fare la
differenza.
Ok, adesso sì che
cominciava il divertimento…
E così passarono le due
settimane.
Se i sei fossero stati
totalmente digiuni di basket, non ci sarebbero state speranze, ma quel loro
modo arruffato di giocare era stato una buona base. Non avevano problemi
sotto canestro, insaccavano con facilità, e spesso con movimenti e salti
spettacolari. Sentivano anche molto l’agonismo, e se questo li portava a
commettere molti falli, cosa abbastanza normale, visto che ignoravano, tra
l’altro, anche le regole base del gioco, li portava però anche ad affrontare
l’avversario senza timore.
Oliati molti meccanismi,
e cercando di fare ordine in quelli che potevano essere i loro punti di
forza, Kogure tentò anche di inquadrarli nel ruoli standard di una squadra
di pallacanestro: Takenori e Hanagata potevano alternarsi nel ruolo di
centro, Hanamichi era un’ala grande un po’ atipica e imbranata, ma efficace
soprattutto nei rimbalzi, Akira un’ala piccola e Shinichi…
Kogure aveva dovuto
strofinarsi gli occhi più volte durante quei giorni: Shinichi Mitsui si era
rivelato un ottimo regista. Forse era stata la sua esperienza come prode
condottiero di eserciti di mucche e pecore, forse il suo essere puro istinto
e poco cervello, e magari anche una certa dose di casualità, ma riusciva
sempre a smarcare il compagno giusto.
Certo, la cosa che ancora
non era riuscito ad inculcare nelle teste dure dei sei neofiti era che il
regolamento ancora non dichiarava necessario terminare ogni partita con una
rissa tutti contro tutti...
Ma perché i ragazzi si
erano sottoposti a degli allenamenti così estenuanti? Perché avevano
permesso a Devil-san, come lo avevano gentilmente ribattezzato, di
angariarli senza eccessive proteste?
Beh, loro conoscevano il
piano del loro aguzzino, e ne erano entusiasti, sebbene si sarebbero
lasciati tagliare la lingua pur di non ammetterlo. E così, quando il periodo
di training terminò, i sei erano carichi e decisi, pronti a sostenere la
sfida che li aspettava.
La mattina di quel
sabato, si fecero trovare tutti pronti, ben vestiti, lavati e pettinati,
pronti per passare la rivista del quattr’occhi: tutti in fila, aspettarono
che Kiminobu controllasse che fossero perfettamente in ordine. Una volta
promossi, dovettero però sottoporsi alla molto meno piacevole occhiata
ironica di Hisashi, e non scoppiò una rissa solo perché poi si sarebbero di
nuovo dovuti preparare per l’uscita.
Dopo una colazione
piuttosto tranquilla, rispetto agli standard della famiglia, e dopo aver
caricato sul furgone i cesti preparati la sera precedente, salirono tutti
sul mezzo, direzione…
Kanagawa.
Quello che Kogure aveva
saputo, durante la famosa giornata in città, era che dopo appena due
settimane ci sarebbe stata la famosa festa di Primavera, che avrebbe visto,
tra le altre manifestazioni, anche un torneo Open di pallacanestro. Bastava
inscriversi e pagare una quota, e si entrava nel tabellone con squadre
professionistiche e di dilettanti. Sapeva bene che la squadra universitaria
avrebbe partecipato: tutti i giocatori, compresi quelli, come Uozumi, che
avevano lasciato da tempo l’agonismo, si facevano di fatto un dovere di
partecipare alla sfida. E sarebbero state presenti anche squadre di altre
prefetture, in un raduno che si sarebbe concluso con una colazione
sull’erba.
Il ragazzo era molto
contento di aver trovato l’occasione giusta per aiutare i fratelli di
Hisashi, e non lo faceva solo per loro, ma anche per l’egoistico desiderio
di vedere aggiungersi alla propria felicità anche quella degli altri sei
ragazzi… ancora meglio se con i suoi amici della squadra universitaria.
Già, questo era il suo
desiderio: vedere la famiglia allargata.
Se glielo avessero detto
il primo giorno, quando era rimasto completamente sconvolto per l’incontro
con i ‘cognatini’, non avrebbe mai creduto che ci sarebbe stato un momento
in cui avrebbe desiderato altre persone in giro per casa.
Hisashi mise in moto: il
ruggito del motore minacciava pericolosamente una esplosione imminente,
mentre le ruote, praticamente a terra, sbandavano dietro ai movimenti
sincroni dell’equipaggio, che ondeggiava e miagolava penosamente dietro le
canzoni della radio.
Il sorriso dipinto sul
viso, il quattr’occhi tenne per tutto il viaggio le dita incrociate: pensò a
Takenori con Uozumi, e i suoi occhi si dilatarono dietro le lenti, a Akira
con Koshino, e gli venne da sorridere, pensando al carattere non facile di
Mister Gentilezza, a Shinichi e Kiyota, e il gelo cominciò ad attanagliarlo,
a Toru con Fujima, e lo sguardo gli si addolcì, a Minori con Minami, e al
fatto che ci sarebbe stato da ridere, e poi a Hanamichi con Rukawa…
Hanamichi era un po’ il bambinone del gruppo: pur avendo un gemello, era
indiscutibilmente quello che scatenava maggiormente il suo istinto materno,
e pensare che si fosse innamorato di Rukawa lo inteneriva. L’asso dello
Shohoku non era una persona semplice, molto silenzioso, riservato, ma anche
gentile, le rare volte in cui decideva di parlare con gli altri. Era sicuro
che, se il rossino fosse riuscito a trovare la chiave giusta, sarebbe stata
una coppia blindata!
All’ennesimo do di petto
di Takenori, ritornò attento a quello che stava accadendo nel furgone, e
quasi inconsciamente si voltò verso Hisashi, fissando il suo profilo mentre
guidava. Nonostante le proteste con cui cercava di resistere agli assalti
del compagno, sapeva di essere completamente partito, perso dietro quel viso
un po’ arrogante che nascondeva però passione e determinazione.
Sorrise
impercettibilmente, e si stupì che, senza neanche guardarlo, l’altro avesse
fatto scivolare la mano sulla sua. Allargò le dita, in modo da intrecciarle
insieme…
“Ehi, guardate Hisashi
che tiene per mano il quattr’occhi!!” urlò Hanamichi, trapanando le orecchie
di tutti.
“Oh oh, sotto la scorza
da uomo duro…” mormorò Minori, ironico.
“Non qui, per favore, non
davanti ad anime innocenti!” tuonò Takenori, coprendo contemporaneamente gli
occhi del rossino.
“Piantatela, li state
mettendo in imbarazzo!” tentò invece di interrompere le prese in giro Toru,
impegnato a difendere il fratello maggiore.
“Cosa? Dove?” chiese
Akira, smettendo per un decimo di secondo di rimirarsi nel finestrino.
“Vuoi essere la madre dei
miei figli?” si ripeteva invece Shinichi, cercando di non dimenticare le
utili frasi lette sul manuale di Kogure.
Molte altre insulsaggini
dopo, il furgone di Barbie arrivò a destinazione.
Faticarono un pochino per
trovare parcheggio, ma Kogure non poté non apprezzare il sistema vincente di
Hisashi: una botta avanti e una dietro, e lo spazio di crea. Quasi una
magia…
Proprio mentre scendevano
dall’auto, lasciando incredule le persone intorno per il fatto che otto
ragazzi, tutt’altro che alici, fossero entrati contemporaneamente nel
furgone, Kogure vide avanzare lungo il marciapiede proprio Jun Uozumi.
Lo scatto felino e
l’abile mossa, si portò vicino al portabagagli, aprendolo per tirare fuori
le ceste con la roba per il picnic:
“TAKENORI!!!! – urlò in
modo che potessero sentirlo anche a Tokyo – PERCHE’ NON VIENI AD AIUTARMI
CON I PACCHI?!”
Il gorilla si avvicinò
senza sospetti, e afferrò il grosso cesto che l’altro gli porgeva. Solo
quando si voltò di nuovo per raggiungere gli altri fratelli, si rese conto
di ‘chi’ stesse avanzando verso di loro.
“Ciao Uozumi!”
Sentì a malapena il
saluto che Kogure aveva rivolto al giovane cuoco, preso com’era dal cercare
di leggere una qualche emozione nel viso del ragazzo più alto.
“Oh, Kogure-san! Cosa ci
fai tu qui?!” un tono normale, amichevole, eppure Takenori si era
perfettamente reso conto che quegli occhi, pur fissi sul quattr’occhi,
desideravano guardare lui, e che, nello stesso tempo, cercavano di
sfuggirlo.
“Siamo venuti per il
picnic… e per le gare. Stavolta ho portato una squadra mia”.
Lo sguardo dell’ex
capitano si spostò per una frazione di secondo sui sei colossi ancora in
piedi vicino al furgone. Sollevò un sopracciglio:
“E’ questa?” mormorò,
evidentemente a disagio.
“Sì. Ci manca un po’ di
allenamento, ma non siamo da scartare” gli rispose l’altro, sorridendo.
“Avremo tempo di vederlo”
gli replicò Uozumi, allontanandosi, senza però rivolgere una parola al
ragazzo con cui aveva passato delle ore così piacevoli appena poche
settimane prima.
Kogure si avvicinò a
Takenori, poggiandogli una mano sulla spalla:
“La giornata è ancora
lunga, sono sicuro che riuscirete a chiarirvi” lo incoraggiò.
Lui non gli rispose
immediatamente, sembrava veramente depresso per quello che era appena
accaduto. Evidentemente sperava che Uozumi avesse superato l’arrabbiatura
per la rissa, e invece…
“Speriamo che comunque il
suo ristorante abbia allestito un banco… ti ho raccontato del dolce che mi
ha preparato?” mormorò poi con tono sognante e bava alla bocca.
Kogure annuì: sì, glielo
aveva raccontato almeno dieci volte…
“Cioccolata e crema,
vero?” lo incoraggiò ugualmente, deciso a martirizzarsi per l’ennesima
volta.
“Finito il pranzo, lo
vedo avvicinarsi con questo vassoio e….”
Continuando ad infilarsi
nel portabagagli e ad estrarre i cesti pieni, e prestando un quinto della
sua attenzione alle parole del gorilla, Kiminobu, porse la sacchetta con i
termos a Shinichi:
“Direttamente da Milly”
gli mormorò, cercando di non disturbare troppo il racconto di Takenori.
Il pelle-gialla mostrò la
propria espressione più estasiata: nessuna faceva il latte come quella vacca
bastarda! Ma ormai l’aveva giocata. Con il gioco dei secchi, la mucca aveva
anche dovuto aumentare la produzione!
Proprio in quel momento,
il barilotto di latte sotto un braccio, e i termos con le altre bevande nel
sacchetto di carta, sentì una voce celestiale provenire dal vialetto che
portava all’interno del parco:
“OGGI E’ LA MIA
GIORNATA!! THE GREAT NOBUNAGA FARA’ MANGIARE LA POLVERE A TUTTI!!!!”
Sì, dolce, gentile,
modesto… Raperonzolo!!!
Gli era sempre piaciuta
moltissimo quella favola: gli ricordava la madre, quando, tanti anni prima,
la raccontava pettinando i capelli lunghi di Minori.
Si voltò, cercando di
cogliere la figura elegante del campione, e presto lo vide avvicinarsi,
camminando al fianco dell’amico scheletrico, quello con cui aveva giocato a
basket nel parco.
Incerto se lasciare
andare la roba che teneva sotto il braccio, e corrergli dietro, oppure se
ostentare un distacco pieno di dignità e mistero, il terzogenito della
famiglia Mitsui rimase immobile, il sacchetto stretto al petto e la bocca
aperta, come una rana in debito di ossigeno.
“Forse dovresti
avvicinarti” gli consigliò Kogure, allungando una mano per alleggerirlo
delle cose che gli aveva appena passato.
Mentre Shinichi cercava
di valutare la situazione, Kiyota si voltò verso di lui. Il ragazzo avvampò
di emozione: Nobu-kun lo stava salutando!! Aveva sollevato un braccio,
agitandoglielo davanti agli occhi… era incredibile, senza alcuno sforzo era
già riuscito a conquistarlo! Continuò a guardare il sorriso divertito del
moretto, sempre con la bocca aperta, mentre quella mano elegante non
smetteva di ondeggiargli davanti al viso, con il medio alzato. E poi,
purtroppo troppo presto, i due basketmen sparirono dalla sua vista, ridendo.
“Non preoccuparti,
Kiyota è fatto così. Sono sicuro che quando riuscirete a chiarirvi…”
Ma perché il quattr’occhi
aveva quel tono un po’ triste? Non ce ne era alcun motivo!
“Ha già abboccato, il mio
verme è infallibile!” spiegò allora Shinichi, desiderando tranquillizzare il
compagno.
Uh, come mai quello
sguardo disgustato?!
Kogure, ancora piuttosto
provato dall’ultima frase che gli era stata rivolta, chiuse finalmente il
portabagagli.
Era riuscito a dare ad
ognuno dei fratelli una cesta, da portare nell’angolo del parco che
avrebbero occupato. Dopo uno studio veloce della geografia del luogo, decise
che il posto migliore per sistemarsi era quello sul dosso riparato dai
pioppi che dominava il campo di basket. Era una buona scelta per più motivi:
permetteva di osservare comodamente lo svolgersi della competizione, ma
anche di controllare eventuali allenamenti della squadra di Uozumi e
compagni, che di solito si sistemava di fianco al campo per poter tentare
qualche tiro prima che le partite ufficiali cominciassero.
Obbligò Hisashi ad
aiutarlo a stendere i plaid e la grande tovaglia, poi tirò fuori il pallone
arancione, pronto a sfruttare eventuali occasioni di abbordaggio.
E infatti non dovette
aspettare molto che si avvicinarono al campetto Kaede Rukawa, Tsuyoshi
Minami e… oddio, che ci faceva lì Eiji Sawakita?!
“Hanamichi, perché non
torni al furgone? Credo che abbiamo dimenticato i bicchieri…” inventò,
sperando di allontanare il rossino. Eiji Sawakita era sempre stato una spina
nel fianco per la squadra universitaria, e lo era stato ancora di più quando
aveva cominciato a nutrire una passione non corrisposta per il loro asso,
Kaede Rukawa.
“Il fratellone ti ha
danneggiato anche il cervello, quattr’occhi, non vedi che i bicchieri sono
qui?” gli replicò Hanamichi, battendosi contemporaneamente l’indice contro
la tempia.
“Ehm, volevo dire i
tovaglioli” si corresse, ricordandosi di averli nello zaino, quindi fuori
portata.
L’altro si alzò
svogliatamente, allontanandosi oscillando le braccia in maniera molto
marziale, fino all’altezza delle spalle.
“IL MIO KOSH!!!!!”
Oddio, no! Akira era
partito all’attacco: gettandosi a rotta di collo sul lieve pendio e
utilizzando le ciocchette rigide come arma da taglio, fendette la folla che
riempiva l’avvallamento sottostante per raggiungere qualcuno che, non appena
lo vide, lo salutò con un pugno sul viso.
Sì, doveva essere Hiroaki
Koshino, la reazione era sicuramente tipica del suo carattere compagnone.
Sembrava che i due
stessero discutendo animatamente, o almeno che lo stesse facendo Akira, che
presto si inginocchiò a terra, liberando il braccio che teneva nascosto
dietro la schiena per porgere al suo amato un… UN CESPO DI INSALATA?!
Kogure non riusciva a
credere ai propri occhi, e per un momento sperò anche che fosse colpa delle
lenti, eppure, eppure… era proprio insalata, e neanche troppo fresca.
Strinse gli occhi in due
fessure, soffrendo per il povero porcospino, e infatti… No, non doveva
essere piacevole ricevere una cespata di insalata sul viso, e, conoscendo
Koshino, la cosa doveva essere sicuramente stata accompagnata da parecchie
frasi della dolcezza del fiele. Il ragazzo si era poi girato, mollando il
pretendente per terra, inginocchiato, con pezzi di lattuga sul viso e tra i
preziosi capelli. Ecco, quest’ultima era sicuramente la cosa più grave…
Si voltò scoraggiato,
tornando a sistemare la roba sotto gli alberi, sospirando nel vedere Hisashi
con il viso immerso nella lettura del Giornale dell’Allevatore. Proprio una
visione molto romantica!
A proposito di scene
romantiche: cosa stava guardando Toru con tanta insistenza e serietà?
Accanto al Presidente
della manifestazione e alla commissione organizzatrice, vide Kenji Fujima
che, con dei blocchi in mano, stava spiegando qualcosa. Evidentemente non si
era accorto del ragazzo che lo stava fissando dall’alto, o forse non
desiderava mostrare di averlo scorto, ma ad un certo punto, nel tentativo di
allontanarsi una ciocca dalla fronte, sollevò lo sguardo, rivolgendolo
proprio nella loro direzione. Eppure non un cenno, non un sorriso.
Kogure sentiva che non
era giusto, Toru non meritava questo trattamento. Era stato coinvolto nella
rissa per aiutare i fratelli, ed era quello che stava ricevendo il
trattamento peggiore.
Nel frattempo, Rukawa,
Minami e Sawakita continuavano il loro riscaldamento. In quel momento si
accorse che Minori gli era venuto accanto, ed era concentrato sulla stessa
scena:
“Chi è il terzo?” gli
aveva chiesto a bruciapelo.
“Un problema – rispose
lui, senza neanche pensare – un problema soprattutto per Hanamichi”
aggiunse.
“E’ il ragazzo di miss
Perfezione?” insistette l’altro, stavolta una nota di rabbia nella voce.
Kiminobu scosse la testa:
“No, che io sappia Rukawa
non ha mai avuto storie, però Sawakita è stato piuttosto insistente, in
passato. Temo non si sia ancora rassegnato” mormorò lentamente.
E a questo punto,
l’incredibile: il codino scoppiò a ridere, buttando la testa all’indietro…
“Finché è un problema
della scimmia rossa! – notò divertito – Per un momento ho temuto che ambisse
al mio cucciolo”.
Cucciolo… Minami?!
Neanche con un enorme sforzo di fantasia, Kogure sarebbe mai riuscito ad
accostare i due concetti.
Proprio in quel momento,
il pallone uscì dal campo, superando la recinzione. Fu proprio l’Ace Killer
ad andare a recuperarlo. Non appena vide Minori che lo osservava, però, il
ragazzo indurì lo sguardo.
“E’ proprio il mio tipo…
- mormorò il gemello, sottovoce, poi, aumentando il volume e aggiungendo un
tono ben più arrogante – Tra noi non è finita, bellezza! Ci vediamo in
campo…”
L’altro si doveva essere
arrabbiato ancora di più, soprattutto per il sorriso divertito con cui erano
state pronunciate queste parole:
“Crepa, stronzo!” gli
urlò infatti in risposta. Poi si voltò, tornando verso il campo.
“E’ davvero adorabile…”
fu il commento finale del codino.
E finalmente il torneo
ebbe inizio. Le squadre erano state divise in gironi, e i Mitsui, con il
loro team, Beauty Farm, nome proposto da Shinichi, erano capitati nel girone
C.
Lo Shohoku, la squadra
degli ex universitari, era in quello A.
Shohoku-Ryonan: Kogure e
i sette fratelli assistettero attentamente allo scontro. La squadra,
capitanata in memoria dei vecchi tempi da Jun Uozumi, vinse con un distacco
abissale, utilizzando il confronto più come allenamento che altro.
Quando il quattr’occhi
portò lo sguardo sui gradoni di cemento, gremiti, si accorse immediatamente
della presenza di Eiji Sawakita, e dell’attenzione con cui questi seguiva
ogni movimento di quello che Hanamichi aveva soprannominato ‘la sua kitsune’.
Gomitata in una costola:
“Ma hai visto quanto è
meraviglioso?! Hai visto come gli ricadono i capelli sulla fronte quando
atterra? Hai visto come si asciuga con la fascetta nera? Hai visto che
fisico da favola? Hai visto…”
“HO VISTO, HANAMICHI!!!”
sbottò, incapace di resistere ulteriormente al bombardamento del rossino.
E immediata arrivò la
replica risentita:
“Beh, NON GUARDARE
TROPPO! Vedi di ricordarti che stai con Hisashi! La Kitsune è solo mia!” e,
a seguire, sguardo omicida.
Terminata la partita, il
giovane Mitsui decise di conquistare l’attenzione del suo amore, e così, con
l’aria determinata di un vero duro, la ciocca ribelle arricciata sulla
fronte, si sporse verso il campo. Proprio mentre stava per urlare qualcosa
all’indirizzo del ragazzo moro, però, si accorse che un altro, un tipo che
non era il pennuto che aveva abbagliato Minori, gli si era avvicinato.
“Che diavolo… vuole
quello?!” esclamò, stupefatto e incapace di esprimersi anche in maniera più
colorita.
“Ma niente, è un ragazzo
di un’altra prefettura, è qui per giocare con la sua squadra…” gli replicò
il quattr’occhi, tentando di sdrammatizzare.
“E perché gli porge
l’acqua e l’asciugamano? Come osa avvicinarsi! IO LO UCCIDO!!!!”
Con l’aiuto di Takenori,
riuscì ad evitare che il rossino si precipitasse in mezzo al campo. Fra
l’altro, mancava poco alla loro partita di esordio…
BEAUTY FARM!!!
Quando lo speaker
annunciò la loro squadra, si sentì un boato del pubblico, come se un attacco
contemporaneo di ilarità avesse colpito tutti i presenti.
Era inutile, pensò
Shinichi, nessuno aveva la sua inventiva!
Giocavano contro il
Miuradai, squadra muscolare, più che tecnica.
I cinque ‘titolari’ si
sistemarono in campo, secondo gli schemi indicati dal quattr’occhi, mentre
Toru e Hisashi erano rimasti con lui in panchina, il primo pronto a
sostituire Takenori alla fine del primo tempo, il secondo abbandonato sul
sedile, con una smorfia di sufficienza dipinta sul volto.
La cosa faceva soffrire
un po’ Kogure, ma non poteva farci niente: era evidente che il suo ragazzo
non riteneva quella giornata di alcuna utilità.
La partita cominciò, e,
nonostante le incertezze del quintetto, dovute all’inesperienza negli
scontri ufficiali, e nonostante i numerosi falli in cui incorsero, tra cui
l’espulsione di Hanamichi per aver dato una testata ad un avversario,
uscirono vittoriosi.
Sebbene molto preso dal
confronto, a Kogure non sfuggirono comunque le occhiate attente dei sei
giocatori dello Shohoku, e, soprattutto, i lunghi sguardi tra Toru e Fujima…
Se solo avessero potuto parlare, era sicuro che i due si sarebbero compresi
immediatamente, e il playmaker sarebbe stato il suo primo cognato ufficiale!
Le partite, ai venti
punti, si succedettero veloci, e presto si arrivò alle semifinali:
Shohoku-Kainan, Sannoh-Beauty Farm.
La prima partita fu vinta
abbastanza facilmente dallo Shohoku, grazie agli slam dunk di Rukawa, alle
stoppate di Uozumi, alla regia di Fujima, alle ripartenze di Minami,
all’entusiasmo di Kiyota.
La seconda partita fu
molto più combattuta, e soprattutto vide lo scontro senza esclusione di
colpi tra Hanamichi ed Eiji Sawakita.
Al termine dell’incontro,
al rossino erano stati fischiati quattro falli, sebbene all’arbitro ne
fossero sfuggiti molti di più, grazie all’abilità del ragazzo nel mascherare
i propri interventi più ‘delicati’. E comunque anche il campione del Sannoh
aveva commesso più di una scorrettezza… evidentemente tra loro doveva essere
volata qualche parola di troppo, e non era davvero difficile capire ‘chi’
avesse riguardato!
Terminata la sfida 20-19
per la Beauty Farm, le squadre avevano mezz’ora di pausa prima della finale.
La famiglia Mitsui ne approfittò per raccogliersi nel suo quartier generale,
e discutere delle strategie d’attacco.
Peccato che tutto fosse
terminato con sette deficienti che si tiravano bottiglie di acqua gelida!
E arrivò il momento
fatidico: schierate al centro del campo, le due squadre si fronteggiavano
per il saluto ufficiale.
Takenori e Uozumi si
strinsero la mano, con un ‘vinca il migliore’ che sembrava nascondere altro:
il tono mesto del gorilla sembrava chiedere scusa, mentre la risposta secca
del cuoco, sembrava manifestare un sofferto diniego.
Toru e Fujima si
inchinarono compitamente uno di fronte all’altro, ma la dolcezza dello
sguardo dello spilungone rese difficile all’avversario mantenere
l’espressione adombrata. Sembrava quasi che quel distacco, di cui era stato
il primo responsabile, stesse cominciando a pesare anche a lui, e infatti si
voltò imbarazzato, quando l’altro riprese la posizione.
Minami e Minori si
guardarono invece a lungo: il codino manteneva il sorrisetto ironico di
prima, una smorfia che faceva davvero venire voglia di prenderlo a schiaffi,
mentre il calimero sembrava lanciare fulmini e saette, chiaramente pronto a
raccogliere la sfida che gli veniva lanciata.
Shinichi si avvicinò
serio e pieno di dignità, per salutare il suo Kiyota, rilassando
l’espressione accigliata in un sorriso quando l’avversario gli mormorò
qualcosa. Akira, tormentandosi una ciocchetta ribelle, si avvicinò a Koshino,
sfoderando uno dei suoi famosi sorrisi disarmanti. Eppure l’altro doveva
avergli detto qualcosa di non troppo piacevole, visto che almeno i molari
non sembravano più in vista.
Hanamichi, invece,
sembrava combattuto tra il fissare la sua Kitsune dall’aria addormentata e
il lanciare sguardi assassini a chiunque gli si avvicinasse.
L’arbitro lanciò la
palla, al centro del campo, e la partita cominciò.
Kogure, insieme a Toru e
Hisashi, seguiva attentamente ogni azione, urlando ordini da bordo campo per
le strategie di difesa… era infatti chiaro che lo Shohoku non avrebbe fatto
sconti: Takenori aveva il suo bel daffare, sotto canestro contro Uozumi, ed
aveva già perso la prima palla a due. Inoltre sembrava quasi timoroso del
contatto con l’avversario.
“Pensavo avessi più
grinta, non riesci neanche a sfiorare la palla!” stava sibilando Jun,
saltando per l’ennesima schiacciata, “corri di più, o non mi fermerai mai!”
continuava a esortarlo, ma Takenori era completamente fuori di testa.
Nonostante le lezioni di Kogure, non gli veniva in mente una frase adatta
per scusarsi, oppure un argomento interessante per cominciare una
conversazione. E’ vero, stavano giocando, ma che importava?
Poteva notare che era una
giornata calda, oppure parlare del raccolto di susine, o anche dell’arte di
cucinare la farinata per i maiali. Eppure… pur essendo tutti argomenti
validissimi, che li avrebbero avvinti per ore, sentiva che gli mancava
quello spunto decisivo, quell’idea che avrebbe fatto capitolare il compagno.
“Ti sei imbambolato, Gori?!
Datti una mossa!” ecco, non ci mancava che la voce delicata di Hanamichi,
per perdere completamente la concentrazione.
Poteva parlargli di quei
sogni particolari e ricorrenti che li ritraevano, entrambi, impegnati con il
famoso dolce? Beh… arrossì al pensiero, forse era il caso di lasciarla come
mossa di riserva. Ma intanto… intanto…
“Ehm, stai molto bene,
oggi, si vede che ti sei messo a dieta…” ecco, niente di più infallibile del
complimento sull’aspetto fisico!
“Idiota! Un cuoco a dieta
è una contraddizione in termini!” si sentì ringhiare contro “E poi, cosa
vorresti dire, che sono grasso?!”
“No, no, assolutamente!
Io…” ma l’altro era già lontano, a bloccare Akira e a ripartire in attacco.
Quando furono di nuovo
vicini, il Gorilla capì che doveva cambiare strategia, eppure non riusciva a
ricordare una sola frase di quelle che aveva faticosamente imparato a
memoria dal libro di Kogure-san. E quindi decise di lasciarsi andare a
quello che sentiva davvero:
“Jun, mi dispiace per
l’altra volta…” mormorò, fermandosi nel mezzo di un’azione.
Incredibilmente, anche
l’altro si fermò, poggiandogli una mano sul braccio e sorridendogli:
“Questo non ti eviterà la
sconfitta, Takenori-chan…”
Da bordo campo, il
quattr’occhi spostò la propria attenzione su Akira e Koshino: lo scorbutico,
entrato momentaneamente in sostituzione di Fujima, per dare al vice-capitano
un minimo di sollievo, stava continuamente a battibeccare con tutti, anche
se poi finiva per prendersela, principalmente, con la persona che gli stava
più vicina. Neanche a dirlo, Akira. Se il ragazzo però continuava a
rispondere con sorrisi smaglianti a tutte le angherie che riceveva, voleva
dire che davvero i due erano anime gemelle…
“Stupido porcospino
idiota, si può sapere che diavolo ti ridi?! Tanto con noi non vincerete
mai!” e finta per passarlo lateralmente. Ma l’altro sembrava sempre
prevedere le sue mosse:
“La tua dolcezza mi
scioglie il cuore…” gli mormorava infatti Akira, rimanendogli incollato, e
ben contento di ricordare almeno una delle famose frasi del libro.
“Prendi pure in giro?! Ma
io ti spacco quei denti, sai? Non potrai più fare la pubblicità del
dentifricio…”
Uh! Aveva subito notato
il candore del suo sorriso, e già lo immaginava come star televisiva! Che
tenero cucciolino…
“Non ti preoccupare – e
azzardò uno dei suoi sorrisi ammaliatori – non ti abbandonerò, anche quando
diventerò famoso…”
Il quattr’occhi, un po’
preoccupato per lo svantaggio che la squadra stava accumulando, portò lo
sguardo sul playmaker, che in quel momento sembrava preso da tutt’altra
faccenda, rispetto al suo ruolo di passare palloni giocabili ai compagni in
attacco.
Shinichi, infatti,
l’unica cosa che faceva era mantenere un portamento contegnoso, un incedere
lento e deciso, la palpebra leggermente calata per aggiungere fascino al suo
sguardo:
“Say yes to the best…” (*), o era beast?!
Comunque l’aveva detta,
ci aveva messo una settimana per ripeterla correttamente, ma alla fine era
riuscito ad imparare la frase migliore per tentare l’abbordaggio, quella che
spiccava in neretto nel paragrafo che i sei avevano prontamente ribattezzato
“chi l’ha duro la vince”. (**)
“Ehi, nonno, parla come
mangi! E poi vedi di smammare… mi fai caldo!”
Eh, eh… non aveva quasi
fatto nulla, e già il ragazzo era su di giri! Il suo fascino era letale come
il veleno della lumaca.
“E quanto salirebbe la
tua temperatura, se ti dicessi che ho i boxer in pelo di pecora?” gli
mormorò, svelandogli un segreto che pochi conoscevano.
E Kiyota si fermò, gli
occhi sbarrati, increduli…
“Ma allora sei proprio un
animale…” gli mormorò con evidente ammirazione, spalancando gli occhi tondi.
E Shinichi sorrise.
Sapeva che quello sarebbe stato il colpo vincente.
E i gemelli? Minori
sembrava riuscire a contenere l’Ace Killer. Aveva attuato una tattica che
stava dando i propri frutti: quello che Hanamichi aveva soprannominato il
Calimero, sembrava così furente che non riusciva ad essere di alcuna utilità
alla propria squadra.
“Nervosetto, eh?” gli
sussurrava il codino, soffiandogli leggermente sul collo, “ti aspettavi una
di quelle signorine con cui giochi normalmente, non certo un maschione come
me, eh?”
Tentativo di gomitata,
che però l’arbitro intercettò, punendo il fallo.
“No, no, non dovresti
essere così impulsivo. Ci saranno altri momenti per approfondire il contatto
fisico…”.
Sguardo omicida, e
tentativi di testata.
“Lo sapevo, un po’
ritroso, un po’ testardo, ma già pronto per la doma. E io ho domato stalloni
ben più rabbiosi di te”.
Perché gli aveva dato una
gomitata in un occhio? Non aveva raccontato che la verità!
“IO TI AMMAZZO, MALEDETTO
CODINO!! Ti stacco quei capelli ad uno ad uno… vedremo se riderai ancora,
dopo!”
Il tipo sembrava già
proiettato verso il sadomaso, una scoperta interessante. Non restava che
dare il colpo del KO, secondo gli insegnamenti di Kogure:
“Allora mi stai chiedendo
un appuntamento! Non ti preoccupare, passo a prenderti. E per quel che può
servirci, vado io in farmacia…” un vero cavaliere, esattamente come gli
aveva raccomandato il quattr’occhi. E l’effetto era stato miracoloso,
l’altro era rimasto basito, evidentemente tramortito dal suo ardore.
Hanamichi, invece,
sembrava aver problemi di interazione con la sua kitsune, principalmente
perché non riusciva a rimanergli affiancato, vista la capacità del moretto
di sfuggirgli da tutte le parti per andare a canestro. Perché proprio a lui
doveva essere capitato il maniaco del basket?!
“Ehi… pant pant… Kits…pant…une! Aspettami,
devo, pant, parlarti!”
Ma l’altro era di nuovo
sotto il canestro. In un intervallo della partita, il rossino decise di
prendere il toro per le corna, ovvero… Rukawa per le spalle:
“Sto cercando di
parlarti, idiota!” gli urlò, cercando, finalmente, di conquistare la sua
attenzione.
“Forse non te ne sei
accorto, scimmia, ma stiamo giocando una partita…” fu la replica seccata.
“COME OSI CHIAMARMI
SCIMMIA?!” e solo per un miracolo non partì la testata. Lo sguardo di
rimprovero di Kogure, dalla panchina, lo fece infatti desistere dal
proposito di conquistare, da subito, un contatto più fisico con la sua
volpaccia.
“Senti – riuscì invece a
dire, con più calma – Mi concederesti l’onore di… un giro in barca con me,
dopo?” mormorò, cercando di mettere più miele possibile nella propria voce.
“Perché, hai una barca?”
l’altro gli ribatté distratto, preso com’era dal seguire i movimenti della
difesa.
“Beh, no… però che
c’entra!”
“Sei proprio un do’aho!”
e subito il moretto gli sfuggì di nuovo, per uno slam dunk.
Quella frase sulla barca
era stata la prima, e unica, che avesse imparato. Suonava così bene che
l’altro avrebbe anche potuto evitare di essere tanto fiscale!
“Ehi, Kitsune, non ho
ancora finito con te!” e, prendendo la rincorsa, gli saltò addosso, per
riuscire finalmente a concludere la sua strategia di conquista.
La sirena finale e il
tonfo sul duro pavimento di cemento arrivarono contemporaneamente.Mentre lo
Shohoku saltava per la vittoria ottenuta, avendo giocato fra l’altro una
partita da schifo, Hanamichi era rimasto spalmato sopra Rukawa, a pochi
centimetri dal suo viso, in quella che sembrava una situazione aperta a
molte evoluzioni… tutte interessanti. Il profumo dolce di quella pelle, il
respiro affannato per la fatica e per la posizione scomoda, i capelli sparsi
sul terreno… il rossino presto cominciò a perdere anche quel poco controllo
di sé che gli era rimasto.
Intanto Toru si era
avvicinato a Fujima, per stringergli la mano, al termine del confronto.
Sfortunatamente si erano trovati contemporaneamente sul campo solo per pochi
minuti, e, dimostrandosi dei gentiluomini, nonché dei professionisti, si
erano concentrati sul gioco, intervenendo da pacieri quando gli altri
commettevano i falli più assurdi, e giustificandosi il comportamento della
propria squadra sia l’un l’altro che con l’arbitro.
Nel momento in cui si
strinsero la mano, a partita terminata, Fujima non resistette allo sguardo
caldo dell’avversario, e sollevò finalmente uno sguardo sorridente su di
lui:
“Avete giocato molto
bene, complimenti. Non siete una squadra professionista, ma ci avete dato
del filo da torcere…”
Anche Toru sorrise; era
meglio non entrare in particolari, perché lui aveva visto sin troppo bene le
armi usate dai fratelli per aver ragione degli scontri con gli avversari.
“Ti è stato utile il
libro?” continuò l’altro, dopo un istante di pausa, quasi volesse cercare di
prolungare la loro conversazione.
“Molto, l’ho già quasi
terminato… Senti, che ne dici di prenderci un gelato, per rinfrescarci un
po’?” propose, sperando di non sembrare troppo precipitoso.
L’altro annuì:
“Vediamoci dopo le docce,
fuori dagli spogliatoi”.
Oddio, per un momento
avvampò, l’accenno alle docce gli aveva improvvisamente fatto immaginare
come dovesse essere aiutare Fujima a insaponarsi i capelli… ma presto si
riprese, cercando di cancellare questo attacco di Akirite, e pensò solo a
loro due, a passeggiare mano nella mano nel parco, magari a ripararsi dalla
pioggia in un gazebo, e a scambiarsi finalmente il primo…
“TORU!! STA SUCCEDENDO
QUALCOSA, IN CAMPO!” lo risvegliò Kogure, agitatissimo.
Si voltò immediatamente
verso il centro del rettangolo di gioco: Hanamichi stava facendo a pugni con
un altro ragazzo. No, non era la sua kitsune, ma qualcuno che lui non aveva
mai visto.
Sentì la presenza di
Kenji ancora accanto:
“Ma che sta… - cominciò
il ragazzo – Perché tuo fratello e Eiji Sawakita si stanno picchiando?!”
Toru non tentò neanche di
rispondere, del resto, cosa avrebbe mai potuto dire?
Si precipitò in campo,
cercando di interrompere i due litiganti, ma un pugno in pieno viso, lo
buttò a terra, facendogli perdere gli occhiali: chi diavolo era quel
deficiente? Rimase per un secondo interdetto, poi riconobbe il tipo con i
capelli dritti che aveva visto con Fujima all’interno della libreria:
“Vedi di stare lontano da
Fujima-san, quattr’occhi!” gli aveva urlato il demente, la bocca serrata e
gli occhi stretti in una fessura.
Toru si rialzò in piedi,
allontanando le braccia di Kenji che cercavano di aiutarlo, e,
probabilmente, di allontanarlo dalla rissa: qui si trattava di sistemare una
faccenda importante!
Si sollevò, e si slanciò
contro il nuovo avversario, colpendolo con un destro allo stomaco. Non
avrebbe accettato alcuna interferenza nel rapporto con il suo quasi ragazzo!
Nel frattempo, Hanamichi
e Sawakita si picchiavano selvaggiamente. Quando il campione del Sannoh
aveva visto il rossino steso su Rukawa, la rabbia lo aveva fatto lanciare
contro l’importuno bifolco, e così era cominciato lo scontro:
“Non provare a mettere le
tue mani disgustose addosso a Rukawa, montanaro!”
“Togliti dalle palle,
tacchino!” gli aveva replicato subito Hanamichi, sottolineando, con quel
soprannome, il collo rosso per lo sforzo dell’avversario.
Il tutto sotto lo sguardo
distaccato, e leggermente annoiato, dell’oggetto delle loro attenzioni, che
presto si sedette sul terreno, infilandosi le cuffie.
Ma gli scontri non erano
finiti: infatti, nonostante tutti i buoni propositi dei fratelli Mitsui, e
le indicazioni di Kogure, le sfide personali si erano succedute rapidamente;
Akira era stato assalito da uno strano tipo dagli occhi di rana e i capelli
a cespuglio, tale Fukuda, Minori da uno del club di judo, Aota, Takenori da
un mezzo teppista, Hotta, e Shinichi dallo scrocchiazeppi amico di Kiyota,
Jin.
A niente servirono i
tentativi di Kogure di fermare i litiganti, tentativi che anzi gli costarono
un pugno da parte di una specie di colosso, Tetsuo, e quindi l’ingresso
nella rissa di Hisashi, sin dall’inizio uno strenuo sostenitore della resa
dei conti ‘sul campo’, e a poco servirono anche gli appelli di Fujima e
Uozumi.
Kiyota rimaneva invece
uno spettatore divertito, e ogni tanto, quando vedeva qualcuno a tappeto, si
avvicinava per il countdown, rischiando di rimediare più di un meritato
manrovescio.
Koshino, al contrario,
aveva preso la faccenda come un insulto personale e stava rivedendo la
propria opinione sul porcospino, che fino a quel momento non era stata
proprio completamente malvagia, sebbene per chiunque altro fosse stato
impossibile accorgersene, vista la sua malagrazia; e, infine, Minami
rimaneva seduto vicino a Kaede, ad osservare la scena a braccia incrociate e
con un ghigno soddisfatto all’indirizzo di Minori. Era contento che si
trovasse a combattere con Aota, sarebbe stato costretto ad abbassare un po’
le penne, quel presuntuoso! E poi, in fondo in fondo, era anche contento che
si combattesse per lui. Oddio… non che il pensiero che il ragazzo del judo
potesse avanzare dei diritti su di lui, nel caso fosse uscito vincitore dal
confronto, lo rendesse esattamente entusiasta…
In ogni caso, la rissa
terminò solo nel momento in cui i sette fratelli si ritrovarono tutti in
piedi, impolverati, stanchi e un po’ sanguinanti, mentre i loro avversari
giacevano tutti a tappeto.
L’urlo ‘MITSUI FIGHT’, e
la risata in cui scoppiarono tutti insieme, fu l’ultimo atto del picnic di
inizio estate, perché poi non rimasero che sguardi incuriositi, qualche
sorriso di approvazione, molte espressioni di biasimo, e parecchie ferite da
curare.
E i sei basketmen? Beh,
nessuna traccia. L’allenatore dello Shohoku aveva radunato la squadra,
appena prima che la rissa finisse, riportando i propri giocatori nella
palestra universitaria. E solo per questo Takenori, Shinichi, Toru, Akira,
Minori e Hanamichi accettarono di salire sul furgone e tornare sulle
montagne.
All’adrenalina della
battaglia, si era sostituita una certa malinconia, qualcosa di simile alla
tristezza. E Kogure, nonostante la rabbia, decise di non infierire,
ricordando ai fratelli le raccomandazioni che aveva fatto quella mattina
stessa: ci sarebbe stato tempo per fare il grillo parlante e redarguire a
dovere i sei campioni.
Sette Basketmen per Sette
Fratelli – Fine terza parte
(*) Come promesso, per
Ria, Nausicaa e Calipso, in ricordo del nostro luuuungooo viaggio in
autostrada, e del tir che viaggiava nella corsia accanto alla nostra.
(**) Per Nausicaa e
Calipso, un dovuto riferimento alla nostra discussione su certe collane
editoriali.
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