Scelta d’amore

-Kaede’s Diary-

By elyxyz


Capitolo 37

(In corsivo, il diario di Kaede)

 

POV di Hana.  


“Che merda ‘sta pioggia!” mastico a mezzavoce, ingoiando un paio d’imprecazioni, mentre mi aggiusto una maglia troppo piccola –di almeno due taglie- per me.
Entro nella sua camera, con -a dir poco- mezz’ora di ritardo.. che giornata del cazzo.. 

“Ciao, Kit.. cerca di dirmi che tu stai bene.. perché oggi ho già fatto il pieno di sfighe, intesi??” l’avverto, strattonandomi furioso una manica..

“Stamattina la sveglia non ha suonato.. e mia madre era già uscita per andare al lavoro.. quindi ho saltato la colazione, per non aggravare su un ritardo già mostruoso di suo.. pioveva, e l’ombrello mi si è rotto, per una raffica di vento troppo forte..” -porca troia- “dicono sia in arrivo uno Tsunami, per stanotte, al massimo domattina, verso l’alba.. e intanto piove che Kami la manda..”

“Sono arrivato a scuola bagnato come un pulcino.. ma dimmi te: tutte le mattine incontro Mito per strada.. proprio oggi, quello, doveva diventare puntuale??” ma mi sente.. oh, sì che mi sente!!

“Come se non bastasse, il prof mi ha sbattuto fuori dall’aula, per 13, miserissimi minuti di ritardo.”
Quel cazzone..

“Ne converrai con me che non sia stato esattamente un inizio idilliaco, nh?
..bene, perché non è finita!

Alla seconda ora, la professoressa Mitaka mi chiama fuori alla lavagna.. mi ha silurato alla terza domanda.. non sapevo nemmeno di cosa stesse parlando..” Oh, Kami.. se mia madre viene a saperlo, mi strozza.. e un brivido freddo mi scorre lungo la schiena, facendomi venire la pelle d’oca.. mi stringo d’istinto la stoffa contro, ma sento un sinistro rumore, come a presagire uno strappo del tessuto.. che merda..

Passo forsennatamente le mani sulle cuciture, fino a sentire una lacerazione dietro la spalla destra.. ma che cavolo posso farci se è TROPPO piccola??

Sbuffo, mentre l’incazzo lascia posto alla desolazione: “Mettiti comodo: non ho mica finito..” l’invito, accavallando a mia volta le gambe, ma un altro suono molesto mi dissuade dal mantenere questa posizione.. i pantaloni mi arrivano –a farla grande- ai polpacci..
Lo sapevo, io, che la mamma da piccolo doveva darmi meno ormoni e vitamine.. e che i Giappo sono tutti nani, no?

Sorrido.

Ma se io fossi un tappo, non potrei giocare a basket..
..mpf.. che idiozie..

Se non fossi tanto imbisciato, potrei anche trovare i lati comici della faccenda..

“Alla quarta ora ho consegnato il compito in bianco.. m’ero scordato che ci fosse il test di geografia.. a pranzo, quando sono arrivato in mensa.. –sì, perché nella fretta ho scordato il bento a casa- avevano già razziato tutto.. mosso a compassione, Takamiya mi ha regalato uno dei suoi panini, già mezzo morsicato.. e una polpetta di riso, preparata con amore dalla nonna centenaria di Noma.. sembrava cemento armato, altrochè!!”
Ancora adesso, ho il dubbio che quello fosse uno scherzo improvvisato di quei deficienti.. ma, se lo fosse, giuro che li uccido, trucidandoli lentamente e con piacevole sadismo..

“Durante gli allenamenti, Mitchi mi fa un passaggio veloce.. talmente preciso che mi è finito in faccia, perché io ero distratto.. quello stupido baciapiselli… poteva avvertire, no?!
Sono rimasto mezz’ora negli spogliatoi, il sangue non la smetteva più di uscire dal naso..” gli spiego, sfiorandomi pensoso il setto nasale, che botta..

“E direi che potrebbe bastare, non fosse altro che -venendo qui- proprio all’entrata dell’ospedale, a due passi dalla porta (quand’ero già convito di essere arrivato) parte un’ambulanza a gran velocità, con le sirene spiegate e tutto il resto.. è partita, sì.. centrando in pieno l’immensa pozzanghera tra me e lei.. lì non c’ho più visto.. se non fosse stata un’emergenza, avrei rincorso l’autista e poi -lui- sì, che avrebbe avuto bisogno di un’ambulanza!!
In quel mentre è arrivata anche Saito-san, che mi ha impedito di sfogare la mia giustificatissima rabbia.. mi ha trascinato negli spogliatoi degli infermieri, e –mossa a compassione- mi ha dato una divisa per cambiarmi.. promettendomi che avrebbe provveduto –in qualche modo-  a far asciugare la mia roba il prima possibile.. solo che deve aver sbagliato taglia.. mi rifiuto di credere che siano tutte così..” dico, scettico, guardando l’uniforme aderente, stretta e corta, da ogni punto di vista.. scomoda.

Scuoto la testa, come a cancellare la mia odissea.. per oggi, io ho già dato.

“Eppure, sai..” –ghigno- “Potrei anche tenermela.. magari per Halloween.. oppure.. Mmh.. Chissà.. ho sempre desiderato giocare a ‘paziente e dottore’..” gli sussurro, allusivo.
E poi scoppio a ridere.

Che cazzo di pensieri idioti.. morirei di vergogna, prima ancora di riuscire a capire come sfilarmi questa camicia di forza!!

E poi non credo che lui voglia ancora sentir parlare di medici e infermieri, una volta uscito da qui..
 

Mi alzo con cautela dalla poltroncina, sperando di poter restituire questi indumenti con una parvenza simil-originaria..
Prendo il diario dal cassetto del comodino, un lampo attira la mia attenzione.. il temporale è aumentato considerevolmente, nell’ultima ora..

 

30 Settembre. Giovedì. “A scuola, tutto ok.
Gli allenamenti, pure.
Ayako gli fa fare i fondamentali, per riprendere mano.. ed è garante che non si strapazzi.. lui non l’ha presa –esattamente- bene, ma si adegua..
Invece, io non so come comportarmi, con lui.. mi cerca, si vede.. o, almeno, io lo vedo bene..
Ma è anche lui insicuro.. facciamo due passi avanti, e uno indietro.. ma non ci raggiungiamo mai..
L’unica costante della nostra vita sono le risse, fatte per gioco, ormai.. certo: fanno male, i suoi pugni.. e neppure io scherzo.. ma potremmo andarci giù pesanti, e invece non c’è questa cattiveria di base.. penso sia l’inizio, per ripartire..
Mah.” 

“E’ meno peggio di quel che si crede.. ci picchiavamo per gioco.. e poi, da soli, ci lasciavamo anche andare..”

 

1° Ottobre. “Ore 21.00. Dopo aver visto Hana.
Niente di nuovo, durante la sessione normale del pomeriggio; ma, quando gli altri si sono diretti negli spogliatoi per cambiarsi, lui mi si è avvicinato, e mi ha chiesto di andare a fare due tiri assieme, prima che si faccia buio.. lì per lì, ho tentennato.. diviso a metà tra la voglia di stare con lui, e la paura che il carico di lavoro per la sua schiena fosse troppo, e tutto insieme.. ma poi ho pensato che non ci saremmo dovuti –per forza- allenare allo sfinimento.. due tiri, e poi anche un possibile programma alternativo.. Quattro passi? tre parole? due gelati? una scopata?
Nh.. quel Do’aho riesce a tirar fuori la parte più triviale che è in me..”

“Avremo modo di approfondire, dai..” lo consolo, riconoscendo in me la medesima sfiancante attesa.

“Devo controllarmi.. NH.. sembra facile, ma..”

“Nessuno l’ha mai detto..”

“Ci siamo ritrovati davanti allo Shohoku, e siamo andati al campetto in riva al mare.. sembra quasi un gioco del Destino, che io e lui dobbiamo –per forza- stare sulla spiaggia, per condividere qualcosa..
Nh.. ho sfilato la palla dalla sacca, ma lui me ne ha passata una che si è portato dietro..
Semplicemente.. Mi ha riportato il mio pallone, come avevamo stabilito..
Sono stato tentato, sul serio, di dirgli di tenerselo.. che mi avrebbe fatto piacere.. io ci sguazzo, nei palloni!!
..ma che senso avrebbe avuto? E lui.. come l’avrebbe presa?

Ci siamo allenati nei passaggi fin dopo l’imbrunire, e poi siamo andati in un chiosco a prenderci un gelato.. e a fare due passi..”

“Cavolo!! I quattro passi c’erano, pure le chiacchiere e i gelati.. mancava solo…” e arrossisco, mentre un’immagine -non esattamente casta- mi si proietta in automatico..  eccheccavolo!! Ho 16 anni, e potrei tirar fuori la menata della tempesta ormonale, e tutte le altre tiritere.. il mio è solo un normale desiderio di approfondire ciò che sento per lui, anche sul piano fisico.. niente di più..
E poi.. anche lui ha accennato, più volte, a sogni erotici con me come protagonista e cose simili.. sarei preoccupato del contrario!!
Ne ho le palle piene di quest’amore sublimato all’infinito..

“..con lui che ricordava la nostra rocambolesca fuga, la sera della Festa della Dea, a Miyako.. e il gelataio un po’ pazzo, con i gusti dai nomi strani..
E’ stato bello, passare il tempo così.
Sembra un Hana diverso, da com’è con gli altri.. sembra… più vero..
Forse è per questo, che mi riesce difficile reggergli il palco, quando siamo con la squadra..”

“Sì.. ma alla fine mi seguivi, in queste mie tirate.. certo.. ammettiamolo pure: per concessione della tua magnanimità, ma poi.. sbuffando, sì.. ma lo facevi.. e non dimmi che c’era ‘spirito di martirio’, perché non ti crederei..”

 

2 Ottobre. Sabato. “Ore 11.20. Oggi è una giornata piena.
Mika-san mi ha riassettato casa, poi è venuto lo zio di Mitsui, a controllare la moto..
Ignoravo facesse anche riparazioni e revisioni a domicilio.. del resto, il senpai si è limitato a darmi il numero di telefono dell’officina, specificando che lui vuole starci fuori, motivandolo con un generico ‘casini tra lo zio e papà’.. mah.
Ad ogni modo, il signore che si è presentato è stato veloce e professionale.
Mi ha spiegato cosa -e come- andasse sistemato, e poi è andato a fare un giro di prova, per controllare la tenuta su strada.
Al ritorno, mi ha assicurato che tutto è apposto, e mi ha rilasciato un certificato di garanzia.”

“Poteva mangiarselo, invece di dartelo..” –intervengo, acido- “..o andare a fare amicizia con un platano, così…” sospiro.

Lo so che non è colpa sua, e che la mia è cattiveria gratuita.. ma è più forte di me..
E’ in momenti come questo che rimpiango di non sapere chi sia il pirata della strada che ha eseguito quel sorpasso in curva, che ha innescato tutta la disgrazia..
C’è un innocente che sta pagando per l’imprudenza di quel dannato bastardo..
Il mio innocente, per la precisione.

E non venitemi a propinare le solite stronzate sul casco.. sulla sicurezza, e quant’altro.. o fatalismi che mi hanno riempito le orecchie fino alla nausea.. ‘doveva succedere.. era Destino’..
..Destino un cazzo.

C’è un delinquente a piede libero. Ecco l’unica verità.

Accidenti!! mi è salito l’incazzo..
 

Chiudo il diario, posandolo sulla poltroncina al mio posto, mi dirigo alla finestra, e fuori piove.. piove sempre di più..

Chissà se i miei vestiti si sono asciugati?

Il vetro mi riporta un’immagine di me quasi comica, questo verde menta a fare contrasto con i miei capelli, le maniche fin quasi ai gomiti, e.. usciamo da qui, devo fare due passi..

Nei corridoi, la gente mi guarda, tra l’incuriosito e il fastidio, credendomi –con buona probabilità- un paziente dello psichiatrico sgattaiolato fuori reparto, senza permesso.. e finito qua, chissà come. 

Mi trattengo dal rispondere a tono ai più sfacciati, oggi non è giornata, lo sapevo..

Una ragazza, forse una kohai, mi viene incontro, trattenendo a stento un risolino di scherno..
Credono che non mi sia accorto di essere ridicolo??

Una senpai di Saito-san mi agguanta per un gomito, giusto un attimo prima che io compia una strage, e mi schiaffa in mano la mia roba, ancora tiepida dall’asciugatura.

Deve leggere gratitudine, nel mio sguardo, perché mi ricambia con un sorriso materno, indirizzandomi nel box visita 2.
La seguo, mentre tira le tende distrattamente, in un gesto dettato dall’abitudine. Dice che mi posso cambiare con calma, e mettere nel cesto all’uscita della stanza la divisa utilizzata..
La ringrazio, e lei fa per andarsene, con discrezione.

In quel momento, nasce in me il bisogno di parlare con Kawata, e pondero l’idea di chiederle se sa se c’è.. o se devo discuterne con Saito-san.. ma lei è già andata via, prima ancora che me ne accorgessi.. altra formichina di quest’immenso formicaio..

….

Mi cambio, sospirando di piacere. I miei abiti, puliti e asciutti.. addirittura caldi.. i miei vestiti..
Anche le scarpe si sono asciugate.. la prima cosa buona della giornata..
Non ho mai saputo che fosse così bello, indossare la propria roba.. neanche dopo aver sudato l’anima in seguito ad un allenamento.. 

Ripongo l’uniforme e gli zoccoli che mi hanno prestato, nel contenitore accanto alla porta, e poi mi dirigo alla ricerca di Saito-san.. la trovo vicino all’accettazione, in astanteria, intenta a riordinare alcuni flaconi di fisiologica.
Lei mi saluta con un sorriso, e mi chiede come va.

“Dopo il bagno fuori programma, intende??” scherzo io, ironizzando un sorriso di superiorità.

Lei mi sorride di rimando, ricordando la mia faccia, quando mi ha incontrato, mentre sgocciolavo e imprecavo -senza freni- contro l’ambulanza che si stava allontanando..

“Va meglio, adesso.” Chiarisco, indicandole i miei vestiti nuovamente in sede, con un gran sorrisone.

“Mi cercavi?” domanda, di punto in bianco, riprendendo ad allineare le sacche.

“Vorrei parlare con il dottor Kawata, se possibile..” inizio, per tastare il terreno. 

Lei ci pensa su un attimo e poi, scuotendo la testa, fa: “Oggi non è possibile. Era in servizio stamattina.. ma c’è Sumai-san, se vuoi..”

“No. Grazie.” Rispondo secco.

E lei mi scruta, improvvisamente sorpresa per il mio repentino cambio di registro.

So che è stata una reazione scortese, la mia, e che lei non ha colpa.. ma.

“Preferisco aspettare domani..” mi sforzo di spiegare, ammorbidendo il tono.

“Ah! Ok.. nel primo pomeriggio, lo trovi di sicuro..” mi avverte, come sempre gentile.

La ringrazio, e mi incammino verso la mia camera, quando lei mi richiama, sollevando la testa dallo scaffale: “Hana-kun..”

“Nh?”

“E’ meglio se anticipi il rientro.. dicono che lo Tsunami arriverà a Kanagawa in prima serata..”

“Va bene.. rimango ancora una mezz’oretta, e poi me ne vado..”

Lei acconsente, riprendendo a fare il lavoro che aveva interrotto per colpa mia.

….

Mi riaccoccolo sulla poltrona, stropicciandomi con soddisfazione il tessuto sullo stomaco..
Allungo le maniche fin quasi a coprirmi le mani, sarà pure un gesto infantile, ma mi piace..
E’ un modo per vendicarmi di quelle ‘robe a ¾’ di prima..
Una centrifuga a 90° con i delicati farebbe meno danni, credo. 

“Riprendiamo a leggere, ti va?”

“Ore 20.45. Incazzato con Maeda come una biscia.
Mi ha costretto ad incastrare una seduta proprio oggi, anche se gli avevo detto che domani c’è in programma un’amichevole e io mi devo allenare!!.. pur di non sentire tutte le sue paternali stronzate, ho accettato e, quando arrivo nel suo studio, la sua segretaria mi avvisa che ha avuto ‘un improvviso impegno improrogabile’.. ‘sti cazzi!! 

Ma avvisare, no??
Porca miseria.. hanno inventato i telefoni!!

Lei si è scusata, profondendosi in mille inchini, ma ha detto che è appena-appena andato via.. e che quindi era impossibile rintracciarmi a casa..
‘fanculo.

Ho capito che non è colpa sua.. ma.
Farmi incazzare così, domani c’è la partita!!”

“Non è mica la fine del mondo, sai?” -sbotto, torvo.. -“Guarda me: ho forse picchiato qualcuno, (anche se avrei avuto pienamente ragione) per la giornata di merda che mi è capitata??”
Volpe impaziente..

“Nh.. ok. Mi sono scusato con lei per questa mia sfuriata, e ci siamo accordati per un incontro fra 2 settimane.. se mi dà buca di nuovo, lo strozzo con le mie mani..”

“EH, NO!! Prima deve esplicare la sua teoria freudiana sull’autobus!!” l’avverto, reprimendo un sorriso.

“Mi ha fatto rinunciare ad una parte degli allenamenti, quell’idiota!!
Nh.. devo scaricare un po’ di rabbia.. è presto per andare a letto.
Fuori è buio.. vado a farmi un giro in moto..”

“NO! NON CI ANDA..” ma a cosa serve?

Gemo la mia frustrazione, a cosa serve.. dispensare consigli, ora?

….

La porta si apre, e Saito-san entra, con il carrello appresso.
“Ma sei ANCORA qui?” chiede, turbata dalla mia presenza. 

“Sì, beh..” –m’inalbero io, farfugliando una scusa che non sa uscire- “adesso vado..” mi giustifico.

“Lei alza un sopracciglio, come quando Ayako si prepara a farmi la ramanzina: “Ma hai visto che tempo c’è, fuori??” chiede, retorica.

“No, perché?” ribatto, sulla difensiva.

Lei s’avvicina alla finestra, e scosta la tenda: “Buio. Notte. Tsunami già qui.” Sillaba, come se avesse a che fare con un bambino.

La guardo sorpreso e un po’ costernato, avrei dovuto seguire il suo consiglio.. ma il tempo è volato, e non me ne sono accorto..

Saito sospira stancamente, avvertendomi: “Resta qua, torno subito.” E sparisce da dove è arrivata.

Dieci minuti dopo, la vedo tornare con una coperta, due panini imbottiti, una coca e un cordless in mano.
“Data la straordinarietà dell’evento, ho chiesto il permesso alla caposala di farti restare qui, per stanotte.” Spiega, consegnandomi tutte le cose.

“Eh?”

Lei m’ignora, proseguendo: “Ma non devi muoverti da qui, né gironzolare per i corridoi, intesi??”

Annuisco, in risposta.

“Su! chiama casa, e avvisa che sei al sicuro.. nessuna persona sana di mente andrebbe là fuori, con questo tempaccio..” è la sua riflessione, ma non credo preveda una mia risposta.

Mentre compongo il numero di casa, osservo distrattamente lei, che cambia le sacche e inietta direttamente nella vena centrale una soluzione azzurrina, e poi una rosa pallido.

Quasi mi sfugge la smorfia che fa, mentre registra i suoi parametri vitali, seguendo con attenzione il tracciato.

Vorrei chiederle se c’è qualcosa che non va, ma in quel momento mamma risponde, e io intavolo la conversazione con lei..

….

Restituisco il telefono, ringraziandola.
E lei traffica su di lui per qualche altro minuto.. 

Quando sta per uscire, vi è un calo di energia, e la luce si fa soffusa.
Io mi riscuoto, allarmato, fissando il respiratore di Kaede, che gli invia ossigeno.. Ma lei sembra tranquilla, come se nulla fosse.

Con una mano già sulla maniglia, mi avverte: “E’ probabile che manchi la corrente, tra qualche ora.. ma non ti preoccupare: tutti i macchinari dell’ospedale sono collegati ad un generatore autonomo, quindi sarà garantita la corrente fino a domani, se servisse..” –annuisco, concentrato- “nel caso in cui, comunque, tu avessi.. mmh.. sì, insomma.. finché il peggio della tempesta non sarà cessato.. se vuoi, puoi andare in guardiola, e le mie colleghe ti terranno compagnia..”

E’ un modo gentile per dirmi che, se avessi paura di stare solo, devo sapere dove andare..
Ma non sono un bambino pauroso, io. 

“Ma lei.. va a casa?” chiedo, analizzando le implicazioni del suo consiglio.

“Io?” -e d’improvviso m’accorgo che sono stato un grande impiccione.- “Abito qui di fianco.. e smonto fra tre minuti..” dice, scrutando l’orologio.

Mi augura una buona notte, e poi esce, trascinandosi dietro il carrello dei farmaci, mentre io riabbasso lo sguardo sulla pagina del diario, fissando la sua calligrafia minuta e regolare.

Giro la pagina, e leggo la data:

“3 Ottobre. Domenica.”
Improvvisa, la consapevolezza che il diario è quasi finito, che siamo alle soglie del giorno fatidico.

Un inatteso brivido freddo mi scivola lungo la schiena, e non è piacevole..
Mi accoccolo dentro la coperta che mi ha lasciato Saito, in cerca di un po’ di calore.

Avremo altro da fare, da domani in poi.. mi convinco. Un sacco di altre cose.. leggere il libro che lui non ha finito, gli racconterò -con più particolari- la mia quotidianità, gli allenamenti, la scuola.. magari potremmo anche studiare un po’ assieme, chissà.. e poi andrò da lui a razziare un po’ di cd, e ascolteremo della buona musica.. che piaccia anche al Tensai, però.

Mi rendo conto solo adesso, del fatto che il tempo sia passato, incurante di tutto.. quando ho iniziato a leggere il diario, quando ho preso questa decisione, ero convinto che lui si sarebbe svegliato prima della conclusione, invece.. distolgo lo sguardo, stropicciandomi gli occhi, stancamente..
Li sento un po’ bruciare.. dev’essere colpa della luce al neon.. si sa che è irritante.
 

Ripongo l’agenda al suo posto, avvicino la poltrona al letto, il più attiguo possibile, poi mi risistemo sotto la coltre, tirandomi il plaid fin sul naso.

Il ronzio del respiratore mi fa compagnia, mentre sento la pioggia picchiettare insistentemente contro i vetri.
Mi rilasso, distendendo le gambe, lasciandomi cullare dal ritmico ‘bip bip’ e dal diluvio che si abbatte fuori, ringraziando Kami di essere qua, al calduccio.

L’improvviso fragore assordante di un tuono, caduto nelle vicinanze, mi fa sussultare, e mi maledico per la mia spontaneità, mentre sento il cuore pulsare in gola, a ritmo galoppante.

Allungo una mano verso di lui, e afferro la sua, tiepida.
Chiudo gli occhi, per un istante.. la stanchezza della giornata si fa sentire, tutto ad un tratto.

Sto ponderando l’ipotesi andare un attimo in bagno, prima di cedere al sonno, quando –imprevista- la luce sopra di me si spegne, lasciando posto alle insegne d’emergenza, e a quel lucore azzurrino, che ho imparato a conoscere pochi giorni fa..

Non poso impedirmi di trattenere il respiro, mentre osservo –con ansia- i monitor: le linee continuare la loro perpetua ascesa e discesa, il ticchettio costante, e il caro, vecchio ronzio del respiratore.

Rimaniamo in silenzio per un tempo indefinito, noi due, e lo Tsunami a farci compagnia.

Adesso, che non scorre in me l’adrenalina dell’altra sera, ammetto –almeno con me stesso-  che l’ambiente è alquanto spettrale.. e la pioggia scrosciante non aiuta certo a rendere il tutto accogliente.. il vento fischia forte, sembra quasi che –da un momento all’altro- debba rompere le vetrate, con la sua furia inarrestabile…

Un istante, un istante appena, ma la voglia di uscire da qui, di andare in guardiola a chiacchierare con le infermiere di turno, di passare un po’ di tempo con una persona con cui interagire, fosse anche per litigarci, mi schiaccia, e diventa impellente.

Non amo la solitudine, io.
E -d’improvviso- mi sento solo.

Forse, Saito-san non aveva sbagliato di molto i suoi conti.. forse.. non sono così adulto, come voglio far credere..

Mi strofino gli occhi, flebilmente. diviso a metà tra il mio istinto, e il senso del dovere.

E poi il mio pensiero va a lui.
Che non si può muovere da qui.
Che non può andare dove vuole..

Che passerebbe da solo, questa notte di tempesta.

E di colpo è facile decidere.
Le mie priorità stilate chiare, dentro me.
Indelebili. 

“Fammi posto, Kit..” gli sussurro, sdraiandomi un po’ al suo fianco.

La notte finirà prima, così.

 

…continua.

 

Note dell’autrice:

- Per prima cosa, né la storia né i personaggi di Slam Dunk sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

- La storia si snocciola in numerosi capitoli, ma si è GIA’ CONCLUSA.

- Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche. Chiunque desideri, può contattarmi al solito divano blue navy: elyxyz@libero.it

- Per ulteriori note e chiarimenti doverosi, vi rimando all’ultimo capitolo.

Arigato (_ _)

elyxyz


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