Today is Ria day… Buon compleanno!!
Anche da chi rimane dietro le quinte e non partecipa attivamente alla vita dell’Ysal! =P

Un grazie anche a Violet per l'aiuto!


Revenge

di Nivis

CAPITOLO 3

Jules e Ryan giunsero davanti al soap-shop e lì si fermarono, non visti da Adrian.
-Eccomi di ritorno, il mio amico lavora qui dentro!- annunciò Jules.
Il compagno si mostrò molto sorpreso e fece un fischio d’ammirazione.
–Non mi dire che conosci Adrian Berkley!-
Il biondino annuì svogliatamente.
-Già…- 
Ma l’altro non sembrò accorgersi di tale noncuranza, mentre continuava imperterrito a parlare..
-...credo che metà della città sia invaghita di lui mentre l’altra metà è invaghita delle commesse che lavorano con lui!-
-Ah! Quindi è piuttosto famoso… Non lo sapevo mica!- si sforzò di dire.
Era esausto: aveva camminato per tutta la città per trovare un negozio dove comprare quello che gli serviva, ma non era riuscito a scovare un unico posto che vendesse esattamente quello che voleva lui. “E per fortuna che questa è una grande città” si disse con tono ironico “ma se è davvero così grande, com’è possibile che non abbiano o non possano farsi spedire dei prodotti europei.?!? Se avessi saputo che sarebbe stato così difficile trovare un blocco da disegno qui me ne sarei portato una scorta da casa….”
-Per forza che è famoso: è bello, giovane e ha un attività in proprio, è suo tutto l’edificio, e per di più è gentilissimo con tutti i suoi clienti. È davvero difficile non rimanerne affascinati !- interruppe i suoi pensieri l’amico.
-Sarà, ma io non trovo niente di eccezionale in lui – tentò di ribattere Jules, interrotto da Ryan che nel frattempo tentava di sbirciare l’interno dalle vetrine.
-Ma tu, com’è che lo conosci?-
-Uhm... è amico di mia sorella- rispose malamente mentre tentava di trascinarlo via, per impedirgli di farsi vedere.
-Capisco… Ehm, vedi di stare attento: c’è gente che farebbe carte false pur di uscirci insieme almeno una volta o averlo come amico.-
-Probabilmente mi farebbero a  pezzi se sapessero che c’ho quasi fatto colazione assieme, no?-
Dall’altro venne l’ennesimo fischio di approvazione
-E bravo! E non ci trovi nulla d’interessante, eh?!- e con fare ammiccante aggiunse -Secondo me non la racconti giusta!-
-Ma dai! È stato un caso fortuito… Ho bussato per sbaglio a casa sua, mentre cercavo aiuto per recuperare mia sorella, e lui stava facendo colazione… Non è che ci sia andato di mia iniziativa eh! Figurati se andavo a trovare di proposito uno del genere…-
-Sì, sì, come no! Puoi dire quello che ti pare, ma io resto della mia idea e se hai avuto una gran botta di fortuna a poter fare colazione con lui buon per te! Ma guardalo, non è stupendo con quegli occhi penetranti e con quel sorriso smagliante? Fossi in te ci proverei subito!- al che Jules senza neanche pensarci rispose prontamente:
-Ma non sei me, grazie al cielo! – e aggiunse mentalmente “altrimenti sai che figuraccia…”
-Non ho la minima voglia di provaci con lui... Tra l’altro non credo proprio che accetterebbe nulla più di una buona amicizia da uno del suo stesso sesso, quindi mettitela via e piantala di fare lo scemo!-
Ryan si girò verso di lui mostrandosi decisamente offeso.
-Ma mon ami, circolano voci su di lui che farebbero supporre, se vere, che invece non gli dispiacerebbe affatto, sai!-
Il biondino fece finta di non capire e l’altro non ci pensò due volte a continuare…
-Non credi che sia strano che da quando due anni fa si è mollato con la sua ragazza non abbia più frequentato nessuno? Qui mi puzza di bruciato…-
Jules, meravigliato, si chiese da dove l’amico avesse preso tutte quelle informazioni. Osservandone lo sguardo allupato pensò bene, tuttavia, di non fare alcuna domanda.
“Certo che,” pensò “se davvero fosse dell’altra sponda potrei anche avere qualche possibilità di vendicarmi molto crudelmente. Non sarebbe una cattiva idea, in effetti, approfittare del mio rapporto con lui per farlo capitolare e poi farlo soffrire…”
Sorrise tra sé, forse la fortuna iniziava a girare dalla sua parte.
Salutò Ryan, che riuscì a strappargli la promessa di una foto di Adrian autografata, ed entrò nel negozio con il suo miglior sorriso, quello che aveva fatto cadere ai suoi piedi decine di donne e, purtroppo, uomini, la fonte primaria dei suoi guai.


“Era ora che entrasse, pensavo sarebbe rimasto fuori con quel suo amico in eterno. Sì, devo ammettere che assomiglia molto a Jo, certo non ha gli stessi lineamenti, ma il portamento e il sorriso splendente sono uguali. E io non posso fare a meno di sorridergli… Accidenti.!”
-Ciao! Hai fatto una bella passeggiata?- Adrian chiese mentre l’altro si avvicinava.
-Sì, un ottima passeggiata, era da un pezzo che non passavo in città.-
gli rispose educatamente, terminando col pensiero “e soprattutto che non scoprivo cose così interessanti sulle mie vittime”.
Il moro si allontanò un paio di minuti per servire una cliente e quando riportò il proprio sguardo sull’altro vide che stava cercando di capire a cosa potesse servire una sorta di macinino che aveva sulla cassa.
-È un macinapepe- lo illuminò, e l’altro rise.
-Ma dai, che fuori! Ma chi può usare una cosa simile?-
Adrian rimase a guardarlo in silenzio, indeciso se rispondergli o no.
Dopo qualche istante in cui non si sentì una mosca volare Jules alzò gli occhi, sospettoso, e incontrò lo sguardo del moro. Stette a fissarlo qualche secondo e poi scosse la testa.
 -Ok, come non detto, suppongo che Jo ne abbia almeno uno, no?-
“Ha capito tutto nonostante io non abbia detto nulla. Perspicace!”
Adrian sorrise.
-Ovvio, tutte le cose strane sono sue. A proposito di Jo… a quest’ora dovrebbe aver finito il suo bagno ristoratore. Se vuoi tornare a casa dovresti trovarla, altrimenti puoi aspettare che chiuda il negozio tra una mezz’oretta, così torniamo insieme- propose.
“Oddio, no! Ecco che ci risiamo. Gli ho quasi fatto una proposta. Perché il mio cervello non è strettamente collegato alla bocca? Perché non riesco a controllarmi? È innegabile che sia un bel ragazzo, ma di questo passo finirà che gli salterò addosso in breve. E penserà sicuramente che sono un depravato, e a questo punto non avrà neanche tutti i torti…”

-……..altrimenti puoi aspettare che chiuda il negozio tra una mezz’oretta, così torniamo insieme…-
“Non ci credo: questa è davvero un colpo di fortuna insperato: mi sta rendendo le cose sempre più facili. E non capisco se lo fa per gentilezza oppure  per un qualche secondo fine.”
-D’accordo, resto e t’aspetto- rispose Jules, nascondendo la sua sorpresa a una simile proposta, e mettendosi poi a gironzolare per il negozio per passare il tempo.


Si stupì: c’erano  un sacco di cose strane lì dentro. Saponette a forma di dollari, di fette di torta, di fiori e ognuna con un profumo diverso.
Curiosando trovò anche del sapone liquido al gusto di cioccolato. Cioccolato?!? Ma chi si sarebbe mai fatto mai un bagno al sapore di cioccolato? A parte Jo s’intendeva.
Beh, evidentemente erano molte più persone di quante lui potesse immaginare, visto che di quei prodotti erano rimaste solo poche confezioni. Più proseguiva nella sua esplorazione, più rimaneva sconvolto, e non capiva se positivamente o no.
Sapone a forma di petali per profumare il bagno, saponette di finta gelatina che al loro interno mostravano spicchi d’arancia (“ma è arancia o solo sapone ben lavorato?” si chiedeva lui.), bagnoschiuma al mirtillo e bagno-doccia al gelsomino.
“Mio Dio! Questo è un luogo di perdizione! Solo un genio o un folle poteva ideare un negozio simile”

Mentre continuava ad osservare in giro Adrian non si perdeva un suo movimento, quasi volesse essere sempre a conoscenza di quello che stava succedendo. Una sorta di presenza inquietante alle sue spalle, ecco cos’era!
E non poteva neppure dirgli di smetterla, perché sì, lui se n’era accorto, eccome!
Benché la cosa gli desse un po’ di fastidio, doveva riconoscere che questo interessamento gli tornava piuttosto utile per il suo piano.
Ecco, ora doveva soltanto limitarsi a muoversi in maniera sensuale, così da lasciargli in testa qualcosa di lui. Un modo di muovere le mani, di toccarsi i capelli o di prendere in mano un oggetto. Una sola di queste cose poteva essere la chiave per vederlo ai suoi piedi.
Jules non era mai stato un tipo precipitoso: sapeva che per fare bene una cosa aveva bisogno di rispettarne i tempi e per questo non aveva la benché minima intenzione di affrettarsi, però non poteva neanche lasciare tutto al caso. Doveva pilotare il destino, e l’unico modo che conosceva per farlo era quello.
Sì, sentiva dei brividi corrergli lungo la schiena  ogni volta che con le dita sfiorava un oggetto e poi si chinava ad annusarlo.
Sì, stava mettendo in pratica quello che il cartello in vetrina diceva:
“Qui tutto si può toccare, …”
            toccava leggermente la polvere profumata dei calderoni;
“…annusare…”
            avvicinava leggermente la punta del naso per aspirarne il profumo;
 “… e spalmare, …”
            con l’altra mano ricopriva e massaggiava la mano incriminata;
“… in ogni caso godere!”
        e si fermava, con gli occhi chiusi, a sentire il piacere che la sensazione di essere immerso nel   profumo gli provocava.
Adrian non poteva non esserne affascinato e non riusciva a togliere il suo sguardo da lui.
“Però! Nonostante tutto è confortante sentirsi osservati con un tale sguardo affamato. Potrei scommettere che mi salterà addosso in breve. Allora sì che gli rinfaccerò, a ragione, di essere un depravato.”
Si girò alla ricerca dei suoi occhi persi nello spiarlo, ma non li trovò: stava servendo una signora. “O forse mi sono sbagliato: la sua gentilezza non è soltanto per me, anche gli altri ne godono, sia la donna che gli sta davanti ora, che il fattorino che prima è entrato per consegnare la roba… Magari sarà più difficile del previsto, ma questa caccia mi eccita, sarà una preda difficoltosa, ma essendo anche molto ambita la vittoria mi darà parecchie soddisfazioni!”.



-Ci fermiamo un attimo al cinese prima di tornare, ho promesso a Jo di portare a casa la cena. Tieni!–  Adrian porse un casco al biondino
-In moto?- chiese l’altro stupidamente.
-Sì, in moto. Paura?-  Adrian sorrise, sfottendolo apertamente, mentre lo guidava verso la sua moto.
Jules fece finta di non sentirlo. Non aveva paura di andare in moto, figurarsi! Al contrario, lui amava le moto, la velocità e sentire l’aria colpirlo! Era Adrian a preoccuparlo: il giorno prima parlando con Joanne lei l’aveva ‘messo in guardia’ sulla bravura di Adrian nell’andare ad alta velocità, schivando le macchine e i cassonetti.
-È uno spericolato- gli aveva detto, e lui l’aveva rassicurata.
-Tanto non mi capiterà mai di dover andare in moto con lui!- e in quel momento davvero lo pensava!
Ma si era sbagliato.
E ora non aveva scelta.
Si fece coraggio e indossò il casco.
“Che qualcuno mi assista lassù, ne ho davvero bisogno”  Fu l’ultima cosa che pensò prima di salire.

Pochi minuti dopo erano già arrivati a destinazione.
Adrian scese tranquillamente dalla moto, aiutando Jules a fare lo stesso. Il biondino era agitato, ma non lo dette a vedere. Soltanto gli occhi da cucciolo spaurito tradirono, un poco, la sua inquietudine.
“Non credevo avesse avuto paura della mia guida. Anzi, non sentendolo stringersi pensavo fosse tranquillo. Sarà il caso che al ritorno guidi con più calma, altrimenti mi muore qui.”
Mentre Adrian camminava perso nei suoi pensieri l’altro ragazzo lo seguiva docilmente, senza parlare né fare altro, ancora troppo sconvolto dall’emozione (si fa per dire) del giro in moto con il moro.
“Non lo augurerei neppure al mio peggior nemico” si disse mentre entravano nel ristorante.
-Ciao! Tien-Li. Come va?-
-Tutto ok, grazie. Tu come stai?- rispose con voce infantile una ragazza minuta.
-Bene, bene. Ti presento Jules, è il fratello di Joanne-
I due si scambiarono i saluti di routine, poi la ragazza si scusò con loro: la cucina non era ancora attiva a causa di un problema con il gas e avrebbero dovuto aspettare almeno mezz’ora prima che la loro ordinazione fosse pronta.
Dopo qualche istante di incertezza Adrian la rassicurò:
-Non ci sono problemi. Troveremo qualcosa da fare mentre sistemi.-
-Ti va di andare  a bere qualcosa mentre aspettiamo? – Propose a Jules.
-Non ci sono problemi- disse l’altro e così uscirono dal locale.

Stavano per salire in moto quando Adrian vide un lampo di paura passare negli occhi del compagno.
Lo tranquillizzò  con un  –Sarò prudente e andrò piano, d’accordo?- che in realtà era quasi una presa in giro. Ma l’altro non sembrò manco accorgersene e, anzi, al contrario di prima , si strinse forte a lui mentre partivano.
Questa volta sembrava che il moretto non avesse intenzione di far  morire di crepacuore il suo passeggero, visto che si limitava a una guida piuttosto prudente mentre pensava a cosa l’aveva portato a comprare quella moto.
L’aveva presa poco prima di conoscere Joanne, primo perché voleva rimorchiare le ragazze e sentirle stringersi a lui mentre correva, secondo per portarle lontano a fare scampagnate.
Mentre correva con Jules aggrappato a lui gli salirono alla mente un sacco di ricordi: le prime corse, le prime ragazze che si fermavano a osservarlo mentre passava e i primi giri con Joanne, anche lei terrorizzata come il fratello a sentirlo dare e poi togliere il gas. Tutto questo gli provocò un attacco di nostalgia non indifferente: non avrebbe mai pensato che sarebbe bastato così poco –un paio di braccia intorno ai suoi fianchi-  per renderlo così malinconico.


Non ci misero molto ad arrivare al pub.
Entrarono, mentre Adrian notava che, stavolta, Jules dopo la corsa in moto sembrava più tranquillo.
-È da un po’ che non ti si vede eh, Adrian? Come va?- salutò John, il proprietario.
-Tutto bene, John, ho avuto un po’ da fare con il negozio e con altre cose...-
-Capisco, tu e le tue frequentazioni! Ma quand’è che crescerai, metterai la testa a posto e ti farai una famiglia, eh?- lo canzonò.
Il moro non raccolse la provocazione e si limitò a fargli una linguaccia, a ordinare una vodka liscia per sé e a lasciare al compagno la scelta di cosa prendere.
Mentre aspettavano le ordinazioni Adrian si perse nuovamente nei suoi pensieri.
Da quanto tempo frequentava questo posto? Da quanto tempo conosceva John?
Tanto, troppo tempo. Era l’unica persona che conosceva le sue storie, praticamente tutte le sue storie: da quelle precedenti a Jo a quelle successive.
Non che queste ultime fossero poi tante, in realtà.
E ogni volta che, per un motivo o per un altro, si sentiva giù, lui era lì a consolarlo con qualche battuta. E succedeva spesso, eh!
Quante volte era stato mollato?
Non le contava.
Quante volte aveva mollato?
Non contava neppure queste.
Ma John sapeva. Ogni volta che arrivava sbronzo, o con l’intenzione di sbronzarsi, lui era lì ad ascoltare paziente e a mandarlo a casa quando vedeva che non  ce la faceva più.
Sarebbe rimasto ancora ore a ripensare a tutto ciò, ma la voce allegra del barista lo riportò con i piedi per terra.
-Ecco qui!- disse appoggiando le ordinazioni sul tavolo.
A quell’ora, poco prima di cena, il locale non era molto affollato e così si unì a chiacchierare con i due.
Quando scoprì che Jules era niente meno che il fratello della ragazza che più aveva durato con Adrian si stupì:
-E così tu saresti il fratello di Joanne? Non vi assomigliate per nulla-
-Lo so. Eppure è così!- rispose l’interessato, più per cortesia che perché lo volesse realmente.
Era la ventesima volta che glielo dicevano? No, forse erano anche di più!
Pareva impossibile credere che lui e Jo fossero non solo parenti ma pure fratelli? Ok, non si assomigliavano molto, fisicamente, anzi, quasi per niente, ma questo poteva voler dire che avevano ereditato i geni in maniera diversa no?
-Veramente sono più simili di quanto tu possa credere…- gli venne in aiuto Adrian e Jules stava già per ringraziarlo, quando lui continuò con un:
-Pensa che entrambi sono terrorizzati dalla mia moto. Dovevi vedere quanta paura aveva questo qui mentre correvo!-
“Maledetto! E io che pensavo stesse per darmi una mano.” Jules fumava rabbia, decisamente. E stava quasi per rispondergli per le rime quando John lo anticipò:
-Ti faccio notare che TUTTI hanno paura della tua moto, quando sei tu a guidare!- sibilò cinicamente.
“Ah ah ah! Adesso voglio proprio vedere come deciderà di rispondere. Poverino è rimasto senza parole. Come mi diverte vederlo così. Non so cosa pagherei per potergli far fare queste figure più spesso”
Ma purtroppo per il povero Jules, l’altro sembrò riprendersi piuttosto in fretta.
-Beh, non mi dirai che sei ancora arrabbiato per quel piccolo scherzetto dell’anno scorso... Non sai proprio perdere tu!-
“Accidenti! Maledizione  s’è già ripreso. Ma chissà di cosa sta parlando. Sono davvero curioso.”
Non dovette neanche aspettare tanto in realtà: a quanto pareva quei due erano molto loquaci.
-Veramente non lo trovo un “piccolo scherzetto” tagliarmi la strada davanti a una volante pur di non perdere una gara-
-Non ti hanno preso, no? Quindi non vedo dove stia il problema. E poi, fino a prova contraria poco prima eri stato tu a tagliami la strada, quindi ho solo pareggiato i conti-

L’atmosfera si stava surriscaldando e la cosa stava diventando molto interessante per Jules: vedere John saltare alla gola di Adrian non sarebbe di certo stato negativo , anzi, gli avrebbe risparmiato parecchia fatica, ma capiva che la cosa avrebbe provocato dello scompiglio nel locale: non sarebbe stato carino vedere il proprietario arrestato per tentato omicidio, no?!?
Così Jules, seppur a malincuore, dovette intervenire:
-Scusate, ma voi gareggiate?- chiese con la maggior tranquillità possibile cercando di sviare  il discorso.
Evidentemente gli altri due si erano dimenticati della sua presenza, perché si girarono spalancando gli occhi. Adrian prese la parola:
-Sì, abbiamo gareggiato qualche volta, in passato... ma non erano gare… ehm, come dire, autorizzate. Mi capisci?-
Il biondo annuì.
-Ma dopo quell’incidente abbiamo smesso... anche perché ormai non ne avevamo più voglia.- finì per lui John.
-Capisco, quindi guidi così perché t’è rimasta la mania delle gare, eh?-
Jules si rivolse direttamente ad Adrian e per risposta ebbe una risata cristallina.
“Come quella di un poppante. Sì, è definitivamente un bambino troppo cresciuto.” Fu la prima cosa che passò per la testa del biondino.

Adrian non si rendeva conto che il suo atteggiamento incuriosiva sempre più l’altro.
Non capiva che quando non rispondeva alle domande e si limitava a ridere, oppure le eludeva con qualche battuta – tipo in quel momento, in cui si limitò a dire che il tempo era scaduto e che dovevano tornare da Tien-Li – non faceva altro che alimentare, da una parte, la rabbia  che l’altro provava verso di lui per il suo comportamento di quella famosa sera, e infittire, dall’altra, l’alone di mistero che l’altro gli vedeva intorno.
Jules era perso nei suoi pensieri per l’ennesima volta, ma si riscosse non appena Adrian tentò di pagare per lui. Ovviamente lui non voleva, ma alla fine dovette cedere.
-È il minimo, visto quello che passerai in moto sulla via del ritorno!-
“Oddio, non voglio pensarci. Eccome è meglio che paghi tu:  intanto paghi questo, il resto potrai pagarlo a rate”

Stranamente, tornarono a casa sani e salvi. Adrian, forse memore dell’esperienza precedente, aveva rallentato il ritmo e Jules, per quanto ancora terrorizzato, aveva potuto constatare che, se si metteva d’impegno, ogni tanto poteva tenere gli occhi aperti per qualche minuto.


Nonostante il felice ritorno a casa, tuttavia, per Jules i problemi non erano finiti: l’odore di Adrian non se ne voleva andare.
Sì, lo sentiva ogni volta che si muoveva, quando alzava le braccia, quando si sedeva e lo spostamento d’aria gli faceva arrivare delle zaffate di profumo.
No, non era di certo stata una buona idea quella di aggrapparsi a lui saldamente mentre correvano, ma d’altra parte cos’avrebbe potuto fare?
Il terrore non gli aveva lasciato scampo: aveva dovuto afferrare il primo appiglio che aveva avuto sotto mano... Adrian, per l’appunto.
E ora non poteva fare niente se non cambiarsi decine di maglie inutilmente e imprecare a causa di quel dannatissimo odore di colonia. Sempre se era colonia: conoscendo il negozio che Adrian gestiva, Jules avrebbe potuto pensare si trattasse di un sapone speciale che si attaccava alle persone e non si staccava più! Chissà se una doccia l’avrebbe tolto dalle scatole... non poteva saperlo e soprattutto non poteva sperimentarlo, visto che in bagno c’era Joanne.
Era ufficiale: il destino tramava contro di lui.
Prima era successo al bar, dove tutti l’avevano scambiato per una donna, poi in moto, dove era quasi schiattato dalla paura e ora questo: quell’insopportabile odore che lo perseguitava. E come se tutto ciò non fosse bastato ci si metteva pure sua sorella: aveva noleggiato un film, da guardare rigorosamente sul divano di Adrian dopo cena.
“Sì, sì, una tradizione del cavolo” borbottò tra sé Jules.
In effetti, nonostante quello che lui pensava, il venerdì sera per sua sorella e il suo amico era d’obbligo passarlo sul divano a guardare qualche bel film. La cosa non sarebbe stata neanche molto negativa, se non fosse stato per i gusti di Jo in fatto di film. Questa era la cosa che lo turbava più di tutto: il terrore di doversi subire qualche film melodrammatico, strappalacrime e con un finale sul filo del rasoio in cui il cattivo moriva o faceva una brutta fine e i buoni vincevano, si sposavano e vivevano felici e contenti.
Prima di uscire, spinto giù dalle scale da Joanne, pregò in cuor suo che qualcosa succedesse e la serata fosse annullata per un qualunque motivo.
Ma il cielo non ascoltò le sue preghiere e la porta dell’appartamento di Adrian si aprì, invitandoli ad entrare.

Fine capitolo 3


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