Disclaimers: i personaggi
di Please Save My Earth non sono miei e non ci guadagno niente ad
utilizzarli (Scusami Hiwatari).
RINGRAZIAMENTO doveroso a Dhely che vigila dall'alto ed elargisce consigli
e saggezza (si alzano lodi, ma vi risparmio le mie abilità canore...mhm
funzionerebbero MOOOLTO meglio della magnum...mhm)
Rinascita
di Ljs
parte III
Furono svegliati dal suono
attutito del telefono. Mikuro rispose dopo un numero di squilli
imprecisato ma sufficiente a convincere entrambi che non avrebbero
desistito facilmente. Haru gli si strinse addosso con uno sbadiglio
seccato, fece per guardare che ora fosse e si senti afferrare per i
capelli e spingere giù. Soffocò una risata mentre accompagnava la
discesa lungo il corpo di Mikuro, questi gli diede poche possibilità di
soste e tentennamenti, eppure avrebbe voluto occuparsi di lui con calma e
dolcezza.
Ormai conosceva i punti in cui era particolarmente sensibile, quelli che
gli davano più piacere. Sapeva che non amava che lo accarezzasse lungo il
fianco sinistro, dove avrebbe toccato la lunga cicatrice che gli aveva
sempre ricordato una stella
- E' stata mia madre, mi ha colpito con un vaso di ceramica una volta che
mi sono teletrasportato davanti a lei, mi ha incrinato tre costole, o
forse due, ora non ricordo bene. -
Storie simili le aveva riguardo al suo braccio rotto, le cicatrici che gli
ornavano la schiena: tutte dai contorni bizzarri, memoria di un corpo più
piccolo e fragile. Mikuro gli parlava tranquillamente di questi ricordi
per lui assurdi. Sua madre non l'aveva mai picchiato, mai, anche quando
tempo prima aveva cercato di suicidarsi sotto il peso dei ricordi di
Shyuhkaido. E tanto meno suo padre. Anche quando da piccolo compiva
marachelle impossibili per i coetanei in virtù dei suoi poteri esp non
era mai stato punito fisicamente anche se i castighi non erano mancati.
Per lui i primi anni di vita di Mikuro erano assolutamente incomprensibili.
Haru capì subito cosa gli chiedeva, si stupì della situazione però.
Mikuro stava continuando a parlare pacatamente al telefono! Rotolò tra le
sue gambe per dargli il minimo fastidio possibile, poggiò il volto sulla
sua coscia mentre gli carezzava l'altra con la mano. Gli piaceva il corpo
di Mikuro, gli piaceva la sua pelle. Il contrasto incredibile con la
propria. Ogni tanto il muscolo guizzava contro la guancia
-No signora, no. credo proprio che non sia il caso. -
La mano di Mikuro gli sfiorava i capelli e il viso, i brividi che gli
trasmetteva non gli permetteva di stare fermo. Cominciò a baciarlo, la
lingua che si affacciava tra le labbra per cogliere da subito il suo
sapore.
L'accolse tra le labbra con un sospiro, Mikuro afferrò con più decisione
i suoi capelli mentre si sistemava più comodamente.
-Certo ci sarò. Sì, ci tengo a parlarle di persona. A lei e suo marito.
-
Le parole gli arrivavano a sprazzi, attutite dal piumone e dalla
concentrazione con cui si applicava al suo compito mattutino. Mikuro si
mosse convulsamente liberandosi dalle sue labbra. Le sue mani lo
raggiunsero artigliandoli le spalle, portandolo alla luce. Si ritrovò con
la faccia premuta contro i cuscino, qualcosa di liquido li scorse
sull'incavo della schiena e poi giù
-Mikuro no! -
Lo prese strappandogli un grido. Mikuro gli si avventava contro quasi con
rabbia. Lo spaventò, non riuscì a capire cosa stava succedendo, però
ora aveva altro cui pensare: il piacere. Che montava dentro come un onda,
si gonfiava, calava in una sfumatura di dolore. Affondò le mani
afferrando i cuscini. Una mano di Mikuro era ancora saldamente afferrata
alla sua spalla mentre l'altra era scesa giù fino al suo fianco.
-Non fermarti, non fermarti.- lo supplicava in una litania che non poteva
sentire.
Non riusciva a rimanere fermo, non ci riusciva mai, anche quando Mikuro
era più dolce, più attento. Cercava sempre di sollevarsi un poco, per
andargli incontro, per allentare la tensione sul suo sesso. Mikuro lo
spingeva giù, il corpo arreso al piacere. Haruiko si trovava sempre
schiacciato al letto nella versione grottesca e oscena di una rana.
Ranocchio, lo chiamava poi, sussurrandoglielo all'orecchio nei momenti
meno adatti, urlandoglielo per strada, per i corridoi del Centro facendolo
arrossire sotto immagini che erano molto più che private!
Gli pesava addosso, quella fu la prima consapevolezza al passaggio della
tempesta che aveva sommerso i suoi sensi, Mikuro lo stava abbracciandolo
come in una morsa impedendogli di muoversi, di voltarsi. Stava premendo la
fronte sulla sua spalla, Sentiva il suo respiro ancora agitato contro la
pelle della schiena, era come se stesse trattenendo un singulto, un
gemito.
Mikuro piangeva, disperatamente, contro la sua schiena. Avrebbe voluto
voltarsi, capire, ma l'amico (poteva davvero definirlo tale?) non glielo
concedeva. Riuscì a voltarsi solo quel poco che obbligasse entrambi a
mettersi su un fianco. Non disse nulla, quel pianto era il pianto di un
bambino solo, di una persona colpita da un lutto improvviso ed
inconsolabile. Mikuro gli aveva chiesto il conforto del suo corpo, coprì
le braccia che lo stringevano con le proprie e attese che quel dolore si
chetasse un poco.
Si era riaddormentato, dopo aver pianto tantissimo si era addormentato.
Haru aveva pensato se fosse il caso di chiedergli spiegazioni ma col
passare delle ore ci aveva ripensato. Mikuro non era il tipo di mettere a
nudo i proprio sentimenti. Era l'unico campo in cui aveva un vero e
proprio pudore.
Sembrava davvero imbarazzo nel mostrare le proprie emozioni. Affogava
tutto in una finta indifferenza ed in un sarcasmo tagliente. Dopo tutto il
tempo che avevano passato insieme faceva ancora fatica a capire le
sfumature del suo umore e riusciva benissimo a nascondergli la sua rabbia
e il suo dolore. Si chiedeva cosa provava ora.
Sorrideva un po' triste a Roberto che pareva cercare un argomento
qualsiasi per riempire il silenzio che regnava nel loro salotto.
Ad un certo punto doveva essersi addormentato anche lui, si era svegliato
solo. Mikuro era entrato nella camera lottando contro un nodo alla
cravatta
-Pensi che per il funerale basti la giacca sotto il cappotto? -
-Scusa? -
-Devo andare al funerale di Matthias, il ragazzo che si è ucciso ma non
voglio sembrare invitato ad una cena formale. -
Haru si tirò sul gomito. Mikuro aveva indossato un completo grigio
piombo, molto elegante. Si chinò per cercare un paio di scarpe da
abbinargli. Haru si ritrovò a fare pensieri molto poco inerenti alla
situazione di fronte ai muscoli che tendevano la stoffa sulle cosce e
sulle natiche.
-Haru?! -
Si scosse arrossendo -Scusatemi. -
Mikuro scoppiò a ridere divertito ed anche Roberto accennò ad un
sorriso, appariva sconvolto, doveva aver passato la notte a dare di
stomaco.
-Roberto, vuoi una coca allora?- chiese allora Mikuro
Il ragazzo annui -Grazie, ho davvero bevuto troppo ieri sera. -
-Per favore Haru, ci pensi tu? -
Annuì dirigendosi verso la cucina, Mikuro sedeva scomposto sul divano, i
capelli stretti in un corto codino, la camicia bianca che non faceva che
accentuare il pallore che aveva da quella mattina. Eppure sembrava
tranquillo, ogni tanto appoggiava la testa al divano chiudendo gli occhi e
sorrideva come se provasse una sensazione piacevole. Eppure il suo sguardo
non gli piaceva, non si soffermava su nulla e nessuno eppure non pareva
vagare senza meta, era come se vedesse qualcosa ma non loro o quello che
li circondava.
Sembra quasi che sia suo il lutto, si ritrovò a pensare tornando. Roberto
si tese a prendere la coca senza interrompere la conversazione
-Allora hai rifiutato di parlare alla cerimonia? -
Haru si volto stupito verso Mikuro, fu solo grazie al riflesso di Roberto
che il contenuto del bicchiere non si sparse per tutto il pavimento
-Perché dovresti parlare tu?
Mikuro lo ignorò
-Non parlerò. E non ho intenzione di andare alla cerimonia. -
-Non vieni? Pare che sarà qualcosa di veloce, la famiglia ha preferito
una forma privata. -
Mikuro sorrise, Haru cercava disperatamente di capire
-No, non fa per me. ho già preso accordi con Lory ed Andrea io vi precedo
direttamente al cimitero. -
-Si sono rimessi insieme? -
-Perché dovevi parlare? -
Roberto si voltò stupito, Mikuro giocherellava con un fermacarte rotondo,
una piccola palla di vetro che imprigionava tre boccioli di rosa
-La direzione del Centro è stata contattata dalla famiglia- spiegò
allora Roberto- Volevano che qualcuno di qui intervenisse. -
-Ma perché tu?- s'intestardiva a cercare i suoi occhi, la sua voce, ma
Mikuro continuava ad ignorarlo
-Beh, essendo il suo Tutor. -
Haru lo fissò senza dire nulla: era uno dei ragazzi affidati a Mikuro!
Roberto si bloccò imbarazzato -Ma non gliel'avevi detto?-
-No, volevo evitare. Questo! -
Mikuro si alzò con un sospiro e l'abbracciò. Haru piangeva senza
riuscire minimamente a frenare le lacrime
-Avanti Haru. che senso ha piangere in questo modo? Adesso? -
Aveva ragione, certo. Ma. era uno del gruppo di ragazzi che gli erano
affidati. Ora non piangeva per quel giovane sconosciuto ma per Mikuro, e
anche per sè. Perché credeva di riuscire ad essere minimamente un punto
di riferimento per lui, qualcuno con cui condividere i suoi pensieri.
eppure la maggior parte delle volte Mikuro si apriva solo quando la
tempesta era passata, quando ciò che aveva aperto un nuovo squarcio era
ormai lontano e lui riusciva a parlargli della cicatrice con quella sua
voce tranquilla e calda o arrivava addirittura a riderne.
-Scusami ma ci sono rimasto davvero male. Perché non me l'hai detto? -
-Perché non ne vedevo la ragione, cosa poteva cambiare? E' il rischio del
mio lavoro. -
-Ma io ti parlo del mio lavoro! -
-Haru. -
Certo, era diverso: lui faceva l'illustratore di libri per l'infanzia.
Mikuro lavorava per il Centro come Tutor: seguiva gli ultimi arrivati
cercando di aiutarli ad ambientarsi ed ad usare le risorse che il Centro
offriva loro. solo che, solitamente, i ragazzi affidati a Mikuro erano
definiti come " a rischio"
Ci aveva messo tre mesi a capire in cosa consisteva il lavoro di Mikuro,
era convinto che fosse lì solo per i suoi poteri esp. Altri tre mesi
erano accorsi per chiarire quel "a rischio": lui aveva
immaginato giovani provenienti da situazioni di disagio, ma aveva scoperto
che erano ragazzi e ragazze sotto osservazione perché probabili suicidi.
Ma fino allora Mikuro non aveva mai vissuto quell'esperienza. Cosa diavolo
stava provando?
Un clacson li fece staccare
-Deve essere Andrea, mi spiace ragazzi avrei dovuto tenere la bocca
chiusa! -
Mikuro li strinse una spalla passando, si diresse verso la scrivania dove
aveva appoggiato il lungo cappotto nero, lo indossò avvolgendovisi. Gli
piaceva il movimento che faceva con le spalle per sistemarselo meglio
addosso. Sì infilo un paio di guanti di pelle sottile, ogni gesto era
misurato tranquillo, lo incantava bloccandolo, perché avrebbe voluto fare
qualcosa, dire qualcosa: era tutto sbagliato.
Mikuro s'infilò un paio d'occhiali da sole, le lenti piccole, scurissime
nascondevano gli occhi, il suo sguardo. Si sciolse i capelli che gli
caddero ad incorniciarli il viso imprigionando la luce che entrava a
fiotti dalla finestra, era bello, seriamente bello.
Ma Haruhiko aveva in mente che doveva fermarlo, dire qualcosa accidenti.
Non andava, c'era qualcosa che non andava
-Vengo anch'io. -
Roberto aveva già aperto la porta, Mikuro stava frugando in un cassetto
della scrivania
-Scordatelo- intimò senza fermarsi. Cavò fuori un oggetto assolutamente
fuori luogo, un diario scolastico, sulla copertina qualcuno aveva
attaccato tutta una serie d'immagini, li parevano personaggi di fumetti e
cartoni. Ma di chi era?
-Mikuro credo...-
-... che sarà pesante anche senza che io devo pensare a te. Quindi te ne
resti tranquillo a casa.-
Spinse fuori Roberto e si chiuse la porta dietro le spalle Haruhiko
provava un'urgenza inspiegabile, sentiva che non doveva lasciarlo solo,
che questa volta era importante non essere tagliato fuori. Corse in camera
cercando qualcosa da infilarsi ma poi pensò che bastava mettersi anche
lui un lungo cappotto scuro, nessuno avrebbe notato che sotto indossava un
paio di jeans neri e un maglione di lana candida. Indossò il cappotto e
le scarpe in fretta e furia, perse altri minuti a cercare il portafoglio e
si precipitò fuori. nessuno, erano già andati. Provò paura senza
riuscire a capire cosa fosse la causa di quella angoscia. Doveva trovare
il modo di raggiungere il cimitero!
Si ripete per un paio di volte che le fitte erano causate dalla fatica,
sarebbero passate in fretta, in fretta, e non era proprio importante ora.
Voleva Mikuro, voleva essere certo che quella brutta sensazione dipendesse
dalla sua angoscia
- E' come se la sua esp non gli appartenesse. Gli esper solitamente si
affaticano ma non hanno danni dall'utilizzo del loro potere, il loro corpo
riesce a far fronte allo stress. Il suo fisico non ha questa capacità. -
Scacciò il ricordo di quel colloquio col medico del Centro con la
consapevolezza che il cimitero era deserto, da lì riusciva a vedere il
luogo dove avrebbero sistemato Matthias. Sembrava che non fosse ancora
arrivato nessuno, vedeva la fossa e i fiori disposti intorno, il supporto
per la bara ma non c'era nessuno oltre lui. Appena passato l'affanno
cominciò ad avvicinarsi, stringendosi nel cappotto per sfuggire un poco
al gelo pungente. Il cielo era di un azzurro assurdo sulla distesa candida
interrotta solo dai monumenti e lapidi più scure, e gli ampi alberi di un
verde tanto scuro da sfumare nel nero. Era strano ma non gli trasmetteva
tristezza o rimpianto, provava una strana pace in quel silenzio che
amplificava i suoni più sottili
-Posso ascoltare la mia anima e se sto in silenzio forse anche quelle di
coloro che qui riposano. Vi prego aiutatemi ad amare Mikuro, vi prego. -
La lapide era posata vicino alla fossa: perfetta e lucida, un ragazzino
dal sorriso timido e lo sguardo un po' spento lo fissava da una foto dai
colori brillanti. La terra smossa spandeva intorno un profumo buono: gli
fece venire in mente sua madre che lavorava tra i vasi del piccolo
balcone. Cosa avrebbe detto se le avesse parlato della sua relazione con
Mikuro? Non riusciva ad immaginarselo. il buon senso gli suggeriva che ne
sarebbe stata addolorata, l'esperienza che l'avrebbe abbracciato stretto e
gli avrebbe chiesto di rassicurarla sul fatto che fosse felice. E poteva
risponderle? Lo era? Non era una domanda semplice: suonava stupida e
pesava come un macigno.
Tutto si racchiudeva lì, tutto. Mikuro lo rendeva felice? Sì, non faceva
nessuna fatica a trovare quella risposta, nonostante la freddezza, i
silenzi, le distanze, le incomprensioni. Mikuro aveva compreso cose di lui
che non era riuscito nemmeno ad intuire. Ma cosa dava a Mikuro in cambio?
Certo, il suo corpo. Ma allora doveva vivere nel terrore di un nuovo
desiderio?
Si voltò compiendo un mezzo giro su se stesso sentendo il rumore della
colonna di macchine che si avvicinavano. Strano, Mikuro avrebbe dovuto
essere già lì.
La macchina in testa al corteo si fermò facendo scendere una coppia di
mezza età. La donna si appoggiava pesantemente al marito. I lunghi
capelli rossi raccolti in una pettinatura elegante gliela indicarono come
la madre di Matthias. La figura snella gli abiti eleganti, era una bella
donna, almeno per quello che gli permetteva di intuire la distanza. Ma
anche il padre non scherzava: aveva qualcosa di severo nel portamento, i
capelli brizzolati, il sole faceva scintillare la montatura sottile degli
occhiali. Rimaneva rigido ad osservare gli incaricati scaricare la bara di
suo figlio. Ma dov'era Mikuro?
Un movimento al limite del suo campo visivo attirò la sua attenzione.
Mikuro! Doveva essersi fermato al limitare della strada, nascosto da un
monumento! Lo osservò camminare tranquillo verso la coppia, stringendo
tra le mani il diario di Matthias. Di nuovo l'angoscia gli prese la gola,
qualcosa non andava, qualcosa non andava!
Improvvisamente l'aria tremolò intorno alla figura di Mikuro, al suo
posto avanzava un bambino, il passo rapido, le scarpe nere che affondavano
nella neve. Un bambino molto piccolo con gli stessi tratti di Mikuro, gli
stessi occhi duri. Avanzava deciso aggrappato al diario che
improvvisamente sembrava enorme, pesantissimo. Si voltò verso la coppia,
e ne vide un'altra sovrapporsi ad essa. Una donna dai capelli chiarissimi,
il portamento altero e scostante. Un uomo sottile come una lama, che
sembrava fissare un punto distante. Distante da chiunque gli stesse
vicino. Per un attimo rimase attonito, sorpreso da quella che non riusciva
a chiamare che visione poi capì: quello era ciò che stava vivendo Mikuro,
quello che provava da qualche parte nella sua mente, nel suo cuore
Si mosse, da prima lentamente, quasi inconsapevole, poi prese a correre
mentre dentro urlava il nome di Mikuro sperando che potesse sentirlo, ma
quel bambino non si fermava, serio e composto avanzava sotto il suo peso
-I signori Donhaldson? -
I due si voltarono lentamente, inconsapevoli.
-Sono il tutor di Matthias, ci siamo sentiti questa mattina. -
-Mikuro! -
Si voltarono tutti e tre verso di lui, i signori Donhaldson lo guardavano
un po'.stupiti, stava fissando Mikuro all'altezza della cintola, ma era lì
che incrociava il suo sguardo
-Dovrei parlare coi signori Haru, aspetta per favore -
- Mikuro. Certo. Le condoglianze! Ma torniamo a casa, per favore!-
Scosse il capo deciso
-No, devo parlare ai signori di Matthias, devo dargli il suo diario -
-Il diario di Matthias?- lo interruppe la madre- Deve averlo iniziato qui.
Aveva tante speranze.
-Era convinto che qui sarebbe finalmente... guarito -
-Sei un mostro! Tu non sei Normale!- Haru sussultò guardandosi in giro.
Quello era un'eco del passato di Mikuro!
-Mikuro. Per favore! Andiamo.-
-Matthias era convinto di guarire: voleva farlo per voi, per rendervi
fieri. - La madre scoppiò a piangere disperata
-Era un bambino tanto buono -
Vide la rabbia di Mikuro montare, salire da lui in onde di luce rovente.
Non riusciva a capire: ferire quelle persone a cosa sarebbe servito? E
poteva tirarsi addosso solo riprovazione da parte dei suoi superiori, e
nuovi sensi di colpa.
Non serviva, non serviva ad un accidente!
-Matthias teneva da tempo questo diario, non l'ho letto, non mi è stato
necessario, ma credo invece che potrebbe esservi utile. potreste capire. -
-Cosa?- chiese il padre togliendoglielo titubante dalle mani
-Che si sentiva solo come una cane! Che si vergognava sotto il vostro
sguardo! Di svegliarsi la mattina e respirare ancora! Che la notte la sua
preghiera era: Dio non farmi più svegliare, non farmi più svegliare! Che
voleva che per una volta voi gli sorrideste, senza sussurrargli quella
dannata frase!-
-Povero il mio bambino sfortunato.-
Era stata la madre a dirla, piano, gli occhi fissi a terra. Tutto il resto
erano pensieri di Mikuro, solo pensieri per fortuna
-Andiamo Mikuro, i signori capiranno da soli, gli hai dato il diario, non
è necessario che tu faccia altro.-
-Cosa dovremmo capire?- sussurrò di nuovo il padre fissando il diario
come se lo trovasse assurdo, qualcosa che non poteva appartenere a suo
figlio.
-Lui voleva essere accettato..- Mikuro lo sussurrò tanto piano che per
una attimo Haru pensò che aveva ancora avvertito i suoi pensieri, poi
vide le espressioni dei genitori di Matthias
-Scusi.?-
-Lui voleva essere accettato. Non chiedeva altro. Voleva che per una volta
non vedeste i suoi poteri ma lui, la persona che era. Voleva che per una
volta non pensaste a lui come qualcosa di cui essere imbarazzati, da non
mostrare se non per avere la commiserazione della gente. Lo voleva
sinceramente, perché vi amava. E voi non siete mai riusciti a staccare
gli occhi da voi stessi. Voleva solo essere vostro figlio e non il vostro
sogno fallito. -
Haru voleva solo abbracciare Mikuro e portarlo via di lì: la sua rabbia
si era stemperata in qualcosa di più tranquillo ma assolutamente
soffocante.
Voleva strascinarlo via da lì e cercare di cancellare almeno un po'
l'oscurità che gli velava lo sguardo e gli schiacciava il cuore. Gli si
avvicinò sfiorandogli un braccio
-Ora andiamo.
-Piccolo Bastardo! Ma chi ti credi di essere?-
Haru si voltò in tempo per vedere il padre di Matthias che si scagliava
contro di loro. Usò il teletrasporto come un riflesso, inconsapevolmente,
spostando se e Mikuro quel tanto che bastava ad evitare il suo colpo.
Lo fissavano entrambi attoniti. La madre di Matthias pareva aver di fronte
una specie disgustosa di bruco, suo padre. Beh, puntò di nuovo Mikuro che
rimaneva immobile nel suo dolore. Haruhiko decise che era decisamente
troppo. Il pugno parti da solo, il dolore si diffuse dalla mano a tutto il
resto del braccio quando incontrò la mascella dell'uomo. Peccato, avrebbe
voluto beccarlo sul naso, e farlo sanguinare. Tanto. Lo guardò cadere a
terra, pesantemente, tra la neve e rimase lì con i pugni contratti in
posizione di attacco
-Ne vuole ancora? Ne vuole ancora?-
La moglie scoppiò in un urlo assurdo, la gente che si era mantenuta a
debita distanza cominciò a muoversi sempre più convinta.
Poi furono le braccia di Mikuro ad avvolgerlo e dopo un istante non erano
più lì
Vai all'Archivio Fan Fictions |
Vai all'Archivio Original
Fictions |
|