SERIE: i personaggi sono
originali, sono tutti ed assolutamente miei, diciamo però che mi sono
ispitrata notevolmente a una serie di fumetti americani, gli X men. Vivono
in quell'universo ma credo che anche se non ne sapete nulla si riesce a
capire lo stesso il succo della vicenda!! Per ulteriori spiegazioni
domandate pure o in ml o in privato (erichmagnus@hotmail.com) che io sono
sempre a disposizione
Saijinat
di Dhely
parte III
Mai trovato un soggetto così
trasparente e quiescente ai miei poteri, questo
lo devo ammettere. La cena è filata liscia come l'olio, era come se
davvero
io fossi stato lì davanti all'uomo di Volkan, uno dei capi della nuova
mafia
russa. Lars sembra nato per essere una mia estensione fisica, i movimenti
quelli che io volevo che fossero, le parole quelle che io gli suggerivo e
gli sguardi . . bhè, gli sguardi erano gli sguardi soliti di Lars.
Davvero
un ottimo acquisto nonostante sia stato fatto del tutto alla cieca; ogni
tanto la fortuna pare intenzionata ad aiutarmi.
Mi tolgo gli occhiali leggeri e mi stropiccio gli occhi, stanchi per aver
fissato lo schermo a cristalli liquidi del computer portatile mentre il
cervello mi viene trapassata come da miliardi di spilli.
Andiamo che ho quasi finito . . dalla porta comunicante con l'altra stanza
filtra ancora luce. Chissà cosa starà facendo al posto di riposarsi . .
eppure l'ho avvisato che domani sarà una giornata pesante.
Al diavolo!
Non sono la sua balia e se fa qualche errore gli darò una lezione che non
si
dimenticherà tanto presto. Mi tiro sulla sedia, lascio cadere la testa
all'indietro con un sospiro e mi copro gli occhi con i dorsi delle mani.
Sento Lars avvicinarsi alla porta e sbuffo piano. La apre e lo sento lì
in
piedi, tutto intento a fissarmi, quasi a mangiarmi con gli occhi che, come
mani, me li sento scivolare addosso.
"Sì, Lars?"
Tengo un tono neutro, quasi distaccato ma non aspro, dopo tutto ha fatto
un
buon lavoro nonostante il poco tempo che ho avuto per addestrarlo. Si è
comportato come se fosse stato una spugna, ha assorbito i miei ordini in
maniera del tutto immediata e perfetta. Tossicchia appena, immagino il
rossore tenuo invadergli le gote morbide e bianche e un lungo respiro a
prendere coraggio.
"Posso tenere la porta aperta?"
Le labbra mi si piegano in un sorriso rilassato. Il suo timore di essere
abbandonato mi travolgerebbe se non fossi abituato a controllare in
maniera
perfetta il mio potere e se non fossi così stanco.
"La porta aperta? Non hai forse paura di dormire al buio o da solo,
vero? -
poi sorrido dolcemente, mettendomi di nuovo seduto composto, lo guardo
appena con la coda dell'occhio mentre luci scintillano nel mio campo
visivo,
bianche e cadaveriche. - Fa nulla. Che tu sia un bambino l'avevo già
capito.
Se ti fa piacere fai pure, non mi dà fastidio."
Si stringe le mani tormentandosele, poi sospira avvicinandosi di un passo.
"Grazie. - sussurra appena, poi si ferma - Davvero domani devo
incontrare
quell'uomo?"
Mi rimetto gli occhiali con un gesto misurato e gelido, un sorriso di
marmo
sulle labbra e uno scintillio d'assenzio nelle iridi ghiacciate.
"C'eri
anche tu durante la cena, mi pare? Andrai da Volkan e . . e gli darai quel
che vuole."
Io lo so, lui lo sa. Entrambi ne siamo consapevoli e poi . . poi viene
pagato proprio per questo.*Io* sono considerato degno di considerazione
solo
per questo, solo finchè eseguirò bene gli ordini che mi sono stati
impartiti. Non siamo in situazione tanto diverse, io e lui. Mi volto verso
il portatile con un ultimo cenno del capo, spero che capisca che non
voglio
più essere disturbato con i suoi stupidi dubbi, mi sento troppa poca
forza
che mi scorre nelle vene per riuscire anche a battibeccare con questo
bambino.
Lars, indifferente al mio tentativo di chiudere la conversazione, riprende
a
parlare "Posso stare qui un po'?"
Non sollevo neppure lo sguardo mentre le dita si muovono agili sulla
tastiera "Qui? Purché stia zitto e non mi disturbi . "
Come sono magnanimo, stasera! Sento una specie di fruscio, un suono
strano,
soffocato quasi che mi fa sollevare lo sguardo e lo vedo accoccolato per
terra, contro lo stipite della porta, il capo appoggiato alle ginocchia.
" .
. grazie . . "
Sospiro appena, a metà fra il seccato e l'intenerito. "Ma non sei più
comodo
a stare seduto su una poltrona in camera tua?"
Muove appena il capo negando in silenzio, mi fissa con quei suoi occhioni
azzurro cielo che maledizione se potessi glieli strapperei. "Posso
stare qui
a guardarti?"
Devo avere un'espressione da ebete dipinta sul viso, d'altra parte, di
fronte a un'affermazione simile che razza di reazione si può avere? Sto lì
e
lo fisso cercando di capire se mi sta prendendo per i fondelli o cosa, ma
di
fronte mi trovo solo quel ragazzino rannicchiato e semi impaurito che non
assomiglia per nulla a quel giovane uomo attraente andato a cena con uno
degli aiutanti di uno dei boss più influenti della mafia russa.
Assomiglia a
un bel bambolotto, sì, un burattino senza fili che sta lì e mi fissa,
come
se tutta la vita potesse passarla in quel modo, con quegli occhi troppo
chiari che mi trapassano il cervello, dandomi un dolore difficilmente
sopportabile. Sospiro stringendomi nelle spalle e ritornando al mio
lavoro.
Io sono il suo sole, dopo tutto il mio potere non sbaglia mai.
"Fai come ti pare."
Mi accendo un'altra sigaretta, sperando che la nicotina attenui per un
poco
il terribile mal di capo che mi sta trafiggendo per riuscire a finire
almeno
questo cazzo di rapporto. Che palle. Il pensiero che lo leggerà Erik mi dà
una strana sensazione alla bocca dello stomaco ma l'idea che c'è in ballo
una promozione . . a dire il vero non so quale delle due cose mi ecciti di
più, in questo momento. Anche se Erik . . lui, i suoi occhi . . è meglio
che
smetta di comportarmi come un adolescente in calore altrimenti non riuscirò
a finire il mio lavoro prima che il dolore mi annienti. Dopo tutto Erik mi
giudica in base a questo, e deve essere perfetto. Voglio essere perfetto
per
lui. Sollevo di nuovo lo sguardo su Lars, gli occhi così chiari e
trasparenti che quando non sono pieni di terrore assomigliano davvero ai
*suoi*, e io che rischio di affogarci dentro e lui che non se ne rende
davvero conto.
E' una fortuna, sono stanco, mortalmente stanco, e non posso permettermi
di
capitolare in questa maniera poco dignitosa. Mi passo una mano sugli
occhi,
quello sguardo è davvero troppo pericolosamente simile a quello di . .
basta.
Premo il tasto INVIO e la documentazione viaggia già verso il mittente
dopo
essere stata criptata.
Mi alzo in piedi con uno sbuffo dolorante "Io vado a dormire. Tu stai
lì?"
Non aspetto che mi risponda, so che ha sentito dal mio tono di voce che c'è
qualcosa che non va ma l'ultima cosa che voglio è la sua pietà, non ho
voglia che lo faccia . . sono stanco. Non ho mai usato il mio potere in un
modo così profondo ed esclusivo, sono esaurito, devo dormire. Devo
assolutamente dormire.
Lars si agita appena sull'orlo del mio campo visivo ma non m'importa. Mi
spoglio in fretta, il più in fretta possibile, lasciando scivolare i
vestiti
a terra e mi butto sul letto senza neanche spegnere la luce; affondo il
capo
nel cuscino chiudendo con forza gli occhi mentre un'altra fitta mi
trapassa
il cervello in fiamme. Ho usato troppo potere, troppa concentrazione, in
fondo me l'aspettavo, fortuna che ho finito tutto quello che dovevo fare..
Sento una mano fresca che mi sfiora la schiena nuda, una carezza leggera
che
trasuda ansia, nervosismo, paura, ma di una delicatezza estrema. "Non
temere, ho solo mal di testa. Vai a dormire."
Si muove piano, il suono degli interruttori dell'elettricità e non solo
la
stanza ma anche io stesso mi sento piombare nel buio. Un lieve tepore mi
circonda le spalle, una coperta che mi copre e passo la notte a sognare di
Erik, seduto davanti a un PC, studiare piani, leggere rapporti, decidere
della nostra vita con una semplice occhiata, con un gesto elegante della
sua
mano, i suoi capelli bianchi ,non per l'età ma proprio perchè così è
scritto
nel suo codice genetico, che brillano nella tenue oscurità scintillante
di
un raggio di luna, e quegli occhi, dio, quegli occhi, gelidi e trasparenti
come un ghiacciaio eterno, affilati come rasoi, che possono spezzare un
cuore in un battito di ciglia, che ti fanno vedere il paradiso che si
nasconde dietro quelle ciglia lunghe ed arcuate e gli abissi dell'inferno
celati in quelle rare ombre . . quegli occhi per cui sono disposto davvero
a
morire . .
___________________
"Allora . . ti fidi di me?"
Questa domanda è proprio l'ultima che in questo momento volevo sentirmi
fare. Che idiota! Nonostante tutto il mio algido riserbo non posso fingere
di non fidarmi di lui, di questo misero, squallido umano. Non posso fare
diversamente, in fondo non posso immischiare altri come noi e da solo,
questo, è un piano che non riuscirei mai a portare a termine. Ho
*bisogno*
di lui, e già per questa personale ammissione, significa che mi fido. La
cosa forse non mi farebbe onore agli occhi delle più alte sfere della
gerarchia della nostra razza, ma chissenefrega? Io ho una sola priorità,
ubbidire agli ordini di Erik, e se questo è l'unico modo che ho . .
Lo guardo, vestito impeccabilmente con un abito da sera, nero e sobrio, un
Rolex d'acciaio al polso e i capelli pettinati all'indietro, trattenuti da
un elastico sulla nuca. Un cappotto ampio e scuro completa l'immagine di
un
ricco, facoltoso ed elegante uomo d'affari, molto avvenente. Non sembra un
'accompagnatore', perfetto, è proprio quello che volevo. E' anche quello
che
vuole Volkan, da quello che ho capito.
Gli sorrido appena annuendo in silenzio col capo.
"Ti sembra il momento? Il taxi ti sta aspettando e anche il tuo
ospite. Ti
ricordi gli ordini?"
Lui annuisce, s'imbroncia un attimo poi sbircia nella mia camera, la
valigetta nera di pelle posata aperta sul letto e deglutisce.
"Mi ricordo, anche se . . io non . . "
Non voglio fare la puttana di questo Volkan! E' quello che pensa ma non lo
dice, io sorrido e gli do' un buffetto sulla guancia cercando di essere
conciliante.
"Sei perfetto per questo ruolo, solo tu puoi farlo. Ricordati, voglio
che ti
fai portare a casa sua, per il resto devi solo tenerlo impegnato."
'Impegnato'. Impallidisce di fronte a quella parola ma mi sto scocciando.
Sta perdendo tempo e arrivare troppo in ritardo non è mai una buona
presentazione. Annuisce poi arrossisce, poi ritorna serio, tutto in un
attimo, è incredibile la velocità con cui il suo volto pallido cambia
espressione, alla fine si sfiora l'orecchio destro.
"Mi parlerai ogni tanto."
Sospiro seccato.
"Lo sai! Se avessi bisogno conosci la procedura ma non potrò starti
dentro
la testa tutto il tempo, questa volta."
Rischio la pelle, caro mio, molto più di te che rischi solo il culo!
Vorrei
dirglielo ma mi ha seccato talmente che non riesco neppure ad essere
conciliante quanto bisognerebbe esserlo prima di una missione. Il mio
atteggiamento secco ha avuto i suoi vantaggi, ora è di nuovo spaventato,
e
si limita ad ubbidire con un cenno lieve del capo. Ma perché diavolo
posso
fargli fare ciò che voglio solo se si spaventa e non può obbedirmi e
basta,
senza tutte queste storie? Ecco cosa significa non affidarsi ai
professionisti. Bah! Si chiude la porta della sua stanza alle spalle e io
sono finalmente solo.
Mi siedo alla scrivania e fisso la mia attenzione sul portatile. Mi sono
appena arrivate le planimetrie della villa di Volkan, le chiavi d'accesso
e
moltissime cose che mi serviranno, i servizi segreti umani non hanno idea
di
quanto siamo avanti nello scoprire i segreti di chiunque. Ci credono una
banda di fanatici esaltati . . palle! O per meglio dire, tutta tattica.
Sono
quelli che Erik manda avanti, chissà come ci rimarranno male i governi
mondiali quando scopriranno quanto è raffinata ed estesa la nostra rete?
Ormai siamo anche riusciti a inventare strumenti che non permettono ai
loro
rilevatori di scoprire i nostri poteri mutanti, per dire solo di quelli
che
hanno una utilità immediata.
Sorrido e penso che questi sono discorsi da politico e non da uomo
d'azione,
da spia, da . . sabotatore, quale sono io. Che lavoro di merda! Io rischio
la pelle e chissà chi si prenderà il merito. Ma non m'importa un
accidente,
dopo tutto l'unico che voglio che sappia quello che faccio lo saprà, il
resto . . il resto non mi riguarda.
Ripasso i piani, la mia capacità di memorizzare i dettagli è quasi
perfetta
ma può sempre sfuggire qualcosa, ripeto i codici, mi preparo mentalmente,
poi guardo l'orologio.
Un paio d'ore. Bene, un velocissimo collegamento con Lars e vedo che la
cena
sta finendo. Idiota! Sorridi di più! Ecco, bravo così. D'accordo che è
palese che tu gli piaci ma anche se aiuti un po' la cosa male non fa . .
Mi volto verso il letto e mi vesto, lentamente e con accuratezza, una
grinza
che m'impigliasse in un movimento difficile e potrei fare scattare un
allarme o una trappola. La tuta aderente nera mi calza come un guanto, mi
allaccio le ultime fibbie, prendo gli strumenti che mi servono e mi
avvolgo
in un ampio cappotto. Allo specchio l'immagine non è male, il cappotto è
lungo, mi arriva quasi alle caviglie e sotto pare che abbia un paio di
stivali neri, i guanti li infilo in tasca, quando serviranno li indosserò.
Scendo nell'atrio e mi aspetta l'incaricato della ditta che affitta
automobili, lo pago in contanti, in dollari, e una lauta mancia mi
assicura
che non mi farà firmare nulla, che dai registri non risulterà né il mio
nome
né altro. Non mi chiede neppure un documento, il mio nome falso gli è
bastato con prezzi così esorbitanti. Mi piace questo posto, non devi
fingere
che sia una menzogna che se hai i soldi puoi fare ed avere tutto quel che
vuoi.
Una Mercedes! Meravigliosa . . pure troppo ricercata visto la media delle
macchine che girano qui per strada ma diciamo che un po' di lusso non mi
fa
schifo. La strada mi prenderà più di mezz'ora per cui vediamo di
rilassarci.
La radio russa neanche morto, inserisco il mio cd preferito nel lettore e
sospiro. Chopin è proprio la musica adatta in una sera così, elegante,
pacato, classico, preciso . . come due occhi di ghiaccio mi verrebbe da
dire. Sorrido e mi do' dello scemo da solo, avessi 15 anni lo capirei, ma
questa 'cosa' diventa sempre peggio! Mi viene da pensare che se riesco a
trovare tutte le informazioni che cerco, incastrare l'uomo che tradisce
qui
a Pietroburgo sarà uno scherzo, e questo mi porterà di certo qualcosa di
buono. Vediamo di non metterci a sognare troppo, a volte il risveglio, in
questi casi, può fare molto male e io non sono nella posizione di
potermelo
permettere.
Ecco, questa è la via in cui, secondo i piani . . un urlo.
Un urlo che mi trapassa la testa e per poco mi fa inchiodare nel bel mezzo
di un incrocio col rischio di andare ad ammazzarmi.
Lars! Ma che cazzo vuoi ancora?!
Parcheggio la macchina e apro il collegamento, ma non tutto. Potrebbero
esserci rilevatori posizionati in quella casa, Volkan non sarà diventato
un
boss trafficando con i mutanti senza aver preso le sue precauzioni.
/Che vuoi?/
Non c'è una frase in risposta, solo un'ondata di emozioni: dolore, paura,
umiliazione, sofferenza. Lacrime. Lars sta piangendo e un'eco nella testa:
portami via, ti prego portami via . . il mio nome ripetuto come un mantra
ossessivo, e il desiderio, unico e centrale di tutto il suo essere, di
venire portato lontano da lì. Sapevo che Volkan era un tipo violento, ma
fino a questo punto non me lo sarei immaginato.
Va bene, vedrò di fare il più in fretta possibile, mi passo una mano fra
i
capelli e sospiro piano.
/Andiamo Lars, sono qui, ho quasi finito. Abbi pazienza ancora un po'. Ho
bisogno di te. /
Null'altro, chiudo il contatto con uno strattone che accompagna il gesto
secco con cui mi sistemo i guanti ed esco dall'abitacolo. Ci manca solo
avere una voce che mi parla nella testa mentre sto per entrare di
soppiatto
nella casa di un mafioso!
Concentrati Cesare, cazzo, concentrati! Lars ha i suoi problemi e tu i
tuoi,
prima finisco meglio è per entrambi.
Entrare in quel bunker che Volkan chiama villa è semplice per chi, come
me,
sa perfettamente dove andare e cosa fare, anche se non mancano i pericoli,
ovviamente. La cosa non mi spaventa. Sono ben più preoccupato di quel
brusio
di sottofondo che sento nella mia testa. Lars ha imparato fin troppo bene
a
comunicare con me e non riuscendo a sopportare un dolore fisico
probabilmente più grande di lui, mi invia, come valvola di sfogo, parte
delle sue emozioni e io, in questo momento, non posso concentrarmi per
tener
chiuso il canale. Che situazione schifosa . .
Almeno un'altra mezz'ora per spulciare i documenti, ti prego resisti . .
entrare nel sistema operativo computerizzato di gestione dati dei genezero
è
una passeggiata, due minuti e sto già duplicando tutto il duplicabile, il
problema sono i documenti cartacei. Fortuna che Volkan sembra un tipo
informatizzato.
So bene che come piano fa acqua da tutte le parti, devo avere una botta di
fortuna per trovare ciò che cerco al primo colpo, anche perchè non so
*chi*
sto cercando, ma avendo a disposizione solo Lars non credo avrei potuto
fare
cose molto diverse.
Il backup è al 65%, io sfoglio cartelle su cartelle, dati inutili su
membri
della banda e affari che non mi riguardano. La contabilità è tenuta su
PC,
questo è già qualcosa, per lo meno non devo diventar scemo sui numeri
così
di fretta.
Il brusio diventa sempre più forte, sempre più insopportabile.
Maledizione,
ho dei lampi in cui a ciò che ho io davanti agli occhi si sovrappongono
le
immagini di Lars. E quel che prova mi scivola dentro, mi dilania il cuore
.
. cazzo che male . . Stringo i denti e vado avanti. Mai fidarsi di un
genezero, non può aprire in questo modo il contatto, non con questa
intensità . . scuoto il capo, mi farà diventare matto . . anzi, peggio,
devo
fare in fretta se no non sarò più in grado di gestire la situazione.
Lars, Lars, maledizione, ti prego!
Cosa cerco? Ah . . eccola! Una cartella intitolata 'HIV'. Perché questa
sigla mi dice qualcosa? Perché? Perché? E' difficile concentrarsi con
queste
urla spaventate e piene di dolore dentro la testa che aumentano sempre più
di tono e di intensità. Fa male cercare altro quando ti senti i nervi
percorsi da queste sensazioni . . HIV . . per che nome utilizzerei una
sigla
simile? Per che *nome*?
Chiudo gli occhi con forza, e mi vedo davanti un uomo grasso, enorme,
sembra
un gigante visto da quella prospettiva, e ride, ride, ride . . la sua voce
mi rimbomba nelle orecchie, tremo di paura, faccio cadere la cartelletta e
urlo anch'io, in silenzio, dentro di me, spingendo indietro le sensazioni,
cercando di schermarmi ma non ci riesco.
E' la *mia* la pelle che brucia, ustioni lievi mi percorrono il corpo,
lividi, segni di percosse, sento in bocca il sapore del sangue, il *mio*
sangue che mi scende dal labbro tagliato per colpa di un bacio un po'
irruento, finito in un morso. Sento la vicinanza di quel corpo, sento le
sue
mani, forti, cattive, che strappano e feriscono, sento schiaffi e pugni e
morsi a sangue e sento che piango, piango disperato e chiamo un nome.
Il mio.
/Cesare!/
Apro gli occhi. Bruciano. Ma sono stato un scemo! Non ho tempo, devo
trovare
ciò che cerco, e subito.
Backup 93%. Bene.
Ero rimasto a . . mentre mi chino a raccogliere la cartella mi stupisco di
quanto sia stato sciocco. HIV è Ivahin! Ivahin? Mi folgora il sospetto,
per
la prima volta da quando sono qui. Ivahin è il capo sezione della Russia
che
ha scelto di vivere qui piuttosto che a Mosca per 'gusti personali'. A
Erik
non gli è mai importato, purché lavorasse e ottenesse quello che voleva.
E'
uno degli uomini più potenti di questa parte del mondo, ovvio che abbia
dei
contatti con Volkan.
Ovvio.
Ma allora perché c'è questo dubbio? E' talmente ovvio che a nessuno
verrebbe
mai in mente che uno così potrebbe arricchirsi alle spalle dei suoi
simili.
. è talmente, stupidamente, incredibilmente *ovvio* . . mi viene da
ridere .
. e non ci ho mai pensato seriamente perché era troppo semplice che fosse
lui. In effetti non ho ancora in mano niente ma ho imparato a fidarmi
delle
mie sensazioni, alla fine sono un empate e a volte le cose trasmettono
tante
informazioni quanto gli uomini. Adesso mi servono delle prove. Ma almeno
ho
già qualcuno intorno a cui puntare le ricerche.
Backup completato. Sfilo il cd rom, l'apparecchiatura di fotoriproduzione,
passata una volta su ogni pagina della cartelletta mi consentirà di avere
tutto ciò che, spero, mi serva. Sento gli uomini della sicurezza
camminare
lungo il corridoio ma è uno scherzo dargli al sensazione che tanto è
tutto a
posto, di stare tranquilli. Meno semplice è controllare me stesso, il
dolore, il male, la sofferenza.
Esco da dove sono entrato, non è che mi diverta a rendere le cose così
spettacolari e 'ginniche', ma pareva proprio la via più semplice.
Condotto
dell'impianto di riscaldamento fino al sottotetto, un lucernario tanto
vicino alle linee elettriche aeree, un piccolo salto nel vuoto e sono al
riparo tra le fronde di un albero dal tronco contorto che mi porta in un
vicolo che non costeggia la casa di Volkan e che quindi non è
controllato..
Scendo da lì che sono sfatto. Eppure sembra proprio che non sia ancora
finita, là dentro. Ok. Ma adesso posso concentrarmi per tenere fuori le
sensazioni di Lars, adesso posso fare finta che non ci siano. Devo solo
guidare fino all'albergo e poi una bella doccia e un lungo sonno. Ne ho
bisogno. Lars tornerà a casa in taxi, dopo tutto ha dei soldi in tasca e
Volkan mica lo farà dormire sullo zerbino fuori di casa . . Mi chino sul
volante prendendomi la testa.
Dio, è insopportabile. Tutto quel dolore. Tutto quel male.
E' un umano, continuo a ripetermi. E' un genezero. L'avessi trovato in
un'altra situazione avrebbe imbracciato il fucile e mi sarebbe corso
dietro
per farmi la pelle. Che me ne frega di lui? Dopo tutto anche Volkan è un
umano. Si comportano come gli animali che sono . . ma non ce la faccio.
Dannazione non ce la faccio a sopportarlo.
M'incazzo perché mi sa che sto diventando tenero ma sento l'uomo sopra di
me
che, roco, geme di piacere mentre io piango, e piango e non ho più fiato
per
urlare e mi fa male la gola e l'addome in fiamme, le costole incrinate. Mi
fa male tutto, tutto, la testa, il viso, ho un taglio sul braccio e
all'uomo
non importa, è lì e fa male, solo male . . e lui gode . .
Stringo i denti, i pugni. Esco dalla macchina come un fulmine, faccio
appena
in tempo ad avvolgermi nel cappotto e lasciare nel cruscotto le cose che
ho
'recuperato' e mi trovo come un ebete a suonare alla porta di Volkan.
Ovviamente se riuscissi a connettere minimamente mi renderei conto
dell'assurdità della cosa, ma non m'interessa. Questo non riesco a
sopportarlo, quell'uomo mi fa troppo schifo. E' per colpa di genezero come
lui che io ho tutto quest'odio dentro, che la vita di tanti di noi è
stata
rovinata, è stata fatta a pezzi e dilaniata. E se ora la causa scatenante
è
un genezero . . bhè, vorrà dire che mi sto guadagnando un pezzettino di
paradiso!
I suoi guardaspalle fanno ridere! Forse perché io sono stato addestrato
alla
guerriglia nell'America centrale contro i trafficanti di coca? Può darsi,
ma
questi cadono come birilli. Fa male pure dare e ricevere pugni, ma questo
è
un dolore sopportabile, un dolore che ha una sua dignità, un suo senso,
non
come quello che sento dentro. Come quello che mi sta uccidendo. Che sta
uccidendo Lars.
So benissimo dove devo andare, conosco la strada come se fossi un cane che
segue una pista, quel tragitto l'ho visto negli occhi di Lars e ora è
stupidamente semplice ritrovarlo. Volkan non mi conosce, il mio viso non
gli
dice nulla, ovviamente. Fortuna che ho avuto l'accuratezza, entrando nella
sua villa, di bloccare il funzionamento di tutte le videocamere a circuito
chiuso, non mi piace che rimangano immagini di me sparse per il mondo.
Non guardo Lars, non lo degno di uno sguardo, mi limito a fissare
quell'uomo, il terrore dei genezero russi con un'espressione che so di
granito perché, se lasciassi sfogare le emozioni credo che non riuscirei
a
fare altro che piangere dal dolore. Lo guardo e mi stringo nelle spalle.
"Sono venuto a prenderlo."
Null'altro. Volkan parla, urla, sbraita ma nessuno arriva, ma nulla ormai
può competere con il tono terribilmente piatto con cui mi sono espresso.
Lo
vedo correre, nudo com'è, verso un'arma e puntarmela contro. Mi rendo
conto
di essermi schermato troppo, non sento più nulla, più assolutamente
niente.
Lo guardo puntarmi addosso la pistola e non batto ciglio. Una parte dentro
di me spera che spari, e che mi uccida, quel male dentro . . come riuscirò
ad aprire gli occhi domani, sapendo che qualcuno *mi* ha fatto questo? Ma
Volkan non spara. Vede i miei occhi, verdi e duri come due smeraldi.
Trasparenti e irraggiungibili, limpidissimi e velenosi come l'assenzio,
come
il cianuro. Vedo che il mio veleno gli scivola sull'anima e lo blocca.
Io un serpente, lui una preda. E la preda lascia cadere l'arma, mi fissa
stupito chinarmi su Lars, avvolgere quel corpo bianco, da piccolo efebo
nel
mio cappotto scuro e prenderlo in braccio. Mi allontano senza un'altra
parola, senza un altro gesto. Lui che mi fissa andarmene come un uomo che
abbia appena visto un angelo scendere sulla terra perché ha perso una
piuma
delle sue ali.
Sono ricolmo di sensazioni contrastanti. Sento la mia solita rabbia
gelida,
mordente, che non lascia scampo, che inaridisce il cuore e l'anima e sento
al contempo dolore, sollievo, stringermi a un petto caldo, un profumo
conosciuto, due braccia che mi circondano e mi mettono al riparo, mi
salvano. Piango piano, mi tremano le spalle, sento il passo deciso e
sicuro
di quell'uomo forte che mi porta lontano da quell'orrore e scopro che lo
amo, che farei tutto per lui, perché lui è . . è . . il mio sole, il
pianeta
intorno a cui ruota il mio universo, il mio tutto, quello che da senso
alla
mia misera vita . . al contempo tengo un ragazzo fra le braccia, lui
piange
io cerco di sbrigarmi, devo allontanarmi in fretta, devo mettere più
strada
possibile fra me e Volkan perché quando si renderà conto non so come
andrà a
finire.
E Lars piange fra le mie braccia e io non so se sono io o se è lui che
piange. Chi guida dei due? Chi pigia il bottone dell'ascensore? Chi porta
in
camera l'altro? Non lo so. Le sensazioni sono troppo confuse, il passaggio
è
aperto e non riesco a chiuderlo, non più. E' terribile . . me ne avevano
parlato all'addestramento. Lo sdoppiamento perfetto di personalità,
quando
se ne discuteva era un argomento affascinante, a viverlo è orribile.
Alienante.
Annichilente.
Che m'importa? Adesso non m'importa più. Sono a un livello di stanchezza
che
non credevo possibile. L'idea che Volkan possa farmi seguire da sicari per
farmi la pelle non mi sfiora neanche, e anche se mi sfiora, viene
liquidata
da un'alzata di spalle. Mi rendo conto di essere due corpi, stesi su un
letto, uno piange, l'altro l'abbraccia, passandogli una mano sotto il
capo,
stringendolo al petto. Un dolore diviso in due, dita che sfiorano un capo
biondo e spettinato, gote chiarissime che si sfregano contro un collo
tornito e maturo, muscoli che si posano leggeri su ossa d'uccellino, fiato
singhiozzante soffocato su un petto ampio. Chi sono io? Chi è Lars? Mi è
impossibile saperlo, mi è impossibile capirlo, ora.
Chiudo gli occhi, e faccio l'unica cosa che pare mi sia concessa. Dormo.
Dormiamo. Io e lui.
Insieme come mai nessun altro potrà essere 'insieme' a un'altra persona.
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Luce pallida e quasi malaticcia scivola in stanza riempiendo la mia
stanza.
Mi trovo a sbattere le palpebre un paio di volte prima di ritrovare
coscienza di me, è come se mi fossi preso una sbronza terribile e ora
avessi
ancora i postumi. Sento il fiato leggero e costante di Lars che mi
accarezza
la base del collo, le mie dita intrecciate ai suoi capelli lunghi e
sciolti
e mi domando cosa diavolo è successo l'altra notte. Poi ricordo. Il mio
viso
si tende in un ghigno e mi alzo piano, un po' per non svegliarlo, un po'
per
non esigere troppo dal mio corpo che è stato così maltrattato.
Credo che sia un po' come essere violentati . . ieri notte c'è stata una
personalità aliena che mi ha invaso la mente e le terminazioni nervose
facendomi perdere anche la coscienza di me stesso. Non c'era divisione tra
me e Lars. Io ero lui e lui è stato me. Un genezero . . non riesco
a
pensare 'che schifo'. Mi fa pena, poverino.
Lo guardo a lungo nella luce grigiastra di quella mattina di agosto che
sembra già autunno, le nubi basse e una pioggerellina sottile e tenue,
noiosa; la sua pelle bianca come l'avorio ha preso un po' la sfumatura di
quel cielo, le labbra quasi esangui su cui spicca quel taglio, rosso come
l'amore, rosso come il sangue che gli è colato sul mento, profondi cerchi
scuri sotto gli occhi, dei lividi sul viso, sul corpo, delle bruciature
sulla curva dell'anca, segni di corde che hanno tagliato i polsi, lacrime
secche sul viso. Sento la strana tentazione di sfiorargli il capo ma non
ne
ho la forza. Mi do come scusante l'idea che non voglio svegliarlo, e che
poi
è pur sempre uno schifoso genezero ma so che non è vero.
Io ho . . avevo una sorella, una volta. In lei i poteri si erano palesati
prima che in me e. . la chiamavano strega . . Lucrezia . . tendo la mano
verso Lars, istintivamente e mi accorgo che trema. Ecco, Lars assomiglia a
Lucrezia, quella mattina quando l'ho ritrovata, dopo averla cercata per
due
giorni e due notti, spaventato che avesse fatto chissà che sciocchezza .
.
aveva quella stessa espressione. Un angelo a cui avevano strappato le ali.
Allora giurai che non avrei mai più permesso a uno schifoso genezero di
fare
del male alle persone come noi, perché quel 'noi' astratto era l'unica
cosa
che mi era rimasto.
Ora però mia sorella è lontana, e comunque ha imparato a difendersi.
Nessuno
più potrebbe toccarla senza il suo permesso, è forte e salda sia nel
corpo
che nell'anima, non sono riusciti a strapparle il sorriso e questo è la
sua
rivincita. Guardo Lars e mi chiedo a lui cosa avranno strappato; non so
rispondere. Forse non m'importa neanche.
E' solo un genezero nudo e seviziato steso nel mio letto, che ho scopato
su
un treno e a cui ho fatto la carità di un posto dove dormire e di un po'
di
cibo perché andasse a letto con uno che dovevo pedinare. Tutto qui.
Mi alzo con un sospiro, cercando di fare piano.
Non posso permettermi di essere pietoso, non nel mio lavoro, non con un
umano. Siamo nemici, siamo *nati* nemici.
In bagno inumidisco una salvietta con dell'acqua fredda, lo specchio
rimanda
la mia figura completamente vestita di nero, una faccia che spaventerebbe
anche un morto e la cosa mi sembra quasi comica. Ritorno in camera e mi
siedo sul bordo del letto. Lars è nudo, indifeso, rannicchiato su un
fianco.
Lo pulisco delicatamente, senza premere, cercando di non fargli male,
senza
svegliarlo, sperando che il mio tocco sia solo una carezza fresca che sia
in
grado di cancellare un po' il dolore e l'umiliazione; cerco di voltarlo e
lui ubbidisce piano, con un sussurro, gli cancello il sudore che deve
esserglisi asciugato addosso, e tutto il resto .. gli sfioro appena
il
viso, lo vedo tremare, spossato e poi mi metto in piedi, coprendolo con un
lenzuolo e la coperta, come se fosse un bambino.
Chiudo gli occhi entrando in bagno e appoggiandomi pesantemente alla porta
per chiuderla. Sospiro. Non riesco a fare altro, non riesco a pensare ad
altro. Mi strappo gli abiti di dosso e m'infilo sotto l'acqua, voglio che
sia gelida che morda le carni, che ghiacci l'anima, che blocchi il cuore.
Per non urlare, per non piangere, perché io non posso. Io sono un
mutante,
sono un professionista, Erik si fida di me, sono un uomo, sono
forte, so
sopportare tutto questo, lo stress emotivo e la tensione data dal
riversarsi
in questa maniera del mio potere. Io ce la posso fare. Io sono più forte
di
così. Niente mi può distruggere, niente mi può ferire, non un genezero
in
pericolo, non il timore che uno stupido genezero abbia potuto morire per
colpa mia . . perché non è stata colpa mia . . perché io non sbaglio
mai. Io
non piango mai.
Io *non* piango.
L'acqua gelida mi scivola addosso con lame affilate al posto di dita, come
quel mutante che quasi mi ha ucciso, e l'acqua è fredda ma non riesce a
togliermi via di dosso tutto quello di cui vorrei essere mondato. Non
importa, io posso resistere, io ce la faccio da solo.
Chino il capo, i capelli neri mi ricadono sul viso, mi si appiccicano alla
fronte, rivoli gelidi mi scivolano sul collo, sulle spalle, lungo la
schiena. Ritrovo lentamente la lucidità, la calma, per lo meno riesco a
imbavagliare tutti quei sentimenti che si sono messi a urlare tutti
insieme,
e dopo una nottata simile non riesco proprio a reggerli. Riprendo a
respirare a fondo, piano, calmo.
Ecco, sono di nuovo io.
Bene. Perfetto. Devo mettermi a lavorare.
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Sette ore. Sette ore filate.
Ho sgranocchiato solo qualche biscotto che Lars si è comprato ieri nel
negozio dell'albergo e basta. In compenso le scoperte che ho fatto sono
notevoli. Buchi di bilancio, favori, compensi. E quell'HIV che ha in
fatturato molto più di quanto gli spetterebbe, secondo i registri
contabili
di Volkan. Ottimo! Presumo che non avrei problemi ad ottenere il permesso
di
controllare il bilancio della sezione Russa della Confraternita e
incastrare
Ivahin . . ovviamente certe cose sarebbero compito di altre persone, ma
dopo
l'ultima mail che mi sono trovato in casella postale questa mattina . .
di
Erik.
'Sbriga la faccenda il più rapidamente possibile, estirpa ciò che va
estirpato. Fra tre giorni sono in Russia e voglio poter fare una nuova
nomina.'
Mi lecco le labbra, la bottiglia d'acqua è finita e non ho tempo di
andare a
prenderne un'altra, potrei telefonare al servizio in camera ma l'ultima
cosa
che voglio è che qualcuno metta il naso nei miei affari. Collegandomi con
i
miei contatti ho scoperto che è cominciata davvero una caccia, è per
questo
che ieri sera Volkan mi ha lasciato andare via tanto facilmente e che
Ivahin
non si è ancora fatto avanti. Starà subodorando qualcosa, non è scemo,
l'ho
conosciuto tre anni fa e mi ha dato l'impressione di una persona astuta e
profonda, intelligente e scaltra. Di sicuro non si aspettava che una
'ricerca' su di lui avvenisse a partire dai documenti di Volkan!
Ho due giorni. Due. Sorrido voltandomi appena mentre Lars si muove piano
nel
mio letto, mugolando qualcosa in russo, sottovoce. Come ha detto Erik?
Estirpare ciò che va estirpato.
Sento uno strano piacere nell'elaborare il piano che mi porterà a
compiere
gli ordini del mio Signore, soprattutto adesso che mi è arrivato un
messaggio formale da parte di Ivahin. Dobbiamo incontrarci, domani
pomeriggio, Pobedy Ploschad. In un parco. Di persona. Faccio anche in
tempo
ad occuparmi di Volkan . . e poi che i genezero si occupino di trovargli
un
sostituto, che a Ivahin ci pensa Erik.
Uno sbadiglio soffocato, poi un sobbalzo alle mie spalle. Lars è a sedere
sul letto, gli occhi spalancati che fissano la stanza e il lenzuolo
stretto
intorno alla vita. Pianta i suoi occhi increduli su di me e lo vedo sul
punto di piangere, solo il mio sorriso lo trattiene.
"Ben svegliato, Lars. Ti va qualcosa da mangiare?"
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