Rose gemelle parte III - Decisioni ed incontri di Astarscia
La
notte era stata lunga, dolorosamente lunga; Howarang se ne stava nel letto
semicoperto dalle lenzuola, raggomitolato su un fianco in posizione fetale.
Era più stanco della sera prima e la testa gli martellava incessantemente,
aveva lo stomaco sottosopra la bocca amara; non aveva voglia di alzarsi, non
aveva voglia di restarsene li sdraiato…….da tempo ormai non aveva più
voglia di nulla………………… La
porta alle sue spalle si aprì e Melody entrò in camera sua col carrello
della colazione, il ragazzo non si mosse, anche se era nudo sotto le
lenzuola, non cercò nemmeno di coprirsi maggiormente, si limitò a
restasene li dove lo aveva abbandonato Heinaci la notte prima. Da lunghe ore
aveva ormai finito le lacrime per quella notte oscena ed adesso tutto quello
che gli era rimasto era il bisogno d’urlare, di sfogarsi in qualche modo;
ma non riusciva a fare nemmeno quello. “Buon
giorno signorino Howarang!” lo salutò allegramente la cameriera,
sfoderando uno dei suoi dolci sorrisi “Siete ancora a letto….sapete che
ore sono?” nessuna risposta. La
ragazza non si perse d’animo e continuò sempre con tono allegro iniziando
a riordinare l’ attico: “E’
da poco passato mezzogiorno………..site rimasto a letto tutta la mattina,
l’istruttore di Body-bilding pensava steste male quando non vi ha visto
salire in palestra e……….” “Ho
la nausea….” Borbottò infastidito il coreano, raggomitolandosi ancora
di più su se stesso; la ragazza che sembrava avere all’ incirca quindici
anni lo continuava a guardare dall’altro capo della stanza mentre
riordinava. Melody
era una ragazzina minuta e piuttosto bassa per la sua età, esteriormente
aveva il corpo di una quindicenne, ma in realtà aveva compiuto già
vent’anni ed ormai si era rassegnata ad essere piatta come una tavola ed
esile come una bambina; ma il suo spirito allegro e la voglia di vivere la
spingevano sempre a cercare di tirar fuori il meglio dalla vita, anche se
non aveva abbastanza spirito per distinguersi dalla massa, era famosa per
non perdersi mai d’animo. Forse
Heinaci, quando l’aveva scelta come cameriere personale di Howarang,
contava proprio sul fatto che l’ allegria della ragazza mantenesse viva la
scintilla dentro il coreano che certamente avrebbe pesantemente risentito
delle sue crudeli attenzioni; cosa che poi era avvenuta ovviamente. “Se
desiderate posso chiamarvi i dottori…………….” tentò Melody “No
grazie” la voce del ragazzo era dura e velata d’un ira malamente
soffocata; la ragazza si cominciò a preoccupare sul serio, sapeva bene che
quando Howarang si comportava così era sempre sull’orlo di una crisi
nervosa, purtroppo gli era già capitato di assistervi molte altre volte.
Essendo la sua cameriera personale, Melody era sin troppo consapevole di
quale fosse il vero ruolo del coreano nella vita e negli affari del signor
Mishima. Se
ufficialmente Howarang era il suo pupillo ed erede, tutti all’interno
dello staff direttivo e dei collaboratori del presidente Heinaci Mishima
sapevano che in realtà il ragazzo era solo il suo amante o
“scaldaletto”………come l’ avevano sarcasticamente definito Jeff
capo della sicurezza del palazzo. Melody non condivideva questa sua opinione
sprezzante “Una bella bambolina da usare e maltrattare a
piacere………….Ecco cos’è!! E pensare che il signorino Howarang è
uno dei ragazzi più invidiati di tutto il mondo………..se solo
sapessero…..” Howarang
si accorse che la cameriera lo stava guardando con espressione
compassionevole, irrazionalmente desiderò di prenderla a schiaffi e si alzò
infuriato a sedere sulle coperte fronteggiando Melody con sguardo omicida. La
ragazza fece inconsciamente un passo indietro “Che diavolo hai da
guardarmi così maledizione!” Le urlò contro con tutto il fiato che aveva
in corpo, riversando in quel grido tutta la sua rabbia repressa. “Che
c’e da guardare insomma…..cosa vuoi………” Continuò avanzando in
ginocchio sulle coltri del letto, completamente dimentico di essere nudo
davanti alla cameriera “Tanto lo so che vuoi sapere………….…”
continuò ad urlare con voce ora rotta dal dolore oltre che dalla rabbia. “Sei
curiosa di scoprire che cosa mi ha fatto stanotte…………di la verità…………..…sei
ansiosa di sapere cosa ho dovuto subire da Lui, così potrai andare a
sparlare di me con le altre
cameriere e con quel pallone gonfiato di Jeff…………” Howarang
era sceso dal letto e le stava andando incontro quasi caricandola, come se
dovesse correre verso la ragazza per picchiarla, Melody a quello scatto
improvviso si era ritirata su se stessa arretrando fino ad arrivare alla
parete in fondo alla stanza. “Tanto
lo so cosa dicono di me, quei bastardi……….mi trattano con
condiscendenza e falso rispetto per obbedire agli ordini di Heinaci, ma poi
dietro mi insultano, ridono di me chiamandomi Signorina Howarang………………la
fidanzata del capo o la sgualdrina coreana……………”. Il
ragazzo aveva raggiunto la cameriera che si fece scudo contro il suo furore
irrazionale stringendosi al petto il telo da bagno che stava ripiegando poco
prima. “O
magari sei solo invidiosa per caso?……………. Vorresti essere al mio
posto Melody?” disse il ragazzo con voce ora più bassa, afferrandola per
i bracci e stringendola forte. “Ti
piacerebbe contorcerti disperatamente nel mio letto mentre Heinaci ti
carezza tutto il corpo con quelle su dannate mani invadenti!! Vorresti
essere me, mentre ti costringe a raggomitolarti sotto di lui in modo da
potersi soddisfare??………………Vorresti essere me mentre piangendo lo
imploro di smetterla di lasciarmi andare che non ne posso più……………….”
La fissava con occhi colmi di lacrime folli, ma non la vedeva. “……Vorresti
essere me mentre imploro e imploro ancora, tremante, una mercé che tanto
non avrò mai, mentre subisco ancora e poi ancora le sue volgari attenzioni,
fino a……….…..a svenire di dolore
e…………. infinita vergogna……………….”. Howarang
tornò lentamente in se mentre i singhiozzi strozzati di Melody lo
riportavano alla realtà, la ragazza lo guardava con occhi annebbiati dal
pianto ed uno sguardo di paura disarmante; il coreano fece un passo
indietro, senza lasciarla andare però. “Me….Melody
scusami io…io… non volevo………io…..” improvvisamente si accorse
di essere nudo e che la stava stringendo ancora inchiodandola alla parete,
la lasciò andare come se scottasse arrossendo vistosamente per
l’imbarazzo causato dalla sua nudità e soprattutto per quello che aveva
fatto e detto. Si
girò cercando di non piangere, anche se adesso che si era sfogato sentiva
le lacrime salirgli agli occhi come l’acqua sale alla sorgente “Mi
spiace Melody…….sono stato uno
stupido……..a…….crederti……..….a dirti quelle
cose…………….…….io………mi spiace davvero……mi……..spi…spiace………..io……………..”. La
frase frammentata fu pronunciata a fil di voce e gli si spense in gola come
l’alito sottile del vento in una sera d’ inverno; Howarang scivolò a
terra e rimase seduto sui polpacci in mezzo alla suwhit, tremava come una
foglia per il freddo dell’aria a la gran vergogna che provava. “Come
sono diventato debole…….”pensò
amareggiato “sono arrivato al punto di….di aggredire Melody, che è
sempre stata gentile con me………..…….senza uno straccio di
ragione………senza …………senza un motivo!” inconsciamente
aveva portato le braccia la petto e si stava cullando dondolandosi avanti ed
indietro, piangendo piano. “Mi
merito il disprezzo degli altri……………in fondo, non importa perché
sono qui……….la ragione non nobilita lo schifo che sono
diventato…………………….JIN…….mio Jin, fortuna che sei lontano
e non puoi vedermi, raderesti di me? M’ insulteresti?………….o…..o
forse ti gireresti solo dall’altra parte……………..non mi merito
nemmeno il tuo disprezzo mio amato…….. Jin…………” I
singhiozzi ora lo stavano scuotendo forte; Melody gli si avvicinò
cautamente con una coperta in mano e gliela lasciò cadere gentilmente sulle
spalle. Provava pietà per lui, nonostante le orribili accuse mossegli
contro dal ragazzo, la giovane non riusciva ad odiarlo; adesso che si era
sfogato sarebbe stato un po’ meglio Melody lo sapeva e
tenendo fede al suo carattere si stava già riprendendo dallo
spavento di poco prima. Howarang
infuriato faceva davvero terrore, aveva gli occhi sbarrati e lo sguardo
fisso, lì per lì la ragazza aveva temuto di essere picchiata ed aveva
pianto per riflesso condizionato; ma adesso che l’altro si stava via, via
calmando lo vedeva solo come un giovane disperato ed abbattuto in balia di
un destino crudele; come poteva disprezzarlo per questo. Melody
non sapeva però che la sua pietà era altrettanto crudele per il ragazzo,
di quanto non lo fossero la derisione e il disprezzo di altri come Jeff.
Hwarang era stato un guerriero abile e potente un maestro nelle arti
marziali, aveva assaporato il gusto inebriante della vittoria, della lotta
senza quartiere contro potenti avversari. Avversari
che potevano anche odiarlo, ma che rispettavano ed ammiravano il guerriero
che affrontavano; la ragazza non sapeva che anche la pietà per uno come
Howarang era una forma di disprezzo. Adesso
spogliato di quella volontà che ne aveva fatto un eroico combattente il
ragazzo si sentiva inutile, piccolo ed indifeso…………………. Non
era abituato a questa sensazione ed a peggiorare le cose c’era ormai anche
la consapevolezza di un sentimento impossibile per un altro ragazzo; Jin era
sempre presente nei pensieri del coreano, lo vedeva spesso nei riflessi
delle vetrine, sui volti di altri. Howarang sentiva la sua voce che lo
chiamava e non solo nei sogni tormentati della notte; per questa sua
logorante fissazione i medici lo avevano costretto inizialmente a riempirsi
di calmanti ed antipsicotici, che avevano contribuito ad abbassare le difese
mentali e spirituali del giovane, lasciandolo infine nudo ed indifeso
davanti ai tumulti che lo circondavano. Howarang
era sempre stato emotivo, ma la pratica costante delle discipline marziali e
la sua naturale allegra avevano mascherato la cosa; quando la gente lo
descriveva tendeva a ritrarlo come un giovane vitale che non si abbandona
mai allo sconforto. Ma
il brusco cambiamento nel corso della sua vita, il ritrovarsi in sostanza
prigioniero, usato e costretto a sottostare ai desideri di un uomo che
odiava, lo avevano lentamente logorato sino a renderlo un’ ombra di quello
che era stato un tempo. Da
quando era entrato nel palazzo della Mishima Corp. Howarang non aveva più
fatto esercizio col Tai-wan-do……………Heinaci lo aveva proibito, ed
al tempo il giovane era troppo sconvolto per tentare di opporsi, l’unica
cosa che gli era permessa erano esercizi ginnici e qualche peso………. Ma
niente lotta; questo lo aveva agnentato. L’unico
appiglio che gli era rimasto in una vita di dolore ed umiliazione come
quella che era costretto a condurre, era Jin Kazama, il suo amore proibito,
impossibile e perso chissà dove……….Da otto mesi non aveva notizie
dell’oggetto del suo martirio, ma non gli importava poi molto sapere dove
fosse, l’importante era che fino ad ora Mishima aveva tenuto fede al loro
patto, non era andato a cercarlo. L’unica
cosa che non lo aveva fatto cadere preda della follia era la consapevolezza
che dopotutto quell’orrore a cui si sottoponeva aveva uno scopo; nei mesi
passati ed anche ora il coreano era diventato sempre più consapevole di
quanto amasse Jin. Anche
se doveva nascondere questo sentimento era quello che gli dava la forza, non
si lasciava andare del tutto solo per quello che Jin rappresentava per lui. Se
Heinaci avesse scoperto quanto il nipote era presente nel cuore e
nell’anima della sua bambolina, probabilmente avrebbe infranto la promessa
fatta, solo per il piacere di vedere Howarang supplicarlo di non fare del
male al ragazzo che amava. Howarang
sapeva bene che nemmeno con le altre persone che lo circondavano poteva
aprirsi, per cercare un conforto seppur minimo, per avere una spalla su cui
piangere, un’ amico o amica con cui parlare. Lavorando
per Heinaci erano bene o male tutti vincolati ad una specie di fedeltà-paura
nei confronti del proprietario della multinazionale Mishima Corp. Howarang
aveva persino smesso di parlare ai medici delle sue allucinazioni diurne,
tanto quelli lo riempivano di psicofarmaci comunque……………….. Il
ragazzo sentì una mano fresca e gentile sulla spalla ed una presenza minuta
ed alquanto imbarazzata al suo fianco, si voltò con occhi gonfi, arrossati
dal pianto, era Melody; la ragazza gli si era seduta a fianco per terra e
gli teneva timidamente una mano sulla spalla, non azzardandosi comunque a
passargli il braccio attorno alle spalle o ad abbracciarlo davvero; temendo
ovviamente la reazione di lui. “Signorino………………………….…”
esordì esitante “ vi prenderete un’ accidente restandovene accovacciato
qui in terra…..siete………. “ arrossì
“Siete nudo……..” Lui
la guardò ancora per un attimo, poi distolse lo sguardo confuso “Si
……….va bene Melody, mi alzo………..” la voce era un sussurro
quasi inarticolato e la ragazza ebbe perfino difficoltà a capire quello che
aveva detto; ma quando lo vide tirarsi su cercando di non perdere la
copertura offerta dal plaid che aveva sulle spalle, Melody si sentì un’
po’ più sollevata. “Desiderate
che Vi visitino i medici Signorino Howarang?? Vi prego siete così
pallido……” la dolce supplica della ragazza giunse alle orecchie del
giovane come un’eco lontano ed indistinto. Anche se non aveva capito
quello che gli era stato detto Howarang annuì debolmente e seguì docile la
ragazza che lo riportò a letto, per poi chiamare lo staf medico della
Mishima usando l’interfono. Nel
giro di appena dieci minuti i sei medici e le tre infermiere che si
prendevano cura del ragazzo arrivarono in camera sua, Melody li guardava di
lontano preoccupata per quello che sarebbe stato il responso; come altre
volte in cui si era trovata ad essere l’unica testimone di una crisi
nervosa di Howarang le fecero mille domande, sul come dove e perché, poi la
congedarono senza preoccuparsi più di lei. Howarang
la vide allontanarsi piano dal suo letto e poi sparire dalla stanza con aria
preoccupata; era distrutto si sentiva pesantemente vuoto, avrebbe volentieri
dormito, ma sapeva che i medici non se ne sarebbero andati sino a che non
avessero fatto tutti i loro dannatissimi riscontri. Il
ragazzo rispondeva alle domande, quelle poche che capiva dato il suo stato
di confusione mentale, con voce flebile ed in modo distratto, non cercando
minimamente di nascondere il fastidio che provava per la loro presenza
presso il suo capezzale. Poi
finalmente dopo un tempo che sembrò infinito i sei medici gli diedero un
potente calmante e forse un sedativo, il giovane non lo sapeva, ma si lasciò
comunque ignettare in vena la fiala che gli avevano mostrato poco prima e
infine si addormentò; dimentico di ogni altra cosa ansioso solo di perdersi
nell’abbraccio del sonno artificiale in cui lo avevano fatto scivolare. I
medici lasciarono la stanza che lui già dormiva profondamente. Laboratorio
Medico 5 Sabato
Ore 16,30 Studio
privato del Dott. Fukighawa H. Mishima
Heinaci nel suo costosissimo completo da dirigente sedeva nella poltrona di
pelle davanti alla scrivania del Dott. Fukighawa con aria corrucciata,
guardando la staffilata di dati delle ultime analisi di Howarang. Scorreva i
tabulati con occhi attenti e sembrava che nulla sfuggisse alla sua
attenzione, il dott. Fukighawa lo osservava in silenzio all’alto capo
della scrivania con le mani incrociate e poggiate sul piano lucido, ingombro di scartoffie, materiale medico e medicine. Era
un uomo di mezza età con fronte alta, a causa dell’incipiente calvizie,
occhi grandi per un orientale, ingigantiti ancor di più da un paio di lenti
da vista calate fin troppo sul naso, anche se non lo dava a vedere era
nervoso. “Come
vede signore il ragazzo non ha avuto miglioramenti………..la terapia a
cui lo abbiamo sottoposto non sortisce alcun effetto anzi……crediamo che
la somministrazione di un così massiccio numero di psicofarmaci lo abbia
debilitato ulteriormente.” Heinaci
non distolse lo sguardo dalla cartella degli esami Fukighawa, lo guardava
con crescente preoccupazione; non era mai bello dare brutte notizie al
signor Mishima, specie se queste riguardavano il suo giovane amante. Il
dottore tossicchiò nervosamente “Il ragazzo soffre di una sindrome
nervosa simile alla depressione ma, non
nel senso stretto del termine………sembra risentire molto della mancanza
di…..” si schiarì la voce prima di continuare “di ragazzi della sua
età.” Il
medico si alzò e sotto lo sguardo penetrante del suo capo si diresse allo
schedario, da cui estrasse le precedenti cartelle cliniche di Howarang. “Alcuni
mesi fa aveva anche disturbi di tipo visivo…..allucinazioni, sono
fortunatamente scomparse da tempo, ma da almeno due mesi il suo stato
generale di salute non ha fatto altro che peggiorare.” Fukighawa poggiò
sulla scrivania i referti dei mesi passati e passò ad illustrare
dettagliatamente la situazione a Heinaci che ascoltava tutto in silenzio,
con un’ espressione assorta dipinta sul viso. “Credo
che sia prossimo ad avere crisi di nervi sempre più frequenti e
autolesioniste……. La cameriera, Melody credo, mi ha riferito che oltre
ad un attacco isterico il signorino Howarang ha rifiutato il cibo
oggi…………..” scosse la testa con aria preoccupata “Io ed alcuni
miei collaboratori temiamo che il suo stato attuale di prostrazione fisica e
mentale, possa degenerare in una forma profonda di anoressia o
bulimia……..sempre secondo la cameriera il ragazzo spesso vomita dopo
aver mangiato….temo che saranno necessari provvedimenti drastici per
evitare ulteriori…..Ehm complicazioni.” Concluse poi tossicchiando
nervosamente. Mishima
si alzò dalla sedia poggiando la cartella clinica che teneva in mano sulla
scrivania, si voltò a guardare i pesci rossi che nuotavano placidamente nel
grande acquario del dottor Fukighawa, emettendo poi un sospiro divertito. “Insomma
dottore, in parole povere mi state semplicemente dicendo che il bimbo fa i
capricci al momento di mangiare solo perché si sente solo?” Il
Dottor Fukighawa abbassò lo sguardo sui referti medici e disse
con voce nervosa e incerta: “Veramente il problema sarebbe più
profondo…………..…..il ragazzo si sente innegabilmente
solo……………….ma………….credo che sia turbato
dalle………….” tossicchiò nuovamente “………….dalle vostre
attenzioni Signore….” aggiunse esitante. Heinaci
si voltò fulminandolo con lo sguardo “Ritieni forse che debba cessare di
divertirmi con lui Fukighawa??!!!” tuonò con voce penetrantemente
profonda, sovrastando il dottore con la sua mole da gigante. Il
Medico fece un passo indietro e frettolosamente rispose: “No certo che no
Signore…… solo, ecco magari sarebbe più consigliabile dilazionare le
vostre…..ehm…..visite notturne. Potreste concedere al signorino Howarang
una maggiore libertà di movimento anche al di fuori del palazzo. Dopotutto
è solo un ragazzo……………desidera divertirsi come chiunque
altro…..” Mishima si voltò contrariato. Lasciar
stare Howarang, non era certo la soluzione che avrebbe voluto sentirsi
suggerire, lasciarlo libero di andarsene a zonzo per la città poi era anche
peggio; il pericolo di una fuga era sin troppo reale. Non
di meno sapeva bene che il medico diceva il vero; da qualche mese la sua
dolce bambolina aveva perduto la lucentezza nello sguardo che aveva
all’inizio, o certo era più remissivo ora e meno incline a disubbidire ad
un ordine, ma Heinaci sentiva che stava diventando un guscio troppo freddo e
questo non gli piaceva affatto. Rimase
assorto nei suoi pensieri per qualche minuto poi senza dire nulla si voltò
e si diresse verso la porta dello studio, con l’evidente intento di
andarsene. Nel
vedere questa sua reazione Fukighawa mosse un passo incerto verso il suo
principale dicendo
“Signore… e per il ragazzo cosa intendete fare?” Il
vecchio guerriero si fermò proprio davanti alla porta, ne afferrò la
maniglia poi si voltò a guardare il perplesso dottore con sguardo divertito
ed uno strano sorriso sulle labbra. “Starò
via per un mese, ho impegni importanti che richiedono la mia presenza
lontano da qui; intendevo farmi accompagnare nel viaggio dal ragazzo, ma il
vostro parere mi sembra di capire, è contrario al mio progetto………….
Quindi lo lascerò qui sotto la vostra premurosa cura.” Fece
una pausa e lo guardò con aria minacciosa “Dottore vi informo che avete
quattro settimane di tempo per rimettere in sesto Howarang……..E Come da
voi suggerito lascerò anche che giri per la città, anche se sotto
strettissima scorta………..Ricordatevi Fukighawa il ragazzo è ora sotto
la vostra responsabilità come medico, se fallirete nel tentativo di curarlo
ne risponderete a me personalmente. Quattro settimane, non una di più.” E
dicendo questo aprì la porta e se ne andò, lasciando il dottor Fukighawa
da solo nella stanza, perplesso e alquanto preoccupato, a fissare la porta
chiusa del suo studio. Il medico rimase fermo impalato per alcuni secondi,
poi prese a riordinare le cartelle cliniche sparpagliate sulla scrivania
scuotendo la testa. Ristorante
“Il Gatto che Ride” Sabato
sera Ore 02,40 Sala
centrale Jin
rigirava svogliatamente le bacchette nel brodo di Ramen che aveva davanti,
sbocconcellando appena un’ po’ di spaghetti ogni tanto; il ristorante
aveva chiuso da almeno un’ora
e anche i lavori di pulizia erano ormai quasi finti. La
sala centrale era semibuia e silenziosa, le sedie rigirate tutte sui tavoli,
per permettere di ripulire il pavimento, le candele, dalla cucina venivano
ancora flebili rumori di stoviglie e la voce del cuoco Fon era l’unica
melodia stentata che si sentiva in sottofondo. Chao-Chao
il proprietario, un’ ometto di mezza età grassoccio e dalla faccia tonda
stava finendo di fare i conti del giorno dietro il bancone del bar, proprio
accanto alla porta d’entrata; Jin seduto su uno degli alti sgabelli
davanti al bancone era a poca distanza da lui: “Non hai fame giovane Jin?”1
s’ informò il ristoratore, alzando lo sguardo dal libro mastro e
spostando la sua attenzione sul ragazzo, che per tutta risposta emise un
lento sospiro. “Si….ho
fame ……….” Le bacchette compirono un altro giro nella ciotola e poi
un secondo ed un terzo, Chao-Chao scosse la testa.“Si certo
vedo…….…….giovane Jin ha così fame che stà mangiando povero
bancone di Chao-Chao….tra poco dovrò far costruire uno nuovo……..”
disse sarcastico con quella sua strana parlata sgrammaticata. Jin
alzò la testa dalla ciotola che stava contemplando e guardò il vecchio uomo con aria avvilita.“Chao non volevo
offendere la tua cucina, è che ho dei……………….……
pensieri………….ecco…..non ci sono molto con la testa stasera.” “Si
so……Fon detto che tu ha fatto più danni di monsone stasera in
cucina.” Rispose l’altro tornando a occuparsi dei suoi conti. Jin voltò
la testa verso le cucine emise un respiro rumoroso, pieno di stizza, poi
continuò: “Scusa Chao, ti ripago i danni se………….” Il
ristoratore agitò una mano nella sua direzione per zittirlo “Tu non dire
nemmeno giovane Jin! Tu ha già troppi debiti da pagare in giro per mondo,
io credo.” E
accennò con sguardo eloquente al suo vistoso occhio nero; il ragazzo sospirò
rassegnato tornando a guardare la sua cena con aria persa. Chao-Chao
era una persona sensibile e anche molto buona, Jin non sapeva proprio come
facesse a sopravvivere nei bassifondi della città uno come lui. Eppure il
piccolo uomo cicciotello era, non solo riuscito a sopravvivere, ma aveva
anche prosperato. Bhe almeno per quel che si può prosperare in un quartiere
che veniva descritto come la bocca dell’inferno. Jin
lavorava per lui da almeno sette mesi; come cameriere principalmente, il suo
bel viso e il corpo da atleta avevano attirato molti clienti, il “Gatto
che Ride” infatti era un locale particolare; non che fosse proprio un gay
bar, ma l’ottanta percento dei suoi clienti erano uomini o donne con gusti
particolari in fatto di compagnia amorosa. Gusti
che imbarazzavano i clienti normali di altri locali, ma che non
infastidivano quelli del Gatto che Ride. Quella
sera come sempre, alle sei in punto, Jin era arrivato al ristorante ma la
brutta esperienza della notte prima aveva lasciato sul suo volto segni
ancora troppo evidenti; Chao-Chao l’aveva rimproverato aspramente per
essersi presentato in quelle condizioni miserrime, minacciandolo di
dimezzargli il salario. Jin
aveva scosso le spalle e gli aveva detto semplicemente: “Fa quel che ti
pare Chao-Chao, se non hai bisogno di me, me ne torno a
casa………………….” Era finito a lavorare in
cucina……………….ovviamente. La
serata era stata lunga e piena, il ragazzo aveva fatto del suo meglio ma in
cucina il lavoro era davvero duro e soprattutto era serrato. Purtroppo la
ferita al fianco gli impediva di molto la mobilità e a causa di questo gli
erano cadute ben due file di ciotole, andate poi in pezzi, per non parlare
di alcune casette di alimenti ed in definitiva un’ po’ tutto il suo
operato ne aveva risentito. Nonostante
tutto Jin aveva fatto di tutto per non far notare a nessuno la gravità
delle sue condizioni fisiche; Chao-Chao si era accorto quasi subito di come
stavano davvero le cose anche se non aveva visto la ferita al fianco, ma
solo il livido nero all’occhio e la fascia alla mano sinistra. Il
ristoratore si era commosso, come spesso gli capitava per la tenacia
dimostrata dal ragazzo nel voler comunque lavorare in quello stato penoso. A
fine turno, dopo che tutto era stato sistemato più o meno bene in cucina,
Chao aveva praticamente costretto Jin a fermarsi li da lui per mangiare una
porzione super di Ramen. Non che non gliela offrisse mai, era parte della
paga, ma stavolta era decisamente più abbondante e saporita del solito e
dal modo in cui Jin la stava –divorando- era evidente anche ad un ceco che
non erano le ferite fisiche che gli dolevano di più. Il
giovane sbocconcellava svogliatamente la sua cena ed intanto pensava a
Howarang, era più forte di lui, durante tutta la giornata non aveva fatto
altro. Sia mentre se ne stava sul freddo pontile del molo quattro a
scaricare quell’ enorme stiva della nave da carico, sia durante tutta la
serata di lavoro nella cucina del Gatto che Ride. Il
Coreano era sempre nel suo cuore e dopo la chiacchierata che aveva fatto con
Luis la sera prima………………………….era più vivo che mai in
lui il desiderio di rivederlo, di parlargli………..”………Se lo
faccio però Heinaci mi troverà di certo……………………..ed io
adesso non sono davvero in grado di affrontarlo…….figuriamoci
batterlo…………….” Senza nemmeno sentirne il sapore ingoiò una
matassina di spaghetti di ramen“…..e comunque anche se vado da lui
come dice Luis……non credo che mi accoglierebbe a braccia
aperte…………eravamo rivali un tempo, ora io……bel campione che sono
ora, mi faccio mettere sotto persino da delle mezze calze come Mehi-Cho ed i
suoi………”. “Sempre
brutti pensieri mio bel tenebroso, non ti fa mica bene sai….ti si sciupa
la pelle bello mio………..” la voce sgraziata e pungente di Lai arrivò
alle orecchie di Jin come una scarica di mitra che disturba il canto di
un‘ usignolo. Lai
era un ragazzo magrolino ed ossuto dalla pelle bianca e molliccia, con un
testone sproporzionato per quel corpo esile che si ritrovava; era uno degli
altri camerieri che spesso lavoravano con Jin ed era anche quello che
stravedeva maggiormente per il giapponese. Jin
se l’era ritrovato accanto appoggiato al bancone come uno spaventapasseri
arruffato e poi piegato in due, con il mento languidamente appoggiato alle
mani ed un imbarazzante sguardo mieloso diretto proprio verso Kazama. Il
giovane giapponese sopportava poco quel cameriere cinese, anche perché Lai
aveva il brutto vizio di pizzicargli il sedere quando il ragazzo gli passava
accanto stracarico di piatti o portate da servire ai tavoli, sicuro che il
karateka non ricambiasse il gesto poco carino con una meritata sberla tra le
orecchie. Jin
si ritrasse inconsciamente quando lo vide li a poca distanza dal suo gomito,
che lo fissava e riprese a mangiare con rinnovato interesse il suo Ramen;
Chao-Chao con un tonfo sordo chiuse il libro mastro e avvicinandosi ai due
ragazzi iniziò a dire con voce tonante: “Lai,
stupido ragazzo che non sei altro……..tu di servizio a spazzatura
sei….perché perde tempo a fare stupide chiacchiere e commenti
inutili………………..Vuoi che in miei bidoni nasce allevamento di
topi?? Va a fare finta di rendere te utile. Lascia in pace giovane Jin che
stà mangiando, fa finta di avere cervello tra orecchie e non aria sola come
io credo……..va a lavorare o non ti pago…va Lai va……….!!!!” E
gli agitò il dito grassottello davanti al naso con fere minaccioso. Lai
fece spallucce in un modo molto effeminato, sbuffando come una bambina
offesa si raddrizzò e fece qualche passo indietro “Sei acido come una
vecchia zitella inaridita Chao, il padrone peggiore che ci possa essere,
stavo solo cercando di tirare su di morale il mio Jin…..” sbuffò
sottolineando le parole MIO e JIN. Poi
si rivolse al ragazzo che stava facendo del suo meglio per ignorarlo e disse
: “Vado a finire in cucina Jin bello, ma non temere, ritorno
subito…..” e gli strizzò l’occhio voltandosi per tornare al lavoro,
Chao-Chao fece l’atto di corrergli dietro e Lai si affrettò a sparire nel
piccolo corridoio che dava sulla cucina. “Io ancora non sa perché tengo
lui qua??? Buono a nulla che non è alto, sa solo perdere tempo….” Disse
scuotendo la testa e tornando indietro verso il bancone. Jin sorrise tirando
su rumorosamente un’ altra bacchettata di spaghetti. “Sai
bene che ha una sorella piccola ed un padre che si ubriaca e che è
l’unico a portare i soldi a casa….ecco perché non lo hai mai licenziato
Chao.” biasciò Jin col boccone in bocca. “Io
troppo buono, finisco poi per rimetterci miei soldi, questo so………”
sospirò infine il ristoratore sedendosi accanto al giovane su di uno
sgabello. “E
ora mio giovane amico vuole dire a Chao motivo vero di suoi guai??” Jin
lo guardò per un momento stupito, poi un pensiero gli attraversò la mente
e distogliendo lo sguardo dagli occhi gentili dell’ ometto disse quasi
arrabbiato: “E’
venuta qua Luis vero?” Chao
sorrise “Tu ha amici che ti vuole bene ragazzo, non devi essere arrabbiato
con lei……” “Ti
ha detto che sono stati Mhei-Cho ed i suoi a pestarmi vero?” ringhiò
piano Kazama, senza guardare in
faccia il suo interlocutore. Chao
scosse debolmente la testa. “No detto tu ora, Luis detto solo che tu
ha……..problemi di salute (lei così a definito tuo occhio e mano) e poco
anche di soldi. Lei detto me che era preoccupata da tuo comportamento,
sempre tua testa da altra parte, tu fa cosa ma non sei li a fare con tua
testa. Io
credeva che lei esagerava, che chiacchiere su tua fissazione di Mishima
Palace, erano solo quello, chiacchiere………ora vedo che non è così.”
Chao si sistemò meglio sullo scomodo sgabello del bancone. “Jin………Ragazzo,
tu deve smettere di comportarti così! Sai tu questo…………vero?” il
ragazzo alzò per un attimo gli occhi dalla ciotola e si ritrovò a fissare
la tonda faccia dell’altro che lo guardava con paterno affetto, poi li
riabbassando subito lo sguardo, ritornò a fissare la scodella davanti a se. Infine
sospirò debolmente “Io…………..è……è difficile Chao………..”
riuscì a farfugliare; l’altro gli mise una mano sulla spalla e la strinse
come a volerlo rincuorare: “Non
va bene torturare come fa tu, tuo cuore e tua anima……….io crede di
sapere cosa non va ora per te……………” Jin alzò ancora la testa e
lo fissò con occhi velati. “Non
ho speranze Chao……….non……..non posso andare la; non è solo
per…….” Esitò un attimo mordendosi il labbro “non è solo
per…………per Lui…..”concluse flebilmente, tanto flebilmente che il
vecchio ristoratore non fu certo di quello che aveva detto. “C’è
della gente in quel palazzo che mi vuole…..bhe diciamo che mi vuole
morto………..o peggio. Io non posso affrontarli ora, sono ridotto da far
pena, e comunque……sono sicuro che non servirebbe a nulla……è tutto
così dannatamente complicato……………” Detto
questo si prese la testa tra le mani e
chiuse gli occhi appoggiandosi al bancone del bar con i gomiti e lasciando
andare la mente libera nel vuoto, a vagare tra le mille possibilità che
avrebbe generato quell’incontro tanto agognato e temuto con Howarang……e
forse con Heinaci. Chao
si alzò faticosamente dallo sgabello e gli batté un paio di volte la mano
sulla spalla, poi tornò lentamente dietro il banco; aveva un’idea molto
vaga di quello che si agitava nella mente del suo giovane cameriere, ma
sapeva che il ragazzo desiderava che qualcuno lo incoraggiasse anche se, non
l’ avrebbe mai ammesso, specialmente con se stesso. Sorridendo
debolmente tra se pensò che molti anni prima anche lui era stato così,
chiuso come un riccio di mare; Jin gli ricordava molto quel giovane testardo
che era stato lui un tempo e forse proprio per questo gli piaceva tanto quel
giapponese. “Piegato
ma non spezzato dopotutto…………….”
Pensò tristemente il cinese fissando commosso il giovane che adesso si
massaggiava le tempie con aria spenta. “Io
crede di aver capito, che tu ha là due cose molto importanti Jin………”
gli disse dopo un poco, l’atro lo guardò con aria ora un’ po’ più
controllata. “Che
vuoi dire? ”chiese solo. “In
palazzo di Beauty City, la c’è tuo più dolce sogno e tuo più grande
incubo………tuo amore e tuo odio………tu teme che loro saranno in
conflitto quando tu affronterai uno di loro.” Era un modo molto romantico
e soprattutto poetico per descriverlo, ma si dopotutto era vero. “In
fondo è veritiera questa similitudine………là convivono Howarang e quel
bastardo di Heinaci……….il mio amore impossibile e la persona che forse
ora detesto di più al mondo…………. Se
solo, se solo potessi affrontarli separatamente.” Scosse
la testa come a voler allontanare quel pensiero. “Che idiota che
sono…….anche se li affronto da soli, probabilmente Mishima mi
ucciderebbe in un colpo solo per quel che sono adesso…….. e Howarang………………Dio,
se solo servisse a qualcosa ti chiederei di non farmi rifiutare da lui, di
non farlo scoppiare a ridere in quel suo dannato modo spensierato che amo
così tanto, ma che mi ucciderebbe se, se…………..” Una
fredda lacrima solitaria gli rigò la guancia e cadde nella ciotola
semivuota della sua cena; imbarazzato Jin s’affrettò a asciugarla e si
voltò a guardare Chao che all’altro capo del bancone gli dava le spalle
trafficando con la sua roba, non sembrava aver notato nulla. Chao-Chao
invece se n’ era accorto eccome, sia del tormento silenzioso nei pensieri
del giapponese che della lacrima, ma fece finta di nulla per non offendere
il ragazzo che lui sapeva bene essere un tipo piuttosto difficile e
orgoglioso. “Io
dico solo che tu ha troppi dubbi che ti tormentano anima come cani
affamati……..” continuò il ristoratore come se non avesse mai
interrotto il discorso di prima. “Tu
desideri amore giusto? Mi sembra che questo sia desiderio più che
legittimo, tutti vuole amore; essere soli è come essere involtino di
primavera senza verdura dentro……..VUOTO, quindi incompleto. Involtini
incompleti fanno venire male di stomaco io dico.” Sorrise voltandosi un’
pò verso il ragazzo “Ma dici anche che tu ha paura di odio, di male che
si trova in stesso luogo di tuo amore………… Paura di male anche è
buona cosa, tiene vivi……….Fa essere prudenti e accorti. Più grandi
eroi di mondo io dico è tutti vigliacchi…..chi non ha paura muore giovane
e non fa eroe………” Chao
lo guardava ora con occhi penetranti “Ma tu cosa vuole davvero? Amore o
Odio che te fa paura? Tu dice che gente di Palazzo Mishima vuole te morto? E
che differenza c’è con tuo comportamento ora?” si mise le mani sui
fianchi. “Tu
scappa da tuo amore, tu scappa da tuo odio, ma sta qui seduto a attendere
che morte liberi te da dolore di non decisione……………..” La
voce dell’uomo era gentile, ma la durezza di quelle parole colpì Jin come
uno schiaffo ben meritato; era vero e lo sapeva…….in tutti quei mesi non
aveva fatto altro che nascondersi, intimorito dai suoi sentimenti prima e
poi dalla paura di una sconfitta; sconfitta che avrebbe davvero meritato per
quel suo assurdo comportamento. “Che
strano……….ho sempre pensato di……di essere abbastanza onesto con me
stesso da aver accettato il mio amore per Howarang…..invece avevo ancora
paura di ammetterlo. Mi sono nascosto per sfuggire ad un rifiuto che mi
avrebbe agnentato ed a una sconfitta che sapevo di meritarmi…… e
continuavo a ripetermi che non avevo modo di porvi rimedio………….e
invece………” Chao
gli si avvicinò porgendogli un pacco di avanzi che aveva fatto preparare a
Fon, sapeva che oltre al cuore pesante Jin aveva sempre lo stomaco vuoto e
che ora che era a secco di soldi l’avrebbe avuto ancora per molti giorni.
Sorridendo gli disse: “Che
possono fare gente di palazzo di peggio, di che tu ora fa a te stesso??
Uccidere forse? Io credo che sarebbe cosa più magnanima uccidere te che
lasciarti vivo a tormenti che tu infligge a te…..” Jin
non rispose, e si limitò a prendere il sacchetto che l’altro gli porgeva,
era troppo assorto nei suoi pensieri per accorgersi di quanto lo circondava.
Il ristoratore mise anche trenta dollari sullo scuro tavolo del bancone
dicendo allegramente: “Prende…….questo
è tua paga e anticipo su paga di domani. Va te prendere altre medicine per
occhio o non metto più a servizio tavolo, mi spaventi clienti così
conciato!” Jin
si riscosse dal torpore nel quale era caduto dopo quest’ultima battuta e
alquanto imbarazzato, ma poco disposto a mostrarlo disse: “Chao
io……….non li posso accettare, ne questo ne i
soldi……….non…….” fece il giovane ritrovandosi in mano il
sacchetto di cibo e il denaro; il vecchio agitò la mano paffuta e
poggiandogliela sulla spalla sorrise. “Tu
prende, poi ne riparla domani va bene?” Kazama si sentiva arrossire, non
solo per la vergogna, ma anche perché l’uomo gli sapeva trasmettere una
sensazione di pacata amicizia che mai si sarebbe aspettato di provare in
vita sua e questo gli scaldava il cuore. Avrebbe voluto dire qualcosa,
cercare di rifiutarli ancora ma sapeva che se avesse detto anche una sola
parola la sua maschera di impassibilità sarebbe crollata in mille pezzi e
lui moriva di vergogna al solo pensiero. Il vecchio cinese gli fece un cenno
e si allontanò verso le cucine dicendo soltanto “Va a letto ora, sei
stanco………...domani vieni alle nove.” Rimasto
solo nella stanza vuota Jin esitò un altro minuto prima di muoversi, poi
prese la felpa che aveva appoggiato accanto al suo sgabello se l’infilò
calandosi bene in testa il cappuccio, per proteggersi dal vento gelido della
notte; infilò i soldi in tasca e raccolse il sacchetto che aveva messo a
terra avviandosi verso l’uscita del ristorante. Mentre
camminava per le strade buie dei bassifondi aveva la testa leggera, agitata
da mille pensieri. “Chao a ragione, che altro di peggio potrebbe
succedermi? Howarang mi rifiuta?” un brivido freddo gli attraversò la
schiena “Almeno sarei in pace con me stesso, smetterei di tormentarmi
di soffrire senza sapere se ho davvero una speranza o meno………….sarei
disposto anche ad accettare il mio destino di sconfitta, se solo trovassi
pace a questo dolore atroce che mi divora…………Amo Howarang come non
credevo possibile, che altro di peggio ci potrebbe essere di un suo rifiuto?
Nemmeno la morte mi sembra un’ opzione peggiore di questa. Forse
sarei anche disposto a morire per mano di Mishima se……………….Ma se
per un qualche miracolo Howarang non mi rifiuta??”
un fuoco di speranza gli bruciò il petto per un breve attimo, intenso e
travolgente come un fiume in piena. “Dio
mio fosse vero…………………” si
sentì come sollevato in aria ed il suo cuore iniziò a battere più forte
che mai, le orecchie gli fischiavano, mentre le immagini di una probabile
vita insieme a Howarang gli passavano davanti agli occhi. “………..E
se……….se invece mi rifiuta?” il
gelo che aveva da tempo nell’anima tornò a farsi sentire, ma il tepore
della flebile speranza acceso in Jin dalle parole di Chao non abbandonò
completamente il ragazzo così la sua mente continuò a danzare tra quei
pensieri di estasi e infinito dolore fino a che il giovane non giunse a casa
e poi dopo mentre si preparava ad andare a letto, non lasciandolo sino a che
non cedette al sonno. Viale
Imperial nei pressi del Mishima Palace Una
settimana dopo: Domenica
Ore 22,40 Howarang
guardava la pioggia scendere copiosa e fitta da dietro i vetri
antiproiettile della lussuosa limousine in cui sedeva, si sentiva meglio
adesso che poteva andarsene a giro per conto suo. Non riusciva ancora a
credere che Heinaci lo avesse lasciato andare fuori senza la sua ingombrante
presenza a fianco; era ormai almeno una settimana che il proprietario della
sua vita lo aveva lasciato. Era
partito, per un viaggio di lavoro lungo un mese e incredibilmente non aveva
costretto il ragazzo a seguirlo, come invece ci si poteva aspettare da un
bastardo come Heinaci; preferendo affrontare il viaggio da solo e lasciando
Howarang alla Mishima Corp. “…………..Ovviamente sotto
strettissima sorveglianza, e senza troppe spiegazioni……ma almeno lontano
da lui……………..” si consolava cupamente il ragazzo. Ogni
volta che lasciava il grattacelo della Mishima infatti doveva farlo sotto
scorta; Martin il braccio destro del capo della sicurezza Jeff lo
accompagnava sempre, insieme ad almeno sei nerborute guardie del corpo, ad
un paramedico di nome Lorenzo ed un segretario occhialuto di nome Hitaka
Hiroito non particolarmente simpatico. Ma
almeno aveva la possibilità di andare dove voleva e soprattutto poteva
evitare di avere Mishima tra i piedi; persino le sue notti erano meno
agitate del solito, non avendo più visite serali riusciva quasi a dormire
bene adesso. Howarang
sospirò, sapeva bene che non sarebbe durato, presto Heinaci sarebbe tornato
e allora tutto sarebbe ripreso da capo………..ma adesso non gli
importava; voleva solo godersi quello scampolo di libertà, se di libertà
si poteva parlare. Aveva
deciso che avrebbe vissuto alla giornata, cercando di non pensare troppo al
futuro, tanto non poteva fare nulla per cambiarlo quindi perché
preoccuparsene………… Un
leggero colpetto di tosse attirò la sua attenzione sul giovane segretario
Hitaka Hiroito seduto davanti a lui. “Signore
avete deciso il programma di domani?” disse il ragazzo con tono
professionale, mentre tirava fuori dalla tasca interna della giacca
un’agenda elettronica e l’accendeva. Howarang sbuffò tornando a
guardare fuori, non rispose. “Signore?”
fece Hitaka cercando di attirare nuovamente la sua attenzione “Volete che
vi illustri le opzioni possibili?”. Howarang avrebbe volentieri fatto a
meno di quell’invadente figurino che gli era stato appioppato, ma sapeva
benissimo che tanto nessuno lo avrebbe ascoltato. Le
disposizioni di Mishima in proposito erano state chiare, fin troppo
chiare……….il coreano ricordava ancora quando le aveva lette sul foglio
di ciclostilato con l’intestazione delle aziende della Mishima
Corp.……………….. Erano
le sette e trenta del mattino quando si era svegliato, il giorno dopo la sua
ultima crisi nervosa, aveva dormito l’intera nottata, a causa del calmante
e dei sonniferi che gli avevano dato i medici. Heinaci non si era fatto vivo
quella notte e Howarang temeva di vederselo piombare in camera da un momento
all’altro, invece l’unica che si era fatta vedere quella mattina era
stata Melody. Verso
le otto preoccupata per le sue condizioni fisiche, era passata per
controllare se il ragazzo stava ancora dormendo e quando l’aveva trovato
sveglio si era rasserenata, sorridendogli aveva ripreso il suo solito modo
di fare gentile e allegramente
gli aveva detto: “Signorino,
che gioia vedervi nuovamente in voi, ieri mi avete fatto morire di paura
sapete…………” aveva quasi pianto di gioia mentre lo diceva
“…..avrete fame adesso, oppure desiderate forse che chiami nuovamente i
dottori per controllare le vostre condizioni? Vi serve
qualcosa…………” La
ragazza l’aveva subissato di mille domande, era commovente vederla così
preoccupata; alla fine Howarang era riuscito, non senza difficoltà, a
fermare quel torrente di parole e a chiedere del caffè e qualcosa da
magiare anche se non aveva veramente fame, sentiva di dover masticare
qualcosa. Melody
aveva prontamente esaudito la sua richiesta portandogli un carrello della
colazione stracarico di roba, altre al caffè richiesto c’erano cornetti
caldi, cioccolato a pezzi, frutta secca e fresca, biscotti marmellata e
burro, perfino un succo di frutta acqua fredda e dei panni caldi per
detergesi le mani dopo il pasto. Il
ragazzo non avrebbe mai finito il carrello nemmeno quando era al pieno della
sua forma, ma non volle deludere le aspettative di Melody e sbocconcellò
ugualmente un’ po’ di tutto, mentre faceva colazione il dottor Fukighawa
gli aveva fatto visita informandolo che: “……………….il Signor
Mishima si scusava ma è dovuto partire presto stamani, starà
via per qualche tempo.” Howarang
aveva fatto una smorfia disgustata sentendo quel nome e si era voltato
dall’altra parte, non sopportava nemmeno più di sentirlo nominare. “Heinaci
che si scusa di qualcosa con qualcuno…….anzi, che si scusa con
me……..sarebbe davvero divertente se fosse vero……” pensò
caustico. “…………Il
Signor Mishima vi ha affidato alle mie cure, siete stato poco bene
ultimamente è l’avete fatto preoccupare. Non riteneva saggio farvi
affrontare il viaggio di lavoro con lui……” il buon dottore sembrava
convinto di quello che diceva, ma il ragazzo si sentì comunque disgustato
da quel suo atteggiamento servile………. “Quando
ritornerà?” aveva chiesto senza guardare il suo interlocutore. “Tra
un mese………..cercate di riposarvi…………..” Howarang aveva avuto
come l’impressione di essere stato imprigionato una seconda volta ma
ugualmente annuì. “Il
Signor Mishima mi ha pregato di consegnarvi questa.” Concluse il dottore
porgendogli una lettera in busta chiusa su cui alcuni kanji recitavano
semplicemente –Per la mia bella Bambolina-, la grafia era quella dura e
poco elegante di Heinaci. Howarang
esitò un’ attimo prima di prenderla “……..Giusto perché
non mi dimentichi quale sia il mio ruolo………..” aveva pensato
dolorosamente; gli ci era voluto il resto della mattina per trovare il
coraggio di leggerla……… Oltre
ad un elenco di persone che lo avrebbero servito e seguito durante l’
assenza del suo –Capo- il ragazzo vi trovò dentro, un’ elenco di luoghi
che poteva visitare liberamente, un altro di disposizioni restrittive o
nuove libertà che gli venivano concesse ed anche un biglietto con un
messaggio personale di Mishima che recitava più o meno così: Dato
che stai troppo male per soddisfare le mie notti, i
medici mi hanno convinto a lasciarti a casa, cara la mia bambolina. Ma
non temere tra poco starai nuovamente bene ed allora riprenderemo i miei
giochi da dove li avevamo interrotti. Aspetta
con ansia quel momento e ricordati che Martin anche se non è affidabile
come Jeff ha l’ordine di sorvegliarti strettamente, e non oserà
deludermi. Non
tentare la fuga o sarà peggio per te, per non parlare poi di quello che
farei a Jin se tu decidessi di andartene……….. A
presto mia Bambolina………
M.H. Howarang
aveva pianto leggendo il biglietto…………….A lungo ed in silenzio,
brucianti lacrime di rabbia impotente gli avevano rigato le guance esangui;
si era ripromesso di fargliela pagare in qualche modo, ma anche mentre lo
diceva sapeva che non avrebbe potuto farlo……….temeva troppo le
minacciose promesse di Heinaci; temeva troppo quello che avrebbe potuto fare
a Jin per osare tentare qualcosa, per osare anche solo desiderarlo. “Signore?
Vi sentite bene?” la voce perplessa di Hitaka lo riportò bruscamente alla
realtà e il ragazzo si accorse che stava piangendo; il coreano guardò
torvo il suo segretario come a sfidarlo, Hiroito non fece una piega e ripeté
nuovamente la domanda. “Vi sentite bene?” “Si
Hitaka……….” disse nervosamente l’altro, ignorando le risatine che
sentiva provenire dalle due guardie del corpo che sedevano nei divanetti
posteriori. “Ecco
signore, come le stavo appunto illustrando prima, domani avrebbe un incontro
nel palazzo dei congressi con i rappresentanti dell’alta finanza e del
commercio da tutto il mondo. È una conferenza che riguarda i piani
finanziari dei prossimi anni e credo
che……………………………..” “E
credo proprio che non ci andrò!” disse stizzito Howarang fissando con
aria irritata il mondo che scorreva lentamente dietro i finestrini della
limosine. “Ma
signore…..il signor Heinaci ha dato precise disposizioni perché
voi………” “Perché
io potessi rilassarmi, ed andare ad una noiosa e lunga riunione di vecchi
tripponi in doppio petto che parlano solo di come far fruttare i loro
interessi in banca ed alzare i profitti delle loro imprese, a scapito del
prossimo, non è proprio la mia idea di divertimento per la domenica” il
coreano si voltò verso il giovane segretario con aria di sfida. “Credo
invece che andrò a farmi una corsa al parco domani mattina, e poi un giro
per il centro commerciale nel pomeriggio……. Ci dovrebbe essere una
raccolta di fondi per un orfanotrofio, credo che ci farò un
salto………” “Signore,
non credo che il signor Mishima avrebbe gradito che……..” esordì
Hitaka sfoggiando il suo miglio sorriso compiacente, aggiustandosi
contemporaneamente il nodo alla cravatta con una mano e poi calzandosi
meglio gli occhiali sul naso sottile. Howarang
strinse i pugni e ignorando altre risatine provenienti dal retro dei
divanetti disse: “Credo che spetti a me decidere come voglio divertirmi
nella mia convalescenza… non violo nessuna delle Sue dannatissime
disposizioni, andando al parco a correre o facendomi un giuro ad una
manifestazione socialmente utile! Sbaglio
o quelle stesse disposizioni che tanto ti preoccupi sempre di ricordarmi, mi
danno anche il pieno diritto ad andare dove voglio??” Il
segretario tossicchiò contrariato “……..Si certo Signore capisco, ma
ugualmente……..” Howarang
non era disposto a cedere “Non ho detto che ci andrò da solo,
ovviamente…… lo so bene cosa ti preoccupa tanto………..dato che non
posso fare altrimenti, Martin e i suoi cani da guardia verranno con me,
anche a correre se questo potrà tranquillizzarti Hitaka………e chi sa,
magari potresti venire anche tu? Oppure non te la senti? A guardarti bene
sei più pallido di me………….. ” continuò il ragazzo sogghignando
amaramente “Forse ti farebbe bene………...potresti addirittura ENTRARE
nelle grazie de TUO CARO Signor Heinaci……….magari -quanto lo sono io
adesso-…………….” Concluse sibilando il coreano. Hitaka
impallidì, sapeva bene a cosa voleva alludere l’altro, e sebbene ci
tenesse davvero molto a far carriera l’opportunità offerta da Howarang,
non rientrava certo nei suoi progetti. Si morse il labbro e annuendo disse
semplicemente: “Vi
ringrazio dell’invito Signore, ma non credo di avere la
vostre…….DOTI…..per riuscire a sopportare tale
sforzo……………….Credo che mi limiterò ad attendervi alla macchina
come sempre………….in questi casi.” Ovviamente non stava parlando del
jogging, Howarang si voltò ancora una volta dall’altra parte pensando che
detestava proprio quel ragazzo tanto viscido e servile che gli faceva da
segretario. Il
battibecco sarcastico tra i due occupanti dei divanetti centrali della
limosine aveva suscitato una crescente ilarità tra gli occupanti del retro
della macchina; così Howarang, stufo di sforzarsi nell’ ignorare i
commenti volgari e pesanti dei due gorilla dietro, premette con forza il
tasto di chiusura del vetro tra i sedili e tornò a guardare dal finestrino
sempre più triste mente il palazzo della Mishima si avvicinava come un
minaccioso gigante nero. La
macchina si fermò proprio davanti all’entrata principale del Mishima
Palace, dalla corsia di transito preferenziale delle limousine alla strada
principale c’era un ampio spazio di marciapiede che tecnicamente non
faceva parte della proprietà del palazzo di Heinaci, ma che di fatto ne era
indissolubilmente stato inglobato. Due
fontane a semicerchio ornavano lo spazio antistante l’entrata ed una
aiuola sopraesposta ricolma di composizioni floreali, bonsai e pietre
decorative colmava lo spazio tra le due vasche delle fontane gemelle. Le due
guardie del corpo sedute nei divanetti posteriori dell’auto scesero per
prime e si disposero ai lati della portiera di Howarang, per impedire
eventuali assalti, il segretario scese per secondo ed aprì il grande
ombrello che gli porgeva un terzo gorilla alle sue spalle. Hitaka si inchinò
leggermente restando marginalmente fuori dal riparo dell’ombrello scuro,
per permettere al suo ospite di goderne a pieno mentre scendeva dalla
limousine. Howarang
sospirò ed esitò un attimo prima di scendere dalla macchina………odiava
tutto quel formalismo fasullo, sapeva fin troppo bene cosa pensavano
realmente di lui quegli uomini che si affannavano tanto per dare
l’impressione di essere dei fedeli dipendenti. “Come
ha detto quel bastardo di Jeff………………..io non sono altro che uno
stupido scaldaletto su cui sfogare i propri istinti………. Sono sicuro
che se potessero anche questi bastardi si divertirebbero con
me……………Dio come vorrei che tutto questo finisse. Se solo non fossi
stato così stupido da lasciarmi sfuggire l’opportunità di parlare a Jin
otto mesi fa………………” La
mente del ragazzo si bloccò come se qualcuno avesse staccato la corrente al
suo cervello ed adesso fosse del tutto incapace di fare qualsiasi cosa,
persino respirare. Howarang vacillò un attimo, le gambe gli tremarono ed
impallidì appena, per poco non cadde a terra inciampando nel marciapiede
rialzato che si era trovato davanti. Scendendo dall’auto aveva
distrattamente voltato la testa verso la fioriera all’entrata del palazzo
ed aveva visto l’ultima cosa che non si sarebbe mai aspettato di trovarsi
davanti…………………. Jin
Kazama…………. Jin
che stava discutendo con uno dei suoi gorilla per la precisione; l’uomo
l’aveva preso per il bavero della tuta e lo stava scuotendo, minacciandolo
con un vocione basso e aggressivo. Jin non dava segni di reazione,
limitandosi a stringere il polso del suo aggressore con la mano destra, lo
sguardo fisso su Howarang come in trance…………… Il
coreano distolse velocemente lo sguardo, si sentì arrossire come una
studentessa timida e le ginocchia gli tremarono, aveva il respiro affannoso,
la vista si era appannata; non riusciva a credere ai propri occhi. “Jin…..mio
dio quello è JIN………………” la
sua mente turbinava, il cuore gli martellava in petto come se volesse
esplodere e correre incontro al suo amore, ma si costrinse a non farlo,
seguire il suo irrazionale desiderio equivaleva solo a far riconoscere Jin
come il nipote di Heinaci, e nonostante la promessa che il vecchio gli aveva
fatto, Howarang non era sicuro di cosa sarebbe potuto succedere se qualcuno
della Mishima avesse scoperto chi fosse realmente Jin. “Signore
vi sentite bene?” la voce petulante di Hitaka al suo fianco lo scosse dal
fluire turbinoso dei suoi pensieri. Howarang si ricompose quel tanto che gli
fu possibile e disse con voce esitante: “Si
stò bene…..ora….andiamo…….” e cercando di mantenere
un’espressione neutra si diresse con passo svelto verso Jin Kazama,
pregando silenziosamente che qualche Dio o Demone gli desse la forza per
affrontare il suo amato. Jin
era stato sotto la pioggia fitta per almeno un’ora, nella vana attesa
della macchina di Howarang, fermo impalato sul marciapiede accanto al
Mishima Palace quando vide arrivare la limousine nera di Howarang scortata
da altre due macchine berlina, anch’esse nere quasi non si mosse, anche se
il suo cuore mancò un battito. Dalle
due berline della scorta scesero quattro gorilla che si disposero in ordine
sparso attorno alla limousine, poi vide aprirsi le portiere posteriori e
scenderne due armadi a muro che probabilmente erano le guardie del corpo
personali di Howarang. Un
ragazzo minuto con occhiali e dai capelli lisci color fango scese subito
dopo i due body guard ed aprì un grande ombrello nero, si inchinò offrendo
la sua protezione al quarto occupante della macchina. Jin
sentiva il rumore del sangue che gli scorreva nelle vene, il cuore che
martellava e la testa prese a pulsargli………………..come da un sogno
il giovane vide scendere dall’auto l’oggetto di tutti i suoi desideri e
l’origine di tutti i suoi dubbi, Howarang. Il
coreano indossava un elegante completo bianco con un’ impermeabile in
coordinato, aveva i capelli leggermente più lunghi di quanto Jin si
ricordasse, ma era inconfondibilmente la sua adorabile criniera rossa quella
che si voltò distrattamente verso di lui. Il giapponese rapito da
quell’apparizione celestiale, quasi non si accorse di venir afferrato per
la gola da una delle guardie del corpo che stavano attorno alla macchina. Inconsciamente,
non appena aveva visto scendere Howarang dalla limousine, si era diretto
verso di lui ma adesso uno dei gorilla lo stava bloccando. “Che
diavolo vorresti fare straccione?” la voce dell’uomo gli arrivava alle
orecchie come filtrata da diversi materassi di piume, Jin afferrò il polso
della mano che gli stringeva il bavero della tuta per riflesso condizionato,
ma non cercò di liberarsi. “Che
diavolo mi prende, avrei dovuto avvicinare Howarang da solo, o lasciargli un
messaggio in portineria, non farmi beccare da quest’ idiota!”
ma non appena aveva posato gli occhi sul giovane coreano Jin si era
completamente dimenticato di ogni piano fatto per incontralo o parlare con
lui………………….Gli era semplicemente andato incontro come in
trance……attirato come una falena dalla luce della fiamma. Distolse
lo sguardo dall’ altro per cercare di riprendersi, aveva la testa vuota,
lo stomaco gli si contorceva come se stesse per sentirsi male, quasi fosse
in preda ad una crisi isterica irrazionalmente desiderò di poter fuggire da
lì. Ma nonostante tutte le tumultuose sensazioni che provava, rimase
comunque dove si trovava. “Allora
pezzente mi vuoi rispondere? Che diavolo volevi dal signor Howarang? Perché
ti sei messo a corrergli incontro? Rispondimi straccione!” la guardia del
corpo gli diede una scrollata ma Jin non lo guardò in faccia ne gli
rispose, fissando ostinatamente il marciapiede bagnato nel disperato quanto
vano tentativo di calmare il battito affannoso del suo cuore. “Che
succede Victor? Perché stai torturando così questo ragazzo?” la voce
melodiosa anche se un’ po’ esitante proveniva proprio dalla sua destra,
Jin voltando la testa alzò lo sguardo sul nuovo venuto. I suoi occhi
incontrarono per un attimo quelli di Howarang e il giapponese sentì come se
tra loro passasse una scossa elettrica, poi disperato voltò la testa
dall’altro lato…………….. “Dio
perché è venuto qua?……………….in che condizioni mi deve
vedere…………..vestito di stracci e strapazzato da uno dei suoi dannati
gorilla…….sono fortunato se non mi ride in faccia e mi faccia cacciar
via su due piedi……….” Confuso
ed imbarazzato Jin non si era nemmeno accorto che la voce di Howarang non
era affatto canzonatoria, ma bensì preoccupata, quasi che l’altro avesse
paura a parlare. “Dannazione
Jin Kazama, sei venuto qua per incontrarlo, ed adesso ti tiri indietro come
un vigliacco?…..Mhei-Cho e la sua banda allora fanno davvero bene a
tormentarti……..” cercò di
rimproverarsi il ragazzo, nel vano tentativo di riordinare i suoi pensieri.
La vicinanza col coreano lo stava stordendo sempre di più, come avrebbe
fatto a dire qualsiasi cosa, a spiegare il motivo della sua visita, se
bastava la sola presenza di Howarang a sconvolgerlo così
profondamente………………. Jin
respirò a fondo e avvertì il leggero odore di muschio della pioggia
mischiarsi al tenue profumo di un dopobarba alle erbe, quello che usava
Howarang, chiuse gli occhi cercando di memorizzare quella dolcissima
fragranza. Il
giovane si concentrò per un attimo ed infine sfoggiando l’espressione più
aggressiva di cui era capace in quel momento disse con voce bassa e dura,
rivolgendosi alla guardia del corpo che lo stava trattenendo a forza. “Lasciami
andare bestione, non facevo nulla di male, stavo solo passando per di qua
prima che tu mi bloccassi…………………” Jin aveva il volto girato
dal lato opposto a quello su cui stava Howarang e lo sguardo fissato
ostinatamente per terra, non riuscì a vedere l’espressione di vuoto
doloroso terrore che comparve per un attimo sui delicati lineamenti di
Howarang, prima di svanire come portata via dalla pioggia. “Che
stupido che sono……………..e io che credevo…………che
speravo………che magari fosse passato per vedere me…..magari
anche………..anche solo per rimproverarmi, per dirmi che ero un traditore
ed un bastardo ad essere diventato uno degli uomini della Mishima
Corp.…………….Ma forse di Jin io non merito nemmeno il
disprezzo………..” Howarang si
sentiva sprofondare sempre più nel vuoto, mentre la sua mente cercava
disperata una via di fuga da quella situazione imbarazzante; aveva bisogno
di restare solo con Jin, ma non sapeva come fare………e certo tentare un
approccio diretto era la cosa più stupida che potesse fare, con tutti
quegli uomini di Mishima trai piedi..……………… Intanto
Victor alla sdegnosa replica del prigioniero, era diventato rosso in viso
come se avesse fatto una lunga corsa e i suoi lineamenti duri si stavano
deformando rapidamente in una smorfia di ceco odio “Ma brutto piccolo
bastardo, pezzente che non sei altro………….…Io ti rompo il muso
sai………!” e così dicendo l’uomo alzò la mano libera per colpire
il volto di Jin con un poderoso manrovescio, ma prima che potesse fare
qualunque cosa Howarang alzò una mano come a voler bloccare il colpo,
facendo anche un passo avanti: “No
fermo!!!” aveva parlato prima di rendersene conto, lasciando che nella sua
voce trapelasse tutta la sua preoccupazione ed angoscia, tanto che sia la
guardia che Jin si voltarono verso lo sconcertato Howarang con sguardo
interrogativo. Intanto
anche altre guardie si erano avvicinate allarmate dal grido di Howarang,
alcune avevano addirittura estratto parzialmente la pistola dalla fondine
della giacca. Il
giovane coreano tentando di riacquistare un parziale autocontrollo agitò
lentamente la mano alzato come a voler cancellare il gesto di poco prima,
dicendo: “Non
credo…….non credo che sia…………..sia il caso Victor…..di
aggredire così un ragazzo che se ne stava per i fatti suoi, siete tutti
iperprotettiva con me………” Il
giovane distolse lo sguardo dagli astanti, chiudendo gli occhi per
raccogliere il coraggio, stava tentando una manovra disperata, lo sapeva, ma
non aveva altra scelta. Se Victor o qualcuno degli altri gorilla avesse
riconosciuto Jin nel giovane straccione che avevano davanti, sarebbero stati
guai…..e guai con la “G” maiuscola………. Doveva
fare qualcosa e in fretta anche, prima che succedesse
l’irreparabile……………la testa gli pulsava quasi come se avesse
un’ emicrania, lunghi istanti scivolarono via mentre Howarang cercava di
raccogliere velocemente i suoi pensieri. Poi improvvisamente gli balzò agli
occhi un’immagine del parco dove sarebbe andato a far joghing la mattina
dopo; “Forse potremmo incontrarci lì………………..” pensò
disperato. L’idea
che gli era venuta gli sembrava già folle mentre ancora non l’aveva del
tutto delineata, quasi senza accorgersene si infilò
una ma no in tasca cercando il portafogli, lo
estrasse dalla tasca interna con gesto impacciato. “Dio
ti prego fa che non li rifiuti…………………………”
la mente del giovane era in tempesta. Il piano che gli era venuto alle mente
era folle, ma non aveva altro a cui aggrapparsi, se Jin avesse rifiutato i
soldi che adesso gli offriva lo avrebbe perduto
definitivamente………………..e con lui avrebbe perduto definitivamente
anche la poca voglia di vivere che gli era rimasta………….. Jin
vide Howarang frugarsi in tasca e estrarre il portafogli di Valentino,
porgendogli poi una banconota da 100 dollari; le lacrime gli salirono agli
occhi più velocemente di quanto si aspettasse. Fortunatamente il gorilla
della sicurezza lo lasciò andare, così Jin si inchinò velocemente a
novanta gradi, non per rispetto, non per gratitudine e tantomeno per
educazione……..si inchinò così profondamente solo per evitare che
Howarang lo vedesse piangere in quel modo. Si
sentiva così umiliato dal gesto del suo amato che non riusciva a dire o
fare nulla, l’unica cosa che voleva era fuggire velocemente da lì,
allontanarsi dal Mishima Palace e sparire nel nulla che sarebbe diventata la
sua vita da allora in poi. “Bhe
che c’è non li vuoi?” era la voce di Howarang, Jin fremette di rabbia e
dolore, non avrebbe mai immaginato che il suo amato lo avrebbe trattato così…..e
davanti a tutti poi. Non
di meno la sua mano si mosse da se, alzandosi col palmo rivolto verso
l’alto per prendere quei dannati 100 dollari che gli venivano porti. Howarang
tirò un sospiro di sollievo nel vedere Jin accettare quel denaro e con esso
il biglietto d’ingresso al parco privato dove correva lui tutte le
mattine; biglietto che il giovane avena estratto dal portafoglio assieme ai
soldi e che aveva abilmente nascosto con essi. La pioggia stava aumentando
di intensità, il suo segretario si stava innervosendo “Signore, dovremmo
andare adesso…………….” Howarang si voltò cercando di avere un
aria naturale, ma la sua testa stava esplodendo, si sentiva spossato come se
avesse fatto un allenamento intenso, sorrise appena. “Si
andiamo” e detto ciò s’incamminò verso le porte del palazzo della
Mishima Corp. “Ti
prego Jin………………..Cerca di capire…………….non avevo altro
modo………Ti prego amore mio…..vieni domani….vieni
domani…………..” Howarang ripeté
all’infinito questa preghiera fino a che non giunse nelle sue stanza
all’attico. Jin
si raddrizzò con la faccia rigata di amare lacrime e rimase fermo sul
marciapiede dove lo avevano abbandonato ogni speranza e ogni desiderio di
vivere………….attese fino a che il suo crudele angelo bianco non
scomparve tra le porte dorate del palazzo dove abitava, poi strinse i pugni
così forte che la ferita alla mano sinistra si riaprì, il ragazzo non se
ne accorse nemmeno. Quando Howarang non fu più in vista Jin si lanciò in
una folle corsa per le vie della città; le luci della metropoli gli
frustavano gli occhi, la gente e le strade scorrevano via come portate da un
marea luminosa erano solo un’indistinta massa di colori e forme
incoerenti. La
pioggia battente lo infradiciava come se stesse correndo in un fiume, ma
tutto questo era inutile, insignificante………….Jin aveva voglia di
morire………………che altro gli avrebbe dato pace se non la
morte…………………………………..ora, ora che sapeva di essersi
innamorato solo di un ricordo. Possibile
che Heinaci fosse riuscito a tal punto a corrompere il cuore del suo angelo?
Possibile che davvero Howarang fosse diventato così freddo e scostante? Alla
fine le forse lo abbandonarono e Jin cadde a terra finendo con la faccia in
una pozzanghera, era stanco, dolorante e umiliato, si rialzò faticosamente
mettendosi in ginocchio, la luce gialla di un lampione dei bassifondi gli
rischiarava il volto devastato dal dolore. Rimase così a lungo guardando il
celo e la pioggia che cadeva con sguardo spento e vuoto, poi allargando le
braccia si mise a gridare piangendo. Note 1_
Chao-Chao parla strano e poco chiaramente a volte, per simulare con il testo
impreciso della frase sgrammaticata un giapponese stentato o anche un
inglese difficoltoso, solo nelle frasi che pronuncia interamente in Cinese
parla speditamente anche nel testo.
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