Secretum.

di IrisAlba

 

Capitolo I.

 

Amo, ma ciò che amerei non amare, ciò che vorrei odiare; amo tuttavia,

ma contro voglia, nella costrizione, nel pianto, nella sofferenza.

                                                                Francesco Petrarca.

 

Non ho ricordi degli anni della mia infanzia. Ogni volta che provo a guardare indietro nel tempo, infatti, le immagini che si affacciano alla mia mente arrivano solo sino all’orribile periodo passato in quell’orfanotrofio, dove io e pochi altri bambini eravamo circondati da suore fredde e cattive, che ci hanno insegnato a temere Dio. Anche il mio nome, Son Goku, che tutti dicono essere bellissimo e nobile, non è il mio vero nome di battesimo, ma quello che Sanzo, il mio tutore, mio fratello maggiore, mio “padre” ( perché no, dopo tutto è questo che i suoi familiari volevano che diventasse, il padre di un nuovo erede della loro prestigiosa famiglia) mi ha dato subito dopo avermi preso con sé.

Tutti quelli che hanno la fortuna di definirsi amici del mio tutore (e sono davvero pochi, ve lo assicuro!!!) ancor oggi non riescono a credere che abbia accettato di farsi carico della mia custodia: Genjo Sanzo Hoshi, giovane e brillante professore di filosofia, avviato ad una luminosa carriera accademica, che prende con sé un quindicenne dalle oscure origini, gli da vitto e alloggio e decide addirittura di designarlo quale erede del suo pensiero!!!. A dire il vero anche io mi chiedo ancora perché Sanzo, con il caratteraccio che si ritrova, abbia fatto questo, ma ciò in fondo è irrilevante, soprattutto perché a Sanzo dei pensieri altrui non è mai fregato assolutamente niente.

Il mio tutore proviene da una delle famiglie più antiche e importanti della città, i cui membri sono stati tutti grandi filosofi e

il cui pensiero si tramanda da generazioni. Sanzo è l’ultimo esponente di questa autorevole famiglia e tutti sono concordi nell’affermare che con lui il nome degli Oshi ha toccato un prestigio paragonabile solo a quello avuto con suo padre,

Koumyou Sanzo, morto quando il mio tutore era ancora un bambino.

Malgrado la considerazione di cui gode all’interno e all’esterno della famiglia, però, Sanzo è sempre rimasto immune da qualsiasi complimento e adulazione. È sempre stato perennemente di cattivo umore, scorbutico, arrogante, strafottente, manesco (ma questo soprattutto con il sottoscritto!!!) e a volte anche irrispettoso!!!. Il giorno del suo ventesimo compleanno, ad esempio, il vecchio nonno gli aveva categoricamente imposto di iniziare a cercarsi una fanciulla di buona famiglia da sposare, dato che era suo compito mettere al mondo un erede a cui avrebbe poi affidato il suo pensiero. Erano ormai due anni che i suoi parenti cercavano di convincerlo a fidanzarsi ma Sanzo, che meriterebbe il premio Nobel solo per l’abilità con cui ignora le richieste altrui, aveva sempre o rimandato la faccenda o rifiutato categoricamente. Quella volta, però, si era limitato a sorridere (un sorriso inquietante, mi hanno detto, ed io ci credo, perché Sanzo non sorride MAI se non per qualche misterioso motivo!!!) e ad annuire con fare remissivo (altro particolare inquietante). Tutti pensavano che si fosse finalmente deciso ma il giorno dopo, invece di presentarsi a lezione, prese la macchina e si diresse verso l’orfanotrofio di una città non molto vicina a quella dove abitava. La città vicina alla quale si trovava l’orfanotrofio dove io allora vivevo.

 

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Io e Nataku, amico che per me è stato più caro di un fratello, eravamo gli studenti più “vecchi” dell’orfanotrofio e anche quelli che le suore sopportavano meno. Avevamo ormai quindici anni ma quelle “sante” donne ci dicevano continuamente che non saremmo arrivati a compierne sedici, dato che eravamo due teppisti che avrebbero finito per ammazzarsi e per finire all’inferno. Certo, non dico che avessero tutti i torti. Io e Nataku facevamo loro continuamente dei dispetti, rubavamo continuamente del cibo dalla dispensa (quante volte siamo stati puniti per questo!!!), saltavamo spesso le lezioni per

andarcene un po’ in giro in città e più di una volta ci siamo trovati a fare a botte con ragazzi anche più grandi di noi. La sera, poi, tornavamo sempre tardi, perché ci divertivamo ad arrampicarci sugli alberi e a correre per i campi deserti sino a farci quasi scoppiare i polmoni e il cuore dalla fatica.

Forse, inconsciamente, speravamo che qualche psicopatico si avvicinasse e ci facesse fuori, che qualcuno ci facesse sparire. Nessuno avrebbe pianto né pregato per la nostra anima: eravamo feccia, rifiuti della società e di ciò fummo sempre perfettamente consapevoli.

Malgrado ciò non riuscivamo a scappare da quel posto. Avevamo paura, non sapevamo dove andare, come guadagnarci da vivere. La notte fissavo terrorizzato il soffitto, perché sapevo che tra qualche anno sarei dovuto andarmene e non sapevo cosa avrei fatto dopo. –Voi non appartenete alla città!!! Essa vi ingoierà e poi vi risputerà fuori!!!- non era questo che ci ripeteva sempre una vecchia suora?. Io quella donna non la sopportavo, ma sapevo sin da allora che diceva la verità.

Tornando a Sanzo, comunque, forse vi starete chiedendo che diamine ci stava andando a fare in un orfanotrofio quasi dimenticato da Dio e dagli uomini. Ebbene, il mio tutore, che si sentiva male al sol pensiero di mettere su famiglia, aveva pensato bene di scavalcare il fastidioso ostacolo del matrimonio, andandosi a procurare direttamente un erede!!!. Certo,

la sua trovata non può assolutamente definirsi corretta e onesta, soprattutto nei riguardi della sua famiglia, ma dato che

Sanzo detestava dal profondo del cuore quelle –Vecchie mummie saccenti e inacidite- (sono parole sue testuali!!!) e che desiderava dimostrare loro che non prendeva ordini da nessuno, posso solo immaginare con che gioia si presentò, del tutto inatteso, quella assolata mattina nell’ufficio della madre superiora dell’orfanotrofio. 

In quel momento tutti i bambini erano in chiesa per la messa. Io e Nataku stavamo in piedi in una delle navate laterali, per

punizione, dato che per l’ennesima volta eravamo arrivati in ritardo. Stava proprio terminando il canto finale quando la madre superiora, entrata all’improvviso, ci fece segno di zittirci e di sedere. Poi, con un sorriso raggiante sulle labbra, incominciò a parlare: -Oggi, figliuoli miei, è giunta una persona molto importante!!! I più grandi tra di voi lo conosceranno sicuramente!!! Si tratta del professor Genjo Sanzo Oshi, stimato filosofo della città di S***, che è venuto sin qui per adottare uno di voi!!! Ora alzatevi in piedi e comportatevi come vi abbiamo insegnato!!!

Può entrare, signor Oshi!!!-.

All’esclamazione della madre superiora la porta della chiesa si apri lentamente e una figura, avvolta in un bagno di luce, iniziò a farsi avanti.

Ci tengo a precisare che io non ho mai creduto né credo in Dio, negli angeli o ad altre figure sovrannaturali; ma quel giorno, in quel preciso istante, la mia mente non poté trattenersi dal formulare questo pensiero:

“Ecco come deve essere una divinità scesa sulla terra!!!!”.

Sanzo era entrato nella chiesa vestito completamente in nero, come se avesse voluto che la sua pelle bianca e i suoi capelli biondi generassero con l’oscurità delle vesti un contrasto quasi stridente. In tutta la mia vita non avevo mai visto dei vestiti

così belli, una pelle così bianca, dei capelli così luminosi. Luminosi quasi come i raggi del sole.

Si era avvicinato con movimenti lenti ed eleganti alla madre superiora e con aria mortalmente annoiata (ma solo apparentemente, come avrei avuto poi modo di capire) aveva incominciato a togliersi gli occhiali da sole.

Io, senza capirne il motivo (dopo tutto avevo solo 15 anni, e mi erano ancora estranei sentimenti quali l’amore o il desiderio carnale), ero rimasto letteralmente a bocca aperta e seguivo i movimenti di quell’uomo bellissimo di fronte a me fotogramma per fotogramma. Quando mi trovai a guardare finalmente i suoi occhi, dovetti mordermi le labbra per non lanciare un’esclamazione di stupore ad alta voce.

Mai avevo visto occhi più belli e, come poi avrei imparato a mie spese, terribili. E sono sicuro che mai ne vedrò.

La madre superiora aveva iniziato a parlare ma io non riuscivo a sentirla, né riuscivo a sentire le frasi che all’orecchio si mormoravano i miei stupiti ed incuriositi compagni, né i commenti di Nataku. Per me in quel momento c’era solo lui.

Sin da quel momento c’è stato solo lui.

Sempre con aria annoiata e imbronciata, Sanzo aveva iniziato a camminare lungo il corridoio della chiesa, guardando velocemente i bambini in piedi ai suoi lati. Quando finalmente arrivò alla fine del corridoio, volse quasi distrattamente lo sguardo verso la navata dove eravamo io e Nataku.

Per alcuni secondi i suoi occhi si fissarono nei miei e forse già tentarono, arrogantemente, di scandagliare la mia anima. Senza smettere di fissarmi iniziò ad avvicinarsi a noi, fermandosi proprio di fronte a me, ad un solo passo di distanza.

Io, senza dire una parola, continuavo sfacciatamente ad osservarlo estasiato.

Dopo avermi squadrato per un po’ da capo a piedi, lo vidi sollevare il braccio e sfiorarmi il mento con le dita per farmi alzare con decisione il viso. Rimase in silenzio per qualche istante e poi lo sentì esclamare, con voce profonda e sicura: -Voglio questo ragazzo. Qual è il suo nome?-.

 

TO BE CONTINUED!!!

 

P.S. di IrisAlba: con questa fan fiction vorrei lasciar perdere per un po’ il genere comico (genere a cui sono approdata PER PURO CASO!!!) e tornare alle atmosfere dark a me tanto care, oltre che più consone al mio stato d’animo, almeno in

questo periodo (sto infatti preparando un esame a dir poco mastodontico!!! ;___;). So che Goku è un po’ OOC, ma

tenete conto che:

1) è un’AU.

2) Goku è ormai adulto e sta ricordando la sua passata adolescenza (anzi, volevo ricordarvi che sarà lui la voce narrante della storia!!!).

3) l’autrice è IrisAlba, dunque può succedere di tutto!!!.

A chi legge e a chi commenta, anche se solo nel suo cuoricino, vanno 1.000

Kiss&Bises ^*^