L’idea per questa fic mi è venuta grazie ad una bellissima storia di Gerald Tarrant, pubblicata sul sito “Erika fanfiction page”. Non ho plagiato nessuno e i personaggi appartengono a Kyoko Tsukiya e Takehito Koyasu.

(Ringraziamenti a Tomokazu Seki per la sua stupenda voce, che ha accompagnato la stesura di questa fanfic)



 


Schwarz und Weiss

di Kai Harn


 

Sono passati i giorni delle battaglie. Weiss e Schwarz non si affrontano più in lotte sanguinose. Da quella notte, tutto sembra tranquillo, e la vita scorre serena.

Ma che succede, nelle lunghe ore in cui Tokyo dorme? Che cosa fanno i suoi abitanti?

Dormono anch’essi, sognando, o vegliano, presi da chissà quale inquietudine?

 

 

CAPITOLO 1: Schwarz

 

In un grande appartamento in centro, Bradley Crawford non trova sonno. Poco prima qualcuno è uscito dalla sua camera, sbattendo pesantemente la porta.

Un velo d’imprecazioni in tedesco risuona ancora nelle orecchie di Crawford, ma egli non è per niente spaventato. Sa che lui tornerà. Torna sempre, perché essi non possono stare a lungo divisi. Diversi, come il fuoco e l’acqua, ma tuttavia profondamente legati.

Che importa l’aver visto per anni fiumi di sangue, se possono vivere insieme? L’essere assassini, l’aver saggiato il dolore umano, non ha potuto impedirgli di creare quel forte legame che resiste ancor ora che Takatori e quei tre che lo comandavano sono morti. Compagni di battaglia nelle esperienze passate, compagni di vita in quelle presenti.

Crawford si alza dal giaciglio ed attende il ritorno dell’amante.

 

Nella stanza accanto Nagi s’assopisce. E’ stanco, ha passato le ultime ore ad esercitarsi, nell’intento di affinare i propri poteri. L’essere esper implica anche un continuo esercizio, e lui lo sa perfettamente. Ora però vuole solo dormire. E poi…domani……..

Domani vedrà Tot, la sua dolce Tot.

Tot, nome funereo, sgradevole da pronunciarsi, tagliente come un soffio gelido.

Ha provato a chiamarla col suo vero nome…Nanami……..ma lei non vuole. Sostiene che Tot è più bello, perché a darglielo è stato papà Masafumi.

Nagi sorride felice. Un sorriso di bambino che forse nessuno, ha mai veramente visto sul suo volto.

Sui vetri si riflette pallida e serena la luna, accarezzando dolcemente il viso di Nagi, l’adolescente cresciuto troppo in fretta che dorme un sonno tranquillo, sognando un piccolo coniglio bianco.

 

 

Farfarello dorme sonni angosciosi. Vede ovunque mani protese su di lui. Lame, pistole, membra tagliate. Ode grida di dolore, si sente brancolare nel buio. Cerca di correre ma non può fermarsi e si sveglia di colpo, sudato ed urlante.

Le sedute d’ipnosi e psicoterapia cui lo sottopone Crawford hanno su di lui quell’effetto. Di giorno è sereno, forse sin troppo; è la notte ad essere il momento peggiore.

Crawford lo aveva avvertito che, nei primi tempi, in qualche modo il passato sarebbe ritornato.

“Si tratta solo di aspettare” ha detto, quando sono cominciate le lunghe e faticose sedute.

Da più di un mese esse si susseguono e Farfarello stringe i denti.

Attende, perché sa che le sue turbe mentali, peggiorate negli ultimi anni, sono ormai troppo pericolose, per se e per gli altri.

Ansimando per la tensione, si rimette a dormire, sperando che la notte ceda presto il passo al giorno.

 

 

Schuldich cammina furioso per le strade buie. Ha litigato con Crawford, ed ora non ne ricorda neppure la ragione. Uno scoppio d’ira incontrollato, parole pesanti che si susseguivano, sino a che lui non ha afferrato la sua giacca ed è uscito, senza una meta, per  sfogare la rabbia indicibile che si è impadronita di lui.

Non sa cosa fare. Vorrebbe tornare indietro, ma un moto d’orgoglio lo frena. Se Brad è stato così acido per una stupidaggine, che lo aspetti pure.

Lui ora vuole distrarsi, ma è incerto sul da farsi. Vagare non gli piace, e neanche girare in macchina da solo, senza un motivo.

Si ferma un attimo a respirare l’aria fresca della notte, e il suo pensiero corre a Crawford.

Di certo sarà ancora sveglio, come dopo ogni loro litigio.

 

Schuldich sorride e guarda l’orologio. E’ tardi, cammina da ore, ed è stanco.

Meglio tornare indietro…….non ha senso serbare rancore per un futile motivo.

Il suo…..come definirlo? Koibito*?  Si, quello è il termine adatto a definire il gelido americano. Una parola giapponese dal significato più che eloquente.

Il suo koibito lo starà aspettando. Dunque, la decisione è presa e Schuldich ora corre velocemente verso casa.

Nessuno lo accoglie. Tutte le luci sono spente. Pian piano apre la porta della loro camera. Brad è li, affacciato alla finestra. Non si volta ed ostenta indifferenza, sa cosa accadrà.

“Mi dispiace”.

La piccola, attesa, frase di Schuldich rompe il silenzio tombale della stanza. Crawford si gira sorridendo verso il suo uomo.

Il tedesco lo abbraccia, col cuore gonfio.

Ormai il litigio sembra lontano….la sua durata è stata effimera, breve, neppure lo spazio di un’intera notte.

Schuldich sfiora le labbra del compagno, e chiude gli occhi………………..

 

 

·        koibito: equivalente di “lover”.

 

 

CAPITOLO 2: Weiss

 

Lontano, in un piccolo negozio di fiori…..

Stanotte non c’è riposo per Omi. Trascorrerà l’intera notte dinanzi al computer, impegnato in una difficile indagine. Sta quasi per cedere al sonno, ma cerca di resistere. Solo lui è in grado di infiltrarsi abilmente in qualsiasi terminale, e non può abbandonare il lavoro.

Da quando si è conclusa l’ultima, terribile battaglia contro gli Schwarz, il tempo è passato, e tanti cambiamenti sono avvenuti.

Omi non si chiede più quale sia il suo passato, perché ormai non gli importa.

Tutto ciò che vuole è qui, accanto a lui, tanto vicino e presente, da sembrar quasi incredibile.

Mentre lavora febbrilmente, si ferma un istante. Una mano gli porge una tazza di caffè.

Omi sorride alla sagoma oscura che si avvicina nell’ombra e non può fare a meno di mormorare dolcemente

“non hai sonno?”.

“Volevo aspettarti”.

Il piccolo hacker regala un altro sorriso al compagno ed afferra la bevanda bollente.

 

 

La lucida guaina d’una katana brilla nell’ombra.

Aya, silenzioso come sempre, spegne il televisore, e lascia la stanza.

Come ogni notte, si reca in quella vicina ed apre pian piano la porta.

Lei è li, profondamente addormentata, il viso sereno, una mano sotto il cuscino.

Aya la osserva. Quella fragile ragazzina è stata il suo mondo per due lunghi anni. Per lei è divenuto un assassino senza morale, odiando e disprezzando, chiudendo il cuore persino ai compagni di sventura.

Ritrovata l’amata sorella, Aya è tornato alla luce.

 Ora vive ricambiando pienamente l’affetto altrui, col cuore aperto; sembra lontano il tempo in cui rifiutava la dolce Sakura, persuaso di non poter dare ne ricevere amore.

Adesso, lasciato il passato alle spalle, Aya sente che solo una cosa è importante: sentirsi vivo.

 

Pochi passi lontano, qualcun altro veglia.

Simile ad un semidio greco, Yoji posa il corpo nudo sul letto, accendendo l’ennesima sigaretta.

Non ama dormire, e concede poco tempo al sonno.

Solo lo stretto indispensabile, quanto basta per mantenere la lucidità durante il giorno.

Anni prima aveva trovato piacevole poltrire pigramente a letto, rimandando il più possibile il momento del risveglio. Sapeva che, se avesse tardato a lasciare il giaciglio, una voce squillante lo avrebbe chiamato, esortandolo a non impigrirsi.

“Sveglia!!”.

Gli sembra quasi di udire Asuka, in piedi, pronta a tirargli via le coperte.

Asuka……colpita dalle stesse mani che avrebbero voluto regalarle un abbraccio. Uccisa da Yoji stesso per cancellare la spietata Nei, killer plasmata dalle ceneri della sua amata.

Yoji ha cercato di dimenticare, sino a che, nei suoi ricordi, sbiadito il dolore, un solo volto è rimasto.

Non quello di Nei.

Ma quello della donna che ha davvero amato.

 

Ken, nel sotterraneo, cerca di rimanere sveglio.

Si è accoccolato sul divano e, semidisteso, lotta col sonno. Si è proposto di attendere che Omi concluda il suo lavoro, e si è sistemato li, poco lontano da lui.

Nonostante la penombra, riesce a vederlo bene. Nel buio, la luce bianca del computer illumina i contorni della figura che lavora incessantemente da ore.

L’ora è tarda, la stanchezza incombe.

Ken cede e si assopisce leggermente. Nel dormiveglia, sente un calore improvviso. Quando apre gli occhi, vede una coperta su di se, ed una testina castana china su di lui.

“Scusa, dormivi…….” dice una voce sottile.

“Non ti preoccupare…..”.

“Stupido…se sei stanco riposa….”.

Omi lo rimprovera con voce scherzosa, e si accomoda sotto la coperta, poggiando la testa sulla spalla del compagno.

“Buonanotte”, mormora piano Ken, sfiorando il volto di Omi con una mano.

“<Buonanotte, mio piccolo angelo>” ripete, prima di addormentarsi.

Come sempre, l’ultimo suo pensiero è per quel ragazzino dagli occhi blu, che rende luminose le sue giornate.

All’alba, Omi apre gli occhi. Gli accade spesso, perché ha paura che lui non ci sia più.

Ken però è ancora lì, con il corpo appoggiato al suo.

Omi allora richiude gli occhi, abbandonandosi nuovamente al sonno…

 





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