Commento: Sotto pressione di QUALCUNO (non farò nomi) ho scritto questa fic...non so se è da considerarsi lemon...forse ci va solo vicina...mi sa che si beccherà un NC-17...mah...forse mi dispiacerà un po’...spero che rimanga “R/S”...ma fa lo stesso, no? Scrivetemi, mi raccomando, japanirvana@libero.it I personaggi sono tutti del sensei Togashi...probabilmente lui non avrebbe mai voluto questo...mi spiace....
2nd Month 2a parte - Tekueki no Seiteki di Jpnir Smettila di
urlare, Hiei, so che ti sto facendo male ma non me ne importa nulla...non
voglio che tu muoia...smettila...smettila di urlare, stupido idiota! Non
capisci che così non fai
altro che complicarmi le cose? “KURAMA! KURAMA!” Smettila,
smettila, smettila, baka...non mi sto mica divertendo...non lo senti che
sto piangendo?! Non lo vedi come soffro?!
Smettila...smettila di gridare così, ti prego....ti prego! “ITE! KURAMA!
KURAMA!” A mani nude, su quel
futon dove tante volte avevano dormito insieme, Kurama stava ricucendo la
ferita di Hiei. Non poteva certo
permettersi di portarlo da un medico, questo lo sapevano bene entrambi,
come avrebbero spiegato il jagan sulla fronte di Hiei? Le pupille ridotte a
punte di spilli, Hiei gridava con quanto fiato aveva in corpo, sopraffatto
da quel dolore così acuto, così insopportabile, che gli perforava le
viscere e gli faceva esplodere la testa, che gli saturava le vene d’odio
e che lo faceva fremere fino a fargli lacerare con le unghie le coperte
sulle quali era sdraiato. Kurama aveva avuto
premura di erigere una barriera sonora attorno alla stanza (le urla si
sarebbero sentite in tutto il vicinato se non l’avesse fatto), ma come
ben presto si accorse quella barriera non poteva proteggere lui dalle urla
di Hiei, non poteva fare nulla contro quel suono straziante che lo stava
facendo piangere come mai prima di allora... Non aveva ricucito
nemmeno metà di quel terribile sfregio, e già sentiva che non ce la
faceva più. Aveva svestito Hiei per poter lavorare più facilmente –
grida - aveva dovuto ripulire la ferita perchè non facesse infezione –
altre grida – e infine, come stava ancora facendo, aveva cominciato a
ricucire la ferita – ancora grida -, cercando di fare il meno male
possibile ad Hiei (ma perchè non si decideva a svenire e basta?) ma non
potendo evitare di eseguire quella operazione. Pochi minuti dopo
aveva terminato. La stanza sembrava il teatro di un massacro, c’era
sangue dappertutto, per terra, sulla finestra da cui Kurama era entrato
portando tra le braccia un febbricitante Hiei, sul futon, sulle coperte,
sui cuscini, e soprattutto su di lui e su di Hiei. Le mani di Kurama
stavano ancora gocciolando, e Hiei, nudo come un verme e ansimante, era
totalmente ricoperto di liquido vermiglio dall’inguine fino al mento,
colpa del trasporto e di quanto si era agitato durante l’operazione. Le lacrime che dagli
occhi di Hiei passavano a scorrergli sul collo scoprivano linee di pelle
bianca in mezzo a quella distesa rossa, per poi diventare anch’esse
color rubino ed andare a confondersi col resto della macchia purpurea. Kurama si alzò, da
inginocchiato che era. Guardò la ferita di
Hiei. Non aveva fatto un cattivo lavoro, e con le sue erbe avrebbe fatto
sparire la cicatrice di Hiei in fretta. Bisognava solo che guarisse, ora. Non sarebbe stata un
impresa facile tenerlo fermo per tutto il tempo che ci sarebbe voluto. Usci, avviandosi
verso il bagno per prendere qualcosa per ripulire sè stesso e Hiei. Quando giunse davanti
allo specchio la sua stessa immagine lo spaventò. La camicia bianca
sembrava ora un campo di neve disseminato di rossi papaveri, e lo stesso
era per il suo viso, che sulla pelle diafana ospitava goccioline vermiglie
perfettamente intonate con i suoi capelli e con le sue mani, che poco
conservavano del candore originale. I suoi begli occhi
verdi quasi stonavano, in mezzo a quell’alternanza così perfetta quanto
spaventosa di porpora e cotone. Voltò la testa per
non guardare un solo secondo di più il modo in cui era ridotto e si lavò
viso e mani, togliendosi la camicia (ebbe un borbottio di disappunto
notando che anche i pantaloni bianchi si erano sporcati) e bagnando infine
un panno nell’acqua pulita per portarlo nella stanza di fianco e
ripulire Hiei. Quando tornò, Hiei
aveva smesso di ansimare e piangere, ma era rimasto esattamente nella
posizione di prima, quasi avesse esaurito tutte le forze che aveva in
corpo. Si sedette in fianco
a lui, che continuò a fissare il soffitto, e cominciò a ripulirlo dal
sangue, partendo dal mento per poi passare a spalle, braccia, ventre
(quando passò di fianco alla ferita lo sentì fare uno scatto ma per
fortuna non si lamentò), inguine (nessuno dei due fece una piega) e
gambe. Quando ebbe finito, il panno aveva totalmente cambiato colore. Lo
posò per terra di fianco al futon, e si voltò a guardare Hiei. “Come ti senti?” Nessuna risposta. “Non ce l’avrai
mica con me?” “No.” “E allora
rispondimi.” “Lasciami in
pace.” “Hiei, che
accidenti è questa storia, adesso?!” Silenzio. Hiei cercò
di voltarsi su un fianco, ma con un mugolio fu costretto a tornare alla
sua posizione di prima, e si limitò a voltare la testa tanto da non
vedere Kurama. “Guarda che non
basta come ti ho pulito io. Dopo dovrai andare a farti una doccia.” Nessuna risposta,
ancora una volta. “Hiei! Sei
patetico! Mi vuoi dire cos’hai?” Silenzio. Kurama
perse la pazienza. Afferrò il mento di Hiei e facendo questo voltò la
testa del Jaganshi dalla sua parte, per guardarlo negli occhi. Aveva uno sguardo
quasi assente,triste ma gelido e carico d’odio allo stesso tempo. “Hiei...” Hiei alzò un braccio
e spinse il viso di Kurama contro il suo, in modo da poterlo baciare. “Ti detesto, Kurama...” “Io invece ti
adoro.” Con una mossa che
lasciò Kurama allibito (ma non era moribondo?!) Hiei si portò sopra
Kurama, con una smorfia di dolore si chinò portando il viso a pochi
millimetri dal suo, baciandolo di nuovo, di nuovo e di nuovo. “Sono io che ti
adoro, stupida volpe...” Bacio. Altro bacio “A che gioco stai
giocando, Hiei?” disse Kurama, risentito ma divertito allo stesso tempo. Bacio. Carezza.
Bacio. Hiei si abbassò ancora di più su di lui. Kurama sentì che con la
mano cominciava a slacciargli i Jeans. “Hiei!Cosa...” “Ti voglio, Kurama.
Adesso, subito.” “Hiei...AH!” Bacio, bacio, bacio.
La lingua di Hiei esplorava l’interno della sua bocca, mentre con una
mano gli sfilava i pantaloni. “ITE!” “Hiei...ti stai
facendo male...non possiamo...tu non...” “Non mi
importa...” Hiei ansimava, Kurama
non ancora, ma il suo cuore andava comunque a mille all’ora. Hiei gli sfilò i
pantaloni. Erano nudi entrambi. Kurama si sentiva
svenire. Non poteva credere che stesse succedendo davvero. No, non
era possibile... Hiei lo fece voltare. “Hiei...” il viso
schiacciato nelle coperte bianche e vermiglie, lo Youko si sentiva come se
stesse piangendo, sentiva la stessa morsa allo stomaco, sentiva il sudore
che gli colava sulle tempie, sentiva tutto il suo corpo tremare e i suoi
muscoli che si contraevano... Hiei gli posò le
mani sulle natiche, più bianche ancora del resto del corpo di Kurama. “Ti amo” “Anche io...” Lentamente,
dolcemente, muovendosi piano, Hiei entrò in lui.
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