Parte IX
Capitolo 14
1990, ospedale di
Shinjuku, distretto Kabukicho, Tokyo
Subaru bussò dolcemente alla porta
della stanza 203 dove era indicato il nome Seishiro Sakurazuka, gli rispose
una voce femminile e credendo fosse un’infermiera entrò assieme ad Hokuto e
alla scatola dei dolci di Mister Doughnuts, ma non trovò Seishiro. Una donna
bionda vestita di chiaro stava risistemando i vestiti dell’ammalato, ma non
era un’infermiera. Si girò verso di loro e gli sorrise calorosamente. Il
primo pensiero che Subaru formulò fu che era incredibilmente bella e che
quel sorriso lo conosceva già. Sul letto un bambino moro stava leggendo un
libro, la cartella di scuola era gettata confusamente sulla coperta.
- Buonasera, Subaru-san- disse
garbatamente il bambino riconoscendolo.
- Ah, e così tu sei Subaru?!- esclamò
la donna venendogli incontro- Seishiro fa un gran parlare di te…in positivo,
s’intende! E la signorina è tua sorella? Vi assomigliate molto!- Subaru
annuì appena perché cercava di capire chi fosse quella donna e lei lo
dovette notare- Oh, giusto, non mi sono presentata, Monou Saya e quella
peste lì è mio figlio Fuma, ma vi conoscete già?-
- Si, mamma, di ritorno dalla colonia
al mare- rispose il bambino- Sono Angel Cream, vero? Io li adoro, posso
mangiarne uno mamma?-
- Fuma-chan, Subaru-san non li ha mica
comprati per te!- lo rimproverò bonariamente la donna.
- Oh, ma non ci sono problemi.
Seishiro-san mi ha mandato a prenderli- rispose lesto il ragazzo adagiando
la scatola sul letto e aprendola- Prendi quello che vuoi, Fuma-kun!-
- Ma quanto sei carino!- squittì
euforica Hokuto- Subaru me lo aveva detto che eri un amore, ma tu pensa un
piccolo Seishiro in miniatura!-
- Io non sono la miniatura proprio di
nessuno!- si risentì il bambino addentando il suo dolce preferito.
- A proposito di Seishiro…- si chiese
ad alta voce Subaru.
- Prima è venuta la polizia per la
storia di quella povera donna. Seishiro mi ha detto che ha un bambino malato
della stessa età del nostro Fuma. Oh, cielo, che disgrazia, cosa ne sarà di
lui ora? Per questo Seishiro ha voluto lasciar stare, quel bambino finirà in
istituto se sua madre va in galera. Ora credo che sia su in terrazza a
fumare una sigaretta, eh eh, sempre il solito! Noi gli faremo una bella
sorpresa quando tornerà alla chetichella!-
Infatti, Seishiro rientrò poco dopo
scivolando di soppiatto nella stanza e si ritrovò davanti tutta quella
gente.
- Sorpresa!- rise contenta Saya
davanti alla sua faccia inebetita- Te la sei filata per fumare, eh? Vieni i
tuoi amici hanno portato i dolci, anche se un certo signorino ha già
iniziato a banchettare!-
- Saya-chan, sei venuta, mi fa
piacere. Signorino non vieni a salutare il tuo papà?!-
Fuma rimase immobile sul letto, con il
boccone incerto se andare giù, a fissare quella benda che avvolgeva l’occhio
sinistro di suo padre. Allora Seishiro lo raggiunse a grandi passi e iniziò
a riempirlo di baci come al solito.
- Seishiro, mettiti a letto!- gli
disse perentoria ma con il solito sorriso la donna.
- Agli ordini! Sembra bella e buona,
ma è una vera tiranna, Subaru-kun!-
Subaru si limitò ad annuire. Quella
era la donna con cui Seishiro aveva un figlio? Quella donna così bella e
gentile? Si sentì ancora più a disagio del solito davanti al suo sorriso.
- Scemo, dimmi piuttosto cosa ti ha
detto il dottore-
- Oh, nulla, Saya-chan! Che vuoi che
dica! Per me va benissimo così, in fondo è stata una mia libera scelta.
Preferisco così, guarda quanta gente c’è al mio capezzale! Meglio a me che a
Subaru-kun!-
Subaru cambiò colore e Saya con Hokuto
si scambiarono uno sguardo interrogativo. Solo Fuma sembrava non averci
capito molto.
- Fuma, tesoro mio, perché mi fissi
con questi occhioni sbarrati? Non ti piace papà tutto bendato?! Non sembrò
l’uomo mummia?!-
- Quando ti tolgono la benda, papà?-
- Non so…presto!-
- E poi torni come prima?- Seishiro
sollevò lo sguardo sulla madre che scosse il capo veementemente.
- No, Fuma, non torno come prima.
Quando quella signora mi ha colpito ha ferito il mio occhio in maniera che
non possa guarire-
- In poche parole, passerotto,
l’occhio di papà è cieco, non ci vede più!-
- Cieco, mamma? Non ci vede più mai
più?-
- Esattamente, però c’è ancora l’altro
che è sano-
- E’ per questo che abbiamo due occhi,
due gambe, due polmoni, se succede qualcosa ad uno l’altro può funzionare
bene anche da solo. Forse sarò un po’ buffo con un occhio solo, come Capitan
Uncino!-
Fuma voltava la testa da un genitore
all’altro per cercare di seguire il loro ragionamento ma tutto quello che
capiva era che qualcuno aveva fatto male al suo papà.
- Ma perché quella signora ti ha fatto
questo? Era arrabbiata con te? Sei stato cattivo?-
- No, amore mio, solo era molto
addolorata perché il suo bambino è ammalato e voleva aiutarlo a tutti costi.
Non sapeva quello che faceva-
- Ma tu che c’entri con il suo
bambino? Tu non sei un dottore!-
- Fuma-kun, ascolta- intervenne Subaru
ad un tratto- Tuo padre ha fatto scudo con il suo corpo a me. Quella signora
era me che voleva colpire!-
- No, non è vero!- singhiozzò il
bambino aggrappandosi alla giacca del pigiama del padre- Non è giusto!
Cattivo, perché hai fatto arrabbiare quella signora, che colpa ne ha il mio
papà?!-
- Mi dispiace!- rispose mortificato
Sumeragi.
- Non ti preoccupare- gli sussurrò in
un orecchio Saya- Fuma-chan è molto legato al padre, fra un po’ gli passa-
Intanto il bambino cercava di
soffocare i singhiozzi sul petto del padre che lo stringeva forte a sé
facendolo sedere sulle sue ginocchia.
- Fuma, non fare così, non ti sopporto
quando frigni. Se non importa a me perché ne devi farne una tragedia tu?!-
- Papà, prendi il mio di occhio!-
- Ma che dici? Gli organi si
trapiantano solo dalle persone morte, sciocchino!-
- Allora quando sono morto, tu prendi
il mio occhio!-
- Ora basta!- tuonò a quel punto il
padre innervosendosi- Basta dire sciocchezze! E’ inutile che piangi e ti
disperi, quello che è successo non si cambia!-
Naturalmente quelle parole dure
servirono solo a farlo piangere più forte. Saya lo prese in braccio cercando
di calmarlo un po’. Seishiro si alzò a sua volta da letto.
- Dallo a me!- ordinò, al che la donna
lo fissò come una leonessa che protegge il suo piccolo.
- L’hai fatto piangere abbastanza!-
Fuma però voleva il suo papà e
Seishiro lo prese in braccio tenendogli una mano protettivamente sul capo
abbandonato sulla sua spalla .
- Non piangere più, angioletto, non
piangere per favore!-
Uscì per il corridoio percorrendolo in
su e in giù per un po’. Dopo una decina di minuti lo raggiunse Subaru con
una aria da cane bastonato.
- Ora dorme!- lo informò Seishiro.
- Perdonami, Seishiro, ho fatto
piangere tuo figlio, io…-
- Ancora? Ma Subaru-kun tu che
c’entri? E’ un problema tra me e mio figlio! Sono io che devo pensare a non
dargli dolori, a proteggerlo, sono io suo padre-
- Sei un padre meraviglioso!-
- No, per niente!- L’uomo riabbassò il
capo a baciare una guancia del bambino che riposava abbandonato fra le sue
braccia e riprese a camminare lungo il corridoio.
Era passata già una settimana dal loro rientro a Kyoto e di
Fuma, neanche a dirlo, nessuna notizia. Seishiro parlava poco e sospirava
tanto ed era diventato iperprotettivo nei confronti di Subaru, lo
accompagnava a lavoro, a fare la spesa, addirittura a trovare Hokuto e
Kakyou. Si sentiva come rintronato, confuso, come se una mattina si fosse
svegliato da un brutto incubo e non riuscisse a dimenticarlo. Il brutto
incubo non era altro che la sua vita dai 15 ai 34 anni, ovvero tutto il
tempo al servizio del Sakura. Tutti quei sentimenti che per anni aveva finto
di provare o aveva imitato ora si riversavano nel suo cuore con drammatica
autenticità e lo spaventavano. Era terrorizzato dall’idea di perdere Subaru,
memore, certo, del modo freddo e distaccato con cui suo figlio lo aveva
liquidato. Tutte le notti si ritrovava a pensare a quel ramo del Sakura che
lo aveva colpito in pieno viso e alle bende che ricoprivano il suo viso così
regolare, gli tornavano alla mente le parole e le lacrime che suo figlio
aveva versato quando lui aveva perso l’occhio sinistro e tremando ne capiva,
ora, il dolore e lo sgomento. Era impotente e detestava sentirsi così
vulnerabile.
Una mattina di maggio
il telefonò suonò presto a casa Sakurazuka e Subaru fu felice di aver
risposto prima del suo amore. Si vestì e lo spedì di corsa in ambulatorio,
prima del solito. Per tutta la mattina fu indaffarato in casa a spolverare e
a riassettare. Verso mezzogiorno suonarono alla porta e corse ad aprire.
- Ciao!- gli disse
vedendo il suo attesissimo ospite- Entra!- Aveva preparato quel "ciao" per
tutta la mattina perché suonasse sincero e gioioso.
- Nervosetto?- gli
domandò il ragazzo più alto mentre si toglieva le scarpe- Perché poi non è
casa mia questa?-
- Sei insopportabile,
oltre che impossibile!- si lamentò Sumeragi introducendolo in salotto.
- Avete spostato il
tavolo!- notò Fuma posando il suo borsone a terra. Finalmente Subaru
riusciva a vederlo bene, sembrava ancora più alto del solito, le spalle
larghe, la pelle anche un po’ abbronzata. Aveva tagliato i capelli e gli
occhiali da vista in parte nascondevano la cicatrice che come il solco di un
ghiacciaio scendeva dalla fronte sull’attaccatura del naso, dando a quel
volto da eterno ragazzo un espressione a tratti dura a tratti più matura.
Indossava quei pantaloni grigi di Armani, che aveva giurato di non mettere
mai e suo padre aveva comprato lo stesso, e una camicia azzurrina con le
maniche arrotolate. Forse solo il giorno della cerimonia di consegna dei
diplomi lo aveva visto così elegante.
- Sei un bijou! Come
mai così in tiro?-
- Avevo dei giri da
fare prima di venire qui e non potevo presentarmi in jeans. Vorrei farmi una
doccia ma prima mangerei qualcosa. Ho fatto colazione presto prima di
partire da Tokyo-
- Vieni, prendiamoci
un tè!-
Si sederono in cucina
con due tazze di tè non troppo bollente parlando di tutti i cambiamenti
della casa. Seishiro aveva spostato quasi tutti i mobili.
- Ti trovo bene, hai
un bell’aspetto. Come ti senti, dentro?-
- Va bene, credimi, il
peggio è passato. Papà come sta?-
- Nervoso, insicuro,
iperprotettivo-
- Capisco! Io devo
riuscire verso le quattro, così forse è il caso che vada a parlarci adesso-
Subaru gli sfiorò una
guancia annuendo proprio nel momento in cui Seishiro entrava in cucina.
Onestamente fece fatica a riconoscerlo. Non poteva essere suo figlio, il suo
bambino, quell’uomo alto dalle spalle larghe, così ben abbigliato, con quel
viso da persona navigata!
- Fuma?- chiese
appena. Questi si voltò e gli sorrise calorosamente, il sorriso di sua
madre.
- Papà!- non servì
altro per far scendere due lacrime sul viso di quell’uomo che in vita sua
non aveva mai pianto. Lo aveva chiamato "papà", nonostante tutto quel
silenzio e quello che era accaduto, lo aveva chiamato papà!
- Oh, cielo! Ti metti
a fare il sentimentale?!- lo abbracciò forte premendo la guancia contro
quella del padre inumidita dal salato liquido- Non sei contento? Sono
tornato a casa-
- Ma si certo,
contentissimo! Sei così elegante che quasi non ti riconoscevo!-
- Forza e coraggio, il
peggio è passato. Goditi la tua eterna luna di miele, a tutto il resto, ora,
ci penserò io!- Il figlio gli scioccò un bacio sulla guancia.
Seishiro lo fissò a
lungo negli occhi, non sembrava più lui eppure non poteva dire che fosse
un’altra persona. Era cresciuto, era diventato un uomo, null’altro. Gli
sfilò gli occhiali e baciò la cicatrice.
- Kamui dice che ora
sono ancora più affascinante, sembro uno yakuza!-
- Ma io dico, un bel
ragazzo come te, ma che ci trovi in quel bambolotto? Ne puoi avere a palate
di uomini! Vuoi che papà te ne trovi uno?-
- No, no, Kamui-chan,
va benissimo!-
- Argh!- Seishiro gli
passò un braccio sulle spalle- E smettila di crescere!- Scoppiarono tutti a
ridere di gusto.
Nel pomeriggio, Fuma
si recò al santuario Yasaka, comunemente conosciuto come il santuario Gion
dal nome della festa che vi si celebra in occasione della fioritura dei
ciliegi. Nessun posto poteva essere migliore. Suonò la campana e pregò
alcuni minuti davanti all’altare d’ingresso, poi entrò. Senza essere notato
dai monaci, attraversò le stanze per arrivare a quella che cercava. Una
porta scorrevole in carta di riso, apparentemente un ripostiglio, entrò con
circospezione e si trovò davanti ad un’altra porta, nascosta da un tendaggio
polveroso, ben più preziosa. Realizzata in bronzo con decorazioni dorate
riportava più volte gli ideogrammi "sapienza" e "conoscenza". Naturalmente
un incantesimo la teneva ben chiusa. Il ragazzo ci penso per un po’.
- Maledetta vecchia,
prima mi dice che la libreria è a mia disposizione e poi la sigilla con un
incantesimo! E ora che faccio?- Chiuse gli occhi e si concentrò per un
incantesimo che conosceva solo attraverso il ricordo di quello che aveva
visto fare agli sciamani che aveva spiato in quegli ultimi tempi. Prese un
quaderno dallo zaino che aveva appoggiato a terra e strappò una pagina,
tratteggiò un segno con una biro e la carta prese corpo e forma di un felino
che attraversò la barriera e la porta si aprì.
- Non molto ortodosso,
ma funziona!-
Rimase a bocca aperta
notando la quantità impressionante di volumi che si accatastavano ovunque.
Sugli scaffali, sui tavoli, per terra. Tutto era ingombro da carte e libri.
- Ci vorrà una vita a
consultarli tutti!!- sbuffò il ragazzo prendendone uno a caso- Invecchierò
qui dentro!-
Pian piano scoprì che
la biblioteca era un vero labirinto sotterraneo che poteva contenere
migliaia di volumi. I libri erano raggruppati per ampi campi come
"astrologia" oppure "medicina cinese" o ancora "preghiere per i defunti".
Con uno sbadiglio,
Fuma riemerse dalla lettura di un testo del XV secolo sull’influenza degli
spiriti nella vita quotidiana. Non aveva idea di che ora fosse ma doveva
essere ora di cena dando retta al suo stomaco borbottante. Chiuse il libro.
Qualcosa di utile lo aveva trovato ma non abbastanza per risolvere il suo
principale problema: il Sakura. Ma perché i suoi antenati non avevano
lasciato un vandemecum per il perfetto Sakurazukamori? Certo non si
era spettato di trovare tutte le risposte in una volta né di riuscire a
districarsi tra i misteri dell’onmyoujigetsu …Inciampò in un grosso volume
rilegato in pelle e fini a faccia avanti tra le pagine di un testo
intitolato "Kanroku" come un monaco vissuto nel V secolo che aveva scritto
di arti sciamaniche per un’imperatrice del tempo.(Grazie a Natalie Bann "Sakura
e Snow" capitolo 10) Dalla biblioteca imperiale a Tokyo aveva scoperto che
era un testo perduto e invece eccolo lì, ci aveva appena sbattuto il naso.
Aveva fiuto per certe cose! Lo raccolse e lo sfogliò: diagrammi, scritte in
antichi ideogrammi cinesi, disegni, che incubo! L’altro volume, quello che
lo aveva fatto cadere, invece era un testo moderno di arti occulte, pieno di
annotazioni ai margini. Ci dovevano aver studiato in molti, lì sopra.
Purtroppo era troppo grande per essere trasportato fuori senza dare
nell’occhio. Preferì mettere nello zaino il "Kanroku" e quell’altro volume
sulla vita a corte dell’ imperatore nel periodo Henian (dalla fine del VIII
al XII secolo d.C. circa) in cui si parlava diffusamente del giardino di
ciliegi tanto caro al sovrano. Magari saltava fuori qualcosa sul suo
Ciliegio! Uscendo l’occhio gli cadde su un taccuino di pelle nero dalle
pagine ingiallite, sulla prima pagina si leggeva "1945 Kyoto, appunti di
Arisu". Questa si che era fortuna, gli appunti della nonna Sumeragi ai tempi
della guerra, ecco qualcosa di utile! Uscito dalla biblioteca e dal tempio,
lo accolse un cielo stellato nella calma che regnava nel parco intorno al
santuario. Aspettò dieci minuti che passasse l’autobus che lo avrebbe
portato a casa. Trovato un posto vuoto, aprì di nuovo il taccuino e lesse
con interesse quell’esile e minuta calligrafia d’altri tempi. Una
prosa asciutta e magra, come ci si poteva aspettare da una donna tanto
severa, che lasciava trasparire una certa angoscia dovuta alla guerra e alla
giovane età. Appunti su nuovi incantesimi appresi, su libri letti o che
andavano letti. Un prezioso susseguirsi di consigli che avevano formato la
donna che aveva conosciuto. Arrivò al capolinea senza accorgersene e fece a
piedi il tratto che lo separava da casa, sempre con il naso nel quaderno. A
casa erano già a tavola, l’orologio batteva le otto e venti.
- Scusate il ritardo,
ero in biblioteca e non mi sono accorto che era tardi!- si sedé ma non
riuscì a non pensare a quell’enorme biblioteca nascosta, che nessuno da anni
visitava e alla quale aveva libero accesso, si sentiva euforico. A scuola se
la cavava in tutte le materie, senza preferirne una in particolare e aveva
pensato di frequentare la facoltà di legge perché permetteva di accedere ad
un lavoro remunerativo, ma ora si sentiva come folgorato dalla possibilità
di studiare quei testi antichi, gli antichi riti, la saggezza dei suoi avi.
Che fosse colpa o meno del Sakura non gli interessava. Pensosamente si portò
una mano sulla fronte.
- Ancora mal di testa,
Fuma-kun?- chiese Subaru premurosamente.
- Come? Ah, no, stavo
solo pensando-
- Meglio così! I
dottori hanno capito da cosa dipendevano quei dolori così forti?-
- No! Dicono che la
botta in testa non c’entra nulla e dalla TAC non è risultato niente- Fuma
scrollò le spalle e continuò a mangiare.
- Si tratta di un "Sakanagi"-
intervenne suo padre gravemente- Karma che ritorna in forma negativa sotto
forma di punizione-
- Seishiro ma non può
essere, Fuma-kun non è uno sciamano!- Mentre terminava la frase, Sumeragi si
rese conto che invece poteva essere benissimo.
- Dimmi solo se tu lo
vedi…il Sakura maestoso- chiese Seishiro evitando di guardare il figlio
negli occhi.
- Si- rispose
titubante il ragazzo dopo un breve silenzio- Ma non mi va di parlarne e poi,
come ti ho già detto, non è più un problema tuo- Seishiro lo guardò
preoccupato- Sta tranquillo, non sono un incosciente, non me ne vado per
strada a recitare sutra invertiti o cose del genere, solo vorrei avere delle
risposte ed è per questo che ho deciso di seguire i corsi di Letteratura
giapponese ed Esegesi delle fonti antiche-
- Vuoi seguire la
carriera accademica?- chiese Subaru.
- Non sei d’accordo,
papà?-
- No, figurati, fa
quello che ti piace di più, non badare a me!-
- Allora è deciso!-
esultò Fuma.
- Ti ho lasciato un
regalino in camera tua- disse suo padre alzandosi da tavola- Per festeggiare
il tuo ritorno ho preso una torta al cioccolato!-
Salito in camera, Fuma
trovò il regalo di cui suo padre aveva parlato. Una scatola in legno di
ciliegio e mogano e un quaderno rosso stretto con un nastro bianco. La
scatolina rettangolare conteneva carta, pennello e una boccetta di
inchiostro. Era un astuccio per sciamani, quello che Seishiro doveva aver
usato per anni a giudicare dai graffi sul coperchio. Sciolse il nastro
intorno al quaderno e sfiorò le pagine gialle e fragili riempite di scritte
in diverse calligrafie, molte persone doveva avervi messo mano. Ogni pagina
riportava il timbro in filigrana di una antica cartiera che sorgeva presso
il tempio di Ise. Le ultime annotazioni erano riportate proprio da Seishiro.
- E così il vademecum del
perfetto Sakurazukamori esiste davvero! Davvero un regalo utile, papà. E ti
pareva che nella nostra famiglia non c’era già quello che la nonna Sumeragi
si è affannata a cercare per anni. Siamo proprio superiori, non c’è niente
da fare!-
maggio 2007, tempio di
Ise
La sacerdotessa,
ancora indossando l’abito da cerimonia, accompagnò il suo ospite per un
tratto lungo il viale alberato incoronato dalla lunga fila di tori rossi.
- Sono piacevolmente
sorpresa, una persona apparentemente priva di poteri paraspirituali che
riesce ad avere la meglio su uno spirito maligno all’interno della mia
barriera!-
- Oh, che ci vuole
fare, maestra Arashi, a forza di leggere tutti quei libri polverosi ho
imparato qualcosa anch’io!-
- Non mi incanta lei,
con quella sua faccetta da bravo ragazzo, Sakurazuka-san! Sarà pure uno dei
maggiori studiosi di culti esoterici, nonostante abbia appena venticinque
anni, ma non dovrebbe essere in grado di usarli!-
- Lei si preoccupa
troppo, si diverta ogni tanto, sempre chiusa in questo posto! Piuttosto non
si preoccupa per quei casi di giovani donne che sono scomparse? Alcune
provenivano proprio da Ise-
- Sa anche questo?-
- Leggo i giornali-
- Se ne sta occupando
il clan dei Sumeragi-
- Oh, Subaru-san!
Meglio, mi risparmio la fatica di far ricerche per conto mio- si disse il
giovane uomo tra sé e sé, mentre la sacerdotessa era occupata nel dare
indicazioni ad una coppia di turisti.
- Perché me lo chiede,
la cosa è un problema?-
- No, per me
assolutamente-
- Allora per chi?-
chiese lei senza capire.
- Già per chi?!- il
vento tirò una raffica più forte delle altre spargendo nell’aria boccioli di
ciliegio- E’ già tempo della fioritura! Ora la saluto, maestra Arashi, abbia
cura di lei. A casa mi attende la festa di compleanno della mia figlioccia-
L’uomo salutò con la
mano e la donna rispose con un profondo inchino.
- Per sette volte i
ciliegi sono tornati in fiore senza che nessuna vittima fosse sacrificata al
Ciliegio per eccellenza, che tipo può essere l’uomo in grado di controllare
a tal punto l’albero maledetto o devo credere alle voci degli sciamani che
dicono che nessun Sakurazukamori si aggira nell’ombra?-
Quello stesso
pomeriggio di maggio a Kyoto, nella villetta dove il veterinario Sakurakura
Seishiro viveva con il suo compagno Sumeragi Subaru da più di dieci anni di
quasi ininterrotta luna di miele, si teneva la festa di compleanno della
loro nipotina, Arisu, sette anni, figlia di Hokuto e Kakyou Kuzuki, altra
coppia in eterna luna di miele. Anche se Arisu portava il cognome di suo
padre, come i suoi fratelli minori, i gemelli Misato e Mamoru, era stata
destinata dalla sua bisnonna a diventare il quattordicesimo capo del clan
Sumeragi e proprio quel giorno terminava l’anno di addestramento a cui era
stata sottoposta nella grande dimora della famiglia. Poiché il capo clan e
suo maestro altri non era che suo zio, l’anno di addestramento non fu così
isolato e severo come la consuetudine prescriveva.
Arisu sedeva accanto a
suo padre intenta a scartare i regali che le erano stati donati, uno per
ogni anno di vita da i genitori più quelli degli zii, dei fratellini. Hokuto
non aveva badato a spese.
Seishiro trafficava in
cucina assieme alla mammina e Subaru cercava di tenere lontano i gemelli dal
vaso di porcellana cinese che aveva riportato tempo addietro da Pechino.
- Ma insomma,
Misato-chan, Mamoru-kun! Ora basta!- tuonò alla fine esasperato mentre i
gemellini correvano per la stanza gridando di essere due spiritelli maligni.
- Secondo me lo sono
per davvero!- esclamò Kamui mettendosi a ridere.
Kamui adesso viveva a
Kyoto, in una appartamentino vicino l’università che divideva con Fuma.
Aveva concluso gli studi liceali e poi si era trovato un impiego in un
negozio di abbigliamento maschile. Anche Fuma aveva terminato gli studi
laureandosi un paio di anni prima e ora lavorava come ricercatore presso
l’istituto di Ricerca sulle tradizioni nipponiche presso l’università di
Kyoto, oltre all’altro lavoro, quello di famiglia, come diceva lui. Sua
sorella Kotori era in procinto di sposarsi e lavorava a Tokyo in un asilo
nido. Torhu godeva di buona salute e progettava di trasferirsi con la figlia
dopo il matrimonio, ragion per cui Seishiro e Fuma fecero le loro più
sentite condoglianze a quel povero diavolo di un genero.
In quella suonò il
campanello e Arisu si lanciò verso la porta sperando che fosse arrivato il
suo padrino, oltre che cugino preferito. La sua speranza non fu vana.
Sfoggiando uno dei suoi sorrisi smaglianti e carico di un enorme pacco
incartato, Fuma varcò la porta di casa e fu investito dall’abbraccio della
bambina.
- Fu-chan sei
arrivato!- Hokuto gli aveva insegnato a chiamarlo così e non ci fu mai verso
di farle cambiare idea.
- Buon compleanno,
principessa Arisu, il tuo umile servitore è giunto da te colmo di doni.
Potrai perdonare il piccolo ritardo?-
- Si, si, che bello!-
Fuma la prese in braccio e le diede un bacio sulla guancia entrando in
soggiorno, al che anche i gemelli pretesero di essere presi in braccio.
- Ecco accontentai
anche voi due!- La femminuccia gli strattonò la manica della camicia.
- Fu-chan, Misato
vuole il suo regalo!- disse allungando la mano.
- Anche Mamoru! Anche
Mamoru!- fu lesto ad aggiungere il maschietto che faceva sempre tutto quello
che faceva la sorella.
- Ma oggi non è il
vostro compleanno!- disse loro il padre ridendo.
- Regalo!- protestò
ancora Misato, che aveva ripreso tutto dalla madre.
- Come vuoi,
Misato-chan! Questo a te e questo a Mamoru-kun!- Il ragazzo estrasse dallo
zaino due pacchettini contenenti caramelle a forma di animaletti.
- Non si mangiano,
dopo!- disse Hokuto togliendo i pacchetti ai bambini che subito scoppiarono
a piangere, perciò fu costretta a darne una ad entrambi.
- Ciao Fu-chan, come è
andato il lavoro? Fino ad Ise… non è che ci sei andato per mettere incinta
qualche ragazza?!-
- Hokuto-san,
figurati, chi li farebbe tutti quei chilometri per una donna?! E poi io ho
già il ragazzo più bello del mondo!-
- Credevo ti fossi
dimenticato di me!- gli disse Kamui giocando con il colletto della camicia.
- Mai!- si scambiarono
un tenero bacio presto interrotto dalla voce inconfondibile di Seishiro.
- Kamui, nanerottolo,
giù le mani dal mio bambino!-
- Papà, ho venticinque
anni, non sono più il tuo bambino!- si lamentò il figlio.
- Questo lo decido io!
E poi questa è casa mia e gli unici che si possono baciare in casa mia,
siamo io e il mio amore!- detto così afferrò Subaru per la vita e gli
strappò un bacio da togliere il fiato.
- Sei-seishiro!-
protestò Sumeragi color rubino- Davanti a tutti poi!-
L’uomo se la rise
grossa e sparì in cucina per riapparire subito dopo con la pirofila fumante.
- Ma non ti vergogni
alla tua età?!- protestò ancora Fuma sedendosi.
- Anche Mamoru vuole
bacino!- disse il gemellino salendo su una sedia accanto a Sakurakuza padre.
- Oh, ma certo,
Mamo-chan!- Seishiro gli stampò un bel bacio con lo schiocco che fece ridere
il piccolo.
- A tre anni Mamoru ha
già le idee chiare- commentò Kamui.
- E a quarantatré mio
padre va ancora ad infastidire i bambini!-
- E’ impossibile che
io abbia quarantatré anni, visto che ne compio trentacinque da dieci anni!-
- Anche Arisu ha le
idee chiare- intervenne la festeggiata usando il linguaggio dei suoi
fratellini- Vuole sedere accanto a Fu-chan-
- Accanto a Fuma-kun
ci si siede Kamui-kun!- la informò lo zio.
- Ma perché? In
qualità di futura moglie di Fu-chan, ho diritto di sedermi vicino a lui-
- Futura moglie,
Arisu-chan?- domandò Kamui fissandola torvo.
- Per quando si stanca
di te, nanerottolo!-
- E’ inquietante
vedere come Arisu assomigli più a Fuma che al resto della sua famiglia-
commentò Hokuto sedendosi a sua volta- Dall’altra parte te ne sei sempre
occupato da quando è nata!-
- Una promessa è una
promessa-
- Quale promessa?-
chiese la bambina.
- Mangiamo, su! Io ho
una fame!-
- Fu-chan hai cambiato
discorso come al solito!- protestò Arisu.
- Tale padre, tale
figlio!- concluse Subaru abbracciando il suo Seishiro.
FINE
A Michiru per averla letta tutta, per avermi consigliato e
sgridato
A Ria per aver avuto la pazienza di leggerla e di metterla
sul web
Un grazie a tutti i libri, film, articoli di giornale o
passanti sul treno che mi hanno inspirato
Infine, grazie alle Clamp per aver scritto "Tokyo Babylon"
e "X"
Haruka
11 settembre 2002
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