PARTE: 4/?
PAIRING: CesareXAxel
RATING: cof cof ... scopano! E linguaggio un pò volgare! #^^#
NOTE: i personaggi sono MII!




Saijinat IV

di Dhely


Pulito. Perfetto. Un lavoro da vero professionista. Ripiego con un mezzo sorriso il giornale su cui, in prima pagina, spicca la notizia dell'omicidio della morte di uno dei capi mafiosi più influenti di Pietroburgo e di tutta la Russia. Un nuovo inizio della guerra per la spartizione in nuove aree d'influenza della città?
Sorrido spegnendo la sigaretta con noncuranza. L'assassinio di Ivahin è riportato a pagina 14, tra le notizie locali. Un uomo morto in un parco, si presume per rapina.
La hall dell'albergo è ampia e ora vuota, a quest'ora gli ospiti sono nel salone ristorante o fuori, in città. Mi alzo lasciando il giornale sulla poltrona, ricambio il sorriso interessato di una cameriera che mi passa davanti ancheggiando ed esco all'aperto. Ho voglia di sentirmi un po' addosso quel vento pulito che viene dal Baltico e che già a inizio agosto porta la fine dell'estate.
L'albergo è un casermone nuovo con davanti un'enorme colata da cemento che fa da parcheggio, ma ai suoi lati è sorto un quartiere residenziale che ha reso necessaria l'esistenza di parchi, piante, giochi per bambini e panchine.
Un professionista. Mi sono sempre considerato tale, i miei lavori sono perfetti, lo saranno sempre . . un'altra sigaretta che fatica ad accendersi nel vento insinuante. Un signore porta a spasso un cane che passa il suo tempo a scodinzolare e ad abbaiare ai piccioni. In un condominio più in là vedo una donna che si sporge da un balcone e chiamare un nome, tra i bambini che giocano intorno alle altalene uno alza la mano in un cenno di saluto poi si mette a correre verso a casa. La luce è ancora alta, mi sembrano le 5 del pomeriggio invece sono passate le 20. Una donna passa al mio fianco con una cesta in cui porta dei micini piccoli, mi guarda e mi sorride dolce, l'espressione di una nonna . . e come le devo sembrare alieno, io, i miei jeans, la mia camicia bianca, la mia giacca nera a tre quarti e lei, la gonna ampia a fiori, il grembiule fatto a mano, il fazzoletto liso in testa . . eppure i suoi occhi sembrano quelli di una nonna, come da qualunque parte del mondo. Chiari e dolci. Per un attimo penso che Erik è di queste parti, dopo tutto i suoi erano polacchi e in effetti i suoi occhi sono simili a quelli di questa gente. Ovviamente i suoi non sono dolci, ma sono chiari e trasparenti, e sembrano contenere tutta la saggezza dell'universo.
Un'altra sigaretta.
Le nubi corrono bianche e soffici sopra di me, un cielo azzurro che sembra piatto tanto lo è la terra che rispecchia. Non ho mai visto una cosa simile, non sono abituato a una simile pianura sconfinata che fa apparire il cielo come il fondale di un teatro, dipinto di un azzurro bidimensionale, senza profondità, senza . .  senza speranza. Cerco lassù qualcosa, uno squarcio che mi dimostri che no, mi sto sbagliando ma il vento mi pare il suono lieve di una risata, e io sorrido a mia volta. Nessuna risposta può arrivare da fuori di noi. Non c'è cielo né inferno, non c'è né paradiso né colpa né espiazione né premio né null'altro che questo schifo di vita. Il cielo è così piatto sopra di me.
Sollevo una mano, mi sembra possibile perfino riuscire a toccarlo . . e invece c'è solo il vento che mi accarezza. le dita, che gioca coi miei capelli, che confonde i miei pensieri facendomi cadere in questa assurda malinconia. Che odio.
La cenere cade a terra, la brace arrossa e poi si spegne piano a contatto col filtro, io la lascio cadere a terra, inutile. Cazzo, era l'ultima.
C'è una panchina vuota, potrei sedermi lì e guardare ancora quel cielo e sentirmi il vento addosso e farmi sommergere dai pensieri, dai ricordi. Ma non è questo che voglio.
Certe cose sono più difficili che uccidere un uomo, m'infilo le mani in tasca e sospiro, certe cose fanno più male  che delle rasoiate sulla pelle.
La notte arriva anche per i 'professionisti' e ad esorcizzare i demoni si fa sempre più fatica . . ho quasi trent'anni e già mi sento vecchio . . mi viene solo da sogghignare di compassione all'immagine d'un giovane uomo aitante e ben curato che mi fissa dallo specchio dell'ascensore.
La porta della mia stanza si apre, io sbuffo gettando la giacca sul letto pensando a un modo interessante per  finire la giornata. Potrei uscire . . ho voglia di bere e di una scopata come si deve, una di quelle che si possono fare solo con le straniere, che non capiscono un accidente della mia lingua ma che ti fanno fare di tutto. Inizio a visualizzare questa opzione che già mi ritrovo Lars fra i coglioni, lì che mi fissa con i suoi occhioni imploranti e spauriti che oggi gli spezzerei il collo solo per quello.
Ovviamente faccio finta di niente, non sarà certo un genezero a farmi sputare fuori quanto mi possa sentire di merda dopo essermi comportato da perfetto 'professionista'.
"Lars, ho una buona notizia per te."
Lo vedo appoggiarsi allo stipite della porta, la curiosità dipinta su quel volto da bambino e lo stupore di fronte al mio tono forzatamente lieve.
"Un . . una sorpresa?"
So che non era la parola che cercava ma ha capito. Mi siedo sulla poltrona invitandolo a venire avanti con un cenno della mano. "Fra poco mi verrà assegnato un nuovo incarico, al massimo 5 giorni e parto. Sei libero."
Sgrana gli occhi mentre mi volto verso la mia valigetta. "Scu . . scusa?" balbetta appena.
"Te l'ho detto. Ci ho pensato, dopo tutto è grazie a te che ho incastrato Ivahin per cui non ti ammazzo come faccio con tutti gli altri genezero che ogni tanto lavorano per me. Ti levo il microchip e poi uno dei nostri mi deve un favore per cui ti dimenticherai tutto."
Lo vedo curiosamente angosciato "E poi?"
Sospiro, il mio volto una maschera impassibile mentre estraggo degli oggetti metallici che mi serviranno per estrargli il microchip. "E poi niente. Non sono interessato a organizzare la tua vita."
Lars si posa una mano sulle labbra, il terrore dipinto a chiare le lettere sul suo volto diafano. "Vuol dire che . . che mi lasci solo?"
Gli rispondo sollevando appena un sopracciglio. "Vuol dire che ti lascio vivo."
Barcolla quasi sotto le mie parole, troppo sconvolto per riuscire anche solo a pensare qualcosa. Mi domando se sia proprio scemo così al naturale oppure si metta d'impegno. Sospiro passandomi una mano fra i capelli, una scenata isterica è proprio l'ultima cosa di cui ho bisogno in una giornata simile.
Le spalle di Lars iniziano a tremare, lacrime gli riempiono gli occhi, si appoggia pesantemente al muro soffocando i singhiozzi. "No . . no ti prego ..."
Scivola sulle ginocchia, si copre il viso con le mani, è sul punto di strisciare verso di me ma forse non ne ha la forza, forse si ricorda che io non  sopporto essere toccato senza aver dato il mio permesso.
Sbuffo seccato e so che il mio sguardo non deve essere molto conciliante.
Odio certe manifestazioni eccessive di . . di rifiuto. "Mi preghi? Permettimi almeno di non comprendere. - solleva appena il capo, il volto delicato madido di lacrime, è sul punto di replicare qualcosa ma ho la  sensazione che sarà qualcosa che mi farà venire i nervi, per cui lo interrompo - Ma fa nulla. Possiamo metterci d'accordo senza tutte queste scenate. Posso darti anche qualche dollaro . . "
Lui m'interrompe avvicinandosi, appoggia la fronte alle mie ginocchia e piange senza freni. Non so dire se sono più sbalordito o incazzato. Il mio lavoro è già sufficientemente stressante per aver fisicamente bisogno di un po' di relax  dopo ogni missione già di solito, e l'idea di dovermi sorbire anche una piattola simile . . Lars si asciuga le guance col dorso delle mani. "Non lasciarmi solo!"
Credo di fulminarlo con lo sguardo ma lui non fa neanche una piega. "Ok, va bene, dimmi tu cosa vuoi ancora in più."
Abbassa il capo, fissando la moquette. Non voglio entrargli ancora nella testa, sono un empate ma questa cosa mi esaurisce e oggi . . oggi no.
"Ti prego . . io . . io non voglio . . stare solo . . ancora."
Lurido genezero schifoso! Se potessi lo picchierei. Chi cazzo sei per guardarmi così che pare che mi stai facendo una predica e pregarmi e . . e pretendere chissà cosa? Io ti ammazzo! "Hai vissuto fino ad ora . . non posso farti altro che farti scopare insieme a persone come Volkan."
Per la prima volta la sua reazione mi stupisce davvero, si alza in piedi di scatto, sconvolto, spaventato ma determinato, a modo suo...
"Guardami!- si posa le mani aperte sul petto, il maglione ampio e bianco sembra, anche se comprato su misura, troppo grande per quel passerotto spaventato - Credi che non lo sappia che sono bello? Credi che non noti come mi guarda la gente?"
Singhiozza penosamente, altre lacrime, io che non capisco dove voglia andare a parare ma che ho, come unico pensiero, il desiderio di fumarmi una sigaretta e di scopare fino a svenire, scopare fino a sputare l'anima, scopare fino a dimenticare anche come mi chiamo.
"Non ho mai pensato che fossi così scemo." La mia risposta cinica, il tono gelido arrivano alla meta; Lars barcolla, abbassa la voce e china il capo.
"Lo so bene che non t'interessa cosa . . da dove vengo . . il mio passato."
Fa una pausa come se si attendesse che lo smentisse ma un mio nuovo sbuffo seccato. Eccola, la scena patetica che mi aspettavo molto tempo prima ... vuole la mia compassione ma oggi . . bah! ha proprio sbagliato giorno.
"Appunto, Lars. Non m'interessa. Decidi a chiedere cosa vuoi, altrimenti potrei sempre cambiare idea."
S'irrigidisce, contrae la mascella poi continua "Mia madre  mi ha venduto quando ero piccolo, e . . "
"Lars!- sbotto di brutto, proprio seccato - Non m'interessa un accidente di niente della tua fottuta infanzia!"
"Invece adesso ascolti! -  un ordine! il tono di voce di un ordine! cazzo adesso mi alzo da qui e gli spacco il culo a questo schifoso bastardo genezero! Lo scintillio davvero pericoloso del mio sguardo basta per fargli abbassare la cresta, perché ritorni il terrore in quei due laghi, ma non tace. - Mi hanno venduto a una famiglia ricca. Ma non è questo l'importante. Qui è normale . . essere venduti, intendo . . "
Deglutisce, io sospiro, sconfitto. Dopo questo lo sgozzo, ma almeno che abbia la soddisfazione di dire tutto quello che vuole . "Vai avanti e salta i particolari patetici e penosi. Ne ho già a sufficienza dei miei di ricordi schifosi."
"Ho fatto il servo per questa famiglia da sempre. E' lì che ho imparato l'inglese e tutto il resto. - col capo chino, abbassa la voce - Adesso sono caduti in disgrazia e mi hanno sbattuto per strada. Io . . io non so fare nulla che possa essermi utile per sopravvivere, capisci? Non so coltivare un orto o allevare qualche animale, non so rammendare o .. o fare da mangiare. Servivo a tavola, preparavo la sala da pranzo, rassettavo le stanze . . fuori da lì io non  .. - tutta la sua baldanza svanisce, le ginocchia si piegano, scivola di nuovo a terra, un'espressione affranta e disperata sul viso, ma non piange più - Non c'è più nessuno che mi dica cosa fare. Non posso stare da solo, non so farlo. Cosa credi che sia stato Volkan? E' stato . . - stringe gli occhi e i pugni - orribile, ma da solo, senza . . senza di te, non farei forse quella fine? Non ci sarebbe nessuno . . che viene a prendermi per portarmi via . . "
Mi sento come inchiodato qui da quelle parole. Sono un empate, posso  non aprire il contatto ma non posso non sentire *questo*! Questo dolore, questa disperazione, questa paura! Perché me li sbatte sulle spalle? Perché devo portarli io al posto suo? Non voglio! Cazzo no! Mi alzo in piedi di scatto, lui non si muove, io che sono tutto un fremito. Dio fa che non mi veda così . . calmati, Cesare, calmati, calmati, calmati . . respiro piano, trovo il controllo. Dovrei ammazzarlo solo per questo.
"Credi che m'importi?"
I suoi capelli biondi ondeggiano avanti e indietro, piano, quasi ipnotici.
"No, lo so, non devi giustificarti. Ma almeno . . almeno uccidimi. Non farmi morire come . . - un singhiozzo - come avrei potuto morire se fossi stato da solo con Volkan."
Non mi sta chiedendo nulla di quello che potevo e volevo dargli, no. Mi sta chiedendo pietà. Molti l'hanno fatto e non li ho mai esauditi, sono un killer, mica una suora! Ma mai nessuno mi aveva chiesto un simile gesto di pietà. Sono io a crollare, questa volta. Ho voglia . . ho bisogno di bere, di fumare e di scopare . . sì una bella scopata.
Sto andando a pezzi e nessuno se ne accorge, e Lars, questo stronzo!, piange e chiede di morire! Quando lo chiesi io, nessuno ebbe questa pietà per me, quando ho deciso di farlo da solo, sono venuti a riportarmi indietro perché *dovevo* vivere. Perché è vivendo che si scontano i peccati. Magari lui non ha peccati da scontare . . ma chi è che decide? Stringo i denti. Il controllo . . l'ho esercitato per anni e ora l'abitudine mi viene in aiuto.
Sono *io* che decido. Io.
Qualcuno bussa alla porta, ritorno immediatamente di ghiaccio mentre Lars si fa piccolo piccolo, rintanandosi in un cantuccio. Sono un fascio di nervi sul punto di esplodere, ho bisogno di qualche secondo per riprendere per bene il controllo di me. Muovo secca una mano in direzione di Lars schioccando le dita.
"Vai ad aprire."
Lui mi guarda ma obbedisce e se ha qualcosa da dire se lo tiene per sé.
Quattro passi alla porta, il cardine sopra che cigola leggermente, la voce gentile ed educata di Lars, un'altra che risponde, asciutta, decisa, diretta. La conosco . . un lampo mi solca il cervello.
"Sono qui per Cesare. Togliti dai piedi!"
Axel!
Mi sollevo lentamente e compongo un sorriso beffardo di fronte a colui che è la cosa più simile a un amico che abbia mai avuto. I suoi capelli castani chiari con forti sfumature ramate gli ricadono morbidi appena sotto le orecchie, se li è fatti crescere e gli occhi, miele di castagno, sono luminosi come sempre. E' alto come me ma più muscoloso, spinge di lato Lars senza troppi complimenti e si pianta sull'entrata, mani sui fianchi.
"Hei italiano! Da quando hai un maggiordomo?!"
Sorrido tendendogli una mano.
"Da quando sto lavorando per fare carriera."
Sorrido al suono della sua risata e quasi mi strozzo quando mi dà una delle sue solite pacche vigorose sulle spalle. Ma Axel è proprio quello di cui oggi ho bisogno, lui è una delle poche persona con cui riesca davvero a rilassarmi.
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"Te lo dicevo che al Landskrona si mangiava da dio!"
Annuisco guardando fuori dall'ampia vetrata. La prospettiva Nevskij è sotto di noi, si vede la Neva, i palazzi illuminati, l'Ermitage, là in fondo e tutto il fascino di Pietroburgo dispiegato ai nostri piedi.
"Non è mai successo che non conoscessi un posto chic dove si mangiasse bene, Axel."
Posa il bicchiere di vino con un mezzo ghigno che conosco bene . . dopo tutto, durante l'addestramento siamo stati compagni di stanza per anni.
Fissa Lars per un pezzo e infine si stringe nelle spalle.
"Sono qui per lavoro, presumo che lo immagini . ."
Annuisco. "Non dev'essere facile per quelli come te avere delle giornate di ferie, no?"
Sorride in risposta. E' un mio superiore nonostante l'amicizia e il motivo di tanta diseguaglianza tra me e lui  che siamo sempre stati alla pari mi balza alla mente, ma lo scaccio come se fosse solo una mosca fastidiosa.
"I complimenti per te sono scontati. Ma il signorino qui. - indica Lars - Qualcuno vorrebbe spiegazioni"
Mi stringo nelle spalle. Sento Lars sul punto di piangere ma la cosa non mi sfiora.
"Lui è Lars. E' mio."
Nient'altro. Lars sobbalza al mio fianco ma non fiata, Axel intreccia le mani sulla tovaglia con una lievissima sfumatura d'irritazione.
"E' un genezero."
Abbasso la voce ancor più di quanto abbia fatto lui.
"Che io uso. Ha una scarsissima forza di volontà e mi è assolutamente trasparente. Me ne sono servito per entrare in luoghi ove non avrei mai potuto mettere piede, ho scoperto che può essermi d'aiuto in molti modi. Voi mi date gli ordini, che v'importa in che modo li eseguo?"
Axel scuote il capo. "Lo sai qual è il problema. ."
Annuisco poi poso un dito sotto il mento di Lars e lo obbligo a sollevare il capo. "Lo so . . ma trovami uno dei nostri altrettanto sensibile ai miei poteri e bello almeno quanto lui, e allora ne possiamo parlare."
Lars trema ed arrossisce, Axel sorride annuendo col capo. " Bhè, un punto per te, pare. D'accordo, lo puoi tenere."
Non avevo dubbi, Axel. Da quando puoi rifiutarmi qualcosa? Vorrei dirglielo, ma non così, non in pubblico.
Chiama il cameriere e sul conto posa una carta di credito, poi mi guarda, il suo  solito sguardo tiepido. Io gli sorrido appena.
"Sei sempre troppo tenero con me. Un giorno se ne accorgeranno."
Lui ride, il bel sorriso scintillante di luce e vita che ricordavo. "Hei, italiano! Finchè i lavori continuerai a portarli a termine in maniera tanto eccellente, nessuno mai avrà nulla da dire!"
Lars mi guarda adorante ma fingo indifferenza. Quello che ho detto ad Axel è solo la pura verità; se vuole vivere vivrà obbedendomi. E quando sarò stufo morirà, è tutto così semplice . .
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Il taxi che ci ha portato in albergo era roba di lusso, Lars ne è rimasto incantato, da bambino qual è, io me lo sono semplicemente goduto mentre Axel non pareva essere abituato a nulla di meno.
Lungo il corridoio, indico a Lars la sua stanza. "Vai e stacci. Chiudi la porta comunicante, io e Axel dobbiamo parlare di lavoro e di cose private."
Tono secco e marziale, il mio. Vedo Lars che, movenze eleganti, scompare dietro la porta e poi mi volto verso Axel che sogghigna.
"Certo che è proprio bello."
Annuisco, una luce ferina mi brilla negli occhi mentre mi lecco quasi soprappensiero le labbra "Tanto bello quanto scemo"
Lui ride, di nuovo, questa volta un suono più gorgogliato, soffocato in gola mentre mi fissa passare la tessera magnetica nella serratura.
"Non hai perso il tuo buon gusto."
Il 'bip' elettronico mi titilla le orecchie, gli sorrido mentre gli spalanco la porta e facendogli cenno di entrare. "Pare di no." un sussurro e un sorriso, un lampo che mi solca lo sguardo e so già che è eccitato. Lo sento dal profumo che ha la sua pelle, dalla sua espressione, dalla luce strana che gli si è accesa sotto le ciglia.
Axel, è proprio il cielo che ti manda! . . non faccio neppure in tempo a finire di pensarlo, supero appena la soglia della stanza che lui è lì, mi abbraccia, mi fa arretrare, mi fa chiudere la porta col mio peso mentre mi si preme addosso. Le labbra sulle mie mi trasmettono come una scossa elettrica, lo abbraccio, il suo torace ampio, i suoi capelli folti in cui è meraviglioso affondare le mani e lui il solito bastardo, a strusciare il suo cazzo contro il mio, a succhiarmi la lingua come se mi stesse facendo un bel pompino . . Axel è sempre stato così assolutamente inebriante nella sua completa mancanza di freni e di inibizioni . . mi tiene fermo il capo contro la porta e lui si stacca un attimo per respirare. Gli sorrido arricciando appena le labbra.
"Sei un bastardo, Cesare! Hai passato tutta la sera a provocarmi!"
Rido con lui, socchiudo appena le labbra, i denti, abbasso un poco le palpebre in un gesto che so incredibilmente sensuale.
"Sei già sazio? Sono qui che aspetto."
Non mi bacia, no. Mi assale. La sua bocca pare che voglia mangiarmi, mi morde il collo, le spalle mentre mi stringe e si struscia contro di me che sono già tutto un fuoco, il cazzo duro come il marmo che sembra volermi scoppiare fuori dai pantaloni, che sembra volere sfregarsi contro il suo, altrettanto duro, altrettanto gonfio. Voglio fotterti, Axel! Voglio fotterti fotterti fotterti . . Non resisto più . . gli strappo di dosso la giacca, lo aiuto a liberarsi della maglietta mentre lui mi slaccia la camicia mentre camminiamo verso il letto mentre ansanti ci liberiamo di tutti gli impacci, di tutti i vestiti, di tutti i pensieri. Ci crolliamo sopra, avvinti, stretti ci strusciamo l'un l'altro, gemo con lui, rotolando fra le lenzuola.
Una lotta, ecco cos'è . . gli prendo il cazzo fra le mani ma lui, improvvisamente mi ferma.
"Lascia perdere queste strozzate! - mi bacia con forza, mi tira verso di lui, mi azzanna un orecchio - Ti ricordi la prima volta che l'abbiamo fatto?"
Sorrido. Che domanda cogliona, certo che sì! Mi sfiora la schiena con le mani facendomi tremare anche l'anima, fino ad arrivare ad artigliarmi il culo e ride. "Come quella volta! Ti prego ti prego ti prego!"
Non c'è da preoccuparsi tanto, mi ci vuole un attimo per sistemarmi, non aspettavo nient'altro. Un affondo secco, brusco, e lo penetro.
Lui si tende, chiude gli occhi, sente male ma non gli lascio tempo d'abituarsi. Non me ne frega niente. La prima volta che l'ho scopato, nella nostra stanza da studenti, non me ne fregava niente che gli piacesse o meno.
Ne avevo bisogno. Ne ho bisogno adesso.
Ma lui gode. Il bastardo sotto di me, impalato, gode come un animale a sentirmi andare avanti e indietro dentro di lui. E io che sto per scoppiare e lui che tira indietro il capo, mi passa le mani sul corpo, un massaggio incredibile, sensuale, lava solida che mi traccia sentieri sulla pelle sudata, che basterebbe da sola a farmi venire, mi guarda fra le palpebre socchiuse e mi chiama. Urla il mio nome e a me non frega niente, chiami chi vuole, sogni chi vuole di notte, io voglio il suo corpo, qui, adesso, subito.
"Cesare, fottimi!"
Lui urla.
Io non lo ascolto, lo guardo venire sul mio ventre, singhiozza e piange, le labbra rosse e umide, è mio . . è mio . . è mio . . mio . . mio . . Vengo dentro di lui con questo pensiero infisso in mente e i denti piantati nelle labbra per non urlare.
Mi lascio andare, per un attimo cerco di non finirgli addosso, ma le sue braccia mi circondano le spalle e mi fanno appoggiare al suo petto. Con un sospiro faccio come vuole lui, sa che non mi piacciono le effusioni dopo l'orgasmo ma, per una volta potrei fargli un favore. E' caldo e il suo petto ampio sembra una cassa di risonanza, sento il suo cuore ritmare il silenzio che ci circonda poi un sospiro e rotolo su un fianco, dandogli la schiena. Lo sento sorridere piano, sfiorandomi con la punta dei polpastrelli la spina dorsale e poi seguire i contorni dei muscoli.
"Non ho mai capito perché ti disgusta così tanto."
Mi viene da ridere e mi volto verso di lui. I suoi occhi liquidi e caldi rimandano un'immagine di me come avvolta in una densa nube, lussuria probabilmente.
"Non mi disgusta affatto!"
Si puntella con un gomito sfiorandomi il labbro inferiore che sanguina, il morso che mi sono auto inflitto per non urlare.
"Non intendevo lo scopare con me ma il fatto di . . - cerca una parola che non gli viene, si china su di me e lecca il sangue, lentamente, e anche se sento dolore è un qualcosa di estremamente sensuale - . . di dimostrare che anche tu godi, che non sei una statua di ghiaccio."
Lo guardo a metà tra lo stupito e il divertito. Fingere offesa non riuscirei.
"Ma sei scemo? Ti sembro una statua di ghiaccio?"
Lui ride di gusto. "Io *so* che non lo sei, a volte però mi pare che tu voglia convincere te stesso che non hai sangue nelle vene. - diventa serio, appoggiando la fronte alla mia, una ruga profonda a offuscargli lo sguardo - Sei ancora troppo forte per soffrire di tutte le sciocchezze che la vita ti porta, no?"
Uno sbuffo seccato, mi sciolgo dal suo abbraccio e mi metto a sedere. "Vado a farmi una doccia."
Questo discorso l'abbiamo fatto centinaia di volte e lui lo sa che non lo sopporto eppure tutte le volte . . Mi prende per un braccio e mi butta di traverso sul letto, mettendosi a cavalcioni. Maledizione a me che con lui non riesco a stare arrabbiato per più di due secondi e lui ne approfitta!
Mi bacia piano il collo, accarezzandomi le spalle, il petto, mi lecca lentamente la piccola fossetta che si forma dove il collo s'impianta
nell'addome, un posto che sa essere particolarmente sensibile, che sa che mi fa impazzire.
Mugolo appena cercando senza convinzione di liberarmi dal suo abbraccio.
"Non andare già . . è da anni che non ci vediamo . .  non hai voglia di scopare ancora un po'?"
Sorrido chiudendo piano gli occhi, mettendomi comodo. "Se tu hai tempo . ." il fiato mi si mozza in gola a sentire la lingua di Axel intorno al mio capezzolo. Mi bacia lentamente il petto, sfiorandomi i fianchi, facendomi torcere per una specie di solletico che non arriva alla soglia del dolore ma impossibile da non notare.
"Ho tutto il tempo del mondo, per te . . - un sorriso soffocato - E il povero Lars? Sono certo che te lo ripassi ogni giorno!"
Sorrido a sentire che i denti stanno ripercorrendo la strada tracciata dalla lingua. "L'ho toccato una volta sola . . anche se non mi credi . ."
Lui ridacchia, non sembra convinto ma a quanto pare abbiamo entrambi altre cose intorno a cui concentrarci. I miei capezzoli, per esempio, il mio cazzo, che lui continua ad accarezzare di sfuggita con una gamba, il suo cazzo che struscia contro un mio fianco . . Rischio di diventare matto, non mi lascia toccarlo e non so fare altro che stare lì, il fuoco nelle vene, a cercare di soffocare i gemiti che mi escono dalla gola, ad artigliare le lenzuola e a non muovermi .
Mi morde piano il ventre, i fianchi sotto le costole, la mia pelle morbida si piega sotto la pressione, cerca l'ombelico e lo tormenta piano . . piano. . piano . . dannatamente piano . .
"A . . Axel . ."
Lo sento ridere. "Sono riuscito a farti dire il mio nome . .  merito un premio . . "
Si china un poco, non riesco a vedere altro i suoi capelli di quel colore incredibile, ma sento le sue labbra scivolare sul mio cazzo che è di nuovo sull'attenti . . oh sì . . sì. Axel .. Il ritmo è lento, ossessivo, non lo cambia mai, non aumenta quando vorrei e non mi lascia un momento di respiro.
Lo sento strusciarsi contro di me e quasi vorrei urlare di muoversi ma non lo farebbe comunque. Mi viene da piangere dalla frustrazione , gli infilo le mani nei capelli ma lui riesce a liberarsi in un modo che non riesco a capire, il mondo scolorito in un'approssimazione . . Le sue mani su e giù le mie gambe, sfiorano la pelle morbida dell'interno coscia, seguono le tracce di saliva lasciate sul mio cazzo e dio . . io sono in paradiso . .
Un calore incredibile mi brucia il ventre, non ne posso più, non ne posso più, muoio . . sto per morire . .
"Axel! - urlo chiudendo con forza gli occhi - Sto per . . togliti da lì . ."
Sento le sue labbra torcersi come in un sorriso e prendere a succhiare con più forza. Gli vengo in bocca come un ragazzino  . . e mi sento così bene come non mi sono mai sentito prima in vita mia. Axel scivola al mio fianco e lo sento fissarmi anche attraverso le palpebre abbassate.
Gli sorrido socchiudendo gli occhi. Una goccia di sperma gli brilla sul bordo delle labbra, sollevo una mano e lo pulisco, devo avere un'espressione ebete tanto sono soddisfatto ma lui sorride, mordendomi il polpastrello. Non l'avevamo mai fatto così . . tra di noi, intendo. Mi è sempre sembrata una cosa . . degradante, ma Axel non sembra particolarmente privato della sua dignità.
Mi sorride strano. "Volevo sapere che sapore avevi tu."
Sospiro piano. Sono così stanco. "E sono buono?"
Mi abbraccia baciandomi un orecchio stringendomi a lui. "Buonissimo. Sei proprio come mi immaginavo . . "
Sbadiglio sfregando la spalla contro la sua spalla. "Eppure ero certo che non mi avresti creduto quando ti dicevo che non mi scopo Lars tutti i giorni."
Mi passa una mano sotto il mento e mi fa sollevare il viso. "Scusa, ma voglio guardarti un po' . . perché non avrei dovuto crederti?"
Sorrido. Mi sento annebbiato e stanco, ma soddisfatto. Sono così . . svuotato e . . non trovo termini . . ma Axel . . Axel è sempre stato speciale, solo lui sa farmi sentire così. "Perché non hai visto? Ha gli occhi di . ."
Axel si muove di scatto, mi copre le labbra con le sue, mi stringe a sé, lasciandomi senza fiato. Sembra . . disperato? Quando si stacca ansima un po' ma ha gli occhi lucidi.
"Non dirlo . . per favore, non dire quel nome. Non adesso. Non quando sei con me . ."
Vorrei potergli dire che è solo uno sciocco emotivo, ma non ce la faccio.
Chiudo piano gli occhi soffocando uno sbadiglio sulla sua spalla. Mi viene da sorridere ma non capisco il perché. So solo che ho sonno.







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