Limmensa Opera del Maestro Inoue, scritta da Kaede e raccontata per bocca di Hana..


Scelta d’amore

-Kaede’s Diary-

By elyxyz


Capitolo 1

(In corsivo, il diario di Kaede)

 

POV di Hana.  


“Ore 20.00: Stasera a cena con la squadra.
Nh. Chissà cosa combinerà il Do’aho…Ha insistito perché partecipassi. Nh… Chissà poi perché.

 

Flashback.

Una sera come tante, di un mese e mezzo prima... Palestra dello Shohoku, ore 18.00.

Qual è il modo migliore per finire una sessione d’allenamento?! Ma con un bello slam dunk, ovviamente!!!
Da grande Tensai quale sono, corro veloce come il vento, non mi faccio imbrogliare dalla finta di Miyagi (che, ormai, non confonderebbero neppure mia nonna), e salto.
Schiacciando, con tutta la mia forza, la palla nel canestro.
Il mio urlo liberatorio decreta la fine dell’allenamento.
Baldanzoso, sparo a raffica le mie immense capacità.
Sono o non sono “Il Tensai”?!
Mentre ci cambiamo negli spogliatoi, un’idea mi rimbalza nella testa.
Una proposta geniale, inutile dirlo…

“Ragazzi, tutti qui tra due ore. Andiamo a cena assieme… è tanto che non lo facciamo…”

Stranamente tutti sembrano assentire, tranne -ovvio- l’unica persona che vorrei davvero mi dicesse di sì.
Rukawa sembra indifferente, e allora lo provoco.
Voglio che sia presente anche lui, soprattutto lui.
Deve esserci. 

“Kitsune! Il Tensai ti concede di unirti a noi, se non senti il richiamo del letargo…”

“Nh. Do’aho.” Sbuffa lui.

“Baka! Allora è deciso. Devi venire.”

Cosa più unica che rara, lui non ribatte.
Annuisce impercettibilmente, e se ne va.
Senza salutare, chiaro.

La serata trascorre piacevole.
Io e la Volpe ci provochiamo un po’, senza esagerare.
Per seguire un vecchio canovaccio condiviso.
Perché, se non teniamo su noi il palco, chi lo fa?!
Perché, se gli dicessi che non lo odio davvero, che anzi lo amo, credo che mi ritroverei in una scatola di Chappy, da versare nella ciotola per la pappa di Hachi….

Eppure stasera –come ultimamente- è strano pure lui.
In quest’infinita altalena tra noi.. sembra sopportarmi con più facilità.
E non parlo di rassegnazione…
E non solo oggi.
E’ già da un po’ che lo sto notando… solo che non vorrei che fosse la prima cantonata del Genio… le altre 50?!

Ma quelle erano solo quisquilie da mezza giornata!

Quando usciamo dal locale, piove a dirotto.
E così, inevitabilmente, ci sparpagliamo, salutandoci.

Io e la Kitsune corriamo verso le rastrelliere della nostra scuola.
Ho fregato il motorino a Yohei e la Volpe , di sicuro, avrà la sua bici scassata da recuperare.
Armeggio impaziente sul catorcio del mio amico, ma questo ferrovecchio si ostina a non accendersi… e mi scappa un occhio su Rukawa.
Non ha esattamente la bici scassata di sempre: sorregge, con eleganza, una bellissima Ducati Monster nera come la notte…

“Wow…” mi scappa. E’ una meraviglia.

“Nh. passaggio, Do’aho?!”

Dei! Ma che succede?! “D’accordo, Kitsune. Ma solo perché il Tensai è magnanimo. Questa stupida bagnarola la recupero domani…”

E quando mai mi ricapiterà di farmi scorrazzare da lui??!! Un ghigno malefico mi si dipinge in viso.. e poi lo guardo, ipnotizzato, mentre fa per infilarsi il casco, nero come la morte, ma poi ci rinuncia.
E accende con un rombo sordo questo gioiello.
Sentila, come canta!!!
E dopo averla inforcata, mi fa segno di salire dietro. Mai desiderato altro…
Mi stringo sfacciatamente a lui, facendo aderire i nostri corpi, e non so perché, ma non riesco a capire se è il mio cuore, o il suo, a battere troppo veloce…
Il suo calore trapassa la giacca fina, scaldandomi.
Dolce contrasto con le gelide gocce di questo maledetto -benedetto- acquazzone.
Accosto le mie labbra al suo orecchio, indicandogli la strada da seguire. Lo sento rabbrividire a questo contatto, e non posso impedirmi di sorridere, mentre la moto sfreccia veloce sull’asfalto viscido e bagnato.

Arriviamo a destinazione. Troppo velocemente, dannazione, troppo presto!
Io scendo ringraziandolo. Non sia mai che il Tensai sia un ingrato!
E in modo sconclusionato sputo la prima cosa che mi frulla in testa, per non farlo andar via…
E’ la serata ideale: potrei dirgli che lo amo…
Oh, sì! e farlo fuggire a gambe levate!…

“Bella moto. Davvero. Sarà costata un patrimonio…” e lo dico con sana invidia e ammirazione, senza sottintesi. Io non me la potrei mai permettere, una moto così. Già mia madre tira avanti facendo straordinari, se poi…

“Nh.” risponde, come sempre, lui. Con quel suo dannato intercalare indifferente, come se fosse un gingillo accessibile a tutti. E mi manda in bestia.

“Cos’è?! A te è sempre tutto dovuto, Kitsune?!
E’ l’ultimo regalo del tuo paparino, per soddisfare un tuo capriccio?!”

Vedo il suo sguardo incupirsi e incendiarsi d’odio.
Odio vero, stavolta.
Forse per la prima volta da quando lo conosco.

“Che cazzo ne sai, eh Do’aho?!” sputa lui, corrosivo. E riaccende la moto.

Ma io non sto zitto, e gli urlo dietro: “Bravo, sì! Torna tra le braccia della mamma!”
Per un attimo, credo che potrei morire ustionato da quegli occhi.

“Ti credevo… diverso.” E parte, slittando sull’asfalto bagnato, incazzato come non mai, senza lasciarmi diritto di replica.
E io resto lì. Sotto la pioggia. Guardando la sua schiena scomparire, inghiottita sempre più dalla notte.
Resto lì. A darmi del Do’aho, per quello che gli ho detto.
Complimenti, Hanamichi! Questa è la tua miglior dichiarazione… non c’è che dire… le batte tutte di sicuro…
Gli chiederò scusa domani. E’ deciso.


E questo è l’inizio della fine. Perché quel domani, non arriverà mai.

 

Il giorno dopo, quando entro in palestra, un insolito silenzio mi accoglie.
Di solito, la Volpe è già qui, ad allenarsi nei tiri da tre o nelle finte… Perché oggi non c’è?
Una strana inquietudine mi attorciglia lo stomaco.
Ho un brutto presentimento… E Anzai ci chiama.
Lo vedo scuro in volto e, stranamente, mortalmente serio.
Io cerco di attenuare la tensione, con una delle mie genialate, ma vengo freddato sul colpo: le parole dell’allenatore sono marchiate a fuoco nella mia testa.
E credo nulla, mai, potrà cancellarle.

“Ragazzi, sedetevi, per favore.
Devo comunicarvi una notizia molto brutta…
Il vostro compagno, Rukawa, ha avuto un grave incidente ieri sera, ritornando a casa...
Stando alle testimonianze raccolte dalla polizia, un ubriaco ha eseguito un sorpasso in curva, e Kaede è finito addosso alla macchina che lo precedeva… Viaggiava a velocità molto alta, e senza casco, per giunta….
E’ in prognosi riservata, al momento, ma è caduto in coma, dopo aver battuto la testa sull’asfalto.”

“Non è vero! Non è possibile!” scatto su, senza rendermene conto… scuoto la testa per cacciare queste parole moleste, mentre gli altri mi guardano straniti.

Ayako piange, abbracciata a Miyagi.
E ognuno di loro esprime il proprio dolore a modo suo.
Ma io non ci credo.

La Kitsune ha la pelle dura! Non può piagnucolare per una stupida zucconata per terra… non può!
Non può finire così.

Senza tanto riflettere, mi fiondo negli spogliatoi, mi cambio e corro in quel dannato ospedale.
All’entrata mi indicano la stanza, in terapia intensiva.
Busso piano. Magari c’è sua madre o suo padre, con lui.
Invece la stanza è vuota.
Un solo miserissimo letto bianco, con lenzuola bianche, un comodino affianco, bianco pure quello, in quattro dannatissime asettiche pareti bianche.

Nella mia testa, questa è l’anticamera dell’Inferno.

Il ticchettio del monitor mi riporta alla realtà.
Mi avvicino piano al letto.

Kami! Sei ancora più pallido del solito… Disteso tra le bianche coperte.
Solo i capelli a fare da contrasto testardo con questo mortale candore.

“Ciao, Kitsune” sussurro io. Ma io questa voce non la conosco.
E’ un pigolio spaventato, incrinato da un pianto che non vuole uscire.

La mascherina del respiratore gli copre buona parte del viso, del suo splendido viso.
Senza volerlo, gli accarezzo una mano, prendendola tra le mie.
E’ fredda.
E sembra quasi piccola. Quasi di cristallo.

Sciocchezze, Kitsune. Io so quanto fanno male i tuoi pugni, quanta forza hanno queste mani, quando lotti, quando palleggi, quando schiacci a canestro…
Ma sono fredde…
Posso scaldartele io, per stavolta, Kitsune?
Eh?! Posso?!
Non ti farà sentire meno uomo, credimi.
Ed io, non mi sentirò meno Do’aho.

Un medico entra nella stanza, ed io sussulto, impreparato.
E’ stupito di vedermi, ma mi sorride benevolo.
Dagli occhi di quest’uomo, posso capire che ha visto i dolori del mondo.
Lo vedo dal calore che hanno, dalla loro lucentezza.
…Occhi che lottano per strappare dalla morte anche solo un istante in più.

Io mi presento.
Definendo a grandi linee il rapporto che mi lega a Kaede.

Poi chiedo informazioni su di lui.
Lo sguardo del dottore si incupisce appena, mentre soppesa quello che deve dirmi: “…Ha riportato numerose contusioni, e qualche lussazione… Il vero problema è il colpo ricevuto alla testa.
E’ in stato di coma profondo, in altre parole, c’è una totale mancanza di risposta agli stimoli e l’inizio dell’alterazione delle funzioni vegetative…”

“Dottore… Non mi servono i suoi paroloni…vorrei sapere chiaramente come sta.”

Il medico capisce che le mie domande vogliono solo una risposta.
“Se mi chiedi se si risveglierà mai… sono desolato, ma non c’è molta speranza.. le percentuali parlano chiaro…”

“Kaede non è un numero!” ribatto io, alterato.

“Lo so, lo so, ragazzo mio. Ma è anche inutile cullarsi in false speranze..”
e mi dà una pacca affettuosa sulla spalla, poi aggiunge: “Sei la prima persona che viene a trovarlo…se puoi, restagli accanto…”

“E la sua famiglia? Dove sono i suoi genitori?!” mi allarmo, di rimando.

L’uomo davanti a me mi guarda stranito, poi chiede dubbioso: “Non sai che questo ragazzo è orfano?”
Orfano?! Cos’è?! Uno scherzo?!

“E’ affidato alla custodia di un assistente sociale, che è il curatore dei suoi beni…
Suo padre e sua madre sono deceduti in un incidente stradale due anni fa.
…mai sentito parlare della morte del Presidente della Miyamoto-Rukawa Corporation?!
Beh, da quello che so, ha lasciato al figlio una generosa eredità da gestire.
Ma ho parlato personalmente con questo tutore legale e non sembra intenzionato ad occuparsi di Kaede. Ha detto solo che si limiterà a pagare le spese di degenza… Mi è sembrato un uomo spregevole…”

Mentre il dottore conclude il suo discorso, a me ribolle il sangue….
Stronzissimo assistente sociale, prega che non ti incontri mai!
Il mio sguardo ricade su quel letto troppo immacolato.
Prima di salutarmi, congedandosi, il dottore mi informa che nel cassetto del comodino ci sono gli effetti personali di Rukawa.
Mi prendo una sedia e mi accosto al letto.
Le sue mani sono ancora troppo fredde…

“Avrei tante cose da dirti, Kitsune…
e non so nemmeno da dove cominciare…”

Il gocciolio della flebo, che scorre lungo il tubicino, dilata all’infinito ogni secondo.
Rendendolo eterno.

“Te lo dico solo perché so che non puoi raccontarlo in giro, ma…
Mi dispiace, Rukawa, davvero. Per tutto questo.” -Prendi appunti, Volpe, non ricapiterà più.- “Per quello che ti ho detto ieri sera… Per tutte le cattiverie che ti ho sputato contro…. Per ogni sparata, ogni provocazione, e le offese… Ru, mi dispiace.
…Per tutte le volte che ho sfogato su di te le mie frustrazioni. i miei problemi… la mia invidia per il modo in cui giocavi…
…Anche tu, però, non ti sei risparmiato di certo, baka che non sei altro… sai quanto può ferire la tua indifferenza? La tua aria di superiorità?
Sai quanto bramavo un tuo piccolissimo elogio, per i miei miglioramenti?!
… Non ha mai voluto darmi soddisfazioni, stupida volpe scorbutica. Hai sempre vinto tu…
Io, eternamente a rincorrerti, e tu, sempre un passo più avanti a me.” -Mi sto alterando, lo sento- “Ma è una vita che voglio dirti tutto questo, e anche se forse… se fosse è troppo tardi, voglio farlo ora…
Visto che -vigliaccamente, lo so- non potrai picchiarmi, per quello che ti dirò…. HAI VINTO TU, KITSUNE.
Sei riuscito a toglierti pure l’ultima soddisfazione.
Hai deciso di andartene davvero in letargo, dopotutto, senza prima ascoltare quello che ho da confessarti…
Ti amo, Kitsune” -lo sputo fuori, quasi esasperato da tutto questo, non riesco più a tenermelo dentro- “cosa vuoi che ti dica?!” e sono incredulo anch’io, per quello che sto facendo.
E per essere riuscito a farlo, dopotutto. E amareggiato. Perché è un monologo senza risposte, il mio.
Del resto, ho dovuto accettare il mio amore per te…
Certe cose, non le puoi comandare…

“Anche se so di non avere la certezza che tu mi abbia sentito davvero, voglio crederlo.
Anche se non puoi rispondermi, nemmeno per rifiutarmi.
In un certo senso, mi dispiace che tu ti sia assorbito questa lagna, Kit.
…Ma so che dovevo farlo.”

Mi alzo dalla sedia. L’orario delle visite sta per finire.
Tra breve mi cacceranno, ma non temere.. “Tornerò domani, Ru. Il Tensai verrà a farti compagnia.”

Prima di uscire, guardo un’ultima volta quest’ambiente spoglio, completamente disadorno.
E mi avvicino al cassetto del comodino, aprendolo senza sapere nemmeno che sto cercando…
Il suo portafoglio, qualche spicciolo, l’orologio e le chiavi di casa.
Le prendo in mano.
Solo ora mi accorgo che il pupazzetto che le unisce è una simpatica scimmietta rossa.
E non so perché, ma per un secondo, la vista mi si appanna e sciocche lacrime sentimentali pungono per uscire.

Ma non piangerò, Kaede.
Non qui, davanti a te.

Mi giro verso il letto, e con una carezza fugace alla sua morbida guancia tiepida, lo saluto; meditando di fare una capatina in casa sua, per racimolare un po’ della sua roba, per rendere questa “galera” più accogliente e vivibile.
Un ambiente familiare potrebbe giovare, no?!

….

In poco tempo sono davanti alla villetta dei Rukawa.
Sapevo già dove si trovasse… ma fa un po’ impressione infilare le chiavi nella toppa, entrare da soli, senza mai essere stati invitati.
Non posso fare a meno di notare l’ordine perfetto che regna sovrano. Ma anche la mancanza di vita di questa casa.
E’ fredda.
E non parlo di temperatura.
Sembra una bella casetta fatta per essere messa in mostra e non per viverci.

Salgo le scale che conducono alle camere.
A destra, apro la porta di una stanza con il letto matrimoniale ancora sfatto: la camera dei suoi genitori.
Lo capisco subito: l’ha lasciata così per due anni.
Senza toccarla.
Ne esco quasi di corsa, ho come l’impressione di aver profanato un luogo sacro.
Un tempio dei ricordi.
E poi, la stanza della mia volpe. Sì, mia.
Il letto sfatto. I libri sparsi.
Questo è l’unico vano della casa che mi dia “un’aria vissuta” e un po’ mi tranquillizza. 

Prendo il borsone degli allenamenti e ci infilo la coperta sopra il letto della Volpe: è un bellissimo plaid con il disegno di un canestro gigante.
Ovvio.
Che altro aspettarsi dalla Kitsune?!
Prendo anche il suo pallone preferito.
Sarà quello più consumato, visto che lui si allena anche dopo le sessioni a scuola.

Accanto al letto, in un ripiano, ci sono dei libri dalla copertina bicolore*.
E mi chiedo cosa ami leggere Rukawa... io nemmeno pensavo leggesse!

Banana Yoshimoto.
C’è quasi tutta la sua opera omnia.
E poi Mishima. 

Mi stranisce un po’ questa nuova rivelazione sui gusti letterari di Kaede.
E, una volta in più, mi rendo conto di sapere poco o nulla di lui.
Persino della sua famiglia.
Dei suoi gusti, le preferenze.
Anche se lo amo, quante sono le cose su di lui che ignoro? E potrò mai conoscerle?!
Mi avvicino alla sua scrivania. C’è una cornice.
La prendo in mano.
Stupore.

Siamo io e lui, in una foto fatta dopo la vittoria sul Ryonan, negli spogliatoi.
Ce l’aveva scattata Mitsui di sorpresa, mentre ci stavamo azzuffando.
Anche se, adesso lo so, stavamo solo giocando… 

Riposo questa foto, e noto solo ora la presenza di un libro dalla copertina blue navy.
Lo sfoglio distrattamente, leggendo qualche riga a caso: “Ho dormito poco, stanotte. Tensione pre-partita. Nh. Rimedierò domani.”- “Sapevo che il Do’aho non era poi così impedito…”

Sgrano gli occhi e realizzo: il suo diario!!!

Corro alla prima pagina:

1° Aprile.“Oggi è iniziata la mia vita da matricola allo Shohoku.
Nh. Ho fatto un incontro strano. Un imbecille mi ha preso a testate sulla terrazza, all’ora di pranzo…”

So che è sbagliato, quello che sto facendo.
Sto deliberatamente infrangendo la sua privacy.
Ma questo diario è la mia manna dal cielo.
Per imparare a conoscerlo davvero.
Per sapere com’è il vero Kaede Rukawa.
Domani glielo dirò. E lo leggerò con lui.
Questo glielo devo.  

 

…continua.  

 

Note dell’autrice:

- Per prima cosa, né la storia né i personaggi di Slam Dunk sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

- A titolo informativo, l’uso delle lettere maiuscole, delle minuscole e la punteggiatura in generale di questa fic, non sempre rispetta le regole imposte dalla Lingua Italiana. E’ una scelta consapevole, la mia, per assecondare una sorta di armonia interiore.... chiamatela “licenza poetica”, oppure ignoratela....

- *Edizione italiana della Feltrinelli, so che in Giappone è diversa, ma non l’ho mai vista.

- Mi sembra doveroso precisare che io non nutro nessuna forma di rancore con la categoria degli assistenti sociali, infermieri, dottori e insegnanti.
Mi scuso per l’impronta prettamente negativa che ne potrebbe risultare, ma è solo in funzione puramente narrativa, e comunque non generalizzabile.

- Gli eventi narrati sono tratti fedelmente dal manga del Sensei Inoue. Ogni riferimento è stato rispettato in modo più assoluto, per rendere questo racconto il più veritiero possibile. Dove il Maestro non ha dato indicazioni, ha sopperito la mia ispirazione.
Per di contro, l’anime omonimo non è stato nemmeno preso in considerazione, a causa di alcune lievi discrepanze tra le due produzioni.

- La storia si snocciola in numerosi capitoli, ma si è GIA’ CONCLUSA.

- Chiunque desideri leggere l’intero racconto in tempi più brevi rispetto a quelli di aggiornamento, può contattarmi al solito divano blue navy: elyxyz@libero.it per ricevere i capitoli restanti.
Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche.

- Per ulteriori note e chiarimenti doverosi, vi rimando all’ultimo capitolo.

Arigato (_ _)

elyxyz


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