F
Scelta
d'amore di
Hikaru
CAP
1
“...
non ti amo più ...”
Queste
parole riecheggiano ancora nella mia testa.
E’
successo tutto così all’improvviso.
Quando
stamattina mi hai chiesto di vederci sul tetto della scuola ho pensato che
volessi stare un po’ da solo con me e invece...
Invece
ti ho trovato appoggiato alla ringhiera di metallo con lo sguardo perso
nel vuoto.
Quando
hai avvertito la mia presenza ti sei girato verso di me.
Un’incredibile
sguardo freddo e indifferente dipinto nei tuoi splendidi occhi.
In
quel momento ho pensato che tu non potevi essere il mio do’aho.
Ero
certo che non fossi tu.
E
poi quattro parole.
Quattro
parole hanno rotto il silenzio, fendendo l’aria tiepida di Settembre.
“Non
ti amo più”
Il
tuo sguardo era fisso su di me, eppure era come se non mi vedessi.
Non
riuscivo a crederci.
Non
ci credo.
Non
volevo crederci.
Non
voglio.
Il
mio corpo, il mio cuore, la mia anima erano come inceppati.
“Non
ti amo più... Vorrei che ti dimenticassi tutto quello che c’è stato
fra noi”
Il
tono sempre più freddo e distante.
Non
posso do’aho.
Non
posso scordare quello che abbiamo condiviso finora.
Sarebbe
come scordarmi del basket, come dimenticare di respirare, di vivere.
Un
silenzio carico d’eternità ha
riempito lo spazio che ci separa.
Non
c’è silenzio peggiore.
“Perché?”
Questa
parola mi è venuta fuori all’improvviso, senza che io potessi fermarla,
fregandosene di me,
del mio orgoglio e della mia freddezza.
Tu
non hai esitato nemmeno per un istante, come se stessi recitando un
copione.
“Te
l’ho detto, non ti amo più. Le storie nascono e finiscono e la nostra
finisce qui”
Non
ci posso credere.
Non
è possibile.
Non
eri tu quello che ha superato tutte le sue paure pur di stare con me?
No
eri tu quello che non riusciva a stare più di dieci minuti senza vedermi?
Non
eri tu quello che faceva progetti per il nostro futuro insieme?
Chi
sei veramente?
Chi
sei?
“Mi
dispiace”
Hai
cercato di dirlo con rammarico, ma una nota d’indifferenza trapela dal
tono delle tue parole.
Non
hai nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia.
“Mi
dispiace” hai ripetuto e poi te ne sei andato, lasciandomi qui da solo
ad ascoltare il mio cuore
andare
in frantumi.
Sto
entrando in palestra.
Sono
in ritardo come al solito.
Nessuno
si volta.
Ormai
i miei ritardi non sono più una novità.
Stavolta
però è diverso.
Mi
fermo sulla porta e lascio vagare lo sguardo sulla palestra, sui miei compagni,
sulla palla da basket
e... su
di lui. Rukawa.
I
ricordi mi assalgono.
Akagi
si accorge che non mi sono ancora deciso ad entrare.
Viene
verso di me e cerca di darmi il solito pugno in testa, ma stavolta gli
afferro il polso e lo fermo.
Lui
mi guarda smarrito.
Allungo
una mano verso la mia borsa e tiro fuori la mia divisa.
La
consegno al Gorilla che mi guarda sempre più confuso.
“Lascio
la squadra”
Ora
l’attenzione è tutta rivolta su di me.
“Perché?"
Ancora
quella parola.
Non
capisco come una semplice parola possa fare così male.
Devo
farcela.
Devo
essere forte.
Rispondo
nel tono più neutro che posso.
“Mi
trasferisco in un’altra città. Oggi è stato il mio ultimo giorno allo
Shohoku. Parto
domani mattina”
Sono
tutti sconvolti dalla notizia e questo mi fa stare ancora più male, ma
non posso fare altrimenti.
Sento
su di me il suo sguardo, ma non voglio guardarlo.
Non
ne ho il coraggio.
Sono
un debole.
Ma
devo essere forte.
Devo.
I
miei compagni, ancora increduli, si stringono intorno a me.
Ayako
e Haruko piangono mentre gli altri non sanno cosa fare né cosa dire.
Alcuni
mi abbracciano, altri fanno battutine stupide per rompere la tensione.
Akagi
ancora non se ne rende conto.
Rukawa
mi guarda da lontano.
Poi
un’idea : vogliono farmi una festa d’addio.
Rifiuto.
“Non
è il caso”
Nessuno
si aspettava una risposta del genere da parte mia.
Se
rimango ancora un secondo crollo.
Devo
andarmene.
Prendo
la mia borsa e scappo via.
Scappo
da tutto e da tutti.
Scappo
dal mio dolore.
“Sei
sicuro di aver preso la decisione giusta?”
Hanamichi
mi osserva per un attimo con sguardo smarrito.
Sembra
un bambino impaurito, eppure è la persona più forte che conosca.
Ha
superato tutto :
il
dolore
la
solitudine
le
incertezze
le
paure
un
amore difficile.
Ha
lo sguardo sicuro ora.
“Si
Akira, è la decisione giusta. La migliore che abbia mai preso. L’unica
decisione possibile”
“Non
vuoi proprio che ti accompagni? Non mi vuoi accanto a te?”
Un
sorriso di gratitudine gli appare sul viso.
“Vorrei
tanto, ma non posso chiedere a nessuno di affrontare tutto questo con me.
Sarebbe
troppo
crudele”
Non
rispondo.
"In
questo momento ho una gran voglia di proteggerti, lo sai?”
Sei
così speciale.
Fragile,
eppure così forte e determinato.
Hai
mille paure, eppure le affronti una ad una superandole tutte.
Qual
è il tuo segreto?
Come
fai ad avere sempre così tanta fiducia nel mondo, in questo mondo che non
ti ha dato altro
che dolore?
Finora
hai superato tutto.
Spero
che tu riesca a superare anche questa prova.
Una
prova di vita.
La
più difficile.
E
hai deciso di affrontarla da solo.
Come
al solito.
Non
cambierai mai.
Mai.
Non
hai mai voluto accettare l’aiuto di nessuno, nemmeno il mio.
Perché?
Perché?
Perché?
Sta
cominciando a piovere, ma la pioggia ora è l’ultimo dei miei pensieri.
“...
non ti amo più ....”
“...
lascio la squadra ...”
“...
mi trasferisco in un’altra città ...”
“...
parto domani ...”
La
voce di Hanamichi mi vibra nel petto come una musica troppo forte, mi
rimbomba nel cuore e nella
testa stordendomi.
All’improvviso
sento il battere di un cuore.
...
tum ... tum ... tum ...
E’
il mio cuore?
No,
è il rumore di una palla da basket.
Una
fiammeggiante capigliatura rossa si staglia contro un cielo grigio di
pianto.
Del
mio pianto.
Un
pianto che non fa rumore.
...
Hanamichi ...
Non
sai quanto ti amo... e quanto ti odio.
Ti
odio perché mi hai allontanato da te.
Ti
odio perché ti sei allontanato da me.
All’improvviso
smette di giocare.
Il
pallone cade a terra mentre Hanamichi crolla sulle ginocchia tenendosi il petto
con la mano sinistra.
Sospiri
di dolore si mischiano a lacrime e pioggia.
Resto
immobile.
Mi
sento come paralizzato.
Tutto
dura un istante o forse un’eternità.
Poi
vedo il mio do’aho che si rialza.
Gli
occhi chiusi, il viso rivolto al cielo.
Faccio
lo stesso, spinto da quel desiderio di unione che mi manca tanto da togliere
il respiro.
Rimaniamo
uniti in questo modo per un po’.
Minuti,
forse ore o attimi di un tempo ormai perduto.
Lo
vedo ritornare in sé, quasi come se si fosse appena risvegliato da un lungo
sonno.
E’
completamente bagnato, ma sembra non curarsene affatto.
Un’irrefrenabile
bisogno di stringerlo s’impadronisce di me, ma lui se ne va
prima che possa fare un
solo passo. Forse
è meglio così.
O
forse no.
Ma
ormai è tardi.
Troppo
tardi.
L’ho
perso senza accorgermene, anche se in fondo non è mai stato veramente
mio.
L’ho
creduto, una volta, ma ora ho capito che non è così.
Non
l’ho mai meritato.
E’
la prima volta che vedo un aeroporto.
Si
respira un’atmosfera strana qui, colma di addii, di lacrime, di sorrisi e
di incontri felici.
Akira
è qui con me.
Ha
insistito per accompagnarmi e non ho potuto dirgli di no.
“Chiamami
appena ti è possibile”
La
sua voce è debole, rotta dal dolore.
“Lo
farò”
La
mia risposta è decisa.
“Mi
mancherai” mi dice fra le lacrime.
E’
la prima volta che lo vedo piangere.
E’
strano.
E’
tutto così strano.
Vedo
il dolore nei suoi occhi dove si riflette anche il mio.
Ci
abbracciamo.
Mi
stringe forte.
Sento
il suo affetto riversarsi su di me.
Mi
stacco da lui, prendo la mia valigia e comincio a camminare verso il mio
destino.
Faccio
qualche passo.
Mi
fermo.
Mi
volto a guardarlo per l’ultima volta.
“Addio”
Il
mio ultimo sorriso è per te Akira.
E
quella che ora scorre sulla mia guancia è la mia ultima lacrima.
E’
per te Rukawa, per te che ti nascondi fra la folla per non farti vedere.
Ma
io sento che sei qui.
Sento
la tua presenza.
Sento
il tuo sguardo su di me.
CAP
2
Ho
ceduto.
Alla
fine ho ceduto.
Non
ce l’ho fatta.
Sono
corso all’aeroporto nella speranza di vederlo per l’ultima volta.
Per
poter osservare ancora i suoi occhi, i suoi capelli, la sua bocca, il
suo splendido corpo.
Ho
calpestato di nuovo la mia freddezza e il mio orgoglio e sono andato a
chiedere di lui al suo amico
Yohei. Volevo
mostrarmi indifferente, ma stavolta non ci sono riuscito.
E’
troppo anche per me.
“A
che ora parte Hanamichi?”
All’inizio
mi guarda incredulo, poi legge la disperazione che c’è in me e risponde
senza fare domande.
“Prenderà
il volo delle 10:30 per New York”
Sono
rimasto sconvolto dalla notizia.
New
York?
Cosa
ci va a fare a New York?
Volevo
chiederglielo, ma lui mi aveva già dato le spalle.
Prima
di andarsene mi ha detto :
“Non
posso dirti nient’altro. Perdonami, ma ho fatto una promessa”
E’
corso via piangendo.
In
me c’è solo confusione.
Non
capisco cosa sta succedendo.
Ho
dato le spalle alla scuola e ho cominciato a correre come un matto verso
l’aeroporto.
Per
poterlo vedere un’ultima volta.
E
l’ho visto.
L’ho
visto con qualcuno che non avrei mai pensato di vedere con lui.
Lui
e Sendo.
Insieme.
Abbracciati
stretti.
Come
due amanti.
Come
due amici.
Come
due fratelli.
Come
quello che noi non siamo più.
Ti
ho visto guardarlo e piangere.
Ho
visto lui guardarti e piangere.
E’
la fine.
E’
la fine di tutto.
Hai
preferito avere vicino lui.
Sto
uscendo dall’aeroporto e sento su di me tutto il peso del dolore.
E’
come un enorme macigno che mi schiaccia al suolo.
All’improvviso
è davanti a me.
I
suoi capelli di seta nera nascondono i suoi occhi blu lucidi di pianto.
E
poi alza il viso.
Il
suo sguardo è pieno di odio e di dolore.
L’odio
è per me?
Ci
guardiamo senza dire nulla.
Poi
interrompo quel silenzio opprimente.
“Vieni
con me. Sto per rompere una promessa”
“Vieni
con me. Sto per rompere una promessa”
Cosa
significa?
Senza
dire più niente Sendo comincia a camminare.
Lo
seguo.
Voglio
sapere.
Camminiamo
per molto tempo, fianco a fianco.
Ogni
tanto sospira.
Alza
gli occhi al cielo.
China
la testa e sospira di nuovo.
Siamo
davanti ad un campo da basket fatiscente.
Lui
entra e si siede su una panchina di pietra.
Chiude
gli occhi e comincia a parlare.
“E’
stato qui che l’ho incontrato la prima volta. Avevo sette anni e lui
solo sei”
Fa
una pausa, come se ricordare gli richiedesse un grande sforzo.
“Io
mi stavo allenando. Ho
sempre amato il basket. Lui
mi guardava da dietro la recinzione, o meglio, guardava la palla che tenevo
in mano. La
guardava con odio. Lui
ha sempre odiato il basket. Lo
odiava perché suo padre era allenatore e lo trascurava. Eppure
siamo diventati amici a dispetto di tutto. Mi
è sempre stato vicino. E
io sono sempre stato vicino a lui. Quando
è morta sua madre. Quando
è morto suo padre. Tutte
le volte che una ragazza lo respingeva. Persino
quando si è accorto di amarti. Sono
sempre stato con lui. E
lui è sempre stato con me. Eppure,
nonostante la mia costante presenza, lui è sempre riuscito ad affrontare
tutto da solo. Anche
adesso, adesso che forse non tornerà mai più, non ha permesso a nessuno
di stargli accanto. Ha
deciso di affrontare il peggio da solo.
Ma
stavolta non lo permetterò, non me ne starò qui a guardare”Il
silenzio è calato di nuovo.
E’
incredibile quanto sia pesante il silenzio.
“Vuoi
dirmi cosa diavolo sta succedendo?”
Sono
stato io a urlare?
Era
mio quel grido pieno di rabbia?
Sendo
mi guarda incredulo.
Poi
sorride.
Un
sorriso triste.
E
ricomincia a parlare.
Sono
a New York.
Sono
seduto dentro ad un taxi che mi porterà presto alla mia destinazione.
Guardo
fuori senza vedere nient’altro che il suo viso.
“...
non ti amo più ...”
Adesso
so cosa si prova a uccidere sé stessi.
E’
la stessa sensazione che si prova quando si mente alla persona che
si ama di più.
Quanto
mi sono costate quelle parole.
Eppure
sono certo di aver preso la scelta giusta.
Non
voglio che soffra per me.
Non
voglio che mi veda morire.
E’
una prova troppo difficile per chiunque.
Ricordo
mia ancora mia madre in quel letto d’ospedale.
Non
ricordo quasi più nulla di lei, ma non potrò mai scordare
l’espressione che
aveva prima di morire.
Non
la scorderò mai.
Non
voglio che lui mi ricordi così.
Non
voglio.
Non
potevo permettere che si consumasse nel dolore di avermi perso.
E’
giusto così.
Mi
dimenticherà più in fretta.
Il
suo odio per me lo aiuterà.
Sto
correndo come un pazzo per le corsie di questo ospedale.
I
corridoi sembrano non finire mai, sembrano intrecciarsi fino a formare un
labirinto senza fine e senza uscita.
E’
come se tutto cercasse di ostacolare il mio percorso.
Eppure
devo trovarlo.
Devo
trovarlo assolutamente.
Devo
dirgli quanto lo amo.
Voglio
stargli accanto finché vivrà e se dovesse morire...
...
allora morirò con lui.
Il
mio cuore batte all’impazzata, i miei polmoni sembrano scoppiare, le
mie gambe sono sempre più deboli, ma io non mi arrenderò.Continuerò
a correre.
Devo
trovarlo.
All’improvviso
una visione.
E’
lui.
I
suoi splendidi capelli di fuoco contrastano col suo incarnato
insolitamente pallido
che sembra confondersi con la stanza completamente bianca.
I
suoi occhi sono chiusi.
Ho
paura.
Paura
che sia tutto finito.
Paura
di non sentire più la sua voce, le sue risate, le sue grida, i suoi
gemiti, i
suoi insulti, le sue imprecazioni.
Ho
paura di non sentire più su di me il suo respiro, le sue mani che mi accarezzano,
il suo corpo che mi scalda, il suo respiro che mi solletica la pelle.
Ho
paura.
Sono
terrorizzato.
Sto
morendo con lui.
Tutto
intorno a me è buio.
Completamente
e irrimediabilmente buio.
Eppure
una strana sensazione mi assale.
All’improvviso.
E’
come se Rukawa fosse qui accanto a me.
E’
come se riuscissi a percepire il suo sguardo, il suo respiro, la sua
anima, il
battere del suo cuore.
Apro
gli occhi a fatica e tutto diventa improvvisamente bianco.
C’è
troppa luce.
Sto
per richiudere gli occhi quando sento un sussurro.
“...
Hanamichi...”
Due
caldi occhi blu pieni di ansia mi stanno fissando.
Rukawa
Non
posso crederci.
Deve
essere un sogno, un’allucinazione dovuta ai farmaci.
Eppure
lui è qui, accanto a me, ed è reale.
“Ti
amo”
Mi
sento felice.
I
miei occhi si richiudono finalmente tranquilli.
CAP
3
I
suoi occhi si sono chiusi.
Mi
hanno guardato per un attimo.
Mi
ha sorriso.
Un
sorriso particolare, tutto per me.
Un
sorriso che solo io conosco.
Lo
regala solo a me.
E
poi ha richiuso gli occhi.
Ho
di nuovo paura.
Dio,
ti prego, non farlo morire.
Lui
è tutto quello che ho.
E’
tutto ciò che sono.
Non
voglio vivere senza di lui.
Non
posso.
Non
ci riesco.
Prendo
la sua mano fra le mie.
E’
fredda.
Il
panico mi assale.
Il
rumore improvviso della porta che si apre mi distoglie dai miei incubi.
“Lei
chi è? Cosa ci fa qui?”
Un
medico dai capelli grigi mi fissa con aria interrogativa e accusatoria, ma
dopo avermi osservato per un po’ mi chiede con tono pacato: “E’
un suo amico?”
Non
so cosa rispondere.
Si
invece, lo so.
“E’
tutto ciò che ho”
Il
dolore mi guarda con compassione.
“Deve
lasciarlo adesso. L’operazione durerà almeno 12 ore, ma può aspettare
qui se vuole”
Nel
mio sguardo ritorna un barlume di quella speranza che credevo ormai
persa.
“Grazie”
Non
ho più parole.
Questa
è tutto ciò che rimane.
E’
come se le parole fossero andate perse o fossero state cacciate in un
angolo remoto del mio cervello. Ora
tutto ciò che mi mantiene in vita è la speranza, una speranza che risiede
in quella persona che rappresenta l’amore.
E’
di nuovo buio.
Stavolta
non ho paura.
So
per chi devo lottare.
So
per chi devo vivere.
Ora
sono sicuro.
In
quest’eternità fatta di attimi, in quest’attimo fatto d’eternità, so
che qualcuno mi sta aspettando.
So
che ci sarà qualcuno accanto a me quando mi sveglierò.
So
che ci sarà lui.
So
che sono amato a dispetto di tutto quello che ho detto e fatto.
So
che sono importante.
So
che sono atteso.
Non
lo deluderò.
Ritornerò
da te Rukawa.
A
qualsiasi costo, ritornerò da te.
L’attesa
è stata lunga.
Non
ho chiuso occhio.
Guardavo
i secondi che scorrevano pigri, cavalcando le lancette dell’orologio.
E
dopo i secondi i minuti, dopo i minuti le ore, ore che sembravano moltiplicarsi
all’infinito.
All’improvviso
il dottore entra nella stanza e mi guarda con un’aria strana.
Temo
il peggio.
Mi
fa cenno di seguirlo.
Attraversiamo
una serie di corridoi con delle vetrate ai lati.
E’
notte fonda e la luna piena rende l’atmosfera irreale.
Ci
fermiamo davanti ad una porta.
Il
mio cuore batte all’impazzata, mi sembra quasi che mi stia esplodendo nel
petto.
Mi
faccio forza ed entro nella stanza.
La
camera è immersa nella penombra.
Hanamichi
è disteso sul letto.
La
testa inclinata.
Il
volto pallido.
Alcune
ciocche di capelli minuziosamente abbandonate sulla fronte.
Gli
occhi chiusi.
La
bocca sembra aperta ad un tiepido sorriso.
Le
braccia adagiate mollemente lungo i fianchi.
E’
come vivere contemporaneamente un sogno ed un incubo.
Gli
sfioro la mano con le dita.
E’
ancora fredda.
Di
nuovo la disperazione mi assale.
Mi
siedo su una poltroncina al lato del letto, prendo la sua grande e fragile
mano
fra le mie e faccio qualcosa che non avrei mai pensato di fare.
Appoggio
la fronte su quella mano stretta fra le mie e comincio a pregare.
Una
preghiera disperata, la preghiera di chi sta per perdere tutto ciò che
ha.
C’è
una luce in lontananza.
Una
luce blu, ma incredibilmente calda.
Sento
che qualcosa mi avvolge.
E’
come una calda coperta nelle fredde notti d’inverno, come
una doccia fredda nelle calde mattine d’estate, come
una mano che ti afferra quando stai per precipitare nel vuoto.Si,
è una mano.
Una
mano che stringe la mia.
Apro
lentamente gli occhi.
Rukawa
Rukawa
è accanto a me.
I
suoi capelli illuminati dai raggi argentei della luna.
La
luna.
E’
enorme e sembra irrompere con prepotenza nella stanza.
Rukawa
è accanto a me.
Lo
chiamo, ma la mia voce è silenzio.
Gli
stringo la mano e lui alza la testa di scatto, come
se avesse ricevuto uno schiaffo.
“Hana...
Hanamichi...”
I
nostri sguardi finalmente s’incontrano di nuovo.
Attorno
a noi adesso c’è solo il silenzio.
Un
silenzio interrotto solo dal battere dei nostri cuori.
Non
c’è silenzio più bello.
Il
silenzio è uno dei misteri dell’amore, perché fra due cuori che si
amano non
occorrono parole.
Si
avvicina a me con gli occhi pieni di lacrime e mi bacia.
E’
un bacio salato, eppure è il più dolce che ci siamo mai scambiati.
“Sei
qui”
Non
riesco ancora a crederci.
“Si,
sono qui accanto a te. Ti amo
Hana-chan. Ti prego, non lasciarmi mai
più”
Mi
stringe forte a sé.
Ora
so com’è il Paradiso.
Il
Paradiso.
Questo
è sicuramente il Paradiso.
Il
mio do’aho è qui, con me, e sta bene.
“Sei
qui”
“Si,
sono qui accanto a te. Ti amo Hana-chan. Ti prego, non lasciarmi mai
più”
Lo
stringo forte e lo sento finalmente mio.
“Ti
amo anch’io”
Un
sussurro tra le lacrime.
Un
sussurro che spalanca le porte del mio cuore.
Non
voglio più barriere fra di noi.
“Ho
avuto paura di perderti per sempre. Promettimi che d’ora in poi affronteremo
tutto insieme. Non ci sarà più un ‘tu’ o un ‘io’, d’ora in
avanti ci
sarà solo un noi”
Lui
mi guarda negli occhi...
“Perdonami.
Non volevo che affrontassi il dolore di vedermi morire. Volevo
solo proteggerti”
“Lo
so, ma ricorda che preferisco vivere con te nel dolore che vivere senza di
te”
Stavolta
è lui che mi bacia.
Un
bacio carico di promesse.
“E’
strano sai. Anche nei momenti in cui avevo più paura, ero confortato dal
fatto che una parte di me avrebbe vissuto per sempre in te”
Com’è
dolce il mio do’aho.
Mi
fa sentire come non mi sono mai sentito.
Importante.
Necessario.
Amato.
“L’unica
cosa importante quando ce ne andremo saranno le tracce d’amore che
avremo lasciato e anche quando uno di noi non ci sarà più, l’uno
continuerà a
vivere nell’amore dell’altro”
Oh
Hanamichi, queste tue parole hanno risvegliato in me sentimenti ed
emozioni ancora
sepolte dentro di me.
Sei
la cosa più bella che mi sia mai capitata.
Ora
sono sicuro che l’amore vero esiste e che noi due staremo insieme per
sempre.
“Chiunque
ama, crede nell’impossibile”
E.B.Browning
OWARI
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