Rose gemelle

parte III - Decisioni ed incontri

di Astarscia

 

La notte era stata lunga, dolorosamente lunga; Howarang se ne stava nel letto semicoperto dalle lenzuola, raggomitolato su un fianco in posizione fetale. Era più stanco della sera prima e la testa gli martellava incessantemente, aveva lo stomaco sottosopra la bocca amara; non aveva voglia di alzarsi, non aveva voglia di restarsene li sdraiato…….da tempo ormai non aveva più voglia di nulla…………………

La porta alle sue spalle si aprì e Melody entrò in camera sua col carrello della colazione, il ragazzo non si mosse, anche se era nudo sotto le lenzuola, non cercò nemmeno di coprirsi maggiormente, si limitò a restasene li dove lo aveva abbandonato Heinaci la notte prima. Da lunghe ore aveva ormai finito le lacrime per quella notte oscena ed adesso tutto quello che gli era rimasto era il bisogno d’urlare, di sfogarsi in qualche modo; ma non riusciva a fare nemmeno quello.

“Buon giorno signorino Howarang!” lo salutò allegramente la cameriera, sfoderando uno dei suoi dolci sorrisi “Siete ancora a letto….sapete che ore sono?” nessuna risposta.

La ragazza non si perse d’animo e continuò sempre con tono allegro iniziando a riordinare l’ attico:

“E’ da poco passato mezzogiorno………..site rimasto a letto tutta la mattina, l’istruttore di Body-bilding pensava steste male quando non vi ha visto salire in palestra e……….”

“Ho la nausea….” Borbottò infastidito il coreano, raggomitolandosi ancora di più su se stesso; la ragazza che sembrava avere all’ incirca quindici anni lo continuava a guardare dall’altro capo della stanza mentre riordinava.

Melody era una ragazzina minuta e piuttosto bassa per la sua età, esteriormente aveva il corpo di una quindicenne, ma in realtà aveva compiuto già vent’anni ed ormai si era rassegnata ad essere piatta come una tavola ed esile come una bambina; ma il suo spirito allegro e la voglia di vivere la spingevano sempre a cercare di tirar fuori il meglio dalla vita, anche se non aveva abbastanza spirito per distinguersi dalla massa, era famosa per non perdersi mai d’animo.

Forse Heinaci, quando l’aveva scelta come cameriere personale di Howarang, contava proprio sul fatto che l’ allegria della ragazza mantenesse viva la scintilla dentro il coreano che certamente avrebbe pesantemente risentito delle sue crudeli attenzioni; cosa che poi era avvenuta ovviamente.

“Se desiderate posso chiamarvi i dottori…………….” tentò Melody “No grazie” la voce del ragazzo era dura e velata d’un ira malamente soffocata; la ragazza si cominciò a preoccupare sul serio, sapeva bene che quando Howarang si comportava così era sempre sull’orlo di una crisi nervosa, purtroppo gli era già capitato di assistervi molte altre volte. Essendo la sua cameriera personale, Melody era sin troppo consapevole di quale fosse il vero ruolo del coreano nella vita e negli affari del signor Mishima.

Se ufficialmente Howarang era il suo pupillo ed erede, tutti all’interno dello staff direttivo e dei collaboratori del presidente Heinaci Mishima sapevano che in realtà il ragazzo era solo il suo amante o “scaldaletto”………come l’ avevano sarcasticamente definito Jeff capo della sicurezza del palazzo. Melody non condivideva questa sua opinione sprezzante “Una bella bambolina da usare e maltrattare a piacere………….Ecco cos’è!! E pensare che il signorino Howarang è uno dei ragazzi più invidiati di tutto il mondo………..se solo sapessero…..”

Howarang si accorse che la cameriera lo stava guardando con espressione compassionevole, irrazionalmente desiderò di prenderla a schiaffi e si alzò infuriato a sedere sulle coperte fronteggiando Melody con sguardo omicida.

La ragazza fece inconsciamente un passo indietro “Che diavolo hai da guardarmi così maledizione!” Le urlò contro con tutto il fiato che aveva in corpo, riversando in quel grido tutta la sua rabbia repressa.

“Che c’e da guardare insomma…..cosa vuoi………” Continuò avanzando in ginocchio sulle coltri del letto, completamente dimentico di essere nudo davanti alla cameriera “Tanto lo so che vuoi sapere………….…” continuò ad urlare con voce ora rotta dal dolore oltre che dalla rabbia.

“Sei curiosa di scoprire che cosa mi ha fatto stanotte…………di la verità…………..…sei ansiosa di sapere cosa ho dovuto subire da Lui, così potrai andare a sparlare di me  con le altre cameriere e con quel pallone gonfiato di Jeff…………”

Howarang era sceso dal letto e le stava andando incontro quasi caricandola, come se dovesse correre verso la ragazza per picchiarla, Melody a quello scatto improvviso si era ritirata su se stessa arretrando fino ad arrivare alla parete in fondo alla stanza.

“Tanto lo so cosa dicono di me, quei bastardi……….mi trattano con condiscendenza e falso rispetto per obbedire agli ordini di Heinaci, ma poi dietro mi insultano, ridono di me chiamandomi Signorina Howarang………………la fidanzata del capo o la sgualdrina coreana……………”.

Il ragazzo aveva raggiunto la cameriera che si fece scudo contro il suo furore irrazionale stringendosi al petto il telo da bagno che stava ripiegando poco prima.

“O magari sei solo invidiosa per caso?……………. Vorresti essere al mio posto Melody?” disse il ragazzo con voce ora più bassa, afferrandola per i bracci e stringendola forte.

“Ti piacerebbe contorcerti disperatamente nel mio letto mentre Heinaci ti carezza tutto il corpo con quelle su dannate mani invadenti!! Vorresti essere me, mentre ti costringe a raggomitolarti sotto di lui in modo da potersi soddisfare??………………Vorresti essere me mentre piangendo lo imploro di smetterla di lasciarmi andare che non ne posso più……………….” La fissava con occhi colmi di lacrime folli, ma non la vedeva.

“……Vorresti essere me mentre imploro e imploro ancora, tremante, una mercé che tanto non avrò mai, mentre subisco ancora e poi ancora le sue volgari attenzioni, fino a……….…..a svenire di dolore  e…………. infinita vergogna……………….”.

Howarang tornò lentamente in se mentre i singhiozzi strozzati di Melody lo riportavano alla realtà, la ragazza lo guardava con occhi annebbiati dal pianto ed uno sguardo di paura disarmante; il coreano fece un passo indietro, senza lasciarla andare però.

“Me….Melody scusami io…io… non volevo………io…..” improvvisamente si accorse di essere nudo e che la stava stringendo ancora inchiodandola alla parete, la lasciò andare come se scottasse arrossendo vistosamente per l’imbarazzo causato dalla sua nudità e soprattutto per quello che aveva fatto e detto.

Si girò cercando di non piangere, anche se adesso che si era sfogato sentiva le lacrime salirgli agli occhi come l’acqua sale alla sorgente “Mi spiace Melody…….sono stato uno stupido……..a…….crederti……..….a dirti quelle cose…………….…….io………mi spiace davvero……mi……..spi…spiace………..io……………..”.

La frase frammentata fu pronunciata a fil di voce e gli si spense in gola come l’alito sottile del vento in una sera d’ inverno; Howarang scivolò a terra e rimase seduto sui polpacci in mezzo alla suwhit, tremava come una foglia per il freddo dell’aria a la gran vergogna che provava.

“Come sono diventato debole…….”pensò amareggiato “sono arrivato al punto di….di aggredire Melody, che è sempre stata gentile con me………..…….senza uno straccio di ragione………senza …………senza un motivo!” inconsciamente aveva portato le braccia la petto e si stava cullando dondolandosi avanti ed indietro, piangendo piano.

“Mi merito il disprezzo degli altri……………in fondo, non importa perché sono qui……….la ragione non nobilita lo schifo che sono diventato…………………….JIN…….mio Jin, fortuna che sei lontano e non puoi vedermi, raderesti di me? M’ insulteresti?………….o…..o forse ti gireresti solo dall’altra parte……………..non mi merito nemmeno il tuo disprezzo mio amato…….. Jin…………”

I singhiozzi ora lo stavano scuotendo forte; Melody gli si avvicinò cautamente con una coperta in mano e gliela lasciò cadere gentilmente sulle spalle. Provava pietà per lui, nonostante le orribili accuse mossegli contro dal ragazzo, la giovane non riusciva ad odiarlo; adesso che si era sfogato sarebbe stato un po’ meglio Melody lo sapeva e  tenendo fede al suo carattere si stava già riprendendo dallo spavento di poco prima.

Howarang infuriato faceva davvero terrore, aveva gli occhi sbarrati e lo sguardo fisso, lì per lì la ragazza aveva temuto di essere picchiata ed aveva pianto per riflesso condizionato; ma adesso che l’altro si stava via, via calmando lo vedeva solo come un giovane disperato ed abbattuto in balia di un destino crudele; come poteva disprezzarlo per questo.

Melody non sapeva però che la sua pietà era altrettanto crudele per il ragazzo, di quanto non lo fossero la derisione e il disprezzo di altri come Jeff. Hwarang era stato un guerriero abile e potente un maestro nelle arti marziali, aveva assaporato il gusto inebriante della vittoria, della lotta senza quartiere contro potenti avversari.

Avversari che potevano anche odiarlo, ma che rispettavano ed ammiravano il guerriero che affrontavano; la ragazza non sapeva che anche la pietà per uno come Howarang era una forma di disprezzo.

Adesso spogliato di quella volontà che ne aveva fatto un eroico combattente il ragazzo si sentiva inutile, piccolo ed indifeso………………….

Non era abituato a questa sensazione ed a peggiorare le cose c’era ormai anche la consapevolezza di un sentimento impossibile per un altro ragazzo; Jin era sempre presente nei pensieri del coreano, lo vedeva spesso nei riflessi delle vetrine, sui volti di altri. Howarang sentiva la sua voce che lo chiamava e non solo nei sogni tormentati della notte; per questa sua logorante fissazione i medici lo avevano costretto inizialmente a riempirsi di calmanti ed antipsicotici, che avevano contribuito ad abbassare le difese mentali e spirituali del giovane, lasciandolo infine nudo ed indifeso davanti ai tumulti che lo circondavano.

Howarang era sempre stato emotivo, ma la pratica costante delle discipline marziali e la sua naturale allegra avevano mascherato la cosa; quando la gente lo descriveva tendeva a ritrarlo come un giovane vitale che non si abbandona mai allo sconforto.

Ma il brusco cambiamento nel corso della sua vita, il ritrovarsi in sostanza prigioniero, usato e costretto a sottostare ai desideri di un uomo che odiava, lo avevano lentamente logorato sino a renderlo un’ ombra di quello che era stato un tempo.

Da quando era entrato nel palazzo della Mishima Corp. Howarang non aveva più fatto esercizio col Tai-wan-do……………Heinaci lo aveva proibito, ed al tempo il giovane era troppo sconvolto per tentare di opporsi, l’unica cosa che gli era permessa erano esercizi ginnici e qualche peso………. Ma niente lotta; questo lo aveva agnentato.

L’unico appiglio che gli era rimasto in una vita di dolore ed umiliazione come quella che era costretto a condurre, era Jin Kazama, il suo amore proibito, impossibile e perso chissà dove……….Da otto mesi non aveva notizie dell’oggetto del suo martirio, ma non gli importava poi molto sapere dove fosse, l’importante era che fino ad ora Mishima aveva tenuto fede al loro patto, non era andato a cercarlo.

L’unica cosa che non lo aveva fatto cadere preda della follia era la consapevolezza che dopotutto quell’orrore a cui si sottoponeva aveva uno scopo; nei mesi passati ed anche ora il coreano era diventato sempre più consapevole di quanto amasse Jin.

Anche se doveva nascondere questo sentimento era quello che gli dava la forza, non si lasciava andare del tutto solo per quello che Jin rappresentava per lui.

Se Heinaci avesse scoperto quanto il nipote era presente nel cuore e nell’anima della sua bambolina, probabilmente avrebbe infranto la promessa fatta, solo per il piacere di vedere Howarang supplicarlo di non fare del male al ragazzo che amava.

Howarang sapeva bene che nemmeno con le altre persone che lo circondavano poteva aprirsi, per cercare un conforto seppur minimo, per avere una spalla su cui piangere, un’ amico o amica con cui parlare.

Lavorando per Heinaci erano bene o male tutti vincolati ad una specie di fedeltà-paura nei confronti del proprietario della multinazionale Mishima Corp. Howarang aveva persino smesso di parlare ai medici delle sue allucinazioni diurne, tanto quelli lo riempivano di psicofarmaci comunque………………..

Il ragazzo sentì una mano fresca e gentile sulla spalla ed una presenza minuta ed alquanto imbarazzata al suo fianco, si voltò con occhi gonfi, arrossati dal pianto, era Melody; la ragazza gli si era seduta a fianco per terra e gli teneva timidamente una mano sulla spalla, non azzardandosi comunque a passargli il braccio attorno alle spalle o ad abbracciarlo davvero; temendo ovviamente la reazione di lui.

“Signorino………………………….…” esordì esitante “ vi prenderete un’ accidente restandovene accovacciato qui in terra…..siete………. “ arrossì  “Siete nudo……..”

Lui la guardò ancora per un attimo, poi distolse lo sguardo confuso “Si ……….va bene Melody, mi alzo………..” la voce era un sussurro quasi inarticolato e la ragazza ebbe perfino difficoltà a capire quello che aveva detto; ma quando lo vide tirarsi su cercando di non perdere la copertura offerta dal plaid che aveva sulle spalle, Melody si sentì un’ po’ più sollevata.

“Desiderate che Vi visitino i medici Signorino Howarang?? Vi prego siete così pallido……” la dolce supplica della ragazza giunse alle orecchie del giovane come un’eco lontano ed indistinto. Anche se non aveva capito quello che gli era stato detto Howarang annuì debolmente e seguì docile la ragazza che lo riportò a letto, per poi chiamare lo staf medico della Mishima usando l’interfono.

Nel giro di appena dieci minuti i sei medici e le tre infermiere che si prendevano cura del ragazzo arrivarono in camera sua, Melody li guardava di lontano preoccupata per quello che sarebbe stato il responso; come altre volte in cui si era trovata ad essere l’unica testimone di una crisi nervosa di Howarang le fecero mille domande, sul come dove e perché, poi la congedarono senza preoccuparsi più di lei.

Howarang la vide allontanarsi piano dal suo letto e poi sparire dalla stanza con aria preoccupata; era distrutto si sentiva pesantemente vuoto, avrebbe volentieri dormito, ma sapeva che i medici non se ne sarebbero andati sino a che non avessero fatto tutti i loro dannatissimi riscontri.

 Il ragazzo rispondeva alle domande, quelle poche che capiva dato il suo stato di confusione mentale, con voce flebile ed in modo distratto, non cercando minimamente di nascondere il fastidio che provava per la loro presenza presso il suo capezzale.

Poi finalmente dopo un tempo che sembrò infinito i sei medici gli diedero un potente calmante e forse un sedativo, il giovane non lo sapeva, ma si lasciò comunque ignettare in vena la fiala che gli avevano mostrato poco prima e infine si addormentò; dimentico di ogni altra cosa ansioso solo di perdersi nell’abbraccio del sonno artificiale in cui lo avevano fatto scivolare. I medici lasciarono la stanza che lui già dormiva profondamente.

 

Laboratorio Medico 5

Sabato Ore 16,30

Studio privato del Dott. Fukighawa H.

Mishima Heinaci nel suo costosissimo completo da dirigente sedeva nella poltrona di pelle davanti alla scrivania del Dott. Fukighawa con aria corrucciata, guardando la staffilata di dati delle ultime analisi di Howarang. Scorreva i tabulati con occhi attenti e sembrava che nulla sfuggisse alla sua attenzione, il dott. Fukighawa lo osservava in silenzio all’alto capo della scrivania con le mani incrociate e poggiate sul piano lucido,  ingombro di scartoffie, materiale medico e medicine.

Era un uomo di mezza età con fronte alta, a causa dell’incipiente calvizie, occhi grandi per un orientale, ingigantiti ancor di più da un paio di lenti da vista calate fin troppo sul naso, anche se non lo dava a vedere era nervoso.

“Come vede signore il ragazzo non ha avuto miglioramenti………..la terapia a cui lo abbiamo sottoposto non sortisce alcun effetto anzi……crediamo che la somministrazione di un così massiccio numero di psicofarmaci lo abbia debilitato ulteriormente.”

Heinaci non distolse lo sguardo dalla cartella degli esami Fukighawa, lo guardava con crescente preoccupazione; non era mai bello dare brutte notizie al signor Mishima, specie se queste riguardavano il suo giovane amante.

Il dottore tossicchiò nervosamente “Il ragazzo soffre di una sindrome nervosa simile alla depressione ma,  non nel senso stretto del termine………sembra risentire molto della mancanza di…..” si schiarì la voce prima di continuare “di ragazzi della sua età.”

Il medico si alzò e sotto lo sguardo penetrante del suo capo si diresse allo schedario, da cui estrasse le precedenti cartelle cliniche di Howarang.

“Alcuni mesi fa aveva anche disturbi di tipo visivo…..allucinazioni, sono fortunatamente scomparse da tempo, ma da almeno due mesi il suo stato generale di salute non ha fatto altro che peggiorare.” Fukighawa poggiò sulla scrivania i referti dei mesi passati e passò ad illustrare dettagliatamente la situazione a Heinaci che ascoltava tutto in silenzio, con un’ espressione assorta dipinta sul viso.

“Credo che sia prossimo ad avere crisi di nervi sempre più frequenti e autolesioniste……. La cameriera, Melody credo, mi ha riferito che oltre ad un attacco isterico il signorino Howarang ha rifiutato il cibo oggi…………..” scosse la testa con aria preoccupata “Io ed alcuni miei collaboratori temiamo che il suo stato attuale di prostrazione fisica e mentale, possa degenerare in una forma profonda di anoressia o bulimia……..sempre secondo la cameriera il ragazzo spesso vomita dopo aver mangiato….temo che saranno necessari provvedimenti drastici per evitare ulteriori…..Ehm complicazioni.” Concluse poi tossicchiando nervosamente.

Mishima si alzò dalla sedia poggiando la cartella clinica che teneva in mano sulla scrivania, si voltò a guardare i pesci rossi che nuotavano placidamente nel grande acquario del dottor Fukighawa, emettendo poi un sospiro divertito.

“Insomma dottore, in parole povere mi state semplicemente dicendo che il bimbo fa i capricci al momento di mangiare solo perché si sente solo?”

Il  Dottor Fukighawa abbassò lo sguardo sui referti medici e disse  con voce nervosa e incerta: “Veramente il problema sarebbe più profondo…………..…..il ragazzo si sente innegabilmente solo……………….ma………….credo che sia turbato dalle………….” tossicchiò nuovamente “………….dalle vostre attenzioni Signore….” aggiunse esitante.

Heinaci si voltò fulminandolo con lo sguardo “Ritieni forse che debba cessare di divertirmi con lui Fukighawa??!!!” tuonò con voce penetrantemente profonda, sovrastando il dottore con la sua mole da gigante.

Il Medico fece un passo indietro e frettolosamente rispose: “No certo che no Signore…… solo, ecco magari sarebbe più consigliabile dilazionare le vostre…..ehm…..visite notturne. Potreste concedere al signorino Howarang una maggiore libertà di movimento anche al di fuori del palazzo. Dopotutto è solo un ragazzo……………desidera divertirsi come chiunque altro…..” Mishima si voltò contrariato.

Lasciar stare Howarang, non era certo la soluzione che avrebbe voluto sentirsi suggerire, lasciarlo libero di andarsene a zonzo per la città poi era anche peggio; il pericolo di una fuga era sin troppo reale.

Non di meno sapeva bene che il medico diceva il vero; da qualche mese la sua dolce bambolina aveva perduto la lucentezza nello sguardo che aveva all’inizio, o certo era più remissivo ora e meno incline a disubbidire ad un ordine, ma Heinaci sentiva che stava diventando un guscio troppo freddo e questo non gli piaceva affatto.

Rimase assorto nei suoi pensieri per qualche minuto poi senza dire nulla si voltò e si diresse verso la porta dello studio, con l’evidente intento di andarsene.

Nel vedere questa sua reazione Fukighawa mosse un passo incerto verso il suo principale  dicendo “Signore… e per il ragazzo cosa intendete fare?”

Il vecchio guerriero si fermò proprio davanti alla porta, ne afferrò la maniglia poi si voltò a guardare il perplesso dottore con sguardo divertito ed uno strano sorriso sulle labbra.

“Starò via per un mese, ho impegni importanti che richiedono la mia presenza lontano da qui; intendevo farmi accompagnare nel viaggio dal ragazzo, ma il vostro parere mi sembra di capire, è contrario al mio progetto…………. Quindi lo lascerò qui sotto la vostra premurosa cura.”

Fece una pausa e lo guardò con aria minacciosa “Dottore vi informo che avete quattro settimane di tempo per rimettere in sesto Howarang……..E Come da voi suggerito lascerò anche che giri per la città, anche se sotto strettissima scorta………..Ricordatevi Fukighawa il ragazzo è ora sotto la vostra responsabilità come medico, se fallirete nel tentativo di curarlo ne risponderete a me personalmente. Quattro settimane,  non una di più.”

E dicendo questo aprì la porta e se ne andò, lasciando il dottor Fukighawa da solo nella stanza, perplesso e alquanto preoccupato, a fissare la porta chiusa del suo studio. Il medico rimase fermo impalato per alcuni secondi, poi prese a riordinare le cartelle cliniche sparpagliate sulla scrivania scuotendo la testa.

 

 

Ristorante “Il Gatto che Ride”

Sabato sera Ore 02,40

Sala centrale

Jin rigirava svogliatamente le bacchette nel brodo di Ramen che aveva davanti, sbocconcellando appena un’ po’ di spaghetti ogni tanto; il ristorante aveva chiuso da almeno  un’ora e anche i lavori di pulizia erano ormai quasi finti.

La sala centrale era semibuia e silenziosa, le sedie rigirate tutte sui tavoli, per permettere di ripulire il pavimento, le candele, dalla cucina venivano ancora flebili rumori di stoviglie e la voce del cuoco Fon era l’unica melodia stentata che si sentiva in sottofondo.

Chao-Chao il proprietario, un’ ometto di mezza età grassoccio e dalla faccia tonda stava finendo di fare i conti del giorno dietro il bancone del bar, proprio accanto alla porta d’entrata; Jin seduto su uno degli alti sgabelli davanti al bancone era a poca distanza da lui: “Non hai fame giovane Jin?”1 s’ informò il ristoratore, alzando lo sguardo dal libro mastro e spostando la sua attenzione sul ragazzo, che per tutta risposta emise un lento sospiro.

“Si….ho fame ……….” Le bacchette compirono un altro giro nella ciotola e poi un secondo ed un terzo, Chao-Chao scosse la testa.“Si certo vedo…….…….giovane Jin ha così fame che stà mangiando povero bancone di Chao-Chao….tra poco dovrò far costruire uno nuovo……..” disse sarcastico con quella sua strana parlata sgrammaticata.

Jin alzò la testa dalla ciotola che stava contemplando e  guardò il vecchio uomo con aria avvilita.“Chao non volevo offendere la tua cucina, è che ho dei……………….…… pensieri………….ecco…..non ci sono molto con la testa stasera.”

“Si so……Fon detto che tu ha fatto più danni di monsone stasera in cucina.” Rispose l’altro tornando a occuparsi dei suoi conti. Jin voltò la testa verso le cucine emise un respiro rumoroso, pieno di stizza, poi continuò: “Scusa Chao, ti ripago i danni se………….”

Il ristoratore agitò una mano nella sua direzione per zittirlo “Tu non dire nemmeno giovane Jin! Tu ha già troppi debiti da pagare in giro per mondo, io credo.”

E accennò con sguardo eloquente al suo vistoso occhio nero; il ragazzo sospirò rassegnato tornando a guardare la sua cena con aria persa.

Chao-Chao era una persona sensibile e anche molto buona, Jin non sapeva proprio come facesse a sopravvivere nei bassifondi della città uno come lui. Eppure il piccolo uomo cicciotello era, non solo riuscito a sopravvivere, ma aveva anche prosperato. Bhe almeno per quel che si può prosperare in un quartiere che veniva descritto come la bocca dell’inferno.

Jin lavorava per lui da almeno sette mesi; come cameriere principalmente, il suo bel viso e il corpo da atleta avevano attirato molti clienti, il “Gatto che Ride” infatti era un locale particolare; non che fosse proprio un gay bar, ma l’ottanta percento dei suoi clienti erano uomini o donne con gusti particolari in fatto di compagnia amorosa.

Gusti che imbarazzavano i clienti normali di altri locali, ma che non infastidivano quelli del Gatto che Ride.

Quella sera come sempre, alle sei in punto, Jin era arrivato al ristorante ma la brutta esperienza della notte prima aveva lasciato sul suo volto segni ancora troppo evidenti; Chao-Chao l’aveva rimproverato aspramente per essersi presentato in quelle condizioni miserrime, minacciandolo di dimezzargli il salario.

Jin aveva scosso le spalle e gli aveva detto semplicemente: “Fa quel che ti pare Chao-Chao, se non hai bisogno di me, me ne torno a casa………………….” Era finito a lavorare in cucina……………….ovviamente.

La serata era stata lunga e piena, il ragazzo aveva fatto del suo meglio ma in cucina il lavoro era davvero duro e soprattutto era serrato. Purtroppo la ferita al fianco gli impediva di molto la mobilità e a causa di questo gli erano cadute ben due file di ciotole, andate poi in pezzi, per non parlare di alcune casette di alimenti ed in definitiva un’ po’ tutto il suo operato ne aveva risentito.

Nonostante tutto Jin aveva fatto di tutto per non far notare a nessuno la gravità delle sue condizioni fisiche; Chao-Chao si era accorto quasi subito di come stavano davvero le cose anche se non aveva visto la ferita al fianco, ma solo il livido nero all’occhio e la fascia alla mano sinistra.

Il ristoratore si era commosso, come spesso gli capitava per la tenacia dimostrata dal ragazzo nel voler comunque lavorare in quello stato penoso.

A fine turno, dopo che tutto era stato sistemato più o meno bene in cucina, Chao aveva praticamente costretto Jin a fermarsi li da lui per mangiare una porzione super di Ramen. Non che non gliela offrisse mai, era parte della paga, ma stavolta era decisamente più abbondante e saporita del solito e dal modo in cui Jin la stava –divorando- era evidente anche ad un ceco che non erano le ferite fisiche che gli dolevano di più.

Il giovane sbocconcellava svogliatamente la sua cena ed intanto pensava a Howarang, era più forte di lui, durante tutta la giornata non aveva fatto altro. Sia mentre se ne stava sul freddo pontile del molo quattro a scaricare quell’ enorme stiva della nave da carico, sia durante tutta la serata di lavoro nella cucina del Gatto che Ride.

Il Coreano era sempre nel suo cuore e dopo la chiacchierata che aveva fatto con Luis la sera prima………………………….era più vivo che mai in lui il desiderio di rivederlo, di parlargli………..”………Se lo faccio però Heinaci mi troverà di certo……………………..ed io adesso non sono davvero in grado di affrontarlo…….figuriamoci batterlo…………….” Senza nemmeno sentirne il sapore ingoiò una matassina di spaghetti di ramen“…..e comunque anche se vado da lui come dice Luis……non credo che mi accoglierebbe a braccia aperte…………eravamo rivali un tempo, ora io……bel campione che sono ora, mi faccio mettere sotto persino da delle mezze calze come Mehi-Cho ed i suoi………”.

“Sempre brutti pensieri mio bel tenebroso, non ti fa mica bene sai….ti si sciupa la pelle bello mio………..” la voce sgraziata e pungente di Lai arrivò alle orecchie di Jin come una scarica di mitra che disturba il canto di un‘ usignolo.

Lai era un ragazzo magrolino ed ossuto dalla pelle bianca e molliccia, con un testone sproporzionato per quel corpo esile che si ritrovava; era uno degli altri camerieri che spesso lavoravano con Jin ed era anche quello che stravedeva maggiormente per il giapponese.

Jin se l’era ritrovato accanto appoggiato al bancone come uno spaventapasseri arruffato e poi piegato in due, con il mento languidamente appoggiato alle mani ed un imbarazzante sguardo mieloso diretto proprio verso Kazama.

 Il giovane giapponese sopportava poco quel cameriere cinese, anche perché Lai aveva il brutto vizio di pizzicargli il sedere quando il ragazzo gli passava accanto stracarico di piatti o portate da servire ai tavoli, sicuro che il karateka non ricambiasse il gesto poco carino con una meritata sberla tra le orecchie.

Jin si ritrasse inconsciamente quando lo vide li a poca distanza dal suo gomito, che lo fissava e riprese a mangiare con rinnovato interesse il suo Ramen; Chao-Chao con un tonfo sordo chiuse il libro mastro e avvicinandosi ai due ragazzi iniziò a dire con voce tonante:

“Lai, stupido ragazzo che non sei altro……..tu di servizio a spazzatura sei….perché perde tempo a fare stupide chiacchiere e commenti inutili………………..Vuoi che in miei bidoni nasce allevamento di topi?? Va a fare finta di rendere te utile. Lascia in pace giovane Jin che stà mangiando, fa finta di avere cervello tra orecchie e non aria sola come io credo……..va a lavorare o non ti pago…va Lai va……….!!!!” E gli agitò il dito grassottello davanti al naso con fere minaccioso.

Lai fece spallucce in un modo molto effeminato, sbuffando come una bambina offesa si raddrizzò e fece qualche passo indietro “Sei acido come una vecchia zitella inaridita Chao, il padrone peggiore che ci possa essere, stavo solo cercando di tirare su di morale il mio Jin…..” sbuffò sottolineando le parole MIO e  JIN.

Poi si rivolse al ragazzo che stava facendo del suo meglio per ignorarlo e disse : “Vado a finire in cucina Jin bello, ma non temere, ritorno subito…..” e gli strizzò l’occhio voltandosi per tornare al lavoro, Chao-Chao fece l’atto di corrergli dietro e Lai si affrettò a sparire nel piccolo corridoio che dava sulla cucina. “Io ancora non sa perché tengo lui qua??? Buono a nulla che non è alto, sa solo perdere tempo….” Disse scuotendo la testa e tornando indietro verso il bancone. Jin sorrise tirando su rumorosamente un’ altra bacchettata di spaghetti.

“Sai bene che ha una sorella piccola ed un padre che si ubriaca e che è l’unico a portare i soldi a casa….ecco perché non lo hai mai licenziato Chao.” biasciò Jin col boccone in bocca.

“Io troppo buono, finisco poi per rimetterci miei soldi, questo so………” sospirò infine il ristoratore sedendosi accanto al giovane su di uno sgabello.

“E ora mio giovane amico vuole dire a Chao motivo vero di suoi guai??”

Jin lo guardò per un momento stupito, poi un pensiero gli attraversò la mente e distogliendo lo sguardo dagli occhi gentili dell’ ometto disse quasi arrabbiato:

“E’ venuta qua Luis vero?”

Chao sorrise “Tu ha amici che ti vuole bene ragazzo, non devi essere arrabbiato con lei……”

“Ti ha detto che sono stati Mhei-Cho ed i suoi a pestarmi vero?” ringhiò piano  Kazama, senza guardare in faccia il suo interlocutore.

Chao scosse debolmente la testa. “No detto tu ora, Luis detto solo che tu ha……..problemi di salute (lei così a definito tuo occhio e mano) e poco anche di soldi. Lei detto me che era preoccupata da tuo comportamento, sempre tua testa da altra parte, tu fa cosa ma non sei li a fare con tua testa.

Io credeva che lei esagerava, che chiacchiere su tua fissazione di Mishima Palace, erano solo quello, chiacchiere………ora vedo che non è così.” Chao si sistemò meglio sullo scomodo sgabello del bancone.

“Jin………Ragazzo, tu deve smettere di comportarti così! Sai tu questo…………vero?” il ragazzo alzò per un attimo gli occhi dalla ciotola e si ritrovò a fissare la tonda faccia dell’altro che lo guardava con paterno affetto, poi li riabbassando subito lo sguardo, ritornò a fissare la scodella davanti a se.

Infine sospirò debolmente “Io…………..è……è difficile Chao………..” riuscì a farfugliare; l’altro gli mise una mano sulla spalla e la strinse come a volerlo rincuorare:

“Non va bene torturare come fa tu, tuo cuore e tua anima……….io crede di sapere cosa non va ora per te……………” Jin alzò ancora la testa e lo fissò con occhi velati.

“Non ho speranze Chao……….non……..non posso andare la; non è solo per…….” Esitò un attimo mordendosi il labbro “non è solo per…………per Lui…..”concluse flebilmente, tanto flebilmente che il vecchio ristoratore non fu certo di quello che aveva detto.

“C’è della gente in quel palazzo che mi vuole…..bhe diciamo che mi vuole morto………..o peggio. Io non posso affrontarli ora, sono ridotto da far pena, e comunque……sono sicuro che non servirebbe a nulla……è tutto così dannatamente complicato……………”

Detto questo si prese la testa tra le mani  e chiuse gli occhi appoggiandosi al bancone del bar con i gomiti e lasciando andare la mente libera nel vuoto, a vagare tra le mille possibilità che avrebbe generato quell’incontro tanto agognato e temuto con Howarang……e forse con Heinaci.

Chao si alzò faticosamente dallo sgabello e gli batté un paio di volte la mano sulla spalla, poi tornò lentamente dietro il banco; aveva un’idea molto vaga di quello che si agitava nella mente del suo giovane cameriere, ma sapeva che il ragazzo desiderava che qualcuno lo incoraggiasse anche se, non l’ avrebbe mai ammesso, specialmente con se stesso.

Sorridendo debolmente tra se pensò che molti anni prima anche lui era stato così, chiuso come un riccio di mare; Jin gli ricordava molto quel giovane testardo che era stato lui un tempo e forse proprio per questo gli piaceva tanto quel giapponese.

“Piegato ma non spezzato dopotutto…………….” Pensò tristemente il cinese fissando commosso il giovane che adesso si massaggiava le tempie con aria spenta.

“Io crede di aver capito, che tu ha là due cose molto importanti Jin………” gli disse dopo un poco, l’atro lo guardò con aria ora un’ po’ più controllata.

“Che vuoi dire? ”chiese solo.

“In palazzo di Beauty City, la c’è tuo più dolce sogno e tuo più grande incubo………tuo amore e tuo odio………tu teme che loro saranno in conflitto quando tu affronterai uno di loro.” Era un modo molto romantico e soprattutto poetico per descriverlo, ma si dopotutto era vero.

“In fondo è veritiera questa similitudine………là convivono Howarang e quel bastardo di Heinaci……….il mio amore impossibile e la persona che forse ora detesto di più al mondo………….

Se solo, se solo potessi affrontarli separatamente.” Scosse la testa come a voler allontanare quel pensiero. “Che idiota che sono…….anche se li affronto da soli, probabilmente Mishima mi ucciderebbe in un colpo solo per quel che sono adesso…….. e Howarang………………Dio, se solo servisse a qualcosa ti chiederei di non farmi rifiutare da lui, di non farlo scoppiare a ridere in quel suo dannato modo spensierato che amo così tanto, ma che mi ucciderebbe se, se…………..”

Una fredda lacrima solitaria gli rigò la guancia e cadde nella ciotola semivuota della sua cena; imbarazzato Jin s’affrettò a asciugarla e si voltò a guardare Chao che all’altro capo del bancone gli dava le spalle trafficando con la sua roba, non sembrava aver notato nulla.

Chao-Chao invece se n’ era accorto eccome, sia del tormento silenzioso nei pensieri del giapponese che della lacrima, ma fece finta di nulla per non offendere il ragazzo che lui sapeva bene essere un tipo piuttosto difficile e orgoglioso.

“Io dico solo che tu ha troppi dubbi che ti tormentano anima come cani affamati……..” continuò il ristoratore come se non avesse mai interrotto il discorso di prima.

“Tu desideri amore giusto? Mi sembra che questo sia desiderio più che legittimo, tutti vuole amore; essere soli è come essere involtino di primavera senza verdura dentro……..VUOTO, quindi incompleto. Involtini incompleti fanno venire male di stomaco io dico.” Sorrise voltandosi un’ pò verso il ragazzo “Ma dici anche che tu ha paura di odio, di male che si trova in stesso luogo di tuo amore………… Paura di male anche è buona cosa, tiene vivi……….Fa essere prudenti e accorti. Più grandi eroi di mondo io dico è tutti vigliacchi…..chi non ha paura muore giovane e non fa eroe………”

Chao lo guardava ora con occhi penetranti “Ma tu cosa vuole davvero? Amore o Odio che te fa paura? Tu dice che gente di Palazzo Mishima vuole te morto? E che differenza c’è con tuo comportamento ora?” si mise le mani sui fianchi.

“Tu scappa da tuo amore, tu scappa da tuo odio, ma sta qui seduto a attendere che morte liberi te da dolore di non decisione……………..”

La voce dell’uomo era gentile, ma la durezza di quelle parole colpì Jin come uno schiaffo ben meritato; era vero e lo sapeva…….in tutti quei mesi non aveva fatto altro che nascondersi, intimorito dai suoi sentimenti prima e poi dalla paura di una sconfitta; sconfitta che avrebbe davvero meritato per quel suo assurdo comportamento.

“Che strano……….ho sempre pensato di……di essere abbastanza onesto con me stesso da aver accettato il mio amore per Howarang…..invece avevo ancora paura di ammetterlo. Mi sono nascosto per sfuggire ad un rifiuto che mi avrebbe agnentato ed a una sconfitta che sapevo di meritarmi…… e continuavo a ripetermi che non avevo modo di porvi rimedio………….e invece………”

Chao gli si avvicinò porgendogli un pacco di avanzi che aveva fatto preparare a Fon, sapeva che oltre al cuore pesante Jin aveva sempre lo stomaco vuoto e che ora che era a secco di soldi l’avrebbe avuto ancora per molti giorni. Sorridendo gli disse:

“Che possono fare gente di palazzo di peggio, di che tu ora fa a te stesso?? Uccidere forse? Io credo che sarebbe cosa più magnanima uccidere te che lasciarti vivo a tormenti che tu infligge a te…..”

Jin non rispose, e si limitò a prendere il sacchetto che l’altro gli porgeva, era troppo assorto nei suoi pensieri per accorgersi di quanto lo circondava. Il ristoratore mise anche trenta dollari sullo scuro tavolo del bancone dicendo allegramente:

“Prende…….questo è tua paga e anticipo su paga di domani. Va te prendere altre medicine per occhio o non metto più a servizio tavolo, mi spaventi clienti così conciato!”

Jin si riscosse dal torpore nel quale era caduto dopo quest’ultima battuta e alquanto imbarazzato, ma poco disposto a mostrarlo disse:

“Chao io……….non li posso accettare, ne questo ne i soldi……….non…….” fece il giovane ritrovandosi in mano il sacchetto di cibo e il denaro; il vecchio agitò la mano paffuta e poggiandogliela sulla spalla sorrise.

“Tu prende, poi ne riparla domani va bene?” Kazama si sentiva arrossire, non solo per la vergogna, ma anche perché l’uomo gli sapeva trasmettere una sensazione di pacata amicizia che mai si sarebbe aspettato di provare in vita sua e questo gli scaldava il cuore. Avrebbe voluto dire qualcosa, cercare di rifiutarli ancora ma sapeva che se avesse detto anche una sola parola la sua maschera di impassibilità sarebbe crollata in mille pezzi e lui moriva di vergogna al solo pensiero. Il vecchio cinese gli fece un cenno e si allontanò verso le cucine dicendo soltanto “Va a letto ora, sei stanco………...domani vieni alle nove.”

Rimasto solo nella stanza vuota Jin esitò un altro minuto prima di muoversi, poi prese la felpa che aveva appoggiato accanto al suo sgabello se l’infilò calandosi bene in testa il cappuccio, per proteggersi dal vento gelido della notte; infilò i soldi in tasca e raccolse il sacchetto che aveva messo a terra avviandosi verso l’uscita del ristorante.

Mentre camminava per le strade buie dei bassifondi aveva la testa leggera, agitata da mille pensieri. “Chao a ragione, che altro di peggio potrebbe succedermi? Howarang mi rifiuta?” un brivido freddo gli attraversò la schiena “Almeno sarei in pace con me stesso, smetterei di tormentarmi di soffrire senza sapere se ho davvero una speranza o meno………….sarei disposto anche ad accettare il mio destino di sconfitta, se solo trovassi pace a questo dolore atroce che mi divora…………Amo Howarang come non credevo possibile, che altro di peggio ci potrebbe essere di un suo rifiuto? Nemmeno la morte mi sembra un’ opzione peggiore di questa.

Forse sarei anche disposto a morire per mano di Mishima se……………….Ma se per un qualche miracolo Howarang non mi rifiuta??” un fuoco di speranza gli bruciò il petto per un breve attimo, intenso e travolgente come un fiume in piena.

“Dio mio fosse vero…………………” si sentì come sollevato in aria ed il suo cuore iniziò a battere più forte che mai, le orecchie gli fischiavano, mentre le immagini di una probabile vita insieme a Howarang gli passavano davanti agli occhi.

“………..E se……….se invece mi rifiuta?” il gelo che aveva da tempo nell’anima tornò a farsi sentire, ma il tepore della flebile speranza acceso in Jin dalle parole di Chao non abbandonò completamente il ragazzo così la sua mente continuò a danzare tra quei pensieri di estasi e infinito dolore fino a che il giovane non giunse a casa e poi dopo mentre si preparava ad andare a letto, non lasciandolo sino a che non cedette al sonno.

 

 

Viale Imperial nei pressi del Mishima Palace

Una settimana dopo:

Domenica Ore 22,40

Howarang guardava la pioggia scendere copiosa e fitta da dietro i vetri antiproiettile della lussuosa limousine in cui sedeva, si sentiva meglio adesso che poteva andarsene a giro per conto suo. Non riusciva ancora a credere che Heinaci lo avesse lasciato andare fuori senza la sua ingombrante presenza a fianco; era ormai almeno una settimana che il proprietario della sua vita lo aveva lasciato.

Era partito, per un viaggio di lavoro lungo un mese e incredibilmente non aveva costretto il ragazzo a seguirlo, come invece ci si poteva aspettare da un bastardo come Heinaci; preferendo affrontare il viaggio da solo e lasciando Howarang alla Mishima Corp. “…………..Ovviamente sotto strettissima sorveglianza, e senza troppe spiegazioni……ma almeno lontano da lui……………..” si consolava cupamente il ragazzo.

Ogni volta che lasciava il grattacelo della Mishima infatti doveva farlo sotto scorta; Martin il braccio destro del capo della sicurezza Jeff lo accompagnava sempre, insieme ad almeno sei nerborute guardie del corpo, ad un paramedico di nome Lorenzo ed un segretario occhialuto di nome Hitaka Hiroito non particolarmente simpatico.

Ma almeno aveva la possibilità di andare dove voleva e soprattutto poteva evitare di avere Mishima tra i piedi; persino le sue notti erano meno agitate del solito, non avendo più visite serali riusciva quasi a dormire bene adesso.

Howarang sospirò, sapeva bene che non sarebbe durato, presto Heinaci sarebbe tornato e allora tutto sarebbe ripreso da capo………..ma adesso non gli importava; voleva solo godersi quello scampolo di libertà, se di libertà si poteva parlare.

Aveva deciso che avrebbe vissuto alla giornata, cercando di non pensare troppo al futuro, tanto non poteva fare nulla per cambiarlo quindi perché preoccuparsene…………

Un leggero colpetto di tosse attirò la sua attenzione sul giovane segretario Hitaka Hiroito seduto davanti a lui.

“Signore avete deciso il programma di domani?” disse il ragazzo con tono professionale, mentre tirava fuori dalla tasca interna della giacca un’agenda elettronica e l’accendeva. Howarang sbuffò tornando a guardare fuori, non rispose.

“Signore?” fece Hitaka cercando di attirare nuovamente la sua attenzione “Volete che vi illustri le opzioni possibili?”. Howarang avrebbe volentieri fatto a meno di quell’invadente figurino che gli era stato appioppato, ma sapeva benissimo che tanto nessuno lo avrebbe ascoltato.

Le disposizioni di Mishima in proposito erano state chiare, fin troppo chiare……….il coreano ricordava ancora quando le aveva lette sul foglio di ciclostilato con l’intestazione delle aziende della Mishima Corp.………………..

 

Erano le sette e trenta del mattino quando si era svegliato, il giorno dopo la sua ultima crisi nervosa, aveva dormito l’intera nottata, a causa del calmante e dei sonniferi che gli avevano dato i medici. Heinaci non si era fatto vivo quella notte e Howarang temeva di vederselo piombare in camera da un momento all’altro, invece l’unica che si era fatta vedere quella mattina era stata Melody.

Verso le otto preoccupata per le sue condizioni fisiche, era passata per controllare se il ragazzo stava ancora dormendo e quando l’aveva trovato sveglio si era rasserenata, sorridendogli aveva ripreso il suo solito modo di fare gentile  e allegramente gli aveva detto:

“Signorino, che gioia vedervi nuovamente in voi, ieri mi avete fatto morire di paura sapete…………” aveva quasi pianto di gioia mentre lo diceva “…..avrete fame adesso, oppure desiderate forse che chiami nuovamente i dottori per controllare le vostre condizioni? Vi serve qualcosa…………”

La ragazza l’aveva subissato di mille domande, era commovente vederla così preoccupata; alla fine Howarang era riuscito, non senza difficoltà, a fermare quel torrente di parole e a chiedere del caffè e qualcosa da magiare anche se non aveva veramente fame, sentiva di dover masticare qualcosa.

Melody aveva prontamente esaudito la sua richiesta portandogli un carrello della colazione stracarico di roba, altre al caffè richiesto c’erano cornetti caldi, cioccolato a pezzi, frutta secca e fresca, biscotti marmellata e burro, perfino un succo di frutta acqua fredda e dei panni caldi per detergesi le mani dopo il pasto.

Il ragazzo non avrebbe mai finito il carrello nemmeno quando era al pieno della sua forma, ma non volle deludere le aspettative di Melody e sbocconcellò ugualmente un’ po’ di tutto, mentre faceva colazione il dottor Fukighawa gli aveva fatto visita informandolo che: “……………….il Signor Mishima si scusava ma è dovuto partire presto stamani, starà  via per qualche tempo.”

Howarang aveva fatto una smorfia disgustata sentendo quel nome e si era voltato dall’altra parte, non sopportava nemmeno più di sentirlo nominare. “Heinaci che si scusa di qualcosa con qualcuno…….anzi, che si scusa con me……..sarebbe davvero divertente se fosse vero……” pensò caustico.

“…………Il Signor Mishima vi ha affidato alle mie cure, siete stato poco bene ultimamente è l’avete fatto preoccupare. Non riteneva saggio farvi affrontare il viaggio di lavoro con lui……” il buon dottore sembrava convinto di quello che diceva, ma il ragazzo si sentì comunque disgustato da quel suo atteggiamento servile……….

“Quando ritornerà?” aveva chiesto senza guardare il suo interlocutore.

“Tra un mese………..cercate di riposarvi…………..” Howarang aveva avuto come l’impressione di essere stato imprigionato una seconda volta ma ugualmente annuì.

“Il Signor Mishima mi ha pregato di consegnarvi questa.” Concluse il dottore porgendogli una lettera in busta chiusa su cui alcuni kanji recitavano semplicemente –Per la mia bella Bambolina-, la grafia era quella dura e poco elegante di Heinaci.

Howarang  esitò un’ attimo prima di prenderla “……..Giusto perché non mi dimentichi quale sia il mio ruolo………..” aveva pensato dolorosamente; gli ci era voluto il resto della mattina per trovare il coraggio di leggerla………

Oltre ad un elenco di persone che lo avrebbero servito e seguito durante l’ assenza del suo –Capo- il ragazzo vi trovò dentro, un’ elenco di luoghi che poteva visitare liberamente, un altro di disposizioni restrittive o nuove libertà che gli venivano concesse ed anche un biglietto con un messaggio personale di Mishima che recitava più o meno così:

 

Dato che stai troppo male per soddisfare le mie notti,

i medici mi hanno convinto a lasciarti a casa, cara la mia bambolina.

Ma non temere tra poco starai nuovamente bene ed allora riprenderemo i miei giochi da dove li avevamo interrotti.

Aspetta con ansia quel momento e ricordati che Martin anche se non è affidabile come Jeff ha l’ordine di sorvegliarti strettamente, e non oserà deludermi.

Non tentare la fuga o sarà peggio per te, per non parlare poi di quello che farei a Jin se tu decidessi di andartene………..

 

A presto mia Bambolina………

                                                           M.H.

 

Howarang aveva pianto leggendo il biglietto…………….A lungo ed in silenzio, brucianti lacrime di rabbia impotente gli avevano rigato le guance esangui; si era ripromesso di fargliela pagare in qualche modo, ma anche mentre lo diceva sapeva che non avrebbe potuto farlo……….temeva troppo le minacciose promesse di Heinaci; temeva troppo quello che avrebbe potuto fare a Jin per osare tentare qualcosa, per osare anche solo desiderarlo.

“Signore? Vi sentite bene?” la voce perplessa di Hitaka lo riportò bruscamente alla realtà e il ragazzo si accorse che stava piangendo; il coreano guardò torvo il suo segretario come a sfidarlo, Hiroito non fece una piega e ripeté nuovamente la domanda. “Vi sentite bene?”

“Si Hitaka……….” disse nervosamente l’altro, ignorando le risatine che sentiva provenire dalle due guardie del corpo che sedevano nei divanetti posteriori.

“Ecco signore, come le stavo appunto illustrando prima, domani avrebbe un incontro nel palazzo dei congressi con i rappresentanti dell’alta finanza e del commercio da tutto il mondo. È una conferenza che riguarda i piani finanziari dei prossimi anni e credo che……………………………..”

“E credo proprio che non ci andrò!” disse stizzito Howarang fissando con aria irritata il mondo che scorreva lentamente dietro i finestrini della limosine.

“Ma signore…..il signor Heinaci ha dato precise disposizioni perché voi………”

“Perché io potessi rilassarmi, ed andare ad una noiosa e lunga riunione di vecchi tripponi in doppio petto che parlano solo di come far fruttare i loro interessi in banca ed alzare i profitti delle loro imprese, a scapito del prossimo, non è proprio la mia idea di divertimento per la domenica” il coreano si voltò verso il giovane segretario con aria di sfida. “Credo invece che andrò a farmi una corsa al parco domani mattina, e poi un giro per il centro commerciale nel pomeriggio……. Ci dovrebbe essere una raccolta di fondi per un orfanotrofio, credo che ci farò un salto………”

“Signore, non credo che il signor Mishima avrebbe gradito che……..” esordì Hitaka sfoggiando il suo miglio sorriso compiacente, aggiustandosi contemporaneamente il nodo alla cravatta con una mano e poi calzandosi meglio gli occhiali sul naso sottile.

Howarang strinse i pugni e ignorando altre risatine provenienti dal retro dei divanetti disse: “Credo che spetti a me decidere come voglio divertirmi nella mia convalescenza… non violo nessuna delle Sue dannatissime disposizioni, andando al parco a correre o facendomi un giuro ad una manifestazione socialmente utile!

Sbaglio o quelle stesse disposizioni che tanto ti preoccupi sempre di ricordarmi, mi danno anche il pieno diritto ad andare dove voglio??”

Il segretario tossicchiò contrariato “……..Si certo Signore capisco, ma ugualmente……..”

Howarang non era disposto a cedere “Non ho detto che ci andrò da solo, ovviamente…… lo so bene cosa ti preoccupa tanto………..dato che non posso fare altrimenti, Martin e i suoi cani da guardia verranno con me, anche a correre se questo potrà tranquillizzarti Hitaka………e chi sa, magari potresti venire anche tu? Oppure non te la senti? A guardarti bene sei più pallido di me………….. ” continuò il ragazzo sogghignando amaramente “Forse ti farebbe bene………...potresti addirittura ENTRARE nelle grazie de TUO CARO Signor Heinaci……….magari -quanto lo sono io adesso-…………….” Concluse sibilando il coreano.

Hitaka impallidì, sapeva bene a cosa voleva alludere l’altro, e sebbene ci tenesse davvero molto a far carriera l’opportunità offerta da Howarang, non rientrava certo nei suoi progetti. Si morse il labbro e annuendo disse semplicemente:

“Vi ringrazio dell’invito Signore, ma non credo di avere la vostre…….DOTI…..per riuscire a sopportare tale sforzo……………….Credo che mi limiterò ad attendervi alla macchina come sempre………….in questi casi.” Ovviamente non stava parlando del jogging, Howarang si voltò ancora una volta dall’altra parte pensando che detestava proprio quel ragazzo tanto viscido e servile che gli faceva da segretario.

Il battibecco sarcastico tra i due occupanti dei divanetti centrali della limosine aveva suscitato una crescente ilarità tra gli occupanti del retro della macchina; così Howarang, stufo di sforzarsi nell’ ignorare i commenti volgari e pesanti dei due gorilla dietro, premette con forza il tasto di chiusura del vetro tra i sedili e tornò a guardare dal finestrino sempre più triste mente il palazzo della Mishima si avvicinava come un minaccioso gigante nero.

La macchina si fermò proprio davanti all’entrata principale del Mishima Palace, dalla corsia di transito preferenziale delle limousine alla strada principale c’era un ampio spazio di marciapiede che tecnicamente non faceva parte della proprietà del palazzo di Heinaci, ma che di fatto ne era indissolubilmente stato inglobato.

Due fontane a semicerchio ornavano lo spazio antistante l’entrata ed una aiuola sopraesposta ricolma di composizioni floreali, bonsai e pietre decorative colmava lo spazio tra le due vasche delle fontane gemelle. Le due guardie del corpo sedute nei divanetti posteriori dell’auto scesero per prime e si disposero ai lati della portiera di Howarang, per impedire eventuali assalti, il segretario scese per secondo ed aprì il grande ombrello che gli porgeva un terzo gorilla alle sue spalle. Hitaka si inchinò leggermente restando marginalmente fuori dal riparo dell’ombrello scuro, per permettere al suo ospite di goderne a pieno mentre scendeva dalla limousine.

Howarang sospirò ed esitò un attimo prima di scendere dalla macchina………odiava tutto quel formalismo fasullo, sapeva fin troppo bene cosa pensavano realmente di lui quegli uomini che si affannavano tanto per dare l’impressione di essere dei fedeli dipendenti.

“Come ha detto quel bastardo di Jeff………………..io non sono altro che uno stupido scaldaletto su cui sfogare i propri istinti………. Sono sicuro che se potessero anche questi bastardi si divertirebbero con me……………Dio come vorrei che tutto questo finisse. Se solo non fossi stato così stupido da lasciarmi sfuggire l’opportunità di parlare a Jin otto mesi fa………………”

La mente del ragazzo si bloccò come se qualcuno avesse staccato la corrente al suo cervello ed adesso fosse del tutto incapace di fare qualsiasi cosa, persino respirare. Howarang vacillò un attimo, le gambe gli tremarono ed impallidì appena, per poco non cadde a terra inciampando nel marciapiede rialzato che si era trovato davanti. Scendendo dall’auto aveva distrattamente voltato la testa verso la fioriera all’entrata del palazzo ed aveva visto l’ultima cosa che non si sarebbe mai aspettato di trovarsi davanti………………….

Jin Kazama………….

Jin che stava discutendo con uno dei suoi gorilla per la precisione; l’uomo l’aveva preso per il bavero della tuta e lo stava scuotendo, minacciandolo con un vocione basso e aggressivo. Jin non dava segni di reazione, limitandosi a stringere il polso del suo aggressore con la mano destra, lo sguardo fisso su Howarang come in trance……………

Il coreano distolse velocemente lo sguardo, si sentì arrossire come una studentessa timida e le ginocchia gli tremarono, aveva il respiro affannoso, la vista si era appannata; non riusciva a credere ai propri occhi.

“Jin…..mio dio quello è JIN………………” la sua mente turbinava, il cuore gli martellava in petto come se volesse esplodere e correre incontro al suo amore, ma si costrinse a non farlo, seguire il suo irrazionale desiderio equivaleva solo a far riconoscere Jin come il nipote di Heinaci, e nonostante la promessa che il vecchio gli aveva fatto, Howarang non era sicuro di cosa sarebbe potuto succedere se qualcuno della Mishima avesse scoperto chi fosse realmente Jin.

“Signore vi sentite bene?” la voce petulante di Hitaka al suo fianco lo scosse dal fluire turbinoso dei suoi pensieri. Howarang si ricompose quel tanto che gli fu possibile e disse con voce esitante:

“Si stò bene…..ora….andiamo…….” e cercando di mantenere un’espressione neutra si diresse con passo svelto verso Jin Kazama, pregando silenziosamente che qualche Dio o Demone gli desse la forza per affrontare il suo amato.

 

 

Jin era stato sotto la pioggia fitta per almeno un’ora, nella vana attesa della macchina di Howarang, fermo impalato sul marciapiede accanto al Mishima Palace quando vide arrivare la limousine nera di Howarang scortata da altre due macchine berlina, anch’esse nere quasi non si mosse, anche se il suo cuore mancò un battito.

Dalle due berline della scorta scesero quattro gorilla che si disposero in ordine sparso attorno alla limousine, poi vide aprirsi le portiere posteriori e scenderne due armadi a muro che probabilmente erano le guardie del corpo personali di Howarang.

Un ragazzo minuto con occhiali e dai capelli lisci color fango scese subito dopo i due body guard ed aprì un grande ombrello nero, si inchinò offrendo la sua protezione al quarto occupante della macchina.

Jin sentiva il rumore del sangue che gli scorreva nelle vene, il cuore che martellava e la testa prese a pulsargli………………..come da un sogno il giovane vide scendere dall’auto l’oggetto di tutti i suoi desideri e l’origine di tutti i suoi dubbi, Howarang.

Il coreano indossava un elegante completo bianco con un’ impermeabile in coordinato, aveva i capelli leggermente più lunghi di quanto Jin si ricordasse, ma era inconfondibilmente la sua adorabile criniera rossa quella che si voltò distrattamente verso di lui. Il giapponese rapito da quell’apparizione celestiale, quasi non si accorse di venir afferrato per la gola da una delle guardie del corpo che stavano attorno alla macchina.

Inconsciamente, non appena aveva visto scendere Howarang dalla limousine, si era diretto verso di lui ma adesso uno dei gorilla lo stava bloccando.

“Che diavolo vorresti fare straccione?” la voce dell’uomo gli arrivava alle orecchie come filtrata da diversi materassi di piume, Jin afferrò il polso della mano che gli stringeva il bavero della tuta per riflesso condizionato, ma non cercò di liberarsi.

“Che diavolo mi prende, avrei dovuto avvicinare Howarang da solo, o lasciargli un messaggio in portineria, non farmi beccare da quest’ idiota!” ma non appena aveva posato gli occhi sul giovane coreano Jin si era completamente dimenticato di ogni piano fatto per incontralo o parlare con lui………………….Gli era semplicemente andato incontro come in trance……attirato come una falena dalla luce della fiamma.

Distolse lo sguardo dall’ altro per cercare di riprendersi, aveva la testa vuota, lo stomaco gli si contorceva come se stesse per sentirsi male, quasi fosse in preda ad una crisi isterica irrazionalmente desiderò di poter fuggire da lì. Ma nonostante tutte le tumultuose sensazioni che provava, rimase comunque dove si trovava.

“Allora pezzente mi vuoi rispondere? Che diavolo volevi dal signor Howarang? Perché ti sei messo a corrergli incontro? Rispondimi straccione!” la guardia del corpo gli diede una scrollata ma Jin non lo guardò in faccia ne gli rispose, fissando ostinatamente il marciapiede bagnato nel disperato quanto vano tentativo di calmare il battito affannoso del suo cuore.

“Che succede Victor? Perché stai torturando così questo ragazzo?” la voce melodiosa anche se un’ po’ esitante proveniva proprio dalla sua destra, Jin voltando la testa alzò lo sguardo sul nuovo venuto. I suoi occhi incontrarono per un attimo quelli di Howarang e il giapponese sentì come se tra loro passasse una scossa elettrica, poi disperato voltò la testa dall’altro lato……………..

“Dio perché è venuto qua?……………….in che condizioni mi deve vedere…………..vestito di stracci e strapazzato da uno dei suoi dannati gorilla…….sono fortunato se non mi ride in faccia e mi faccia cacciar via su due piedi……….” Confuso ed imbarazzato Jin non si era nemmeno accorto che la voce di Howarang non era affatto canzonatoria, ma bensì preoccupata, quasi che l’altro avesse paura a parlare.

“Dannazione Jin Kazama, sei venuto qua per incontrarlo, ed adesso ti tiri indietro come un vigliacco?…..Mhei-Cho e la sua banda allora fanno davvero bene a tormentarti……..” cercò di rimproverarsi il ragazzo, nel vano tentativo di riordinare i suoi pensieri. La vicinanza col coreano lo stava stordendo sempre di più, come avrebbe fatto a dire qualsiasi cosa, a spiegare il motivo della sua visita, se bastava la sola presenza di Howarang a sconvolgerlo così profondamente……………….

Jin respirò a fondo e avvertì il leggero odore di muschio della pioggia mischiarsi al tenue profumo di un dopobarba alle erbe, quello che usava Howarang, chiuse gli occhi cercando di memorizzare quella dolcissima fragranza.

Il giovane si concentrò per un attimo ed infine sfoggiando l’espressione più aggressiva di cui era capace in quel momento disse con voce bassa e dura, rivolgendosi alla guardia del corpo che lo stava trattenendo a forza.

“Lasciami andare bestione, non facevo nulla di male, stavo solo passando per di qua prima che tu mi bloccassi…………………” Jin aveva il volto girato dal lato opposto a quello su cui stava Howarang e lo sguardo fissato ostinatamente per terra, non riuscì a vedere l’espressione di vuoto doloroso terrore che comparve per un attimo sui delicati lineamenti di Howarang, prima di svanire come portata via dalla pioggia.

“Che stupido che sono……………..e io che credevo…………che speravo………che magari fosse passato per vedere me…..magari anche………..anche solo per rimproverarmi, per dirmi che ero un traditore ed un bastardo ad essere diventato uno degli uomini della Mishima Corp.…………….Ma forse di Jin io non merito nemmeno il disprezzo………..” Howarang si sentiva sprofondare sempre più nel vuoto, mentre la sua mente cercava disperata una via di fuga da quella situazione imbarazzante; aveva bisogno di restare solo con Jin, ma non sapeva come fare………e certo tentare un approccio diretto era la cosa più stupida che potesse fare, con tutti quegli uomini di Mishima trai piedi..………………

Intanto Victor alla sdegnosa replica del prigioniero, era diventato rosso in viso come se avesse fatto una lunga corsa e i suoi lineamenti duri si stavano deformando rapidamente in una smorfia di ceco odio “Ma brutto piccolo bastardo, pezzente che non sei altro………….…Io ti rompo il muso sai………!” e così dicendo l’uomo alzò la mano libera per colpire il volto di Jin con un poderoso manrovescio, ma prima che potesse fare qualunque cosa Howarang alzò una mano come a voler bloccare il colpo, facendo anche  un passo avanti:

“No fermo!!!” aveva parlato prima di rendersene conto, lasciando che nella sua voce trapelasse tutta la sua preoccupazione ed angoscia, tanto che sia la guardia che Jin si voltarono verso lo sconcertato Howarang con sguardo interrogativo.

Intanto anche altre guardie si erano avvicinate allarmate dal grido di Howarang, alcune avevano addirittura estratto parzialmente la pistola dalla fondine della giacca.

Il giovane coreano tentando di riacquistare un parziale autocontrollo agitò lentamente la mano alzato come a voler cancellare il gesto di poco prima, dicendo:

“Non credo…….non credo che sia…………..sia il caso Victor…..di aggredire così un ragazzo che se ne stava per i fatti suoi, siete tutti iperprotettiva con me………”

Il giovane distolse lo sguardo dagli astanti, chiudendo gli occhi per raccogliere il coraggio, stava tentando una manovra disperata, lo sapeva, ma non aveva altra scelta. Se Victor o qualcuno degli altri gorilla avesse riconosciuto Jin nel giovane straccione che avevano davanti, sarebbero stati guai…..e guai con la “G” maiuscola……….

Doveva fare qualcosa e in fretta anche, prima che succedesse l’irreparabile……………la testa gli pulsava quasi come se avesse un’ emicrania, lunghi istanti scivolarono via mentre Howarang cercava di raccogliere velocemente i suoi pensieri. Poi improvvisamente gli balzò agli occhi un’immagine del parco dove sarebbe andato a far joghing la mattina dopo; “Forse potremmo incontrarci lì………………..” pensò disperato.

 L’idea che gli era venuta gli sembrava già folle mentre ancora non l’aveva del tutto delineata, quasi senza accorgersene si infilò  una ma no in tasca cercando il portafogli, lo  estrasse dalla tasca interna con gesto impacciato.

“Dio ti prego fa che non li rifiuti…………………………” la mente del giovane era in tempesta. Il piano che gli era venuto alle mente era folle, ma non aveva altro a cui aggrapparsi, se Jin avesse rifiutato i soldi che adesso gli offriva lo avrebbe perduto definitivamente………………..e con lui avrebbe perduto definitivamente anche la poca voglia di vivere che gli era rimasta…………..

Jin vide Howarang frugarsi in tasca e estrarre il portafogli di Valentino, porgendogli poi una banconota da 100 dollari; le lacrime gli salirono agli occhi più velocemente di quanto si aspettasse. Fortunatamente il gorilla della sicurezza lo lasciò andare, così Jin si inchinò velocemente a novanta gradi, non per rispetto, non per gratitudine e tantomeno per educazione……..si inchinò così profondamente solo per evitare che Howarang lo vedesse piangere in quel modo.

Si sentiva così umiliato dal gesto del suo amato che non riusciva a dire o fare nulla, l’unica cosa che voleva era fuggire velocemente da lì, allontanarsi dal Mishima Palace e sparire nel nulla che sarebbe diventata la sua vita da allora in poi.

“Bhe che c’è non li vuoi?” era la voce di Howarang, Jin fremette di rabbia e dolore, non avrebbe mai immaginato che il suo amato lo avrebbe trattato così…..e davanti a tutti poi.

Non di meno la sua mano si mosse da se, alzandosi col palmo rivolto verso l’alto per prendere quei dannati 100 dollari che gli venivano porti.

Howarang tirò un sospiro di sollievo nel vedere Jin accettare quel denaro e con esso il biglietto d’ingresso al parco privato dove correva lui tutte le mattine; biglietto che il giovane avena estratto dal portafoglio assieme ai soldi e che aveva abilmente nascosto con essi. La pioggia stava aumentando di intensità, il suo segretario si stava innervosendo “Signore, dovremmo andare adesso…………….” Howarang si voltò cercando di avere un aria naturale, ma la sua testa stava esplodendo, si sentiva spossato come se avesse fatto un allenamento intenso, sorrise appena.

“Si andiamo” e detto ciò s’incamminò verso le porte del palazzo della Mishima Corp.

“Ti prego Jin………………..Cerca di capire…………….non avevo altro modo………Ti prego amore mio…..vieni domani….vieni domani…………..” Howarang ripeté all’infinito questa preghiera fino a che non giunse nelle sue stanza all’attico.

 

Jin si raddrizzò con la faccia rigata di amare lacrime e rimase fermo sul marciapiede dove lo avevano abbandonato ogni speranza e ogni desiderio di vivere………….attese fino a che il suo crudele angelo bianco non scomparve tra le porte dorate del palazzo dove abitava, poi strinse i pugni così forte che la ferita alla mano sinistra si riaprì, il ragazzo non se ne accorse nemmeno. Quando Howarang non fu più in vista Jin si lanciò in una folle corsa per le vie della città; le luci della metropoli gli frustavano gli occhi, la gente e le strade scorrevano via come portate da un marea luminosa erano solo un’indistinta massa di colori e forme incoerenti.

La pioggia battente lo infradiciava come se stesse correndo in un fiume, ma tutto questo era inutile, insignificante………….Jin aveva voglia di morire………………che altro gli avrebbe dato pace se non la morte…………………………………..ora, ora che sapeva di essersi innamorato solo di un ricordo.

Possibile che Heinaci fosse riuscito a tal punto a corrompere il cuore del suo angelo? Possibile che davvero Howarang fosse diventato così freddo e scostante?

Alla fine le forse lo abbandonarono e Jin cadde a terra finendo con la faccia in una pozzanghera, era stanco, dolorante e umiliato, si rialzò faticosamente mettendosi in ginocchio, la luce gialla di un lampione dei bassifondi gli rischiarava il volto devastato dal dolore. Rimase così a lungo guardando il celo e la pioggia che cadeva con sguardo spento e vuoto, poi allargando le braccia si mise a gridare piangendo.

 

 

 

 

Note

1_ Chao-Chao parla strano e poco chiaramente a volte, per simulare con il testo impreciso della frase sgrammaticata un giapponese stentato o anche un inglese difficoltoso, solo nelle frasi che pronuncia interamente in Cinese parla speditamente anche nel testo.