Genere: Memore della fic Di Kieran letta in precedenza ho deciso io pure di strutturare questa fic come se fosse un capitolo del manga.
Note: Perdonatemi se potete, ma sono un danno in queste cose. E soprattutto non so una mazza del passato di Tsuzuki... Spero che vi piaccia lo stesso^^
Dediche: A CognaPam per il suo compleanno. Ti voglio tanto bene tesoro ^**^
Ritorno
al passato
di Seimei
Nel Meifu, il mondo dopo la morte, c'è un organizzazione che giudica i peccati che i defunti hanno commesso prima di morire.
Si chiama Juoh-cho.
Fra tutti l'Enma-cho è l'ufficio più grande, governato dal grande re Enma.
La sezione convocazioni dell'Enma-cho, chiamata anche sezione Shinigami, si occupa in particolar modo dei nodi più importanti dei processi.
L'ufficio speciale posto sotto il diretto controllo del re Enma è la sezione convocazioni.
"Ehi Kurosaki"
La voce di Tatsumi lo destò dalla sua lettura, e Hisoka alzò lo sguardo, che si
rifletté negli occhiali del suo collega.
"Dimmi Tatsumi, hai bisogno di qualcosa?" disse cercando di essere gentile, ma era chiaro che dalla sua voce trasparivano un'impazienza e un
nervosismo che non erano tipici di lui.
Era da parecchio che non riusciva più a mostrarsi naturale con Tatsumi, e più precisamente da quando aveva scoperto che lui e Tsuzuki erano stati compagni.
In più avvertiva chiaro fra loro un qualcosa che andava al di là della semplice amicizia, qualcosa che non aveva nulla a che fare con il lavoro, o i casi, o con la sbadataggine congenita di Tsuzuki.
Attorno alle loro menti aleggiava un non so che di misterioso che non riusciva a capire, e che lo tormentava.
"Kurosaki, sai per caso dov'è finito Tsuzuki?"
"Perchè me lo chiedi?"
"Perchè sono due giorni che è sparito, non te ne eri accorto?"
Hisoka sussultò.
In effetti lui aveva ricevuto due giorni di permesso e non si era mai recato in ufficio.
Aveva detto al caposezione che non si sentiva bene a causa del caldo e dell'afa che regnavano sovrani nel Juoh-cho in quei giorni, ma in realtà il suo malessere era più legato alla maledizione ricevuta da quel dottore del cavolo che al caldo.
La cosa strana era però che Tsuzuki non era mai andato a trovarlo in quei giorni.
Di solito quando si sentiva male ed era costretto a letto per qualche motivo, Tsuzuki si
trasferiva quasi a casa sua, riempiendolo di attenzioni, e sarebbe risultando quasi invadente a volte, se non fosse stato per il fatto che lui adorava la compagnia di quel pazzoide.
"Non l'ho mai visto in questi giorni... e la cosa è molto strana"
Tatsumi si fece pensieroso e Hisoka percepì immediatamente la sua inquietudine dilatarsi come una bolla di sapone, per poi scoppiare trasformandosi in paura.
"Che succede?" chiese allarmato.
"Temo che sia andato al Castello dei Ricordi..."
"Dove?"
Tatsumi raccontò ad Hisoka di quel posto.
Era situato poco lontano dal Palazzo delle Candele, nascosto dietro un bosco.
Lo chiamavano castello, ma in realtà poteva assumere qualsiasi forma la persona che vi si avvicinava avesse voluto attribuirgli.
Ad esempio Tatsumi lo vedeva tale e quale alla villa dei suoi nonni.
"Sai Hisoka... entrando in quel posto una persona viene sommersa dai propri ricordi, da quelli belli, da quelli brutti, da quelli piacevoli e da quelli devastanti.
Potresti varcare la soglia di quel luogo che ti è famigliare, e trovarti all'improvviso nella tua stanza di quando eri bambino, e vederti giocare silenzioso sul letto, con quel sorriso spensierato che credevi di aver scordato.
Poi aprendo una porta, una qualsiasi, potresti scoprire che al di là c'è quella spiaggia fantastica dove amavi andare a giocare con tuo nonno fino a tarda sera, fino a quando le urla della nonna non vi ridestavano dalla spensieratezza di quelle giornate che pensavi dimenticate.
Rientrando in casa poi potresti ritrovarti adulto, nella cucina di tua madre, e in un angolo vedere lei, intenta a rimirare le proprie mani, usandole poi per coprirsi il volto e scoppiare in mille lacrime di dolore..."
La voce di Tatsumi si incrinò e Hisoka rabbrividì, ripensando a quando lui gli aveva detto che Tsuzuki gli ricordava sua madre, perchè lei era sempre triste, e anche Tsuzuki lo era.
Il volto dello shinigami era leggermente contrito, il pensiero della madre doveva avergli riportato alla mente cose non piacevoli.
Hisoka si affrettò a cambiare discorso.
"Non mi avete detto di questo posto a causa della mia empatia?"
Tatsumi lo guardò sorridente.
Era così giovane, ma così intelligente.
Capiva sempre tutto al volo, era serio e gentile e aveva un carattere mutevole, ma così adatto a completare quello del suo compagno.
Già, proprio il partner perfetto, la persona perfetta... per lui.
"Proprio così Kurosaki. Se tu entrassi là dentro finiresti con il ritrovarti catapultato nei ricordi di chissà chi e sarebbe difficilissimo per te uscirne."
"E Tsuzuki? Come mai non è ancora tornato? Lui non è empatico..."
"Questo è vero, ma è anche vero che ritrovare un ricordo può farti perdere la cognizione del tempo. Ci sono persone che sono rimaste là interi mesi, senza nemmeno accorgersi della fame e della sete. Si erano immersi nei propri ricordi, pronti a riviverli, come se la loro vita fosse tornata ancora una volta da loro..."
Hisoka abbassò lo sguardo.
Sapeva perchè Tsuzuki era là, sapeva che vi era andato per vedere la sorella, e sapeva anche che voleva andarlo a riprendere.
"Io vado" disse a Tatsumi, che lo guardò e sorrise.
"Stai attento" lo avvisò " e cerca di non perdere te stesso. Pensa solo ed esclusivamente a Tsuzuki, concentrati su di lui, e verrai catapultato nel suo ricordo. Una volta lì trovalo, sveglialo e riportalo da noi"
Quel noi lo fece sussultare per l'ennesima volta.
Se lo andava a prendere non era certo per riportarlo a Tatsumi.
Lo infastidiva sapere che anche lui lo rivoleva.
Insomma, Tsuzuki era...
No, ma che cavolo stava dicendo!!!!
Non era tempo nè luogo per pensare a simili sciocchezze.
Doveva andare e trovare Tsuzuki, prima che fosse troppo tardi.
Salutò Tatsumi, dicendogli di giustificarlo per tutto il tempo in cui sarebbe rimasto lontano, e lo shinigami lo rassicurò, raccomandandogli ancora una volta di stare attento.
Seichiro guardò la sua schiena allontanarsi, finchè non scomparve dietro un edificio.
Tirò un sospiro di sollievo e guardò verso l'alto, scrutando fra le nuvole.
"Proprio il compagno perfetto, non c'è che dire" borbottò, mentre con passo veloce si dirigeva verso il suo ufficio.
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Hisoka correva a perdifiato, cercando di indirizzare tutti i suoi pensieri verso Tsuzuki.
Vide da lontano il Palazzo delle Candele ed accelerò il passo.
Non era mica molto sicuro di dove fosse il Castello, e perdere tempo a cercarlo era l'ultima cosa che doveva fare.
Si guardò attorno.
il posto era calmo, come al solito.
Nel giardino del Palazzo c'era il solito tavolo apparecchiato, con le tazze da te pronte ad accogliere gli ospiti, e i biscotti al centro del tavolo, posati con cura su un piatto dipinto a mano, che non sfigurava sulla tovaglia di raso bianco finemente ricamata.
Poi, da sotto il tavolo, sbucò Watson, il buffo maggiordomo del Conte, che per una volta, invece di spaventarlo, lo rincuorò.
Gli chiese indicazioni e, con un'infinita cortesia, Watson gli indicò la strada per raggiungere l'oggetto delle sue ricerche.
Kurosaki si inchinò per ringraziare, e riprese subito la sua corsa.
Non appena si fu allontanato, un cespuglio di rose iniziò a muoversi in modo strano, e una maschera a metà e due guanti bianchi sospesi nell'aria comparvero di fronte a Watson, che si inchinò e sorrise, notando subito che l'attenzione del suo padrone era rivolta al giovane che era appena corso lontano.
"Chi era Watson?" chiese il Conte.
"Il giovane Kurosaki Signore"
"Ah, e dove andava così di fretta?"
"Al Castello dei Ricordi"
Il Conte si fece pensieroso.
Sapeva con certezza che Tsuzuki, il suo adorato, bellissimo e iperdebitore Tsuzuki, si era recato la due giorni prima, e che non aveva ancora fatto ritorno.
La sua bocca invisibile sorrise.
"Allora il tempo è giunto" mormorò.
Era quasi certo che, da quel giorno, non avrebbe più potuto fare il maniaco con quell'opera d'arte, quel dono di Dio che quegli assurdi esseri immortali si ostinavano a chiamare Asato Tsuzuki.
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L'aveva inequivocabilmente trovato.
Di fronte a lui si trovava il Castello dei Ricordi.
Ma di castello aveva ben poco, anzi.
Assomigliava tantissimo a quel piccolo locale dove andava con i suoi genitori quando ancora stava bene, e per una sera avevano voglia di cenare fuori.
Era esattamente come lo ricordava.
L'insegna bianca con i grandi kanji neri tracciati a mano, la porta dipinta di blu, e il menù del giorno esposto in vetrina.
Il suo cuore prese a battere un poco più forte, e un vortice di colori invase la sua mente, distorcendo le immagini del locale, trasformandolo in una spirale d'arcobaleni, così splendente da non poter essere guardata.
Hisoka chiuse gli occhi e respirò a fondo, cercando di sgombrare il pensiero.
Quando li aprì trovò di nuovo il vecchio locale, ma stavolta riusciva ad intravedere delle ombre al suo interno, e la sagoma familiare di suo padre sembrò apparire come un'ombra scura al di là del vetro.
Voleva vederlo, doveva entrare, voleva vedere suo padre.
Ma la sua mente evocò un nome, e Hisoka scosse violentemente la testa.
Ora doveva pensare solo a Tsuzuki.
Impresse nella sua mente l'immagine del compagno, i suoi capelli scuri, i grandi occhi viola, la sua voce calda, i suoi modi di fare a volte così buffi, a volte così sicuri.
Richiamò l'immagine di lui che scodinzolava felice davanti ad un dolce, che gli chiedeva di essere salvato da Muraki che lo voleva violentare, e quell'abbraccio caldo in cui si era rifugiato, fuggendo dalla Queen Camelia in fiamme.
All'improvviso tutto mutò.
Il locale scomparve, e al suo posto Hisoka vide una piccola casa color pesca, con un bel giardino, la cancellata bianca, e il camino sul tetto che gettava fumo.
Chissà cosa rappresentava per Tsuzuki quella casa.
Entrò con timore, varcando la soglia con fare quasi riverenziale, e sentì il cigolio dei cardini riempire le sue orecchie.
Si ritrovò in un corridoio in cui si alternavano una serie di porte colorate.
Aprì la prima, e si ritrovò nell'ufficio dove anche lui lavorava, e si vide fermo impalato accanto a Tatsumi e al caposezione Konoe, che gli parlavano amichevolmente.
Ma Tsuzuki, dov'era?
All'improvviso la porta si spalancò e il suo partner gli passò attraverso.
Hisoka capi che in quel momento era un semplice spettatore, e che Tsuzuki doveva essere già passato attraverso quel ricordo, che probabilmente era il primo della lunga serie a cui avrebbe
assistito.
Si lasciò alle spalle se stesso che parlava con Tsuzuki e gli altri, e si diresse verso le altre stanze, sperando di poter ritrovare presto lo Tsuzuki in carne, ossa e spirito.
Spalancò una porta e ciò che vide lo fece quasi trasalire.
Di fronte a lui c'era uno Tsuzuki di forse quattro, cinque anni, che parlava con una ragazzina della stessa età, seduti in una stanza arredata in modo tale da sembrare una camera dei primi anni del '900.
A quel pensiero Hisoka si diede dell'idiota.
Il fatto che Tsuzuki fosse un bambino significava che quella stanza ERA una camera dei primi anni del '900.
Hisoka rimase a guardare la scena.
La bambina era bellissima.
I suoi capelli erano neri e lucidissimi, e i suoi occhi brillavano di gioia.
Chibi-Tsuzuki le si avvicinò, prendendole le mani.
I due bambini si guardarono per un po', finchè lui non si mosse in avanti, dandole un piccolo bacio su una guancia.
Il viso della piccola si illuminò di un pudico rossore, che fece quasi tenerezza ad Hisoka.
Tsuzuki avvicinò le labbra all'orecchio dell'amichetta e mormorò qualcosa, per poi alzarsi ed uscire di corsa, lasciando la bambina in lacrime al centro della stanza.
Hisoka non capì.
Cosa diavolo era successo?
Perchè la bimba piangeva?
Corse dietro al Chibi-Tsuzuki e lo vide infilarsi nella stanza adiacente, dove lo seguì a ruota.
Si ritrovò in un grande giardino, pieno di fiori, rose, gigli e bellissimi fiori che si estendevano a perdita d'occhio.
Tra un cespuglio e un roseto lo vide.
Correva spensierato fra i fiori, con quel sorriso dolce che lo rendeva così bello.
Poteva avere sì e no 11, 12 anni.
Dietro di lui, ad inseguirlo, c'era un ragazzino di poco più grande, con lunghi capelli castani, occhi grandi e azzurri, e una risata argentina che esplodeva dalle sue labbra.
"Ti prendo Acchan, ti prendo" urlava il ragazzino, e Tsuzuki continuava a correre, fiore fra i fiori, urlando a squarciagola.
"Non mi prenderai mai Kucchan, mai e poi mai!!!!"
Ma Kucchan, che evidentemente era più grande e più veloce, lo agguantò, ed insieme finirono a terra, rotolandosi sul prato, guardandosi negli occhi.
Si fermarono poco distante da lui, ed Hisoka si sentì mancare quando vide le labbra di Kucchan sfiorare dolcemente quelle di Tsuzuki, che ricambiò il bacio, facendogli scivolare le braccia attorno al collo, tirandolo più a
sé.
Hisoka si voltò di scatto.
Non voleva guardare, non poteva guardare.
Sentiva l'aria scivolare via dai suoi polmoni, ma non fece in tempo a sentirsi male, perchè Tsuzuki gli passò accanto correndo verso la porta e verso un altro ricordo.
Si voltò a guardare Kucchan, e lo vide seduto a terra, completamente in lacrime.
Cosa diavolo stava succedendo?
Corse di nuovo dietro a Tsuzuki, e lo inseguì in parecchie porte, in altrettante stanze, e ogni volta una scena diversa appariva ai suoi occhi, una scena più o meno felice, più o meno gioiosa, ma che si concludeva sempre con Tsuzuki che fuggiva, e qualcuno in lacrime dietro di lui.
Per infinite volte Hisoka fu costretto a voltarsi, mentre Tsuzuki si dava alla pazza gioia con le persone dei suoi ricordi, e rimase quasi
interdetto quando lo vide entrare in un letto con un uomo e una donna contemporaneamente.
Quel brutto maniaco pervertito!!!!
Uscì da una stalla profumata di fieno, lasciando l'ennesimo uomo piangente alle sue spalle, e inseguendo uno Tsuzuki oramai adulto, per quando le parole Adulto e Tsuzuki abbiano senso nella stessa frase, che andava ad infilarsi in una nuova stanza.
Stava per seguirlo quando una sensazione di profondo disagio si impadronì di lui.
Dietro quella porta dipinta di rosso doveva trovarsi la sorella di Tsuzuki.
Spinse piano sulla maniglia, cercando di non far rumore, e venne accolto da un getto di calore dolce, proveniente dal fuoco, sul quale bolliva un tegame di peltro scuro.
La stanza era arredata semplicemente.
Un grande tavolo di legno al centro, delle panche e delle cassapanche di legno lucido addossate ai muri.
Il grande fuoco dalla parte opposta, e una serie di pentole di rame appese alle pareti.
Su una delle panche, di legno chiaro, dipinta a mano con un motivo d'agrifoglio e fiori, era seduta una donna giovane, assolutamente identica a Tsuzuki in ogni dettaglio, se non per il capelli neri e
lunghissimi, che le arrivavamo fino a metà schiena, e gli occhi che non erano di quel viola intenso che contraddistingueva Tsuzuki, bensì di un azzurro cangiante, simile al cielo estivo, privo di nuvole.
Indossava un semplice vestito rosso scuro, con il corpetto stretto, le maniche lunghe e un ampia gonna coperta da un grembiule candido.
Seduto sul pavimento davanti a lei stava Tsuzuki, la testa appoggiata sul suo grembo, le mani della sorella che gli accarezzavano dolcemente i capelli.
Stavano parlando.
Ma Hisoka non poteva sentire nemmeno una parola.
Cercò di avvicinarsi ma qualcosa glielo impedì.
Quello non era ancora l'ultimo ricordo di Tsuzuki, e lui era ancora una semplice comparsa a cui, in quell'occasione, non era dato di sentire.
I due parlarono molto a lungo.
Le loro mani si prendevano e si lasciavano, e le dita lunghe di Ruka portavano su di lui tocchi da amante e non da sorella.
I loro occhi erano incatenati da un filo invisibile, così come era chiaro che i loro corpi si chiamavano, attraendosi a vicenda.
Hisoka era sconcertato.
Aveva avvertito in Tsuzuki il tormento per la sorella, ma questo era molto più di ciò che si era aspettato.
E non era affatto piacevole.
Fortunatamente non ci furono effusioni, e nemmeno lacrime.
La cosa che prima lo aveva bloccato gli permise di sentire le ultime parole che i due si scambiarono, e la mente di Hisoka si fece ancora un volta più confusa.
"Hai la mia benedizione, Asato. Vai, corri, e sii felice come non lo sei mai stato"
Il volto di Tsuzuki si animò di una gioia indescrivibile e, dato un ultimo abbraccio a Ruka, si dileguò attraverso porta, seguito a ruota da un Hisoka sempre più sconcertato da ciò a cui stava assistendo.
Perchè Tsuzuki si era recato lì a rivedere tutte quelle scene?
Perchè?
Che scopo avevano quelle parole, quelle lacrime, quelle immagini?
Cosa significava ciò a cui stava assistendo?
Percorse l'ultimo tratto di corridoio che lo separava dall'ultima porta in cui il suo partner era entrato, e si fermò, rendendosi conto che quello era l'ingresso della prima stanza in cui si era trovato.
Da lì era partito e lì doveva tornare.
Ma stavolta chi avrebbe visto dietro quell'uscio?
Se stesso?
O qualcos'altro?
L'unico modo per saperlo era entrare.
Varcò la soglia con incertezza, aprendo solo lo spiraglio di porta necessario a farlo passare, e vide che al suo interno c'erano Tsuzuki e Tatsumi, uno di fronte all'altro, soli.
Si percepiva una strana tensione nell'aria.
Hisoka capì di essere ritornato un corpo tangibile e visibile quando li vide girarsi verso di lui, non appena la porta cigolò attirando la loro attenzione.
Ma lo shinigami fu più svelto dei loro sguardi, e, non appena i loro occhi sfiorarono il punto dove lui era solo un secondo prima, si era già nascosto dietro uno dei mobili che arredavano la stanza.
Tsuzuki era lo stesso che conosceva, così come Tatsumi.
Ma sembravano leggermente diversi.
Hisoka capì all'istante che quello che stava vedendo era il periodo in cui loro due erano compagni.
"Il caso di ieri è stato complicato vero?" disse Tsuzuki ingozzandosi con i dolci che aveva probabilmente portato con sè dalla missione.
"Già" rispose Tatsumi sollevando lo sguardo, e solo allora Hisoka notò la strana luce che brillava nei suoi occhi.
Una luce che nel Tatsumi che conosceva non era mai apparsa, nemmeno una volta.
Tsuzuki finì il suo dolce, e poi si alzò, girando attorno al tavolo, avvicinandosi al compagno.
Tatsumi si spostò leggermente all'indietro, e lasciò che il moro si sedesse sulle sue gambe, circondandogli la vita con le braccia.
"Sei quanto di più bello ci sia al mondo lo sai?" disse Tatsumi con un linguaggio che non gli apparteneva.
Sembrava come se quello fosse un altro Tatsumi, che era poi scomparso, lasciando posto a quello tirchio e tiranno che conosceva.
"Ti amo Seichiro"
"Anche io ti amo"
Il bacio che si scambiarono fu quanto di più bello HIsoka avesse mai visto.
Era di una dolcezza inenarrabile, profondo, e pieno di un sentimento che lasciava senza fiato.
Era come se si stessero fondendo, come se stessero per diventare un'unica identità, un unico essere, ma un attimo prima che questo accadesse i due si staccarono in cerca d'aria.
Il viso di entrambi era inspiegabilmente cupo.
"Allora hai proprio deciso Seichiro... non potrai più essere il mio compagno..."
"Questo era l'ultimo bacio Asato. Come ti ho detto prima, io e te non possiamo più essere compagni, perchè sai che esiste una persona là fuori di cui tu sei la metà speculare, e che senza di te non sarà mai completa"
Tsuzuki sorrise mesto, e si alzò, mantenendosi di fronte al compagno.
"Ho la tua benedizione allora?"
"Sì, assolutamente. Sono sicuro che sarai molto felice d'ora in poi"
Un alito di vento, e Tatsumi era svanito.
"Ce l'ho fatta" disse Tsuzuki, e Hisoka uscì dal suo nascondiglio.
Lo shinigami trasalì.
"Che ci fai qui?"
"Sono vento a cercarti. Mancavi da ormai due giorni"
"Cavolo ci è voluto così tanto?"
"Non so a fare cosa ma sì, ti ci è voluto così tanto"
Tsuzuki agguantò al volo la mano si Hisoka, ed iniziò a trascinarlo verso l'uscita.
"Andiamocene da qui, andiamo via" disse, mentre correva a perdi fiato verso la porta che li avrebbe ricondotti nel solido, immutabile, caro vecchio Meifu.
Uscirono all'aria aperta, e Tsuzuki respirò a fondo, salutando il sole con il più bello dei sorrisi.
Si sdraiò nell'erba verde e luminosa, facendo cenno ad Hisoka di sistemarsi accanto a lui.
Asato si gettò nell'erba, spalancando braccia e gambe, e urlando la propria gioia, mentre Hisoka si sdraiò piano, con garbo, sovrapponendo le gambe e incrociando le braccia sul petto.
Rimasero così per un tempo indefinito, con gli occhi chiusi, e la mente di Hisoka cercava di lavorare sulle sensazioni che gli
trasmetteva Tsuzuki, ma, se si esclude una gioia infinita, null'altro traspariva da lui.
"Hai tante cose da chiedermi, non è vero?"
Hisoka spalancò gli occhi, e vide che Tsuzuki si era messo su un fianco per guardarlo in viso.
"In effetti sì... perchè tu e Tatsumi vi siete lasciati? Sembravate così innamorati... infinitamente innamorati..."
"E lo eravamo... ci hai visti, no?"
"Ma allora perchè?"
"Lo sai già. Perchè nella mia vita c'è posto per una sola persona, e quella persona non è Seichiro. Non poteva esserlo allora come non può esserlo adesso"
Il volto di Hisoka si fece più scuro, e la sua bocca si aprì piano, per poi subito richiudersi.
Non era sicuro di ciò che stava per dire, assolutamente non lo era.
Poi però si fece coraggio, e chiese.
"Perchè piangevano? Perchè tutti nei tuoi ricordi piangevano?"
"Ti sbagli. Non era NEL ricordo, ma era IL ricordo stesso che piangeva. E piangevano perchè io ho detto addio a tutti quanti loro."
Gli occhi del ragazzino si aprirono di stupore, e Tsuzuki gli passò una mano sulla guancia, in una carezza così dolce che Hisoka percepì chiaro il suo cuore mancare un battito.
"Vedi... c'è una persona ora nella mia vita. Una persona con cui voglio passare il resto dell'eternità e a cui voglio dedicare la mia intera esistenza. Ma per farlo, per stare con questa persona, dovevo prima dire addio a tutti coloro a cui ho voluto bene in passato, e chiedere la
benedizione delle due persone che più ho amato nella mia vita..."
"Ruka e Tatsumi..."
"Esatto..."
Hisoka tremava, di paura e di emozione, e Tsuzuki lo abbracciò, traendolo a
sé, ma facendo in modo che i loro occhi riuscissero ancora a specchiarsi gli uni negli altri.
"Ora che farai?"
"Ora dirò a quella persona che l'amo, e poi cercherò di capire se vuole passare la sua vita accanto a me"
Hisoka voleva sapere chi fosse quella persona, ma aveva paura a chiederlo.
Certo, una volta Tsuzuki gli aveva detto Ti Amo, ma non era serio, era pure in superdeformed!
E c'era quella voce, là in fondo alla sua coscienza, che gli diceva che la persona che Tsuzuki amava non era lui, non era assolutamente lui, e che venirne a conoscenza l'avrebbe fatto morire un'altra volta.
"Sai perchè il primo ricordo che ho visto era quello di te che arrivavi al Juoh-cho?"
Hisoka scosse la testa.
"Perchè è stato il momento in cui il mio cuore ha capito di aver trovato la sua parte mancante".
Gli occhi di Tsuzuki erano seri, la sua voce ferma, nessuna nota ironica nella sua voce.
"Ecco... io..." balbettò il giovane shinigami, ma un dito si posò sulle sue labbra.
"Ti amo Hisoka"
"Me lo hai già detto questo"
"Lo so, però stavolta intendo amore vero"
I loro visi si avvicinarono piano, e le loro bocche si unirono, dando vita al loro primo vero bacio.
La lingua di Tsuzuki passava lieve sulle sue labbra, chiedendo quel permesso che Hisoka non
poté non concedere.
Iniziarono a danzare insieme, senza che nessuno dei due cercasse il dominio del bacio, lasciando che i loro corpi reagissero spontaneamente a ciò che univa i loro cuori.
Hisoka non potè impedirsi di pensare che in confronto a loro quello dato a Tatsumi era un bacio di pura amicizia.
Sentire le sue braccia che lo avvolgevano, quella lingua morbida che, lenta, giocava con la sua, e quel volto fresco posato dolcemente sul suo, gli provocavano sensazioni così belle, e così intense, che si sentì come immerso nell'universo più profondo, fermo su un pianeta sconosciuto, abitato solo da loro due.
Si staccarono poco dopo, in cerca d'aria, ed entrambi arrossirono, per poi scoppiare a ridere.
"Avevo paura che tu non mi avresti ricambiato" disse Tsuzuki, le sue famose orecchiette da cane e la coda pelosa in posizione su di lui.
"E come non potrei ricambiarti?" rispose Hisoka con lo sguardo più felice che Tsuzuki gli avesse mai visto. "Ma credo che manchi ancora la domanda fatidica..."
Tsuzuki sorrise, e baciò casto le labbra ancora bollenti del compagno.
"Hisoka Kurosaki, vuoi passare il resto dell'eternità con me?"
"Sì"
Fine ^__________________^
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