Disclaimer: i
personaggi di questa fic non sono miei (neanche Francesca Cumetti che
appartiene solo a se stessa ^^)
Note: la fic
prende ispirazione dal ‘Il capolavoro’ di Soffio d’argento. Mi piaceva
l’idea di Ru pittore, spero che Soffio non me ne voglia -.-
Questa fic non è molto
originale. Non è neanche molto bella. E’ solo molto lunga. Ma siete proprio
sicure, sicure di volerla leggere? ^^’’’ Bhe... fate voi... Buon San
Valentino. (_ _)
WARNING:
attenzione... siccome a natale e a capodanno non ho scritto niente il carico
di melassa si è concentrato tutto qui ^^’’
Semplicemente amore.
di Naika
Pow Rukawa.
Un fruscio.
Un lento sospiro.
La dolce carezza della
corolla carminio che si scioglie nell’aria.
Il bocciolo si sfalda
tra le mie dita candide e i petali rossi cadono, fluttuano e si accasciano,
come abiti di seta lucente lasciati scivolare sulla pelle nuda di un’amante
che va scoprendosi.
Stremati, s’adagiano,
con muta eleganza, sull’acqua trasparente della grande vasca da bagno.
Li osservo stendersi
piano, offrendosi al mio sguardo in tutta la loro vellutata, scarlatta,
bellezza.
Li vedo sfiorarsi gli
uni con gli altri, accarezzarsi, tendersi e tremare nel regalare riverenti
baci alla tua pelle dorata, lucente, sotto lo sguardo imbarazzato delle
candele.
La loro luce ansima e
si spezza su di te lasciando che l’ombra sinuosa della tenebra si allunghi
maliziosa, insinuando le sue lunghe dita sulla tua pelle umida.
Sospiri piano, gli
occhi chiusi e il capo riverso, abbandonato, contro il bordo di marmo latteo
della vasca da bagno mentre io non posso che trattenere il fiato dimentico
di ciò che stavo facendo.
I capelli rossi,
bagnati, si sciolgono sui tuoi lineamenti in morbide lingue di velluto
carminio.
Le ciglia sfiorano le
tue gote leggermente arrossate dal calore, disegnando sottili ombre sfumate,
sul tuo volto rilassato.
Mi manca l’aria.
Socchiudi le palpebre,
piano, e nella penombra ondeggiante della stanza vedo i tuoi occhi rilucere
della languida fiamma della candele sciogliendo cioccolato, oro e rubino
nelle tue iridi incandescenti.
“Ru che stai facendo?”
la tua voce è bassa e leggermente divertita.
Quasi maliziosa.
Appoggio il pennello
che non ho ancora intinto nel colore, con un sospiro.
Io stesso ho creato
questa scenografia per te.
Era da tanto che volevo
ritrarti così.
Nudo, abbandonato, in
un liquido oceano scarlatto.
Petali di rosa rossa.
Vellutati come le tue
labbra.
Morbidi come la tua
pelle.
E l’acqua trasparente,
rugiada scintillante tra i tuoi capelli bagnati, pioggia silenziosa sui tuoi
addominali scolpiti, onde lascive sulle tue lunghe gambe.
“Resta così un
momento....” mormoro scuotendo il capo, spingendo indietro una ciocca scura,
sfuggita alla stretta, piccola coda, che tiene raccolti i miei capelli,
prima di lasciare la stanza.
La luce della camera da
letto per un momento mi abbaglia mentre apro il cassetto della grande
scrivania prendendone la macchina fotografica.
Quando torno in bagno
lo trovo nuovamente ad occhi chiusi, rilassato, nell’acqua calda.
Splendido.
E’ l’unica parola che
la mia mente riesce a formulare.
E’ così innocente e
puro il modo in cui abbandona il suo corpo nudo alla carezza dei petali di
rosa.
Così languido e
stremato il suo fisico perfetto, accarezzato dal velo perlaceo del vapore.
Scintillante, la sua
pelle umida sotto i baci della luce dorata delle candele rosse.
Il flash della macchina
fotografica lo riscuote bruscamente dai suoi pensieri facendogli spalancare
gli occhi.
“Che stai facendo!”
ansima, rizzandosi a sedere nella vasca.
“Non posso dipingere
con l’originale davanti...” gli sussurrò spostandomi per catturare la sua
immagine da un’altra angolazione.
“...mi distraggo...”
gli soffio malizioso e noto le sue guance tingersi del velo leggero
dell’imbarazzo.
Delizioso.
Il flash scatta di
nuovo e lui mi lancia un’occhiata furente.
La mia magnifica belva
indomita.
La mia fiera.
Non accetti padroni ne
dominatori.
Nel tuo sguardo
fiammeggia orgoglio e sfida.
Una sfida che io ho
raccolto due anni fa.
Scatto di nuovo
imprigionando il tuo fuoco sulla pellicola scura, questo è l’unico modo
concessomi per catturarti.
Perchè nemmeno a me, il
tuo amante, hai lasciato il controllo totale.
Mi ricordi un gatto,
sai?
Ti lasci accarezzare da
me.
Ti accoccoli tra le mie
braccia dopo che abbiamo fatto l’amore.
Fai le fusa quando ti
riservo un sorriso o un ‘ti amo’.
Ma se oltrepasso la
linea prestabilita, se pretendo il controllo totale o invado i tuoi spazzi
arruffi il pelo e mi soffi contro.
Sorrido tra me,
rimproverandomi mentalmente.
D’altronde io...
sono uguale a te.
E questo nostro essere
rimasti indipendenti pur essendoci fusi l’uno nell’altro che ci consente di
amarci più di chiunque altro.
Appoggio la macchina
fotografica sul lavandino e mi libero dell’accappatoio bianco prima di
entrare nell’acqua profumata.
“E adesso che vorresti
fare?” mi chiede lanciandomi uno sguardo bruciante.
Un demone del fuoco
venuto a reclamare la mia anima.
Mi chino sulle sue
labbra accarezzandogliele con la lingua, piano, finchè lui non le socchiude
per me.
Mai l’inferno mi è
parso luogo così accogliente e luminoso...
...
Il suono della sveglia
tagliò con il suo trillò allegro l’alba ovattata, provocando un lungo gemito
seccato dal garbuglio di lenzuola e cuscini che ancora imprigionava nel suo
calore i due corpi abbandonati.
Hanamichi scostò le
coperte passandosi una mano tra i capelli arruffati prima di allungare il
braccio e spegnere il maledetto aggeggio.
Il suo compagno invece
non dava segno di volersi muovere.
Anzi.
Si era girato
dall’altra parte e continuava a dormire beato.
Sakuragi l’osservò
sollevando un sopracciglio più divertito che esasperato.
Da quanto stavano
insieme ormai?
Quasi due anni, da
quando avevano cominciato l’università.
Anche se tutto era
cominciato dopo la partita contro il Sannoh.
Quel giorno qualcosa
era cambiato tra loro.
E se n’erano accorti
entrambi.
Avevano passato un anno
intero a studiarsi.
Non più ad insultarsi
ma semplicemente a girarsi attorno come due gatti che, incontratisi sulla
via si scrutano a vicenda, con circospezione sì, ma anche con sorpresa e
curiosità.
Tra loro si era
stabilita una muta tregua.
Un silenzioso
armistizio che era evoluto l’anno successivo in segreta complicità.
Sempre più spesso si
erano ritrovati negli stessi luoghi, nello stesso momento.
Sempre più spesso i
loro occhi si erano cercati, trovandosi.
Avevano cominciato ad
uscire insieme, avvicinandosi l’uno all’altro, lasciando che le loro
consapevolezze si sfiorassero e che le loro barriere cadessero una dopo
l’altra.
Finchè non era giunto
il momento del diploma.
Della separazione.
E Rukawa gli aveva
fatto quella proposta.
Prendere insieme un
appartamento, da dividere, loro due, come ‘amici’.
Kaede si era iscritto
alla facoltà d’arte dell’università di Hanamichi.
Una vera sorpresa per
tutti tranne che per quest’ultimo che ormai conosceva da tempo l’amore
segreto del volpino per la pittura.
Quante volte il moretto
aveva recuperato sul banco le ore passate a dipingere, la notte.
Inoltre il centro di
studi era noto per la sua forte squadra di basket.
Così il volpino avrebbe
potuto portare avanti entrambe le sue passioni.
Passioni che in realtà
erano tre...
E quando Hanamichi
acconsentì a dividere l’appartamento con lui, per non dover fare avanti e
indietro da casa sua tutti i giorni, tutti i tasselli erano andati al loro
posto.
Quella prima sera
quando il rossino aveva messo piede nel locale ammobiliato, ma ancora
stracolmo degli scatoloni da disimballare, si era guardato attorno in
silenzio prima di voltarsi verso il volpino che si era appena richiuso la
porta alle spalle.
“Casa... nostra...” il
suo era stato a malapena un sussurro.
“Sì...” era stata la
risposta soffiata dal moretto, prima che questi allungasse il braccio,
attirandolo a se, sfiorandogli le labbra con le sue.
Il loro primo bacio.
La risposta alle
domande che ancora erano in sospeso tra loro.
L’equilibrio si era
spezzato insieme ai loro respiri, quella notte, sul grande letto
matrimoniale dell’appartamento.
Le loro anime avevano
smesso di studiarsi, di sfiorarsi, fondendosi finalmente una nell’altra, nel
calore bruciante dei loro corpi allacciati tra le lenzuola arruffate.
Pow Hanamichi
Mi riscuoto dai miei
ricordi sentendo il mio volto accaldarsi.
Ormai non dovrei
arrossire ma il ricordo di quella nostra prima volta ha ancora il potere di
scuotermi.
Ricordo l’imbarazzo e
la paura.
L’esigenza e il bisogno
bruciante.
Ricordo quei sentimenti
che sembravano soffocarmi, distruggermi, quando lui si stese su di me...
Ricordo il suo sguardo
nel mio.
La mia stessa
confusione.
Il mio stesso
desiderio.
La sua premura nel
prepararmi, la sua dolcezza nel chiedermi di fidarmi di lui.
E quelle due parole
sussurrate sulla mia pelle umida.
“Ti amo..”
Solo poche sillabe...
ma tutto attorno a me si sciolse in un bozzolo di calore che ci avvolse,
accecandoci, proteggendoci, ed infine esplodendo, con noi, e il nostro grido
di piacere.
Ridacchio tra me e me
allungando una mano per spostare le coperte.
Anche la mia bella
volpe a volte grida.
E il sapere che solo
a me è concesso di vederlo così, che solo con me lui si abbandona
completamente mi fa sentire...
Mi fa sentire...
Oh cavoli!
Non ci sono parole per
definire quello che sento in quel momento!
Lui, Kaede Rukawa, la
persona più orgogliosa e introversa che abbia mai conosciuto...
Lui, si lascia andare
completamente.
Per me.
Con me.
In me.
Mi muovo lentamente,
scostando piano il lenzuolo per scoprire il suo corpo perfetto.
Il tessuto candido
accarezza dolcemente la sua pelle lunare scivolando riverente sulle spalle
larghe, sfiorando le scapole per poi accasciarsi in morbide pieghe attorno
ai suoi fianchi eleganti.
I capelli neri,
lucenti, gli accarezzano la pelle alabastrina in lunghe ciocche d’inchiostro
liquido, pennellate di tenebra sulla sua candida perfezione.
A volte mi chiedo che
cosa ho fatto per meritare un simile dono.
Un angelo.
Perchè solo una
creatura celeste può ambire a paragonarsi alla sua regale eleganza.
Solo un essere che
dentro di se porta la luce di una stella potrebbe pretendere di brillare più
di lui.
I raggi del sole,
sfumati dalla cortina di tende leggere, piovono su di lui in piccoli baci
dorati disegnando lunghe ombre d’argento tra i suoi capelli scuri, sulla sua
pelle serica.
Il petto nudo si alza e
si abbassa piano al suono leggero del suo respiro mentre mi attardo a far
scorre lo sguardo su di lui.
Sul suo volto rilassato
nel sonno.
Sulle lunghe ciglia
nere, piccoli arabeschi perfetti sulle sue guance.
Sulle sue labbra
sottili.
Una linea rosea,
dolcemente arcuata, di cui conservo gelosamente il sapore.
“Kaede...” lo chiamo
piano, facendo scivolare un dito sulla linea dolce della mascella.
Tutto in lui è poesia.
Sembra quasi un canto
di lode.
Sì, un’opera perfetta
messa tra noi solo per ricordarci l’esistenza di Dio.
E’ diventato ancora più
bello.
Non è più un ragazzo
ora.
E’ un uomo.
Il suo corpo ha
acquisito potenza senza perdere grazia.
I suoi muscoli sono
linee eleganti di seta bianca.
La sua pelle è raso
perlaceo.
Emette un leggero
sospiro socchiudendo le labbra e le sue palpebre fremono, leggere ali di
farfalla, prima di sollevarsi ad ombreggiare i suoi occhi.
Tu che sei un pittore
Kaede, dimmi, esiste in natura un colore simile?
Laghi di montagna dalla
argentea superficie ghiacciata.
Oceani blu dalle
profondità insondabili.
Cieli incontaminati,
infinite lande d’azzurro terso.
“Che cosa c’è?”
sussurri allungando una mano per sfiorarmi una guancia, nel notare il mio
sguardo attento.
Capisco perchè tutta
l’università ti muore dietro.
Anch’io potrei spirare
per un tuo segno, lo sai?
Nasco e muoio nei tuoi
sorrisi, Kaede, ne sei consapevole?
E quando mi guardi come
fai ora, quando allunghi la mano per sfiorarmi con delicatezza quasi fossi
un cristallo, qualcosa di prezioso e bello, io...
Avverto la dolcezza e
il calore con cui silenziosamente mi avvolgi...
Avverto la tua luce, la
forza che metti a mia disposizione...
La determinazione con
cui mi proteggi...
...e non posso fare a
meno di ripetermi all’infinito quella domanda: “Che cosa ho fatto per
meritarti?”
Mi esce in un sussurro
leggero senza che riesca a trattenerla.
“Do’aho...” me lo soffi
piano attirandomi a te, sfiorandomi le labbra con le tue.
Velluto morbido sulla
mia pelle.
Un tocco leggero e
fresco, possessivo e dolce, come te.
“Non offendere il
tensai, stupida volpe!” gli rispondo dolcemente, ripetendo quella battuta
che tante volte gli ho rivolto e che ora vuol dire semplicemente: “grazie”.
Semplicemente...
grazie.
Perchè se mi mettessi
ad elencare tutti i motivi potrei star qui per delle ore e dimenticarne
comunque qualcuno.
Potrei non trovare le
parole giuste per esprimere ciò che sento.
Potrei non formulare
bene ciò che mi regala il tuo semplice esistere.
E allora, per una
volta, non dico nulla.
Io, che delle parole
faccio sempre un gran uso, ora resto in silenzio, guardandoti.
Perchè non esistono
parole per quello che ti devo dire, Kaede.
Semplicemente...
grazie.
E so che non ha bisogno
di sentire la mia voce... lui legge direttamente nei miei occhi.
Lo so perchè guardando
nei suoi vedo il mio volto, riflesso.
E quel ragazzo dai
capelli rossi è bello.
Non perchè sia
bello.
Ma perchè ha dentro
una luce che gli illumina lo sguardo e si riflette nel suo sorriso.
Lo so perchè guardando
nei miei occhi lui vedrà ciò che vedo io.
Il suo volto,
illuminato da quella stessa luce.
“Ti amo...” mormoro
piano, chinandomi su di lui per lasciare che una volta ancora le stelle
gemelle che pulsano nelle nostre anime allo stesso, profondo, ritmo, si
fondano insieme in un unico astro lucente.
Si separa da me dopo
pochi istanti ed è ancora più bello coi capelli arruffati sulla federa
bianca, le labbra socchiuse, leggermente gonfie, umide, e quello sguardo
luminoso.
Sguardo che si tinge di
sfaccettature viola quando d’un tratto mi afferra per i fianchi e mi
rovescia sul letto, mettendosi a cavalcioni su di me.
“Ti amo anch’io...
do’aho...” mi provoca dolcemente e io davvero gli vorrei rispondere a tono
se lui non si fosse abbassato e stesse ingiustamente mettendomi a tacere con
la sua tecnica preferita.
Non che a me dispiaccia,
però non vale!
Fortuna che ne il mio
corso, ne quello di Kaede, prevede la frequenza obbligatoria...
Pow Rukawa
Si è addormentato.
Il letto è un groviglio
di lenzuola arruffate e cuscini gettati alla rinfusa.
Onde candide su cui è
riverso il suo corpo dorato.
Sono scivolato fuori
dal suo abbraccio in silenzio colpito dalla tenue luminescenza che la luce
solare traeva sulla sua pelle umida e ora sono qui in piedi, davanti al
letto, ad ammirare il suo esausto riposo.
Mi ha chiesto che cosa
ha fatto per meritarmi...
Do’aho.
Dovrei porre io questa
domanda a lui.
Prendo l’accappatoio e
mi sposto nel bagno dove recupero il cavalletto e la tela che vi avevo
lasciato ieri sera.
La stanza è un macello
di acqua, petali di rosa e candele spente.
Avremo il nostro bel da
fare per pulire, poi.
Porto in camera nostra
la tela bianca, candida come il mare di lenzuola che gli fa da coreografia.
Facendo attenzione a
non far rumore, per non svegliarlo, prendo la matita e comincio a tracciare
piccoli segni.
La mia mano scivola
sulla tela, leggera, sinuosa, ripercorrendo le linee della sua figura.
Le mie dita sfiorano la
tela ruvida in lievi carezze, le stesse che solo poche ore fa ho riservato a
quel corpo che ora sto riportando nel disegno davanti a me.
Credo di non aver mai
completato uno schizzo in così poco tempo, d’altronde è facile quando non si
ha nemmeno bisogno di vedere il modello.
Ogni muscolo, ogni
centimetro del suo essere è impresso a fuoco nella mia mente.
Osservo i raggi solari
colorare d’oro la sua pelle, passare le loro dita lucenti in tenere carezze
tra i suoi capelli dai riflessi di fiamma.
Temo che difficilmente
riuscirò a riprodurre il calore e la luce che emana in questo momento.
La pace e la quieta
felicità che mi dona vederlo così, gemma oro e rubino sul raso bianco.
Il pennello rincorre le
linee lasciate dalla matita, le piccole setole bagnate di colore lasciano
lunghe scie umide sul tessuto bianco, piccola lingua impertinente che
assaggia le sue forme con insolenza.
Sto diventando geloso
di un pennello, la cosa è preoccupante!
Ormai sto dando
l’ultimo riflesso dorato al fascio di luce che, attraversando il quadro,
bagna il corpo dell’angelo abbandonato, tra le lenzuola candide,
scintillando tra i capelli rossi che scivolano languidi e spettinati a
coprirgli il viso, celando il suo volto, quando Hanamichi comincia a
muoversi tra le coltri arruffate.
Quel rumore leggero mi
riscuote dal mio torpore proprio nel momento in cui appoggiò il pennello, ad
opera completata.
Mi sembra di essermi
appena destato da un lungo sonno, sono stordito e sorpreso.
Faccio un passo
indietro, osservando con le palpebre socchiuse il mio lavoro.
E’ perfetto.
Ha la stessa morbida
luminosità della sua pelle.
La languida innocenza
del suo corpo abbandonato.
La calda purezza del
suo sonno esausto.
Per la prima volta in
tutta la mia vita non c’è niente, assolutamente niente, che vorrei cambiare
in una mia opera.
“Ti sei messo a
dipingere?” mormora lui, stiracchiandosi prima di scivolare giù dal letto
usando il lenzuolo per cingersi i fianchi.
Gira intorno alla tela
mentre io l’osservo attentamente e vedo i suoi occhi spalancarsi nel
guardare il mio lavoro.
Non è solo un dipinto.
E’ una dichiarazione
d’amore.
“Kaede...” ansima
voltandosi verso di me incredulo e una lacrima gli scivola giù, silenziosa,
per la guancia.
“Non piangere...” gli
sussurro all’orecchio avvolgendolo nel mio abbraccio e lui si lascia andare
contro la mia schiena poggiando le sue mani sulle mie.
“Non sto piangendo...”
mormora piano.
Passiamo lunghi minuti
così, semplicemente abbracciati finchè il suono del campanello non ci fa
sussultare entrambi.
....
Rukawa sciolse il
compagno dal suo abbraccio con un leggero disappunto.
Era così caldo e
piacevole tenere stretto il suo do’aho.
“Mettiti addosso
qualcosa...” gli sussurrò all’orecchio prima di dirigersi verso la porta
d’ingresso.
“Ciao! Avresti mica del
sale da prestar...” Akira interruppe la sua domanda a metà osservando il
volpino.
“Ancora a letto a
quest’ora?” chiese divertito notando che il ragazzo indossava solo
l’accappatoio.
Rukawa sospirò
scuotendo le spalle.
“Dai entra..” disse
invitandolo nell’appartamento.
“Akira buon giorno!” lo
salutò Hanamichi uscendo in quel momento dalla camera con addosso un paio di
jeans e una semplice maglietta nera, senza maniche.
“Buon pomeriggio,
vorrai dire..” lo corresse bonariamente il ragazzo dalla strana capigliatura
“...quando non ti ho visto in aula, stamattina, avrei dovuto capire che
c’era stato qualche contrattempo...” mormorò.
“Ha parlato il re degli
hentai!” sbottò il rossino incrociando le braccia sull’ampio petto.
Rukawa sollevò gli
occhi al cielo, ormai era abituato ai battibecchi dei due.
“Io vado a vestirmi..”
disse uscendo dalla sala, lasciando il compagno a vedersela con l’ex asso
del Ryonan.
“Bhe che sei venuto a
fare?” chiese invece Hanamichi dirigendosi in cucina e cominciando a
rovistare nella credenza alla ricerca della teiera.
“Oh sì, quasi
dimenticavo, Hiro voleva preparare il riso ma si è accorto che abbiamo
finito il sale sono venuto ad elemosinare dai nostri vicini...” disse con un
sorriso radioso.
“Il riso a quest’ora?”
chiese perplesso il rossino prima di notare con sgomento che era mezzo
giorno e venti.
“Ecco prendi!!” disse
allora aprendo nuovamente la credenza per porgergli un pacco di sale.
Nel frattempo anche
Rukawa li aveva raggiunti e aveva preso dal lavello una vecchia tazza in cui
sciacquare i pennelli.
“Cos’hai dipinto
stavolta?” s’interessò, incuriosito, Akira notando il rosso, il bianco e
l’oro mescolarsi nell’acqua ragia in cui il volpino aveva immerso i vari
strumenti di lavoro.
Hanamichi arrossì e il
volpino si lasciò sfuggire un sorriso mentre Sendoh passava lo sguardo da
uno all’altro.
“Dai vieni te lo
mostro...” mormorò alla fine il moretto, accompagnando l’amico nella camera
da letto.
Hanamichi scosse il
capo con un sospiro prima di seguirli.
E pensare che era
sempre stato convinto che Rukawa e Sendoh si detestassero!
Gli era venuto un mezzo
infarto quando aveva scoperto che l’asso del Ryonan era invece la cosa più
vicina ad un amico che Rukawa avesse.
Era stato il porcospino
ad aiutarlo a capire che cosa provava per Hanamichi, che gli aveva
dimostrato quanto fosse possibile un rapporto tra ragazzi parlandogli di
quello esistente tra lui e Koshino già da un anno.
E la loro amicizia era
andata saldandosi quando Akira, che ancora cercava un appartamento, era
stato avvertito da Rukawa che nel loro palazzo ce n’erano diversi di liberi.
Chissà che cosa avrebbe
detto il Sakuragi di un tempo se lo avessero informato che un giorno avrebbe
diviso il pianerottolo di casa con Akira Sendoh e Hiroaki Koshino!
“Kami...”
l’ansito sorpreso del porcospino lo riscosse bruscamente dai suoi pensieri.
“E’ bellissimo Kaede!”
esclamò fissando il quadro con attenzione e Hanamichi ringraziò mentalmente
tra se che le lenzuola gli coprissero quando meno il ventre.
Già così era abbastanza
imbarazzante!
Il viso del ragazzo era
nascosto dal gioco delle luci ma era facile capire chi fosse, dato che i
capelli rossi dell’addormentato cadevano in morbide ciocche sui cuscini
bianchi e sul volto dorato, sfiorandone teneramente i lineamenti distesi.
Ed era fin troppo
chiaro che sotto quel lembo di lenzuolo che gli disegnava gli addominali e i
glutei scolpiti, delineando le sue forme senza tuttavia permettere di
scorgerne l’intimità, il giovane fosse nudo.
Il letto poi era così
arruffato da non dare adito ad ulteriori dubbi su che cosa
avesse stancato tanto la bella creatura che riposava esausta nel grande
letto.
“Tutto merito
dell’immenso talento del tensai nel fare da modello!” si riprese celermente,
sperando che il calore che sentiva non corrispondesse ad un quanto mai
imbarazzante rossore.
“Stavi dormendo...” gli
ricordò serafico il compagno.
“Il tensai è un tensai
anche quando dorme!” sbottò il rossino battagliero ricevendo in cambio
l’ennesimo “Do’aho!”
Akira li guardò
bisticciare confrontando quella scena con la pace del quadro.
Sorrise pensando che
infondo erano due manifestazioni della stessa cosa.
Quei due testoni si
amavano.
Si amavano così tanto
che era impossibile non notarlo anche mentre stavano litigando.
Il campanello che
suonava li interruppe facendo sussultare Akira.
“Accidenti!” sbottò
correndo alla porta.
“Ti sei perso?” gli
chiese un, leggermente scocciato, Hiroaki, da dietro la soglia.
“Scusa!” esclamò Sendoh
“Stavo ammirando l’ultimo lavoro di Kaede!” disse prendendolo sotto braccio
per trascinarlo dentro casa.
“Hai finito il quadro
per la mostra?” chiese Koshino seguendo l’amante di buon grado, molto
interessato.
“Mo... mostra???”
chiese alquanto perplesso Hanamichi e quando l’ex play del Ryonan vide il
soggetto capì anche il perchè di tanto sgomento.
“Ho sentito che la
facoltà d’arte ha allestito una mostra per domenica prossima e che ogni
studente è tenuto a portare un’opera nuova...” spiegò al rossino,
distrattamente, mentre osservava la tela sul cavalletto.
“Non... non vorrai mica
presentare questo vero kitsune?” chiese Hanamichi sentendosi
leggermente preoccupato.
“Bhe l’opera viene
valutata come esame, se non sbaglio, e con questo prenderesti sicuramente il
massimo.” mormorò Hiroaki rivolgendosi a Kaede.
Il moretto annuì,
tuttavia pensieroso.
Era da un po’ che
pensava di dipingere Hanamichi.
Non si era mai
cimentato in quadri che ritraessero persone, la sua specialità erano i
paesaggi naturali, il mare, il vento, gli alberi.
Gli piaceva cercare di
catturare sulla tela la forza pura e indomita degli elementi naturali.
Sorrise tra se
spostando lo sguardo nuovamente sul dipinto.
Infondo... era
esattamente quello che aveva fatto.
La voce di Koshino lo
riportò bruscamente al presente “Non so se sia una diceria ma mi hanno detto
che è stato invitato anche un famoso critico d’arte dall’Italia”.
“Davvero?” chiese
sorpreso.
L’altro ragazzo annuì
prima di prendere Akira per un braccio “Andiamo o mangeremo tra mezzo secolo
e tu devi andare agli allenamenti dopo!” lo rimproverò bonariamente
spingendolo verso la porta.
“Accidenti me n’ero
dimenticato!” esclamò l’ex stella del Ryonan “Per fortuna che ci sei tu Hiro!”
disse scoccandogli un bacio a tradimento sulle labbra.
“Aki!!!” protestò il
suo compagno imporporandosi.
La porta si richiuse
alle sue spalle mentre Hanamichi ancora li fissava divertito, tornò tuttavia
serio nel volgersi verso l’amante che ancora osservava la tela, ora
perplesso.
“Pensi di portare
questo alla mostra?” gli chiese Hanamichi abbracciandolo.
“Non lo so...” ammise
il volpino “...è sicuramente il più bello tra i miei dipinti ma...”
“Ma?” gli chiese
Hanamichi.
“Bhe a parte che non ci
sono molti giapponesi coi capelli rossi e che non ci vorrà molto perchè
tutti sappiano chi è...” disse indicando il disegno e facendo arrossire
Hanamichi “...non so, non mi va che gli altri ti vedano così...” disse
girandosi nel suo abbraccio per fissarlo negli occhi.
“Però kitsune se è vero
che ci sarà quel critico in giro, sarebbe una grande occasione...” mormorò
Sakuragi cercando di convincere anche se stesso.
Si sentiva un po’ in
imbarazzo ad immaginare quel quadro sotto gli occhi di tutti.
“Ci devo pensare..”
sussurrò il volpino tornando a volgersi verso la tela colorata.
Pow Hanamichi
Alla fine Rukawa ha
portato il quadro alla mostra e devo dire che non mi sento così in imbarazzo
come credevo.
Anzi dopo un primo
momento di leggero... ok, ok... di totale... panico... devo dire che
più passano i minuti più il mio petto si gonfia.
Kaede sta
dichiarando a tutta la scuola che mi ama!
Non avevo pensato a
questo lato della faccenda finchè non ho visto il titolo del quadro.
“My heart”
figurarsi se la volpe rinunciava all’inglese!
“E così il nostro bello
e impossibile non sole ha un cuore ma ce l’ha pure impegnato..” sento una
voce commentare.
Il solito “Hn” è tutto
quello che riceve in risposta il misterioso interlocutore del mio ragazzo
mentre io mi volto per vedere chi è che ha parlato.
Non c’era cattiveria o
scherno nella sua osservazione, solo piacevole sorpresa.
Scuoto il capo
rassegnato, temo che anche in classe la mia volpetta si comporti da
frigorifero esattamente come al liceo.
Bhe dicono che tutti
gli artisti sono un po’ strani.
Finalmente individuo la
persona che sta accanto al volpino.
Ad occhio e croce direi
che è più giovane di noi, ha un viso rotondo, un po’ infantile, e due grandi
occhi verdi semi nascosti dai capelli tagliati in modo assurdo.
Sembra che abbia
incontrato un parrucchiere folle!
O qualcuno che falciava
il prato senza guardare dove andava.
Per non parlare del
fatto che le ciocche sono di un, quanto mai improbabile, biondo platino.
Mah gli artisti...
Mi avvicino a loro per
dire a Kaede che me ne vado.
Ho lezione tra un
quarto d’ora e ci vorrà un bel po’ perchè io arrivi in facoltà.
Non potevano mettere le
mie aule più vicine a quelle della volpe?
Non è giusto!
Sendoh è stato più
fortunato di me.
Economia, la facoltà di
Koshino, è spiaccicata alla nostra!
“E poi l’idea di fargli
i capelli rossi è geniale!” continua il ragazzo parlando con Ru.
“Il rosso è il colore
della passione!” sentenzia tutto preso dalle sue considerazioni artistiche
anche se, noto con sorpresa che Rukawa lo sta ad ascoltare con attenzione.
“Kaede...”
La mia voce li riscuote
entrambi.
O forse è il timbro
caldo e familiare con cui chiamo il suo nome che li fa voltare
immediatamente.
Ed è incredibile notare
quanto gli occhi del mio volpino si addolciscano quando mi guarda.
Mi fa sentire così bene
quella luce calda che si accende nelle sue iridi ogni volta che le posa su
di me.
Il ragazzino invece non
appena sposta lo sguardo su di me spalanca gli occhi e la bocca con un
movimento perfettamente sincronico facendosi sorridere divertito.
“Non vale!!” protesta
“Io credevo che lui fosse opera del tuo senso artistico non che esistesse
davvero!” dice incrociando le braccia sul petto lanciando uno sguardo
fintamente oltraggiato al mio ragazzo.
Non riesco a capire se
il suo è un complimento... mah...
Kaede scuote il capo
prima di indicarmi il ragazzino al suo fianco “Hana questo è Kei Kurosaki il
mio sensei di Cromia” me lo presenta.
Stavolta tocca a me
spalancare gli occhi.
Sensei?
Cioè questo ragazzino è
un’INSEGNANTE?????
Kurosaki ridacchia
notando la mia espressione mentre Rukawa scuote piano il capo rassegnato.
Bhe.. ok... non mi sono
comportato in modo molto educato però.... cavoli!
Vorrei aver visto che
faccia ha fatto LUI la prima volta che Kurosaki si è presentato!
“Sensei, questo è
Hanamichi Sakuragi, il mio ragazzo” continua Kaede strappandomi
bruscamente dalle mie elucubrazioni.
Oddio... oddio...
oddio!!!
E’ la prima volta che
mi sento presentare come il ‘suo ragazzo’ ad un completo estraneo!!
Il mio cuore sta
facendo le capriole, mi sento così felice che mi metterei a saltellare!
Bhe in effetti saltello
mentre vado verso la mia facoltà dopo averli salutati.
Anzi mi metto pure a
canticchiare....
Sono felice.
Così felice!!
“Come mai quel sorriso
da ebete?” mi chiede gentilmente Sendoh spostando la giacca che aveva
lasciato sulla sedia accanto alla sua per tenermi il posto.
I casi della vita!
Oltre a coinquilino
Akira frequenta anche la mia stessa facoltà.
Lascio andare un
sospiro estatico ma non ho il tempo di raccontargli nulla dato che l’arrivo
del professore ci interrompe.
....
“Co... cosa...???”
balbettò incredulo Hanamichi.
Era passata una sola
settimana da quando Kaede aveva esposto il quadro e ora...
Il famoso critico, che
era davvero andato alla manifestazione, anche se nessuno sembrava averlo
notato, era rimasto affascinato dal dipinto del volpino e gli aveva proposto
un soggiorno studio di un mese nel suo paese.
L’Italia.
La patria degli
artisti.
Un’enorme opportunità
per il moretto.
Però un mese...
Tutto il mese di
febbraio....
Era un periodo lungo,
infinito!
“Tu che cosa gli hai
risposto?” gli chiese Sakuragi ancora incapace di pensare coerentemente.
Il suo cuore e la sua
mente urlavano due cose opposte.
Rukawa si alzò e gli si
avvicinò sfiorandogli dolcemente una guancia.
“Gli ho detto che devo
pensarci..” rispose piano.
Gli ho detto che
devo pensarci...
Hanamichi trattene il
respiro per un lungo momento, incredulo.
Rukawa... Rukawa aveva
messo in forse la più grande opportunità che poteva capitargli per
rispettare i suoi sentimenti.
“Vai...” mormorò piano
prendendo la sua decisione.
Kaede lo guardò in
silenzio, nel suo sguardo la voglia di partire e il timore di ferire la
persona che amava.
Hanamichi gli sorrise
dolcemente “Suvvia Kaede il genio può resistere ventinove giorni senza di
te!!” lo rassicurò.
“Ma San Valentino...”
mormorò Rukawa facendolo arrossire.
“Lo festeggeremo doppio
quando tornerai!” disse zelante ricordando che il volpino ancora gli doveva
una cena coi fiocchi.
Il moretto annuì,
sfiorandogli le labbra con un bacio prima di alzarsi e raggiungere il
telefono e Sakuragi si lasciò sfuggire un piccolo sospiro mentre lo
ascoltava discutere brevemente dei preparativi per il viaggio.
Pow Rukawa
Osservo le mie valige
passare il check in prima di ritirare la carta d’imbarco e ritornare alla
saletta dove Hana mi attende.
Do’aho non guardarmi
così starò via un mese, non un anno!
Anche se devo ammettere
che la sola idea di dover mangiare da solo, dormire da solo... sì insomma
ricominciare a fare la vita che facevo prima di stare con lui... mi viene un
certo senso di claustrofobia.
“Ti chiamo appena
arrivo ok?” gli mormoro sfiorandogli un braccio con dolcezza.
Lui annuisce in
silenzio, mordicchiandosi le labbra.
Perchè diavolo questo
aeroporto è così affollato!?
Ho una voglia
incredibile di baciarlo!
“Vieni...” gli sussurro
prendendolo per mano e trascinandolo fino ai, poco lontani, bagni.
Mi chiudo la porta alle
spalle nello stesso secondo in cui poso le labbra sulle sue.
Hanamichi solleva le
braccia stringendomi a se rispondendo con passione al mio bacio e io mi
sento nuovamente perdere in questo paradiso fatto di calore e amore.
Ci stacchiamo solo dopo
diversi secondi quando sento l’altoparlante annunciare il mio volo.
“Devo andare...”
sospiro piano.
Mi è passata tutta la
voglia di partire!
Hanamichi mi regala un
sorriso luminoso “Allora vai kitsune, non vorrei che tu perdessi il tuo
aereo!” mi dice spingendomi fuori dai bagni.
L’aeroporto sembra così
piccolo visto dal finestrino dell’aereo.
Mi chiedo se Hana è
ancora lì a fissare questo ammasso di metallo che mi sta portando lontano da
lui o se n’è già andato.
Io stesso ormai riesco
a malapena a scorgere le piste da cui siamo decollati.
Sospiro staccando a
forza lo sguardo dal finestrino e mi ritrovo gli occhi attenti di Francesca
puntati nei miei.
Lo so che questa mia
osservazione può sembrare maschilista ma.. bhe non avevo notato il critico
d’arte perchè mi aspettavo un uomo.
La mia faccia di bronzo
mi ha permesso di non mostrarmi stupito quando il rettore me l’ha presentata
alcuni giorni dopo la mostra.
“Stai pensando a lui?”
mi chiede con il sorriso di chi la sa lunga.
Mi da un po’ fastidio
questo suo interessamento per la mia storia con Hana però a sua discolpa
devo dire che lo fa con gentilezza e non per soddisfare una sua curiosità
morbosa.
“Hn..” borbotto ed è
chiaro anche a lei che non conosce bene il ‘rukawese’, come lo chiama il mio
do’aho, che il mio è un sì.
Negare, d’altronde, non
avrebbe senso.
“Ah come vorrei un
amore come il vostro!!” sospira con un sorriso e io non posso fare a meno di
scuotere il capo divertito.
E’ un po’ pazza ma è
simpatica.
...
Hanamichi ripose la
cornetta con un sospiro.
La sua kitsune era
giunta a destinazione e con sua immensa gioia gli avevano riservato una
stanza singola all’ostello.
Meglio così.
Non si fidava tanto
delle italiane.
Quelle lì appena
vedevano la volpe avevano il coraggio di saltargli addosso!
Sperava che Rukawa si
abituasse presto al fuso orario, otto ore di differenza non erano uno
scherzo.
Magari si sarebbe
addormentato alle lezioni.
Rise tra se a quel
pensiero rammentando i giorni del liceo quando al suo bel compagno bastava
un banco per assopirsi.
“Bene cenato ho
cenato..” mormorò sovra pensiero dirigendosi verso la camera da letto.
Sembrava così grande
solo per lui.
Sospirò scuotendo il
capo rassegnato, Rukawa gli mancava, non poteva farci niente.
Si fece una doccia
veloce e poi s’infilò sotto le coperte con il grosso manuale di psicologia
tra le mani, almeno poteva cercare di studiare.
Si riscosse dalla
lettura solo qualche ora dopo, la testa cominciava ad appesantirglisi e una
veloce scorsa all’orologio gli fece notare che ormai era anche abbastanza
tardi.
Mise il piccolo
segnalibro dorato, dipinto personalmente dal suo ragazzo, tra le sottili
pagine candide, prima di allungare una mano e spegnere la luce.
Strofinò la guancia
contro le lenzuola, abbracciando il cuscino alla ricerca di un piccolo
sostituto del suo amato prima di scivolare dolcemente tra le maglie del
sonno.
....
Caldo.
Umido e denso.
“Hana..” un ansimo
sussurrato, un soffio bollente sulla sua pelle dorata.
Una parola mormorata
piano, assaporata dalla bocca che la pronunciava, fatta scivolare languida
tra le labbra, violandola con la lingua, inumidendola nel lasciarla libera
di schiudersi nell’aria rovente.
“Kaede...?” chiese
confuso Hanamichi socchiudendo le palpebre, incontrando lo sguardo del
compagno.
Blu, bruciante.
Due oceani di cristallo
in ebollizione.
“Shh...” lo rimproverò
maliziosamente il moretto, posandogli due dita sulle labbra, tracciando
lentamente, con perizia, il contorno della sua bocca, spingendo i
polpastrelli sulla pelle tenera, delicata, fino a separarne le due meta.
Ritrasse la mano
lentamente, scostandola a disegnare la lunga linea della gola e il suo
amante si tese con un lungo sospiro, che si spense flebile nella bocca calda
che era scesa vorace a catturalo, abbeverandosene.
Hanamichi chiuse gli
occhi abbandonandosi a quel bacio lento, sinuoso, reclinando il capo
all’indietro, sui cuscini, per chiedere di più.
Tentò di allungare le
braccia per cingere l’amante a se, ma si rese conto di avere i polsi
bloccati contro la spalliera del letto.
Quando l’aveva legato?
Morbida e bagnata la
lingua del volpino si fece spazio tra le sue labbra, cancellando ogni
domanda, scivolando serpentina nella sua bocca alla ricerca della sua
compagna mentre le mani candide scendevano ad accarezzare i fianchi nudi del
rossino, strappandogli un lamento roco che si perse tra l’intrecciarsi dei
loro respiri e la lotta senza tempo delle loro lingue.
Hanamichi gemette
piano, sollevando i fianchi, lasciando che la pelle del suo amante
scivolasse umida sulla sua, fondendo oro e argento in una lenta danza
silenziosa, fatta di ansimi e fruscii. Sollevò il capo, affondando lo
sguardo nei suoi occhi, osservandoli ipnotizzatolo scurirsi, divenire pozzi
di liquida lava scura, densa, su cui si allungavano serpentine le lunghe
ombre languide delle ciocche nere che erano scivolate sulla sua fronte a
velargli lo sguardo scintillante.
“Ho caldo...” ansimò
piano, appena un soffio uscito a fatica tra i suoi ansimi spezzati mentre
cercava disperatamente di riprendere fiato.
Rukawa scese a
lambirgli il lobo dell’orecchio, tirandolo dolcemente con i denti,
accarezzandolo con le labbra bollenti.
“Davvero...?” lo
provocò, ridendo piano, spingendo il suo respiro ad infrangersi nel
padiglione auricolare dell’amante, strappandogli piccoli brividi
involontari.
“Eppure tremi...”
constatò facendo scivolare con lenta eleganza le dita candide lungo il petto
muscoloso del compagno.
Hanamichi lo osservò
confuso seguire la linea della spalla prima che la mano candida lasciasse la
sua pelle per allungarsi oltre il bordo del materasso.
Un tintinnio leggero
brillò nell’aria bollente unendosi ai sospiri delle lenzuola che erano
scivolate scompostamente lungo il braccio del moretto per poi accasciarsi,
esauste, ai piedi del grande letto matrimoniale.
“Chiudi gli occhi...”
ordinò il volpino suadente e Hanamichi decise di stare al gioco lasciando
che le palpebre scivolassero a velargli lo sguardo liquido.
Sussultò spalancandoli,
tuttavia, quando avvertì contro la pelle congestionata delle labbra qualcosa
di freddo e denso, dal profumo dolce.
“Crema al whisky?”
sussurrò sorpreso fissando lo sguardo dorato, confuso, negli occhi blu del
suo amante mentre la lingua, rossa, scivolava umida a raccogliere con cura
le piccole gocce perlacee, il sapore incandescente del liquore così in
contrasto con la bassa temperatura del liquido versato sulle sue labbra
gonfie.
“La tua preferita...”
fu la bassa conferma del suo amante che sollevò una bottiglia dal ventre
elegante, chiaramente piena, per fargliela vedere.
“Ne vuoi ancora?”
chiese chinandosi in avanti, sul suo viso, per lasciar scorrere il suo
respiro veloce e quella proposta invitante, sul volto arrossato del
compagno.
Sakuragi emise un
mugolio d’assenso, ipnotizzato dai due occhi blu che lo fissavano attenti e
maliziosi.
Sapeva che aveva in
mente qualcosa.
Qualcosa che l’avrebbe
torturato a lungo gettandolo tra le fiamme dell’inferno prima di concedergli
il paradiso.
E sapeva anche che
sarebbe stato più saggio rifiutare.
Ma quelle iridi blu che
lo divoravano con bramosia avevano su di lui un potere ipnotico e totale.
Intossicante.
Vide Rukawa sollevare
nuovamente la bottiglia per poi reclinarla lentamente, lasciando che un
rivolo sottile dell’alcolico scivolasse nell’aria densa per poi esplodere in
mille goccioline rotonde sulle sue labbra socchiuse in attesa, sulla lingua
che, golosa, si era allungata per accoglierle.
Questa volta tuttavia
il volpino non lasciò che si saziasse da solo, si chinò a sua volta,
intrappolando la lingua vellutata del suo amante tra le proprie labbra,
succhiandola piano per rubarle il sapore intenso del liquore.
“Sulla tua bocca ha un
gusto delizioso...” sussurrò piano sollevandosi per fissarlo di nuovo in
volto.
Amava la luce che
scintillava in quelle iridi d’oro e fuoco.
Amava il suo respiro
affrettato e le sue labbra socchiuse, invitanti, tumide.
Ma non poteva
concentrarsi solo su esse.
Sorrise scostandosi dal
suo corpo, sdraiandosi al suo fianco prima di sollevare nuovamente la
bottiglia scura.
“Che.. che cosa...” la
domanda di Hanamichi si spezzò in un rantolo incredulo quando Rukawa gli
fece scivolare l’alcolico sul petto, in una lunga scia rilucente, che
serpeggiò liquida lungo lo sterno per poi rotolare piano in una densa lingua
perlacea sui suoi addominali, fino a raccogliersi nell’ombelico.
“Delizioso...” ripetè
Rukawa ammaliato dal contrasto tra la crema chiara e fredda e la pelle
dorata e calda che le faceva da elegante vassoio.
“Lasciati
assaggiare..:” sussurrò cominciando a lappare il liquore con bramosia,
succhiando i muscoli tesi laddove essi si erano maggiormente impregnati del
sapore del whisky.
Hanamichi s’inarcò
gemendo, mormorando all’infinito il nome dell’angelo che lo stava facendo
dannare, artigliando le colonnine di legno a cui era legato, finchè un grido
non spezzò tutto il suo corpo nel momento in cui la lingua ingorda del suo
amante si tuffò nel suo ombelico per raccogliere, a fondo, anche l’ultima
goccia del liquore chiaro.
Il volpino si staccò da
lui con il respiro pesante e gli occhi scintillanti.
Hanamichi invece,
semplicemente ricadde, stremato, tra i cuscini, gli occhi puntati sul lento
sorriso malizioso che stava incurvando le labbra del suo compagno.
Il suo amante non era
abituato a bere come lui e temeva che l’essersi scolato quasi mezza
bottiglia di crema al whisky da solo cominciasse a fare effetti strani su di
lui.
Non aveva mai visto
quella luce ferina nei suoi occhi blu, sembrava completamente privo di
freni.
Lo vide allungare la
mano verso la bottiglia di Bealis e tremò al pensiero di che cosa poteva
ancora succedere.
Tuttavia nessun
pensiero sarebbe giunto a tanto.
Rukawa si era abbassato
su di lui e aveva portato la bottiglia all’altezza del suo inguine.
“Kaede no!” ebbe appena
il tempo di gridarlo che il corposo liquido gelido fluiì copioso sul suo
sesso turgido bagnandogli il ventre, le cosce e scivolando in morbide scie
perlacee tra i suoi glutei.
Kaede osservò il suo
amante boccheggiare violentemente, il corpo teso in un arco dorato,
perfetto, gli occhi spalancati, le pupille dilatate, le sue labbra socchiuse
alla ricerca disperata d’aria.
I suo sguardo percorse
con lenta devozione le curve perfette dei suoi muscoli contratti, la morbida
linea dei fianchi fino a scivolare lungo la dolce discesa che portava al suo
membro eretto.
“Delizioso...” quella
parola sembrava scolpita a lettere di fuoco nella sua mente.
Si abbassò lentamente
fino a portare la bocca all’altezza del suo sesso osservando con curiosità
le piccole goccioline di liquore scivolare sinuose giù, lungo quella carne
fremente ed arrossata dal freddo.
Avvicinò lentamente il
viso, lasciando che il suo fiato bollente strappasse lunghi brividi alla sua
amata vittima, infrangendosi, sulla carne bagnata del suo sesso, in leggere
onde roventi.
“Kaede...” una
preghiera ansimata senza fiato, una supplica che si sciolse in un lungo
gemito inarticolato quando il moretto allungò la lingua prendendo
giocosamente a rincorrere una di quelle tante, piccole, goccioline
impertinenti.
Hanamichi agitò
disperato ed incredulo il capo sui guanciali arruffati.
Sentiva il liquore
colare sul suo membro, dall’alto verso il basso, gelido.
E la lingua di Rukawa,
bollente, raccoglierlo alla base, alla fine della sua sinuosa corsa
assassina, per poi ripercorre lentamente la scia umida che esso aveva
lasciato sulla sua pelle, dal basso verso l’alto.
Stava impazzendo.
Faceva persino fatica a
respirare tanto in fretta gli rullava il cuore nel petto.
Lo chiamò con voce
rotta, ormai irriconoscibile, supplicando per avere appagamento ma il
volpino non ascoltò ne i suoi ansimi, ne i gemiti disperati ad essi
frammentati, ripulendo con metodica, scrupolosa, lentezza ogni centimetro
del suo ventre, scivolando a succhiare le pelle delicata delle cosce quando
lo sentiva tendersi troppo, ritornando a premere la punta della lingua sulla
sommità del suo membro teso, laddove goccioline salate si stavano mescolando
al sapore forte e dolce del liquore, quando sentiva il suo respiro
rallentare un poco.
“Delizioso...” quella
parola bruciò la pelle tesa, marchiandola a fuoco, facendo agitare con forza
il rossino, le dita ormai pallide dallo serrare con forza le sue catene.
“Ba.. basta! Kaede
basta ti prego!!” gridò lasciando che una piccola lacrima scivolasse lungo
la sua guancia.
“Resisti ancora un
po’... fra poco ti farò venire amore...” fu la calda promessa del suo
compagno, nel sollevarsi per osservare il suo esausto amante.
Sentiva il proprio
membro tirare dolorosamente e avere di fronte Hanamichi ansimante e
distrutto non l’aiutava certo.
“Ru...” la voce del
rossino si spezzò in un singhiozzo quando Rukawa appoggiò la bocca alla base
del suo pene prendendo nuovamente a salire.
Lo fece lentamente,
succhiando la pelle tesa, disegnandovi piccoli cerchi con la punta della
lingua prima di giungere alla sua sommità e socchiudere le labbra per
accoglierlo in bocca nel momento stesso in cui la sua mano destra scivolava
sinuosa tra le natiche del suo amante.
Hanamichi cominciò a
gridare ormai privo di ogni controllo mentre il volpino accelerava
improvvisamente il ritmo del loro amplesso, prendendolo con forza dentro di
se mentre le dita che violavano la carne dorata aumentavano velocemente di
numero.
Il rossino non ebbe la
forza nemmeno di gemere quando Rukawa lo liberò improvvisamente, togliendo
la mano dai suoi glutei per farla scivolare sul suo fianco.
Il moretto staccò le
labbra da lui tirandolo prepotentemente in basso, verso il suo membro,
chiudendogli la bocca con un bacio vorace nel momento stesso in cui il suo
corpo affondava, con un’unica spinta violenta, in quello dorato del suo
amante. Hanamichi allacciò disperatamente le gambe alle sue spingendo i
fianchi con forza contro di lui, cercandolo con bramosia, assecondando il
ritmo folle delle sue spinte profonde finchè non sentì il corpo di Rukawa
contrarsi nel suo, la mano candida del compagno saettò veloce a serrargli il
membro in una presa dura, possessiva, quasi violenta, che lo fece esplodere
nel momento esatto in cui il seme dell’amante lo riempiva completamente.
Hanamichi ansimò
pesantemente balzando a sedere sul letto, il pigiama incollato al corpo
madido di sudore, il viso incandescente.
Era stato solo un
sogno.
O meglio... un
ricordo.
Arrossì alzandosi dal
letto e dirigendosi verso il bagno.
Ricordava con molta
precisione quel pomeriggio d’estate dell’anno prima.
Gli esami erano
terminati e loro avevano deciso di festeggiare.
Avevano mangiato fuori
e quando erano rientrati...
Bhe erano entrambi un
po’ brilli quella sera, i vestiti erano volati in fretta e poi...
Poi la volpe gli aveva
fatto quella sorpresa.
Sospirò scuotendo il
capo mentre si alzava, appuntandosi mentalmente, per l’ennesima volta, di
evitare di far bere alcolici al suo compagno e, soprattutto, di non
lasciarsi legare al letto mai più!!
Pow Rukawa
Fuori piove.
Una pioggia sottile ma
costante che lava con meticolosa precisione ogni piccolo angolo nella quale
riesce ad infilarsi.
Ad Hana non piace la
pioggia.
Lui è un tipo solare
che ama il caldo, l’estate.
A me invece la pioggia
è sempre piaciuta.
Non so perchè ma mi
mette un po’ di nostalgia e la voglia di coccolare quel disastro del mio
ragazzo.
Sarà che quando piove
la temperatura si abbassa e io, da brava volpe, come direbbe Hana, ho
bisogno di trovare qualcuno che mi scaldi.
Il ticchettio della
pioggia ha un che di ipnotico nel suo ritmico taburellio sulla finestra
della mia camera.
Rimbalza sulle pareti
esterne creando un suono ovattato e la sensazione che questa stanza sia un
bozzolo, una capsula, che galleggia nel vuoto infinito dello spazio.
Sospiro e mi allontano
dal vetro leggermente appannato.
La solitudine non mi è
mai pesata.
Anche da quando sto con
Hana capita spesso che io la ricerchi per dipingere o studiare.
Però ora lo vorrei qui.
Vorrei abbracciarlo e
guardare la pioggia che cade su Roma.
Magari potrei
chiamarlo....
Ohhh!!! Non è
possibile!
Sono arrivato ieri sera
e già stamattina sento il bisogno di chiamarlo di nuovo?
Maledetta pioggia!
Pow Hanamichi
Basta, adesso gli tiro
un pugno!!
Non me ne importa
niente se siamo diventati amici, se è il nostro coinquilino...
Se Akira fa un’altra
battuta sul fatto che somiglio ad un cagnolino abbandonato dal padrone una
testata non gliela toglie nessuno!!
Il cellulare suona
salvando la vita del porcospino e io lo sollevo cercando di non sembrare
troppo smanioso di rispondere.
E’ Yohei.
Devo ammettere che
provo una punta di delusione.
Povero amico mio!!
E’ tutta colpa della
volpe malefica!
“Yohei ciao!” esclamo.
Scambio poche parole
con il mio amico che mi invita a pranzo dato che si è trovato a passare da
queste parti.
Accetto ben volentieri
visto che non ho nessunissima voglia di andare a casa e mangiare da solo.
Purtroppo per me la
news del giorno è la partenza di Rukawa.
E così mi ritrovo a
parlare della kitsune con Yohei che sorride divertito nel vedermi così: ‘innamorato’,
dice lui.
Io userei il termine:
crisi d’astinenza!
Tutto sommato la sera,
tra allenamenti, lezioni e il mio lavoretto part time, arriva presto, e mi
fa uno strano effetto girare le chiavi nella toppa e sapere che non troverò
nessuno.
Il mio piede urta
contro qualcosa e io noto che hanno di nuovo infilato sotto la porta delle
lettere.
Le raccolgo, le vaglio
velocemente e le butto nella spazzatura.
Almeno sono diminuite
di numero.
Anche le sue fans
saranno state informate che è partito.
Ma dico io... a scuola
gli riempivano l’armadietto e adesso gliele spediscono per posta!
Sì perchè, non so come,
qualcuna delle pazze è riuscita a rubare l’indirizzo di Rukawa dai registri
universitari e da quel giorno il postino non può fare a meno di recapitarci
posta profumata ogni pomeriggio.
Ormai mi ci sono così
abituato che la cosa non mi da nemmeno più fastidio.
Qualcuna la volpe me
l’ha pure letta.
Ce n’erano di molto
dolci e carine ma ce n’erano di veramente terribili!!!
Qualcuna corredata di
foto ‘al naturale’!
Il colmo poi è stato il
primo gennaio del nostro primo anno qui.
Eravamo insieme da
qualche mese ormai quando tornando a casa abbiamo trovato una ragazza in
reggiseno e mutandine, più fiocco regalo naturalmente, distesa sul divano ad
aspettare Rukawa.
Non appena lei l’ha
visto gli è saltata al collo urlando “AUGURI!” e lo ha baciato.
Davanti a me!!
Però devo dire che la
rabbia è svanita non appena ho visto la faccia della mia volpetta.
Sembrava che stesse per
vomitare da un momento all’altro.
Già perchè a differenza
mia, che mi sono innamorato di lui semplicemente perchè è lui, Kaede
è gay.
Gli piacciono i maschi
e gli sono sempre piaciuti.
Mi ha addirittura
confessato di aver fatto qualche pensiero su Sendoh!
E io che continuavo a
chiedermi perchè non filasse neanche di striscio tutte quelle ragazzine che
gli morivano dietro!
Io invece non saprei
dire se sono gay o meno.
Amo Kaede ma mi
piacciono anche le belle ragazze.
In verità non mi sono
mai posto il problema in modo serio.
Il mio forse è un
ragionamento da do’aho però... io ho Rukawa che m’importa di sapere se sono
gay, etero o bisessuale?
Da quando abbiamo
cominciato l’università comunque anch’io ho le mie fans, anche se devo dire,
e la cosa da un fastidio tremendo al volpino, sembra che io abbia più
ammiratori che ammiratrici.
E questa cosa io
davvero non la capisco anche se ammetto che vedere la volpe gelosa mi piace.
Mi piace da morire.
Kaede sa essere molto
ma molto protettivo.
Come si chiamava?
Hiso.. no... Hiro.. ah
ecco Heero!
Una ragazzino carino,
minuto e molto malizioso.
Non sono ancora
riuscito a capire se si strusciava solo per far arrabbiare Rukawa o se
davvero aveva qualche mira su di me.
Sta il fatto che alla
mia volpe non andava giù per niente.
Gli ha ingiunto, uso le
sue testuali parole, di tenere le sue ‘zampe’ lontano da me.
Come se io non sapessi
difendermi da solo!!
Bhe, ok, io non me
n’ero accorto che lui ci provava, a me sembrava semplicemente un tipo molto
espansivo e coccolone.
Kaede dice che è colpa
mia che non mi rendo conto dell’effetto che faccio alla gente.
Se lo dice lui...
Ahhh! Sto di nuovo a
pensare alla volpaccia!!
Bhe ieri ha chiamato
circa a quest’ora...
Pow Rukawa
Mi lascio cadere sul
letto con uno sbadiglio.
Un’occhiata rapida
all’orologio mi conferma che se non mi sbrigo a chiamare il do’aho lo
troverò già addormentato.
Ho voglia di
raccontargli, brevemente non esageriamo, quello che ho visto oggi.
Bhe magari eviterò di
parlargli delle italiane.
Sono qui da un giorno
scarso e ci sono già due ragazze che mi hanno chiesto di uscire.
Il mio narcisismo ne
gioisce certamente ma non penso che Hanamichi ne sarebbe altrettanto felice.
Il telefono suona per
un po’ a vuoto, tanto che comincio a preoccuparmi... ma dove si è cacciato!?
E poi avverto il
clack della cornetta che viene alzata e sento la sua voce mormorare un
“...pronto...” mezzo ansimato.
“Che stavi facendo!?”
ringhio.
Lui respira con affanno
un’altro paio di volte prima di sbottare un “baka kitsune...” roco e
malizioso.
Do’aho!!!
Non ci si comporta
così!
Soprattutto quando ci
sono chilometri e chilometri a separarci!!
“Stavo facendo la
doccia quando ho sentito il telefono...” mormora divertito e io non posso
fare a meno di immaginarmelo sotto la carezza dell’acqua trasparente così
come l’ho visto tante volte.
Kami... questo si
chiama masochismo!
“Aspetta che mi metto
addosso qualcosa sto sgocciolando sul tappeto” borbotta e io sento il sangue
ruggire nelle mie vene.
Respira Kaede,
inspira... ecco.... meglio...
“Allora come è andato
il primo giorno?” ritorna alla cornetta poco dopo, riscuotendomi dalla mia
meditazione zen.
Parliamo un po’ anche
se alla fine è lui che parla e io mi limito ad ascoltare la sua voce
sbuffando ogni tanto o rispondendo alle sue domande.
Alla fine devo
salutarlo ma quando ripongo la cornetta mi sento meglio.
Leggero.
Mi riscuoto dai miei
pensieri quando qualcuno bussa alla porta.
Mi affretto ad aprire
ritrovandomi di fronte Francesca che mi sorride prima di inclinare il capo
di lato per osservarmi con attenzione.
“Hai parlato con
Hanamichi?” mi chiede.
Questo modo di fare
così familiare che hanno gli italiani non lo capirò mai.
Lei già chiama il mio
ragazzo per nome mentre io continuo a chiamarla Cumetti-san.
E poi da cosa avrebbe
capito che ho parlato con lui?
“Hai una faccia da
ebete...” mi espone candidamente quasi mi avesse letto nel pensiero.
Non le rispondo nemmeno
mentre raccolgo la macchina fotografica e la seguo fuori dell’hotel per il
nostro giro turistico.
....
Hanamichi lanciò uno
sguardo al calendario con aria distratta.
Ormai erano quasi due
settimane che il suo volpino era partito.
Cominciava ad abituarsi
a vivere da solo anche se quand’era distratto finiva per apparecchiare per
due e la notte gli capitava spesso di fare sogni in cui Rukawa andava a
trovarlo.
Si sentivano tutte le
sere più o meno alla stessa ora, ormai era diventato un appuntamento fisso.
Anche quella sera il
rossino aveva appena finito di ‘parlare’ (lui parlava e la volpe mugugnava)
con il suo ragazzo e stava per mettersi a studiare un po’, prima di
addormentarsi, quando il campanello lo fece sobbalzare.
“Hana stai bene!”
esclamò Sendoh preoccupatissimo piombando nel suo appartamento nel momento
stesso in cui il rossino aprì la porta di casa.
Sakuragi lo fissò
perplesso senza capire.
“Akira che ti prende?”
chiese stupito dalla paura che leggeva negli occhi dell’amico.
“E’ successa una cosa
orribile alla facoltà!” esclamò il moretto preoccupato cominciando a
passeggiare avanti e indietro agitato “Mi ha appena telefonato il professor
Kurosaki, aveva provato a chiamare qui ma ha trovato il numero occupato così
ha telefonato a me per avvertirti il prima possibile!” disse tutto d’un
fiato.
Hanamichi lo fissò
preoccupato, se non avesse appena finito di parlare con Rukawa avrebbe
pensato che gli fosse successo qualcosa.
“Siediti e spiegami!”
esclamò afferrandolo per un braccio e trascinandolo fino al divano.
Hanamichi rimase in
silenzio a lungo, durante tutto il tempo delle spiegazioni.
Chi poteva aver fatto
una cosa del genere?
Il perchè era fin
troppo ovvio.
“Fortuna che Ru ha
portato l’originale in Italia per mostrarlo agli altri docenti del corso..”
mormorò pensieroso.
“Non mi sembra il caso
di preoccuparsi del quadro adesso!” sbottò Sendoh.
“Senti prima di tutto
portami alla galleria voglio vedere con i miei occhi!!” decise Sakuragi dopo
aver riflettuto per qualche minuto “E non una parola di questa cosa con
Rukawa!” lo ammonì.
Akira lo fissò un po’
preoccupato “Sarebbe meglio se non ti facessi vedere alla facoltà
d’arte...” mormorò.
“Non ho intenzione di
nascondermi solo perchè qualche pazzo non approva il mio rapporto con
Kaede!” sbottò il rossino piccato.
“Come vuoi..” sussurrò
Sendoh alzandosi dal divano, recuperando la sua giacca.
Pow Hanamichi.
Nonostante Akira mi
avesse già descritto la scena vederla con i miei occhi fa un’altro effetto.
Tutto il muro a cui è
attaccata la grande fotografia del quadro di Kaede è sporca di vernice
rossa.
Ci sono scritte oscene
e disegni volgari.
Il vetro della cornice
è andato in mille pezzi e i vari frammenti sono stati piantati nella carta
fotografica che penzola dal quadro in maniera sgraziata.
Il volto del ragazzo
dormiente è stato tagliato via e un grosso frammento di vetro è piantato
idealmente all’altezza del suo cuore.
Sul tutto campeggia una
scritta con la vernice nera: Lui è mio!
“Sakuragi?” la voce del
professor Kurosaki mi porta a distogliere lo sguardo dal quadro per posarlo
su di lui.
Sembra un ragazzino
anche con quell’aria grave.
“Il custode stava
facendo il giro per chiudere tutte le teche e accendere l’allarme quando
l’ha notato e mi ha chiamato subito.” M’informa alzando il viso per fissare
la fotografia distrutta.
“Che cosa ne pensi?”
sussurra.
Scuoto le spalle
incredulo: come si può fare una cosa simile?
“Una fans di Kaede
gelosa, suppongo...” mormoro pensieroso.
Kurosaki annuisce ad
appoggiare la mia ipotesi “Sono arrivato anch’io alla stessa soluzione...”
mormora.
“Ho chiamato la polizia
ma per il momento si possono limitare ad un indagine su un atto di
vandalismo...” mi spiega scuotendo il capo.
“Sta attento, non
vorrei che chi ha fatto questo al quadro se la prendesse con l’originale
poi.” mormora preoccupato e Akira annuisce grave.
“So difendermi...”
borbotto “Comunque indipendentemente da quello che uscirà da questa storia,
mi raccomando, non voglio che Ru ne sappia niente!” specifico.
“Ma..” Kurosaki apre la
bocca per protestare ma io scuoto il capo “...non voglio che perda
l’occasione che gli hanno dato per colpa di una pazza schizzofrenica!!”
sbottò cupo.
“O di un pazzo..” mi
ricorda Akira.
Annuisco sospirando.
Perchè il mio ragazzo
deve essere così bello?
Accidenti a lui guarda
che guaio!
Speriamo che la polizia
trovi presto il simpatico/a imbrattatore.
...
“Il bello degli amici è
che hanno una grande considerazione delle tue capacità” sbottò Hanamichi
osservando Yohei prepararsi il divano per la notte.
“Hana... ne abbiamo già
discusso...” gli ricordò il moretto “...non si tratta di mancanza di fiducia
e solo che finchè l’indagine non sarà conclusa è meglio se non vivi da
solo!” ripetè continuando a prepararsi per la notte.
Sakuragi scosse il capo
con un sospiro, secondo lui stavano esagerando ma comunque se serviva a
tenerli più tranquilli poteva anche lasciarli fare.
La poliziotta che lo
aveva interrogato quella mattina era stata molto gentile, gli aveva chiesto
se aveva dei sospetti, se c’era qualche fans di Kaede che si era spinta un
po’ più in là delle altre.
Lui le aveva parlato
della tizia pacchetto regalo ma alla fin fine non avevano cavato un ragno
dal buco, anche lei si era comunque raccomandata cautela e gli aveva chiesto
di poter avere il recapito telefonico di Rukawa in Italia.
“Per il momento non è
necessario informarlo...” lo aveva rassicurato quando lui le aveva chiesto
di non avvertirlo “...ma se la cosa degenerasse dovremmo per forza
interrogare anche lui.” gli aveva detto.
Sakuragi osservò la sua
‘guardia del corpo’ sistemarsi con uno sbuffo, dato che Mito lavorava
abbastanza lontano dalla facoltà e doveva partire presto sarebbe stato Akira
ad accompagnarlo a lezione.
Si sentiva un po’ un
sorvegliato speciale...
I suoi pensieri vennero
interrotti dal familiare suono del telefono.
Hanamichi sorrise
salutando il caldo “Buon pomeriggio...” del suo compagno con un allegro
“Buona sera volpe!” che venne interrotto a metà da Yohei che lanciava una
furiosa imprecazione contro una delle assi di legno del divano letto.
“Chi c’è con te?”
chiese stupito Rukawa.
Sakuragi scosse il capo
“Yohei si è trasferito qui!” sbottò prima di pensare che la cosa poteva
sembrare strana.
“Si è trasferito da te?
Perchè?” non mancò infatti di chiedere il volpino e Hanamichi si morse la
lingua pensando velocemente ad una scusa da raccontargli “Bhe ecco... le
tubature di casa sua si sono rotte e quindi.. non sapeva dove dormire e così
finchè non le aggiustano lo ospito io, non ti da fastidio vero?” chiese
accavallando le parole.
“No, no va bene...”
mormorò il volpino rassicurato mentre Mito lanciava un’occhiata cupa
all’amico.
Lui era dell’opinione
che Rukawa avrebbe dovuto sapere ciò che stava succedendo ma Hanamichi era
stato categorico in merito.
Non voleva far
preoccupare inutilmente Rukawa, era sicuro che tutto si sarebbe risolto
senza problemi.
....
Pow Rukawa
Non saprei dire perchè...
Però...
Hana mi è sembrato un
po’ strano al telefono.
Forse era solo più
stanco del solito o forse ne ha combinata qualcuna delle sue.
Quando vuole
nascondermi qualcosa finisce sempre per combinare dei disastri.
Ricordo il nostro primo
San Valentino insieme.
Era stato schivo per
tutta la settimana.
Continuava ad evitarmi
con mezze parole e scuse che non stavano ne in cielo ne in terra.
Durante il giorno non
riuscivo mai a parlare con lui o a vederlo, aveva sempre ‘qualcosa’
da fare.
La notte era così
stanco che cadeva addormentato come un sasso.
Alla fine tutti quei
suoi misteri mi hanno fatto saltare i nervi e abbiamo finito per litigare.
Di brutto.
Ero davvero inferocito.
Credevo che si fosse
trovato un altro.
Sono stato stupido,
l’ammetto, ma divento incoerente quando si tratta del mio rossino.
Quella sera sono
tornato a casa tardissimo e ancora nervoso.
Quando ho aperto la
porta mi sono sentito male.
Perchè ho scoperto che
la ‘cosa’ che il mio do’aho aveva da fare era preparare la cena e la
casa, per noi.
C’era tanto di quel
cibo che sarebbe bastato per un esercito per non parlare degli addobbi, dei
fiori, delle candele.
Doveva aver passato la
settimana a lavorare come un pazzo e ora...
.. la cena giaceva
fredda sul tavolo, gli addobbi pendevano mollemente al buio e le candele
erano spente.
Dire che mi sono
sentito un verme è davvero un eufemismo.
L’ho trovato
rannicchiato su una poltrona del salotto, gli occhi gonfi e la tv ancora
accesa in sottofondo.
Probabilmente ha
tentato di aspettarmi alzato ma alla fine la stanchezza ha avuto la meglio.
L’ho preso in braccio e
l’ho portato a letto.
Si è svegliato quando
l’ho posato sul materasso e credo di aver sentito distintamente il rumore
del mio cuore che scricchiolava quando mi ha fissato con gli occhi appannati
e ha mormorato “Dov’eri?”
Già dov’ero io?
A girare come un
cretino per la città, di locale in locale solo per poter tornare tardi.
Quanti ‘scusa’ ho
mormorato quella sera mentre lo riempivo di baci?
Tanti, tantissimi.
Mai abbastanza.
Sospiro scuotendo il
capo.
Però stavolta ho
l’impressione che si tratti di qualcosa di diverso.
Socchiudo gli occhi
pensieroso e prendo il cellulare.
Non lo uso quasi mai,
d’altronde ci sono solo tre persone che hanno questo numero.
Mio padre, Hanamichi e
Akira.
Ed è proprio quest’ultimo
che ho intenzione di chiamare.
L’istinto mi dice che
c’è qualcosa che devo sapere.
E il mio istinto non si
è mai sbagliato.
....
“Accidenti!” sbottò
Hanamichi osservando cupo la credenza semi vuota.
“Che c’è?” gli chiese
Yohei perplesso.
“Abbiamo finito lo
zucchero” constatò il rossino che si apprestava a prepararsi una tazza di
the nel tentativo di trovare un po’ di concentrazione.
Stava studiando per un
esame particolarmente ostico.
Bastavano due pagine
del grosso tomo per fargli venire mal di testa.
Un bel the caldo era
quello che gli ci voleva.
Se solo tutti non si
fossero messi contro di lui!
“Bhe bussa ad Akira e
chiedigliene un po’...” suggerì il moretto sfogliando il giornale con fare
distratto.
Hanamichi scosse le
spalle uscendo dalla cucina per afferrare la sua giacca “Akira e Hiroaki
sono alla partita oggi pomeriggio...” lo informò “Esco un attimo a
comprarlo” disse con la mano già sulla maniglia quando Yohei lo bloccò.
“E’ meglio che non vai
in giro da solo...” disse serio facendolo sbuffare esasperato.
“Yohei! Non sono un
bambino di cinque anni so badare a me stesso!” gli fece notare irritato.
“Vengo con te!!”
insistette piccato il moretto prendendo anche la sua giacca.
“E allora tieni!”
esclamò esasperato Hanamichi mettendogli in mano il suo portafoglio “Vai tu!
Così io non perdo tempo!” disse gettando la propria giacca su una poltrona
e, riafferrato il libro di testo, sprofondò nel divano.
Il moretto lo fissò per
un momento poi con un sospirò uscì di casa scendo le scale a passi veloci.
Il supermarket era
dall’altra parte della strada non ci avrebbe messo molto.
Hanamichi rilesse per
la decima volta la stessa frase prima di sbuffare e sollevare una mano a
massaggiarsi le tempie.
Perchè cavolo doveva
studiare quella cosa assurda, si domandò per la millesima volta.
Un deciso bussare alla
porta gli fece sollevare il volto dalle piccole scritte criptiche.
Non poteva essere Yohei,
era appena sceso.
“Chi è?” chiese da
dietro l’uscio chiuso prima di darsi dello stupido.
Si stava facendo
influenzare dalle paure dei suoi amici.
“Posta” fu infatti la
rassicurante risposta che venne da dietro la soglia.
Hanamichi aprì la porta
trovandosi di fronte un ragazzo che doveva avere poco più della sua età
anche se era grande e grosso più di Uozumi.
“Tu non sei il
postino...” constatò Hanamichi stupito.
Il ragazzo si massaggiò
il capo in imbarazzo.
“No..” mormorò “...e lo
so che non sta bene dire le bugie ma...” continuò sempre più rosso in volto
mentre Sakuragi lo fissava perplesso.
“Non perdere tempo!!
Fai quello che ti ho detto!!” ringhiò una vocetta femminile poco dietro
l’enorme ragazzone.
Hanamichi si volse
stupito ritrovandosi a fissare due malevoli occhi neri.
Tuttavia non ebbe modo
di esaminare la fisionomia della ragazza che il gigante, mormorato un
dispiaciuto “Sì sorellona!”, aveva preso di tasca un fazzoletto di stoffa
spessa.
Prima che il rossino
avesse il tempo di comprendere quanto stava accadendo si ritrovò prigioniero
tra le braccia del gorilla, la stoffa grezza premuta contro naso e bocca.
Riuscì ad agitarsi
forsennatamente un paio di volte prima che il clorofornio facesse effetto
sui suoi sensi.
“Kaede Rukawa è solo
mio!” sentì a malapena la vocetta della ragazza proferire e poi fu il buio.
....
Pow Hanamichi
Socchiudo le palpebre
scuotendo la testa, cercando di capire dove mi trovo.
Sono disteso su un
letto matrimoniale, i polsi legati alla testata d’ottone.
Provo a strattonare un
po’ le corde ma sono annodate dannatamente bene.
Do’aho!
Mi sono fatto prendere
come uno stupido!
Certo che quell’armadio
ne ha di forza.
Mi guardo attorno
cercando di mettere a fuoco.
La stanza è polverosa e
ingombra.
Sembra una specie di
grosso sgabuzzino.
Contro la parete destra
sono ammassati scatoloni pieni di libri e di giocattoli vecchi.
C’è una bicicletta
completamente arrugginita contro una parete, a cui sono appoggiati anche
degli alti scaffali di ferro pieni di altre cianfrusaglie.
Una piccola finestrella
troppo alta perchè io possa arrivarci, anche se fossi libero, permette a un
denso fascio di luce polverosa di illuminare il letto su cui sono.
Diritto davanti a me
una piccola porta di metallo grigio.
Fantastico.
Sono prigioniero di una
pazza psicopatica e di suo fratello scemo.
Come ho fatto a
cacciarmi in questo guaio!
Calma... manteniamo la
calma.
Yohei noterà subito la
mia assenza e chiamerà aiuto.
Devo solo aspettare
pazientemente, mi troveranno.
Spero.
La pazienza non è il
mio forte!!
“Hey c’è nessuno?!”
grido con tutto il fiato che ho in gola.
Devo anche tossire un
paio di volte, c’è un sacco di polvere qui sotto.
Sento dei passi
frettolosi e poi la porticina di metallo si apre.
A riconfermare la mia
ipotesi che questo sia una specie di scantinato scorgo dietro le spalle
enormi del mio rapitore una rampa di scale che sale.
“La sorellona diceva
che ti saresti svegliato.” constata guardandomi.
Non sembra cattivo.
Solo un po’ tardo.
La vera vipera è la
ragazza.
Se me lo gioco bene
posso riuscire a convincerlo a slegarmi!
“E dov’è la tua
sorellona adesso?” chiedo sondando il terreno.
“E’ uscita per fare una
telefonata..” mormora lui prima di avvicinarsi al letto a grandi passi.
“Hey che cosa..!!”
chiedo un po’ preoccupato vedendolo piombarmi addosso “La sorellona ha detto
di farti dormire di nuovo se ti fossi svegliato prima del suo ritorno...” mi
spiega prima di sollevare l’enorme pugno.
Un secondo più tardi un
dolore lancinante alla mascella mi fa perdere nuovamente i sensi.
...
Rukawa passeggiava
nervosamente avanti e indietro per la sua stanza.
Il pomeriggio
precedente aveva tentato di chiamare Akira ma a casa dell’amico non gli
aveva risposto nessuno e così aveva lasciato perdere dicendosi che l’avrebbe
chiamato il giorno successivo.
Tuttavia quella notte
aveva dormito poco e male col risultato di svegliarsi di soprassalto
all’alba.
Stava fissando il
cellulare concentrato nel fare il calcolo di che ora doveva essere in
Giappone quando il video s’illuminò e l’oggetto prese a trillare
allegramente.
Osservò il piccolo
visore luminoso lampeggiare riportando la scritta “Do’aho” e sorrise
scuotendo il capo, lasciando andare il fiato, che, senza rendersene conto,
aveva trattenuto.
“Pronto?” mormorò
portando il telefonino all’orecchio.
“Ciao...” la bassa
voce, eccessivamente mielosa, dall’altra parte dell’apparecchio gli fece
sbarrare gli occhi.
Quella era la voce di
una ragazza.
Perchè una ragazza
aveva il cellulare di Hanamichi?
“Chi sei?” ringhiò
brusco.
Quella faccenda non gli
piaceva, non gli piaceva per niente.
“Oh... Kaede hai una
voce divina...” pigolò la sua interlocutrice senza rispondere alla sua
domanda.
“Smettila!” la gelò il
volpino “Dov’è Hana perchè hai il suo cellulare?” chiese tentando di
mascherare con la rabbia la preoccupazione.
“Hana?” mormorò
perplessa la vocetta odiosa “Oh! Intendi quello stupido pel di carota!”
sbottò con sufficienza.
Rukawa digrignò i denti
e stava per insultarla pesantemente quando le parole di lei gli tolsero il
fiato.
“Non ti devi più
preoccupare di lui.” mormorò infatti la sua interlocutrice “Non ti darà più
fastidio...” miagolò “...maiiiii più!!!” esclamò prima di sbottare in una
risatina infantile e felice.
Kaede invece riusciva a
malapena a respirare.
“Che.. che cosa...?”
ansimò incredulo, la voce rotta dalla paura che improvvisamente scivolava
cieca nelle sue vene.
“Sei felice vero?”
disse fraintendendo il suo tono, la ragazza, “Ti ho liberato di quel
fastidioso parassita!” sputò con disprezzo “Ora tu sarai mio! solo mio!!!”
rise nuovamente.
“Che ne dici se..” la
sua voce s’interruppe quando un’altra, maschile, la chiamò da lontano.
“Iroko il rossino si è
svegliato!” lo sentì chiaramente dire.
Aveva una voce possente
ma titubante.
“Stupido deficiente non
mi disturbare mentre parlo con il mio amore!” ringhiò lei prima di
riprendere la sua vocina mielosa “Kaede caro devo andare!! Ti chiamerò
presto...” miagolò prima di far cadere la linea.
“Aspet...!!” Rukawa
ebbe a malapena il tempo di parlare che il ‘tu-tu-tu’ del cellulare lo
avvisò che Iroko non poteva più sentirlo.
Rimase immobile,
gelato, per mezzo secondo, prima di balzare in piedi e correre all’armadio.
....
“Cerca di stare
calmo...” mormorò per la millesima volta Francesca mentre osservava il
compagno di viaggio agitarsi irrequieto sul sedile dell’aereo che li stava
riportando in Giappone.
“Calmo?” sibilò il
volpino lanciandole un’occhiata assassina “...come posso stare CALMO!” gridò
sfogando rabbia, dolore e preoccupazione contro la ragazza.
Scosse il capo portando
una mano nervosamente a massaggiarsi le tempie “Scusami..” mormorò piano.
Francesca scosse le
spalle posandogli una mano sul braccio.
“Andrà tutto bene
vedrai”.
Rukawa non le rispose,
tornando a voltarsi verso le nuvole candide che scorrevano oltre il suo
finestrino, pregando con tutte le sue forze che l’italiana avesse ragione.
Mentre impazziva
nell’aspettare che ci fosse uno stramaledettissimo volo in partenza aveva
chiamato Akira.
“Ka... kaede...” aveva
mormorato con voce roca l’amico.
Sembrava spaventato e
in sottofondo sentiva un concitare di voci tra cui distinse quella di Yohei
che parlava con un uomo.
Non riuscì tuttavia a
chiedere nulla all’asso del Ryonan che quella stessa voce maschile strappò
il telefono al suo coinquilino presentandosi come l’agente Aruso.
Il fievole filo di
speranza che gli era rimasto si era spezzato quando il poliziotto gli aveva
comunicato che avevano il forte sospetto che il suo ragazzo fosse stato
rapito.
Kaede gli aveva
raccontato della sua conversazione telefonica con Iroko dandogli tutti i
particolari di cui era a conoscenza mentre l’uomo lo rassicurava sul fatto
che la ragazza aveva commesso un grosso errore nel tenere il suo cellulare.
Tramite quello potevano
rintracciarla.
Il volpino sperò
vivamente che avesse ragione ma più che trovare Hana la cosa che gli premeva
era sapere che stava bene.
Iroko gli sembrava
completamente pazza e anche se il rossino DOVEVA essere ancora vivo, dato
che quella voce maschile aveva detto che si era svegliato, non osava pensare
per quanto ancora lo sarebbe stato.
“non ti darà più
fastidio...” “....maiiiii più!!!”
Quelle parole gli
ronzavano nella testa come una malevola litania.
L’agente alla fine
restituì il telefono ad Akira pregandolo però di non tenere troppo la linea
occupata così che, se la pazza avesse chiamato, lui avrebbe potuto cercare
di strapparle qualche informazione.
Rukawa allora aveva
velocemente comunicato all’amico il numero di cellulare di Francesca
riattaccando subito dopo.
Erano passati solo
pochi secondi e l’apparecchio dell’italiana aveva preso a suonare.
Rukawa aveva così
appreso ciò che era successo dopo la sua partenza e, se prima era
spaventato, dopo aver saputo com’era stata ridotta la riproduzione del suo
quadro, era terrorizzato.
Il suo do’aho era nelle
mani di due folli.
....
Pow Hanamichi
Mi fa male la mascella,
apro e chiudo la bocca un paio di volte constatando che almeno non sembra
rotta.
“Buona sera...”
Sussulto nel sentire
quella vocetta così orribilmente familiare provenire dalla mia destra.
E’ vicina.
Troppo vicina.
Faccio appena in tempo
a sbarrare gli occhi, voltandomi, che avverto con chiarezza un ago sottile
piantarsi nel mio braccio.
“Che ca**o stai
facendo!” esplodo cercando di ritrarmi troppo tardi.
Lei svuota il liquido
lattiginoso nella mia vena mentre suo fratello mi blocca nel momento in cui
si è accorto che ho cominciato ad agitarmi.
Ok, sono spaventato.
Che era quella roba?
Lei mi regala un
sorriso crudele che mi fa accapponare la pelle buttando la siringa vuota in
uno dei tanti scatoloni.
“Oh.. non ti
preoccupare...” mormora con un sorrisetto che le spaccherei volentieri
insieme a tutta la mascella.
“Non è niente di
letale.. per ora...” sussurra prima di voltarmi le spalle e richiamare suo
fratello che mi sorride a mo’ di scusa, per i lividi che mi ha lasciato
sulle braccia nel bloccarmi, prima di trotterellare a presso alla sorella
come un cagnolino ubbidiente.
La porta si chiude alle
loro spalle con un tonfo cupo e io mi guardo forsennatamente intorno.
Devo uscire di qui.
E devo farlo il prima
possibile.
Strattono le corde
ferendomi i polsi senza ottenere che di scrollare un po’ il letto.
Kuso!
Calma, calma Hanamichi,
va tutto bene.
Traggo un lungo respiro
cercando di arrestare la corsa folle del mio cuore e chiudo gli occhi
cercando di pensare lucidamente.
Ho la nausea.
E mi gira la testa.
Provo a muovere le
gambe per cercare di capire quanto sono bloccato ma mi accorgo di riuscire a
muovermi con fatica.
Che diamine...?
Dev’essere quella roba
che mi ha iniettato.
Socchiudo le palpebre
ma le richiudo subito quando la stanza prende ad ondeggiare violentemente
attorno a me.
Kuso! Kuso! Kuso!
Sento lo sconforto
avvolgermi e la frustrazione concentrarsi nei miei occhi sotto forma di
lacrime fastidiose che mi rifiuto di versare.
Il genio non si arrende
per così poco!
Non posso!
Non quando c’è una
pazza del genere a piede libero.
Devo provare a
riflettere come lei.
Che cosa è logico
pensare che faccia?
Ah inutile!
Figurarsi se lei fa
qualcosa di logico!!
Serro la mascella con
rabbia per ricacciare un ringhio e la nausea.
Mi sento male e questo
non mi aiuta certo a riflettere con calma.
E se lei adesso
cercasse Kaede?
Se volesse rapire anche
lui, con la scusa di portarlo da me?
Questo pensiero
sfreccia nel mio cervello tagliando la nebbia ovattata che la droga vi sta
producendo, costringendomi a sbarrare gli occhi.
“Kaede Rukawa è solo
mio!”
Così ha detto quando mi
ha rapito.
Maledizione!
Devo uscire da qui!
Devo avvertirlo!
Mi rilasso
improvvisamente smettendo di agitarmi.
Che stupido... Rukawa è
in Italia.
E’ al sicuro...
Però...
La poliziotta mi aveva
detto che se fosse successo qualcosa lo avrebbero avvertito.
Quindi il volpino starà
tornando qui!
Quell’arpia ha
calcolato tutto!
Devo uscire da questo
buco!!!
....
“Sorellona?” la voce
titubante del ragazzone riscosse la ragazza dal suo attento esame del
guardaroba.
Voleva scegliere
l’abito adatto per fare breccia nel cuore del suo bel moretto.
Che colpo era stato per
lei scoprire che il dio per il quale sospirava segretamente da tanto,
tantissimo tempo, era impegnato!
Ma avrebbe anche potuto
accettarlo.
Lei era una ragazza
forte.
Avrebbe potuto
continuare ad amarlo in segreto guardandolo costruirsi un futuro con una
bella ragazza al suo fianco.
Certo doveva essere
stupenda, ricca ed elegante altrimenti l’avrebbe tolta di mezzo!!
Solo il meglio per
Rukawa!
Però poi... aveva visto
quel quadro!
E.. orrore!
Rukawa innamorato di un
ragazzo?
E per di più di quello
scimmione?
MAI!!
Non poteva accettarlo.
Quel rossino aveva
certamente fatto qualcosa al suo adorato Rukawa.
Un incantesimo!
Una maledizione!
D’altronde la sua
povera mamma non le aveva sempre insegnato che i capelli rossi erano il
simbolo delle persone cattive?
Certamente quell’idiota
nascondeva dietro la sua facciata da stupido un animo malevolo e satanico.
Ma per fortuna lei era
giunta in tempo per salvare Kaede.
Quale emozione
pronunciare, seppure solo nella sua testa, il nome proprio di Rukawa!!
Quale batticuore
ascoltare la sua voce al telefono!
Le tremavano le mani se
solo ci ripensava!
Si volse verso il
fratello che ancora attendeva una risposta.
“Che vuoi?” sbottò
burbera disturbata nella sua scelta dell’abito.
Presto avrebbe visto
Rukawa faccia a faccia!
Magari gli avrebbe
sfiorato una mano!!
Tremava al solo
pensiero!
“Che ne facciamo di
lui?” le chiese Makoto torturandosi nervosamente le enormi mani, indicando
vagamente verso il pavimento.
La ragazza scosse le
spalle con indifferenza “Lo terremo qui un po’... finchè Rukawa non sarà
libero dal suo maleficio e poi butteremo il corpo da qualche parte...” disse
tranquillamente.
Makoto riprese a
giocare con le sue dita, guardando il pavimento prima di sollevare il volto
di nuovo.
“Sorellona ecco..”
mormorò incerto “... non è che lo lasceresti a me?” disse tutto d’un fiato
diventando rosso come un’aragosta.
La ragazza sbarrò gli
occhi fissando l’enorme moro per alcuni minuti, poi sul suo viso si disegnò
un lento sorriso.
“Ma certo Machan!”
sussurrò con occhi lucenti “E’ tutto tuo puoi farci quello che vuoi!!”
sussurrò divertita.
Ricordava ancora il
cagnolino che Makoto aveva portato a casa quando aveva dieci anni.
L’aveva chiuso in
cantina e gli portava da mangiare di tanto in tanto.
Erano più le volte che
si dimenticava di quelle che se lo ricordava.
E poi il suo modo di
‘giocare’ con il cucciolo aveva riempito la bestiola di lividi e botte.
Makoto non era cattivo,
semplicemente non sapeva dosare la sue enorme forza.
Il cucciolo alla fine
era morto soffocato, una costola rotta gli si era piantata in un polmone
togliendogli il fiato.
Se non ci fosse stata
lei ad imbrigliarlo e a controllarlo... il suo fratellone avrebbe finito per
uccidere qualcuno.
Quel pensiero fece
allargare ancora di più il suo sorriso.
“Davvero sorellona!?”
esclamò felicissimo il ragazzone battendo le grandi mani con gioia
fanciullesca e infantile che poco si addiceva alla sua stazza.
“Ma certo la tua
Irokochan ti ha mai negato qualcosa?” gli chiese lei dolcemente,
accarezzandogli una guancia.
“Puoi fare di lui
quello che vuoi...” sussurrò soddisfatta di come si stavano mettendo le cose
“...a una sola condizione, però!” frenò la sua gioia mettendogli un dito
sotto il naso.
Makoto la fissò
perplesso “Cioè?” chiese esitante.
“Non devi slegargli i
polsi per nessuna ragione, chiaro?” lo minacciò.
Makoto annuì con forza
affrettandosi a rassicurare la sorella.
“Bravo!” disse lei
dandogli un colpetto sul braccio “E adesso vai a giocare che io mi devo
vestire...” disse scegliendo infine un bell’abito giunchiglia da indossare
per uscire.
....
Pow Rukawa
Passeggio nervosamente
per il nostro appartamento facendo avanti e indietro senza sosta.
Yohei è seduto sul
divano con il volto affondato tra le mani, Akira poco distante da lui fissa
il cellulare appoggiato sul tavolino di cristallo come se potesse così
indurlo a suonare.
La polizia lo ha messo
sotto controllo e adesso non possiamo che aspettare.
Ho paura.
Una paura folle.
Continuo a camminare
avanti e indietro cercando di concentrarmi su qualsiasi cosa tranne sul
pensiero che la persona che amo più di ogni altra cosa è nelle mani di una
folle.
Impazzisco all’idea che
lei gli possa fare del male.
L’ansia mi soffoca
minuto dopo minuto mentre il tempo che passa si accumula attorno a me in
strati e strati di paura che sale ogni secondo di più rischiando di
togliermi la ragione.
Ridatemelo.
Farò qualsiasi cosa ma
ridatemelo.
In queste ore ho
pregato.
Ho maledetto.
Ho picchiato Akira che
non mi aveva detto niente.
Ho pianto.
E ora che ho esaurito
le escandescenze cammino nervosamente avanti e indietro come una belva in
gabbia.
Hiroaki ogni tanto mi
getta un’occhiata ma rispetta la mia preoccupazione senza dire nulla.
Francesca è sparita in
cucina per preparare il the.
L’agente Aruso fissa
svogliatamente il pc collegato all’apparecchio per le intercettazioni.
Kurosaki è
all’università ad aiutare la polizia nella ricerca di questa Iroko.
Non sappiamo nemmeno se
è della mia facoltà o di un’altra.
Potrebbe essere
chiunque.
Mi pento di aver
gettato le lettere d’amore mentre mi scervello per ricordarmene qualcuna.
Chissà magari mi aveva
scritto.
Magari se le avessi
lette avrei potuto impedire tutto questo.
Se non avessi ceduto
alla tentazione di dipingerlo ora Hana sarebbe qui con me.
Mi sento in colpa e mi
odio per questo.
Non è colpa mia, ca**o!
Chi le ha dato il
diritto di giudicare?
Chi le ha dato il
diritto di portarmelo via?
Il suono del cellulare
taglia l’aria strappandomi il respiro dai polmoni.
Nonostante Akira sia
molto più vicino di me riesco ad afferrarlo prima di lui, piombando
sull’apparecchio alla velocità della luce.
“Pronto!” ansimo con il
cuore in gola mentre vedo tutti fissarmi con occhi spalancati.
Il poliziotto aziona il
congegno per l’intercettazione telefonica e fissa con occhi attenti il suo
pc che tenta di localizzare la chiamata.
“Ciao..” la sua voce è
mielosa e sgradevole proprio come me la ricordavo.
L’agente Aruso mi ha
consigliato di assecondarla senza chiedere informazioni di Hanamichi.
Dato il soggetto e il
motivo del rapimento è più sicuro per Hana farle credere che, di lui, non me
ne importa niente.
“Ciao..” gracchio con
voce che cerco disperatamente di tenere normale.
Ridammi il mio ragazzo
puttana!
Calma... Kaede calma ne
va della vita di Hana...
“Come stai?” mi chiede
lei giuliva.
Come sto?
Ha distrutto la mia
vita e ha il coraggio di chiedermi come sto?
Inspiro a fondo prima
di calarmi nella parte.
“Bene...” mormoro con
voce fredda e inespressiva più che mai “...molto bene ora che sono
libero...” mormoro.
Dall’altra parte del
telefono sento un momento di silenzio e poi una risatina felice.
“Lo sapevo! Lo sapevo!”
cinguetta felice.
“Se...senti..” balbetta
dopo un minuto di interminabile silenzio.
Che cosa vuole adesso?
“Hn?” chiedo perplesso.
“Ti.. ti andrebbe...
di.. sì insomma...” balbetta incerta.
Sto perdendo la
pazienza!
Che cavolo vuoi!?
“... di in...
incontrarci?” sussurra.
“Incontrarci?” chiedo
incredulo.
Il poliziotto alza la
testa di scatto e mi fa segno forsennatamente di sì.
Come se ne avessi
bisogno!
Non speravo in una
simile fortuna!!
“Ne sarei felicissimo!”
esclamo e la mia voce vibra davvero di felicità sincera anche se non per il
motivo che crede lei.
“Da...davvero?” chiede
Iroko con voce incerta.
“Sì!” la rassicuro
subito “Anche adesso dimmi solo dove!!” la presso.
Voglio avere il suo
collo tra le mie mani.
Voglio sentire i suoi
ossi scricchiolare tra le mie dita.
Ma DOPO che mi avrà
detto dov’è Hana.
E spero PER LEI che il
mio amore stia bene!
“Bhe.. che ne dici se
ci vediamo al bar Konichi tra mezz’ora?” chiede estatica.
“Perfetto!” esclamo
“Non vedo l’ora!” dico prima che lei mi saluti con un bacio e chiuda la
conversazione.
Aruso si è già fiondato
ad avvertire la centrale mentre io schizzo a cambiarmi.
Aspettami amore vengo a
prenderti!
....
Pow Hanamichi
Non so se mi sono
assopito o se ho perso i sensi, non ho orologi e il mio unico punto di
riferimento è la poca luce che entra dalla finestrella.
Credo comunque che sia
passata qualche ora.
E ancora non si è visto
nessuno.
La nausea si è un po’
sedata in compenso mi è sempre più difficile muovermi.
Se prima potevo avere
qualche speranza di liberarmi dalle corde che mi segano i polsi adesso
davvero non ne avrei la forza.
La porta della stanza
si apre obbligandomi a voltare il capo per osservare il mio carceriere.
“Iroko è andata al
caffè Konichi per il suo appuntamento...” dice avvicinandosi al letto.
Non si è nemmeno curato
di chiudersi la porta alle spalle.
Se solo avessi la forza
di liberarmi di queste fottutissime corde!!
“Il suo appuntamento
con chi?” chiedo fissandolo preoccupato quando si siede sul materasso
accanto a me.
E’ davvero enorme.
Potrebbe fare il
lottatore professionista.
“Con quello con cui
facevi le cosacce...” dice distogliendo lo sguardo dal mio per arrossire
violentemente.
“Ru..rukawa!?” ansimo
preoccupato.
L’arpia si è mossa fin
troppo in fretta e ora?
Devo sbrigarmi!
Devo uscire di qui e
avvertire la volpe!
“Sai mia sorella non
vuole...” ridacchia e si tortura le mani, oddio questo colosso che si
comporta come una ragazzina timida mi fa stringere lo stomaco in una morsa
di dolorosa preoccupazione “...ma io ho comprato un giornale dove c’erano
due maschi che facevano le cosacce...” sussurra voltandosi a guardarmi.
No.
No, no, no!
Tutto, ma non questo.
Il suo sguardo è carico
di.. desiderio.
Desiderio per me?
Non avevo messo in
conto il pericolo di essere violentato.
Picchiato, ucciso ma
violentato... no.
Strattono le corde con
la forza datami dalla disperazione mentre lui allunga una mano enorme e me
la passa sul petto.
“Non toccarmi!” sibilò
con voce resa sottile dal terrore.
Lui si ferma stupito
aggrottando le sopracciglia.
“Ma la mia sorellona ha
detto che posso farti tutto quello che voglio!?” contesta con innocenza.
Prendo fiato e poi con
tutta la forza che ho nei polmoni urlo “AIUTOOOO!!”
C’è la porta aperta
qualcuno mi sentirà, no?
Kami ti prego fa che
qualcuno mi senta!!
Il gorillone mi tappa
velocemente la bocca con una mano, soffocandomi, dato che nella foga mi
copre anche il naso.
“Non devi urlare!!” mi
rimprovera cupo mentre io mi agito forsennatamente ma la droga mi
indebolisce e lui non sembra rendersi conto che mi sta uccidendo.
Comincio a piangere
senza nemmeno rendermene conto e le lacrime mi salvano perchè non appena le
nota lui stacca la mano dal mio viso, scusandosi.
Boccheggio a fatica
ignorando le sue scuse troppo preso a rifornire i mie polmoni stanchi
d’aria.
“Se..senti..” balbetto
cercando velocemente di farmi venire un’idea.
“Se.. se vuoi fare
quelle cosacce con me va.. va bene...” mormoro piano sperando che non noti
il tremito convulso che mi scuote le membra a quell’idea.
“Davvero!?” esplode lui
felice gettandosi su di me senza lasciarmi il tempo di finire la frase.
“Evviva!” si esalta felice strappandomi di dosso i pantaloni della tuta e i
boxer con foga.
“Aspetta!” tuono
preoccupato ma lui si avventa sulla mia bocca bloccandomi sotto la sua
ragguardevole massa.
Mi ficca la lingua in
gola con violenza tirandomi una gamba tanto che credo me la voglia
strappare.
Mi agito disperatamente
prima di riuscire a staccare la bocca dalla sua.
Avrei voluto mordere la
lingua di questo bestione bastardo, se solo non fosse assolutamente poco
saggio farlo arrabbiare ora.
“Aspetta maledizione
non si fa così!” esplodo.
Lui solleva il capo
stupito guardandomi perplesso.
“Come... non si fa
così?” chiede lasciandomi andare.
Soffoco un sospiro di
sollievo e l’istinto di sputare a terra per liberarmi del suo sapore.
“No! non si fa così!”
gli dico cercando di sembrare calmo.
“Prima di tutto mi devi
slegare!!” gli insegno, ostentando un’indifferenza che non provo.
Slegami maledetto
bestione!
Liberami ti prego!
“La sorellona ha detto
che posso giocare con te solo se non ti slego!” dice lui deciso, scuotendo
la testa.
Fan**lo tua sorella!!
Calma Hana... calma,
pensa!
“Ma tua sorella non
sapeva che volevi fare le cosacce, giusto?” gli chiedo ricordandomi il suo
accenno alla disapprovazione della ragazza.
Lui aggrotta le
sopracciglia confuso.
Sì, sì sì!
“Tua sorella non lo sa
ma le cosacce non si possono fare con le mani legate...” insisto, sperando
vivamente che mi creda.
“Ah no?” chiede lui
sempre più confuso.
“Assolutamente no!”
specifico.
Lui si massaggia la
testa pensieroso.
Sembra in conflitto tra
il dover ascoltare l’ordine della sorella e il volermi avere a tutti i
costi.
Alla fine mi si
avvicina serio e temo che voglia violentarmi senza curarsi di quello che gli
ho detto quando noto che invece mi sta slegando i polsi.
Kami ti ringrazio!
“Bravissimo...”
sussurro, massaggiandomi la carne ferita.
“Adesso facciamo le
cosacce?” dice fissandomi con occhi vogliosi infilandomi una mano tra le
gambe.
Sussulto balzando
indietro di scatto.
“No!” esplodo.
“Come no?” protesta lui
contrito.
“Cioè.. non subito..”
mormoro cercando di fare mente locale.
Sono troppo debole per
vincerlo in forza nonostante la mia disperazione.
La porta è vicina ma
non ci arriverei mai prima di lui, nello stato in cui sono.
Devo giocare d’astuzia
ancora un po’.
“Pr..prima devi farti
una doccia...” gli dico.
“Una doccia?” chiede
lui perplesso “Ma oggi non è mercoledì! La doccia si fa solo il mercoledì e
il venerdì a meno che io non puzzi...” dice sollevando un braccio per
annusarsi le ascelle “...non puzzo!” constata fissandomi vittorioso.
Kami dammi la forza ti
prego...
“Ma.. ma..” balbetto
cercando disperatamente di essere credibile “..prima di fare le cosacce
bisogna sempre farsi una doccia!!” gli insegno.
“Bisogna proprio?”
piagnucola lanciando un’occhiata vogliosa alle mie gambe.
Mi viene da vomitare.
“Bisogna!” gli ordino
con voce ferrea “E deve essere una doccia di almeno due ore!” continuo,
inventando a raffica.
“Due ore?” chiede
incredulo lui spalancando gli occhi.
Io annuisco perchè non
ho più le forza di fare altro.
Sono stremato.
Mi chiedo se ce la farò
a scappare anche una volta che lui mi avrà girato le spalle.
L’oca è stata
previdente ad iniettarmi quella droga.
“Bhe se bisogna..”
borbotta lui sollevandosi svogliatamente dal letto.
Evvai è fatta!
Si avvicina alla porta
e fa per chiudersela alle spalle quando io lo richiamo.
Adesso mi gioco il
tutto per tutto.
“La...lasciala aperta
per favore qui non c’è un buon odore...” mormoro e lui annusa l’aria
polverosa prima di fissarmi.
“La lascio aperta se tu
mi dai un bacio...” contratta con il sorrisone di un bambino che si diverte
a ricattare un genitore.
“Va.. va bene..”
mormoro alzandomi a fatica dal letto.
Le gambe mi reggono a
malapena, la maglietta sgualcita mi copre l’inguine dal suo sguardo curioso.
Mi avvicino a lui che
aspetta trepidante e gli do un veloce bacio sulla guancia.
“Ecco adesso vai!”
sbotto ritraendomi in fretta.
“Non scapperai?” chiede
lui ricordandosi solo in questo momento che io sono suo prigioniero.
“No, no!” mento
spudoratamente.
Sembra rassicurato e
sale le scale fischiettando mentre io fingo di tornare remissivo al letto.
Non appena lui è fuori
dalla visuale mi rinfilo boxer e pantaloni.
Mi hanno rubato le
scarpe ma poco importa.
La montagna ha parlato
del caffè Konichi, è poco lontano da casa nostra.
Forse faccio in tempo a
raggiungere Kaede.
Non oso immaginare che
cosa potrebbe fargli quella pazza.
Non voglio pensarci!
Conto mentalmente fino
a dieci prima di cominciare a salire le scale il più silenziosamente
possibile.
Sbuco in un piccolo
corridoio, su cui si aprono due porte, infondo al quale si apre la cucina.
Sgattaiolo veloce oltre
la prima porta sorridendo quando sento provenire, da dietro l’uscio, lo
scrosciare dell’acqua e la vociona del mio carceriere.
Sta davvero facendo la
doccia!
Se non ne andasse della
mia vita mi sentirei in colpa per aver raggirato così una persona tanto
ingenua.
Raggiungo la porta che
dalla cucina da al giardino camminando rasente al muro.
Sono sfinito, non c’e
la farò mai a raggiungere Kaede, mi reggo a malapena in piedi.
Arrivo a fatica alla
porta e la trovo aperta.
Bene evidentemente la
‘sorellona’ non credeva che suo fratello le avrebbe disobbedito.
Raccolgo un paio di
scarpe da ginnastica troppo grandi e me le allaccio strette per non perderle
prima di uscire in strada cercando di capire dove siamo.
No, non ci posso
credere!!
Questa tizia abita
praticamente davanti a casa nostra!
Non è possibile!
Pensare che ero così
vicino!
Non è il momento di
riflettere, devo sbrigarmi.
Ancora poco e potrò
avvertire Kaede.
....
Pow Rukawa
Un paio di agenti
sorseggiano un caffè, un’altro finge di leggere il giornale mentre io fisso
l’orologio nervosamente.
La campanella del
locale tintinna portando la mia attenzione sull’ingresso.
Una ragazzina dall’aria
comune mi si avvicina e mi sorride.
“Ciao..” miagola e
riconoscerei ovunque quel tono melenso.
E’ lei!
“Ciao..” mi sforzo di
mormorare con un sorriso che sembra una smorfia di dolore.
Mi siedo e lei si siede
davanti a me.
Ora, calma e sangue
freddo quando mi avrà detto dov’è Hana potrò ucciderla.
“Sei ancora più bello
da vicino...” sussurra estatica.
Va fan**lo!
“Anche tu sei molto
carina..” mento con voce incolore.
“Davvero?” mormora lei
portandosi le mani alle guance arrossendo “Gr.. grazie..” pigola.
Ma crepa stro**a!!!
“E’ incredibile che una
fanciulla delicata come te abbia avuto la meglio su Han.. su quello
scimmione di Sakuragi” mi correggo in fretta.
Lei sorride dolcemente
“Mi ha aiutato mio fratello, sai lui è grande e grosso!” dice ridacchiando.
Calma Kaede,
calma...
“Davvero?” m’interesso.
Lei scuote le spalle
“Ma non parliamo di Makoto, sono così felice di vederti!” esclama arrossendo
di nuovo.
“Anch’io sono
felice...” mormoro ringhiando in modo ben poco credibile ma lei è persa
nelle sue fantasie e per fortuna non lo nota.
“Però..” mormoro
fingendomi preoccupato.
“Cosa?” chiede lei,
zelante.
“Non vorrei che quel
rossino si mettesse di nuovo tra me e te...” mormoro allungando una mano
sopra il tavolo per toccare la sua.
I suoi occhi diventano
due cuori palpitanti mentre io mi appunto mentalmente di disinfettarmi una
volta a casa.
“Oh ma di questo non ti
devi preoccupare!” esclama lei soave.
Oddio... oddio no...
ti prego non dirmi che gli hai fatto del male...
“Pe..perchè..?”
balbetto a fatica.
“L’ho lasciato a mio
fratello, quando avrà finito con lui dubito che avrà ancora qualcosa
d’intero..” ride divertita.
La sua risata tuttavia
mi arriva ovattata e lontana.
“Dov’è?” sussurrò
piano.
“Eh?” mormora lei
perplessa.
“Dimmi dov’è?” ringhio
balzando oltre il tavolo stringendole entrambe le mani intorno al collo.
Lei sbarra gli occhi
sorpresa dal mio cambiamento repentino cercando senza successo di staccarmi.
“DOV’E’? VOGLIO SAPERE
DOV’E?” grido con rabbia cieca scuotendola come se fosse una bambola di
pezza.
Gli agenti balzano in
avanti cercando di separarci quando la porta del bar si apre con uno
scampanellio violento e sulla soglia, ansimante, a stento in piedi,
appoggiato pesantemente alla porta, lo vedo.
“HANA!!” esclamo
incredulo lasciando andare l’oca per precipitarmi da lui.
Si accascia tra le mie
braccia con un gemito e tutta la felicità che avevo provato nel vederlo sano
e salvo si trasforma in preoccupazione quando noto che respira a fatica.
“Amore.. piccolo
rispondimi che cos’hai?” sussurro stringendolo dolcemente a me, avvolgendolo
in un abbraccio protettivo.
Hana affonda il capo
nella mia spalla e scoppia in singhiozzi.
Kami...
“Va tutto bene tesoro..
è tutto finito...” mormoro dolcemente cullandolo mentre l’agente Aruso si
avvicina a noi sollevando la ricetrasmittente per chiamare un’ambulanza.
Siamo tutti così
distratti che non ci accorgiamo che Iroko ha afferrato un grosso coltello,
di quelli che si usano per tagliare le torte, e si sta lanciando contro di
noi.
“Kaede è mio! Stai
lontano da lui!!” grida inferocita abbassando la lama con forza.
Hanamichi spalanca gli
occhi terrorizzato quando vede che mi piego su di lui, offrendo la schiena
al coltello, facendogli da scudo.
Non le permetterò di
farti ancora del male.
Non permetterò che
nessuno ti ferisca.
Anche a costo di
rimetterci la vita!
Sono preparato a
sentire il dolore squarciarmi la schiena quando uno sparo rieccheggia nel
locale.
Iroko si accascia priva
di vita, con un tonfo, a pochi passi da noi.
Aruso le ha sparato
prima che riuscisse a colpirmi.
E’ finita.
E’ davvero finita.
Stringo dolcemente
Hanamichi a me, obbligandolo a scostare il capo per non fargli vedere gli
occhi vuoti della sua carceriera, mentre in lontananza giunge il suono
dell’ambulanza.
....
Rukawa accarezzò
dolcemente i capelli rossi del suo amante che riposava tranquillo tra le
lenzuola, un po’ troppo inamidate, dell’ospedale.
I dottori lo avevano
rassicurato che non correva pericoli.
La droga che gli
avevano dato non aveva effetti collaterali, un po’ di riposo e tranquillità
gli avrebbero consentito di ritornare in forma anche se per sicurezza lo
tenevano sotto osservazione.
Per il resto Hanamichi
aveva solo qualche livido e contusione.
Il fratello di Iroko
era stato arrestato, gli agenti l’avevano trovato ancora sotto la doccia.
Quando Rukawa l’aveva
raccontato al rossino questo aveva trovato la forza di ridere prima di
raccontargli il perchè della sua ilarità.
Kaede per poco non si
era sentito male, invece.
Aveva stretto con forza
il compagno riempiendolo di baci finchè non era entrata l’infermiera per
dare le medicine al suo ragazzo e lui era stato costretto ad uscire.
Ora lo osservava
riposare mentre l’orologio scandiva pigramente i minuti.
Era la mattina del
tredici febbraio.
Il giorno prima di San
Valentino.
Lui non dava molto peso
a quella festa occidentale però aveva ancora quella dell’anno prima da farsi
perdonare.
Certo che... il loro
primo San Valentino era stato un disastro.
Il secondo aveva
rischiato di tramutarsi in una tragedia.
Cominciava ad odiare
quella festa!!
Hanamichi si mosse tra
le lenzuola socchiudendo le palpebre.
“Buon giorno” mormorò
dolcemente il volpino posandogli un bacio sulle labbra.
“Ciao volpe...”
sussurrò Sakuragi allungando le braccia per stringerlo e ricevere un’altro
bacio.
Kaede assaporò con
attenzione quelle labbra morbide che aveva rischiato di perdere prima di
staccarsi da lui e sorridergli dolcemente.
“Come stai?” chiese
piano.
Il rossino scosse il
capo “Sto bene Ru...” mormorò, mettendosi a sedere nel letto prima di
stiracchiare le braccia muscolose.
Sui polsi erano ancora
visibili i lividi lasciati dalle corde.
Ogni volta che lo
sguardo di Rukawa si posava su quei segni rossi il volpino sentiva il suo
cuore perdere un battito.
Avrebbe potuto
perderlo.
Perderlo per sempre.
Automaticamente si
avvicinò al compagno cingendolo affettuosamente tra le braccia posando un
bacio leggero tra i suoi capelli rossi e Hanamichi sorrise accoccolandosi
contro di lui.
“Devo farmi rapire più
spesso se poi diventi così dolce..” lo punzecchiò divertito ricevendo in
risposta un secco: “Do’aho!”
Pow Hanamichi
Il medico mi ha dato
finalmente il permesso di tornare a casa.
Lo sguardo assassino
del tensai lo ha folgorato da parte a parte quando stamani è venuto a dirmi:
“Domani la dimettiamo”.
“Domani è San
Valentino!” ho fatto notare a quel vecchietto separatore di coppiette felici
“Quindi lei mi dimette stasera!”
Naturalmente il
vegliardo ha protestato ma alla fine il genio ha vinto!
E così ora sto fissando
Kaede armeggiare con la serratura di casa.
“Ecco...” mormora
aprendo la porta, prendendo dalle mie mani la borsa con il pigiama e la
biancheria che ho usato durante la mia breve degenza.
Quante volte gli ho
ripetuto che non sono un invalido, che sto bene, e che posso benissimo
portare da solo una borsa leggera?
Parole sprecate.
Basta ho deciso che
approfitterò spudoratamente di lui finchè posso!
Tanto, tempo un paio
d’ore, e sarà tornata la solita, gelida, kitsune.
Rimettere piede in casa
mi da una strana sensazione.
Adesso sì... adesso è
davvero tutto finito.
Mi lascio sfuggire un
lungo sospiro di sollievo appoggiandomi contro il petto del mio volpino che
mi è silenziosamente scivolato alle spalle avvolgendomi in un abbraccio
protettivo.
Faccio finalmente un
pasto decente e dopo, vista l’ora, e le raccomandazioni del medico, andiamo
a letto.
Che bello poter di
nuovo affondare il viso nel petto di Kaede!!
Strofino la guancia
contro il tessuto leggero del suo pigiama e lui fa scivolare dolcemente una
mano tra i miei capelli in un movimento ritmico e ipnotico che mi fa presto
scivolare in un sonno tranquillo.
Pow Rukawa
I primi raggi di sole
scivolano sul mio viso solleticandomi le palpebre.
Le socchiudo piano
sorridendo dolcemente nell’avvertire il suo corpo stretto al mio.
Dorme abbracciato a me
con entrambe le braccia come se avesse paura che scompaia da un momento
all’altro.
Il suo medico mi ha
detto che è un ragazzo forte e che non mi devo preoccupare ma di fare
comunque attenzione se noto che si comporta in maniera strana.
Hana scherza sul suo
rapimento ma non posso dimenticare che quando è piombato nel bar, e si è
lasciato cadere tra le mie braccia, è scoppiato in singhiozzi.
Infondo l’hanno
drogato, picchiato e hanno anche cercato di stuprarlo.
Se avessi tra le mani
quel bastardo!
Non resterebbe molto di
lui!!
Hanamichi mugola
qualcosa infastidito dalla luce che gli accarezza il viso prima di
socchiudere le palpebre.
Ha tutti i capelli
arruffati e lo sguardo spaesato di chi, svegliandosi, cerca di capire dove
si trova.
Quei due pozzi di
cioccolata affondano nei miei, per un momento confusi, prima d’illuminarsi
di sfaccettature dorate.
“Sono a casa...”
sussurra riaccoccolandosi contro il mio petto.
“Do’aho te n’eri
dimenticato?” gli chiedo dolcemente, passandogli una mano tra i capelli
rossi nel tentativo di dare una sistemata alle ciocche ribelli che gli
cadono sulla fronte dorata.
Lui affonda il volto
nella mia spalla e avverto a malapena il suo sussurro imbarazzato.
“Tu sei la mia casa...”
Do’aho... ti amo lo
sai?
Lo obbligo a sollevare
il volto beandomi del rossore che gli colora le guance prima di allungare il
capo per assaggiare le sue labbra.
Ci stacchiamo dopo un
piacevolissimo lasso di tempo, sempre troppo breve.
“Buon San Valentino”
gli sussurro sulle labbra prima di allungare una mano sul comodino e
afferrare dal primo cassetto un piccolo pacco.
Hanamichi lo fissa con
occhi scintillanti riconoscendo il marchio della pasticceria che vi spicca
sopra.
Il mio golosone.
Gli brillano gli occhi
mentre scarta la confezione scarlatta che rivela una piccola, dettagliata,
forma di cioccolato scuro, fondente, dall’aria invitante.
E’ una chiave.
E i suoi occhi si
accendono nel comprendere.
Per te Hana, che hai
trovato il modo di scassinare il cofanetto in cui tenevo segregati i miei
sentimenti.
Per te che ora sei il
custode della mia felicità.
Tu che sei l’unico che
ha avuto e avrà mai la chiave per accedere al mio amore.
Mi sorride con le
lacrime agli occhi nel portarla alle labbra.
Lo guardo assaporare il
cioccolato con le palpebre socchiuse per eterni attimi di silenzio.
Si lecca le labbra e
solleva nuovamente lo sguardo su di me.
“Ora non potrai averla
indietro..” mormora.
“Lo so..” gli sussurro
“...ma è al sicuro con te.” gli soffio sulle labbra prima di chinarmi a
chiudergliele con le mie, assaporando il gusto intenso del cioccolato
mescolato al suo.
Delizioso.
Il bacio si fa via, via
sempre più passionale finchè mi ritrovo a slacciargli la camicia del
pigiama.
Lui inarca la schiena
aiutandomi, nei suoi movimenti la stessa urgenza dei miei.
Lo voglio.
Lo desidero con
un’intensità devastante.
Lo accarezzo con
dolcezza mentre ci liberiamo a vicenda dei vestiti scambiandoci baci leggeri
e frasi inframmezzate dai nostri respiri che vanno salendo d’intensità.
Lui si tende sotto di
me e io faccio scivolare entrambe le mani, con riverenza sul suo petto e poi
giù sui fianchi, aiutandolo a sollevare il bacino.
Hana geme piano
allungando le mani per accarezzarmi.
Sussulto quando la
destra scivola maliziosa tra le mie gambe accarezzandomi con sapienza.
“Do’hao...” gli
sussurro sulle labbra catturando quella mano maliziosa che rischia di farmi
perdere il controllo troppo presto, imprigionandogliela sopra la testa.
Gli imprigiono anche
l’altro polso bloccandolo contro il letto prima di chinarmi a baciarlo
dolcemente sulle labbra quando mi accorgo che c’è qualcosa che non va.
Improvvisamente si è
teso e ha voltato il capo, sfuggendo il mio bacio.
“Amore che c’è?” gli
chiedo preoccupato.
“Non.. non tenermi
così..” mormora con voce leggermente roca e solo ora mi accorgo di quello
che ho fatto.
Gli sto bloccando
entrambi i polsi con una mano, sopra la testa.
Lo lascio andare
subito il respiro improvvisamente gelato nei polmoni.
Idiota! Idiota! Idiota!
E per fortuna che mi
sono ripromesso di non spaventarlo!
“Scusa...” mormoro
piano accarezzandogli il viso con dolcezza.
Scivolo giù dal suo
corpo, stendendomi al suo fianco.
“Amore mi dispiace...”
cerco di tranquillizzarlo.
Kami... fa che io non
abbia fatto un disastro.
Se adesso mi volta la
schiena e si mette a piangere giuro che vado al tempio a flagellarmi.
“Baka kitsune..” mi
rimprovera dolcemente allungando le braccia per attirarmi nuovamente a se
“...chi ti ha dato il permesso di smettere?” mormora cercando di dare alla
sua voce un tono sicuro.
Non m’inganni piccolo
ti ho spaventato ed era l’ultima cosa che volevo.
Lo stringo tra le
braccia sfiorandogli il volto in tanti delicati baci che hanno il potere di
sciogliere la tensione improvvisamente accumulata tra noi.
Lui si lascia andare
nuovamente contro di me, sento le sue mani sul mio corpo mentre le mie
scivolano a delineare le forme del suo.
Continuiamo a lungo
così, semplicemente riscoprendoci a vicenda, coccolandoci finchè lui non mi
cerca per un bacio profondo.
Allora le mie carezze
si fanno più intime e i suoi gemiti cominciano a crescere inframmezzando i
respiri che si tramutano presto in ansimi.
Lo preparo con lentezza
esasperante finchè non è lui stesso a pregarmi con voce spezzata di
prenderlo.
Affondare nel suo
calore dopo due lunghissime settimane, poterlo sentire completamente
abbandonato a me dopo aver creduto di perderlo rafforza la mia decisione.
Spero solo che Hana mi
dica di sì.
Ogni pensiero scompare
quando lui solleva i fianchi cercandomi, concedendomi il suo corpo
nell’invitarmi a muovermi in lui.
Le spinte si fanno più
forti, profonde, mentre reclino il capo all’indietro lasciando che la mia
voce si fonda alla sua al pari delle nostre anime.
....
Hanamichi giaceva
stremato tra le braccia del compagno, cercando ancora di recuperare il fiato
quando Kaede, sollevatosi su un gomito lo fissò con un’espressione che non
gli aveva mai visto su quei lineamenti perfetti.
“Cumetti-san mi ha
chiesto di tornare in Italia dopo domani...” gli comunicò il volpino serio e
Hanamichi sentì il cuore mancargli un battito.
Così presto?
Voleva già ripartire?
“Vieni con me...” le
parole dell’amante lo riscossero bruscamente dalle sue elucubrazioni.
“Con te?” mormorò
Hanamichi sorpreso.
Rukawa annuì “Vuoi?”
chiese titubante.
Se Hanamichi gli avesse
detto di no sarebbe stato più complicato proporgli quello che aveva in
mente.
Gli occhi del rossino
s’illuminarono fugando i suoi dubbi.
“Certo!” esclamò
abbracciandolo felice “Mostrerò a tutti gli italiani il mio genio!” si
esaltò facendo sbuffare l’amante che prese a mordicchiarsi nervosamente un
labbro.
Ora veniva la parte più
difficile.
“Hana...” lo chiamò
piano con un tono serio e stranamente titubante.
Sakuragi lo fissò
affascinato.
Non aveva mai visto
Rukawa così insicuro.
Ma che stava
succedendo?
“Ti dispiace se nel
viaggio di andata facciamo tappa in Belgio?” mormorò il volpino piano.
“In Belgio?” chiese
Hanamichi perplesso.
Rukawa annuì
trattenendo il fiato.
“Perchè?” mormorò
innocentemente il rossino senza capire per quale motivo il suo amante
sembrasse all’improvviso così teso.
“Do’aho!” sbottò Kaede
esasperato “Non ci arrivi?”
Hanamichi si corrugò
offeso “Senti se non capisco, non capisco, spiegami, no!!” sbottò.
“In Belgio sono
riconosciute le unioni omossessuali!!” lo informò secco il volpino mentre il
suo volto si arrossava impercettibilmente.
Hanamichi lo fissò
perplesso “E allora?” chiese sempre più confuso prima che i suoi occhi si
spalancassero di botto.
“Ka.. kaede...” ansimò
comprendendo finalmente che cosa stava cercando di dirgli il volpino.
“Vuoi sposarmi Hana?”
La voce di Rukawa gli
giunse dolce e leggermente roca.
Il volpino aveva le
guance arrossate e gli occhi lucenti.
Hanamichi si perse
nella contemplazione di quella creatura meravigliosa, incredulo dinanzi a
quello spettacolo irripetibile prima di accorgersi che il compagno stava
trattenendo il fiato, in attesa di una sua risposta.
Come se non fosse ovvio
che cosa gli avrebbe detto...
“Sì! sì! sì!!” esplose
di gioia buttandogli le braccia al collo.
“Sì!!” ripetè
seriamente e Kaede gli sorrise dolcemente sfiorandogli le labbra con le
proprie.
“Tienine uno per la
cerimonia” gli soffio piano, la voce resa roca dall’emozione e dalla gioia.
Hanamichi gli sorrise
raggiante una lacrima di gioia che silenziosa scivolava sulla sua guancia
sciogliendosi sulle loro labbra nuovamente unite in un bacio profondo, pieno
di quel loro sentimento per cui non c’erano aggettivi o parole adatte.
Era... semplicemente
amore.
Fine...
Siete arrivati fin qui? Ma dai!? Non ci credo nemmeno se lo vedo con i miei
occhi!!
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