Disclaimers: I personaggi di
Final Fantasy VII appartengono alla Squaresoft; mai e poi mai li
utilizzerei per meri fini di lucro, indi per cui, scrivendo le mie
fanfictions, io non ci guadagno nulla, se non la soddisfazione personale
di far rivivere i meravigliosi personaggi del videogioco che ho amato di
più nel mio cuore e in quello (spero) di tutte le altre FFfans.
Ricordo di una
notte di pioggia
di Choco
Un flashback.
Una luce bianca che annebbiava la vista, poi una sensazione di vertigine e
di nausea... poi le voci, le immagini, che ronzavano nella testa come uno
sciame... Non era una sensazione nuova, per Cloud. Gli era accaduto molte
volte, da quando aveva incontrato Tifa alla stazione di Midgar e
cominciato
a lavorare con Barret e gli altri.
Non era mai facile, affrontare i flashback. Alcuni di quei ricordi
sembravano non appartenergli... sembravano parte di un'altra persona, di
un'altra mente, di un altro cuore. Come se fossero stati impiantati
dopo...
dopo l'incidente, dopo Nibelheim.
Cloud si rendeva conto che questo doveva essere impossibile e che, quasi
sicuramente, quella strana sensazione dipendeva dalla parziale perdita di
memoria di cui era vittima.
Eppure, alcuni dei ricordi evocati dai flashback erano così nitidi che
sarebbe stato impossibile pensare che appartenessero a qualcun altro.
Erano frammenti di memoria accompagnati da sensazioni, da una gamma di
emozioni così diverse da non riuscire ad identificarle tutte.
Questa era una di quelle volte in cui Cloud era sicuro che i ricordi
appartenessero a lui e a lui soltanto. E, forse, solo ad un'altra
persona...
***
Un gattino. Bianco, con una macchia nera sul muso, perso sotto la pioggia
o
abbandonato.
Cloud sorrise, inginocchiandosi davanti all'animaletto; presolo in
braccio,
si rialzò, proseguendo la strada per il quartiere dove si trovavano gli
alloggi delle reclute dell'esclusivo esercito privato appartenente alla
Shinra inc., cercando di riparare il gattino con la sua giacca
impermeabile.
Improvvisamente, un'idea.
Cloud girò sui tacchi e tornò indietro sui suoi passi, dirigendosi verso
il
palazzo dal quale era appena uscito, un po' di corsa.
Prese l'ascensore esterno, che portava ai piani alti, per poi scendere,
con
gli ascensori interni, un paio di livelli più in basso, dove erano
situati
gli appartamenti del personale 'in vista' della Shinra.
"Hai dimenticato qualcosa?", gli chiese il ragazzo che l'aveva
appena
sostituito nel turno di guardia, fuori dall'ufficio del Presidente; un
incarico noioso ma semplice, adatto alle giovani reclute... raccomandate.
Cloud sorrise al collega, con aria un po' complice.
"Si," rispose, continuando a sorridere "mi ero scordato di
avere un regalo
da consegnare ad un amico."
L'altro ragazzo sorrise a sua volta, facendogli cenno di proseguire.
Passò oltre, stringendosi la giacca sul petto, facendo del suo meglio per
nascondere il gattino infreddolito che teneva in braccio.
Si diresse verso l'ascensore del salone centrale, chiamandolo.
Con un certo sollievo, rimase da solo all'interno, riuscendo, nonostante
il
piccolo ospite, ad estrarre il tesserino magnetico di riconoscimento che
gli
avrebbe permesso di accedere alla sezione del palazzo dov'erano ubicati
gli
appartamenti dei dirigenti e dei Turks. E quello di Sephiroth.
'Seph...'
***
Erano passati circa due mesi, da quel giorno.
Cloud stava facendo l'inventario della fureria, un noiosissimo lavoro
'sbolognato' da un collega un poco più anziano di lui; era fatto così,
non
era capace di dire di no e, soprattutto, non voleva inimicarsi i suoi
senpai.
Desiderava che la sua vita da recluta trascorresse il più tranquilla
possibile.
Così, un po' sbuffando, stava girovagando nei bui, umidi, maleodoranti
piani
interrati del palazzo, con una cartellina portafogli stretta al petto,
cercando di prendere visione di tutte le cose che potevano esserci in
quegli
infiniti scatoloni, impilati l'uno sopra all'altro a formare stretti
quanto
claustrofobici cunicoli.
Improvvisamente, passi leggeri ed incerti, come quelli di un gatto che sta
entrando in cucina a rubare qualcosa, ruppero il silenzio che regnava nel
magazzino.
Cloud cercò con lo sguardo la persona che stava disturbando la quiete di
quel posto così tetro e intravide, alla fioca luce dei pochi neon che
tentavano di illuminarlo, il riflesso di un paio di lenti rotonde; subito
dopo, la figura snella, furtiva e quasi felina del dottor Hojo si distinse
nella lugubre penombra.
Cloud provò un immediato senso di ansia; aveva avuto modo di osservare
quell'uomo, in qualche occasione... era una persona inquietante, dai modi
gentili e melliflui e dallo sguardo diabolico; sembrava quasi circondato
da
un'aura di... soprannaturale.
Cloud sapeva che era stato lui, uno dei maggiori responsabili del progetto
'Sephiroth'; ovvero, uno degli scienziati che avevano fatto 'nascere'
l'uomo
più vicino alla perfezione...
Hojo non sembrava proprio essersi accorto della presenza di Cloud, in ogni
caso; si guardava in giro, sospettoso.
Ad un certo punto, cominciò a chiamare:
"Topolino... Topolino dispettoso... Su, vieni dallo zio... Non fare i
capricci..."
"Sta... per caso cercando qualcosa?", chiese Cloud,
esitante.
Il dottore non mostrò alcun segno di sorpresa, nell'udire la vocina di
Cloud; si girò semplicemente verso di lui, con un sorriso dolce sulle
labbra.
"Oh... sì, sì, certo...", rispose, "Per dire la verità,
sto cercando un
topolino dispettoso che, una mezz'oretta fa, è scappato dal mio
laboratorio."
"Un... topolino?!?", domandò Cloud, stupito.
"Sì... credevo che si fosse nascosto qui dentro, ma non riesco a
trovarlo..."
Cloud sbatté le palpebre, cercando di capire perché mai, con tutti
i
topolini da esperimento di cui avrebbe potuto servirsi, Hojo si sarebbe
dovuto prendere il disturbo di cercarne uno in un magazzino.
Forse l'aveva già inoculato con qualche strana sostanza, magari un virus
altamente infettivo?
Proprio mentre la mente di Cloud stava elaborando quella possibilità, i
suoi
occhi presero visione di una strana luce, proveniente da una
nicchia,
formata da alcuni scatoloni, proprio vicino ai suoi piedi.
Era un bagliore come quelli generati dagli occhi dei gatti, anzi; quelli
in
cui ora lui stava scrutando sembravano davvero gli occhi di un felino.
Solo
che, osservando meglio, si rese conto che appartenevano ad un volto umano
e
che qualcuno era accucciato nella nicchia, come se fosse stata una tana.
Non appena i suoi occhi si adattarono al buio del cantuccio, Cloud scoprì
che questo 'qualcuno' era completamente vestito di nero ed una massa
scintillante di capelli argentei ricopriva la sua figura quasi per intero.
'Sephiroth?!?'
I suoi occhi si spalancarono ma, prima che potesse emettere un solo suono,
la persona accucciata fra gli scatoloni portò un dito alle labbra, per
fargli segno ti tacere, con un'espressione tra il supplichevole e
l'inquieto
sul suo bellissimo volto.
Cloud, con una prontezza di riflessi di cui non si sapeva padrone, alzò
lo
sguardo, rivolgendosi al dottor Hojo:
"Io sto facendo l'inventario... sarà improbabile riuscire a trovare
un
topolino in un posto così grande ma... beh, se dovesse capitare, glielo
riporterei senz'altro."
Hojo inarcò un sopracciglio, facendo una risatina divertita.
"Saresti molto gentile... ma non credo che sia qui. L'avrei certo
trovato.
Lo ritrovo sempre." Con un cenno di saluto, l'inquietante dottore si
congedò, allontanandosi.
La misteriosa figura accucciata nella nicchia aspettò di udire il 'click'
della porta del magazzino, che indicava l'uscita dal gioco di Hojo; poi,
con
una mossa felina, si alzò in piedi, rizzandosi su tutta la sua statura
davanti ad un Cloud pietrificato dalla sorpresa.
Lui era lì, in piedi davanti a lui, in un paio di pantaloni di pelle ed
una
camicia di cotone nero lasciata fuori dalla cintura; alto, con gli
occhi
verdi che brillavano di luce propria, gli straordinari capelli argentei
che
gli oltrepassavano la vita, il viso perfetto dalla pelle
alabastrina...
Il suo eroe era lì, davanti a lui e gli sorrideva.
Sephiroth, in carne ed ossa...
Cloud sentiva il cuore battergli nel petto ad una velocità impressionante
e,
per qualche istante, pensò di dover morire dall'emozione.
Si sentiva un perfetto idiota, a rimanere lì con gli occhi sgranati e la
bocca aperta, senza riuscire a muoversi, né a pronunciare parola.
Ma fu Sephiroth a rompere il ghiaccio, posando entrambe le mani sulle
esili
spalle di Cloud, il quale lasciò cadere a terra la cartellina che aveva
con
sé.
"Ti ringrazio, mi hai salvato la vita!", gli disse, nel suo
tenore
cristallino. "Come ti chiami?"
"S... Signore... Cloud, Signore. Cloud Strife.", riuscì a
balbettare Cloud.
Sephiroth sollevò una mano, per sfiorare la guancia di Cloud
in una
leggerissima carezza.
"Ti ringrazio, Cloud... credo di doverti una colazione..."
"N.. No, Signore... non..."
"Domani alle nove in punto alla caffetteria del Circolo Ufficiali...
Dirò
che sei atteso. Da me, ovviamente. Ah... é un ordine."
Sephiroth si inchinò a raccogliere la cartellina di Cloud da terra,
porgendogliela.
"Domani alle nove. Ti aspetto", disse poi con un sorriso, prima
di voltargli
le spalle e correre via attraverso i corridoi semibui, come un gatto
guardingo.
Cloud rimase in piedi, immobile, cercando di realizzare quanto gli era
appena accaduto.
Il suo eroe era appena uscito dal magazzino nel quale lui stava svolgendo
un
noiosissimo incarico di inventariato, gli aveva appoggiato le mani sulle
spalle, l'aveva addirittura invitato a colazione... e Cloud si era appena
reso conto di non averlo neppure salutato.
***
Cloud non avrebbe mai potuto pensare che da quella fantomatica colazione
al
Circolo Ufficiali sarebbe potuta nascere una vera amicizia, tra lui ed il
suo eroe, l'uomo che mai avrebbe creduto di poter incontrare davvero.
Invece, era accaduto; Cloud era diventato una mezza celebrità, alla
Shin.Ra inc.
'Il ragazzino che gira con Sephiroth'. Così parlavano di lui.
'Ragazzino'... Proprio così, era solo un ingenuo ragazzino venuto a
Midgar
da una cittadina di montagna che, durante il loro primo incontro, era
stato
sul punto di morire dall'emozione, facendo la figura dell'idiota; e
Sephiroth, invece, l'aveva preso talmente in simpatia da volere cominciare
a
frequentarlo.
Cloud non si sarebbe mai aspettato nemmeno che il 'grande' Sephiroth fosse
la persona che aveva imparato a conoscere: il più potente, il più
temuto, il
più amato fra i soldier della Shin.Ra, un'autentica celebrità, si era
dimostrato una persona assolutamente... normale. Così gentile, affabile;
così innocentemente divertito dal fatto che Cloud perdesse il dono della
parola soltanto per essersi trovato di fronte a qualcuno che, per lui, era
più irraggiungibile del personaggio di un romanzo d'avventure.
Il suo eroe... quello a cui avrebbe voluto assomigliare e di cui, adesso
era
diventato un vero amico.
Il suo unico amico, forse, a parte Zack che, guarda caso, era anche il
capitano dello squadrone di cui Cloud faceva parte.
Il ragazzo inserì il suo tesserino magnetico nell'apposita fessura,
accanto
alla porta scorrevole che introduceva al piano dove si trovavano gli
appartamenti; digitò sulla tastiera, il suo codice di riconoscimento e la
porta si schiuse, lasciandolo entrare.
Cloud si ricordava molto bene cosa era stato a colpirlo di Sephiroth, a
parte il suo sorriso: gli occhi. Tristi.
Pieni di solitudine.
Aveva un disperato bisogno di amore, di riceverne, di darne.
'Sono una cavia da laboratorio, gli aveva detto una volta. 'Sono cresciuto
tra le stanze di questo palazzo e quelle della villa di Nibelheim, nei
laboratori della Shin.Ra, dove hanno tentato di fare di me l'uomo
perfetto.
E hanno fallito...'
Il ricordo della nota di profonda tristezza nella sua voce e dell'ombra di
dolore che oscurava il suo bel viso, mentre aveva pronunciato quella
frase,
gli faceva male ogni volta che ci ripensava.
Cloud si accorse di essere arrivato a destinazione; si ritrovò di fronte
alla porta dell'appartamento di Sephiroth; sentì, improvvisamente, un
tuffo
al cuore. Perché? Gli succedeva sempre, quando sapeva di doverlo
incontrare.
Eppure, ormai, tra loro due c'era un rapporto talmente confidenziale...
probabilmente, dipendeva dal fatto che lui proprio non riusciva a fare a
meno di vederlo come il suo eroe...
Spinse il pulsante blu di fianco alla porta; la spia luminosa della
piccola
telecamera nel videocitofono si accese, ma Cloud sapeva di non essere
osservato. Aspettò la voce di Sephiroth, che gli arrivò un po' distorta
dall'amplificatore: "Si?"
"Sono io." 'io'. Lo riconosceva con quella semplice sillaba,
anche
attraverso l'alterazione vocale di quel piccolo altoparlante. Gli sembrava
ancora incredibile.
I pannelli scorrevoli si aprirono, rilevando la stanza in penombra, poi si
richiusero alle sue spalle, una volta entrato.
L'appartamento di Sephiroth era disposto su due piani; l'ingresso
introduceva direttamente nel grande salone, arredato in uno stile semplice
e
lineare: anzi, quasi spoglio.
Nella stanza si trovavano un divano in pelle nera con di fronte un basso,
ma
ampio, tavolo di cristallo scevro di un qualsivoglia soprammobile; di
fronte
al divano, troneggiava un impianto home-video che avrebbe potuto fare
invidia al proprietario di una sala cinematografica. Le pareti erano
completamente rivestite da costosissimi scaffali di ebano, su cui erano
ordinatamente sistemati videodischi, vecchie videocassette, CD di musica
d'ogni tipo e, soprattutto, ogni sorta di libri, specialmente romanzi.
Sephiroth adorava leggere; aveva trascorso sui libri la maggior parte del
suo tempo libero e, una volta, aveva persino confessato a Cloud di avere
scritto un paio di raccontini; uno dei suoi sogni nel cassetto sembrava
essere quello di riuscire a farseli pubblicare, magari sotto pseudonimo...
Cloud si era intenerito moltissimo, per quella piccola confidenza.
L'unico vezzo, in quell'ampio salone spoglio, era un caminetto ad angolo
che
Sephiroth aveva voluto ad ogni costo fare installare; davanti al camino
aveva sistemato un enorme tappeto persiano sui toni del bordeaux e molti
cuscini; Cloud sapeva che era proprio lì che il suo eroe si fermava a
leggere, in compagnia di qualche bicchiere di brandy...
Sephiroth era in piedi e dava le spalle a Cloud quando il ragazzo entrò
nella stanza.
Indossava ancora i pantaloni e gli stivali di pelle nera che costituivano
parte della sua divisa abituale, con una semplice camicia di cotone bianca
lasciata sciolta, fuori dalla cintura; teneva in mano la sua katana;
probabilmente, si stava esercitando nei kata...
'Anche quando è in casa da solo...' , pensò Cloud. Quella spada la
doveva
considerare davvero un'amica d'infanzia, non se ne separava praticamente
mai... anche quando si trovava nella privacy del suo appartamento, la
teneva
sempre a portata di mano, oppure la appoggiava sul tavolo di cristallo
come
se fosse stata un prezioso ninnolo di porcellana... azione che compì,
puntualmente, non appena Cloud avanzò il primo passo nel salone. Subito
dopo
si voltò, andandogli incontro, i suoi strani occhi verdi che rifulgevano
quasi fosforescenti nella penombra che avvolgeva la stanza, muovendosi con
la grazia e la leggerezza di una pantera.
Lo raggiunse, sorridendo; poi, le sue sopracciglia si aggrottarono un po',
incupendogli leggermente l'espressione. Sollevò una mano e le nocche
delle
sue dita sfiorarono la guancia di Cloud in una carezza leggera. Lui non si
stupì, anche se un leggero brivido gli percorse la spina dorsale, al
contatto con la sua pelle fresca.
Quello era il suo modo di fare.
Sephiroth era spontaneo, quasi ingenuo, sotto certi aspetti; era cresciuto
un po' isolato dalla società, educato quasi interamente dalle letture che
avevano alleviato la sua solitudine; proprio per questo, gli mancavano la
malizia ed i pregiudizi che accomunavano la maggior parte delle persone.
Non
ci trovava nulla di strano o di sbagliato, nel dispensare questi piccoli
gesti d'affetto che sembravano mettere tanto in imbarazzo chi lo
osservava,
soprattutto quando venivano rivolti ad un'altra persona di sesso maschile,
nella fattispecie a lui, Cloud.
Era come se cercasse di imitare i modelli comportamentali della gente 'comune', non tenendo conto del fatto che, di solito, un uomo accarezza in
quel modo una bella donna, non un ragazzo.
Ma era proprio quel lato del suo carattere a piacere tanto a Cloud; il
fatto
che fosse così incredibilmente diviso tra l'impersonare il ruolo del
soldato
perfetto e l'essere un uomo così puro, colto, dotato di una ricchezza
interiore difficile ad immaginarsi.
"Che ti è successo?" Sephiroth abbassò il cappuccio della
giacca dalla testa
di Cloud, distraendolo dalle sue elucubrazioni. "Sei tutto
inzuppato...
dovresti avere più rispetto per il tuo corpo, lo sai? Esiste una cosa
chiamata 'ombrello', per quando piove."
Cloud sorrise, abbassando gli occhi, come faceva sempre dopo le paternali
del suo superiore. Aveva un atteggiamento incredibilmente protettivo nei
suoi confronti; atteggiamento che lo metteva ancora più in imbarazzo
delle
sue disinibite manifestazioni d'amicizia. Alzò lo sguardo, per incontrare
i
suoi occhi. "Ho qualcosa per te", lo informò, "Io... ho
pensato che ti
avrebbe fatto piacere."
Sephiroth lo fissò, l'espressione accigliata di poco prima sostituita da
uno
sguardo incuriosito.
Poi, un altro sorriso gli illuminò il viso; circondò le spalle di Cloud
con
un braccio. "E' meglio se vieni a scaldarti un po'", disse,
conducendo il
ragazzo verso l'angolo del grande salone dove un vivace fuocherello stava
crepitando nel camino che il Generale aveva voluto con tanta insistenza;
fece accomodare Cloud sul tappeto accanto al fuoco, in mezzo alla miriade
di
cuscini in velluto sistematici sopra.
Cloud continuava a tenere le braccia incrociate sul petto, chiudendo la
giacca quasi convulsamente.
Non sapeva perché, ma quel pomeriggio si sentiva particolarmente nervoso,
mentre osservava Sephiroth che, girato di spalle, stava versando un
bicchiere di brandy dalla bottiglia in cristallo che teneva sempre piena,
sul basso tavolino di fronte al divano. I suoi movimenti erano
incredibilmente aggraziati anche nel compiere un atto banale come
quello...
Lo sguardo della giovane recluta venne catturato da qualcosa che
scintillava
alla luce fioca del fuoco, appoggiata sullo stesso tavolino: la katana,
che
Sephiroth aveva appena posato... Per il Generale, esercitarsi con la
sua
spada era un piacere, almeno quanto leggere un buon libro seduto accanto
al
camino; e, per Cloud, era uno spettacolo osservarlo, mentre si allenava,
agile ad aggraziato come in ogni altra occupazione in cui si impegnasse.
Un flebile miagolìo riportò alla mente di Cloud il motivo per cui si
trovava
lì; Sephiroth si voltò, sbattendo le palpebre, con un'espressione
stupita
dipinta sul viso.
Il ragazzo schiuse le braccia, lasciando che il gattino facesse capolino
dalla giacca, guardandosi in giro; lo prese delicatamente con due mani,
porgendolo poi a Sephiroth, sorridendo. "Ti va di avere un nuovo
amico? Ha
bisogno di una casa."
Sephiroth si avvicinò, mantenendo la stessa espressione stupita. Si
inginocchiò davanti a Cloud e posò a terra, accanto al bordo del
tappeto, i
due bicchieri che aveva in mano. Guardò il gattino incuriosito, poi tese
le
braccia in avanti; le sue dita affusolate toccarono le mani di Cloud,
prima
di raggiungere il pelo bagnato del micino e sollevarlo nelle sue. Lo
guardò
ancora per qualche secondo; poi, se lo strinse al petto, con il viso
illuminato da un nuovo sorriso, questa volta carico di tenerezza, quasi di
commozione.
"Com' è carino!!! E' così piccolo!", esclamò, mentre il micio
cominciava a
fare le fusa, come se avesse appena ritrovato mamma gatta. Cloud sapeva
che
gli animali percepiscono i sentimenti delle persone e, se quel gattino si
sentiva così al sicuro tra le braccia di Sephiroth, era evidente che lui
non
si era sbagliato su ciò che aveva sempre letto negli occhi del Generale.
"Dove l'hai trovato?", chiese quest'ultimo, continuando a
coccolare
l'animaletto tra le sue braccia.
"Sotto la pioggia, sulla strada di casa. Qualcuno deve averlo
abbandonato."
"Oh..." Gli occhi di Sephiroth si intristirono, improvvisamente.
"Tu...
credi che io sia in grado di prendermi cura di lui?"
"Perché non dovresti?"
"Io... non..."
Sephiroth appoggiò con delicatezza il gattino sul pavimento, lasciando
che
si scrollasse di dosso l'acqua che gli inzuppava il pelo e permettendogli
di
muovere i primi, esitanti passi nella sua nuova dimora.
Cloud si tolse la giacca, così da fare asciugare i suoi vestiti umidi al
calore del fuoco. Il Generale abbassò gli occhi, voltandosi di lato di
qualche grado, in modo che il suo viso rimanesse semi-nascosto dai suoi
lunghissimi capelli platinati.
Cloud sospirò. Sapeva che, in qualche modo, la sua 'sorpresa' l'avrebbe
un
po' turbato; non immaginava, però, una simile reazione. Sephiroth
sembrava
confuso... e triste.
"Io... non posso tenerlo. Ho paura di non esserne capace... ho paura
di
potergli fare del male. Io non sono stato creato per queste cose, io...
sono
stato creato per distruggere..."
"SEPH!!!"
Il grido del ragazzo fece sussultare il Generale. Si voltò verso di lui,
una
delle sue sopracciglia arcuate sollevata in un'espressione interrogativa.
Sembrava quasi spaventato.
A Cloud dispiaceva di avere alzato la voce, ma non riusciva davvero a
sopportare quel suo modo di valutarsi... si accorse di aver chiuso le mani
a
pugno; sospirò profondamente, cercando di rilassarsi e ritrovare il suo
sorriso di poco prima. "Non essere stupido. Tutto ciò che serve a
questo
gattino è un po' di latte, pappa e tante coccole! Domani... domattina
sono
libero, faccio di nuovo il turno del pomeriggio; vado a comprare io quello
che gli serve... per questa volta. Da domani in poi, ci penserai tu...
OK?"
Sephiroth lo guardò. Gli sorrise, ma nei suoi occhi rimase un'ombra di
tristezza. Lo stava fissando, con un'intensità che lo fece arrossire.
Perché? Cloud distolse lo sguardo, allungando una mano per prendere il
bicchiere che lui gli stava porgendo. Bevve un sorso di brandy, provò ad
alzare gli occhi. Il Generale lo stava ancora fissando, da sopra al suo
bicchiere... si sentì avvampare, qualcosa di indefinibile pulsare nello
stomaco.
Il gattino, nel frattempo, si era avvicinato al camino, istintivamente
attratto dal tepore emanato dal fuoco, acciambellandosi lì accanto.
Sephiroth smise di sorridere, improvvisamente. Il suo viso divenne serio,accigliato; si alzò in piede di scatto, volgendo le spalle al suo giovane
ospite.
"Perché sei cosi... dolce, con me?", chiese, improvvisamente.
C'era una
strana vibrazione nelle sua voce, che Cloud non riuscì a definire.
Rabbia?
Dolore? Forse, un po' di tutte e due...
"Come?", domandò Cloud, sbattendo le palpebre.
Sephiroth camminò lentamente verso il tavolino al centro della stanza, i
pugni serrati, un'andatura insolitamente rigida.
"Perché... sei..." Il Generale deglutì, così forte che Cloud
riuscì a
sentirlo. "... Sei mio amico?", concluse. Stava respirando
lentamente,
profondamente, come se stesse cercando di controllare la sua rabbia. Cloud
era confuso. Non si era mai comportato a quel modo, con lui...
Sephiroth afferrò la katana dal tavolino su cui giaceva; la sollevò, la
mosse in modo da farla brillare alla luce del fuoco.
Cloud appoggiò il suo bicchiere per terra, pronto ad alzarsi in piedi;
ma,
prima che potesse muoversi, riuscendo appena a seguire la mossa fulminea
del
Generale, lo vide in piedi davanti a lui, distante soltanto quanto la
lunghezza della sua spada, la cui punta stava toccando la gola di Cloud.
Il ragazzo rimase immobile, seduto sui talloni. Non ebbe paura: era stato
tutto così improvviso che non aveva avuto nemmeno il tempo di poter
pensare
di essere in pericolo. E poi... avrebbe dovuto pensare che Sephiroth
volesse
fargli del male... che avesse intenzione di ucciderlo? Non avrebbe avuto
senso. Cloud distolse lo sguardo dalla lama puntata su di lui e guardò il
alto, fissando il suo Generale dritto negli occhi.
Lui lo studiò, il viso parzialmente coperto dai capelli, i suoi occhi
verdi
fiammeggianti, un'espressione quasi delirante che aleggiava sul bel viso
ancora più pallido del solito.
"Chi sei, tu?", chiese, con una voce definitivamente alterata
dalla tempesta
di sentimenti che si stavano agitando dentro di lui.
Le sicurezze di Cloud cominciarono a cedere. Non era più del tutto
convinto
di non aver paura.
"Chi sei?", continuò, "Perché mi stai vicino?"
"Seph..."
"Rispondimi. Su, rispondimi!!!"
"Ma... cosa ti è preso?"
"Nessuno si è mai preoccupato di me... nel modo in cui fai tu. A
nessuno è
mai importato di come mi sentissi, cosa provassi... perché a te, adesso,
dovrebbe interessare?"
"Perché... perché sei mio amico..."
Cloud si sentì stupido; gli era sembrata la risposta più ovvia, però...
lui
gli aveva appena domandato il perché, era suo amico
La katana di Sephiroth si sollevò impercettibilmente, quanto bastava
perché
la punta premesse sotto il mento del ragazzo, costringendolo ad alzare la
testa.
"No... non è vero. Anche Zack è mio amico, ma non si comporta come
te. Lui
mi tratta come un soldato, non come se... come se... come se dovesse
scoprire se anche io sono capace di comportarmi in un modo socialmente
accettabile." La rabbia era sfumata, nella sua voce, ma stava
parlando a
denti stretti, in un sussurro. "Sei anche tu... sei un altro
esperimento di Hojo? Stai lavorando per lui? E' stato lui ad ordinarti di starmi addosso,
per studiare come mi comporto?"
"Ma cosa... cosa stai dicendo?!?"
"Perché, ti sembra un'idea così assurda? Ho passato tutta la vita a
fare da
cavia per gli esperimenti della Shin.Ra! Perché mai dovrei pensare che la
tua amicizia è disinteressata? Nemmeno quella di Zack lo è, lo so bene,
lui
mi sta usando per fare carriera... E tu? Tu cosa vuoi, da me? Hojo vuole
constatare di persona se l'uomo perfetto che ha creato è capace di
intrattenere delle relazioni sociali? Per caso, si è improvvisamente
pentito
di avermi tenuto relegato in un laboratorio per metà della mia vita? Di
non
avermi mai nemmeno voluto rendermi noto il nome della donna che ha
accettato
di tenermi nel suo grembo, mia madre?"
"Seph...!"
La spada si sollevò ancora.
Cloud cercò di seguire il suo movimento, reclinando la testa
all'indietro;
nell'istante in cui si accorse che il suo cuore aveva accelerato i
battiti,
sentì il filo della lama sfiorargli la pelle della gola, leggera come una
piuma; avvertì un dolore freddo, metallico, sotto il mento e un altro
dolore, caldo e dilaniante, che esplose, da qualche parte, dentro il suo
petto. Avvertì una piccola goccia di sangue caldo percorrere la sua
strada
lungo il collo... non riusciva a capacitarsi di quello che stava
succedendo.
Non poteva accettare il fatto che Sephiroth avesse puntato la sua katana
contro di lui e lo avesse ferito, seppure così superficialmente...
trattenne
il respiro e chiuse gli occhi, mordendosi il labbro per non gridare.
Quando Cloud riaprì gli occhi, si accorse che la lama della spada si
stava
abbassando, sfiorando la sua uniforme, scendendo dal suo petto verso
l'addome, continuando la sua strada lungo la coscia destra, per poi
risalire
e proseguire sulla sinistra; il ragazzo cercò di allontanarsi,
strisciando
all'indietro sulle ginocchia... sentiva il cuore scoppiargli nel petto e
deglutì, per cercare di sciogliere il nodo che gli si stava formando il
gola.
"Non ti muovere!!!", intimò Sephiroth, quasi gridando.
Cloud sussultò, sgranando i grandi occhi color acquamarina: era così
strano
vedere il Generale in preda alla rabbia, lui che di solito era sempre
così
controllato... aveva paura; in quel momento, cominciava ad avere paura,
non
tanto di quello che avrebbe potuto fargli, quanto di ciò che Sephiroth
aveva
pensato di lui.
'Non voglio che mi odi...'
"Non devi muoverti, hai capito?", ripeté Sephiroth.
Cloud non riuscì più a sostenere il suo sguardo; avvertì le lacrime
riempirgli gli occhi e deglutì di nuovo. Non voleva mettersi a piangere
davanti a lui... non aveva idea di cosa gli stesse accadendo, ma, in quel
momento, il Generale non era il suo amico e non era più nemmeno il suo
eroe;
era, semplicemente, una persona fragile e sola, che non riusciva a fare
ordine tra i suoi pensieri e le sue emozioni.
Cloud si rese conto che un individuo come Sephiroth, in quello stato, era
pericoloso. Terribilmente pericoloso.
Improvvisamente, Sephiroth allontanò la katana; la sollevò di lato e,
abbassandola poi con violenza, la conficcò nel parquet al di sotto del
tappeto.
"Guardami."
Era vero, Cloud aveva abbassato lo sguardo; sapeva che sarebbe stato
stupido
non assecondarlo, in quel momento, ma non ce la faceva a guardare quegli
occhi; e, tutto sommato, il fatto che Sephiroth avesse lasciato la spada
gli
aveva fatto ritrovare un po' di coraggio.
Si voltò di lato, come a sottolineare la propria riluttanza ad alzare di
nuovo lo sguardo sul Generale; dopo pochi istanti, sentì la sua mano
afferrargli i capelli. Con uno strattone, lo obbligò a girarsi nuovamente
dalla sua parte ed alzare la testa.
Cloud non riuscì a trattenere un piccolo grido dolore, mentre portava la
sua
mano su quella di Sephiroth; non aveva intenzione di divincolarsi:
conosceva
fin troppo bene la sua forza e sapeva di non avere nessuna possibilità di
sfuggirgli, qualsiasi cosa avesse avuto intenzione di fargli.
"Mi... mi fai male...", provò a fargli notare, balbettando;
Cloud era
sull'orlo del pianto.
Sephiroth si inginocchiò davanti a lui, senza lasciare la presa sui
capelli. La sua espressione non sembrava per nulla addolcita.
"Ah! Vuoi che ti lasci stare?!? Allora, perché non mi rispondi? Non
stai
nemmeno cercando di negare... ne devo dedurre che ho ragione?!? L'ultima
cosa che rimane da studiare di me... Sono i miei sentimenti..."
"Ma perché... perché pensi che io possa agire in un modo tanto
squallido?"
Cloud aveva la voce strozzata da quel nodo in gola che sentiva sempre più
grande, che stava addirittura cominciando a fargli male, per lo sforzo di
trattenere le lacrime. "Perché mi stai facendo questo, che cosa...
che cosa
ti ho fatto, io?"
La mano libera di Sephiroth si sollevò e si chiuse intorno al viso
di Cloud, premendo un po' sulle guance. Finalmente, la maschera di rabbia e
freddezza si sciolse sulla faccia del Generale, lasciando il posto ad un
sorriso amaro, crudele, che gli assottigliava ancora di più lo sguardo
felino. Sembrava quasi divertito per essere riuscito a turbare così tanto
il
suo giovane amico.
"Allora... vuoi rispondermi, o devo farti male sul serio?", gli
chiese, con
il tono di voce gentile e pacato che Cloud era abituato a sentire da lui,
accompagnando però la domanda con un altro strattone ai capelli.
Cloud non ce la faceva più. La paura ed il dolore lo stavano
schiacciando.
"NO!!!", gridò, infine. "Non sto lavorando per Hojo, non
ti sto accanto per
studiarti, non voglio assolutamente nulla da te, non ho nessun secondo
fine!!! Nessuno, hai capito?!?"
Cloud chiuse gli occhi, senza neppure accorgersene; sentì le lacrime
solcargli le guance in due rivoletti bollenti. In quel modo, la tensione
che
aveva provato fino a quel momento si allentò un poco e lui riuscì a
riaprire
gli occhi, fissandoli in quelli del generale, fronteggiandolo. "Sei
soddisfatto, adesso?", azzardò.
Il viso di Sephiroth era di nuovo serio, ma senza l'espressione furiosa di
poco prima. Era diventato serio, tenebroso. Triste.
Cloud rimaneva sempre affascinato da come le emozioni si dipingevano sul
volto di Sephiroth, anche in quel momento in cui era in balìa del suo
lato
oscuro, quello con il quale non aveva ancora mai avuto a che fare...
Il Generale lo aveva ferito. Ferito a morte.
Credeva di contare qualcosa, per Sephiroth... Che avesse una diversa
considerazione di lui.
Come aveva potuto pensare che fosse un tirapiedi di Hojo? Lui? Lui, che
stava facendo di tutto per trascinarlo fuori da quel dannato laboratorio,
di
tutto per fargli conoscere qualche angolino di mondo esterno, per fargli
assaporare un po' della vita che conducono le persone... normali? Se solo
Sephiroth avesse potuto immaginare quanto contava, per lui, la loro
amicizia... quanto ci teneva, a lui... no, non avrebbe potuto. Non avrebbe
potuto capire...
L'immagine del Generale risultò improvvisamente sfocata, agli occhi di
Cloud; erano le lacrime, le lacrime che non riusciva a fermare, che, al
contrario, continuavano a salirgli agli occhi, impietosamente.
Le mani di Sephiroth allentarono la presa e si mossero, per appoggiarsi
delicatamente ai lati del viso del ragazzo, che gli afferrò i polsi,
d'istinto: aveva paura di quello che avrebbe potuto fargli. Non riusciva
più
a capire a cosa stesse pensando, non capiva se avesse creduto o meno a
quello che gli aveva detto o anche solo se era stato in grado di capirlo,
nello stato in cui si trovava.
Forse, in quel momento, non era neppure nelle condizioni di comprendere
bene
ciò che lui stesso stava dicendo... Era come se il suo alter ego avesse
preso il sopravvento sull'uomo che Cloud conosceva... Era quello, il
Sephiroth che aveva permesso alla Shin.Ra di conquistare l'egemonia su
tutto
il globo? Era quello ciò che diventava, quando assolveva i suoi doveri di
super-soldato?
Sephiroth rimase così per qualche istante, tenendo il viso di Cloud tra
le
mani, non curandosi della stretta spasmodica delle dita intorno ai suoi
polsi. Poi, lentamente, i suoi pollici cominciarono a muoversi su e giù,
accarezzando leggermente le guance del ragazzo, quanto bastava per
asciugargli le lacrime.
Cloud non sapeva se sentirsi sollevato o preoccuparsi... Sapeva soltanto
che
il suo cuore aveva saltato un battito, quanto quelle dita affusolate
avevano
iniziato il loro movimento ipnotizzante. E rimase letteralmente senza
fiato,
quando le mani di Sephiroth scesero sul suo collo, lasciando che i pollici
tracciassero la linea delle giugulari, fino a sfiorargli i lobi delle
orecchie.
Cloud strinse ancora di più i polsi del Generale, mentre veniva scosso da
una serie di lievi brividi.
Le mani di Sephiroth si abbassarono ancora, seguendo la linea delle sue
spalle e non sembravano più così leggere come quando erano appoggiate
sulle
sue guance... Quando raggiunsero la pelle nuda delle braccia, Cloud
sentì
lo stomaco chiudersi in una morsa.
Che cosa stava facendo? Continuava a non capirlo... non che non fosse
abituato ad essere toccato da Sephiroth, ma in quel modo... non era la
maniera in cui lo faceva di solito, non c'entrava nulla con i suoi ingenui
gesti d'affetto.
Cloud non capiva più nulla.
Era terribilmente confuso.
Lasciò andare i polsi di Sephiroth, abbassò le braccia, permettendogli
così
di continuare ad accarezzarle... non sapeva bene perché l'aveva fatto...
sicuramente perché aveva paura di contraddirlo, visto che sembrava
essersi
calmato un po'; o, forse, perché il contatto fisico con lui lo metteva in
stato confusionale ogni volta...
Non ci aveva mai fatto caso, fino ad allora... quando Sephiroth lo
toccava,
anche solo quando gli si avvicinava, Cloud si irrigidiva ed il suo cuore
accelerava i battiti; all'inizio, pensava fosse a causa dell'emozione,
quella che si prova quando ci si avvicina ad una persona che si considera
una specie di eroe, un idolo, qualcuno a cui si pensa come ad una leggenda
vivente... in quel momento, però, si rese conto che non si trattava di
quel
genere di emozione. Era qualcosa di diverso... qualcosa che Cloud non
aveva
mai voluto affrontare, a cui aveva sempre cercato di non pesare troppo...
'Adesso, mentre lui mi accarezza in questo modo... Io...'
Le mani di Sephiroth risalirono lungo le sue braccia, oltrepassarono le
spalle, cominciarono a scendere sul suo petto; le mani di Cloud erano
gelide, lui era come pietrificato: anche se avesse voluto muoversi, non
sarebbe riuscito a spostarsi di un solo centimetro. Avrebbe voluto
gridare,
ma non ne aveva il coraggio. Temeva che Sephiroth avesse potuto perdere il
controllo, che gli facesse ancora del male... e non lo avrebbe sopportato.
Le mani del Generale erano scese sui fianchi di Cloud, si muovevano lungo
le
sue cosce... il ragazzo inspirò profondamente e chiuse di nuovo gli
occhi,
imponendosi di rimanere immobile.
Sephiroth continuò ad accarezzarlo, ripercorrendo il tragitto dalle
ginocchia di Cloud alle sue spalle, lentamente, non distogliendo lo
sguardo
da quello confuso e spaventato del suo giovane amico, dalla cui gola
sfuggì
un singhiozzo: non erano più lacrime silenziose, stava piangendo sul
serio,
come un bambino...
A Cloud sembrò di essere tornato improvvisamente piccolo, quando, durante
i
temporali notturni, in estate, si rannicchiava nel suo letto sotto la
coperta, convinto che i tuoni ed i lampi fossero frutto della collera di
un
dragone affamato che si nutriva di bambini, secondo le favole che gli
raccontava la nonna...
Rimanendo inginocchiato con le mani appoggiate alle spalle di Cloud,
Sephiroth si mosse, girandogli intorno e fermandosi dietro di lui; Cloud
percepiva il suo respiro, udiva i propri singhiozzi echeggiare nel
silenzio
della stanza, sentiva il fuoco crepitare nel camino... era come se i suoi
sensi si fossero improvvisamente amplificati... percepì l'odore del legno
bruciato, il profumo del brandy nel bicchiere appoggiato sul pavimento, la
fragranza di Sephiroth, che ricordava tanto l'incenso...
Le mani del Generale stavano scendendo lungo la sua schiena, leggermente
chiuse a conca, in modo che le unghie graffiassero delicatamente la pelle
sotto la camicia della divisa di Cloud; lui si sentì avvampare come
quando,
poco prima, Sephiroth lo stava fissando, sorseggiando il suo vino;
un'altra
sequenza di brividi percorse le linee tracciategli dalle dita del
Generale,
questa volta facendolo tremare, violentemente.
Poi, quelle mani gli scivolarono intorno alla vita e si risollevarono,
rimanendogli incollate al torace.
'Seph...'
Cloud non sapeva se fosse l'effetto della pioggia che gli aveva inumidito
i
vestiti, o quello del freddo, che lo aveva pervaso quando Sephiroth aveva
cominciato a toccarlo, ma... seguendo il tragitto delle sue mani sul
proprio
corpo, si accorse di avere i capezzoli inturgiditi, perfettamente visibili
sotto alla trama leggera della camicia. I suoi occhi si spalancarono,
quando
le dita di Sephiroth cominciarono ad accarezzarli dolcemente;
immediatamente, gli afferrò di nuovo i polsi, per cercare di fermarlo, ma
si
accorse di essere troppo sconvolto per averne la forza. O forse... troppo
intrappolato dai suoi stessi sensi.
"S... Seph?!?", riuscì a dire, con un filo di voce.
Cloud era terrorizzato.
Letteralmente.
Non più da quello che stava facendo Sephiroth, o che avrebbe potuto
fargli,
ma, piuttosto, da quello che stava provando lui: i brividi, il viso che
scottava, lo stomaco che pulsava, il suo respiro sempre più corto, sempre
più leggero... non era colpa dei vestiti bagnati...
'Io... certo, è l'imbarazzo, la sorpresa, ma... no, no, NO!!! Ho paura,
davvero... però... però...'
Cloud si odiò, in quegli attimi; gli piaceva la sensazione delle mani di
Sephiroth sul suo corpo, gli piacevano le sue carezze... anche se
detestava
il fatto che lo stesse accarezzando proprio in quel momento, in
quell'occasione, dopo aver pensato che Hojo lo stesse usando per qualche
improbabile test sociologico... Come se fosse una punizione. Come se
dovesse
essere qualcosa di sporco, di sbagliato...
"Basta!!!", gridò Cloud, riuscendo, in qualche modo, a trovare
il fiato.
Stava piangendo senza ritegno. "No... per favore..."
Cominciò a divincolarsi ma, prima ancora di potersene rendere conto, le
braccia di Sephiroth si erano incrociate sul suo petto, stringendolo
contro
di lui e, dopo pochi attimi, Cloud sentì il calore del suo corpo contro
al
proprio, mentre lo sosteneva in un tenero abbraccio.
La voce del Generale non era che un sussurro, quando gli parlò:
"Stai
tremando... mi dispiace... non volevo spaventarti."
A Cloud sembrò di dover svenire da un attimo all'altro. Non voleva
spaventarlo?!?
"A... allora...", cercò di parlare, ma stava tremando così
forte da riuscire
soltanto a balbettare. "Allora... pe... perché mi... mi hai..."
Non riuscì a finire; non si era mai sentito così sconvolto in tutta la
sua
vita.
"Scusami...", sussurrò Sephiroth, mentre cominciava a muoversi
piano, con un
lento dondolìo, come se volesse cullarlo. "Non intendevo farti del
male,
davvero... scusa, scusa..." Il suo viso affondò nei capelli di Cloud.
"Lo
vedi... non riesco a controllare i miei impulsi negativi... metto in
pericolo anche le persone a cui tengo di più... distruggere... sembra
essere
l'unico istinto che predomina, in me... e sono riuscito solo a
spaventarti,
anche quando, invece, la mia intenzione era chiederti scusa... come vuoi
che
riesca a prendermi cura di quel gattino, a farlo crescere?!? Che cosa
penseresti di me, se un giorno lo trovassi ridotto a pezzi dalla mia
katana,
o morto di fame, che cosa... che cosa pensi di me, ora, dopo che ti ho
trattato in questo modo... orribile?!?"
Cloud provò una fitta al cuore. Era la voce di Sephiroth, ora, ad essere
incrinata dal pianto.
Lui.
Il grande Generale.
Piangeva...
Cloud non fece nemmeno in tempo a sentirsi sollevato dal fatto che
Sephiroth
sembrava essere improvvisamente tornato in sé; era ancora più sconvolto
per
averlo udito parlare così, nel sentire la sua voce alterata in quel modo,
i
suoi singhiozzi soffocati tra i capelli. non sapeva cosa fare. Non sapeva
cosa dirgli.
'Perché? Perché sta accadendo tutto questo?'
Spehiroth sollevò un braccio, asciugò le lacrime di Cloud con il dorso
della
mano. "Ti prego.", mormorò, "Ti prego, non piangere
più." Passò le dita tra
i capelli biondi del ragazzo, dove prima li aveva strattonati con
violenza;
poi, nello stesso punto, appoggiò le labbra, leggerissime.
Le braccia di Sephiroth si strinsero con forza attorno a Cloud e lui si
accorse di non tremare più, ma non riusciva a smettere di piangere: era
lacerato, distrutto; il suo Generale l'aveva rivoltato come un guanto,
mettendo a nudo la sua anima, rivelandogli ogni cosa di se stesso, anche
quelle che non aveva ancora mai visto. forse, perché aveva avuto troppa
paura di guardare.
"Non posso.", disse Cloud in un gemito. "Mi dispiace. e
poi. stai piangendo
anche tu. anche tu."
Sephiroth continuò a cullarlo, rimanendo in silenzio; Cloud sapeva bene
che
era il suo Generale quello tra loro due che stava soffrendo di più, in
quell'istante. avrebbe voluto girarsi, gettargli le braccia al collo e
abbracciarlo forte, più forte di quanto lo stesse stringendo lui, dirgli
che
si sbagliava, che era una persona meravigliosa e non il mostro che pensava
di essere; che aveva solo bisogno di un po' di fiducia in se stesso, di un
po' d'amore.
'Ma ho paura. ho paura che ogni mia parola possa peggiorare il suo stato
d'animo. e poi. e poi. ho paura di quello che potrebbe succedere dopo, se
gli
aprissi il mio cuore a quel modo.'
Le labbra di Sephiroth cominciarono a posare piccoli baci tra le chiome
dorate di Cloud; di nuovo, brividi leggeri gli percorsero la schiena.
"Seph. Che cosa stai facendo?!? Perché.?", chiese il ragazzo,
con la voce
più ferma che riuscì a trovare.
"Non lo so.", rispose il Generale, senza fermarsi.
"Desideravo farlo da
tanto tempo. Ogni volta che siamo insieme, sento il bisogno di starti più
vicino che posso, mi viene voglia di toccarti, di abbracciarti."
Cloud arrossì al punto di sentirsi andare a fuoco. "Perché?",
chiese,
ingenuamente, rendendosi conto subito dopo dell'inutilità della domanda e
sentendosi irrimediabilmente stupido.
Le braccia di Sephiroth si strinsero ancora un po' di più intorno a lui;
lo
sentì sospirare profondamente, mentre gli appoggiava il mento sulla
spalla,
in modo che una guancia riposasse contro quella di Cloud, che riuscì
appena
ad udire le sue parole, quando sussurrò: "Ti voglio bene,
Cloud."
Per qualche secondo, Cloud non riuscì più a pensare. Rimase immobile, in
silenzio, con gli occhi spalancati. Poi, posò le mani su quelle del
Generale, facendo in modo di allacciare le dita con le sue; appoggiò il
viso
contro il suo, chiudendo gli occhi.
"Anch'io ti voglio bene, scemo."
"No. non è come pensi tu. non. come ad un amico. Oh, dannazione, non
lo so.
Io. non è che abbia bene presente cosa si provi per un amico, non ne ho
mai
avuti. prima di conoscere Zack e te. Ma, con te. è diverso, non è lo
stesso
che con Zack."
"Questo è ovvio. Io non sono Zack."
"Non intendevo questo."
Sephiroth liberò le mani da quelle di Cloud, si passò un braccio del
ragazzo
intorno alle spalle, fece scivolare il suo sotto le ginocchia dell'amico e
si alzò in piedi, sollevandolo tra le braccia come se fosse stato un
fuscello; camminò verso il divano dove lo depositò gentilmente. Poi,
inginocchiatosi, iniziò a sciogliere i lacci degli anfibi di Cloud.
"Hey. che stai facendo?!?", protestò il ragazzo,
imbarazzatissimo. Lui
sorrise, asciugandosi dal viso tracce delle lacrime di poco prima.
"Stai tranquillo. Voglio solo toglierti le scarpe. non ho mica
intenzione di
spogliarti.", rassicurò Sephiroth, che sembrava avere già ritrovato
la sua
sottile vena ironica; Cloud, però, non riuscì a rispondere al suo
sorriso.
Era terrorizzato da quello che stava accadendo tra di loro, anche se non
poteva certo dire che gli dispiacesse. lo lasciò fare, mentre gli sfilava
uno stivale, delicatamente, come se avesse avuto paura di fargli male.
"Scusa, Seph, ti ho interrotto. mi stavi dicendo qualcosa?"
Sephiroth abbassò gli occhi e cominciò a lavorare sui lacci dell'altro
stivale; il sorriso di poco prima scomparve, lentamente.
"Tu. tu hai una ragazza, che ti aspetta da qualche parte?",
domandò, all'improvviso. Le sopracciglia di Cloud si sollevarono, interrogative.
"No."
"Sei. innamorato di qualcuna?"
'Innamorato?'
Cloud sentì il suo cuore mancare un battito, a quella domanda. Un viso
gli
si fece strada nei ricordi, portandogli un sorriso dolce sulle labbra
rosate.
"Non credo. c'è una ragazza molto speciale, per me. Una mia amica d'infanzia. che mi piace molto. E' bella e piena di vita, quasi tutti i
ragazzi che la conoscono hanno una cotta per lei. ma non saprei dirti se
ne
sono davvero innamorato."
"Penso che ne avrei sofferto, se fosse stato così."
Il cuore di Cloud ricominciò a battere all'impazzata, a
quell'affermazione;
non riusciva a comprendere a pieno il significato delle ultime parole di
Sephiroth, ma gli avevano fatto immensamente piacere.
Il Generale sfilò l'altro stivale, poi, da sotto uno dei cuscini del
divano
preso una coperta, che drappeggiò sulle spalle del ragazzo; si sedette
accanto a lui, sollevò una mano e gli prese il mento tra due dita,
sollevandolo, scrutando, preoccupato, il piccolissimo taglio che lui
stesso
gli aveva procurato poco prima.
"Cloud. avrei potuto farti del male oggi, lo sai? Voglio dire. non so
se sia
un bene che tu continui a frequentarmi. Se solo avessi premuto un po' di
più
quella lama sotto alla tua gola, adesso, tu."
"Ma non l'hai fatto, Seph. Non l'hai fatto. Non hai perso il
controllo,
giusto? Io. io non sopporto di sapere che pensi a te stesso come ad una
specie di mostro. tu non sei così, è ora che cominci a rendertene conto.
Perché, se continuerai a credere di non essere altro che un bambino nato
per
fare da cavia a Hojo, allora, prima o poi, ti ridurrai davvero ad essere
solo quello e ti perderai, Seph."
"Cloud."
Cloud sentì nuovamente le lacrime affiorargli agli occhi. Che cosa voleva
dirgli? Voleva forse cercare di allontanarlo da lui?
'Non capisco più nulla.'
"Perché? Perché, poco fa, mi ha detto che soffriresti a sapermi
innamorato
di qualcuno? Ti prego, Seph. mi stai confondendo, cerca di farmi capire,
parlami!!! Credevo avessi un po' più di fiducia, in me!!!"
Sephiroth continuava a tenere il mento di Cloud sollevato,
guardandolo
negli occhi: nei suoi, c'era una tristezza infinita.
"Cloud. io ho paura. Ho paura di poterti fare del male. Ho paura di
volerti bene. Perché, se poi dovessi perderti, ne soffrirei troppo. Ho paura di
dirti quello che provo per te, perché temo che tu potresti scappare via,
che
mi disprezzeresti. e' vero, ci sarei rimasto male, se tu mi avessi detto
di
essere innamorato, perché tu sei speciale, per me. Ed io, vorrei esserlo
per
te, ma, maledizione, Cloud, sei poco più di un bambino! Che diritto ho,
io,
di rovinarti la vita?"
Man mano che parlava, Sephiroth si era avvicinato sempre più a Cloud, che
si
era raggomitolato in un angolo, contro la spalliera del divano; i loro
nasi
quasi si toccavano.
Cloud si rese conto di aver affondato le dita nelle spalle di Sephiroth,
stringendole convulsamente. Era sicuro che il suo cuore stesse per
fermarsi.
"Che cosa vuoi dire, Seph?!?", chiese, genuinamente confuso.
Avrebbe voluto
scappare da quella situazione. ma, se avesse cercato di divincolarsi in
qual
momento, avrebbe certamente ferito i sentimenti del suo Generale... ed era
l'ultima cosa che voleva.
'Sto morendo di paura.'
Il pollice di Sephiroth accarezzò dolcemente le labbra di Cloud, che
rabbrividì, chiudendo gli occhi, istintivamente; sentì il sangue
abbandonare
i distretti più remoti del suo corpo per confluire in un unico punto e si
rese conto che, qualunque cosa fosse successa, lui, ormai, desiderava
soltanto rimanere lì con il suo Generale, loro due soli; voleva che gli
parlasse, che lo abbracciasse. voleva che lui.
La voce di Sephiroth arrivò alle orecchie di Cloud soffocata da
un'emozione
che il ragazzo non riuscì a definire.
"Cloud. Mi lasceresti.?"
Senza rispondere a quella mezza domanda, Cloud allentò la pressione delle
dita sulle spalle di Sephiroth e lasciò scivolare le mani più indietro,
facendole appoggiare sulle sue scapole; lo strinse forte a sé e sospirò
profondamente, nell'istante in cui le loro labbra si toccarono.
Il suo primo, dolcissimo bacio.
Un bacio che rivelava tutto quello che non erano mai stati in grado di
dire,
nemmeno a loro stessi.
Non c'era più bisogno di parole, non era necessaria nessuna cervellotica
spiegazione.
Forse, nessuno di loro due aveva ancora compreso in pieno i sentimenti che
provavano l'uno per l'altro, ma quel contatto così intimo ne era
testimone.
Quando si separarono, Sephiroth cercò gli occhi di Cloud, li catturò con
lo
sguardo, come se volesse leggergli dentro.
Cloud stava tremando.
"Stai bene?", chiese il Generale, preoccupato.
Il ragazzo sorrise, dolcemente.
"Sto sempre bene, quando sono con te."
Sephiroth abbracciò il suo piccolo amico, stringendolo talmente forte da
fargli quasi male.
"Domani, io e te andremo a fare un po' di shopping."
"Davvero?"
"Si, qualche spesa per quel gattino. Se lo devo adottare, mi sembra
il
minimo."
"Hai deciso."
"Se tu credi che sia in grado di crescerlo. Se tu hai avuto fiducia
in me,
non ti deluderò."
"So che no lo farai, Seph."
"Ti va di mangiare qualcosa con me?"
Cloud annuì, sorridendo.
"Bene, allora. stenditi un po' e riposati, ti ho fatto passare un
brutto
quarto d'ora. Io torno subito."
Cloud obbedì, sdraiandosi sul divano e chiudendo gli occhi.
Rimase così, rannicchiato nella coperta in cui Sephiroth l'aveva avvolto,
ascoltando i suoi passi mentre si allontanava; lo sentì armeggiare nella
piccola cucina, separata dal salone da un paravento di bambù.
Si sentiva stanco. tanto stanco, come se avesse appena finito una delle
lezioni di spada con Zack, il suo capitano. Zack... Che personaggio.
L'unico
ad essere stato in grado di avvicinare il grande Generale e farselo
amico... Con il viso di Zack impresso nella mente, Cloud scivolò nel
sonno,
esausto.
***
Quando riaprì gli occhi, Cloud non si trovava più sul divano in pelle
nera
nel salotto dell'appartamento di Sephiroth.
Era in una graziosa stanza di una piccola locanda; mise a fuoco le travi
a
vista del soffitto in legno, prima di realizzare che era sdraiato in un
letto; c'era poca luce proveniente dall'esterno, doveva essere quasi sera;
qualcuno gli stava stringendo la mano, accarezzandogli i capelli.
Tifa.
Sentiva il suo profumo.
"Cloud... Cloud!!!"
Cloud si voltò, lentamente. Tifa era inginocchiata ai piedi del
letto, con
un'espressione angosciata sul viso.
Lui le sorrise.
"Sto bene... Sto bene, Tifa.", cercò di rassicurarla.
Lei scosse la testa. "No. Non credo proprio. Vincent ti ha trovato
svenuto,
accanto alla finestra. E' stato lui a portarti a letto... Oh, Cloud, che
ti
è successo?!? Un altro di quei flashback?!? Credevo che fosse tutto
finito,
una volta ricordato Zack e tutto il resto!"
'Tutto il resto?'
Cloud si accorse che non erano soli. C'era Vincent, seduto ai piedi del
letto; le sue iridi rosse lo scrutavano, accese da un bagliore di
preoccupazione che le rendeva ancora più brillanti, simili a due rubini
incastonati nell'avorio. Cloud sapeva bene a cos'era dovuto quel bagliore
che faceva rifulgere gli occhi come gemme, fino a rendere i suoi simili a
due grandi acquemarine e quelli di Vincent a due preziosi rubini: Mako
Energy. La stessa, misteriosa sostanza che rendeva i capelli lucenti come
fili di seta, la stessa sostanza che sembrava propagarsi attraverso i
tessuti fino a riempire ogni singolo poro dell'epidermide, rendendo la
pelle
perfetta e levigata, simile a quella di una bambola. La stessa sostanza
capace, al tempo stesso, di migliorare all'estremo le facoltà
psico-fisiche
di un individuo come di distruggerlo... La stessa sostanza che, combinata
con le cellule di Jenova, aveva avvelenato la mente di Sephiroth fino a
farlo impazzire...
Cid era in piedi accanto a Vincent, una mano appoggiata sulla sua spalla;
a
Cloud venne quasi da sorridere. Era certo che ci fosse qualcosa di strano,
tra quei due. Ad ogni modo, anche Cid aveva lo stesso sguardo preoccupato,
mentre lo osservava; non stava neppure fumando...
'Dovrei sentirmi onorato...'
Non era stato un sogno. Neppure un ricordo di Zack... Era un suo ricordo,
stava ricordando il passato... Quello vero. Quello dove lui e Sephiroth,
effettivamente, non erano amici, né compagni d'armi, né allievo a
maestro...
ma tutto quello e molto, molto di più.
Era un passato di cui Cloud si era dimenticato, che aveva voluto scordare
perché troppo, troppo doloroso; un passato che non era abbastanza
forte daaffrontare.
'Non sono mai stato forte... ho sempre avuto bisogno di qualcuno che mi
proteggesse... prima la mamma, dopo Zack, infine... Sephiroth...'
Sephiroth... l'uomo che Cloud avrebbe dovuto distruggere... Lo stesso
Sephiroth che lo abbracciava, che rideva con lui, che gli insegnava ad
usare
la spada... lo stesso Sephiroth che aveva ferito Zack e Tifa, che aveva
ucciso sua madre, che aveva dato alle fiamme Nibelheim... che voleva
distruggere tutto quanto.
Tifa non aveva neppure idea di cosa avesse significato, per Cloud,
ricordare
'tutto il resto'; non poteva capire. E lui non se la sentiva di
raccontarle
la verità, l'avrebbe ferita troppo... Sapeva che gli voleva bene, in un
modoche, forse, non sarebbe mai riuscito a ricambiare.
Ma, a modo suo, l'amava anche lui; e non gli piaceva vederla così seria
ed
accigliata. Si meritava un po' di considerazione, dopo tutto.
Cloud si sforzò di mettersi a sedere sul letto, di sorridere, di
ricacciareindietro le lacrime, di ingoiare tutto il dolore che lo stava lacerando;cercò di convincersi che, in fondo, andava tutto bene perché, durante
quell'avventura assurda, aveva incontrato tante persone meravigliose che
lo stavano aiutando ad affrontare quella sua vita, tanto difficile...
Così, si chinò su Tifa e la strinse in un abbraccio affettuoso,
baciandola
sulla guancia; lei rispose all'abbraccio dopo pochi attimi di esitazione,
un
po' sorpresa. Lui si lasciò andare nelle sue braccia, appoggiandole il
viso
sulla spalla, con un lungo sospiro.
Il letto si mosse leggermente, mentre Vincent si alzava in piedi,
silenzioso
come al solito. "Noi vi lasciamo soli", informò Cid,
"Andiamo a tentare di
cenare... Vediamo se riesco a curare questo qui dalla sua anoressia
latente.
Vi porterò su qualcosa, d'accordo?"
"Grazie, Cid." Cloud alzò un po' gli occhi, per guardare in
faccia il biondo
pilota; quest'ultimo aveva un sorriso complice dipinto sul viso e... un
braccio intorno alla vita di Vincent, mentre lo conduceva fuori dalla
stanza.
I due ragazzi continuarono a rimanere abbracciati; nella stanza, ormai, si
era fatto buio.
Cloud si sentiva bene, accanto a Tifa; lei aveva un carattere allegro,
ottimista, gli trasmetteva tanta positività.
E lo amava...
Non sapeva se il suo amore gli avrebbe dato il coraggio sufficiente ad
affrontare quello che lo aspettava... E sapeva che, comunque, non avrebbe
potuto mai guarire le sue ferite; ma Cloud cercò di pensare soltanto alla
sensazione di calore che Tifa riusciva a trasmettergli, a quanto la sua
vicinanza riuscisse a renderlo sicuro e determinato... determinato a
proteggerla... prima di crollare, addormentato, nel suo amorevole
abbraccio.
'Non mi dimenticherò mai di quella sera in cui pioveva... né di te, Seph...
qualunque cosa accada... qualunque cosa accada.'
- fine -
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