Disclaimers: I personaggi di Final Fantasy VII appartengono alla Squaresoft; mai e poi mai li utilizzerei per meri fini di lucro, indi per cui, scrivendo le mie fanfictions, io non ci guadagno nulla, se non la soddisfazione personale di far rivivere i meravigliosi personaggi del videogioco che ho amato di più nel mio cuore e in quello (spero) di tutte le altre FFfans.


Ricordo di una notte di pioggia

di Choco


Un flashback.
Una luce bianca che annebbiava la vista, poi una sensazione di vertigine e di nausea... poi le voci, le immagini, che ronzavano nella testa come uno sciame... Non era una sensazione nuova, per Cloud. Gli era accaduto molte volte, da quando aveva incontrato Tifa alla stazione di Midgar e cominciato a lavorare con Barret e gli altri.
Non era mai facile, affrontare i flashback. Alcuni di quei ricordi sembravano non appartenergli... sembravano parte di un'altra persona, di un'altra mente, di un altro cuore. Come se fossero stati impiantati dopo... dopo l'incidente, dopo Nibelheim.
Cloud si rendeva conto che questo doveva essere impossibile e che, quasi sicuramente, quella strana sensazione dipendeva dalla parziale perdita di memoria di cui era vittima.
Eppure, alcuni dei ricordi evocati dai flashback erano così nitidi che sarebbe stato impossibile pensare che appartenessero a qualcun altro.
Erano frammenti di memoria accompagnati da sensazioni, da una gamma di emozioni così diverse da non riuscire ad identificarle tutte.
Questa era una di quelle volte in cui Cloud era sicuro che i ricordi appartenessero a lui e a lui soltanto. E, forse, solo ad un'altra persona...

***

Un gattino. Bianco, con una macchia nera sul muso, perso sotto la pioggia o abbandonato.
Cloud sorrise, inginocchiandosi davanti all'animaletto; presolo in braccio, si rialzò, proseguendo la strada per il quartiere dove si trovavano gli alloggi delle reclute dell'esclusivo esercito privato appartenente alla Shinra inc., cercando di riparare il gattino con la sua giacca impermeabile. 
Improvvisamente, un'idea.
Cloud girò sui tacchi e tornò indietro sui suoi passi, dirigendosi verso il palazzo dal quale era appena uscito, un po' di corsa.
Prese l'ascensore esterno, che portava ai piani alti, per poi scendere, con gli ascensori interni, un paio di livelli più in basso, dove erano situati gli appartamenti del personale 'in vista' della Shinra.
"Hai dimenticato qualcosa?", gli chiese il ragazzo che l'aveva appena sostituito nel turno di guardia, fuori dall'ufficio del Presidente; un incarico noioso ma semplice, adatto alle giovani reclute... raccomandate.
Cloud sorrise al collega, con aria un po' complice.
"Si," rispose, continuando a sorridere "mi ero scordato di avere un regalo da consegnare ad un amico."
L'altro ragazzo sorrise a sua volta, facendogli cenno di proseguire.
Passò oltre, stringendosi la giacca sul petto, facendo del suo meglio per nascondere il gattino infreddolito che teneva in braccio.
Si diresse verso l'ascensore del salone centrale, chiamandolo.
Con un certo sollievo, rimase da solo all'interno, riuscendo, nonostante il piccolo ospite, ad estrarre il tesserino magnetico di riconoscimento che gli avrebbe permesso di accedere alla sezione del palazzo dov'erano ubicati gli appartamenti dei dirigenti e dei Turks. E quello di Sephiroth.
'Seph...'

***

Erano passati circa due mesi, da quel giorno.
Cloud stava facendo l'inventario della fureria, un noiosissimo lavoro 'sbolognato' da un collega un poco più anziano di lui; era fatto così, non era capace di dire di no e, soprattutto, non voleva inimicarsi i suoi senpai.
Desiderava che la sua vita da recluta trascorresse il più tranquilla possibile.
Così, un po' sbuffando, stava girovagando nei bui, umidi, maleodoranti piani interrati del palazzo, con una cartellina portafogli stretta al petto, cercando di prendere visione di tutte le cose che potevano esserci in quegli infiniti scatoloni, impilati l'uno sopra all'altro a formare stretti quanto claustrofobici cunicoli.
Improvvisamente, passi leggeri ed incerti, come quelli di un gatto che sta entrando in cucina a rubare qualcosa, ruppero il silenzio che regnava nel magazzino.
Cloud cercò con lo sguardo la persona che stava disturbando la quiete di quel posto così tetro e intravide, alla fioca luce dei pochi neon che tentavano di illuminarlo, il riflesso di un paio di lenti rotonde; subito dopo, la figura snella, furtiva e quasi felina del dottor Hojo si distinse nella lugubre penombra.
Cloud provò un immediato senso di ansia; aveva avuto modo di osservare quell'uomo, in qualche occasione... era una persona inquietante, dai modi gentili e melliflui e dallo sguardo diabolico; sembrava quasi circondato da un'aura di... soprannaturale.
Cloud sapeva che era stato lui, uno dei maggiori responsabili del progetto 'Sephiroth'; ovvero, uno degli scienziati che avevano fatto 'nascere' l'uomo più vicino alla perfezione...
Hojo non sembrava proprio essersi accorto della presenza di Cloud, in ogni caso; si guardava in giro, sospettoso. 
Ad un certo punto, cominciò a chiamare: 
"Topolino... Topolino dispettoso... Su, vieni dallo zio... Non fare i capricci..."
"Sta... per caso cercando qualcosa?", chiese  Cloud, esitante.
Il dottore non mostrò alcun segno di sorpresa, nell'udire la vocina di Cloud; si girò semplicemente verso di lui, con un sorriso dolce sulle labbra.
"Oh... sì, sì, certo...", rispose, "Per dire la verità, sto cercando un topolino dispettoso che, una mezz'oretta fa, è scappato dal mio laboratorio."
"Un... topolino?!?", domandò Cloud, stupito.
"Sì... credevo che si fosse nascosto qui dentro, ma non riesco a trovarlo..."
Cloud sbatté  le palpebre, cercando di capire perché mai, con tutti i topolini da esperimento di cui avrebbe potuto servirsi, Hojo si sarebbe dovuto prendere il disturbo di cercarne uno in un magazzino.
Forse l'aveva già inoculato con qualche strana sostanza, magari un virus altamente infettivo?
Proprio mentre la mente di Cloud stava elaborando quella possibilità, i suoi occhi  presero visione di una strana luce, proveniente da una nicchia, formata da alcuni scatoloni, proprio vicino ai suoi piedi.
Era un bagliore come quelli generati dagli occhi dei gatti, anzi; quelli in cui ora lui stava scrutando sembravano davvero gli occhi di un felino. Solo che, osservando meglio, si rese conto che appartenevano ad un volto umano e che qualcuno era accucciato nella nicchia, come se fosse stata una tana.
Non appena i suoi occhi si adattarono al buio del cantuccio, Cloud scoprì che questo 'qualcuno' era completamente vestito di nero ed una massa scintillante di capelli argentei ricopriva la sua figura quasi per intero.
'Sephiroth?!?'
I suoi occhi si spalancarono ma, prima che potesse emettere un solo suono, la persona accucciata fra gli scatoloni portò un dito alle labbra, per fargli segno ti tacere, con un'espressione tra il supplichevole e l'inquieto sul suo bellissimo volto.
Cloud, con una prontezza di riflessi di cui non si sapeva padrone, alzò lo sguardo, rivolgendosi al dottor Hojo:
"Io sto facendo l'inventario... sarà improbabile riuscire a trovare un topolino in un posto così grande ma... beh, se dovesse capitare, glielo riporterei senz'altro."
Hojo inarcò un sopracciglio,  facendo una risatina divertita.
"Saresti molto gentile... ma non credo che sia qui. L'avrei certo trovato. Lo ritrovo sempre." Con un cenno di saluto, l'inquietante dottore si congedò, allontanandosi.
La misteriosa figura accucciata nella nicchia aspettò di udire il 'click' della porta del magazzino, che indicava l'uscita dal gioco di Hojo; poi, con una mossa felina, si alzò in piedi, rizzandosi su tutta la sua statura davanti ad un Cloud pietrificato dalla sorpresa.
Lui era lì, in piedi davanti a lui, in un paio di pantaloni di pelle ed una camicia di cotone nero lasciata  fuori dalla cintura; alto, con gli occhi verdi che brillavano di luce propria, gli straordinari capelli argentei che gli oltrepassavano la vita, il viso perfetto dalla  pelle alabastrina...
Il suo eroe era lì, davanti a lui e gli sorrideva.
Sephiroth, in carne ed ossa...
Cloud sentiva il cuore battergli nel petto ad una velocità impressionante e, per qualche istante, pensò di dover  morire dall'emozione.
Si sentiva un perfetto idiota, a rimanere lì con gli occhi sgranati e la bocca aperta, senza riuscire a muoversi, né a pronunciare parola.
Ma fu Sephiroth a rompere il ghiaccio, posando entrambe le mani sulle esili spalle di Cloud, il quale lasciò cadere a terra la cartellina che aveva con sé.
"Ti ringrazio, mi hai salvato la vita!", gli disse, nel suo tenore cristallino. "Come ti chiami?"
"S... Signore... Cloud, Signore. Cloud Strife.", riuscì a balbettare Cloud. Sephiroth sollevò una mano, per sfiorare  la guancia di Cloud  in una leggerissima carezza.
"Ti ringrazio, Cloud... credo di doverti una colazione..."
"N.. No, Signore... non..."
"Domani alle nove in punto alla caffetteria del Circolo Ufficiali... Dirò che sei atteso. Da me, ovviamente. Ah... é un ordine."
Sephiroth si inchinò a raccogliere la cartellina di Cloud da terra, porgendogliela.
"Domani alle nove. Ti aspetto", disse poi con un sorriso, prima di voltargli le spalle e correre via attraverso i corridoi semibui, come un gatto guardingo.
Cloud rimase in piedi, immobile, cercando di realizzare quanto gli era appena accaduto.
Il suo eroe era appena uscito dal magazzino nel quale lui stava svolgendo un noiosissimo incarico di inventariato, gli aveva appoggiato le mani sulle spalle, l'aveva addirittura invitato a colazione... e Cloud si era appena reso conto di non averlo neppure salutato.

***

Cloud non avrebbe mai potuto pensare che da quella fantomatica colazione al Circolo Ufficiali sarebbe potuta nascere una vera amicizia, tra lui ed il suo eroe, l'uomo che mai avrebbe creduto di poter incontrare davvero.
Invece, era accaduto; Cloud era diventato una mezza celebrità, alla Shin.Ra  inc.
'Il ragazzino che gira con Sephiroth'. Così parlavano di lui.
'Ragazzino'... Proprio così, era solo un ingenuo ragazzino venuto a Midgar da una cittadina di montagna che, durante il loro primo incontro, era stato sul punto di morire dall'emozione, facendo la figura dell'idiota; e Sephiroth, invece, l'aveva preso talmente in simpatia da volere cominciare a frequentarlo.
Cloud non si sarebbe mai aspettato nemmeno che il 'grande' Sephiroth fosse la persona che aveva imparato a conoscere: il più potente, il più temuto, il più amato fra i soldier della Shin.Ra, un'autentica celebrità, si era dimostrato una persona assolutamente... normale. Così gentile, affabile; così innocentemente divertito dal fatto che Cloud perdesse il dono della parola soltanto per essersi trovato di fronte a qualcuno che, per lui, era più irraggiungibile del personaggio di un romanzo d'avventure.
Il suo eroe... quello a cui avrebbe voluto assomigliare e di cui, adesso era diventato un vero amico.
Il suo unico amico, forse, a parte Zack che, guarda caso, era anche il capitano dello squadrone di cui Cloud faceva parte.
Il ragazzo inserì il suo tesserino magnetico nell'apposita fessura, accanto alla porta scorrevole che introduceva al piano dove si trovavano gli appartamenti; digitò sulla tastiera, il suo codice di riconoscimento e la porta si schiuse, lasciandolo entrare.
Cloud si ricordava molto bene cosa era stato a colpirlo di Sephiroth, a parte il suo sorriso: gli occhi. Tristi.
Pieni di solitudine.
Aveva un disperato bisogno di amore, di riceverne, di darne. 
'Sono una cavia da laboratorio, gli aveva detto una volta. 'Sono cresciuto tra le stanze di questo palazzo e quelle della villa di Nibelheim, nei laboratori della Shin.Ra, dove hanno tentato di fare di me l'uomo perfetto. E hanno fallito...'
Il ricordo della nota di profonda tristezza nella sua voce e dell'ombra di dolore che oscurava il suo bel viso, mentre aveva pronunciato quella frase, gli faceva male ogni volta che ci ripensava.
Cloud si accorse di essere arrivato a destinazione; si ritrovò di fronte alla porta dell'appartamento di Sephiroth; sentì, improvvisamente, un tuffo al cuore. Perché? Gli succedeva sempre, quando sapeva di doverlo incontrare.
Eppure, ormai, tra loro due c'era un rapporto talmente confidenziale... probabilmente, dipendeva dal fatto che lui proprio non riusciva a fare a meno di vederlo come il suo eroe...
Spinse il pulsante blu di fianco alla porta; la spia luminosa della piccola telecamera nel videocitofono si accese, ma Cloud sapeva di non essere osservato. Aspettò la voce di Sephiroth, che gli arrivò un po' distorta dall'amplificatore: "Si?"
"Sono io." 'io'. Lo riconosceva con quella semplice sillaba, anche attraverso l'alterazione vocale di quel piccolo altoparlante. Gli sembrava ancora incredibile.
I pannelli scorrevoli si aprirono, rilevando la stanza in penombra, poi si richiusero alle sue spalle, una volta entrato.
L'appartamento di Sephiroth era disposto su due piani; l'ingresso introduceva direttamente nel grande salone, arredato in uno stile semplice e lineare: anzi, quasi spoglio.
Nella stanza si trovavano un divano in pelle nera con di fronte un basso, ma ampio, tavolo di cristallo scevro di un qualsivoglia soprammobile; di fronte al divano, troneggiava un impianto home-video che avrebbe potuto fare invidia al proprietario di una sala cinematografica. Le pareti erano completamente rivestite da costosissimi scaffali di ebano, su cui erano ordinatamente sistemati videodischi, vecchie videocassette, CD di musica d'ogni tipo e, soprattutto, ogni sorta di libri, specialmente romanzi.
Sephiroth adorava leggere; aveva trascorso sui libri la maggior parte del suo tempo libero e, una volta, aveva persino confessato a Cloud di avere scritto un paio di raccontini; uno dei suoi sogni nel cassetto sembrava essere quello di riuscire a farseli pubblicare, magari sotto pseudonimo...
Cloud si era intenerito moltissimo, per quella piccola confidenza.
L'unico vezzo, in quell'ampio salone spoglio, era un caminetto ad angolo che Sephiroth aveva voluto ad ogni costo fare installare; davanti al camino aveva sistemato un enorme tappeto persiano sui toni del bordeaux e molti cuscini; Cloud sapeva che era proprio lì che il suo eroe si fermava a leggere, in compagnia di qualche bicchiere di brandy...
Sephiroth era in piedi e dava le spalle a Cloud quando il ragazzo entrò nella stanza.
Indossava ancora i pantaloni e gli stivali di pelle nera che costituivano parte della sua divisa abituale, con una semplice camicia di cotone bianca lasciata sciolta, fuori dalla cintura; teneva in mano la sua katana; probabilmente, si stava esercitando nei kata...
'Anche quando è in casa da solo...' , pensò Cloud. Quella spada  la doveva considerare davvero un'amica d'infanzia, non se ne separava praticamente mai... anche quando si trovava nella privacy del suo appartamento, la teneva sempre a portata di mano, oppure la appoggiava sul tavolo di cristallo come se  fosse stata un prezioso ninnolo di porcellana... azione che compì, puntualmente, non appena Cloud avanzò il primo passo nel salone. Subito dopo si voltò, andandogli incontro, i suoi strani occhi verdi che rifulgevano quasi fosforescenti nella penombra che avvolgeva la stanza, muovendosi con la grazia e la leggerezza di una pantera.
Lo raggiunse, sorridendo; poi, le sue sopracciglia si aggrottarono un po', incupendogli leggermente l'espressione. Sollevò una mano e le nocche delle sue dita sfiorarono la guancia di Cloud in una carezza leggera. Lui non si stupì, anche se un leggero brivido gli percorse la spina dorsale, al contatto con la sua pelle fresca.
Quello era il suo modo di fare.
Sephiroth era spontaneo, quasi ingenuo, sotto certi aspetti; era cresciuto un po' isolato dalla società, educato quasi interamente dalle letture che avevano alleviato la sua solitudine; proprio per questo, gli mancavano la malizia ed i pregiudizi che accomunavano la maggior parte delle persone. Non ci trovava nulla  di strano o di sbagliato, nel dispensare questi piccoli gesti d'affetto che sembravano mettere tanto in imbarazzo chi lo osservava, soprattutto quando venivano rivolti ad un'altra persona di sesso maschile, nella fattispecie a lui, Cloud.
Era come se cercasse di imitare i modelli comportamentali della gente 'comune', non tenendo conto del fatto che, di solito, un uomo accarezza in quel modo una bella donna, non un ragazzo.
Ma era proprio quel lato del suo carattere a piacere tanto a Cloud; il fatto che fosse così incredibilmente diviso tra l'impersonare il ruolo del soldato perfetto e l'essere un uomo così puro, colto, dotato di una ricchezza interiore difficile ad immaginarsi.
"Che ti è successo?" Sephiroth abbassò il cappuccio della giacca dalla testa di Cloud, distraendolo dalle sue elucubrazioni. "Sei tutto inzuppato... dovresti avere più rispetto per il tuo corpo, lo sai? Esiste una cosa chiamata 'ombrello', per quando piove."
Cloud sorrise, abbassando gli occhi, come faceva sempre dopo le paternali del suo superiore. Aveva un atteggiamento incredibilmente protettivo nei suoi confronti; atteggiamento che lo metteva ancora più in imbarazzo delle sue disinibite manifestazioni d'amicizia. Alzò lo sguardo, per incontrare i suoi occhi. "Ho qualcosa per te", lo informò, "Io... ho pensato che ti avrebbe fatto piacere."
Sephiroth lo fissò, l'espressione accigliata di poco prima sostituita da uno sguardo incuriosito.
Poi, un altro sorriso gli illuminò il viso; circondò le spalle di Cloud con un braccio. "E' meglio se vieni a scaldarti un po'", disse, conducendo il ragazzo verso l'angolo del grande salone dove un vivace fuocherello stava crepitando nel camino che il Generale aveva voluto con tanta insistenza; fece accomodare Cloud sul tappeto accanto al fuoco, in mezzo alla miriade di cuscini in velluto sistematici sopra.
Cloud continuava a tenere le braccia incrociate sul petto, chiudendo la giacca quasi convulsamente.
Non sapeva perché, ma quel pomeriggio si sentiva particolarmente nervoso, mentre osservava Sephiroth che, girato di spalle, stava versando un bicchiere di brandy dalla bottiglia in cristallo che teneva sempre piena, sul basso tavolino di fronte al divano. I suoi movimenti erano incredibilmente aggraziati anche nel compiere un atto banale come quello...
Lo sguardo della giovane recluta venne catturato da qualcosa che scintillava alla luce fioca del fuoco, appoggiata sullo stesso tavolino: la katana, che Sephiroth aveva appena posato...  Per il Generale, esercitarsi con la sua spada era un piacere, almeno quanto leggere un buon libro seduto accanto al camino; e, per Cloud, era uno spettacolo osservarlo, mentre si allenava, agile ad aggraziato come in ogni altra occupazione in cui si impegnasse. 
Un flebile miagolìo riportò alla mente di Cloud il motivo per cui si trovava lì; Sephiroth si voltò, sbattendo le palpebre, con un'espressione stupita dipinta sul viso.
Il ragazzo schiuse le braccia, lasciando che il gattino facesse capolino dalla giacca, guardandosi in giro; lo prese delicatamente con due mani, porgendolo poi a Sephiroth, sorridendo. "Ti va di avere un nuovo amico? Ha bisogno di una casa."
Sephiroth si avvicinò, mantenendo la stessa espressione stupita. Si inginocchiò davanti a Cloud e posò a terra, accanto al bordo del tappeto, i due bicchieri che aveva in mano. Guardò il gattino incuriosito, poi tese le braccia in avanti; le sue dita affusolate toccarono le mani di Cloud, prima di raggiungere il pelo bagnato del micino e sollevarlo nelle sue. Lo guardò ancora per qualche secondo; poi, se lo strinse al petto, con il viso illuminato da un nuovo sorriso, questa volta carico di tenerezza, quasi di commozione.
"Com' è carino!!! E' così piccolo!", esclamò, mentre il micio cominciava a fare le fusa, come se avesse appena ritrovato mamma gatta. Cloud sapeva che gli animali percepiscono i sentimenti delle persone e, se quel gattino si sentiva così al sicuro tra le braccia di Sephiroth, era evidente che lui non si era sbagliato su ciò che aveva sempre letto negli occhi del Generale.
"Dove l'hai trovato?", chiese quest'ultimo, continuando a coccolare l'animaletto tra le sue braccia.
"Sotto la pioggia, sulla strada di casa. Qualcuno deve averlo abbandonato."
"Oh..." Gli occhi di Sephiroth si intristirono, improvvisamente. "Tu... credi che io sia in grado di prendermi cura di lui?"
"Perché non dovresti?"
"Io... non..."
Sephiroth appoggiò con delicatezza il gattino sul pavimento, lasciando che si scrollasse di dosso l'acqua che gli inzuppava il pelo e permettendogli di muovere i primi, esitanti passi nella sua nuova dimora.
Cloud si tolse la giacca, così da fare asciugare i suoi vestiti umidi al calore del fuoco. Il Generale abbassò gli occhi, voltandosi di lato di qualche grado, in modo che il suo viso rimanesse semi-nascosto dai suoi lunghissimi capelli platinati.
Cloud sospirò. Sapeva che, in qualche modo, la sua 'sorpresa' l'avrebbe un po' turbato; non immaginava, però, una simile reazione. Sephiroth sembrava confuso... e triste.
"Io... non posso tenerlo. Ho paura di non esserne capace... ho paura di potergli fare del male. Io non sono stato creato per queste cose, io... sono stato creato per distruggere..."
"SEPH!!!"
Il grido del ragazzo fece sussultare il Generale. Si voltò verso di lui, una delle sue sopracciglia arcuate sollevata in un'espressione interrogativa.
Sembrava quasi spaventato.
A Cloud dispiaceva di avere alzato la voce, ma non riusciva davvero a sopportare quel suo modo di valutarsi... si accorse di aver chiuso le mani a pugno; sospirò profondamente, cercando di rilassarsi e ritrovare il suo sorriso di poco prima. "Non essere stupido. Tutto ciò che serve a questo gattino è un po' di latte, pappa e tante coccole! Domani... domattina sono libero, faccio di nuovo il turno del pomeriggio; vado a comprare io quello che gli serve... per questa volta. Da domani in poi, ci penserai tu... OK?"
Sephiroth lo guardò. Gli sorrise, ma nei suoi occhi rimase un'ombra di tristezza. Lo stava fissando, con un'intensità che lo fece arrossire.
Perché? Cloud distolse lo sguardo, allungando una mano per prendere il bicchiere che lui gli stava porgendo. Bevve un sorso di brandy, provò ad alzare gli occhi. Il Generale lo stava ancora fissando, da sopra al suo bicchiere... si sentì avvampare, qualcosa di indefinibile pulsare nello stomaco.
Il gattino, nel frattempo, si era avvicinato al camino, istintivamente attratto dal tepore emanato dal fuoco, acciambellandosi lì accanto. 
Sephiroth smise di sorridere, improvvisamente. Il suo viso divenne serio,accigliato; si alzò in piede di scatto, volgendo le spalle al suo giovane ospite.
"Perché sei cosi... dolce, con me?", chiese, improvvisamente. C'era una strana vibrazione nelle sua voce, che Cloud  non riuscì a definire. Rabbia? 
Dolore? Forse, un po' di tutte e due...
"Come?", domandò Cloud, sbattendo le palpebre.
Sephiroth camminò lentamente verso il tavolino al centro della stanza, i pugni serrati, un'andatura insolitamente rigida.
"Perché... sei..." Il Generale deglutì, così forte che Cloud riuscì a sentirlo. "...  Sei mio amico?", concluse. Stava respirando lentamente, profondamente, come se stesse cercando di controllare la sua rabbia. Cloud era confuso. Non si era mai comportato a quel modo, con lui...
Sephiroth afferrò la katana dal tavolino su cui giaceva; la sollevò, la mosse in modo da farla brillare alla luce del fuoco.
Cloud appoggiò il suo bicchiere per terra, pronto ad alzarsi in piedi; ma, prima che potesse muoversi, riuscendo appena a seguire la mossa fulminea del Generale, lo vide in piedi davanti a lui, distante soltanto quanto la lunghezza della sua spada, la cui punta stava toccando la gola di Cloud.
Il ragazzo rimase immobile, seduto sui talloni. Non ebbe paura: era stato tutto così improvviso che non aveva avuto nemmeno il tempo di poter pensare di essere in pericolo. E poi... avrebbe dovuto pensare che Sephiroth volesse fargli del male... che avesse intenzione di ucciderlo? Non avrebbe avuto senso. Cloud distolse lo sguardo dalla lama puntata su di lui e guardò il alto, fissando il suo Generale dritto negli occhi.
Lui lo studiò, il viso parzialmente coperto dai capelli, i suoi occhi verdi fiammeggianti, un'espressione quasi delirante che aleggiava sul bel viso ancora più pallido del solito.
"Chi sei, tu?", chiese, con una voce definitivamente alterata dalla tempesta di sentimenti che si stavano agitando dentro di lui.
Le sicurezze di Cloud cominciarono a cedere. Non era più del tutto convinto di non aver paura.
"Chi sei?", continuò, "Perché mi stai vicino?"
"Seph..."
"Rispondimi. Su, rispondimi!!!"
"Ma... cosa ti è preso?"
"Nessuno si è mai preoccupato di me... nel modo in cui fai tu. A nessuno è mai importato di come mi sentissi, cosa provassi... perché a te, adesso, dovrebbe interessare?"
"Perché... perché sei mio amico..."
Cloud si sentì stupido; gli era sembrata la risposta più ovvia, però... lui gli aveva appena domandato il perché, era suo amico La katana di Sephiroth si sollevò impercettibilmente, quanto bastava perché la punta premesse sotto il mento del ragazzo, costringendolo ad alzare la testa.
"No... non è vero. Anche Zack è mio amico, ma non si comporta come te. Lui mi tratta come un soldato, non come se... come se... come se dovesse scoprire se anche io sono capace di comportarmi in un modo socialmente accettabile." La rabbia era sfumata, nella sua voce, ma stava parlando a denti stretti, in un sussurro. "Sei anche tu... sei un altro esperimento di Hojo? Stai lavorando per lui? E' stato lui ad ordinarti di starmi addosso, per studiare come mi comporto?"
"Ma cosa... cosa stai dicendo?!?"
"Perché, ti sembra un'idea così assurda? Ho passato tutta la vita a fare da cavia per gli esperimenti della Shin.Ra! Perché mai dovrei pensare che la tua amicizia è disinteressata? Nemmeno quella di Zack lo è, lo so bene, lui mi sta usando per fare carriera... E tu? Tu cosa vuoi, da me? Hojo vuole constatare di persona se l'uomo perfetto che ha creato è capace di intrattenere delle relazioni sociali? Per caso, si è improvvisamente pentito di avermi tenuto relegato in un laboratorio per metà della mia vita? Di non avermi mai nemmeno voluto rendermi noto il nome della donna che ha accettato di tenermi nel suo grembo, mia madre?"
"Seph...!"
La spada si sollevò ancora.
Cloud cercò di seguire il suo movimento, reclinando la testa all'indietro; nell'istante in cui si accorse che il suo cuore aveva accelerato i battiti, sentì il filo della lama sfiorargli la pelle della gola, leggera come una piuma; avvertì un dolore freddo, metallico, sotto il mento e un altro dolore, caldo e dilaniante, che esplose, da qualche parte, dentro il suo petto. Avvertì una piccola goccia di sangue caldo percorrere la sua strada lungo il collo... non riusciva a capacitarsi di quello che stava succedendo.
Non poteva accettare il fatto che Sephiroth avesse puntato la sua katana contro di lui e lo avesse ferito, seppure così superficialmente... trattenne il respiro e chiuse gli occhi, mordendosi il labbro per non gridare. Quando Cloud riaprì gli occhi, si accorse che la lama della spada si stava abbassando, sfiorando la sua uniforme, scendendo dal suo petto verso l'addome, continuando la sua strada lungo la coscia destra, per poi risalire e proseguire sulla sinistra; il ragazzo cercò di allontanarsi, strisciando all'indietro sulle ginocchia... sentiva il cuore scoppiargli nel petto e deglutì, per cercare di sciogliere il nodo che gli si stava formando il gola.
"Non ti muovere!!!", intimò Sephiroth, quasi gridando.
Cloud sussultò, sgranando i grandi occhi color acquamarina: era così strano vedere il Generale in preda alla rabbia, lui che di solito era sempre così controllato... aveva paura; in quel momento, cominciava ad avere paura, non tanto di quello che avrebbe potuto fargli, quanto di ciò che Sephiroth aveva pensato di lui.
'Non voglio che mi odi...'
"Non devi muoverti, hai capito?", ripeté Sephiroth.
Cloud non riuscì più a sostenere il suo sguardo; avvertì le lacrime riempirgli gli occhi e deglutì di nuovo. Non voleva mettersi a piangere davanti a lui... non aveva idea di cosa gli stesse accadendo, ma, in quel momento, il Generale non era il suo amico e non era più nemmeno il suo eroe; era, semplicemente, una persona fragile e sola, che non riusciva a fare ordine tra i suoi pensieri e le sue emozioni.
Cloud si rese conto che un individuo come Sephiroth, in quello stato, era pericoloso. Terribilmente pericoloso.
Improvvisamente, Sephiroth allontanò la katana; la sollevò di lato e, abbassandola poi con violenza, la conficcò nel parquet al di sotto del tappeto.
"Guardami."
Era vero, Cloud aveva abbassato lo sguardo; sapeva che sarebbe stato stupido non assecondarlo, in quel momento, ma non ce la faceva a guardare quegli occhi; e, tutto sommato, il fatto che Sephiroth avesse lasciato la spada gli aveva fatto ritrovare un po' di coraggio.
Si voltò di lato, come a sottolineare la propria riluttanza ad alzare di nuovo lo sguardo sul Generale; dopo pochi istanti, sentì la sua mano afferrargli i capelli. Con uno strattone, lo obbligò a girarsi nuovamente dalla sua parte ed alzare la testa.
Cloud non riuscì a trattenere un piccolo grido dolore, mentre portava la sua mano su quella di Sephiroth; non aveva intenzione di divincolarsi: conosceva fin troppo bene la sua forza e sapeva di non avere nessuna possibilità di sfuggirgli, qualsiasi cosa avesse avuto intenzione di fargli.
"Mi... mi fai male...", provò a fargli notare, balbettando; Cloud era sull'orlo del pianto.
Sephiroth si inginocchiò davanti a lui, senza lasciare la presa sui capelli. La sua espressione non sembrava per nulla addolcita.
"Ah! Vuoi che ti lasci stare?!? Allora, perché non mi rispondi? Non stai nemmeno cercando di negare... ne devo dedurre che ho ragione?!? L'ultima cosa che rimane da studiare di me...  Sono i miei sentimenti..."
"Ma perché... perché pensi che io possa agire in un modo tanto squallido?" 
Cloud aveva la voce strozzata da quel nodo in gola che sentiva sempre più grande, che stava addirittura cominciando a fargli male, per lo sforzo di trattenere le lacrime. "Perché mi stai facendo questo, che cosa... che cosa ti ho fatto, io?"
La mano libera di Sephiroth si  sollevò e si chiuse intorno al viso di Cloud, premendo un po' sulle guance. Finalmente, la maschera di rabbia e freddezza si sciolse sulla faccia del Generale, lasciando il posto ad un sorriso amaro, crudele, che gli assottigliava ancora di più lo sguardo felino. Sembrava quasi divertito per essere riuscito a turbare così tanto il suo giovane amico.
"Allora... vuoi rispondermi, o devo farti male sul serio?", gli chiese, con il tono di voce gentile e pacato che Cloud era abituato a sentire da lui, accompagnando però la domanda con un altro strattone ai capelli.
Cloud non ce la faceva più. La paura ed il dolore lo stavano schiacciando. 
"NO!!!", gridò, infine. "Non sto lavorando per Hojo, non ti sto accanto per studiarti, non voglio assolutamente nulla da te, non ho nessun secondo fine!!! Nessuno, hai capito?!?"
Cloud chiuse gli occhi, senza neppure accorgersene; sentì le lacrime solcargli le guance in due rivoletti bollenti. In quel modo, la tensione che aveva provato fino a quel momento si allentò un poco e lui riuscì a riaprire gli occhi, fissandoli in quelli del generale, fronteggiandolo. "Sei soddisfatto, adesso?", azzardò.
Il viso di Sephiroth era di nuovo serio, ma senza l'espressione furiosa di poco prima. Era diventato serio, tenebroso. Triste.
Cloud rimaneva sempre affascinato da come le emozioni si dipingevano sul volto di Sephiroth, anche in quel momento in cui era in balìa del suo lato oscuro, quello con il quale non aveva ancora mai avuto a che fare... 
Il Generale lo aveva ferito. Ferito a morte.
Credeva di contare qualcosa, per Sephiroth... Che avesse una diversa considerazione di lui.
Come aveva potuto pensare che fosse un tirapiedi di Hojo? Lui? Lui, che stava facendo di tutto per trascinarlo fuori da quel dannato laboratorio, di tutto per fargli conoscere qualche angolino di mondo esterno, per fargli assaporare un po' della vita che conducono le persone... normali? Se solo Sephiroth avesse potuto immaginare quanto contava, per lui, la loro amicizia... quanto ci teneva, a lui... no, non avrebbe potuto. Non avrebbe potuto capire...
L'immagine del Generale risultò improvvisamente sfocata, agli occhi di Cloud; erano le lacrime, le lacrime che non riusciva a fermare, che, al contrario, continuavano a salirgli agli occhi, impietosamente.
Le mani di Sephiroth allentarono la presa e si mossero, per appoggiarsi delicatamente ai lati del viso del ragazzo, che gli afferrò i polsi, d'istinto: aveva paura di quello che avrebbe potuto fargli. Non riusciva più a capire a cosa stesse pensando, non capiva se avesse creduto o meno a quello che gli aveva detto o anche solo se era stato in grado di capirlo, nello stato in cui si trovava.
Forse, in quel momento, non era neppure nelle condizioni di comprendere bene ciò che lui stesso stava dicendo... Era come se il suo alter ego avesse preso il sopravvento sull'uomo che Cloud conosceva... Era quello, il Sephiroth che aveva permesso alla Shin.Ra di conquistare l'egemonia su tutto il globo? Era quello ciò che diventava, quando assolveva i suoi doveri di super-soldato?
Sephiroth rimase così per qualche istante, tenendo il viso di Cloud tra le mani, non curandosi della stretta spasmodica delle dita intorno ai suoi polsi. Poi, lentamente, i suoi pollici cominciarono a muoversi su e giù, accarezzando leggermente le guance del ragazzo, quanto bastava per asciugargli le lacrime.
Cloud non sapeva se sentirsi sollevato o preoccuparsi... Sapeva soltanto che il suo cuore aveva saltato un battito, quanto quelle dita affusolate avevano iniziato il loro movimento ipnotizzante. E rimase letteralmente senza fiato, quando le mani di Sephiroth scesero sul suo collo, lasciando che i pollici tracciassero la linea delle giugulari, fino a sfiorargli i lobi delle orecchie.
Cloud strinse ancora di più i polsi del Generale, mentre veniva scosso da una serie di lievi brividi.
Le mani di Sephiroth si abbassarono ancora, seguendo la linea delle sue spalle e non sembravano più così leggere come quando erano appoggiate sulle sue guance... Quando raggiunsero la pelle nuda delle  braccia, Cloud sentì lo stomaco chiudersi in una morsa.
Che cosa stava facendo? Continuava a non capirlo... non che non fosse abituato ad essere toccato da Sephiroth, ma in quel modo... non era la maniera in cui lo faceva di solito, non c'entrava nulla con i suoi ingenui gesti d'affetto.
Cloud non capiva più nulla.
Era terribilmente confuso.
Lasciò andare i polsi di Sephiroth, abbassò le braccia, permettendogli così di continuare ad accarezzarle... non sapeva bene perché l'aveva fatto...
sicuramente perché aveva paura di contraddirlo, visto che sembrava essersi calmato un po'; o, forse, perché il contatto fisico con lui lo metteva in stato confusionale ogni volta...
Non ci aveva mai fatto caso, fino ad allora... quando Sephiroth lo toccava, anche solo quando gli si avvicinava, Cloud si irrigidiva ed il suo cuore accelerava i battiti; all'inizio, pensava fosse a causa dell'emozione,  quella che si prova quando ci si avvicina ad una persona che si considera una specie di eroe, un idolo, qualcuno a cui si pensa come ad una leggenda vivente... in quel momento, però, si rese conto che non si trattava di quel genere di emozione. Era qualcosa di diverso... qualcosa che Cloud non aveva mai voluto affrontare, a cui aveva sempre cercato di non pesare troppo...
'Adesso, mentre lui mi accarezza in questo modo... Io...'
Le mani di Sephiroth risalirono lungo le sue braccia, oltrepassarono le spalle, cominciarono a scendere sul suo petto; le mani di Cloud erano gelide, lui era come pietrificato: anche se avesse voluto muoversi, non sarebbe riuscito a spostarsi di un solo centimetro. Avrebbe voluto gridare, ma non ne aveva il coraggio. Temeva che Sephiroth avesse potuto perdere il controllo, che gli facesse ancora del male... e non lo avrebbe sopportato.
Le mani del Generale erano scese sui fianchi di Cloud, si muovevano lungo le sue cosce... il ragazzo inspirò profondamente e chiuse di nuovo gli occhi, imponendosi di rimanere immobile.
Sephiroth continuò ad accarezzarlo, ripercorrendo il tragitto dalle ginocchia di Cloud alle sue spalle, lentamente, non distogliendo lo sguardo da quello confuso e spaventato del suo giovane amico, dalla cui gola sfuggì un singhiozzo: non erano più lacrime silenziose, stava piangendo sul serio, come un bambino...
A Cloud sembrò di essere tornato improvvisamente piccolo, quando, durante i temporali notturni, in estate, si rannicchiava nel suo letto sotto la coperta, convinto che i tuoni ed i lampi fossero frutto della collera di un dragone affamato che si nutriva di bambini, secondo le favole che gli raccontava la nonna...
Rimanendo inginocchiato con le mani appoggiate alle spalle di Cloud, Sephiroth si mosse, girandogli intorno e fermandosi dietro di lui; Cloud percepiva il suo respiro, udiva i propri singhiozzi echeggiare nel silenzio della stanza, sentiva il fuoco crepitare nel camino... era come se i suoi sensi si fossero improvvisamente amplificati... percepì l'odore del legno bruciato, il profumo del brandy nel bicchiere appoggiato sul pavimento, la fragranza di Sephiroth, che ricordava tanto l'incenso...
Le mani del Generale stavano scendendo lungo la sua schiena, leggermente chiuse a conca, in modo che le unghie graffiassero delicatamente la pelle sotto la camicia della divisa di Cloud; lui si sentì avvampare come quando, poco prima, Sephiroth lo stava fissando, sorseggiando il suo vino; un'altra sequenza di brividi percorse le linee tracciategli dalle dita del Generale, questa volta facendolo tremare, violentemente.
Poi, quelle mani gli scivolarono intorno alla vita e si risollevarono, rimanendogli incollate al torace.
'Seph...'
Cloud non sapeva se fosse l'effetto della pioggia che gli aveva inumidito i vestiti, o quello del freddo, che lo aveva pervaso quando Sephiroth aveva cominciato a toccarlo, ma... seguendo il tragitto delle sue mani sul proprio corpo, si accorse di avere i capezzoli inturgiditi, perfettamente visibili sotto alla trama leggera della camicia. I suoi occhi si spalancarono, quando le dita di Sephiroth cominciarono ad accarezzarli dolcemente;
immediatamente, gli afferrò di nuovo i polsi, per cercare di fermarlo, ma si accorse di essere troppo sconvolto per averne la forza. O forse... troppo intrappolato dai suoi stessi sensi.
"S... Seph?!?", riuscì a dire, con un filo di voce.
Cloud era terrorizzato.
Letteralmente.
Non più da quello che stava facendo Sephiroth, o che avrebbe potuto fargli, ma, piuttosto, da quello che stava provando lui: i brividi, il viso che scottava, lo stomaco che pulsava, il suo respiro sempre più corto, sempre più leggero... non era colpa dei vestiti bagnati...
'Io... certo, è l'imbarazzo, la sorpresa, ma... no, no, NO!!! Ho paura, davvero... però... però...'
Cloud si odiò, in quegli attimi; gli piaceva la sensazione delle mani di Sephiroth sul suo corpo, gli piacevano le sue carezze... anche se detestava il fatto che lo stesse accarezzando proprio in quel momento, in quell'occasione, dopo aver pensato che Hojo lo stesse usando per qualche improbabile test sociologico... Come se fosse una punizione. Come se dovesse essere qualcosa di sporco, di sbagliato...
"Basta!!!", gridò Cloud, riuscendo, in qualche modo, a trovare il fiato.
Stava piangendo senza ritegno. "No... per favore..."
Cominciò a divincolarsi ma, prima ancora di potersene rendere conto, le braccia di Sephiroth si erano incrociate sul suo petto, stringendolo contro di lui e, dopo pochi attimi, Cloud sentì il calore del suo corpo contro al proprio, mentre lo sosteneva in un tenero abbraccio. 
La voce del Generale non era che un sussurro, quando gli parlò: "Stai tremando... mi dispiace... non volevo spaventarti."
A Cloud sembrò di dover svenire da un attimo all'altro. Non voleva spaventarlo?!?
"A... allora...", cercò di parlare, ma stava tremando così forte da riuscire soltanto a balbettare. "Allora... pe... perché mi... mi hai..." Non riuscì a finire; non si era mai sentito così sconvolto in tutta la sua vita.
"Scusami...", sussurrò Sephiroth, mentre cominciava a muoversi piano, con un lento dondolìo, come se volesse cullarlo. "Non intendevo farti del male, davvero... scusa, scusa..." Il suo viso affondò nei capelli di Cloud. "Lo vedi... non riesco a controllare i miei impulsi negativi... metto in pericolo anche le persone a cui tengo di più... distruggere... sembra essere l'unico istinto che predomina, in me... e sono riuscito solo a spaventarti, anche quando, invece, la mia intenzione era chiederti scusa... come vuoi che riesca a prendermi cura di quel gattino, a farlo crescere?!? Che cosa penseresti di me, se un giorno lo trovassi ridotto a pezzi dalla mia katana, o morto di fame, che cosa... che cosa pensi di me, ora, dopo che ti ho trattato in questo modo... orribile?!?"
Cloud provò una fitta al cuore. Era la voce di Sephiroth, ora, ad essere incrinata dal pianto.
Lui.
Il grande Generale.
Piangeva...
Cloud non fece nemmeno in tempo a sentirsi sollevato dal fatto che Sephiroth sembrava essere improvvisamente tornato in sé; era ancora più sconvolto per averlo udito parlare così, nel sentire la sua voce alterata in quel modo, i suoi singhiozzi soffocati tra i capelli. non sapeva cosa fare. Non sapeva cosa dirgli.
'Perché? Perché sta accadendo tutto questo?'
Spehiroth sollevò un braccio, asciugò le lacrime di Cloud con il dorso della mano. "Ti prego.", mormorò, "Ti prego, non piangere più." Passò le dita tra i capelli biondi del ragazzo, dove prima li aveva strattonati con violenza; poi, nello stesso punto, appoggiò le labbra, leggerissime.
Le braccia di Sephiroth si strinsero con forza attorno a Cloud e lui si accorse di non tremare più, ma non riusciva a smettere di piangere: era lacerato, distrutto; il suo Generale l'aveva rivoltato come un guanto, mettendo a nudo la sua anima, rivelandogli ogni cosa di se stesso, anche quelle che non aveva ancora mai visto. forse, perché aveva avuto troppa paura di guardare.
"Non posso.", disse Cloud in un gemito. "Mi dispiace. e poi. stai piangendo anche tu. anche tu."
Sephiroth continuò a cullarlo, rimanendo in silenzio; Cloud sapeva bene che era il suo Generale quello tra loro due che stava soffrendo di più, in quell'istante. avrebbe voluto girarsi, gettargli le braccia al collo e abbracciarlo forte, più forte di quanto lo stesse stringendo lui, dirgli che si sbagliava, che era una persona meravigliosa e non il mostro che pensava di essere; che aveva solo bisogno di un po' di fiducia in se stesso, di un po' d'amore.
'Ma ho paura. ho paura che ogni mia parola possa peggiorare il suo stato d'animo. e poi. e poi. ho paura di quello che potrebbe succedere dopo, se gli aprissi il mio cuore a quel modo.'
Le labbra di Sephiroth cominciarono a posare piccoli baci tra le chiome dorate di Cloud; di nuovo, brividi leggeri gli percorsero la schiena.
"Seph. Che cosa stai facendo?!? Perché.?", chiese il ragazzo, con la voce più ferma che riuscì a trovare.
"Non lo so.", rispose il Generale, senza fermarsi. "Desideravo farlo da tanto tempo. Ogni volta che siamo insieme, sento il bisogno di starti più vicino che posso, mi viene voglia di toccarti, di abbracciarti."
Cloud arrossì al punto di sentirsi andare a fuoco. "Perché?", chiese, ingenuamente, rendendosi conto subito dopo dell'inutilità della domanda e sentendosi irrimediabilmente stupido.
Le braccia di Sephiroth si strinsero ancora un po' di più intorno a lui; lo sentì sospirare profondamente, mentre gli appoggiava il mento sulla spalla, in modo che una guancia riposasse contro quella di Cloud, che riuscì appena ad udire le sue parole, quando sussurrò: "Ti  voglio bene, Cloud."
Per qualche secondo, Cloud non riuscì più a pensare. Rimase immobile, in silenzio, con gli occhi spalancati. Poi, posò le mani su quelle del Generale, facendo in modo di allacciare le dita con le sue; appoggiò il viso contro il suo, chiudendo gli occhi.
"Anch'io ti voglio bene, scemo."
"No. non è come pensi tu. non. come ad un amico. Oh, dannazione, non lo so. Io. non è che abbia bene presente cosa si provi per un amico, non ne ho mai avuti. prima di conoscere Zack e te. Ma, con te. è diverso, non è lo stesso che con Zack."
"Questo è ovvio. Io non sono Zack."
"Non intendevo questo."
Sephiroth liberò le mani da quelle di Cloud, si passò un braccio del ragazzo intorno alle spalle, fece scivolare il suo sotto le ginocchia dell'amico e si alzò in piedi, sollevandolo tra le braccia come se fosse stato un fuscello; camminò verso il divano dove lo depositò gentilmente. Poi, inginocchiatosi, iniziò a sciogliere i lacci degli anfibi di Cloud.
"Hey. che stai facendo?!?", protestò il ragazzo, imbarazzatissimo. Lui sorrise, asciugandosi dal viso tracce delle lacrime di poco prima.
"Stai tranquillo. Voglio solo toglierti le scarpe. non ho mica intenzione di spogliarti.", rassicurò Sephiroth, che sembrava avere già ritrovato la sua sottile vena ironica; Cloud, però, non riuscì a rispondere al suo sorriso.
Era terrorizzato da quello che stava accadendo tra di loro, anche se non poteva certo dire che gli dispiacesse. lo lasciò fare, mentre gli sfilava uno stivale, delicatamente, come se avesse avuto paura di fargli male. 
"Scusa, Seph, ti ho interrotto. mi stavi dicendo qualcosa?"
Sephiroth abbassò gli occhi e cominciò a lavorare sui lacci dell'altro stivale; il sorriso di poco prima scomparve, lentamente.
"Tu. tu hai una ragazza, che ti aspetta da qualche parte?", domandò, all'improvviso. Le sopracciglia di Cloud si sollevarono, interrogative.
"No."
"Sei. innamorato di qualcuna?"
'Innamorato?'
Cloud sentì il suo cuore mancare un battito, a quella domanda. Un viso gli si fece strada nei ricordi, portandogli un sorriso dolce sulle labbra rosate.
"Non credo. c'è una ragazza molto speciale, per me. Una mia amica d'infanzia. che mi piace molto. E' bella e piena di vita, quasi tutti i ragazzi che la conoscono hanno una cotta per lei. ma non saprei dirti se ne sono davvero innamorato."
"Penso che ne avrei sofferto, se fosse stato così."
Il cuore di Cloud ricominciò a battere all'impazzata, a quell'affermazione; non riusciva a comprendere a pieno il significato delle ultime parole di Sephiroth, ma gli avevano fatto immensamente piacere.
Il Generale sfilò l'altro stivale, poi, da sotto uno dei cuscini del divano preso una coperta, che drappeggiò sulle spalle del ragazzo; si sedette accanto a lui, sollevò una mano e gli prese il mento tra due dita, sollevandolo, scrutando, preoccupato, il piccolissimo taglio che lui stesso gli aveva procurato poco prima.
"Cloud. avrei potuto farti del male oggi, lo sai? Voglio dire. non so se sia un bene che tu continui a frequentarmi. Se solo avessi premuto un po' di più quella lama sotto alla tua gola, adesso, tu."
"Ma non l'hai fatto, Seph. Non l'hai fatto. Non hai perso il controllo, giusto? Io. io non sopporto di sapere che pensi a te stesso come ad una specie di mostro. tu non sei così, è ora che cominci a rendertene conto. Perché, se continuerai a credere di non essere altro che un bambino nato per fare da cavia a Hojo, allora, prima o poi, ti ridurrai davvero ad essere solo quello e ti perderai, Seph."
"Cloud."
Cloud sentì nuovamente le lacrime affiorargli agli occhi. Che cosa voleva dirgli? Voleva forse cercare di allontanarlo da lui?
'Non capisco più nulla.'
"Perché? Perché, poco fa, mi ha detto che soffriresti a sapermi innamorato di qualcuno? Ti prego, Seph. mi stai confondendo, cerca di farmi capire, parlami!!! Credevo avessi un po' più di fiducia, in me!!!"
Sephiroth  continuava a tenere il mento di Cloud sollevato, guardandolo negli occhi: nei suoi, c'era una tristezza infinita.
"Cloud. io ho paura. Ho paura di poterti fare del male. Ho paura di volerti bene. Perché, se poi dovessi perderti, ne soffrirei troppo. Ho paura di dirti quello che provo per te, perché temo che tu potresti scappare via, che mi disprezzeresti. e' vero, ci sarei rimasto male, se tu mi avessi detto di essere innamorato, perché tu sei speciale, per me. Ed io, vorrei esserlo per te, ma, maledizione, Cloud, sei poco più di un bambino! Che diritto ho, io, di rovinarti la vita?"
Man mano che parlava, Sephiroth si era avvicinato sempre più a Cloud, che si era raggomitolato in un angolo, contro la spalliera del divano; i loro nasi quasi si toccavano.
Cloud si rese conto di aver affondato le dita nelle spalle di Sephiroth, stringendole convulsamente. Era sicuro che il suo cuore stesse per fermarsi.
"Che cosa vuoi dire, Seph?!?", chiese, genuinamente confuso. Avrebbe voluto scappare da quella situazione. ma, se avesse cercato di divincolarsi in qual momento, avrebbe certamente ferito i sentimenti del suo Generale... ed era l'ultima cosa che voleva.
'Sto morendo di paura.'
Il pollice di Sephiroth accarezzò dolcemente le labbra di Cloud, che rabbrividì, chiudendo gli occhi, istintivamente; sentì il sangue abbandonare i distretti più remoti del suo corpo per confluire in un unico punto e si rese conto che, qualunque cosa fosse successa, lui, ormai, desiderava soltanto rimanere lì con il suo Generale, loro due soli; voleva che gli parlasse, che lo abbracciasse. voleva che lui.
La voce di Sephiroth arrivò alle orecchie di Cloud soffocata da un'emozione che il ragazzo non riuscì a definire.
"Cloud. Mi lasceresti.?"
Senza rispondere a quella mezza domanda, Cloud allentò la pressione delle dita sulle spalle di Sephiroth e lasciò scivolare le mani più indietro, facendole appoggiare sulle sue scapole; lo strinse forte a sé e sospirò profondamente, nell'istante in cui le loro labbra si toccarono.
Il suo primo, dolcissimo bacio.
Un bacio che rivelava tutto quello che non erano mai stati in grado di dire, nemmeno a loro stessi.
Non c'era più bisogno di parole, non era necessaria nessuna cervellotica spiegazione.
Forse, nessuno di loro due aveva ancora compreso in pieno i sentimenti che provavano l'uno per l'altro, ma quel contatto così intimo ne era testimone.
Quando si separarono, Sephiroth cercò gli occhi di Cloud, li catturò con lo sguardo, come se volesse leggergli dentro.
Cloud stava tremando.
"Stai bene?", chiese il Generale, preoccupato.
Il ragazzo sorrise, dolcemente.
"Sto sempre bene, quando sono con te."
Sephiroth abbracciò il suo piccolo amico, stringendolo talmente forte da fargli quasi male.
"Domani, io e te andremo a fare un po' di shopping."
"Davvero?"
"Si, qualche spesa per quel gattino. Se lo devo adottare, mi sembra il minimo."
"Hai deciso."
"Se tu credi che sia in grado di crescerlo. Se tu hai avuto fiducia in me, non ti deluderò."
"So che no lo farai, Seph."
"Ti va di mangiare qualcosa con me?"
Cloud annuì, sorridendo.
"Bene, allora. stenditi un po' e riposati, ti ho fatto passare un brutto quarto d'ora. Io torno subito."
Cloud obbedì, sdraiandosi sul divano e chiudendo gli occhi.
Rimase così, rannicchiato nella coperta in cui Sephiroth l'aveva avvolto, ascoltando i suoi passi mentre si allontanava; lo sentì armeggiare nella piccola cucina, separata dal salone da un paravento di bambù.
Si sentiva stanco. tanto stanco, come se avesse appena finito una delle lezioni di spada con Zack, il suo capitano. Zack... Che personaggio. L'unico ad essere stato in grado di avvicinare il grande Generale e farselo amico... Con il viso di Zack impresso nella mente, Cloud scivolò nel sonno, esausto.

***

Quando riaprì gli occhi, Cloud non si trovava più sul divano in pelle nera nel  salotto dell'appartamento di Sephiroth.
Era in una graziosa stanza di una piccola locanda; mise a fuoco le travi  a vista del soffitto in legno, prima di realizzare che era sdraiato in un letto; c'era poca luce proveniente dall'esterno, doveva essere quasi sera; qualcuno gli stava stringendo la mano, accarezzandogli i capelli.
Tifa.
Sentiva il suo profumo.
"Cloud... Cloud!!!"
Cloud si voltò,  lentamente. Tifa era inginocchiata ai piedi del letto, con un'espressione angosciata sul viso.
Lui le sorrise.
"Sto bene... Sto bene, Tifa.", cercò di rassicurarla.
Lei scosse la testa. "No. Non credo proprio. Vincent ti ha trovato svenuto, accanto alla finestra. E' stato lui a portarti a letto... Oh, Cloud, che ti è successo?!? Un altro di quei flashback?!? Credevo che fosse tutto finito, una volta ricordato Zack e tutto il resto!"
'Tutto il resto?'
Cloud si accorse che non erano soli. C'era Vincent, seduto ai piedi del letto; le sue iridi rosse lo scrutavano, accese da un bagliore di preoccupazione che le rendeva ancora più brillanti, simili a due rubini incastonati nell'avorio. Cloud sapeva bene a cos'era dovuto quel bagliore che faceva rifulgere gli occhi come gemme, fino a rendere i suoi simili a due grandi acquemarine e quelli di Vincent a due preziosi rubini: Mako Energy. La stessa, misteriosa sostanza che rendeva i capelli lucenti come fili di seta, la stessa sostanza che sembrava propagarsi attraverso i tessuti fino a riempire ogni singolo poro dell'epidermide, rendendo la pelle perfetta e levigata, simile a quella di una bambola. La stessa sostanza capace, al tempo stesso, di migliorare all'estremo le facoltà psico-fisiche di un individuo come di distruggerlo... La stessa sostanza che, combinata con le cellule di Jenova, aveva avvelenato la mente di Sephiroth fino a farlo impazzire...
Cid era in piedi accanto a Vincent, una mano appoggiata sulla sua spalla; a Cloud venne quasi da sorridere. Era certo che ci fosse qualcosa di strano, tra quei due. Ad ogni modo, anche Cid aveva lo stesso sguardo preoccupato, mentre lo osservava; non stava neppure fumando...
'Dovrei sentirmi onorato...'
Non era stato un sogno. Neppure un ricordo di Zack... Era un suo ricordo, stava ricordando il passato... Quello vero. Quello dove lui e Sephiroth, effettivamente, non erano amici, né compagni d'armi, né allievo a maestro... ma tutto quello e molto, molto di più.
Era un passato di cui Cloud si era dimenticato, che aveva voluto scordare perché troppo, troppo doloroso; un passato che  non era abbastanza forte daaffrontare.
'Non sono mai stato forte... ho sempre avuto bisogno di qualcuno che mi proteggesse... prima la mamma, dopo Zack, infine... Sephiroth...' Sephiroth... l'uomo che Cloud avrebbe dovuto distruggere... Lo stesso Sephiroth che lo abbracciava, che rideva con lui, che gli insegnava ad usare la spada... lo stesso Sephiroth che aveva ferito Zack e Tifa, che aveva ucciso sua madre, che aveva dato alle fiamme Nibelheim... che voleva distruggere tutto quanto.
Tifa non aveva neppure idea di cosa avesse significato, per Cloud, ricordare 'tutto il resto'; non poteva capire. E lui non se la sentiva di raccontarle la verità, l'avrebbe ferita troppo... Sapeva che gli voleva bene, in un modoche, forse, non sarebbe mai riuscito a ricambiare.
Ma, a modo suo, l'amava anche lui; e non gli piaceva vederla così seria ed accigliata. Si meritava un po' di considerazione, dopo tutto.
Cloud si sforzò di mettersi a sedere sul letto, di sorridere, di ricacciareindietro le lacrime, di ingoiare tutto il dolore che lo stava lacerando;cercò di convincersi che, in fondo, andava tutto bene perché, durante quell'avventura assurda, aveva incontrato tante persone meravigliose che lo stavano aiutando ad affrontare quella sua vita, tanto difficile...
Così, si chinò su Tifa e la strinse in un abbraccio affettuoso, baciandola sulla guancia; lei rispose all'abbraccio dopo pochi attimi di esitazione, un po' sorpresa. Lui si lasciò andare nelle sue braccia, appoggiandole il viso sulla spalla, con un lungo sospiro.
Il letto si mosse leggermente, mentre Vincent si alzava in piedi, silenzioso come al solito. "Noi vi lasciamo soli", informò Cid, "Andiamo a tentare di cenare... Vediamo se riesco a curare questo qui dalla sua anoressia latente. Vi porterò su qualcosa, d'accordo?"
"Grazie, Cid." Cloud alzò un po' gli occhi, per guardare in faccia il biondo pilota; quest'ultimo aveva un sorriso complice dipinto sul viso e... un braccio intorno alla vita di Vincent, mentre lo conduceva fuori dalla stanza. 
I due ragazzi continuarono a rimanere abbracciati; nella stanza, ormai, si era fatto buio.
Cloud si sentiva bene, accanto a Tifa; lei aveva un carattere allegro, ottimista, gli trasmetteva tanta positività.
E lo amava...
Non sapeva se il suo amore gli avrebbe dato il coraggio sufficiente ad affrontare quello che lo aspettava... E sapeva che, comunque, non avrebbe potuto mai guarire le sue ferite; ma Cloud cercò di pensare soltanto alla sensazione di calore che Tifa riusciva a trasmettergli, a quanto la sua vicinanza riuscisse a renderlo sicuro e determinato... determinato a proteggerla... prima di crollare, addormentato, nel suo amorevole abbraccio. 
'Non mi dimenticherò mai di quella sera in cui pioveva... né di te, Seph... qualunque cosa accada... qualunque cosa accada.'

- fine -






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