Scelta
d’amore
-Kaede’s
Diary-
By elyxyz
Capitolo
22
(In corsivo, il diario di Kaede)
POV di Hana.
“Konnichiwa, volpaccia..” è il mio saluto, entrando.
Oggi, è proprio una bella giornata..
Lo penso, andando ad accostare i vetri della finestra per fare entrare un
po’ di brezza autunnale.
Mi accoccolo nell’incavo della soglia, preparandomi a chiacchierare un po’
con lui, come promesso.
Inizio a smistare la monotonia della mia quotidianità, finché un ricordo
divertente non mi colpisce.
“Senti questa: stamattina, la professoressa Mitaka
entra in classe, tutta sfarfaleggiante.. devi sapere che è tornata la
scorsa settimana dal suo viaggio di nozze.. e adesso è con la testa sulle
nuvole, la bella sposina..”
–lo metto al corrente del quadro generale-
“Quella donna è sempre stata un po’ svampita, dai! Ne
converrai con me, spero!
Ma adesso è peggiorata di brutto.. davvero…
Dicevo… si è scordata dell’interrogazione che doveva fare, e ha passato
l’ora ad illustrarci la disposizione della sua nuova casa… la cosa
divertente è questa: ci ha confidato che uno dei suoi sogni era quello di
avere la camera da letto in una mansarda, per poter mettere un grande
lucernario apribile sul soffitto sopra il letto, e vedere le stelle, e
sentire la pioggia cadere.. i lampi, i tuoni, la grandine…”
-elenco, enumerando con le dita-
“Molto romantico, certo.. se consideriamo lo smog
tipico di Kanagawa, e gli tsunami nel periodo giusto, le stelle si posso
vedere bene, al massimo, un paio di volte l’anno…” ironizzo.
“E quel poveretto che si è fatto accalappiare, mosso
a compassione, ha girato mezza città, per accontentarla… alla fine ha
trovato la casa con la mansarda, ma non si poteva mettere nessun
lucernario… e lei si è dilungata a narrarci il suo dispiacere…
Sai com’è finita??
Che lui ha piazzato un ritaglio di lamiera sul tetto, in modo tale che il
rumore della pioggia contro il metallo si sentisse lo stesso, le ha poi
spiegato che per le stelle avrebbe provveduto in seguito, e che intanto
avrebbero potuto sognarsele… molto romantico, ma poco funzionale…”
concludo, sorridendo.
Cosa non si farebbe per amore?
Sospiro, meditandolo.
Io andrei anche sulla luna, se servisse…
31 Luglio. Sabato. “Domani si parte.
Ho già dato disposizioni a Mika-san.
E lei mi ha riempito il borsone di roba da mangiare (ha l’assurda
convinzione che io patirò la fame), e di maglioni (siamo ad agosto!!) e tisanine contro l’ansia (quale ansia?!).
Breve seduta da Maeda-san, incastrata a forza tra
i miei e i suoi impegni.
Si avvicinano le sue ferie e, se Kami vuole, io me ne resterò via da qui
per un bel po’, tra Campionato e Ritiro con la Nazionale Juniores..
Anzai è convinto che sarò convocato anch’io.
Non sono scaramantico, però, finché non avrò tra le mani la lettera
d’invito, io non m’illudo.
Anche se sarebbero DAVVERO stronzi, ad escludermi.
Ad ogni modo.. alla fine non gliel’ho detto,
all’analista, che la tecnica del diario funziona.
E’ che ero troppo euforico dopo la scazzottata col Do’aho, ecco tutto…
Ciò non smentisce che, comunque, sia utile..
Abbiamo parlato del recente ritiro, della pressione psicologica delle
Nazionali: avere tutti gli occhi del Giappone puntati contro, non capita
tutti i giorni, no?!
E poi ancora di lui, di questo rapporto senza capo né coda, che ci lega.
E’ un po’ meno difficile ammetterlo, adesso.
Questo non toglie che, applicare tante belle disquisizioni mentali alla
realtà, non sia altrettanto semplicistico.”
“Nessuno ha mai detto che lo sarebbe stato..”
concordo, percependo la sua impotenza.
1° Agosto. “Ritrovo davanti alla stazione centrale
dei treni, ore 7.45.
Il Do’aho idiota è arrivato in ritardo.. ma come si fa??”
“Mi sono addormentato a casa di Mito, per sbaglio.. e
mi ha svegliato –per puro caso- una pedata di Takamiya, sugli stinchi..
La notte prima, eravamo tutti crollati in catalessi: loro perché ubriachi,
io per la stanchezza..
Devi sapere che il 1° Agosto è il compleanno del mio migliore amico… ed
era d’obbligo festeggiarlo, assieme alla partenza del Tensai!
Così, nella foga della baldoria, mi son scordato di puntare la sveglia..”
arrossisco, non avevo scusanti.
“Akagi voleva tirargli il collo, quando lo ha
visto arrivare tutto trafelato.
Solo l’intervento tempestivo di Anzai ha evitato al pollo una morte
prematura.
Stavamo per perdere il treno a causa sua!!”
“Scusa, Ru..” borbotto, sinceramente contrito.
Anche se non serve più, ormai.
“Poco dopo la partenza, Akagi ci ha informati sul
nome del nostro primo avversario: il Toyotama, di Osaka.
E poi, come secondo incontro, in caso di vittoria (quale ‘in caso’?! Noi
vinceremo!!) contro il Sannoh Kogyo da Akita.
A quel nome, si è levato un brusio di proteste e di agitazione.
Sakuragi ha chiesto a tutti il perché di tanto scalpore.. forse solo lui non
era ancora a conoscenza della fama dei nostri avversari. Avevano vinto lo scorso
Campionato e anche il precedente.
Ayako ha chiesto ad Anzai perché non ci avesse avvisati prima.
E lui ha replicato che era inutile farsi prendere da un’inutile pressione
psicologica, anzitempo.
Al terzo incontro, ci ritroveremo davanti l’Aiwa.
E la scimmia rossa ha borbottato qualcosa sulla ‘Stella di Aichi’.
Ignoravo sapesse della sua esistenza.
Arrivati ad Osaka, abbiamo fatto la sgradevole
conoscenza del Toyotama..”
“Quello stronzo codino!!” –m’infervoro- “Mi è stato
sulle balle dal primo momento! Il minimo che potessi fare era fargli
baciare il pavimento.. e gli ho dichiarato guerra.
A quel Kishimoto, gliel’avrei fatta pagare cara!”
“Il carciofo ha fatto lo sgambetto alla loro testa
calda.
Ma, per una volta in vita mia, riconosco che ha fatto bene: chi cazzo si
credeva, quello stronzo??
Giunti a destinazione, a Hiroshima, siamo andati nel ryokan riservatoci, e
poi al Palazzetto, nel pomeriggio, per il giuramento e l’apertura
ufficiale dei Giochi.
L’inizio delle gare è previsto per domani mattina.
Mentre osservavamo il pannello con la disposizione dei vari incontri,
abbiamo ritrovato il Kainan.”
“Quel menagramo della Nobuscimmia voleva farci le
condoglianze, perché convinto che saremmo stati eliminati già al primo
turno.. e poi si è rivolto a te..”
“Kiyota mi si è avvicinato, blaterando qualcosa
sul fatto che la nostra sfida per diventare miglior rookie sarebbe dovuta
finire oggi, poiché noi saremmo tornati a casa presto, data la fama dei
nostri avversari.
Gli ho replicato che tanto avremmo dovuto sconfiggerli nel corso del
campionato, quindi non cambiava nulla.”
“Ben detto, Volpe!” concordo, con enfasi.
“Il Toyotama si è unito al nostro gruppo,
riprendendo a provocarci.
Quando se ne sono andati, Maki mi ha dato un consiglio strano,
riferendosi a Minami, il loro capitano. Ha avvertito: “Rukawa, sta’ molto
attento a quel tipo.”
Chissà cosa intendeva dirmi..”
“Lo avresti scoperto molto presto a tue spese,
purtroppo.” E stringo i pugni, di riflesso, al ricordo della mia
indignazione.
“Cena frugale, e a letto presto, mi sono
ripromesso.
10 ore filate, dritte dritte.
Domani sarà un gran giorno.”
“In realtà non è proprio andata così, quella notte,
no?” espongo, per far riaffiorare i ricordi..
2 Agosto. Lunedì. “Ore 6.50.
Scrivo ora, per riempire uno spazio di tempo che mi è risultato –imprevedibilmente- vuoto.
La sveglia è soltanto tra mezz’ora, ma io sono già bello e arzillo.
Non posso neanche andare ad allenarmi. Divieto del Coach.
Stanotte è successa una cosa bizzarra..”
Sorriso.
Chi può impedirmelo?
“Mi sono addormentato in modo relativamente
semplice, ripetendo il mio solito training autogeno: ‘Sono il n°1 del
Giappone’ ed è funzionato a dovere.”
“Wow!! La poliedricità dei tuoi pensieri mi
sconvolge!!” ironizzo.
“Solo che, nel bel mezzo della notte, mi sono
svegliato tutto ansante, con la tachicardia.
Ma non per colpa del mio sogno ricorrente o di uno sul Do’aho, sia chiaro.
Semplicemente, avevo perso –di colpo- tutto il mio sonno, e sentivo
addosso una strana, inconsueta, agitazione.
Ma il problema, ad essere sinceri, non è stato neppure quello.
Quanto più il fatto che io SO, per esperienza comprovata in numerose
occasioni, che senza un adeguato riposo ristoratore mi sarei ritrovato, al
mattino, con una fastidiosissima emicrania, che generalmente mi impedisce
di concentrarmi a dovere. A nulla valgono gli analgesici comuni, li ho già
testati a vagonate.. Sonno, puro e semplice, è il mio rimedio. La panacea
di tutti i miei mali.”
Non oso dirlo, ma mi sembra quantomeno infelice, ora,
un’affermazione così.
“Ma sto andando a campi.. dicevo.. mi son
svegliato. Senza sapere come riprendere la mia dormita, e di colpo, mi
vengono in mente le bustine di tisana confezionate da Mika-san, con le
erbe officinali coltivate da una delle sue sorelle, di cui ignoro il nome.
Risultati garantiti, mi ha detto all’infinito.
Finora, mi sono sempre rifiutato di assaggiarne una; ma, colto da
disperazione alla vigilia della partita, ho raccattato due o tre bustine
‘rilassanti/calmanti’ e mi sono diretto nella cucina del ryokan. La
padrona ci aveva dato il permesso di entrarvi, in caso di bisogno.
Senza fare rumore, ho attraversato i corridoi fiocamente illuminati e sono
sceso al piano di sotto.
Sinceramente, fa un po’ paura, ‘sto posto, di notte.
E’ –quantomeno- lugubre.
“Sacrosanta ragione..” ne convengo, annuendo.
“La cosa curiosa è successa quando sono quasi
arrivato a varcare la soglia di quell’immenso stanzone.. si sentivano dei
rumori soffocati, provenire da quella direzione.
Il locale era completamente al buio, tranne che per una tenue luce che
fuoriusciva dal frigorifero a colonna, in un angolo.”
“Quanto la fai lunga, Kit..” protesto.
Qualcuno stava rovistando, accucciato, tra gli
scomparti.
La frase più banale che mi è salita alle labbra è stata il classico: “Chi
è là?”
E l’intruso ha preso una capocciata sul ripiano, l’ho sentita
distintamente..
Ho acceso la luce, giusto nel momento in cui una zazzera conosciuta faceva
la sua comparsa al di là dello sportello.
Il Do’aho aveva un’espressione ridicola, come un ladro preso con le mani
nel sacco.. Ops.. nel frigo.
Mi ha fissato come si guarda un fantasma: con gli occhi sbarrati e
spaventati.”
“Ma quanto la fai diventare scenata!!” protesto.
“Solo quando gli sono arrivato vicino, ho notato
la polpetta di riso che gli spuntava dalla bocca.”
“Tsk!” sbuffo, contrariato.
“Ti sembra l’ora di strafogarsi di schifezze, Do’aho?”
gli ho chiesto, con una punta di rimprovero.
E lui ha bofonchiato, deglutendo il boccone: “Fame nervosa.. non
schifezze..”
Devo essergli parso dubbioso, so di sollevare un
sopracciglio per abitudine, quando sono scettico...
E poi mi sono perso a guardare la sua buffissima
faccia, ricoperta di chicchi disseminati vicino alle labbra, e sulle
guance.. Per trenta secondi, giuro, mi sono fatto violenza: mi avrebbe
picchiato, se avessi allungato un dito per ripulirlo?
O magari per accarezzarlo? Per sbatterlo sul ripiano –lì, di fianco a lui-
fino all’alba, e ‘fanculo anche il sonno!!.......?
(Ma da quando sono diventato così triviale??)”
“E’ quello che mi chiedo anch’io..” mentre avvampo,
imbarazzato e –mio malgrado- in parte lusingato dalla sua idea.
“E’ tutta colpa sua!!”
“Sì… come no?!” rispondo, polemico.
“Come fa a non accorgersi di essere un tale mixer
d’innocenza e sensualità?”
“Sono spontaneo e ingenuo, io…” pigolo,
facendomi piccolo piccolo..
“Forse sono rimasto impalato un istante di troppo,
perché lui –ingoiando un nuovo morso- mi ha detto:”
“Per caso.. sei anche sonnambulo, Volpe??” tiro a
ricordare.
“Per caso.. sei anche sonnambulo, Volpe??”
-sorrido, eri così carino tutto spettinato..-
“Nh. Stupido carciofo, no che non lo sono!!” e ho fatto per andare in
cerca di un bollitore.
“Sono là dentro.” m’indica lui, segnando il
ripiano sopra la mia testa.
“Ma da quant’è che sei qua, Do’aho??” sbotto, spontaneo.
Lo vedo arrossire, farfugliando qualcosa su un the
già bevuto..
E poi fa una cosa strana: mi si avvicina, smettendo di
razziare la dispensa di questo posto, mi porta via dalle mani la teiera, e
mi dice di sedermi su uno degli sgabelli vicino al bancone; mentre lui
riempie d’acqua il contenitore, e lo mette sul fuoco.
Non posso che ridurmi a fissare ogni suo gesto, lento e misurato, come se
già conoscesse questa cucina, come se gli fosse familiare.
D’un tratto l’assurdità della cosa mi travolge.
Io e lui, alle tre di mattina, nell’intimità di una cucina che non è la
nostra.
-Avremo mai una cucina nostra?-
Mi chiedo.”
“Sì che ce l’avremo..” lo rassicuro.
“La quiete che ci avvolge è timida, e mi fa
sentire assurdamente imbarazzato.
Forse, è solo colpa del suo silenzio: Sakuragi non sta mai zitto.. deve
proprio farlo in questo momento?
Lo sbircio di sottecchi, mentre aspetta, appoggiato al lavello con la
schiena: sta studiando con una minuziosa curiosità la disposizione dei
vari elettrodomestici, e io mi ritrovo, mio malgrado, ad imitarlo.
Non mi piacciono le cucine così: troppo grandi, dispersive, le marmitte
enormi, così pure i lavelli, il gas a 10 fuochi, tutto in acciaio, lucido,
freddo, impersonale.
Mia madre ha scelto direttamente ogni più piccolo suppellettile della
nostra.
Perché sosteneva che la cucina è la stanza più vissuta della casa, e che
quindi deve far mettere a proprio agio chi ci abita.”
Realizzo solo ora, che io non sono mai entrato nella
cucina di Casa Rukawa.
“Ho fatto l’inventario di tutta la stanza, più e
più volte.
Ma alfine, i miei occhi sono ricaduti su di lui.
Ancora immobile, nella medesima posizione.
Sembrava evitasse di guardarmi..
“L’intenzione era quella..” confesso.
“E avrei dovuto farlo anch’io, perché vederlo
conciato in quel modo mi ha fatto spuntare pensieri ben poco casti, nei
suoi confronti.. Io, almeno, ho avuto il buonsenso di infilarmi un
pigiama, prima di scendere..”
“Quello a righe bianche e blu, in stile carcerato??”
provoco, ghignando.
“Invece, quella scimmia rossa ha indossato
solamente una canotta bianca, e un paio di calzoni dal colore
impronunciabile.. probabilmente, lo stesso abbigliamento con cui stava
dormendo, prima della sua incursione per saccheggiare il cibo.”
“Esatto!” confermo.
“Non lo si poteva certo definire sexy.
Non per i canoni comuni. Questo è certo.
Ma io.. io…beh, era ‘bello’. Per me lo era.
In quella posa, con quegli indumenti, con l’espressione assonnata e i
capelli sparati in tutti le direzioni..
‘Semplicemente, bello.’ Ricordo di aver pensato.”
Arrossisco, per la sincerità di questo suo
complimento indiretto.
La sua immediatezza mi destabilizza.
E mi riempie di tenerezza.
“Il fischio del bollitore ci ha fatti sussultare
entrambi, probabilmente anche lui smarrito in pensieri privati.. e mi ha
chiesto se preferivo il the verde o nero.. a quel punto mi sono ricordato
delle bustine in tasca, e gliele ho porte.
Non ha fatto domande, mentre le immergeva nel filtro, anche se sembrava
sorpreso.
Non so ancora come, ma sono finito a bere una tisana di Mika-san col Do’aho,
arrivando addirittura a strafare, oltrepassando la soglia di un monologo
(il suo), imbastendo un dignitosissimo dialogo, (a suo modo piacevole), di
cui ora non saprei nemmeno citare un argomento, se mai ce ne fosse stato
uno.
Beh, alle 3.40 abbiamo spento le luci, e ognuno è tornato nella propria
camera.
Ignoro se sia merito del decotto, o delle chiacchiere concilianti del ‘Tensai’,
ma sono riuscito a ripiombare in un riposatissimo sonno, fino a 45 minuti
fa.
Non ho mal di testa, mi sento sveglio e carico di energie.
Miracoli delle erbe.”
“Stronzo!” m’offendo.
“Hanno bussato alla porta. E’ già ora della
colazione?!
Ed è pure passato il tempo a mia disposizione…ma, cavolo!! Quanto ho
scritto??
A stasera, per il resoconto della partita..”
“Baka Kitsune, che non riconosce il palese effetto
benefico della vicinanza del Genio!!
Senza nulla togliere al buonissimo infuso di Mika-san.. il merito è TUTTO
MIO!!” e me ne vanto, vorrei ben vedere…
Uno spiffero d’aria –non più gradevole- mi lambisce
il collo, ricordandomi che la finestra è ancora socchiusa.
Mi alzo distrattamente dalla sedia, e solo ora noto le luci accese fuori
nel parco dell’ospedale.
...E’ già sera.
Sbuffo, sono sempre più convinto che il tempo, qua
dentro, si prenda gioco di noi.. e abbia una strana concezione di senso
dell’umorismo..
Tanto vale andare via ora, senza costringere
Saito-san a dirmi che è meglio che torni a casa..
Sia chiaro: lei è sempre molto gentile con me, ma a volte ho il timore
d’infastidirla, soprattutto se la mia presenza va ad intralciare il suo
lavoro.
E ritorno a fissare lui, i macchinari, la flebo.
Due sacche.
..e una sta per finire..
M’infilo la giacca leggera, che avevo portato
inutilmente, vista la giornata calda di oggi.
La pioggia dei giorni scorsi sembra già un ricordo lontano..
M’avvicino al letto, lo accarezzo piano, su uno
zigomo, vicino alla mascherina.
E’ una carezza impacciata, che prende vita propria, risalendo verso la
tempia, fino all’attaccatura dei capelli; le mie dita scostano di lato la
frangetta, dove rimane il segno di una piccola cicatrice, che sta
scomparendo.
Mi chino, strofinando piano le labbra contro la sua pelle tiepida.
“Buonanotte, amore.” E’ il mio sussurro, mentre mi costringo ad
allontanarmi dalla persona più preziosa che ho.
“Avviso io, in guardiola, che la fisiologica sta
finendo. Non ti preoccupare..” lo avverto, con la mano già sulla maniglia.
A domani..
…continua.
Note dell’autrice:
- Per prima
cosa, né la storia né i personaggi di Slam Dunk sono miei; appartengono
agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro,
da parte mia.
- La storia
si snocciola in numerosi capitoli, ma si è GIA’ CONCLUSA.
- Chiunque
desideri leggere l’intero racconto in tempi più brevi rispetto a quelli di
aggiornamento, può contattarmi al solito divano blue navy:
elyxyz@libero.it per ricevere i capitoli restanti.
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.
- Per
ulteriori note e chiarimenti doverosi, vi rimando all’ultimo capitolo.
Arigato (_
_)
elyxyz
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