Capitolo 12
Subaru si svegliò sudato urlando il nome di Seishiro e
subito gli fu chiaro che a Tokyo era successo qualcosa. Con il cuore il mano
prese il primo treno e si precipitò verso Ueno sperando di trovare ancora
qualcuno da quelle parti. Nella testa tuonava la voce del suo uomo che lo
chiamava.
In serata sul tardi
Sumeragi si ritrovò a suonare a casa di Torhu disperando quasi di trovare
uno dei due. La donna gli venne ad aprire con la faccia scura e non si stupì
molto di vederselo davanti. Subaru deglutì.
- Ora sta dormendo,
sarebbe meglio non disturbarlo!- disse sotto voce accompagnandolo in cucina,
poi quasi senza parlare gli mise davanti un piatto di ramen caldo- Mangia-
Il ragazzo ubbidì senza osare chiedere altro. Quando terminò si recò in
salone dove, stesa sul divano, Kotori sembrava non dare importanza alla
televisione accesa. Spense l’apparecchio e si avvicinò alla ragazzina, aveva
pianto tanto, i suoi occhi erano gonfi e rossi.
- Kotori-chan- le
disse scotendola per una spalla. Lei lo fissò per un attimo e poi tornò a
sprofondare il capo fra i cuscini senza dire una parola.
- Lasciala stare, è
stanca!- Torhu apparve alla sue spalle- Sapevo che sarebbe successo, prima o
poi. Tu pensavi che non sarebbe successo mai?- Subaru scosse la testa- Saya
era sicura che non sarebbe successo, le avevo spiegato chi era veramente
Seishiro ma lei testarda non voleva credere…-
A Subaru non piacque
quel passato che la donna aveva usato per riferirsi a Seishiro.
- Tu sai che io
appartengo alla famiglia dei Magami- annuì ancora- avevo capito, ma cosa
potevo fare? Gioii quando te lo sei portato a Kyoto, pensavo che il mio
ometto fosse salvo. Nessuno può opporsi al proprio fato!- la donna si
allontanò presa dalle sue faccende. Il ragazzo si avviò verso l’ultima porta
del corridoio, in cuor suo sperava di trovarvi Seishiro addormentato. Dalla
penombra della stanza, illuminata solo dallo spiraglio di luce dell’uscio
aperto riconobbe l’esile figura di Kamui stesa sul letto accanto ad un altro
corpo ben coperto dalle lenzuola.
Kamui si girò nella
sua direzione e gli sorrise mettendosi a sedere.
- Sta dormendo- Subaru
gli posò un braccio sulla spalla e si sporse in avanti per guardare. Ancora
una parte del suo cuore voleva credere che in quel letto accanto al suo
giovane amico dormisse il suo Seishiro. Vide una foresta di capelli neri,
troppo lunghi per essere lui. Sospirò, solo allora notò la vistosa
fasciatura che avvolgeva il capo e l’altra proprio sopra l’occhio destro.
- Ha perso molto
sangue. Gli hanno messo dieci punti, ma sembra che l’occhio non sia stato
danneggiato, gli rimarrà una bella cicatrice-
- Come sta?-
- Chi può dirlo, non
ha emesso che monosillabi-
La poca luce
proveniente dall’ingresso diminuì di colpo e i due ragazzi si voltarono.
- Lasciatelo dormire,
insomma!- lo sguardo duro di Torhu non ammetteva repliche, Sumeragi si tirò
su ed uscì, Kamui si rimise giù accarezzando un braccio della persona
accanto a lui.
- Ho messo Kotori a
letto, io dormo con lei e Kamui di là con lui, tu sistemati sul
divano-letto, ho messo delle lenzuola pulite-
- Non ti disturbare,
Torhu-san, dormirò nella mia vecchia casa…-
- Non dire
sciocchezze, ho già fatto il letto- lo interruppe bruscamente la donna- e
poi non voglio dover stare in pensiero anche per te! Piuttosto telefona a
tua sorella, non la voglio tra i piedi domani mattina! Buonanotte!-
Torhu era diventata
ancora più acida dopo la morte di Saya. Compose il numero di casa di Hokuto,
ma si ricordò che Kakyou andava a dormire presto e preferì non disturbarli,
avrebbe chiamato il giorno dopo. Si stese sul letto ancora vestito e rimase
con gli occhi spalancati per tutta la notte. Non riusciva neanche a
piangere, gli sembrava tutto così irreale, fra un attimo si sarebbe
svegliato e Seishiro gli avrebbe portato la colazione e giù in cucina lo
stavano attendendo sua sorella e Fuma, poi di corsa a lavoro, la solita
stupenda routine.
Aprì gli occhi di
malavoglia colpito da un raggio di sole. Kotori si scusò per averlo
svegliato alzando le serrande, non sapeva che fosse rimasto a dormire. Torhu
mormorò qualche rimprovero mentre trafficava in cucina. Intravide Kamui che
sorseggiava un caffè con aria pensosa e si ricordò di tutto.
- Fuma, dov’è?- che lo
volessero o no oggi ci avrebbe parlato.
- Dorme ancora-
rispose la sorella versandogli caffè bollente nella tazza, ma Subaru non ci
badò e si avviò verso la camera da letto. L’altro ragazzo lo precedette e
con uno sguardo di sfida gli sbatté la porta in faccia. Gli venne l’istinto
di buttarla giù, ma la donna lo fissava torva. Doveva sapere cosa era
successo, non poteva resistere un minuto di più. Forzò ancora la maniglia e
sentì delle voci. Il cuore gli si serrò in gola.
- Kamui, aprì questa
maledetta porta!- urlò suo malgrado.
Kamui fissò il viso
assonnato del suo amore che lo guardava solo attraverso l’occhio sinistro.
- C’è Subaru-san di
là- gli disse con voce amorevole- vuoi parlarci?-
- Uhmm!- si vede che
il calmante della sera prima ancora non era stato smaltito- Resta qui, Kamui,
non mi lasciare-
- Non vado da nessuna
parte, amore mio, apro solo la porta- e così fece- Parla piano, il dottore
gli ha prescritto assoluto riposo-
Finalmente Subaru si
trovò faccia a faccia con Fuma.
- Subaru-san che ci
fai qui?-
Aveva una faccia
assonnata e stanca, la benda gli copriva gran parte del volto e solo allora
notò le fasciature intorno ai polsi, alle braccia.
- Dov’è Seishiro?-
- Papà?!- Fuma lo
fissò con apprensione, se possibile era ancora più spaventato di Sumeragi,
confuso, perplesso- Non so, sarà…- mentre cercava di pronunciare una frase
di senso compiuto la memoria riaffiorò alla mente, un gesto preciso, parole
chiare ed inequivocabili, calore, fuoco, dolore e poi il vuoto- Non lo so!-
disse alla fine arrendendosi alle fitte che gli trafiggevano la testa.
Subaru prese ogni
controllo- Come non lo sai?! Tu devi saperlo! Dimmi immediatamente dov’è
Seishiro! Cosa gli hai fatto?- Lo prese per il bavero del pigiama
scuotendolo con tutta la forza che aveva, urlando e piangendo al contempo.
Sentiva la presa di Kamui che cercava di allontanarli e con uno strattone se
ne liberò.
- Dov’è?- chiese
ancora.
- Non lo so!- in una
frazione di secondo lo sguardo di Fuma da smarrito era diventato freddo,
gelido. Gli prese il polso con malagrazia e con una spinta lo fece ricadere
all’indietro sul letto- Non mi toccare, mi fai schifo!-
- Cosa?- Subaru lo
fissò allibito, semmai doveva essere il contrario!
- Tu sapevi tutto, non
è vero? Tu conoscevi la verità! Sapevi che era un assassino, che apparteneva
al tuo clan avversario e ci andavi a letto insieme? Mi fai schifo! Non ti
avvicinare!-
- Fuma calmati!- lo
supplicò Kamui cercando di tenerlo fermo.
- Lui dov’è?- Subaru
non riusciva pensare ad altro che a Seishiro.
- Un assassino, mio
padre, l’uomo che più stimavo al mondo, un assassino senza sentimenti. I
suoi soldi, i soldi con cui mi vestiva, mi dava da mangiare, mi mandava a
scuola, soldi sporchi di sangue…e io…io…come lui- il ragazzo si lasciò
andare sul nudo pavimento trattenendo a malapena i brividi e i singhiozzi.
Kamui lo abbracciò forte, più forte che poteva sussurrandogli le parole più
amorevoli che conosceva.
- Lui ha detto delle
cose bellissime su di te Subaru-san-
"Subaru-san?" Sumeragi
fissò dall’alto i suoi occhi gonfi ma sempre così fieri.
- Ha detto che non può
pensare di stare senza di te, che non vuole perderti, che sei la persona più
importate per lui, ma questo lo sapevamo già. A dispetto di tutto quello che
dice, lui ti ama. Non trovi che sia illogico? Non dovrebbe avere sentimenti,
eppure ama te-
- Fuma-kun?-
- Mi dispiace,
Subaru-san, non so dove sia adesso, vorrei tanto saperlo, vorrei vederlo e
abbracciarlo non meno di quanto lo vorresti tu…ma non lo…non mi ricordo, non
ricordo, ho tanta confusione nella testa e poi come il vuoto. Non ricordo
proprio…-
- Basta così, non ti
sforzare, cerca di riposare adesso-
- Kamui, per l’amor
del cielo, non te ne andare anche tu, resta qui, resta qui con me!-
- Non mi muovo di un
passo!-
Subaru si alzò da
terra ed uscì richiudendo la porta.
Se Seishiro era
veramente…(non osava dirlo)allora Fuma era il nuovo Sakurazukamori, se così
fosse perché nei suoi occhi brillava tutta quella disperazione, perché gli
sembravano così vivi?
Alzò la cornetta e
telefonò a casa di sua nonna, in poche ore qualcuno del clan li avrebbe
riportati a casa.
- Immagino che Kamui
voglia venire- disse rivolto a Torhu.
- Venire dove?-
- Riporto Fuma-kun a
casa sua-
- Questa è casa sua!-
protestò la donna.
- Non insistere,
Torhu-san. La mia famiglia gli può pagare tutte le spese mediche di cui ha
bisogno e poi l’università incomincia fra pochi giorni- la mora lo fissò
come se fosse impazzito. A dire il vero neppure sapeva perché avesse detto
una cosa tanto assurda, cosa gliene poteva importare adesso dell’università
a quel ragazzo! Sentiva, però, che tornare a casa era la cosa migliore.
Fuma rimase immobile
al centro del letto fissando il soffitto, aveva dormito pochissimo in quella
casa e non la sentiva per niente sua. L’ennesimo soffitto sconosciuto! Gli
doleva la testa e sentiva ancora la spalla bruciare, con calma si alzò e
facendo attenzione sfilò la giacca del pigiama e davanti allo specchio cercò
di capire cosa gli facesse tanto male. Aveva quella strana cicatrice
praticamente da sempre, sua madre disse che se l’era fatta cadendo. Era
piccola e quasi invisibile per lo più, ma quella mattina era rossa e
pulsante, si distingueva benissimo una stella rovesciata. Altro che
cicatrice, sarà stato qualche giochino di suo padre!
Suo padre: Seishiro
Sakurazuka.
Sakurazukamori, la sua
famiglia, un clan di assassini, sciamani che nutrono un albero maledetto
dove albergano l’odio e il rancore delle sue vittime. Il lato oscuro che
sorregge il Giappone.
Sakurazuka
Sakurazukamori
Suo padre era un
assassino senza emozioni, che aveva tentato di ucciderlo, con una logica
freddezza. E lui? Lui era il figlio di un assassino, in una famiglia di
assassini, destinato a sua volta a fare l’assassino, a badare ad uno stupido
ciliegio eternamente fiorito.
Il Sakura, il Sakura
maledetto che aveva sognato tante volte, sempre enorme, sempre maestoso,
sempre inquietante e quell’uomo appoggiato al tronco, che sorrideva nella
sua beata infallibilità, quel uomo che aveva atteso da sempre, che sapeva
che sarebbe venuto, quell’uomo era il suo destino, quell’uomo era suo padre.
Suo padre cha amava e
stimava, che spesso odiava, che spesso prendeva in giro. Suo padre, un
eterno ragazzino, sempre al di là delle regole, delle leggi, del buon senso.
Suo padre che rideva di gusto, che cercava i migliori ristoranti, suo padre
sempre in ritardo e dimentico dei suoi doveri. Suo padre che lo teneva in
braccio, che gli asciugava i lucciconi, che lo ascoltava o che lo ignorava.
Suo padre che non c’era mai o che c’era anche troppo. Suo padre: tutta una
bugia! Una bugia il suo lavoro da veterinario, una bugia il suo nome, una
bugia il suo amore. E lui, lui che portava quel falso nome, che andava in
giro con i suoi stessi occhi, era una bugia anche lui?
"Tenerti
in braccio quando sei nato è stata una delle esperienze più emozionanti
della mia vita ed essere tuo padre mi ha riempito di orgoglio!"
Solo un’enorme,perfetta
bugia.
"Fino
alla fine ho sempre continuato a pensare che saresti stato tu a prendere il
mio posto, perché tu sei la mia carne e il mio sangue"
Non aveva capito nulla,
di lui, di suo figlio, non aveva capito la sua gelosia, il suo dolore, il
suo bisogno di averlo vicino. Aveva cercato la risposta all’interrogativo
che lo assillava in un’altra persona, ignorando che la risposta era a
portata di mano, era lì che gli teneva la mano o lo credeva il suo eroe.
"No,
chi?"
Era il figlio di un
assassino, tutto quello che aveva, lo doveva al sangue di perfetti
sconosciuti: la casa, i vestiti, la retta a quella scuola esclusiva, i
migliori giochi…tutto grazie alla morte di altre persone.
Una notte brava a bere
sakè e eccoti un marmocchio da crescere, quale splendida occasione per
assicurarsi la successione, ma poi arriva il vero amore, il grande amore di
tutta la sua vita e perciò, il bel bambino viziato e coccolato, risulta di
intralcio. Lo allontana per anni e proprio quando non può fare a meno di
averlo intorno decide che è tempo di sbarazzarsene, perché nulla interrompa
l’eterna luna di miele! E lui che fa? Resiste, si oppone, vuole vivere!
Si sentiva in colpa
anche di essere vivo, poi dopo che aveva visto Subaru-san in lacrime, si
sentiva proprio un verme. Farti stare male era la specialità di Seishiro!
Lui che non era altro
che sperma schizzato in una notte a bere troppo, aveva trovato la forza di
vivere, di andare avanti nonostante fosse chiaro che la sua presenza non era
più gradita. Ma dove aveva trovato la forza, la volontà di resistere? Cosa
mai gli restava per cui aveva lottato tanto?
La mano destra
accarezzò il volto bendato, avrebbe portato i segni di quell’esperienza
anche sulla pelle.
- Fuma, non dovresti
stare in piedi?- si voltò e trovò la risposta alle sue ultime domande-
Perché ti sei tolto il pigiama? Mettiti a sedere!- ubbidiente rimise la
giacca e tornò a letto, quasi gli veniva da ridere per quanto era felice di
vederlo!
- Kamui, hai un po’ di
tempo?-
- Si, certo!- gli
sorrise il ragazzo sedendosi al suo fianco.
- Ci ho pensato, credo
che tu dovresti sapere tutto…non ti farà piacere, ma se non ne parlo neanche
con te…-
- Stai tranquillo,
niente mi può spaventare di più di ieri sera quando sei arrivato più morto
che vivo-
- Non ci giurerei!-
Così il ragazzo
raccontò all’altro tutte le rivelazioni avvenute sotto il Sakura maestoso,
quello che gli aveva detto suo padre e quello che aveva risposto lui, quello
che aveva provato e sforzò la memoria il più possibile per cercare di
montare il pezzo più importante del puzzle, ma proprio non ci riuscì. Kamui
rimase in silenzio e cercò di digerire quella verità così spietata. Poi
seguì un interminabile silenzio, Fuma non aveva altro da aggiungere e lui
non sapeva cosa dire, appoggiò la testa contro la sua spalla e portò la mano
dell’altro ragazzo sul proprio viso.
- Ti amo!-
- E che c’entra?!-
- Non mi veniva in
mente altro- sbuffò Kamui dandogli un pizzico sul braccio.
- Ahia! Anch’io…-
- Sei sicuro?- gli
chiese il più giovane piantandogli i suoi occhi viola addosso.
- Si, sicurissimo,
come che respiro ancora!-
Il ragazzino sospirò
soddisfatto e si accoccolò meglio contro l’ampio petto di Sakurazuka, mentre
questi lo stringeva a se e tornava a fissare il soffitto.
Senza accorgersene si
addormentò cullato dal calore del capo di Kamui appoggiato sul suo cuore. Ad
un tratto si ritrovò perfettamente sveglio per il gran vociare di una voce
assai nota. La stanza era piena di gente. Subaru-san e la zia Torhu lo
fissavano dalla sponda del letto, Kotori-chan era seduta sulla sinistra e
Kamui vicino a lei, verso la finestra riconobbe la sagoma di Kuzuki-san e
quella della consorte.
- Fu-chan, hai aperto
gli occhi?! Finalmente!- Hokuto si sporse sulle coperte per abbracciarlo e
poco mancò che lo soffocasse. Fuma si ricordò quello che era successo e
finalmente ci trovò un lato positivo: poteva mandare al diavolo Hokuto una
volta per tutte!
- Spostati!- disse
sgarbatamente- Mi hai svegliato con le tue urla!-
- Te lo avevo detto,
Hokuto-chan, di parlare piano!- tuonò arrabbiato il gemello.
- Oh, scusami tanto
Fu-chan, come ti senti?-
- Come se avessi
accanto un megafono!-
- E’ proprio di
cattivo umore!- sentenziò la donna.
- Che ci fate tutti
intorno al capezzale? Non sono mica morto!-
- Hokuto-san pensava
che ti avrebbe fatto piacere vederci tutti insieme!- rispose Kotori. Fuma si
tirò a sedere di scatto.
- Ok, mettiamo in
chiaro le cose, cara la mia rompiscatole, uno non sono tuo nipote, due non
mi chiamo Fu-chan e tre…ah, mi gira la testa!- e dovette rimettersi giù
mentre qualcuno che meglio non identificò gli mise una pezza bagnata sugli
occhi.
- Sta proprio male!-
Hokuto si alzò un po’ contrariata e mentre tutti uscivano Torhu gongolava
per il modo in cui il suo "ometto" le aveva cantate a quella scema!
Le sue condizioni
peggiorarono nel pomeriggio, e il medico, che inizialmente aveva consigliato
un po’ di riposo, ordinò il ricovero per degli accertenti. Subaru tornò dopo
tanto tempo nel suo vecchio appartamento assieme ad Hokuto e a Kakyou che
aveva bisogno di riposare. La mattina dopo uscì presto e vagò per le strade
alla ricerca di Seishiro, anche se sapeva che non così l’avrebbe trovato.
Hokuto accompagnò il marito nella residenza dei Kuzuki e si avviò
all’ospedale, Torhu l’aveva pregata, suo malgrado, di farci una capatina
perché lei era a lavoro fino all’ora di pranzo. Trovò Fuma che leggeva un
giornale seduto al letto.
- Allora, oggi come
va?- chiese sventolando una confezione di polpette di riso.
- Meglio, mi hanno
rivoltato come un calzino, ma sembra che sia tutto intero, domani mi
lasciano andare- rispose il ragazzo abbozzando un mezzo sorriso.
- Verrai a Kyoto con
me e Subaru, vero?-
- E perché mai?-
domandò a sua volta il ragazzo stupito.
- Quella è la tua casa
e poi c’è l’università e poi mi devi dare una mano con …- sorrise un po’
imbarazzata- Ka-chan è un amore ma non si può stancare troppo e Subaru-chan
è sempre a lavoro, la nonna non se ne parla, così speravo che mi avresti
aiutato tu…avrai del tempo libero ora che non vai più al liceo, no?-
- Scusa, Hokuto-san,
ho perso il filo del discorso-
- Aspetto un bambino!-
- Un bambino?! Oh, il
sopramobile sa anche cosa è il sesso?!-
- Non essere
antipatico! Mi darai una mano, allora?-
- Ma Hokuto!- protestò
il ragazzo.
- Stammi a sentire,
signorino- tuonò la donna prendendolo per il mento e fissandolo con occhi
fiammeggianti- Ti ho visto piegato su quei libri per un anno intero per
accedere alla più esclusiva università della città e ora non ti permetterò
di mandare tutto a puttane perché tuo padre è uno bastardo egoista! Fra
quattro anni sarai laureato, guadagnerai una barca di soldi, puliti, e farai
vivere tua zia e tua sorella nell’oro! Non stare a piangere sul passato,
quello che è successo non può cambiarlo nessuno, pensa al futuro! E poi, una
volta, tuo padre ha detto una cosa molto vera "un conto è il mestiere di
famiglia e un conto la propria personalità"!-
- Ma Subaru-san cosa
dirà?-
- Ti avrebbe già
riportato a casa se non fosse per tua zia, la strega! Non lo privare della
sua famiglia…-
- Seishiro è la sua
famiglia!- protestò il malato.
- Testone, una
famiglia non può essere formata da una sola persona!-
In quella entrò un
infermiera per portare il degente a fare delle analisi.
- Hokuto-san, fammi un
favore, chiama lo zio Yuto. Figuriamoci se la zia si è ricordata di farlo!-
Telefonando a Kigai,
Hokuto inconsapevolmente diede alla vicenda la svolta che le occorreva.
L’impiegato comunale
ricevette sul telefonino la telefonata di Sumeragi che lo avvertiva della
situazione di Fuma e della scomparsa di Seishiro. Invece di correre
all’ospedale, durante la pausa pranzo, tornò a casa e con tutta la
diplomazia del mondo prese il suo ospite per i capelli e dopo aver tentato
di affogarlo nel lavandino, lo fissò con sommo disprezzo.
- Fammi capire, anima
di idiota, tu sei qui in asilo politico a casa mia perché hai litigato con
Subaru-san e poi sei stato derubato e malmenato o più realisticamente vi
siete scannati con Fuma?-
- Ma che dici, Yuto?-
protestò l’amico del cuore con finta faccia d’angelo.
- Fuma è in ospedale!-
- No! Erano solo
graffi!-
- Graffi?! Ti
trascinerò in quell’ospedale a chiedere scusa fosse l’ultima cosa che faccio
in vita mia, Seishiro! Saya-chan me l’ha fatto giurare in punto di morte. "Yuto-san
pensaci tu, se puoi, Seishiro non è in grado di badare al ragazzo…semmai
Fuma dovrà badare a lui!" Testuali parole-
Sakurazuka si rallegrò
tanto dell’alta considerazione che Saya nutriva nei suoi confronti.
- Non posso vederlo…-
Yuto non gli fece finire la frase.
- Subaru-san è nella
sua vecchia casa a Shinjuku, non sa che sei qui da me, non lo sa nessuno. Ma
se alle sei non sarai a trovare tuo figlio, io ti slego contro Torhu e
racconto al tuo adorato delle donnine che ti portavi a casa quando giocavi a
fare il comprensivo con lui!-
- Non oserai!- lo
sfidò Seishiro.
- Ritarda di mezzo
secondo e Hokuto-san sarà la prima ad essere informata! Conservo ancora i
numeri di telefono, sono certo che le signorine deporranno a tuo sfavore,
vecchio mio! Io torno a lavoro, ma visto che sono un uomo comprensivo e so
che tu sei un idiota ti lascio la macchina-
- Grazie!-
- Metti la benzina!-
capitolo 13
Nel
primo pomeriggio, Fuma se ne stava a letto intento a leggere fumetti quando
la porta della sua stanza si aprì ed entrò una distinta anziana signora.
Indossava un kimono nero con disegni sul bianco e un alta fascia bianca
intorno alla vita, un ventaglio appoggiato all’interno della fascia. I
capelli bianchi erano fermati sopra la fronte con un nastro bianco e dietro
erano raccolti in una coda sulle spalle. Ai piedi gli immancabili sandali a
infradito e calzini bianchi. Il volto pallido di trucco era ravvivato da
labbra color rubino. Sembrava quasi una geisha o comunque una donna di altri
tempi. Il ragazzo la fissò a lungo cercando di ricordare dove l’avesse già
incontrata.
- Buonasera- disse la
donna con un leggero inchino.
- Buonasera!- rispose
lui- Desidera?-
- Non siamo mai stati
presentati ufficialmente- rispose la donna rimanendo in piedi- ma le nostre
strade si sono già sfiorate molte volte. Mi chiamo Sumeragi Arisu, sono la
nonna di Subaru, il dodicesimo capoclan della famiglia Sumaragi. Immagino
che tu ne sappia qualcosa?!-
Fuma ne rimase
completamente stupito, cosa ci faceva "la vecchia mummia Sumeragi", la
"nonna" lì in ospedale da lui? In vita sua l’aveva vista solo in fotografia
e una volta da lontano al tempio Yasuda per la visita del primo
dell’anno. Come faceva a sapere che lui era lì? Che lui era lui? Le aveva
parlato Subaru-san? Perché?
- Molto onorato,
Sumeragi-san- rispose il ragazzo inclinando il capo in avanti- Io mi chiamo
Sakurazuka Fuma!-
- Un nome altisonante
non trovi? Lo ha scelto tuo padre?- Il ragazzo annuì- Tuo padre è un uomo
molto curioso, per un’infinita di motivi-
- Cosa la porta qui da
me, Sumeragi-san?-
La donna ignorò la
domanda e proseguì con il filo dei suoi pensieri.
- "Vero sigillo"… "il
vero sigillo del tumulto dei Ciliegi", non ti senti a disaggio a portare un
simile nome, Fuma-kun? Posso chiamarti Fuma-kun?-
- Si, certo, signora!
Data la notevole differenza d’età, non posso fare obbiezioni!-
- Sei un irriverente!-
tuonò la donna- Lo siete tutti, nella tua famiglia!-
- Mi perdoni, non
volevo esserlo. Senta, lei è qui perché mi deve dire qualcosa o perché vuole
sapere cosa è successo? Perché in quel caso, io…-
- Per l’uno e l’altro
motivo. Posso raccontarti una storia, una cosa di cui neppure tuo padre è a
conoscenza?-
- L’ascolto!-
- Era il 1945. Gli
americani bombardavano Tokyo, i nostri giovani si lanciavano contro le loro
navi in un disperato tentativo di resistenza. Promisero che avrebbero
risparmiato Kyoto, l’antica capitale, ma in molti non ci credevamo.
All’interno del tempio Yasuda fu creata una camera segreta dove fu
trasportata l’intera biblioteca imperiale copiata. Fu un lavoro immane,
avevamo pochissimo tempo. Io allora ero molto giovane e il clan era retto da
mio padre. Tutti gli sciamani del paese giunsero per aiutarci, fra questi,
mascherato per non essere riconosciuto, anche l’allora Sakurazukamori. Si
rivelò solo all’alba del bombardamento di Hiroshima. Io stavo interrogando
il sacro fuoco, sentivo che nell’aria c’era tragedia. Lui sorridente si sedé
accanto a me e mi disse "Domani vedremo qualcosa che altri uomini non videro
mai. In un mondo come il nostro, dove la vita umana non ha più valore, anche
il cuore arido di una Sakurazukamori può desiderare un mondo migliore.
Ascoltami, non è vero che non abbiamo sentimenti, come dicono, possiamo
amare solo una persona e sacrificarci a lei, morire per mano di questa
persona è il più grande atto d’amore di cui siamo capaci"-
- Questo lo avevo
capito già, senza il suo racconto- si risentì il ragazzo- Ma se lei è il
capoclan perché non ha impedito che Subaru-san…-
- Gli avevo
raccomandato di non lasciare che il suo cuore venissi rapito dai ciliegi, ma
non mi è stato a sentire…alla fine l’amore vince su tutto, no?-
- Se lo dice lei!-
sbuffò il ragazzo. Ma perché doveva parlare di questo anche con la "nonna"?!
- Comunque non avevo
finito! Mi disse ancora con il suo sorrisetto da primo della classe " Ma tu
credi che sarà per sempre così?" Non ho mai capito cosa volesse dirmi-
- Allora perché me lo
ha raccontato?-
- Non solo
irriverente, ma anche impaziente!- commentò sarcastica l’anziana donna- Ai
vecchi piace raccontare le loro storie con calma, riempiendole di
particolari… Io gli risposi "Si" ero sicura che quello che è sempre stato
non può mutare, lui mi disse "Basta porre il vero sigillo!" Naturalmente
dubito che tuo padre abbia scelto il tuo nome in base ad una profezia di cui
non ha mai sentito parlare! Non dissi mai a nessuno di quella conversazione
e per anni ho studiato nei libri più antichi alla ricerca di un sigillo così
potente da fermare il Sakura. Non l’ho mai trovato…ovviamente! Sui i libri
non c’è nulla di simile…-
- Come è nato
l’Albero? Come è diventato un succhiatore di anime?-
- La verità si è persa
nella notte dei tempi-
- Allora cosa ha
imparato su quei libri? Cosa è venuta a dirmi?-
- Sei un ragazzino
sveglio! Quanti anni hai? Diciotto? Ho saputo che sei stato ammesso
all’università di Kyoto, un’ottima scelta!-
- Una casualità!-
- Impara, le casualità
non esistono. Tutto fa parte di un disegno ben preciso! Segui questo mio
piccolo consiglio, prendi studi di letteratura classica, avrai accesso a
quella biblioteca di cui ti parlavo. Non hai avuto una preparazione da
sciamano, dovrai formarti da solo…-
- Chi le dice che io
voglia…-
- Non permettere al
risentimento di offuscarti la mente! Pratichi le arti marziali?-
- Ho praticato il
kendo alle medie-
- Meglio di niente!-
- Ma si può sapere che
vuole?!-
- Fuma-kun, immagino
che per te non sia facile ritrovarti da un giorno all’altro a capo di un
clan così famigerato e temuto, senza avere mai sentito parlare prima…-
- A capo, io? Ma
allora, papà…-
- Ascoltami, quello
che ho imparato su qui libri è che il Sakura maledetto controlla il suo
custode, ne controlla il cuore almeno, ma tu, tu invece cosa hai fatto?-
- Non ricordo-
- Non vuoi ricordare!-
- Oppure non lo voglio
dire al lei, un mio nemico, no?-
- Sono tue decisioni,
naturalmente! Ora sei tu il Sakurazukamori!-
- L’unico modo per
succedere al Sakurazukamori in carica è ucciderlo! Lei lo sa benissimo!-
- Si perché il Sakura
per poter controllare un altro cuore deve lasciare libero quello prigioniero
e in questo passaggio si muore. Ma se quel cuore fosse già stato liberato
tempo addietro grazie ad una forza più potente di qualsiasi incantesimo e se
il successore prescelto avesse rifiutato il destino tessuto per lui, cosa
accadrebbe?-
- Papà è vivo perché
il giorno della riscossione del tributo ha donato il suo cuore a Subaru-san?!
Durante questi undici anni ha atteso una forza in grado di domare i ciliegi.
I rami del Sakura si sono seccati e caduti a terra, l’Albero è morto? Ma se
è così è terribile, rischiamo una qualche tragedia se non c’è più l’Albero
ha riequilibrare le sorti tra bene e male. Ying e Yang, l’uno compenetra
l’altro, non si può prescindere né l’uno ne l’altro!-
- Sai quello che devi
fare, custodisci il Sakura, impediscigli di morire!- la donna si alzò e fece
per congedarsi.
- Aspetti, non ho
intenzione di uccidere nessuno io!-
- Vedo che non hai
ancora capito, giovane signore, il Sakura maledetto governa il cuore del suo
custode ma il vero sigillo è colui che governa il Sakura. E’ una cosa molto
rara incontrare uomini in grado di cambiare il mondo! Ancor più rara che
siano padre e figlio! Hokuto-chan partorirà un bambino in grado di sostenere
il peso della nostra famiglia, spero meglio di come ha fatto Subaru-kun! La
biblioteca di cui ti parlavo è tua, te la lascio in eredità, una sorta di
assicurazione per il futuro di questo paese. Per molto tempo ancora il
bambino che deve nascere non saprà cosa farsene, tu invece ne farai un buon
uso. Sono certa che servirai il paese e l’imperatore come e meglio di
qualsiasi tuo predecessore-
- Sumeragi-san,
immagino che questo sia il primo e l’ultimo dei nostri incontri. Solo
un’ultima domanda: se sapeva che ero il figlio di Seishiro perché non si è
vendicata su di me per quello che era stato fatto a Subaru-san?-
- Perché speravo che
tu l’avresti ucciso. Il mondo sta cambiando, stiamo per entrare nel terzo
millennio, secondo il computo occidentale. Ormai è un mondo che non capisco
più, mi ritirerò a vita privata. E’ tempo che i giovani costruiscano quel
mondo migliore che noi abbiamo desiderato ma non abbiamo avuto la forza o il
coraggio di realizzare. Addio, Sakurazukamori, non sempre troverai facile
controllare una così pesante eredità, ma cerca di ricordarti che non sei da
solo, appoggiati a chi ami. Sembra dunque che l’amore vinca davvero su
tutto, no?-
- Beh, non so…forse se ti
chiami Seishiro e Subaru! Addio, Sumeragi-san e grazie!-
In quello stesso
momento, dall’altra parte della città una macchina rossa sfrecciava a
tutta velocità bruciando, quando possibile, qualche semaforo rosso.
L’orologio sul cruscotto batteva le quattro e quarantacinque: aveva solo
un’ora e un quarto per raggiungere Subaru, spiegargli tutto, chiedergli di
perdonarlo, inventarsi una scusa plausibile e presentarsi puntuale
all’appuntamento con suo figlio. Non era facile avere come migliore amico
Kigai, lo cacciava sempre in dei casini immensi, oppure ci si cacciava da
solo?! Raggiunse il solito edificio, salì con il solito ascensore e uscì al
solito quinto piano, si avvicinò alla solita porta come aveva sempre fatto
per tanti anni e non faceva più da almeno altrettanti. Per un attimo pensò
che gli sarebbe venuto ad aprire un ragazzino timido di appena sedici anni
con grandi occhi verdi color delle foglie o peggio una pestifera brunetta
vestita in maniera improbabile. Prima che potesse distogliersi su questi
pensieri e concentrarsi su quello che doveva dire, la porta si spalancò e
lasciò apparire un uomo con grandi occhi verdi stravolti dall’angoscia.
- TU!- balbettò il
padrone di casa portandosi una mano sul cuore- Tu…tu sei vivo, vivo e
vegeto? Oh, cielo, credevo di impazzire! Ma dove sei stato, razza di
incosciente? Che ti sei messo a fare? Volevi farti ammazzare?! Ah, ma magari
lo avesse fatto, così ora risparmiava a me l’incombenza di prenderti a
…Idiota, maledetto idiota dove sei stato?-
Seishiro rimase
sconvolto dalla scenata che il suo amato gli aveva riservato, ancora fermi
sull’uscio Subaru lo stava picchiando a pugni chiusi contro il petto e
piangeva come una fontana.
- Subaru-kun, tesoro,
calmati, sono qui adesso!- gli disse stringendogli i polsi.
- Dove sei stato?-
continuò a stento Sumeragi tra un singhiozzo e un altro- Credevo di
impazzire senza di te, ho pensato anche che eri morto…dov’eri?-
- Da Yuto!-
- Da Yuto-san? Io in
pensiero per te mortalmente preoccupato, tuo figlio in ospedale e tu eri da
Yuto-san! Siete andati ad ubriacarvi allegramente? Hai messo incinta qualche
altra povera sventurata?- Subaru gli assestò una cinquina in piena guancia e
con uno spintone lo rimise fuori la porta per poi chiudergliela in faccia.
Seishiro rimase fermo impassibile per un nanosecondo, poi guardò l’orologio
e capì che non aveva più tanto tempo da perdere in chiacchiere. Suonò con
insistenza al campanello ma senza esito, prese il cellulare e telefonò per
poi sentirsi riattaccare anche quello dopo il primo "Ascolta", perciò non
gli rimase altro che avvicinarsi alla porta e cercare di instaurare una
conversazione in quel modo, sapeva che Subaru era ancora lì vicino.
- Subaru, amore mio,
non mi chiedere il perché di quello che ho fatto, non saprei dirtelo ora,
però le cose sono andate così e io ho capito (come se avessi bisogno di
nuove prove!) che non posso vivere senza di te, che il solo pensiero mi è
insopportabile, che per te sacrificherei tutto, il mio nome, la mia
famiglia…qualsiasi legge o divieto non conta se penso che è per te che
agisco. Lo so, ai tuoi occhi, sembra tutto così assurdo, capisco che tu sia
spaventato. Ascoltami, sono andato da Yuto perché è il primo posto che mi è
venuto in mente qui a Tokyo…Subaru-kun, io ti amo da morire però ora apri
questa porta perché tra poco più di mezz’ora devo essere in ospedale da
Fuma…- non finì il discorso che l’uscio si aprì e ne uscì Sumeragi che si
asciugava l’ennesima lacrima con il dorso della mano.
- Vai da Fuma-kun?-
- Devo-
- Lo dici come se
fosse una condanna, non ti va di vederlo?-
- Muoio dalla voglia,
ma non credo che sia un sentimento contraccambiato-
- No di sicuro!-
- Come sta?-
- Più o meno bene, gli
stanno facendo delle analisi di accertamento. E’ disorientato, chi non lo
sarebbe al suo posto! Ma cosa è successo?-
- La verità è che non
lo seppure io! Il Sakura è come se fosse morto, non mi risponde più-
Parlando, Sakurazuka allungò una mano per accarezzare il volto dell’altro
uomo- Cielo, come sei pallido! Sembri più magro del solito- Lo attrasse nel
suo abbraccio e lo strinse forte a sé- Io non posso vivere senza di te,
Subaru, e non posso neanche morire lasciandoti solo perché mi è impossibile
pensare di essere diviso da te. Ti amo!-
Subaru si ripeté
quelle parole, cento, mille volte, suonavano assolutamente sincere,
assolutamente vere, prive di qualsiasi forzatura, di qualsiasi ostentazione.
Lo fissò in volto e vide quell’unico occhio castano illuminato da amore e
devozione, una luce calda, pulita, una luce che mai si sarebbe riflessa
negli occhi del Sakurazukamori, per quanto questi cercava di cambiare.
Qualcosa di molto profondo e radicale era mutato nel suo animo e dunque nei
suoi occhi. Lo abbracciò a sua volta.
- Sarà meglio andare,
Seishiro, non è il caso di arrivare tardi o Torhu non ti farà neanche
entrare-
- Che gli dico? "Fuma-kun,
tesoro di papà, mi dispiace tanto"? Mi prenderà a scarpate!-
- Si e ti insulterà e
ti farà sentire un verme, è il minimo, direi!-
- Subaru-kun, non ci
voglio andare!-
- Non fare il bambino!-
Nella stanza 303,
c’era un gran affollarsi di persone, nonostante fossero appena passate le
diciotto, orario di apertura per le visite esterne. Yuto si stava facendo
raccontare per sommi capi la storia tenendo d’occhio l’orologio, Torhu
trafficava con i fiori in un continuo avanti e indietro dal bagno, Kotori
stava distribuendo il dolce che aveva preparato e Kamui sedeva su uno
sgabello guardando distratto fuori dalla finestra. Fu il primo a vederli
arrivare: Subaru che camminava di gran carriera trascinandosi dietro un
riluttante Seishiro. Si immaginò subito le urla che ne sarebbero seguite,
così prese la madre da una parte e la pregò di seguirlo dalla caposala
inventandosi un problema con le coperte pur di allontanarla. Sumeragi fece
capolino nella stanza sorridendo a trentadue denti.
- Buonasera! Come va
Fuma-kun?- chiese entrando da solo nella stanza.
- Non c’è male, mi
dimettono domani, neanche c’era bisogno di venire fino a qua- rispose il
ragazzo offrendogli il dolce di Kotori.
- No, grazie! Senti,
di là c’è una persona che ti vorrebbe parlare, la faccio entrare?-
Yuto capì di chi stava
parlando lo sciamano e si alzò di scatto dalla sponda del letto.
- Ma certo, quello
scemo! Seishiro vieni, muoviti!- urlò aprendo la porta.
- No, zio, aspetta…-
ma la protesta del ragazzo non raggiunse le orecchie dell’impiegato comunale
e il padre entrò con una certa titubanza nella stanza.
- Fuma…come va?-
chiese con un fil di voce, quanto non gli piaceva quello che vide.
Sedeva sul letto,
sostenuto da due cuscini dietro alla schiena, in grembo, sulle lenzuola, era
appoggiato un piattino, un braccio era fasciato però non riusciva a vederlo
bene in faccia, infatti il figlio voltò di scatto la testa verso la finestra
in modo che la parte fasciata del volto scomparisse nell’ombra. Avrebbe
voluto avvicinarsi ma si sentì un po’ a disagio. Kotori lo fissava muta,
Yuto non gli toglieva gli occhi dalla schiena, solo Subaru sembrava avere un
po’ di comprensione.
- Fuma, io…- il suo
timido approccio fu bloccato sul nascere dalla voce fredda e distante
dell’ammalato.
- Sto bene, grazie.
Domani mi dimettono, verrò a casa quando starò meglio, sempre che tu lo
voglia. Per oggi non ho voglia di parlare né di ascoltare il discorsetto che
ti sarai preparato, di discorsetti me ne hai già fatti a sufficienza! Non ti
preoccupare di nulla né per Subaru né per quell’altra faccenda che riguarda
la nostra famiglia…non è una cosa che ti riguarda più, ora è solo affar mio-
- Fuma, io sono venuto
a chiederti scusa. Non posso che porgerti le mie scuse e dirti che mi
dispiace tanto-
- D’accordo, l’hai
fatto, ora te ne puoi andare-
- Fuma, perdonami!-
- Ho detto che non ho
voglia di star ad ascoltare, vorrei solo che tu te ne andassi, per oggi-
- Ma io…-
- Subaru-san,
portatelo via, per favore-
Subaru si avvicinò al
letto e gli diede un bacio sulla fronte, solo allora Seishiro notò la
vistosa fasciatura intorno all’occhio destro.
- Cosa è accaduto al
tuo occhio?- quasi urlò il padre mal celando il brutto presentimento che
correva nella sua testa.
- Una sciocchezza!-
rispose Yuto da dietro- Un graffietto da dieci punti di sutura! Comunque
l’occhio sta benissimo-
Seishiro allungò il
braccio per sfiorare la garza ma fu fermato dalla mano di Kotori sul suo
polso.
- Seishiro-san, fra
poco la mamma sarà qui, evitiamo di creare la fine del mondo, non è proprio
il caso e poi Fuma deve riposare-
- Quando starà meglio,
verrà a casa, da noi- aggiunse Subaru appoggiandogli una guancia sulla
spalla- Vero, Fuma-kun?- Seishiro ritirò il braccio e si girò sui tacchi. La
porta si chiuse con un suono sordo e il malato serrò forte occhi e mani per
trattenersi dal dare in escandescenze. La testa gli doleva e tutto intorno a
lui si faceva ovattato e lontano, sentiva il rumore del vento che
scompigliava i rami spogli del maestoso albero, un rumore simile ad un
sibilo, ad un lamento. L’albero stava morendo e gli fu chiaro che se non
faceva subito qualcosa, sarebbe morto anche lui. L’unica cosa però a cui
riusciva a pensare era la rabbia che sentiva crescere dentro ogni volta che
ripensava a come la sua vita era stata stravolta nell’arco di poche ore.
Vide una gemma spuntare tra i rami nudi, una piccola gemma rosa pallido,
quasi bianca. L’odio, il risentimento, la rabbia erano questi i sentimenti
che nutrivano il Sakura maledetto. Nei libri del santuario Yasuda avrebbe
trovato il modo per rendere fattibile questa intuizione, per adesso la
rabbia che provava verso suo padre era un concime più che nutriente. Il
rumore sparì e così la vista del Ciliegio. Riaprì gli occhi e notò subito
che ormai era buio fuori. Girò con fatica la testa che gli doleva ancora e
vide il tubicino della flebo entrare nel suo braccio, lo seguì fino alla
polla che conteneva la soluzione salina e incontrò gli occhi ametista di
Kamui.
- Che ore sono?-
- Quasi le nove-
- Come mai sei ancora
qui?-
- La veglia notturna.
Sei svenuto tutto ad un tratto dopo che tuo padre è andato via. Ti lamentavi
per forti dolori alla testa e ti hanno dato un analgesico potente, visto
quanto hai dormito. Ora come ti senti?-
- Non meglio, ma una
buona dormita aiuterà-
Kamui annuì e gli
prese una mano tra le sue.
- Dormi- gli
sussurrò baciandolo a fior di labbra.
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