Vi
dico subito che, se fossi in voi, io non la leggerei...Ad ogni modo, se volete
comunque cimentarvi, ecco un paio di suggerimenti per uscirne vivi: il titolo
non ha nulla a che fare con la canzone di Vasco Rossi, è un POW di Rukawa e,
soprattutto, i dialoghi andranno letti da destra a sinistra (capirete il perchè,
ed anche quando torneranno alla normalità...O almeno lo spero!).
Chiedo
scusa ai personaggi per essermi appropriata di loro, per effettuare questa
interpretazione distorta di fanfic...Comunque, non sono miei ;__;!
Per
Ria, Calipso, Nausicaa ed Hanako. Prometto che cercherò di ristabilire il mio
equilibrio mentale...
Rewind di
Dream
Mi
chiedo cosa proveranno nel porre la parola fine, con il mio atto, a questa
storia. Mi piacerebbe saperlo, lo ammetto: cosa potranno pensare gli altri
di me? Mi disprezzeranno? Mi odieranno ancora più di quanto non facciano
ora?
Oh,
so che mi detestano! Non lo dicono, ma io lo so comunque....Non che mi
questo mi angusti eccessivamente, ad ogni modo: è la minore delle mie preoccupazioni.
Forse
invece potrebbero rimanerci semplicemente stupiti! In fondo, credo proprio
che li sorprenderò compiendo un simile atto: qualcosa che nessuno si
aspetterebbe da uno come me, poichè si tratterebbe di un gesto che
implica il provare dei sentimenti...Probabilmente mi rivaluteranno!
Sono
passati sei mesi ormai: non è un tempo più che sufficiente perchè, a
parer loro, io possa dimenticare? Come mi hanno sempre considerato, del
resto? Freddo, insensibile, menefreghista. Non c'è da essere reticenti
nel credere, quindi, che pensino che io abbia già scordato l'accaduto da
tempo!
Non
posso non notare la loro ostilità, poichè era palese anche prima che ciò
avvenisse: erano tutti convinti che io non fossi la persona giusta per
lui, che non sarebbe funzionata tra noi. Avevano tentato di dissuaderlo,
di indurlo a non impegnarsi con me, dal momento che reputavano che io non
lo considerassi importante, che stessi con lui solo perchè avessi bisogno
di stare con qualcuno...Non perchè avessi bisogno di lui. Credevano
che...Che non lo amassi, che sarei stato in grado di fargli solamente del
male, con il mio carattere glaciale. Ne erano convinti, e il loro zelo li
spingeva a metterlo in guardia, a cercare di fare ciò che ritenevano il
suo bene. Volevano aprirgli gli occhi...Credevano forse di avermi
compreso, ne erano davvero convinti?
Ma
perchè biasimarli? Loro non sapevano...Non sanno tuttora quanto noi siamo
stati felici. Felicità...Ma è la parola giusta? Come si può descrivere
a parole qualcosa che non vuole essere confinato nei loro limiti? Era di
più...Era la sua voce che mormorava sulla mia pelle, riscaldandola con il
suo fiato caldo, nelle notti d'inverno...Le risate che era in grado di far
scaturire dalle mie labbra e che mi sollevavano il cuore...La fermezza
delle sue braccia attorno al mio corpo...La luce dei suoi occhi, quando
gli sorridevo: erano così profondi, così carichi di dolcezza. Non facevo
altro che ricercare il suo sguardo e sfuggirlo al contempo: mi faceva
sentire troppo bene.
Felicità?
Ma troppa felicità non può equivalere forse a troppo dolore? La passione
non può bruciarti l'anima più dell'odio? Non avevo mai provato prima
tanta serenità e tormento al contempo...E non vi avrei rinunciato, perchè
nemmeno ero mai stato così bene!
Io
lo amavo, è questa la sola verità che dia un senso a tutto questo. La
sola verità che meriti di essere detta...E lui la sapeva. Senza dubbio
doveva sapere di essere stato l'unico verso cui mi fossi permesso di
provare qualcosa che avrei invece dovuto temere.
L'amore...Può
far male. Può annientarti e privarti della forza di difenderti, più di
come qualsiasi altro sentimento possa fare. E' l'unico in grado di
distruggerti...Ed io avrei dovuto pensarci prima. Prima di ridurmi in
questo stato!
Ma
ormai è tardi, troppo tardi per provare a dimenticare, cosa che tutti
pensano che io abbia già fatto: per me ci può essere solo lui...Ci sarà
sempre e solo lui! Non voglio altro amore nella mia vita, non voglio e non
posso accettare nessun'altro accanto a me. Non voglio...Proseguire senza
di lui, perchè sento di non meritare di essere, se non assieme a
lui.
Non
sopporto la solitudine, non più dopo aver compreso cosa voglia dire
sentire la sua risata nel mio appartamento vuoto! Ora il silenzio fa male
più di una pugnalata al petto, perchè sono in costante attesa di udire
la sua voce...
Quanto
sono irrazionale! Formulo sogni e speranze che so essere impossibili,
inattuabili...Eppure dovrei accettarlo, dovrei rassegnarmi dinnanzi al
fatto che lui...Lui non potrà mai più trarmi dai miei pensieri cupi, o
salvarmi dalla tristezza, come una volta faceva.
Che
lui non c'è più.
In
fondo, hanno davvero torto ad accusarmi? No, io stesso mi rendo conto che
non sbagliano di certo. Se riuscissi a convincermi, a credere che parlino
a vanvera semplicemente per sfogare su qualcuno il proprio dolore, le loro
chiacchiere non mi farebbero così male. Eppure mi feriscono...Perchè non
posso non ammettere che hanno ragione.
Ed
ormai è passato già molto tempo. Mi pare un'eternità, ma è solo un
lunghissimo attimo quello che mi separa da lui: per tutti io ora avrei già
dovuto gettarmi l'accaduto alle spalle, senza alcun rimorso, ed andare
avanti.
E'
questo che si aspettano da me e dal mio modo di essere. Questo che si
attendono da uno come Kaede Rukawa...Forse per biasimarmi ancora di più,
per sgravarsi dal loro dolore ed assommarlo al mio. So quanto faccia bene
avere qualcuno da incolpare!
Scusatemi
tanto! Temo che vi deluderò. Ho tentato, ho provato a lottare...Forse lui
avrebbe voluto che lo facessi, lui che tanto apprezzava la mia grinta. Ma
a che serve la volontà se non vi è più nulla che valga la pena di
essere raggiunto? Se tutto perde di valore, raffrontato a quanto ho
perduto? Credevo di essere forte...Ma lui
era diventato la mia forza, ormai.
Chissà
che penserete di me! Sono curioso, lo ammetto...Ma è inutile chiedermelo.
Non ci sarò più per poterlo sapere.
Ho
sopportato tutto. Il disprezzo, l'astio, l'isolamento ancora più
profondo...Ma non posso tollerare questo! Non posso sostenere una semplice
e tagliente frase
"E'
stata tutta colpa tua!"
Perchè
è stata veramente colpa mia.
Avevo
preso da tempo la decisione di farla finita, ma senza mai fissare una data
precisa. Molto probabilmente stavo solo attendendo di arrivare al limite
per sentire la mia anima a tal punto tesa di sofferenza ed angoscia, da
accogliere la morte come una liberazione, una benedizione offertami dal
cielo.
Cessare
di esistere, di torturarmi, di soffrire...In fondo, non avrei fatto altro
che portare a termine un'opera iniziata ormai sei mesi fa.
Non
lo sanno, ma io sono già morto.
Con
lui.
Che
senso ha sperare, continuare a lottare, soffrire e battermi per essere
felice...Quando so con certezza lacerante che lui non c'è più, che non
potrà esserci mai più accanto a me? Che lentamente dalla mia mente
svanirà il ricordo di quella sfumatura nocciola che esisteva solo nei
suoi occhi? Che la mia bocca perderà l'inconfondibile ricordo del suo
sapore? Che risvegliandomi dal sonno non lo ritroverò al mio fianco, dopo
le pallide illusioni avute con quelle visioni oniriche in cui lui si trova
invece sempre lì, con me...Perchè è quello il suo posto. Posto che non
occuperà mai più: ciò che sognerò non sarà altro che una proiezione
dei miei desideri. Mi prenderà in giro per non avverarsi mai.
Ormai
sono certo di aver perduto per sempre la mia capacità di provare amore.
Non
accetto di vivere sapendo che scomparirà da me! Non accetto di vivere
sapendo che non lo riavrò mai più, che quel poco che abbiamo trascorso
è stato tutto quello che il destino poteva offrirci, che tutto è finito,
per noi e per me! Non accetto di vivere senza vivere. Non posso accettare
di vivere senza la mia vita, senza Hanamichi Sakuragi.
Ed
ancor meno posso sopportarlo sapendo che...Io sono stato la cagione di
tutto, che ho rovinato consapevolmente quanto avrebbe potuto esserci e che
non mi è possibile far nulla per cercare di cambiare le cose.
Mi
auguro quasi che Dio mi abbia riservato la giusta punizione, dovunque io
andrò a finire...Perchè è giusto che paghi. Ma...Sapete, nonostante
tutto continuo a pregare. Sono un cretino, lo so, ma non riesco ad
evitarmi di supplicare, di invocare con disperazione chiunque voglia
starmi a sentire, chiedendo di poterlo avere di nuovo. Di potermi fondere
ancora una volta al suo corpo e non lasciarlo mai andare!
Ed
è stata colpa mia.
Questa
frase mi ha lacerato dentro.
Sono
entrato in casa, chiudendo con accuratezza la porta alle mie spalle e
gettando il cappotto sul divano con un gesto stanco. Senza nemmeno
accendere la luce, mi sono avvicinato nella penombra alla segreteria
telefonica, notando la spia accesa di un verde luminoso. Ho premuto il
pulsante...Per venire stordito da una marea di accuse accavallate l'una
dietro l'altra.
Ho
riconosciuto la voce: è sua madre.
Fino
ad ora non si era mai messa in contatto con me. La sua totale assenza di
reazioni mi aveva anche preoccupato: nessun cenno di rabbia, pietà,
solidarietà, astio. Non mi aveva mai cercato, a partire da quel
giorno...Quasi mi avesse rimosso dalla sua mente. Forse stava tentando
semplicemente di eliminarmi dalla sua vita, di scordare l'immagine di quel
bastardo che l'aveva privata del suo unico figlio, di tutto ciò che le
rimaneva...Probabilmente senza sapere che lui era anche tutto ciò che
rimaneva a me.
Comunque,
non mi aveva accettato nemmeno prima. Non aveva mai approvato la nostra
relazione, pur avendo sempre taciuto i suoi veri pensieri per riguardo
verso Hana. Nei suoi occhi, nelle rare volte in cui ci incontravamo, vi si
rifletteva della disapprovazione, dell'astio...Della preoccupazione,
anche! Chissà...Forse aveva già previsto tutto! Probabilmente, con
l'intuito proprio delle madri, aveva intuito in anticipo cosa gli avrei
fatto, aveva capito che razza di persona io sia.
Ed
ora eccola qui, a sferrarmi il colpo finale. Evidentemente il dolore e la
rabbia hanno avuto il sopravvento: ha dovuto darne sfogo per non venirne
soffocata. E su chi liberarsi, se non sull'unico vero colpevole?
"Bastardo.
Maledetto insensiibile. Mostro. Stronzo. Figlio di puttana."
Me
ne frego di tutto...Questi insulti non hanno nessuna importanza per me,
non mi toccano.
Ma
una cosa è sufficiente ad abbattermi, a spogliarmi dell'ultimo residuo di
voglia di vivere che mi è rimasta ed a cui, per forza d'inerzia, continuo
ad aggrapparmi.
"Assassino!
E' STATA TUTTA COLPA TUA!! Perchè? Perchè tu sei qui, e lui
invece...Lui, dov'è? Dimmelo, PUOI DIRMELO?! Con che diritto me l'hai
tolto? Lui doveva vivere, doveva essere felice! Lui...Hanamichi...Maledetto!!
L'HAI UCCISO, te ne rendi conto?!"
Sì,
me ne rendo conto perfettamente. Tuttavia non ha sbagliato a ricordarmelo,
rammentandomi cosa devo fare.
La
spia della segreteria diviene rossa, la registrazione si interrompe, ma io
non vi bado: ho ascoltato ciò che bastava.
Mi
avvicino alla finestra del mio appartamento al sesto piano. In silenzio,
cercando di non far rumore, per non spezzare l'atmosfera di ineluttabilità
che sembra permeare ogni cosa, scosto le tendine e la apro, venendo
investito dalla fredda brezza notturna.
Chiudo
gli occhi e prendo un profondo respiro.
Quando
li riapro, sono ormai determinato. Ancora avvolto dal buio, con calma mi
sporgo e fisso il vuoto sotto di me, le luci artificiali delle auto che
scorrono, le vetrine variopinte e quasi grottesche. Avverto al contempo il
cicaleccio spoglio dei passanti indaffarati che ritornano dal lavoro o che
forse si recano a divertirsi da qualche parte: la chiassosa felicità di
mille vite così egualmente diverse, a cui io però non posso più
accedere. Non posso, e nemmeno voglio farlo. Perchè dovrei? Ormai ho già
oltrepassato il punto da cui avrei potuto tornare indietro...Ora la vita
per me è solo una parola vuota che non può darmi più niente.
Una
folata di brezza mi scompiglia i capelli corvini mentre mi isso sul
davanzale e continuo a fissare tranquillamente il buio, che si apre sotto
di me come un manto confortevole.
Penso
a lui. Voglio che sia lui
l'ultima immagine che la mia mente evocherà.
Mi
stai disprezzando, Hana? Penserai che mi sono arreso? E tu, tu allora?!
Che hai fatto, che mi hai fatto?
Hai forse chiesto, prima di compiere un gesto che, lo sapevi, avrebbe
annientato anche me? Come hai potuto essere così egoista? Ed io, io come
ho potuto dirti ciò a cui non credevo minimamente? Come ho potuto ferirti
consapevolmente? Ho sbagliato...Ma non avresti dovuto lasciarmi...Non
avresti dovuto, dannazione!! Come puoi avermi regalato la gioia, per poi
privarmene così crudelmente?! Perchè hai preso il mio cuore solo per
dilaniarmelo?! Guardami, guardami ora! Cosa ne hai fatto di me?!
E,
nonostante tutto, penso a te mentre mi sbilancio lentamente, lasciandomi
catturare dall'ignoto senza alcuna resistenza...A te, mentre mi stacco
dalla finestra e mi abbandono completamente alla caduta con un sospiro di
sollievo, senza un grido, senza un'invocazione...Mentre vedo il suolo
farsi sempre più vicino, davanti ai miei occhi che vogliono fronteggiare
senza chiudersi la fine del mio essere....Mentre mi arrendo totalmente,
consapevole che non avrei potuto fare null'altro.
Penso
a te mentre una lacrima, la mia ultima lacrima, sfugge al mio controllo e
si perde nel vento, assieme a tutto il mio dolore.
Prego
di poterti ritrovare, ovunque tu sia...Di poter supplicare il tuo perdono,
di poterti confidare tutto ciò che ti ho sempre celato...Di poterti amare
ancora, di non perdere mai ciò che hai saputo donarmi.
Sai
ciò che vorrei? Vorrei urlare al mondo che ti amo più di quanto io sia
in grado di amare. Vorrei che qualcuno mi spiegasse come questo possa
essere possibile...E come mai sia successo proprio a me.
Se
solo le cose fossero andate diversamente! Se solo mi si fosse potuta
concedere un'altra possibilità...
All'altezza
del primo piano il mio cuore si ferma, congelando in un istante il mondo
che mi circonda: per un attimo rimango bloccato nella realtà immobile.
Poi,
repentinamente, la pellicola della vita riparte ed io vengo catapultato
verso l'alto. Mi poso di nuovo sul davanzale, ad osservare il vuoto sotto
di me, scendo all'interno del mio appartamento e richiudo la finestra,
accostando le tendine. Ascolto per la seconda volta quel messaggio
maledetto che mi ha portato alla risoluzione definitiva di morire, finchè
non premo il pulsante della segreteria e la spia, da rossa che era,
ritorna verde.
Esco
da casa mia, non prima però che la giubba non sia ritornata
ubbidientemente a posarsi dal divano sul mio braccio, chiudo la porta, in
realtà aprendola, e tento con mano tremante di sfilare la chiave della
serratura. Procedendo a ritroso attraverso il corridoio e mi infilo
nell'ascensore, il quale inizia a scendere. Giunto al pianoterra premo il
pulsante del sesto piano, le ante si aprono ed io ne emergo per uscire
all'esterno dell'edificio.
Davanti
all'ingresso del mio condominio recupero da un cestino delle immondizie un
pacchetto di sigarette. Una cicca si solleva da terra e, mentre aspiro
boccate di fumo, la cenere che si trovava al suolo si risolleva sino a
giungere ad essa per ricomporla gradualmente: alla fine è di nuovo
perfettamente integra. La infilo con noncuranza nel pacco e faccio lo
stesso con altri sei filtri, prima di riporre in tasca il loro
contenitore.
Una
volta non fumavo, ed avrei preso a pugni chiunque mi avrebbe suggerito di
farlo: avrebbe potuto compromettere la mia carriera di sportivo. Ora non
mi interessa. Se devo essere sincero, non mi interessa più di nulla.
Dopo
una breve sosta, mi allontano da qui procedendo lungo il marciapiede.
Cammino
all'indietro.
E'
veramente strano procedere all'indietro. Mi stupisco tuttora di non
cadere, e temo sempre di poter andare a sbattere!
Continuo
a chiedermi che cosa stia succedendo, dove io sia finito, che senso abbia
la situazione che io sto vivendo. Non so, tuttavia, se e quando mi
verranno fornite delle risposte.
Sono
morto? No, non lo sono. Dal momento che penso, probabilmente vivo ancora,
sempre che questa possa definirsi vita. Sto semplicemente ripercorrendo il
mio passato, ripetendo a ritroso la mia esistenza senza poter interferire
con gli eventi. Posso definirmi in un modo un po' crudo come una mente
imprigionata in un corpo, il mio, che torna ad effettuare ciò che ho già
compiuto in passato, semplicemente partendo dal termine anzichè dal
principio.
Dentro
di me cerco di divincolarmi, di liberarmi e porre fine a questa realtà
assurda, ma non ho nessun potere. Sono totalmente impossibilitato ad
interagire con il mio essere esterno, che continua a ripetere frasi da me
già dette ed azioni da me già fatte senza essere minimamente influenzato
da ciò che io sto pensando, da come vorrei comportarmi in realtà.
Mi
sento in gabbia, incatenato nella prigione di ciò che sono stato,
racchiuso in un involucro a cui non sono più in grado di comandare, da
cui non riesco a farmi obbedire.
Urlo
di rabbia, di paura e di frustrazione...Di dolore, anche. Ma non serve a
nulla! Non riesco a lacerare
questi invisibili e taglienti fili che mi costringono ad una situazione di
inutile passività.
Posso
solo limitarmi ad osservare impotente la mia vita che scorre a ritroso
riavvolgendosi come la pellicola di un film.
Tuttavia
mi è concesso di riflettere, anche se questa azione non può influenzare
la mia realtà eterna. Non me la sento di gioirne, però, visto che
pensare per me ora equivale a soffrire.
Che
senso ha la mia posizione? O mi si dia la capacità di comandare sul mio
corpo, oppure mi si tolga il senno!
Io
sto morendo lentamente, dilaniato da un dolore raddoppiato: quello che la
mia mente prova, assommato a quello da cui il mio essere esteriore è
oppresso. Non potrò reggere a lungo, rivivendo lucidamente la sofferenza
di questi mesi orribili! Non ce la faccio!! Come potrò tollerare un tale
inferno, le angosce che mi hanno portato al rifiuto verso la mia
esistenza, alla nausea verso il futuro?
Chissà...Forse
questo è davvero l'inferno!
Se
così fosse, allora dovrei ripercorrere tutto ciò per l'eternità,
scontando la sofferenza che ho dato ad Hanamichi, quella che ho causato a
tutti? Oppure sarò semplicemente costretto a giungere sino a un punto
preciso della mia esistenza trascorsa...Al mio sbaglio più grande,
all'errore più tremendo? Tremo, di fronte a questa eventualità, perchè
so perfettamente di cosa sto parlando.
No!!
Non voglio, non voglio assolutamente!
Eppure
non posso far nulla, nemmeno tentare di suicidarmi di nuovo.
Dall'alba
al tramonto, durante queste notti interminabili in cui il mio corpo non
riesce a dormire, osservo la mia stanza riverso fra le lenzuola. Posso
guardare solo ciò che il me stesso di una volta fissava, poichè
ovviamente non sono in grado di dirigere il mio sguardo, concentrandolo su
ciò che vorrei.
Spesso
i miei occhi semplicemente sono rivolti al soffitto. Immobili, sbarrati,
vuoti. Ricordo ancora ciò a cui pensavo...Non facevo altro che rivivere
il mio dolore, esacerbandolo all'infinito, riflettendo su come avrei
dovuto comportarmi, cosa avrei potuto fare. Se avessi agito diversamente,
lui avrebbe potuto essere con me! Non l'avrei privato della vita, non
avrebbe sofferto, non avrei sofferto! Spesso gli avevo fatto del male,
spesso avevo taciuto tante cose pensando che non valesse la pena
rivelargliele...Ed invece lui se n'era andato senza saperle, senza che io
gli avessi mai confessato ciò che ora reputo importante.
E
se non si fosse reso conto di quanto io lo amassi? Se avesse pensato che
davvero io non tenessi a lui? Perchè, perchè tanto spesso avevo
risparmiato sulle parole, sui gesti d'affetto?! Perchè tentavo sempre di
nascondere il mio amore, di far sì che lui non se ne rendesse conto?! Non
mi curavo di dirgli quanto lo desiderassi, di prestargli attenzioni,
tenerezze...
Mi
ripetevo sempre: "Domani, domani e domani...".
Pensavo
che sarei cambiato, senza rendermi conto che da me per primo avrebbe
dovuto partire il mio cambiamento, che io
avrei dovuto prendere da me la decisione di allontanarmi da
quell'atteggiamento chiuso che mi faceva sentire protetto, ma che era
solamente puro egoismo verso di lui.
Lo
amavo! Perchè mi era così difficile dimostrarglielo? Perchè solo ora
che l'ho perso, capisco cosa avrei dovuto fare?! Ora che è troppo tardi!
Oh, voglio morire...Perchè non mi lasciate morire, perchè non mi
spogliate della capacità di rendermi conto dei miei errori?!
Come
avrei potuto sapere che non ci sarebbe stato nessun domani?
E
se...Hanamichi se ne fosse andato andato odiandomi?
Non
stento a credere a questa possibilità, non stento a credere a nulla di ciò
a cui invece non vorrei prestar fede.
Talvolta
i miei occhi si soffermano su altri oggetti...E fa ancora più male, perchè
ogni cosa ricorda lui e me! In tutto è rimasto parte di noi, in tutto
posso rivedere lui...Impazzirò, impazzirò di esasperazione!
Il
pupazzo di volpe che mi aveva regalato a San Valentino, affermando che
persino una palla di pelo era più espansiva di me. Ed io glielo avevo
ficcato in bocca...
Quella
mensola storta a cui lui una volta si era appeso, con l'inevitabile
conseguenza di farla franare assieme a tutta la collezione dei miei CD
musicali. Devo ammettere, però, che aveva saputo farsi perdonare, la
notte seguente!
Il
contratto! Eccolo lì, appeso ed incorniciato di fronte al nostro letto.
"Così
dovrai per forza ricordartene, kitsune!"
Posso
tuttora recitarlo a memoria: "La sottoscritta baka kitsune si impegna
a non degnare di uno sguardo qualsiasi individuo (porcospini compresi) che
non sia il Tensai, a non sorridere ad alcuno che non sia lui, a prendere a
cazzotti chiunque mostri anche solo l'intenzione di sfiorarlo."
Ovviamente
io non l'avevo firmato...Che idiozie da asilo nido! Nonostante ciò, però,
l'ho sempre rispettato...
Il
me stesso al mio esterno non piange. Ha ormai esaurito tutte le sue
lacrime, è semplicemente un involucro di gesso colmo di rassegnazione.
Non muta espressione nemmeno di fronte alla foto che Mitsui ci aveva
scattato durante un'uscita collettiva al mare. Io naturalmente tentavo di
divincolarmi, perchè non amo essere fotografato, e quello stupido idiota
mi tratteneva per la vita, abbrancandomi nonostante le gomitate che gli
sferravo alle costole!
Quanto
lo avevo insultato, quel giorno, Senza nemmeno rifletterci!
Ed
ora darei il mio sangue per potergli di nuovo dire anche solo "Do'aho."
Raramente
però passo la notte in casa. Assai più spesso ingoio il mio vomito, per
poi uscire e trascorrerla ad ubriacarmi in un bar.
Solitamente
provoco una rissa. Non importa con chi, e nemmeno è necessario che il
motivo sia logico. Non mi interessa quando mi colpiscono, anche se il mio
fisico esterno ne soffre, perchè perlomeno il dolore che il mio corpo
sente sembra la sola cosa in grado di confermarmi che esisto ancora.
E'
veramente singolare vedere i miei lividi scomparire man mano che vengo
colpito, finchè la mia pelle non ridiviene candida ed immacolata ed io mi
preparo per la lotta, dopo aver provocato un gruppo di teppisti.
Quindi
entro totalmente ubriaco in un pub dove ricevo il denaro del conto, mi
siedo in un angolo appartato e rigurgito del liquore in un bicchiere per
poi farlo rifluire nella bottiglia che lentamente si riempie.
E'
pazzesco...Senza di lui mi sembra di non avere più nessuno scopo.
Non
gioco a basket da quando sono stato allontanato dalla squadra. Fa troppo
male tenere in mano un pallone, allenarmi sentendo la sua presenza accanto
a me, prepararmi a passargli la palla...Per poi ricordarmi che lui non c'è.
Allora
mi blocco, fissando il vuoto in cui dovrebbe trovarsi, da cui dovrebbero
provenire i suoi insulti, le sue proclamazioni di superiorità nei miei
confronti. E giunge la rabbia accecante, l'incapacità di accettare che mi
abbia lasciato solo, che io non possa far nulla per riportarlo a me, che
non possa far nulla per risentire le sue prese in giro, i suoi pugni, le
sue carezze! Soprattutto quando gioco sento
la sua presenza...Sento il suo profumo, la mia pelle avverte la sua
vicinanza...Ma è un'illusione.
E
non riesco a tollerare la sua effettiva mancanza!
Osservo
la gente, le altre coppie che entrano ed escono da questo bar in cui
lascio liberamente vagare la mia mente prigioniera in una beffa crudele,
in una vita che si ripete senza che io possa in alcun modo modificarla.
Ormai ho terminato di lottare, sono immobile ed inerte dentro di me...Ma
non cesso di interrogarmi, di chiedermi: perchè?
Uomini,
donne felici. Come mai io non posso essere fra loro? Perchè a me non è
concesso? Chi sono io, cos'ho di dissimile? Perchè il destino si è
accanito su di me?
Ecco,
ricordo questo momento! Subito la porta si aprirà e ne entreranno Sendoh
e Koshino.
Non
mi sono sbagliato. Anche loro, camminando a ritroso come dei burattini
manovrati da fili invisibili, ricevono dal cassiere i soldi con cui hanno
pagato le consumazioni. Si siedono senza notarmi dall'altro lato della
sala, ed io posso solo stringere con violenza il bicchiere fino a farmi
sbiancare la mano, odiando loro che possono essere sereni ed odiando
ancora più me stesso per questo mio astio egoistico.
Talvolta,
mentre me ne sto chiuso nel mio appartamento, immerso nel buio, odo il
campanello suonare insistentemente, accompagnato dalle suppliche di alcuni
miei amici, suoi amici, che mi pregano di farli entrare, di potermi
parlare, che mi ripetono che non è colpa mia.
Già,
non tutti mi odiano, a quanto pare. Questa è la voce di Ayako...Ora
invece si tratta di Mitsui e Kogure.
Tuttavia
dopo un po' tutti si allontanano con l'intenzione di venirmi a trovare e
con la speranza di potermi parlare, senza che io abbia loro aperto...Del
resto, anche se volessi, non potrei interagire con gli altri. Questo è il
mio passato: non posso mutare ciò che ho già fatto e che sto solo
rivivendo.
Ma
è inutile, non sono certo loro le persone con cui vorrei dialogare io
ora. E' una sola la persona da cui io abbia mai voluto discorrere, l'unica
che abbia udito sul serio i discorsi della mia anima.
Credo
di essere veramente ridicolo! Immaginatevi la pateticità della
situazione: qualche volta sento la mia stessa voce fuoriuscire spezzando
il silenzio, spinta da una puerile immaginazione, dalla speranza che lui
mi possa sentire! Cosa spero? So benissimo che Hana non è qui...Eppure
emetto comunque frasi rivolte a lui!
Proposizioni
che terminano con il loro inizio, come ogni mia azione in questo presente
privo di significato, in cui sono imprigionato dentro me stesso.
Esco
dalla stanza in cui ho parlato con Anzai, quindi sono di nuovo l'ala
piccola dello Shohoku. Il coach mi ha appena chiesto di allontanarmi dalla
squadra per un po', di prendermi una pausa di riflessione: non può farmi
bene rivedere ogni giorno dei posti in cui tutto mi ricorda lui.
Ma
è inutile, ogni cosa, ogni parola, ogni gesto mi rammenta lui! L'ho già
detto, credo. Scusatemi se vi opprimo in questo modo, mi rendo conto che
il dolore altrui è ripetitivo...Forse vi sembro davvero melodrammatico!
E' così? Perdonate la mia amarezza...Del resto, non è un mio desiderio
trovarmi qui, rivivere questa lacerazione, questa costante trafittura al
cuore. Non l'ho chiesto io! Non è per mia volontà che vi opprimo con la
mia novella sentimentalità, la quale incredibilmente è un'esperienza
nuova anche per me! Che ci crediate o no, non vi pare buffo che io sia
diventato sdolcinato ora che non ho più la persona con cui essere
mieloso? Il do'aho direbbe che sono decisamente a scoppio ritardato!
Il
do'aho...
Forse
ha ragione il mister. Non può che farmi male...Rivedere costantemente gli
spogliatoi, luoghi in cui ci scambiavamo sguardi in segreto, colmi di
promesse, di attesa e desiderio. E' qui che ci siamo dati il nostro primo
bacio!
Il
suo viso arrossato, gli occhi serrati...Le carezze leggere delle sue dita
e del suo respiro sul mio volto...Le parole sussurrate e prive di significato,
troppo colme di qualcosa che era talmente forte da farci tremare e
sostenere l'uno all'altro.
Però,
non può che farmi male anche la vista dei corridoi scolastici, della
nostra stanza, dell'armadio con i suoi vestiti, che talvolta indosso per
un eccesso incontrollabile di nostalgia. Mi trapassa il petto osservare il
suo spazzolino da denti, inutilizzato da mesi...Il dentifricio
rigorosamente alla banana, le ciabatte assurdamente arancio acceso, i
fiori sul davanzale, il barattolo di Nutella...
Non
esiste modo per ripararmi da ciò che sento. O devo imparare a conviverci,
e sento di non essere in grado di riuscirci...O devo fuggirne. Ma non mi
è permesso.
L'allenatore
mi ha anche detto che giocare a basket non vuol dire combattere il proprio
dolore riversando negli incontri l'astio e la frustrazione.
Chissà
se anche Anzai mi considera il responsabile di questa situazione? Se anche
lui mi odia? Ma è meglio questo, piuttosto che la pietà. Non sopporto di
poter suscitare compassione!! Preferisco l'astio, ad essa! Non voglio
occhiate preoccupate ed ansiose, non voglio che si cerchi di aiutarmi, di
offrirmi un sostegno di cui io non ho bisogno!! Voglio rimanere solo con
il mio dolore, con la mia rabbia! Solo, con ciò che ho meritato di
provare...
Mi
dirigo di nuovo in campo fra i miei compagni, vivendo l'inusuale
spettacolo della palla che dopo un paio di rimbalzi si risolleva e passa
attraverso la funicella e l'anello, per andarsi poi a posare nella mia
mano che si ritrae dalla schiacciata appena effettuata. Il mio corpo torna
a posarsi a terra, pronto al salto verso il canestro, ed inizia a correre
a ritroso slalomando senza difficoltà fra gli altri e palleggiando con
forza.
Mi
alleno in modo massacrante, con gli occhi colmi di fuoco e di furore.
Anche ora il campo da basket rimane l'unico luogo in cui sfogarmi per la
consapevolezza che dovrò vivere forse per sempre privo di speranze.
Il
dolore si fa più acuto e pungente in ogni giorno che trascorre, dal
tramonto all'alba.
Anche
prima era altrettanto potente, tuttavia il mio me stesso esterno non
riusciva più a provarlo in totalità. Ne era rimasto talmente annichilito
ormai, da perdere perfino la capacità di sentire la sofferenza! Essa era
semplicemente diventata parte di lui: aveva smesso di combatterla, se ne
lasciava invadere senza tentare di contrastarla.
Ma
ora, di minuto in minuto, diviene più vivida, più pungolante: è un
flagello a cui vorrebbe ribellarsi, mentre la colpa è una sensazione che
non vorrebbe addossarsi, che non vorrebbe accettare.
Ricordo
benissimo queste sensazioni, questo dolore...E ricordandolo lo vivo due
volte.
Di
notte mi rigiro fra le coperte, fredde e prive del calore del suo
corpo.
Rammento
la prima volta in cui abbiamo fatto l'amore...La mia paura, la decisione
di offrirmi a lui...Il suo respiro irregolare sul mio collo, le sue gambe
intrecciate alle mie...La lenta dolcezza dei movimenti e le labbra gonfie
di baci...Le parole dolcissime sussurrate sul mio cuore...
"Ti
amo, Kaede...Non ti lascerò mai, non lasciarmi mai..."
Le
lacrime si sollevano dal cuscino per posarsi sul mio viso. Scorrono a
ritroso, imbrattando le mie guance pallide, per poi filtrare fra le ciglia
scure e perdersi scomparendo nei miei occhi. Stringo i denti, tento di
dominarmi, ma...Perchè mi hai mentito in questo modo?!
Eri
semplicemente crudele...O ero io totalmente ingenuo?
Mi
sveglio, anche se dovrei dire che mi addormento, e mi alzo dal letto con
il vestito nero sgualcito: non mi sono nemmeno curato di toglierlo!
Barcollo
e mi dirigo verso un armadio, dal quale estraggo una scatoletta in cui
ripongo le pillole di sonnifero che dalla bocca faccio cadere in mano.
Mi
lascio accasciare contro il muro e affondo il viso fra le braccia,
raggomitolandomi tutto e mordendomi le labbra per soffocare i singulti che
mi salgono alle labbra, tentando di ignorare il dolore che provocano le
mie mani ferite.
Non
devo piangere: è stupido, ed io non devo dar loro questa soddisfazione!
Era questo che volevano oggi: cibarsi del mio dolore, saziarsi della mia
sofferenza per dimenticare la loro! Annegare nell'odio la vendetta. Non
glielo posso permettere, non sopporto che altri vedano la mia fragilità!
Nessuno deve conoscerla, oltre a lui!
A
nessuno concederò ciò che ho rivelato a te, Hanamichi. Te lo giuro...Si
tratti anche solo di un'espressione del viso! E che pensino pure che sono
insensibile, che non ho provato nulla per te...Non mi importa: tu lo sai, devi
sapere cosa sento! Se fossi qui, mi comprenderesti senza bisogno di
parole.
Ora
però mi rialzo e sfogo tutto il mio dolore, risanando le mani scorticate
mentre scaglio pugni contro la porta d'ingresso e cerco di non versare una
sola lacrima.
Sono
patetico...Se mi vedesse il Do'aho, direbbe che dovrei stare attento,
perchè a forza di piangere potrei morire disidratato! Mi chiederebbe cosa
mi stia capitando, come mai continui a singhiozzare come un rubinetto
guasto...Affermerebbe che non è da me questa debolezza, e poi
scherzerebbe sull'aggravamento della malattia che mi attribuiva, il
"disfacimento cerebrale avanzato", cercando di farmi
sorridere.
Risento
la sua voce sarcastica dentro di me: è incisa nella mia mente.
Esco
dal mio appartamento e mi reco ai funerali di Hanamichi. Non mi curo degli
sguardi d'odio, dei mormorii accusatori. Il mio sguardo freddo trapassa
tutto senza vedere, obbligando gli occhi ad abbassarsi, mettendo a tacere
le malignità che però puntualmente rinascono alle mie spalle, non appena
mi volto.
La
terra si risolleva dalla fossa scura in cui viene gettata, ed io posso
rivedere la bara dove dovrebbe trovarsi il corpo di colui che amo.
Non
riesco a crederci, semplicemente non posso pensare che lui sia lì, privo
di vita...Che la sua risata si sia spenta per sempre, che il suo corpo sia
immobile e freddo...Che non lo rivedrò mai più, che lui ormai è
cancellato, svanito da questo mondo! E che lo è per ciò che io gli ho
detto, per il modo in cui l'ho ferito e gli ho fatto credere che lui non
fosse importante per me.
Vorrei
urlare, gridare il mio dolore...Vorrei toglierlo da lì dentro e
abbracciarlo, cullarlo e chiedergli di aprire gli occhi per ridere di me!
Vorrei impazzire e gridargli il mio odio per avermi lasciato solo ad
affrontare il mondo, quando avevamo stabilito di abbatterlo assieme!
Vorrei
raggiungerlo...
Un
giglio rosato si risolleva dalla fossa in cui io l'avevo gettato e si posa
di nuovo nella mia mano. Osservo questo fiore con occhi vacui e
spenti...E' stato ora che per la prima volta ho pensato: voglio
morire.
Apro
gli occhi senza capire. Rimango inerte in modo quasi innaturale, fissando
un volto i cui contorni sono sfocati e che quindi non riesco ad
identificare. Tuttavia, lentamente, la mia mente si snebbia in modo
graduale ed io riinizio a prendere contatto con la realtà e con il mondo
che mi circonda.
Sono
in camera mia, disteso sul letto. Mito mi osserva con uno sguardo vuoto ed
arrossato, stringendo tuttavia i pugni con forza. Per un tempo
relativamente lungo rimaniamo immobili a fissarci, poi lui mi aiuta ad
alzarmi, mi sostiene e mi forza a deglutire due pasticche di
tranquillanti, tenendomi ed impedendomi di divincolarmi.
Mi
stende a terra, cui ero stato gettato da un suo pugno...Ora iniziamo a
picchiarci, e lui cerca di stordirmi per potermi calmare.
Dentro
di me posso solo limitarmi ad osservare con amarezza e un velo di sarcasmo
la mia reazione quasi teatrale, dopo averlo saputo: sono come impazzito,
in preda ad un violento attacco di isteria...I soprammobili rotti si
ricompongono fra le mie mani che con violenza li posano di nuovo al loro
posto. I libri che avevo scaraventato a terra con una manata si
risollevano magicamente per poi sistemarsi sugli scaffali. Le sedie si
rialzano. Scompaiono i graffi che mi ero procurato, mentre le unghie
scorrono a ritroso sulla mia pelle.
Le
mie urla strazianti e rabbiose rieccheggiano nel vuoto della mia
anima...Non riesco a tollerare questa sofferenza al petto: per un momento
ho la sensazione di morire e ne sono quasi grato...Vorrei piangere, ma i
miei occhi rimangono impietosamente asciutti, mentre vengo dilaniato e
torturato dalla consapevolezza di essere rimasto solo, di aver perso
tutto, di non avere più un senso. Di non avere più lui, di non poter più
pensare a noi.
Ora
Mito si limita ad osservarmi in un silenzio quasi religioso, forse
spaventato e intimorito, rispettando il mio legittimo sfogo. Si forza a
rimanere calmo, a non lasciarsi andare, cercando di trovare in sè una
tenacia che io invece non proverò mai il desiderio di scovare.
Improvvisamente
mi immobilizzo: nella stanza cade una calma surreale, in totale contrasto
con l'atmosfera rabbiosa e disperata di prima.
Sono
incredulo, mi rifiuto di
capire, di accettare cosa mi abbia detto. Non può essere vero...Non può
avermi lasciato!
"!questo
fatto avermi può Non"
"...rassegnarci
dobbiamo noi Tutti .accettarlo Devi .purtroppo, vero E'"
Lo
strattono con violenza, afferrandolo per il colletto della camicia: lui
non oppone resistenza.
"!possibile
è Non !credo ci Non !vero è non che Dimmi"
".noi
tutti lasciato Ha .più c'è Non...Ormai"
Mi
premo le mani sulle orecchie, in un puerile tentativo, di cui ora mi
vergogno, di fuggire la realtà.
"!può
Non !solo lasciato avermi può Non"
"!invece,
così E'"
"!mentendo
Stai !mai farebbe lo non Hana !morto essere può Non !divertente è non e,
scherzo stupido uno E'"
Una
stilettata al cuore.
".Stanotte
.suicidato è Si"
"!Parla"
Già
presagivo la disgrazia. L'avevo già intuita, leggendola nel suo sguardo.
"...è
si Lui...Lui"
"!dimmi,
Avanti ?successo è Cosa"
".Hanamichi
Riguarda...cosa una dirti Devo"
".Nh"
".Rukawa
Ciao"
Ora
Yohei mi fissa in silenzio, cercando dentro di sè il coraggio di dirmi la
verità, ben consapevole che la sua notizia ucciderà anche me esattamente
come è morto Hana. Tuttavia si rende conto che devo sapere, e vuole
essere lui a dirmelo, non uno che lo farà cercando di ferirmi.
Adesso
io, per ora, ignoro tutto. O meglio, dovrei
ignorare tutto: Yohei non immagina di certo che nel corpo di fronte a lui
vi sia racchiusa un'anima estranea, che questo presente per me non sia
altro che un passato orribile, un incubo che avevo cercato di fuggire
togliendomi la vita.
Non
dovrei ancora conoscere la sofferenza vera: ora dovrebbe attendere, in
celata in un angolo buio, di ghermirmi in completezza.
Hanamichi
è morto, ed io dovrei essere tuttora convinto che lui sia vivo...In un
certo senso forse lo è.
Mito
si allontana ed esce dal mio appartamento, mentre ciò che sono stato
chiude la porta e fa ritorno al divano su cui era raggomitolato,
crogiolandosi nella possibilità di telefonare ad Hanamichi per sapere se
sia ancora arrabbiato con lui. Chiedendosi se non sia il caso di mettere
da parte la testardaggine e cercarlo, per udire la sua voce e la sua
risata, per calmare in qualche modo l'ira ed il senso di colpa.
Suona
il campanello con insistenza, poi i passi di Yohei si allontanano
perdendosi nel corridoio.
Ecco:
siamo giunti al giorno fatidico, quello dello sbaglio più grande, delle
poche parole che sono bastate a rovinare due vite, del trionfo
dell'orgoglio!
Dentro
di me mi sono ridotto a supplicare...Non mi riconoscete più? Se vi può
consolare, mi unisco a voi.
Ti
prego, smettila! Chiunque lo faccia, fermati, per favore! Lo so di aver
sbagliato, non ti sembra che io abbia sofferto abbastanza?! Cosa vuoi in
cambio, cosa pretendi? La mia anima? Prendila, ma lasciami morire,
lasciami scomparire!! Non sopporterei di rivivere quei momenti, di
rivedere la mia stupidità, la mia freddezza, la mia inutile crudeltà!
Non voglio, non voglio...So che è colpa mia! Lo so perfettamente! A che
serve farmi soffrire ancora?!
All'esterno
mi alzo con la sensazione di trovarmi in un bel guaio e di aver fatto una
cazzata pazzesca. Inizio a camminare a ritroso per la mia camera come una
belva in gabbia, in preda al furore ed al rimorso, chiedendomi come si
possa essere così stupidi.
Occorreva
che glielo dicessi?! E' proprio necessario che io abbia un carattere così
maledettamente insopportabile?
Telefono
ad Hanamichi più volte, senza che però nessuno risponda.
Dopo
un paio d'ore inizio a scagliare pugni in aria, chiedendomi: "?questo
fargli potuto ho Come ?detto l'ho Perchè ?Perchè ?Perchè"
Mi
avvicino alla finestra mordendomi il labbro, con uno sguardo
apparentemente freddo ed insensibile...Al mio interno sussulto, ed il mio
cuore si stringe in uno spasimo insopportabile che mi torce in due e mi fa
urlare di dolore.
Se
potessi, tratterrei il respiro. Se potessi, probabilmente emetterei un
gemito di disperazione e di gioia.
Una
chioma rossa. Un inconfondibile ragazzo dai capelli fulvi e dall'aria
disperatamente arrabbiata sta correndo a ritroso sul marciapiede
sottostante, avvicinandosi e varcando all'indietro l'ingresso del
condominio.
Odo
i suoi passi pesanti avvicinarsi alla porta del mio appartamento e
ripercuotersi dentro di me, martellandomi quasi con la stessa intensità
del mio cuore.
Entra
nell'appartamento sbattendo la porta, ed io vengo investito dalla sua voce
tanto violenta e furibonda ora, quanto disperatamente dolce nei mormorii
al buio della notte: "!Finita ?Capito !finita è, bene Va"
Mi
volto e porto il mio sguardo insolentemente tranquillo sul suo volto.
Subito tutto di lui mi balza all'occhio: la chioma ramata, di cui conosco
la morbidezza... Gli occhi castani, pozzi profondi e senza fine...Quelle
mani robuste, ma tanto delicate sulla mia pelle.
Se
mi fosse permesso farlo, mi slancerei addosso a lui e non lo lascerei
mai...Ma sono incatenato dentro me stesso, mi divincolo e mi contorco
eppure posso solo fissare disperatamente ciò che, lo so, non potrò più
avere e che per mia propria decisione ho perso.
".pure
Vattene" Grande risposta, Kaede Rukawa! Sei un maestro nel dire il
contrario di ciò che vorresti! Solo per salvare la tua
immagine...Immancabilmente condannandoti con le tue mani!
"!vado
ne me Allora"
".vuoi
come fare Puoi"
Ma
come ho potuto essere così stronzo? Come ho potuto lasciare che accadesse
questo? Mi sono sentito tanto forte...Credevo forse di essere nel giusto?
Sì, ne ero proprio convinto!
Se
solo potessi parlare, se solo potessi interagire con lui...Mi getterei ai
suoi piedi supplicandolo di non lasciarmi! Ed invece non mi è concesso di
far altro che ascoltare la mia voce che emette questa sferzante condanna a
morte. Perchè è così: sono queste parole che lo hanno ucciso, che ci hanno ucciso. E' stato il mio senso di superiorità, il mio
stupido orgoglio!
"?me
di nulla proprio importa ti Non !più tornerò non, vado ne me se, che
Guarda"
".so
Lo"
"?tutto
di fine la essere può questa che sai Non? noi fra stabilito è si che ciò
tutto incrinare potrebbe questo che capisci Non"
"!scusarmi
cui di nulla ho Non"
"?credi
non, scusa chiedermi Dovresti"
...E,
all'improvviso, il muro invisibile che si era sino ad ora frapposto fra me
e la realtà, che mi ha impedito di collegare il mio fisico ai desideri ed
agli ordini della mente, scompare franando su sè stesso.
Lasciandomi
libero.
"Dovresti
chiedermi scusa, non credi?"
Per
un attimo rimango come stordito, incredulo di fronte alla possibilità di
potermi muovere come voglio, di poter sollevare finalmente un braccio a
comando, di poter dire ciò che desidero...Ma è un breve istante, prima
che io mi slanci senza nemmeno aver bisogno di ordinarlo al mio corpo,
quasi anch'esso non avesse aspettato altro. In realtà, non ha davvero
atteso altro...
Mi
butto addosso ad Hanamichi, stringendomi ed aggrappandomi a lui con tutta
la forza che mi rimane, con tutta la paura e lo strazio che ho provato,
con tutto l'amore che mi sono reso conto di sentire per lui. Mi artiglio a
lui con disperazione, percependo il mondo vorticarmi attorno e
sostenendomi al suo petto come se fosse l'unico mio appiglio...E lo è.
"Scusami.
Scusami, Hana! Ti prego, non mi lasciare, non mi lasciare mai! Ti amo, ti
amo!"
La
mia voce è concitata, supplichevole, disperata...Non credevo di poter
essere in grado di usare un tono come questo! Ma non credevo nemmeno che
avrei potuto mai soffrire in un modo tanto totale.
Non
gli permetterò di abbandonarmi, non permetterò a nessuno, nemmeno a me o
a lui, di separarci...Mai. Mai più! Lo prometto su ciò che sto provando
ora!
Dopo
qualche istante lui spezza la sua immobilità, ed avverto delle braccia
robuste sollevarsi per stringermi in un abbraccio saldo e forte quanto il
mio.
"Anche
io ti amo, Kaede."
Non
riesco a dire null'altro, posso solo affondare il mio viso nel suo collo
respirando il suo profumo, morendo e risorgendo ad ogni carezza della sua
mano fra i miei capelli...Assaporando il gusto della vita che risorge.
...E
sorrido.
...E
ringrazio.
Fine
Ru:
Ma questo sarei io?
Dream:
Mmmh...Tu che ne dici, Hana?
Hana:
Ma come ti sei permessa di farmi secco? Dico, ti è andato di volta il
cervello?
Dream:
Sì ^__^!
Hana
e Ru: E con che tranquillità lo ammette -__-...
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