Disclaimers: i personaggi
di Please Save My Earth non sono miei e non ci guadagno niente ad
utilizzarli (Scusami Hiwatari).
Rinascita
di Ljs
parte II
Haruhiko si mosse a fatica
nel corridoio strapieno, perché aveva accettato? Quando Mikuro, l’aveva
inviato lì al centro ricerche, aveva pensato ad una visita breve. Mikuro
gli aveva suggerito che poteva essere saggio sottoporsi ad una serie di
test, per la sua salute, lui aveva voglia di allontanarsi da casa, da una
serie di affetti che gli erano parsi improvvisamente pesanti da portare.
Mikuro l’aveva sempre un po’ spaventato. Era… algido, pareva sempre
avere un segreto inconfessabile, qualcosa che lo mettesse in una posizione
di vantaggio rispetto agli altri… Ed era bello, di una bellezza per lui
poco comprensibile. I capelli chiarissimi, gli occhi dal tipico taglio
orientale ma azzurri, freddi. Tutto gli aveva fatto pensare che una
vicinanza tra loro fosse impossibile. Nonostante quello che sapevano uno
dell’altro. Nonostante tutto il tempo passato insieme, il dolore
condiviso.
Mikuro era forte, una forza al di là di quella fisica,
di quella derivata dai suoi poteri. Era forte, dentro, nell’animo.
Poteva compiere gesti crudeli, infamanti, e rimaneva puro. Nessuno pareva
mai avere nulla da ridire sul suo operato. Pareva sempre non suscitare
dubbi in chi gli si trovasse vicino. Ma lui l’aveva visto combattere,
difendere la propria vita e, anche la sua, con ferocia nonostante il suo
avversario non fosse altro che un bambino.
-In quel momento era un uomo, più grande di me…
Tendi sempre a fermarti alle apparenze Haru. Poi alla fine io ero solo
quello che le prendeva!- aveva concluso scoppiando a ridere di gusto
Sorrise tra se per un attimo. In effetti… Era sempre
finita con Mikuro che si faceva qualche giorno all’ospedale per
riprendersi dalle ferite. Eppure non si era mai tirato indietro, anche se
non conosceva nessuno di loro, anche se non c’era nulla ad unirli lui
correva sempre e sempre per stare in prima linea, sempre per fare loro da
scudo, per sostenerli quando cadevano…A pensarci bene non aveva mai
combattuto per se stesso, sempre per loro…
Allora ci aveva riflettuto poco, era troppo preso dai
ricordi di quella vita lontana che lo sconvolgeva, dall’ancor più
sconvolgente affetto che provava per il sig. Tamura. Per lui aveva preso
il posto del fratello morto anni prima. Aveva pensato che poteva bastare,
che quel genere di affetto era più che sufficiente, ma poi si ero
scoperto a desiderare sempre con maggiore intensità e frequenza il calore
delle sue braccia e quello che provava fra esse non era affetto fraterno.
Fortuna che non si era mai tradito, almeno con Tamura… Non avrebbe retto
il suo imbarazzo. Sapeva che non l’avrebbe mai allontanato, disprezzato,
ma sapeva anche che non gli avrebbe mai potuto dare quell’amore che lui
chiedeva e questo avrebbe eretto un muro tra loro, di silenzi, di sguardi
che parlavano…
Ed era arrivato l’invito di Mikuro, inaspettato,
davvero inaspettato. Già sapevano che i suoi poteri erano la causa
dell’affaticamento del suo cuore ed erano anni che non li usava e anni
che non stava male. Mikuro però l’aveva inviato dicendo che poteva
capire meglio se stesso… Quanto aveva ragione
Quando era arrivato all’aeroporto si era sentito
perso, l’America, la base era nei pressi di Boston, aveva pensato che
poi poteva fermarsi per seguire qualche corso per illustratori… Sì ma
non aveva mai pensato di diventare l’amante di Mikuro
Era rimasto sorpreso, si era irrobustito, i muscoli
delle braccia e del petto tiravano la maglietta mentre gli veniva incontro
serio. Non sorrideva per circostanza e questo metteva in imbarazzo le
persone e l’aveva intimorito inizialmente
-Ciao Mikuro
Lui aveva teso la mano e quando gliela aveva stretta si
era chinato in avanti baciandogli rapidamente la guancia. Di fronte alla
sua sorpresa aveva sorriso, catturando l’espressione di un bambino
malizioso
-E meglio che ti ci abitui…
In realtà si era abituato a ben altro…
Senti gli occhi riempirsi di lacrime, era possibile che
Mikuro avesse ragione?
-Tu non mi ami Haru, tu voi solo dimenticare o forse
riuscire ad espiare…
Mikuro non aveva la tenerezza di Tamura ma gli scaldava
il cuore… e il corpo. Arrossì al pensiero di quella mattina in bagno.
Eppure sapeva essere dolce ed era innegabile che fosse… cosa? Buono? Una
brava persona? Solo perché era sempre preso dagli altri? Alzò gli occhi
e lo vide. Appoggiato al muro pareva seguire la conversazione di un
piccolo gruppo di compagni. Una cosa che non aveva mai capito era la sua
distanza. Mikuro non si avvicinava mai alle persone, pareva sempre
rimanere sullo sfondo, non far parte del gruppo con cui era. Eppure un
attimo dopo l’avevi al fianco, vicinissimo, la mano su una spalla, il
corpo premuto al tuo. Un contatto violento eppure irriprendibile. Te ne
rendevi sempre quando era finito. E non aveva mai visto nessuno scostarsi
infastidito. Anche ora vedeva gli altri tendersi verso di lui, cercarlo
con lo sguardo per avere la sua approvazione, per sapere cosa pensava.
Alcuni si voltavano per chiedergli qualcosa a cui rispondeva
pacatamente… ma nessuno gli si avvicinava, nessuno abbreviava quella
distanza. Era rispetto o paura?
Poi si voltò, lo vide e per un attimo il sorriso gli
trasformò il volto, rendendolo giovanissimo, gli parve sul punto di
urlare di gioia, di scoppiare in una risata che avrebbe gelato i presenti
obbligandoli poi ad unirsi a lui. Lo vide svanire e riapparire in un
battito di ciglia al suo fianco, sentì il peso confortante del suo
braccio sulle spalle
-Sei arrivato! Stavamo pensando a cosa fare stasera.
Roberto vuole organizzare una cena nel suo appartamento
-Ciao Haruhiko
Guardò con simpatia le persone che formavano il
piccolo gruppo. Erano per lo più esper come loro, a parte Lory, una delle
assistenti di laboratorio. Questa gli si fece accanto sorridente
-Tutto bene Haru? Il tuo lavoro?
Scosse le spalle con noncuranza -Spero che l’editore
sia clemente… non ho abbastanza esperienza per un lavoro a questo
livello
La pacca che li arrivò sulle spalle gli tolse il fiato
-Ma che dici?
-Lory non essere materiale!- Roberto guardava
preoccupato il cambio di colore sul suo volto
-Ti ho fatto male Haru? Scusa ma a volte non mi rendo
proprio conto…- Pareva sul punto di mettersi a piangere
-Non ti preoccupare…davvero, non me l’aspettavo
Mikuro lo stava fissando un po’ perplesso, poi si
volto verso gli altri
-Allora ci vediamo stasera?
-Ok , ma non venite a mani vuote… portate il sakè?
Mikuro storse la bocca -Se vi piace… Ma pensate
davvero che noi viaggiamo con casse di sakè legate sulla schiena?
Roberto lo fissò sorpreso -Tu pretendi spaghetti e “pummarola”?
Fai come me, vai al market del Centro e fai scorta
Il brusio interruppe la replica di Mikuro, pareva un
onda che avanzava lungo il corridoio… Haru si avvicinò istintivamente a
Mikuro. Non voglio sapere, non voglio sapere!
-Che succede?
-Sembra che qualcuno si sia suicidato!
Ecco: il dolore, la morte, non era raro lì… Senti il
gelo dei suoi compagni, si voltò verso Mikuro, il volto impassibile, gli
occhi che gridavano, le mani tanto strette che era certo che quella notte
avrebbe potuto baciare piccole cicatrici a forma di mezzaluna sui suoi
palmi. Avrebbe voluto toccarlo ma lo sapeva impossibile. L’aria era
colma di energia, si alzavano i primi pianti, molti svanivano per
rinchiudersi in un dolore privato, in una paura che tutti conoscevano
-Hai mai desiderato di ucciderti? Seriamente?
Mikuro non aveva risposto che dopo ore -Ero
arrabbiato per quel “seriamente”… ma avevi ragione: no, mai
seriamente
-Vengono qui per guarire, come se si può guarire da
noi stessi…
Lory piangeva, piangeva tantissimo, gli occhiali
appannati, il naso che colava. Fu un sollievo per tutti. Occuparsi di lei
che piangeva come una bambina era un ottima distrazione, impediva a tutti
di pensare ad altro, ai motivi di quel pianto.
Avevano bevuto troppo, davvero troppo. Mikuro lo fece
saltare per assestarselo meglio sulle spalle
-Non farlo più!
-Hai la nausea?
-Se mi scuoti così sì!
-Starò attento allora… forse è il caso di usare il
teletrasporto
All’inizio, usciti dall’appartamento di Roberto,
aveva sperato che lo facesse, sembrava che la sua coscienza fosse immersa
nell’alcool e vi stesse affogando. Voleva correre a casa, subito,
perdersi tra le braccia di Mikuro, cancellare quella orribile sensazione
di stare perdendosi. Cancellarla con la pelle di Mikuro, la sua bocca, il
suo sesso. Il piacere assurdo che gli dava, inspiegabile. Aveva mostrato
un equilibrio molto più precario di quello che in realtà aveva
aggrappandosi speranzoso alla manica del suo maglione. Mikuro l’aveva
guardato da prima preoccupato poi era scoppiato a ridere. Si era voltato
piegando leggermente le ginocchia
-Avanti…salta su!
-Ti peso?- gli chiese un po’ preoccupato tornando
improvvisamente al presente
-No, ma se ci teletrasportiamo facciamo prima…
Haruhiko si sistemò meglio premendo il corpo contro la
schiena di Mikuro, circondandogli il collo con le braccia ma senza
stringere, in modo da non dargli fastidio
-Io preferisco così…
Mikuro sbuffò cercando di sembrare seccato. Haru lo
strinse più forte per un attimo e sorrise. Appoggiò il volto sulla
spalla e guardò su. Il cielo stellato d’inverno. Il calore di Mikuro
contro il suo petto, i suoi capelli che gli sfioravano il collo. Era
felice. Tornò con la mente a quell’altro ragazzo, quello che si era
ucciso nel pomeriggio.
-Perché la gente si uccide?
Mikuro si fermò un istante
-Non sei un bambino…-scosse il capo- Perché la gente
vive?
Haru ci pensò un po’, l’alcool non l’aiutava
molto, ogni pensiero si avvicinava con passi d’elefante, ma infondo non
era spiacevole
-Per essere felice…
-Allora è probabile che le persone che si uccidano
pensino che per loro ogni felicità sia impossibile
-Ma nessuno può essere certo della propria felicità!
-Ma tutti speriamo…desideriamo…
Gli parve che stesse sorridendo
-Perché ridi?
-Non rido…pensavo che tu sei quello che desidero,
ora… la mia felicità
-Ora?
-Haru non posso dirti quello che vorresti sentire, non
voglio raccontarti una balla…
Si voltò in modo da riuscire a guardarlo in volto,
almeno il suo profilo, che si stagliava nero contro il cielo reso di un
blu trasparente dalla luce della luna e dal gelo della notte. Vedeva il
suo fiato condensarsi in volute lattiginose. Piccole nuvole che si
creavano ad intervalli ritmati e che si alzavano nella notte, si
sfaldavano a poco a poco, tornavano nell’atmosfera. Il respiro di Mikuro
era il respiro del mondo
-Un giorno finirà tra noi?
-Ci sono le stesse probabilità che si rimanga insieme
in eterno…
-Ti odio quando scherzi su questa cosa!
-Ma non scherzo! Assolutamente. Ci sono persone che
fanno cose assurde per ottenere quello che desiderano per poi gettarlo
via!
Haru stava per replicare ma si zittì immediatamente
quando si rese conto che Mikuro stava parlando di se stesso. Era nato in
provetta e la sua gestazione era stata affidata alla donna che ora
chiamava madre. Aveva vissuto con i suoi genitori biologici per qualche
anno, poi era stata allontanato…la madre lo chiamava mostro per i suoi
poteri e per il suo sguardo d’adulto…
Avrebbe voluto rassicurarlo: lui non era così. Ma
Mikuro sarebbe scoppiato a ridere ricordandogli che aveva i loro geni.
-Io ho i ricordi di un uomo che…
-Che ha amato intensamente- concluse Mikuro pacatamente
-Ma è stato meschino, tremendamente meschino
-Anche qualcosa di più…- ribatté con un sorriso ed
un assurdo tono scherzoso
-Consideravo Shion mio amico…
-Shyuhkaido pensava di essere amico di Shion e
innamorato di Mokuren ma ormai sappiamo entrambi che era solo un volersi
ingannare. Prima che non altri è stato meschino soprattutto con se stesso
Mikuro aveva studiato a lungo gli acquarelli che aveva
fatto sugli abitanti della base lunare, su quelli che erano lui e i suoi
amici nella sua vita precedente. Gli aveva studiati a lungo ed emesso
quella sentenza
-Shyukaido amava Shion
L’aveva fissato stupito, alzando gli occhi dal tavolo
da disegno
-Scusa?
-Amava Shion- gli ripete convinto senza tirare fuori le
mani dalle tasche e senza staccare gli occhi dalle immagini che ornavano
le pareti del suo appartamento
-Quelli li ho fatti io…
-Ma usando la sua memoria. Hai messo sulla carta i suoi
ricordi… Guarda: Mokuren appare sempre come una donna bellissima ma
irraggiungibile, fredda, i suoi occhi hanno sempre il calore
dell’affetto di una madre, di una madonna. Non è una donna che si possa
amare, ma solo adorare. Guarda Shion, ogni atteggiamento esprime passione,
coinvolgimento.
-E perché l’avrebbe condannato a quell’agonia?-
era arrabbiato e non poco, era come se stesse imbrattando quelle immagini.
-Non lo so… forse lo odiava…una cosa non esclude
l’altra Haru.
-Shyukaido amava Moruren.
Gli sorrise come se la sua rabbia lo divertisse! -Non
volevo toccare i tuoi eroi!
Ma l’aveva fatto e il tarlo che lavorava nella sua
testa non si era più fermato
Il buio colmava la stanza, ma non era il buio assoluto
delle stanze chiuse, dalle imposte tirate. Mikuro, prima di infilarsi
sotto il piumone, aveva aperto le tende a listelle in modo che non
nascondessero nulla. La luna entrava prepotente allora tingendo il bianco
della stanza di una sfumatura azzurrina e lattiginosa. Era sicuro che
anche la pelle di Mikuro avrebbe preso quella sfumatura, l’aveva visto
vestito di quel colore, mentre avanzava verso di lui gattonando simile
come mai ad un felino, gli occhi che splendevano di una luce di un blu
denso che solo certi vasi preziosi avevano saputo trasmettergli. Di un
colore senza tempo, in cui si sentiva invischiato, in cui si sentiva
affogare. Un uomo che lo fissava nella luce della luna, che si avvicinava
per divorarlo, penetrarlo, farlo sentire vivo come nulla era mai riuscito.
Allungò una mano girandosi sul fianco e la posò sul torace di Mikuro
che, steso sulla schiena, rimaneva immobile. Prese a muovere piano la
mano, cercando di non fargli solletico. Saggiava la compattezza del suo
corpo, assaporava il morbido calore della sua pelle. Ridisegnava i suoi
muscoli, il petto, gli addominali. Risalì fino ad incontrare un
capezzolo. Si fermò per memorizzarne la forma, la rotondità
dell’areola, come cambiava la pelle sotto i suoi polpastrelli, come
acquistava rigidità tra le sue dita.
-Mi spiace Haru…
Gli si avvicinò ulteriormente e poggiò la testa sulla
sua spalla. Sapeva cosa voleva dirgli, in realtà non sperava nemmeno che
l’avrebbe accolto nel suo letto. Haruhiko aveva la sua camera, il suo
letto. Che dormissero insieme non era affatto scontato. Ma Mikuro non
l’aveva scacciato e che ora non avesse intenzione di andare oltre a
quella vicinanza non era certo un sacrificio. Ora il suo desiderio si era
quietato, quella camminata sotto le stelle, questo calore ... il corpo di
Mikuro che riposava vicino al suo… aveva avuto paura di quel corpo, a
volte ne aveva ancora. Non si era reso conto del suo desiderio fino a
quando non gli era stato sbattuto in faccia con una violenza inaudita.
Non riusciva a ricordare l’antefatto. Di quella
settimana ricordava solo la sua profonda malinconia. La nascita della
seconda figlia di Tamura, il matrimonio tra Rin e Arisu, gli altri
compagni di quell’esperienza straordinaria che a poco si creavano una
vita propria, libera. Anche lui aveva intrapreso la sua strada: appoggiato
dalla sua famiglia aveva seguita la sua inclinazione per il disegno
specializzandosi in illustrazioni per libri per l’infanzia. Eppure gli
pareva che tutti quegli eventi avessero chiuso una porta, una porta che
lui non aveva superato. Era rimasto chiuso fuori, solo. E se ne era
andato, scappato in America da Mikuro, in modo che quella solitudine,
quella distanza non fosse solo una creazione della sua mente.
Mikuro l’aveva accolto nel suo appartamento. Avrebbe
potuto avere un posto tutto suo ma inizialmente pensava che la sua
permanenza sarebbe stata breve e poi… poi non aveva più voluto. Quei
giorni gli sembravano tutti simili, non ricordava di essere mai uscito,
anche se Mikuro lo invitava spesso a seguirlo. Non ricordava altro che il
suo vagare per la casa. La consapevolezza di non essere andato abbastanza
lontano da lasciarsi alle spalle il suo malessere. Mikuro l'aveva
sorpreso, era poco più di un anno che non lo vedeva ma gli appariva molto
più maturo, più deciso. Aveva ancora quegli atteggiamenti altalenanti
che andavano da una vitalità fanciullesca alla pacata saggezza di un
anziano. Lo vedeva muoversi per la casa con la sicurezza di chi è
abituato alla solitudine, una sicurezza che non era messa in discussione
dalla sua presenza. E qui si era sbagliato. Mikuro era turbato dalla sua
presenza, dai suoi sguardi che vagavano sul suo corpo esposto dagli abiti
estivi. Lo ricordava perfettamente al ritorno dalla corsa mattutina, il
sudore che gli saldava addosso la canotta e gli shorts, che gli correva
addosso come se fosse stato vittima di un violento acquazzone. I capelli
gli circondavano il volto in ciocche scomposte, fradice…si era stupito a
chiedersi il loro sapore. Ed era arrossito quando Mikuro si era voltato
cogliendolo in fragrante. Era parso per un attimo stupito poi gli aveva
sorriso allegro
-Forse ho esagerato un po’ oggi…
Di quella sera non ricordava nulla, tutto era successo
rapidamente. Era molto tardi, avevano cenato e si erano sistemati sul
divano. Mikuro aveva bevuto molto, si muoveva nervoso, cambiando cd o
stazione, guardando qualcosa in televisione. Ma non ricordava nulla, tutto
era stata cancellato. Si era alzato e aveva aperto la porta-finestra che
dava sul piccolo giardino interno, aveva ascoltato il vento che stormiva
tra l’alta siepe che lo circondava. Il Centro era isolato, pareva di
essere soli al mondo. Aveva piovuto e l’aria era più fresca ma non
tanto da farlo rabbrividire. Indossavano tutte e due pantaloncini di
colore, Mikuro aveva tolto al maglietta ad un certo punto, lui non si era
nemmeno accorto di stare sudando sotto la camicia a maniche corte. Sentiva
una strana angoscia montargli dentro…almeno fosse riuscito a piangere
-Presto dovrò tornare a casa…
Il bicchiere l’aveva mancato di un bel pezzo volando
lontano nel giardino, si era voltato stupito e si era trovato Mikuro
adosso.
Erano caduti entrambi nell’erba alta, bagnata. Mikuro
gli aveva strappato la camicia, ricordava perfettamente il dolore della
stoffa che tirava cedendo contro la carne. Aveva usato le sue mani, non il
suo potere. Era rimasto immobile, Mikuro era pesantissimo, lo schiacciava
tenendolo giù, rendendogli difficile respirare. L’erba gli gelava la
schiena ma dentro si sentiva bruciare: cosa stava succedendo? Mikuro lo
fissava con gli occhi lucidissimi, rossi
-Come puoi parlare così? E’ proprio l’unica cosa
che ti viene in mente da dirmi?
Ma non poté replicare, la bocca di Mikuro gli tolse
ogni possibilità, la sua lingua, le sue mani. Gli pareva che fosse
ovunque, stentava a credere quella che era la risposta del suo corpo,
quello che ogni sua parte urlava : -Toccami, ti prego toccami
Sembrava che Mikuro la sentisse perfettamente,
viaggiava veloce sul suo corpo, senza una sola esitazione, un dubbio. Gli
basto una leggera pressione per farlo voltare, era stordito da quello che
provava, da quello che desiderava. Spalancò gli occhi gridando quando lo
prese
-Fermati!
-Muoviti! E’ inutile che stai fermo! Se
t’irrigidisci sentirai più male… non temere il tuo sangue renderà
tutto più semplice, ora
Cercò di muoversi per colpirlo, lo inchiodò di nuovo
giù premendogli una mano tra le scapole, assestandosi più profondamente
in lui, gli parve che l’aria gli schizzasse fuori dai polmoni.
Durò un’eternità, ed aveva mentito! Senti male per
tutto il tempo. Cercò di non piangere ma era inutile: si trovò coperto
di lacrime, con il naso che colava, non riusciva nemmeno a gridare, gli
sfuggivano solo piccoli gemiti che sembravano scomparire nel rumore delle
cicale, nel respiro rapido di Mikuro che veniva dentro di lui, in un
piacere totalmente privato, mentre nella sua testa lo supplicava di
finire, di finire in fretta.
Si erano separati rotolando via uno dall’altro ma
fermandosi vicini, affiancati. Si era sentito a lungo stordito, perduto
nel dolore del suo corpo che continuava a gridare. Quando aveva ripreso
coscienza di quello che lo circondava aveva visto Mikuro steso al suo
fianco, le braccia larghe, scostate dal corpo, le gambe larghe. Se ci
fosse stata più luce avrebbe visto del sangue sul suo sesso?
Cosa avrebbe detto ora? Come l’avrebbe guardato?
-Come hai potuto?
-Ti ho desiderato, intensamente. Per tanto tempo Haru,
tanti anni… Vieni da me e non fai che offrirmi quegli sguardi vuoti, il
tuo corpo vuoto. Ti accendevi solo quando mi guardavi… Ho pensato che mi
volessi quanto io volessi te ed in effetti…
-Come puoi dire una cosa del genere?
-Eppure sei venuto… insieme a me…
Aveva chinato gli occhi e si era visto, come se fosse
la prima volta: il suo seme, la sua erezione. Ed era la prima volta, per
entrambi.
Si scosse, stava scivolando nel sonno senza
accorgersene, anche Mikuro stava per addormentarsi, lo sentiva mormora
piano, qualcosa, una poesia. L’aveva recitata anche quella notte, dopo
che si erano ripuliti ed infilati insieme nel letto di Mikuro. Ormai la
conosceva anche lui e presa a recitarla insieme a lui, come se fosse una
preghiera:
“Ma ho vissuto, e non ho vissuto invano;
la mia mente perderà la sua forza, il mio sangue il
suo fuoco,
e, sconfitto dal male, perirà anche il mio corpo,
ma in me esiste qualcosa che consumerà il tormento del
tempo
e vivrà quando sarò morto”
Si tese verso Mikuro e gli sfiorò le labbra con un
bacio
-Buonanotte Mikuro- gli sussurrò piano e dentro il suo
cuore gli ricordò che l’amava
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