Scelta d’amore

-Kaede’s Diary-

By elyxyz


Capitolo 28

(In corsivo, il diario di Kaede)

 

POV di Hana.  


4 settimane oggi.
Dall’incidente.
28 giorni, una vita.

Volevo vedere Kawata-san per sapere qualcosa sulle sue condizioni.. manca anche kangohu Saito, torna domani.. ho dovuto chiedere all’infermiera foca, spiegando che è importante, non sia mai che lei mi prenda alla leggera… già mi odia, quella.

Alla fine, mi ha informato che Kawata è ad un congresso, e c’è il suo pupillo che lo sostituisce.. e mi ha trascinato da lui.. cazzo!! Non ho saputo svicolare in tempo.. ho accampato scuse, ma niente… eccomi qui, davanti al suo brutto muso. il secondo sgradevole incontro con lui.
Non può essere peggiore del primo, no?

Mi sta fissando, palesemente seccato per la mia presenza.
Perché cavolo non va a lavorare al Polo Nord, a curare i pinguini, se non gli piacciono le persone??
Ok, Hana.. veloce e indolore.
Chiediamogli se ci sono novità e poi andiamocene fuori da qui.. 

Inspiro (aria, gentilezza e autocontrollo) esalando un dignitoso:
“Dottore.. sono parecchi giorni che Kawata-san non mi aggiorna sullo stato di Rukawa-kun, vorrei sap..” non mi permette di concludere, che un suo sbuffo maltrattenuto gli sfugge, mentre cerca il dossier di Kaede.

Per 30 secondi, giuro, sono talmente sorpreso dalla sua palese maleducazione da restarne disoriento.. Brutto stronzo, cretino, arrogante, screanzato, stronzo.

 “Dagli ultimi tracciati, non ci sono variazioni rilevanti..” dichiara, in tono piatto.

“Ma è quasi un mese!!” esclamo, esasperato.

Lo vedo inarcare un sopracciglio, pensieroso.
“Già.” Lo sento confermare, oscurandosi.

Perché quell’espressione?

“Nel caso del paziente, trascorso un mese senza cambiamenti di sorta, il termine clinico della sua condizione è definito ‘stato vegetativo persistente’..”

“..E non è una cosa buona..” chiedo, retorico.
Solo dopo averla fatta, mi accorgo della scontatezza della mia uscita.

“Ovviante no!” -replica lui, secco- “In ogni caso.. Da questa condizione ci si può ancora riprendere; tuttavia criteri statistici..”

“Ok, ok.. la conosco già la solfa..” mi sfugge, in un impeto di stizza.

Mi fucila con lo sguardo, arrossendo di sdegno, per la mia presunzione..
Eccheccazzo!!!

Mordendomi la lingua per non rispondergli a tono -anzi! a ragione!!- mugugno un paio di scuse, che sembrano soddisfarlo, pregandolo di concludere il discorso che avevo accidentalmente interrotto.
 

Mentre lui snocciola tutto il suo sapere preconfezionato, e io mi turo mentalmente le orecchie, pensando ad altro, mi appunto che farò pagare anche questo, a Kaede, appena sarà ritornato in forma..

Tuttavia, una sua frase penetra la mia disattenzione, scuotendo i miei pensieri.

“..Bisogna anche vedere se lui vuole, svegliarsi.”

“Come, prego?”

“Beh.. la situazione che lui ha lasciato non è delle più felici, ne converrai con me…”

“Nh..”

“Ok. Ha un talento nel basket fuori dal comune. Sogna di andare a giocare nell’NBA. Ma non ha nessuno con cui dividere questa gioia, i progressi. I suoi sogni.
E, alla fine, se non hai nessuno con cui esser contento, anche le cose belle perdono di valore…”

“D’accordo, ma..”

“E’ solo. Non ha più una famiglia, mai avuto degli amici.. solo una palla… sai che consolazione?!” mi provoca.

“…”

“Sai se c’è qualcuno a cui teneva particolarmente, qualcuno di cui fosse innamorato?”

“…di me.” Confesso.

“E il rapporto che vi legava, com’era?”

“Disastroso.”

“Perfetto. Sei ancora convinto che Kaede Rukawa voglia davvero risvegliarsi?”

No.
Non lo sono più.

“Dammi solo una ragione. Solo una.
Per cui lui dovrebbe scegliere di rifinire nel mondo di merda da cui è uscito.”

“….Io.”

“ma lui non lo sa, Sakuragi.
Non. Lo. Sa.”
 

Le sue provocazioni mi rintronano nella testa, acuendo la mia confusione.
Lo saluto, uscendo distrattamente dall’ufficio, ma solo dopo aver fatto diversi passi, mi accorgo di non aver chiuso la porta, andando fuori.
E’ una cosa senza valore, e il mio cervello la scarta senza remore.
 

Inizio ad aggirarmi per i corridoi, smarrito.
Un’inserviente mi ferma, chiedendomi se mi sento male, devo avere un colorito piuttosto pallido, a suo dire.. non ricordo la mia risposta.. mi allontano, declinando il suo aiuto.

Non. Lo. Sa.
 

Ad un certo punto, mi accorgo di non riconoscere la zona.
Mi fermo, disorientato.
Sembra un sottoscala, un ripostiglio gigantesco.. percorro uno stretto corridoio, scendendo nel seminterrato.
E’ parecchio buio, qui.
Il pavimento sbrecciato, in parecchie parti, due interminabili file di armadietti di metallo lo affiancano, a perdita d’occhio.
Sembra infinito, questo passaggio.
 

Per non pensare ad altro, inizio a contare gli sportelli che oltrepasso, osservandoli con minuzia..
Alcuni sono divelti, altri chiusi, altri ancora senza ante, certi bloccati con lucchetto appresso, qualcuno sfondato, una ventina ha degli adesivi attaccati dentro, ma sono tutti scrostati, e arrugginiti in più parti..
Troppo immerso in questa mia contemplazione, finisco per andare a sbattere contro una porta d’acciaio.
L’urto è tale da farmi cadere all’indietro, sulle mattonelle consunte e impolverate.

Rimango così, semplicemente così.
Per quanto tempo ho camminato?

Mi sorge il dubbio che quest’accesso sotterraneo possa collegare alcuni blocchi dell’ospedale, e l’ospedale di Yokohama, solo in questa sezione, ha almeno sei stabili affiancati tra loro..

Il tempo d’un respiro, e un pensiero bizzarro si fa strada nella mia mente.
Se restassi qui, per sempre, quanto ci impiegherebbero per trovarmi?
Qualche giorno? Una settimana? Un mese? Mai?
A chi verrebbe in mente di venirmi a cercare quaggiù??

Nh..

Pensiero idiota.

Io non posso restare qui. E’ semplice.
Perché lui ha bisogno di me..
…Perché lui si sveglierà.
Cazzo! Sì che si sveglierà..
E io voglio essere al suo fianco, in quel momento..
Qua, mica vengono ad avvisarti, credo..
 

Ritornano –prepotenti- le parole di Sumai-san.
Tutte stronzate.

Avrà voluto provocarmi… magari punirmi per la mia insubordinazione, per averlo interrotto mentre parlava.. o magari si è accorto che non lo stavo seguendo nemmeno dopo.. e si è vendicato con l’unica arma in suo possesso: instillando in me il dubbio che.. che..
Balle.

Kaede non può desiderare di restare dov’è.
Non è materia di discussione, questa.

La mia volpe ci tiene alla sua pellaccia, al basket e a me.. quindi non mollerà mai.
E’ un fighter, lui.
Ha rotto le palle a tutti, con la menata del ‘Quel che Rukawa vuole, Rukawa ottiene’.. e non è tipo da rimangiarsi la parola data, no?!
 

Sumai si sbaglia.
Chiaro.
Limpido.
SENZA - OMBRA - DI - DUBBIO.

….

...e....... se avesse ragione?
 

Noncivogliopensare, non.. non..
Non. Lo. Sa.
 

Sento un nodo, in fondo alla gola, sciogliersi in un mondo che si sta appannando davanti ai miei occhi, e calde lacrime bagnare la ceramica patinata di polvere.

Maledizione..

Come posso essermi ridotto così…..?

Perché proprio a me?

Che cazzo ho fatto per meritarmi questo????

“PORCA MISERIA!!” gemo, in un ringhio ferito.

Cosa diavolo devo fare, perché lui ritorni al mio fianco?
Cosa??!!

Ditemelo... ….e io lo farò.. lo giuro.. qualsiasi cosa… rivoglio solo la mia vita di sempre, gli allenamenti, i suoi tiri, la scuola, le risse, i suoi insulti, l’armata, i sabati al Pachinko, i suoi sbuffi, la noia, la normalità.. la spensieratezza di un ragazzo di 16 anni, cazzocazzocazzo..

“PRETENDO TROPPO??!!” urlo contro il soffitto, contro tutto, contro niente.
 

D’improvviso mi ritrovo in piedi, fissando la porta davanti a me.
Strattono la sua maniglia, ma è chiusa, non cede di un millimetro.
E allora la prendo a calci e a pugni, in un impeto di cieca follia e rabbia.. non si scalfisce nemmeno.. sembra quasi prendersi gioco di me.. gli armadietti, sì. Gli armadietti.

Mi scaravento contro una fila a portata di calcio, sfondando a pedate quelli che non lo erano già.
Nove o dieci, uno dopo l’altro, con metodica, crudele soddisfazione.

Forse è vero, che l’anima di un teppista non muore mai.. al massimo si assopisce.
La mia si è rivelata sveglia e arzilla, in questo momento, e affamata, come chi si desta, dopo un lungo sonno.. e reclama il suo tributo di devastazione..

Colto da una sorta di delirio, proseguo nella mia corsa alla distruzione.. Impressa in ogni sportello, l’immagine di Sumai si stampa, indelebile.. soddisfazione indescrivibile, la mia.
Uno dopo l’altro, e ancora e ancora.. finché, spalancando l’ennesimo, vi scorgo uno specchio mezzo frantumato, attaccato con dello scotch sul fondo.
Mi rimanda un’immagine distorta, di un me stesso con un ghigno cattivo, molto cattivo..
..ed eccitato, da questa desolazione.

La superficie riflettente viene strappata via, senza gentilezza, e gettata a terra, e calpestata e frantumata, e calpestata ancora, in tanti piccoli, infinitesimali pezzetti che specchiano tante smorfie maligne, che si moltiplicano, rimpicciolendosi, fino ad annullarsi, con soddisfazione.
E dopo lo specchio, altri armadietti, altre ante, altri scempi..

Di colpo, una fitta mi coglie, all’altezza delle nocche della mano destra.. la fisso, come se non mi appartenesse.. un taglietto senza senso, un rivoletto di sangue che cola giù.. e giù.. fino a terra…
Lecco l’escoriazione con disinteresse, come un animale randagio, per puro dovere.
O forse per istinto..

Mi volto, nella direzione da cui sono provenuto..  un calcolo veloce, una stima approssimativa, un centinaio di mobiletti sfasciati, oltre –ovviamente- a quelli che lo erano già, prima del mio passaggio..

La ferita brucia, e non smette di sanguinare..
..che seccatura.

Con un moto di disgusto infilo la mano sana nella tasca dei pantaloni, e prendo il fazzoletto, me lo avvolgo alla meno peggio, è solo una fastidiosa stronzata, dopotutto, smetterà tra poco.

 
D’un tratto, il gioco perde tutta la sua attrattiva.
E io realizzo il tutto, con crudele lucidità.
Che cazzo ho combinato??

Oh, Kami… COME HO POTUTO??

Con il respiro ancora ansante per lo sforzo fatto, mi giro indietro, smarrito.
In lontananza, per terra, piccole schegge luccicano timide ad un neon mezzo rotto, che lampeggia con un sordo ronzio.
Non. Lo. Sa.

Sportelli ammaccati -solo mezzi attaccati ai cardini- penzolano inermi come brandelli di.. di…
Non lo so, a cosa somigliano.. o forse lo so fin troppo bene, e non voglio ammetterlo..

Ho distrutto un ripostiglio in disuso, d’accordo..
Ma questa non è una giustificazione.
..Sono caduto molto in basso, oggi..
 

Provo un profondo disgusto di me stesso, in questo momento.
Non per aver ceduto alla debolezza, giustificata debolezza..
Ma per aver dato libero sfogo alla parte peggiore di me..
Quella che avevo giurato non sarebbe mai più dovuta uscire..

Kami..
 

L’ho fatto per sfogarmi.. o per punirmi?

Non lo so..
 

Lascio cadere le braccia inerti lungo il corpo, respirando piano.
Alla fine, mi ritrovo sempre a fare i conti con la mia impulsività..
..Che sia una maledizione?
 

Sospiro, stanco.
Come se tutte le mie forze mi avessero abbandonato..

Mi ritrovo a fissare la mano bendata.. ha smesso di sanguinare..
Brucia un po’, ma non quanto l’umiliazione che sento dentro.

Kaede non ne sarebbe orgoglioso..
Anzai ne rimarrebbe deluso..

Mia madre.. oh! mia madre..
Sorrido, triste.
 

Sei riuscito a dare il peggio di te stesso, eh, Tensai?

Una smorfia amara mi si dipinge sul volto, che cazzo..

Lo stomaco in subbuglio, e i sensi di colpa a rincorrersi, per avere un posto in prima fila..
No. Così non va..
 

Sto per uscire, quando mi blocco, di scatto.
Un muro scrostato davanti a me, e gli ultimi armadietti, poco lontani.

Avanzo deciso, e caccio una testata poderosa contro la parete.
Questa è punizione, lo so.

Sorrido, un po’ meno appesantito.
E’ vero.. non posso tornare indietro, a qualche ora fa..
(o i pugni li renderei a Sumai, uno per uno) ma posso impegnarmi a non ricaderci più..
Posso tentare, no?! 
 

Me ne esco da lì, e il mio pensiero corre a lui.
Oggi niente diario, Kaede.

Adesso parleremo.

Non. Lo. Sa.

E metteremo in chiaro perché devi sapere, perché devi tornare..

Non. Lo. Sa.

Ti giuro che -entro sera- lo saprai..

 

…continua.

 

Note dell’autrice:

- Per prima cosa, né la storia né i personaggi di Slam Dunk sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

- Ritengo opportuno ricordare che si farà spesso uso di termini medici, per descrivere la situazione clinica di Kaede. Per rendere tale descrizione più realistica possibile, mi sono documentata in modo scrupoloso, consultando diversi testi di medicina e anatomia, e compiendo ricerche nel web.
D’altro canto, anche tenendo conto che ogni paziente è un caso a sé stante, il decorso del quadro clinico –pur rispettoso di una certa coerenza pseudorealistica- è una mia scelta personale, ai soli fini narrativi.

- La storia si snocciola in numerosi capitoli, ma si è GIA’ CONCLUSA.

- Chiunque desideri leggere l’intero racconto in tempi più brevi rispetto a quelli di aggiornamento, può contattarmi al solito divano blue navy: elyxyz@libero.it per ricevere i capitoli restanti.
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.

- Per ulteriori note e chiarimenti doverosi, vi rimando all’ultimo capitolo.

Arigato (_ _)

elyxyz


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