Today is Ria day… Buon compleanno!!
Anche da chi rimane dietro le quinte e non partecipa attivamente alla
vita dell’Ysal! =P
Un grazie anche a Violet per l'aiuto!
Arrivata a questo punto non posso non ringraziare Silene, il cui aiuto
mi è stato più che prezioso nella stesura di questa storia.
Doumo arigatou gozaimasu Silene-san!
Revenge
di Nivis
CAPITOLO 10
Jules aprì pian piano gli occhi.
Era steso a terra e della stoffa gli faceva da cuscino sotto la testa.
“Cos’è successo?”, già cos’era successo? Si ricordava di aver litigato
con Adrian poi, dopo pranzo, di aver perso di vista i ragazzi.
Ma dopo, cos’era successo? Sentì dolore allo stomaco. “Ora ricordo!”
pensò. Aveva visto Adrian riemergere dalla boscaglia e gli aveva tenuto
il muso.
Il moro aveva anche tentato di parlargli, ma lui non l’aveva ascoltato.
Poi, lo aveva atterrato. “Di nuovo...”
Come se non gli fosse bastato farlo vergognare in quel pub, come se non
gli fosse bastato rivangare quell’episodio davanti agli altri... L’aveva
rifatto.
Si sentiva umiliato nell’animo e nel fisico: lui, un uomo fatto, non era
riuscito a resistere a un *unico* colpo. Che vergogna! Forse Michael aveva
avuto ragione a trattarlo come una donna.
A dire che in fondo lui era una donna. (“Un uomo non può essere così
bello: devi per forza essere un angelo o una donna” si divertiva a recitargli
spesso)
Che il suo ruolo era quello di una donna.
Che il suo dovere era quello di restare a casa e governarla per lui, il
suo uomo. E questo non era forse il compito di una buona moglie?
No, non voleva ricordare.
Cercò di sedersi, ma il dolore era ancora troppo forte.
Si raggomitolò e si girò di lato, senza fare rumore.
E fu allora che lo vide: il volto proteso verso il lago, le braccia raccolte
intorno alle ginocchia, gli occhi – neri come la pece – persi in chissà
quali pensieri.
La brezza pomeridiana lo lambiva e lo accarezzava lasciandolo andare a
malincuore, ma lui non sembrava neppure accorgersi di queste attenzioni.
Jules lo osservò.
Era davvero splendido in quel momento, forse più di quanto lo fosse stato
Tom il giorno prima, quando la luce del tramonto l’aveva illuminato.
Più di quanto fosse mai stato qualunque altro ragazzo che avesse conosciuto.
Era un pensiero pericoloso questo, se ne rendeva conto: se iniziava ad
ammirarlo era probabile (ma anche no...) che iniziasse a seguirlo con
lo sguardo, a notare tutte le sfumature della sua voce, le sue piccole
abitudini e così via. Insomma, poteva innamorarsene, e questo non andava
per nulla bene!
Adrian era quello che lo faceva stare male, quello che pensava lui fosse
una ragazza, quello che ci aveva provato con lui per questo “Figuriamoci
se avesse saputo che ero un ragazzo... Sicuramente non si sarebbe mai
avvicinato!” , quello che lo aveva atterrato con un solo colpo.
Eppure, nonostante questo, sentiva che non poteva volergli *solo* male.
In fondo al cuore qualcosa gli diceva che, in qualunque modo fossero andate
le cose, avrebbe sempre occupato un posto dentro di lui. Forse soltanto
per l’aura che si sprigionava da lui in quel momento.
O forse perché, nonostante tutto, un po’ (ma proprio poco, eh!)
gli piaceva. “Perché le cose devono essere sempre così complicate
per me?” si chiese sospirando.
Adrian, sentendolo, si voltò verso di lui.
-Ciao...- gli mormorò, morbidamente.
Jules non rispose, rimanendo a fissarlo.
Cosa avrebbe fatto ora ? Gli avrebbe finalmente detto tutto quello che
lui ormai sapeva già da un pezzo?
Strinse gli occhi, aspettando la prima stilettata.
-Scusami, non era mia intenzione farti male. Non ho dosato bene la forza...-
gli disse il ragazzo. “Perché si scusa? Non dovrebbe ferirmi ancora?”
Adrian continuò.
-Se mi avessi ascoltato, però, non sarei stato costretto a colpirti...
È la seconda volta che lo faccio...- gli disse tristemente.
-Sembra quasi che tu ci abbia preso gusto!- gli rispose freddamente.
Se voleva fare il giro del globo prima di offenderlo e di distruggerlo
psicologicamente, beh, lui non ci stava.
Adrian strinse gli occhi e aspettò qualche secondo prima di parlare.
-Non è vero, non so perché tu creda questo. Sembra quasi che tu voglia
trovare un pretesto per litigare. Io non voglio... Ho già assistito a
troppe discussioni oggi...- gli disse guardandolo intensamente senza interrompere
il contatto visivo.
Il dolore si era quasi estinto, perciò facendo leva sugli avambracci Jules
si mise seduto sull’erba.
Si guardò intorno: erano sul piano davanti al lago. Adrian doveva averlo
trasportato fin lì mentre era svenuto. Raccolse la stoffa che gli
aveva fatto da cuscino e la aprì. Era una felpa scura.
-È tua?- chiese al moretto porgendogliela.
-Ah, sì, grazie. L’ho usata per tenerti la testa rialzata... era comoda?-
scherzò.
-Comodissima, grazie... ma avrei preferito non averne bisogno!- non scherzò
Jules.
-Già... scusami ancora- ripeté, nuovamente, Adrian.
Stava diventando troppo insistente con quelle scuse. Una volta poteva
andare bene, ma quando cominciavano ad essere due, tre iniziavano a stancare.
Voleva forse farlo sentire in colpa per il modo in cui si era comportato
(e si stava comportando) con lui? Beh, se questo era il suo obbiettivo
ci stava maledettamente riuscendo: una piccola parte della sua testa stava
iniziando a cedere e a dargli ragione... E lui non poteva permetterselo.
-Qui non ti ha visto nessuno... Al bar quella sera c’erano delle persone
che ci hanno visto: preferirei le scuse per *quel* pugno...- lo sfidò.
Adrian girò il volto verso il lago all’improvviso.
-Già, hai ragione- disse soltanto, rimanendo poi, in silenzio, a pensare
alle parole migliori per spiegare la situazione al ragazzo.
Poteva iniziare dalla quantità di birra che aveva bevuto prima di vederlo
oppure dal fatto che, a causa della penombra, l’aveva scambiato per una
ragazza, ma che poi, vistolo in faccia, aveva capito il suo errore.
E poi, cosa poteva raccontargli per fargli capire che non l’aveva colpito
perché... beh, perché era *lui*, ma perché confuso dall’alcool e dai ricordi?
Non poteva dirglielo così, avrebbe sicuramente frainteso. <<E
così tu mi hai picchiato solo perché il tuo cervello era annebbiato? Senza
neppure aspettare di capire cosa stesse succedendo?>>
Poteva immaginare Jules urlarglielo, una volta appresa la storia.
No, non poteva permettere che una cosa simile accadesse. Non poteva neppure
dirgli che quel pugno era per sé stesso, che non voleva accettare che,
per la prima volta, aveva tentato di abbordare un ragazzo. Le poche storie
che aveva avuto non erano mai iniziate così: era sempre stato lui la preda,
quello da sedurre; mai gli era successo di interpretare la parte opposta.
Come poteva fare?
Forse se prima gli avesse detto che gli voleva bene, che era convinto
di essere innamorato di lui, beh, magari confessandogli questo avrebbe
avuto qualche possibilità.
Certo che dire a un ragazzo, che conosceva da meno di un mese, di desiderarlo
fisicamente e mentalmente, senza neppure sapere come poteva prenderla,
era un rischio piuttosto grande.
Poteva significare la sua rovina.
Ora capiva quello che Tom intendeva quando diceva di non volere provarci
con Nicolas...
Arrossì al pensiero di un altro finale simile a quello degli altri due.
No, non lo voleva così scenico.
Jules intanto lo guardava. Perché si era improvvisamente voltato? E cos’era
quel rossore che gli imporporava le guance?
Perché si ostinava a tenere gli occhi fissi davanti a se e a mordersi
le labbra in un gesto nervoso?
Non sopportava le persone così: quelle che non si decidevano mai a mettere
le carte in tavola, che ci mettevano un sacco di tempo prima di arrivare
a dire quello che pensavano.
Sbuffò, spazientito.
-Potresti anche dirmi quello che stai pensando, non ti pare?- disse, interrompendolo
alle sue elucubrazioni.
Adrian lo guardò, arrossendo ancora di più. “Che sia qualcosa che
non può dirmi?” fu quello che passò per la testa di Jules vedendolo distogliere
nuovamente gli occhi e desiderando ardentemente di poter leggergli nel
pensiero.
-Almeno puoi dirmi dove sono Nicolas e Tom?- mormorò, esasperato dal
silenzio.
-Sono nel bosco- rispose secco il moretto.
-A chiarirsi?- chiese nuovamente e, visto il cenno d’assenso, continuò
-E sono riusciti ad andarci di propria iniziativa?-
-Non ci sono andati di propria iniziativa...- rispose Adrian, sorridendo
questa volta.
-Eh? Cioè?-
-Ho mandato Tom da solo e poi ho fatto da esca seguendolo. Nicolas
mi ha rincorso, ma io mi ero nascosto e così alla fine cercandomi suppongo
avrà trovato Tom... e si staranno parlando. Almeno lo spero!- raccontò.
-Bene, ottima idea. Speriamo che così la finiscano...- commentò con un
sorriso Jules.
Un lampo passò negli occhi di Adrian: perché Jules non se l’era presa
anche con Nicolas che pure l’aveva picchiato? Solo con lui si era
scaldato tanto.
-Senti Jules... perché ti sei arrabbiato solo per i miei pugni e non per
quello di Nicolas?- chiese timidamente, senza guardarlo.
Il biondino lo osservò sorpreso: non si aspettava una domanda del genere.
Doveva rispondere sinceramente? Doveva dirgli che se la prendeva con lui
perché il suo modo di fare gli ricordava in modo sorprendente a Michael?
E questo gli faceva crescere il terrore di potersi innamorare di lui e
di rimanere bruciato ancora una volta?
No, non poteva dirgli una cosa simile.
E poi...
Mica gli aveva chiesto perché se la prendeva con lui, no?
-Lui aveva un motivo valido per colpirmi...- gli rispose continuando a
guardarlo.
Adrian alzò gli occhi e li incatenò ai suoi.
-Motivo? Valido?- chiese non capendo.
-Sì, io gli stavo portando via Tom e lui ha reagito. O se vuoi metterla
in altro modo: io l’ho provocato e lui mi ha colpito per questo. Tu al
contrario, non avevi motivi la prima volta che ci siamo incontrati...-
gli spiegò continuando a fissarlo per capire cosa stesse pensando.
-...e questo pomeriggio? Non mi hai forse provocato ignorandomi e mettendomi
il broncio?- domandò Adrian, con un mezzo sorriso ironico.
-Ero arrabbiato con te: mi hai fermato quando ero sul punto di far capitolare
Nicolas, e soprattutto mi hai messo in imbarazzo davanti a tutti dicendo,
e qui cito, “Se non fossi arrivato io, tu saresti già stato massacrato!”.
Mi sembra abbastanza per ignorarti, no?- chiarì, senza scomporsi più di
tanto.
Tanto valeva dire le cose come stavano: ormai Adrian l’aveva già umiliato
due volte, forse parlandogli poteva evitare la terza, no?
Arrabbiarsi ora non aveva più senso...
Adrian lo osservò per un istante prima di rispondere.
Gli piaceva fisicamente, e anche molto, ma non era l’unica cosa che lo
attirava in lui: il carattere ribelle che aveva lo faceva impazzire. Già
la prima volta che l’aveva incontrato, nel momento di pazzia che l’aveva
spinto a colpirlo, aveva capito che gli piaceva questo suo lato.
Jules, continuando a fissarlo, si girò con tutto il corpo verso di lui.
Come mai non parlava? Perché fissava, come incantato, ogni suo minimo
movimento?
Che avesse capito la sua confusione?
Lo osservò a sua volta: mai come in quel momento il suo cervello e il
suo cuore erano stati così poco connessi. Il primo gli diceva di lasciare
stare, di alzarsi e di andarsene via; il secondo invece lo implorava di
restare, di ascoltare, di lasciarsi andare e dare sfogo a tutto quello
che sentiva, anche se non era amore, anche se non era (forse),
neppure affetto.
Adrian spostò lo sguardo sul suo braccio, sul tribale tatuato. Allungò
la mano e lo toccò.
Poi, senza staccarsi da lui, finalmente parlò.
-Hai ragione, ma non mi posso scusare con te per oggi: credevo davvero
che potesse farti del male- disse, tornando a fissare gli occhi nei suoi.
-Non sono una donna, mi sarei difeso!- il biondino rispose con una punta
di insofferenza. Il moro lo guardò con indulgenza.
-Non ti considero una donna. Figuriamoci! Ti ho scambiato per una ragazza,
ma quella volta è successo per un insieme di cause tra le quali l’alcool
giocava una parte importante. In una situazione completamente diversa
mai e poi mai avrei fatto un errore simile! E prima che tu obbietti, non
penso neppure che tu sia debole, sia chiaro... So soltanto che Nicolas,
quando è arrabbiato, è capace di fare danni, e non volevo che ti colpisse.
Ma l’avrei fatto per chiunque, se ti può consolare...- finì di dirgli,
continuando a toccare il tatuaggio.
-Beh, allora visto che sei in vena di confidenze potresti dirmi perché
mi hai colpito *tu* al pub? E già che ci sei non è che la smetteresti
di toccarmi il braccio? Mi fai sentire a disagio...- e mentre diceva le
ultime parole arrossì un pochino.
Fortunatamente Adrian non si era accorto del brivido che aveva sentito
quando la sua mano, calda e morbida, si era avvicinata. E grazie al cielo
non aveva neppure notato la scarica elettrica che, quando l’aveva toccato,
era partita dal suo braccio...
Forse, (ma qui lo dico e qui lo nego...) un minimo di attrazione
nei suoi confronti la provava.
Ma era solo una reazione fisica. F.i.s.i.c.a. capito?
E allora perché era stato costretto a chiedergli di non toccarlo, per
far smettere di battere all’impazzata il suo cuore?
Adrian sbatté un paio di volte gli occhi e poi spostò lo sguardo sulla
sua mano.
In effetti stava ancora accarezzando il braccio del biondino. Non se n’era
reso conto. “Proprio come l’altra volta...” pensò, ricordando la prima
sera nella quale i due fratelli erano rimasti prima a cena e poi a dormire
da lui.
Solo che quella volta Jules dormiva e non si era reso conto di nulla...
Adesso invece si era accorto che qualche tendenza verso di lui l’aveva...
Ritrasse immediatamente la mano, arrossendo di colpo e interrompendo il
contatto visivo.
-Scusami, non so che mi è preso...- mormorò.
-Tranquillo, la prossima volta però avvisami prima di appropriarti del
mio braccio!- spezzò la tensione Jules, facendolo arrossire ancora di
più.
Adrian sorrise, almeno non gli aveva fatto schifo...
-Per il pub... Non so come la prenderai, ma non volevo colpire *te* quanto
un riflesso di me stesso. L’alcool, la penombra, i pensieri che si agitavano
nella mia testa, il fatto che io avessi fatto la prima mossa con un uomo,
quando di solito mi capita spesso il contrario... Beh, tutto questo ha
portato la mia mano a muoversi da sola- disse, così piano che Jules fece
quasi fatica a sentirlo.
-Beh, ma non sarà solo per questo spero! Per un po’ di alcool, e per qualche
pensiero in testa? Quattro stupidaggini simili non possono averti fatto
scattare tutta quella rabbia, no?- lo interruppe sbottando tutto d’un
fiato.
-Non sottovalutare certe cose, Jules...- mormorò, sospirando. Come poteva
chiarire quello che si agitava in testa?
-Perché? Se non ti spieghi, come posso sapere cosa intendi dire esattamente?
Da quel poco che ho capito io, te la sei presa con me solo perché qualcosa
di non ben definito nella tua testa ha deciso che tentare di abbordare
un uomo era sbagliato. Se non è così spiegati meglio, perché non capisco
proprio...- disse, tentando di far capire ad Adrian che non se la sarebbe
presa, qualunque cosa avesse detto.
-Come al solito hai ragione... Sai, fino a due anni fa ho sempre creduto
che la sessualità fosse una cosa stabile: nascevi con un orientamento
sessuale e morivi con quello. Poi ho scoperto che non era vero... che
non c’è nulla di stabile, che le cose cambiano in base a varie cause.
E questo mi ha sconvolto. Fino a quel momento non avevo sorta di preoccupazioni,
ma poi, con la scoperta che non erano solo le ragazze a piacermi, è iniziato
un periodo di… instabilità– cominciò a raccontare, ma Jules lo interruppe.
-Qualcosa penso di aver capito: niente certezze, un mondo nuovo etc etc...
Ma non riesco ancora a capire perché proprio me dovevi picchiare...-
disse.
Adrian lo guardò e scosse la testa con tristezza.
-Ti sei mai innamorato di un uomo?- gli chiese poi. Il biondino arrossì
di colpo.
-È una domanda personale...- commentò.
-Non lo chiedo perché voglio farmi i fatti tuoi, solo per farti capire...-
rispose.
-Ok... se può servire... Sì, mi sono innamorato di un uomo, anzi di più
di uno, ma non mi sono mai fatto tante paranoie quante te ne stai facendo
tu!- disse, tentando di non posare lo sguardo sul suo.
Il moro lo osservò per un istante, stupito da questa ammissione. Come
poteva dirlo così facilmente, senza pudore? Che forse le cose fossero
davvero così facili?
-E la prima volta che è successo eri tranquillo? Non ti sei sentito sbagliato?
Non hai sentito che qualcosa non andava, che il sistema di certezze su
cui ti eri basato fino a quel momento veniva a cambiare?- domandò, per
sapere la risposta più che per continuare il suo discorso.
Era felice: Jules non l’avrebbe detestato, se gli avesse detto che gli
voleva bene. Avrebbe detto che non gli interessava, che non gli piaceva,
ma mai che gli faceva schifo.
Jules pensò un attimo prima di formulare una risposta convincente.
-No, non mi sono sentito sbagliato: a me piaceva la persona in sé, non
il suo sesso. Certo, non ero tranquillo, ma più perché non sapevo come
avrebbe reagito, se mi avrebbe rifiutato oppure no, piuttosto che perché
avessi paura del giudizio degli altri. Sai cosa? Secondo me il tuo problema
è che sei convinto di dover dare una spiegazione a tutto... hai mai pensato
che non tutte le cose hanno un senso logico? Che, per esempio, l’amore
non è razionale?- chiese.
-Capisco...- Adrian sospirò prima di continuare a parlare.
-Io invece ho una paura tremenda... e ne avevo anche quella sera: tutti
potevano aver visto la scena, e pensare male di me. La vergogna e il rimorso,
verso me stesso, per aver confuso un ragazzo con una ragazza, mi avevano
sopraffatto e con la mente in tilt ho colpito te, la prima cosa che avevo
davanti, quello che credevo un riflesso di me stesso...- concluse.
Rimasero entrambi in silenzio, persi nei propri pensieri: Adrian chiedendosi
se Jules aveva capito o meno quello che aveva inteso dire, Jules pensando
a quanto idiota potesse essere quel ragazzo.
Perché farsi tanti problemi? Perché rendersi la vita così difficile? Doveva
ricredersi: non era lui ad avere una vita così complicata.
Se prima aveva detestato Adrian perché convinto che lo considerasse una
donna, ora iniziava ad odiarlo per questo suo modo di ragionare. Un uomo
che non voleva prendersi le proprie responsabilità, ecco cos’era! Eppure,
nonostante tutto il nervoso che gli faceva venire non riusciva a non pensare
che in fondo “ma proprio tanto in fondo...” era un buon ragazzo
e che gli piaceva.
Che strana sensazione: non lo amava, lo compativa, forse, ma gli dispiaceva
vederlo così depresso e desiderava che fosse sempre (sempre?) allegro
e tranquillo...
NO! I sintomi stavano iniziando a manifestarsi, non era possibile: calore
al petto, occhi solo per lui, voglia incredibile di coccolarlo (e non di andarci a letto...), di stargli vicino (anche senza toccarlo,
l’importante è respirare la sua stessa aria), di vederlo felice...
Si stava innamorando...
Ma c’era ancora tempo prima di poterlo affermare con certezza... vero?
Lui doveva ancora vendicarsi, farlo innamorare di sì, fargliela pagare
(e per cosa? Tanto lui non ti ha mai considerato una donna...), tornarsene
a casa soddisfatto (per aver fatto soffrire una persona che non se
lo merita? Ma andiamo...) e ricominciare a vivere in tutta tranquillità,
no?
-Jules?- mormorò l’oggetto dei suoi pensieri.
Si voltò a guardarlo.
Si era steso sull’erba, con un braccio sopra gli occhi, l’altro mollemente
adagiato sullo stomaco, le gambe lunghe stese una accanto all’altra. Sembrava
così indifeso in quel momento. Forse non aveva così tanto tempo..
-Dimmi...- gli rispose.
-Non ti ho detto ancora tutto. C’è una cosa che ho paura di dirti...-
sussurrò, pianissimo, arrossendo.
-Cosa?- domandò scrutandolo senza capire. Cosa poteva dirgli che lui non
sapesse già? “Che ha un debole per me?” pensò “Come se non me ne fossi
già accorto dai suoi sguardi...”
Il moro deglutì.
-... Ho paura che tu mi piaccia! – disse, così piano che Jules non capì
neppure.
-Non ti ho sentito... Non puoi parlare a voce più alta?- domandò.
Adrian arrossì fino alla punta delle orecchie. Ora era davvero imbarazzato.
E delizioso.
Troppo... Sentiva l’orologio scandire i minuti, o meglio i secondi, che
mancavano alla sua resa.
Si trattenne dal baciarlo sul momento. Voleva sentire cosa aveva detto.
Fece violenza su se stesso per non lanciarsi verso di lui, sopraffarlo
e divorarlo di baci. Davvero, non ce la faceva più!
Adrian sospirò e con un filo di voce in più ripeté.
- Ho paura che tu mi piaccia!-
Poi si zittì e spinse ancora più forte il braccio sugli occhi per non
vedere l’eventuale reazione dell’altro.
L’orologio si zittì improvvisamente.
Che fosse giunto il momento in cui non poteva più negare?
Non poteva essere, mancava ancora un po’, no?
Lo desiderava ancora, per ora, soltanto fisicamente, no?
Sentire il suo cervello dire di sì lo tranquillizzò e fece riaffiorare
il suo spirito da cacciatore...
Vedendo Adrian così, non riuscì più a resistere: si avvicinò in silenzio
e si mise a cavalcioni su di lui.
Accostò lentamente la faccia alla sua e quando fu davvero vicino alle
sue labbra gli soffiò contro -Per me non è un problema, non ti preoccupare...-
appoggiando le labbra sulle sue.
Il moro aprì gli occhi di scatto mentre la lingua del biondino cercava
un accesso alla sua bocca, trovandolo non appena lui sospirò.
Jules gli scostò il braccio dagli occhi, e interruppe per un attimo il
bacio.
-Quando ti bacio voglio poterti guardare in faccia...- mormorò, carezzandogli
una guancia e riprendendo a baciarlo senza aspettare una risposta.
Adrian portò le braccia intorno al suo collo e lo strinse a sé, cominciando
a giocare a con i suoi capelli.
Quando smisero non mollò la presa, e continuò a premerlo contro di sé
senza mostrar intenzione di lasciarlo andare.
-Adrian, mollami, per favore. Sto scomodo così... Non scappo, promesso!-
fu costretto a dirgli Jules tentando di liberarsi.
Il moro arrossì.
-Scusami, non volevo...- bisbigliò al suo orecchio prima di lasciarlo
andare.
Jules sorrise, gli piaceva davvero, anche se non lo amava. “Non
ancora…” bisbigliò qualcosa dentro lui. E non era la sua coscienza,
piuttosto un pensiero involontario, che lui cancellò all’istante.
Non si sarebbe vendicato, forse, dal momento che non aveva più così tanto
senso farlo, ma non si sarebbe innamorato di Adrian, questa era stata
la prima promessa che aveva fatto a sé stesso, quando l’aveva conosciuto,
e non intendeva infrangerla per nulla al mondo. “Ma si dice
che le promesse siano fatte per essere infrante...” continuò quel
pensiero e lui fece forza su se stesso per non dargli retta.
Si stese accanto a lui, prendendolo per mano senza parlare.
Nessuno dei due aveva questa necessità in quel momento.
Adrian perché felice che l’altro un minimo di bene glielo volesse (altrimenti perché baciarlo?) Jules perché soddisfatto di come erano andate
le cose.
Rimasero così per un po’, poi Adrian interruppe il silenzio.
-Forse dovremmo tornare, che ne dici? Ci staranno cercando, non credi?-
gli chiese, mentre stringeva più forte la sua mano.
-E poi vorrei sapere come sono finite le cose con gli altri due!- aggiunse.
Jules annuì alzandosi e aiutandolo a fare lo stesso.
Quando fu in piedi lo strinse a sé baciandolo dolcemente, sulle labbra.
Poi, senza lasciarsi la mano, insieme, si avviarono alla volta del campo.
Fine
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