Senza
respiro di
Lan
Grazie
Yohei, per avermi prestato il motorino. Hai visto? Ho seguito il tuo
consiglio e sono venuto qui.
Sono
seduto sul nostro albero, proprio su quel ramo dove abbiamo inciso i
nostri nomi quando eravamo piccoli e ci arrampicavamo quassù per
nasconderci, se commettevamo qualche marachella.
Quanto
tempo è passato da allora, e quante cose sono cambiate!
Però
questo posto sembra non cambiare mai.
Il
sole, tramontando, colora le foglie di rosso e tutto torna ad essere
magico e bellissimo, proprio come allora.
Proprio
come la nostra amicizia.
Grazie,
amico mio, per l’affetto e il sostegno che mi hai dimostrato, per
essermi stato sempre vicino, per avermi sempre capito. Manca la tua voce
in questo bosco, ma hai ragione tu: dovevo venirci da solo, per
raccogliermi in me stesso, per mettere ordine nei miei pensieri, per
cercare di capire, e dare una risposta alla domanda che mi toglie il
fiato…
Cosa
sei per me…
La
prima volta che ti ho visto me lo sono chiesto. Forse oggi, col senno di
poi, potrei dire che avrei dovuto considerarlo un campanello d’allarme,
ma quel giorno mi diedi una risposta chiara e precisa, che non lasciava
dubbi in proposito.
“Tu
sei il mio rivale in amore e io ti odio e ti odierò sempre”. Senza una
grinza.
Ti
scrutavo dall’alto in basso, da destra a sinistra e pensavo questo, lo
giuro, mentre il tuo viso irrigidito in un’espressione senza espressione
mi diventava sempre più antipatico.
E’
per questa ragione che un brivido mi è scivolato lungo la schiena mentre
sfidavo Akagi in palestra.
Tu
eri lì, i tuoi occhi puntati su di me.
Lei
era lì, i suoi occhi puntati su di me.
Era
la mia grande occasione, dovevo dimostrarle di che pasta ero fatto, dovevo
dimostrarti di che pasta ero fatto. Due piccioni con una fava.
Io
non sapevo…
Cosa
sei per me…
Sono
egocentrico. Tutti devono amarmi, adorarmi, osannarmi.
Ma
come può essere così se mi rubi la scena? Ti guardo mentre giochi contro
il gorilla, in una sfida che ti vedrà perdente.
Ma
solo sulla carta.
Guardo
il tuo gioco, come palleggi, come ti muovi, come corri veloce da un punto
all’altro del campo. Come ti animi.
Ti
guardo, e non riesco a staccare i miei occhi da te. Anche questa volta mi
sono dato una risposta chiara e precisa.
“Tu
sei il mio rivale nel basket e io sono più bravo di te!”
Quasi
mi viene da ridere.
Entro
in squadra e voglio dimostrare ad Anzai quanto è bravo l’uomo che ha
battuto il capitano.
Voglio
dimostrare a te quanto è
bravo l’uomo che ha battuto il capitano.
Ma
rimedio solo una figuraccia, schiacciando la palla sulla testa del
gorilla.
Quasi
mi viene da ridere. O forse mi viene da piangere…
Cosa
sei per me…
Poi
non so…
Qualcosa
è cambiato. È difficile da ammettere, perché io sono un genio e non
sono inferiore a nessuno. Ma quel desiderio mi ha fatto comprendere che
qualcosa stava cambiando.
Il
desiderio di essere come Sendoh.
Perché
lui catalizza la tua attenzione. Lui stimola il tuo agonismo.
Lui
è il tuo rivale, il tuo nemico giurato, l’unico che sappia far brillare
una luce di sfida nei tuoi occhi.
Io
vorrei lo stesso.
Vorrei
essere io il tuo rivale, l’unico degno della tua marcatura, l’unico
degno della tua attenzione.
Vorrei
saper accendere negli occhi tuoi la stessa luce, vorrei essere io quello
che ti rende vivo e pieno di passione.
Vorrei
essere colui che immagini di dover battere a tutti i costi quando vai a
canestro…
Vorrei
essere al centro dei tuoi pensieri…
Da
allora una strana risposta mi è balzata nel cervello.
Da
allora ho iniziato a darla a bere a me stesso.
Ti
vedo circondato da ragazzine in perenne adorazione.
Cosa
sei per me?
Il
mio rivale in popolarità nella scuola.
Ti
vedo assediato dagli occhi innamorati di Haruko.
Cosa
sei per me?
Il
mio rivale in amore.
Ti
vedo sfidato da giocatori pieni di talento, li vedo arrabattarsi,
sfoderando i loro colpi migliori come scimmie ammaestrate, pur di
strapparti un sospiro di ammirazione.
Cosa
sei per me?
Il
mio rivale nel basket.
È
tutto così preciso, perfetto. Giusto.
Ad
una precisa domanda una precisa risposta.
Allora
perché so che è sbagliato?
Perché
non riesco più a dormire?
Perché
quando ti vedo ho voglia di piangere?
Perché
quando ti prendo a pugni ho voglia di abbracciarti forte?
Perché
ho voglia di ammazzare tutti quei teppisti amici di Mitsui, che hanno
osato farti del male?
Sono
cambiato. Rido di meno e rifletto di più. Oh, davanti agli altri sono il
solito spaccone scavezzacollo; ma è difficile mentirti, Yohei.
Conoscevi
già la risposta, ma non hai detto nulla, solo che dovevo capire da me…
Cosa
sei per me…
La
partita con lo Shoyo. Indimenticabile, perché ho toccato il cielo con un
dito.
L’azione
dell’ultimo minuto è stata una mia schiacciata.
Bellissima,
a detta di tutti.
Fallo
di sfondamento, a detta dell’arbitro.
Era
il mio 5° fallo, mi è costata l’espulsione.
Esco
dal campo mogio mogio e umiliato ancora una volta, incurante degli
applausi, pensando ai miei errori.
Ma
tu sei venuto dietro di me e mi hai chiamato.
<
Ehi ! >
Non
credo alle mie orecchie, ma è proprio così: stai chiamando me.
Non
ho il coraggio di voltarmi, men che meno quello di guardarti in faccia.
Forse
per la paura di sentire uscire dalle tue labbra parole di scherno.
O
forse per la paura di fare un solo, piccolo rumore che mi risveglierebbe
da un sogno meraviglioso.
<
Mi spiace molto- hai detto- era un bel tiro > e sei andato via.
E
io rimango senza fiato.
Ho
sentito la tua voce. La tua voce ha articolato delle parole e ha costruito
una frase. Delle parole per me, non idiota, imbecille, bamboccio, scemo,
ma una frase che vibra di una qualche emozione. Sei dispiaciuto per me.
Rimango
senza fiato e quasi divento paonazzo.
Mi
hai spiazzato, e io ho spiazzato Ayako.
Si
aspettava una qualche battuta delle mie, tipo “ahahah, io sono un genio,
per me niente è impossibile”
Ma
non sono riuscito a dire nulla.
Mi
siedo in panchina e respiro.
Inspiro
lentamente, profondamente.
Espiro
lentamente, profondamente.
Inspiro…espiro…
Per
calmare il mio cuore che, nonostante la calma apparente, batte senza
sosta, all’impazzata.
Per
calmare i miei occhi che iniziano ad osservare con avidità ogni
particolare del tuo corpo.
Per
fermare i miei pensieri che girano vorticosamente, ancorandosi ad una
domanda la cui risposta segnerà la mia rovina:
Cosa
sono per te…
In
quel momento ho pensato qualcosa di incredibile: ho pensato che (forse!!!)
anch’io avrei potuto essere qualcosa per te… un amico, magari. Solo?
Beh… per il momento me lo sarei fatto
bastare. Mi sarebbe bastato sapere di essere degno della tua stima, poi
della tua amicizia e poi forse…
Allora
ho iniziato ad impegnarmi ancora di più. Il basket mi piace, devo
ammettere che non è un gioco da bambini
come pensavo all’inizio, ma il fatto che tu mi sia sempre vicino,
che sia la mia guida, il mio modello,anche se a tua insaputa, dà più
sapore alla cosa. Mi sono dato da fare come un matto pur di guadagnarmi un
altro tuo (microscopico) elogio.
Ma
quello è stato l’apice della mia felicità. Il massimo che potevo avere
da te.
Il
resto è una discesa. Ripida.
Cado,
e la discesa sembra non avere fine…
Cosa
sono per te…
Anche
la partita contro il Kaynan è stata indimenticabile...e chi se la
scorda?!?! Mancano 3 secondi alla fine, la palla è in mano mia, pronto a
passarla ad Akagi e a realizzare il canestro che ci avrebbe aperto le
porte del campionato nazionale.
Ma
sbaglio passaggio e la palla finisce
in mano a Takasago.
Fischio
dell’arbitro. Fine della partita.
Vittoria
del Kaynan.
Piango
come un bambino.
Piango
perché esco ancora sconfitto, perché ho fatto di tutto per contribuire
alla vittoria della squadra e invece ho sbagliato nel momento decisivo,
perché ho cercato invano di ottenere il tuo plauso.
È
del gorilla il braccio sulla mia spalla, è del gorilla la voce che
inutilmente mi consola.
Non
sei tu.
Sono
troppo depresso e salto gli allenamenti
per 2 giorni. Il terzo giorno mi sento combattuto: da una parte
vorrei scappare mille miglia lontano, dall’ altra ho voglia di
rivederti, forse perché spero ancora… spero che tu conservi un barlume
di buona opinione su di me.
Scelgo
la via di mezzo e mi rintano al buio, negli spogliatoi, ora che tutti sono
andati via.
Questo
posto mi piace e mi deprime, quando sono qui e penso a te mi sembra che i
pensieri si materializzino e la tua immagine sbiadita divenga reale e io
posso finalmente toccarti… dall’altra
mi ricorda che sto perdendo la fiducia nella mie capacità di genio,
tornando ad essere uno stupido idiota, proprio come pensi tu.
Improvvisamente
la luce si accende e tu mi
compari davanti.
Ancora
rimango senza fiato, non mi aspettavo di vederti…
…o
forse si…
Ancora
mi illudo che tu possa avere parole di conforto e incoraggiamento per me,
una
parola amica…
Ancora
mi illudo…
Come
al solito vengo umiliato. Dovrei aver fatto l’abitudine, ma questa volta
è troppo..
Dici
che il mio apporto alla squadra è quasi zero,
dici
che nessuno si aspettava nulla di più da me.
Dici
che non valgo niente.
Gelido.
Ho
tanto freddo…
Cerco
di scaldarmi il cuore iniziando a pestarti con furore.
Voglio
farti male, voglio ridurti in poltiglia, farti urlare dal dolore, anche se
non sarà mai abbastanza atroce quanto quello che provo io adesso…
Mi
colpisci forte, ma questa volta non mi fermerai.
Ti
colpisco ripetutamente, miro alla mascella.
Per
farti urlare dal dolore,
ma
soprattutto per non udire dalle tue labbra la risposta alla domanda che più
mi sta a cuore…
Cosa
sei per me…
Cosa
sono per te…
Oggi
lo so. Oggi ho capito. Oggi ho dato voce a tutti i miei dubbi, i miei
timori e le mie paure.
E
ho dato una risposta chiara alle mie domande.
Oggi
ho sentito il tuo discorso col signor Anzai.
Non
volevo origliare, ma la porta era semi chiusa e la tua voce è così
calda, così sensuale, così rara… non potevo fare a meno di ascoltarla,
rapito…
Hai
parlato di America, di basket, di trasferimento.
Ho
ascoltato, e sono rimasto senza parole, senza pensieri, senza fiato.
Un
pallone sgonfio.
Un
albero cavo.
Forma
senza sostanza.
Perché
il tuo unico pensiero, il tuo unico
grande sogno, è quello di andare via, lontano.
Lontano
da qui, lontano da me.
Si,
so che al momento non partirai, ma non mi è di alcun conforto.
Perché
ora ho compreso…
Cosa
sei per me…
Tu
sei l’aria che respiro, il battito del mio cuore, la luce del mio mondo,
la colonna sonora della mia vita…
Potrei
continuare all’infinito, ma queste non sono che frasi riciclate, rese
ancora più banali se messe in bocca a un tipo come me, che di
romanticismo e poesia non ha mai capito un tubo.
Lo
so, meglio ascoltare e dar voce a ciò che dice più semplicemente il mio
cuore... …vorrei dirlo, ma non trovo il coraggio…
…aiutami,
Yohei…
<
…Kaede…io ti amo…>
È
calata la notte. Il buio mi avvolge e io mi illudo di essere avvolto da
te, che tante volte ho paragonato a questo momento della giornata.
Vorrei
scappare ma non posso, te l’ho promesso, Yohei.
Devo
rispondere all’ultima domanda…
Cosa
sono per te…
Guardo
in faccia la realtà.
Se
fossi in me dovrei piangere, urlare, prendere l’albero a testate fino a
farlo cadere, correre a folle velocità su una strada tutte curve…
Ma
non faccio nulla di tutto ciò, e rimango immobile a fissare l’oscurità.
Perché
mi sento
svuotato,
prosciugato,
disintegrato,
annullato.
Perché
conosco la risposta.
E
adesso sono ciò che sono per te.
Niente.
The end
*
* * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * * *
So
che non è il massimo dell’originalità ma mi è uscita di getto, e poi…a me
piace così!
Un
particolare ringraziamento ai Coldplay che, pur non essendo i miei preferiti,
hanno contribuito a rendere l’atmosfera…
Ovviamente
i personaggi non sono i miei bla
bla bla…
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