Today is Ria day… Buon compleanno!!
Anche da chi rimane dietro le quinte e non partecipa attivamente alla
vita dell’Ysal! =P
Un grazie anche a Violet per l'aiuto!
Revenge
di Nivis
CAPITOLO 1
-Andiamo! Su, non puoi mica rinchiuderti in casa per sempre, ti pare?-
Adrian spostò il telefono dall’orecchio. Joanne gli stava letteralmente
facendo perdere l’udito.
-Piantala di urlare, ti sento benissimo…- tentò di dirle, ma lei continuava
imperterrita a parlare, o meglio urlare, che lui non poteva stare a
casa, che doveva assolutamente andare con lei…
-… perché nonostante noi non stiamo più insieme siamo sempre e comunque
amici e non ha senso ignorarci a vicenda visto che andiamo d’accordo…-
sbottò senza pensarci.
Joanne s’interruppe improvvisamente.
-Come lo sai?-
-Me lo ripeti *ogni* santa volta che mi chiami- tagliò corto lui.
-…-
-…-
-Davvero?-
-Sì-
-Ok- Era diventata seria -Stasera ti aspetto alle nove al Morgan. Ti
conviene esserci!-
-Eh?- Adrian spalancò gli occhi -È forse una minacc…-
-Du du du du-
Joanne aveva già riattaccato.
Nonostante avesse giurato a se stesso che non ci sarebbe andato mai
e poi mai, neppure se una bomba nucleare gli fosse caduta sulla testa
o un tifone avesse minacciato di abbattersi su casa sua, oppure, ancora,
se lei lo fosse venuto a prendere, alle nove meno venti si stava già
vestendo.
La velata (beh, mica tanto) minaccia di Jo l’aveva spaventato.
Non osava pensare a cosa sarebbe potuta arrivare a fare la ragazza per
fagli pagare il fatto di essere mancato al suo compleanno.
Ma lui si sentiva comunque a disagio al pensiero di dovere andare a
una festa in cui sarebbe stato presentato al nuovo fidanzato di Jo come
il ‘suo migliore amico nonché ex’. Sfidava chiunque a sentirsi a proprio
agio in un caso simile. E oltretutto, come se tutto ciò non fosse bastato,
ci sarebbe stata una nutrita schiera di amici che si sarebbero chiesti
per l’ennesima volta (e ovviamente avrebbero chiesto a lui, si sa:
gli amici non si fanno mai i fatti propri) per quale motivo una
delle ‘coppie più affiatate’ si fosse divisa da un giorno all’altro.
Sospirò.
Ci sarebbe andato, sperando solo che il ragazzo di lei non la prendesse
troppo male…
Alle 21.05 era di fronte alla porta d’entrata del Morgan, o almeno di
quello che lui supponeva fosse il locale giusto. L’indirizzo era esatto,
su questo non c’erano dubbi: l’aveva ricontrollato almeno cinque volte
da che era arrivato. Era l’insegna che lo lasciava piuttosto esterrefatto:
un pannello di legno con dipinto un polipo celeste dai tentacoli che,
grazie alle luci poste sopra ad essi, sembravano muoversi.
Il locale pareva essere totalmente in legno, dalle rifiniture delle
finestre sino ai lampadari che s’intravedevano dall’esterno, e i camerieri
che scorgeva muoversi all’interno vestivano da mozzi dell’Ottocento.
Che Jo non ci stesse con la testa l’aveva sempre sospettato, ma non
avrebbe mai pensato di averne una conferma così lampante!
Cosa faceva pensare alla ragazza che fosse normale fare una festa di
compleanno in un covo di pirati?
Non ci fu tempo per trovare una risposta perché la porta (o meglio il
portone) si aprì e una cascata di capelli neri si appiccicò a lui.
-Tesoro, lo sapevo che saresti venuto! Ti ho visto da dentro e ho deciso
di venirti a prendere fuori prima che tu decidessi di fuggire!-
Prima che potesse ribattere la ragazza l’aveva già trascinato dentro
e lo stava guidando verso una tavola appartata.
Diede un occhiata veloce alla gente intorno al tavolo.
Sì, definitivamente non si sarebbe divertito un granché.
Troppa gente che non conosceva e troppa che conosceva abbastanza per
non sapere che nel giro di pochi minuti avrebbero iniziato a sparlare
di lui. E poi…
E poi lui: il nuovo ragazzo di Joanne. Un metro e novanta di muscoli
e un sorriso per niente rassicurante. Non che le borchie e i collari
che aveva notato mentre si avvicinava l’avessero illuso più di tanto…
-Rod, caro, questo è Adrian, il mio migliore amico. Adrian, questo è
Rod, il mio ragazzo- fece le presentazioni Joanne.
Adrian si aspettava qualche battuta tagliente da parte dell’altro, o
almeno una stretta di mano particolarmente forte, ma Rod si limitò ad
annuire, a stringergli la mano mollemente e a sussurrargli quasi un
-Piacere, Rod-.
Lui d’altra parte improvvisò il suo miglior sorriso e rispose con un
-Ciao! Sono Adrian, piacere mio!- sedendosi poi accanto a Joanne.
La serata proseguiva tranquilla tra battute e scherzi e tutti quanti
sembravano divertirsi.
Ormai era tardi, la festa cominciava a finire e un po’ di gente iniziò
ad andarsene, sfoltendo sempre più il gruppo e lasciando alla fine soltanto
Rod, Joanne e Adrian a bere e parlare.
-Joanne, è il tuo turno di andare a prendere da bere- esordì dopo un
po’ Rod e lei sbuffando un -ma io sono la festeggiata!- si diresse al
bancone per ordinare.
Rimasti soli i due ragazzi si limitarono a guardarsi per qualche secondo,
poi Rod prese la parola.
-Jo parla spesso di te, lo sai?-
Panico.
“Non oso pensare a cosa possa avergli detto quella pazza!”
-Davvero?- mormorò.
-Già. Mi aveva parlato tanto di te che non sapevo cosa aspettarmi...
Avevo quasi paura che fosse ancora innamorata di te…-
Le orbite di Adrian in quel preciso istante si spalancarono.
“Lo sapevo che qualcosa doveva aver fatto…quella è tutta scema.”
-Ma non scherzare, dai, non è più innamorata di me da lungo tempo…-
sospirò -E anche se lo fosse non avrebbe speranze perché io ora le voglio
bene come a una sorella, un’amica, ma niente di più-
-Sì, l’avevo capito, lei è il tipo da rimanere in ottimi rapporti anche
con il suo ex!-
-Già…-
In quel mentre Joanne ritornò, tenendo in bilico su un vassoio tre boccali
di birra.
-Ragazzi! Ecco a voi! Però il prossimo turno ci va Adrian!-
-Ok, ok, adesso molla la birra però!-
-Su, dai Adrian, tocca a te! L’hai promesso: per questo turno tocca
a te andare a prendere da bere!- insisteva Joanne, ormai brilla.
-Sono d’accordo con lei, devi andare a prendere da bere tu questa volta!-
aggiunse l’altro concentrandosi per riuscire a fare una frase sensata.
“Ma hanno già programmato tutto? Comunque neanche Rod regge tanto bene
l’alcool, sigh..”
Adrian si avviò verso il bancone.
-Tre birre, per favore-
Il ragazzo dall’altra parte annuì e si mise a prepararle.
-Non crede che abbiano già bevuto troppo?- si azzardò a dire.
-Sì, ma se non porto da bere diventeranno dei rompiscatole… e poi per
stasera va bene così, grazie-
Mentre aspettava si guardò attorno.
Il locale a quell’ora non era molto affollato. C’erano sì e no una decina
di clienti, molti dei quali sonnecchiavano accanto a un boccale oppure
giocavano a carte.
A un lato del bancone, un po’ in ombra e poco distante da lui, una chioma
di capelli biondi fissava intenta un boccale di birra davanti a sé,
persa in chissà quali pensieri. Non riusciva a vederne il volto, chino
sul bicchiere, però era pronto a scommettere che fosse una gran bellezza.
Fece scorrere gli occhi sul resto del corpo: alta all’incirca un metro
e settanta, le spalle scoperte incurvate in avanti, i capelli che scendevano
a coprirle il viso toccando il tavolo prima di gettarsi nel vuoto, e
i pantaloni stretti che mettevano in evidenza glutei ben torniti e gambe
lunghe e magre.
“Proprio il mio tipo” si ritrovò a pensare e, complice l’alcool,
si buttò!
Si avvicinò silenziosamente.
-Tesoro, hai bisogno di compagnia?-
L’altra lo ignorò.
Lui appoggiò una mano sulla sua spalla. In quell’istante il barista
posò il vassoio sul tavolo e si girò per osservare la scena.
-Sparisci- un sibilo così basso che lui neanche lo sentì (o forse
fece finta di non sentirlo).
Le poggiò le mani sulle spalle.
-Non ti annoi qui tutta sola?- un dito segnò i contorni del tatuaggio
tribale che la ragazza aveva al braccio e poi scese lungo la scapola
destra e fermandosi poco sopra il fianco ci girò intorno, poggiandosi
prima sulla pancia e poi interrompendo il percorso su una coscia.
Stavolta il tono di voce si alzò.
-Piantala di toccarmi e sparisci- Non si voltò neppure questa volta.
Sembrava non avesse la minima intenzione di dargli retta.
-Su, non fare così, dai, vieni con me, ci divertiremo, sai?-
Adrian provò a baciarle il collo mentre con gli occhi tentava di sbirciare
verso la scollatura che “sicuramente” una sventola tale doveva avere.
Errato.
C’era un fattore che non aveva considerato.
No, non era che non avesse la scollatura, anzi: aveva direttamente il
gilé slacciato.
Solo che…
...non era una donna.
Era un uomo.
“Ci sto provando con un uomo” fu tutto quello che il suo cervello
realizzò in quel momento.
“Ci sto provando con un uomo” girò la testa verso il barista
che ridacchiava nel vederlo sbiancare.
“Ci sto provando con un uomo” ripensò a quanto aveva fatto per
dimenticare l’eccitazione provata nel vedere, due anni prima, la sua
ex-ragazza a letto con un uomo.
L’eccitazione provata nel vedere l’uomo.
“Ci sto provando con un uomo” rivisse i momenti in cui, da piccolo,
i suoi compagni di giochi gli davano del finocchio solo perché non voleva
giocare ad attraversare i binari prima che passasse il treno.
“Ci sto provando con un uomo” il suo sguardo si fece vacuo al
ricordo delle notti insonni a pensare che no, non era possibile, non
lui. A lui non piacevano gli uomini, si era sempre eccitato nel vedere
i filmini con sole donne protagoniste. Addirittura era disgustato dai
personaggi maschili presenti nei pochi film porno etero che aveva visto.
Fino a due anni prima.
“Ci sto provando con un uomo” -La sessualità cambia, non è stabile.
Il mutamento fa parte della nostra natura umana- chi l’aveva detto?
“Ci sto provando con un uomo” Jo, era stata lei, quella notte
in cui l’aveva trovato rannicchiato sul divano in posizione fetale a
disperarsi sul perché era cambiato.
“Ci sto provando con un uomo”
-Ora te ne vuoi andare. Non sono una donna, non mi piacciono i tipi
insistenti e soprattutto i depravati come te-
Si riscosse. La frase aveva fatto il suo effetto.
Basta, era da troppo tempo che sopportava questa sua instabilità sessuale.
Basta, non ne poteva più di sentirsi deridere da tutti (“Ci sto
provando con un uomo” ancora una volta rimbombò nella sua testa)
e soprattutto non sopportava d’essere definito un “depravato ”.
Quindi, per tutta risposta, Adrian rifilò allo sconosciuto un destro
in piena faccia, prese il vassoio, girò i tacchi e se ne ritornò al
suo tavolo in silenzio, senza curarsi delle occhiate dell’oste e del
ragazzo caduto per terra.
-HEYYY!!- gli urlò di rimando l’altro, che nel frattempo stava sul pavimento
tenendosi mezza faccia con una mano, ma Adrian lo ignorò bellamente.
Al grido i pochi ancora svegli si girarono verso il ragazzo in terra,
convinti che stesse per scatenarsi una lite, ma visto che l’antagonista
se n’era andato ritornarono alle loro occupazioni precedenti.
Il biondino, vedendo che tutti si erano voltati verso di lui, si sentì
in imbarazzo e per evitare di dare spettacolo non fece nulla. Si alzò
e si sedette di nuovo al suo posto.
-Tieni- il barista, Sam, passò al ragazzo un asciugamano e un sacchetto
di ghiaccio –dovrebbe evitare che si gonfi-
-Come se me ne importasse qualcosa, ora come ora. Quel maledetto ci
ha provato e poi m’ha colpito, te ne rendi conto?-
-Non è la prima volta che ti capita, ti faccio notare…- gli rispose
Sam – anche ieri sera, e l’altro ieri sera ancora è successa la stessa
cosa…-
-Già, ma in quel caso non sono stato io a tornare a casa con un livido,
mi pare, no?-
Poggiò sul banco il ghiaccio e l’asciugamano.
Era la terza volta in tre sere che lo scambiavano per una donna. Le
prime due aveva reagito lui e aveva mollato un paio di sinistri che
erano andati a segno e avevano fatto fuggire con la coda tra le gambe
i molestatori. La terza... Beh, era stato lui a finire a terra.
-Perché capitano tutte a me? Ti sembro forse una femmina?- chiese sconsolato.
Sam si limitò a guardarlo con occhi caritatevoli. Poverino, non era
colpa sua se appariva tanto femmineo…
-No, però è facile scambiarti per una donna se tieni i capelli così
lunghi sciolti sulle spalle. Se uno ti vede da dietro può anche sbagliarsi,
questo lo devi riconoscere- si limitò a dire.
Il biondino sospirò.
“Forse, ma dico forse, ha anche ragione. Però non accetto di venire
colpito perché un cretino *ubriaco* mi ha scambiato per una donna.”
Non era giusto, ecco! Era semplicemente ingiusto che l’unica volta,
in quelle tre sere, che era sobrio e ad abbordarlo era stato uno che
non lo era affatto, fosse stato lui a ritrovarsi con un livido in faccia!
E come se quello non fosse bastato, non riusciva a spiegarsi come mai
i suoi riflessi fossero stati così lenti.
Di sicuro, non era rimasto fermo perché il tipo dall’altra parte era
un bel moro dagli occhi scuri, carino e abbronzato. No, assolutamente
non era stato perché quel ragazzo rispecchiava il suo tipo ideale. Vero?
Qualcosa nella sua testa diceva che probabilmente era così.
Sospirò.
Tutte a lui, capitavano… Tutte a lui. Eppure non assomigliava per nulla
a una donna.
Le spalle erano quelle di un uomo, indubbiamente.
“Ma sei un po’ gracilino, e i capelli le nascondono.”
L’altezza anche.
“Ma se sei più basso della media! E i capelli ti fanno anche sembrare
ancora più piccolo!”
Accidenti, forse era davvero quello il suo problema: i capelli erano
la prima cosa che la gente notava di lui, fermandosi a quel particolare
senza osservare l’insieme. Proprio come avevano fatto gli uomini quelle
ultime sere. Proprio come aveva fatto quel tizio poco prima, prima di
prenderlo a pugni. Proprio come aveva fatto… Già, indubbiamente doveva
essere così…
Ma a ‘quel tizio’ gliela avrebbe fatta pagare, prima o poi. Se lo avesse
rivisto gliela avrebbe fatta vedere lui! Magari era un cliente abituale
del locale… l’indomani sarebbe tornato a controllare. Prima, però, aveva
qualcosa da fare…
-Giuro che mi vendicherò di quello lì se lo incontro di nuovo. Intanto
però ho bisogno di un drastico cambiamento. Sam, ci vediamo domani-
Si avviò alla porta mentre il barista lo guardava scettico, chiedendosi
che cosa potesse avere in mente quel buffo ragazzo che ormai da un mesetto
frequentava il suo bar.
-Allora, come mai c’hai messo così tanto?-
Jo era completamente sbronza. Probabilmente non riusciva neanche più
a distinguere quante persone ci fossero intorno a lei, mentre Rod le
stava tranquillamente abbracciato impedendole così di muoversi.
-Uhm... niente di importante, solo un imprevisto… Beviamo, vi va?-
-Zììììììì!!!!- urlò la ragazza, senza pensare che qualcuno dall’altra
parte del paravento poteva sentirla e scambiarla per una bambina.
Adrian distribuì le bevande e poi domandò:
-A che brindiamo?-
-Non lo so… Che ne dite di brindare a una lunga vita felice?-
Joanne ridacchiò.
-Seee… come in quei film in cui “tutti vissero felici e contenti”- disse
ironicamente l’unico che ancora non era completamente ubriaco portando
in alto il suo boccale.
-Propongo anche di aggiungere un brindisi al principe azzurro che abbiamo
o dobbiamo trovare!- suggerì poi la ragazza attirandosi un’occhiataccia
da Adrian a cui rispose con una linguaccia.
“Non riuscirà mai a farsi gli affari suoi…”
Rod non pareva essersi accorto di nulla. Meglio così, non sarebbe
stato carino attirarsi delle occhiate curiose poco prima di uscire dal
locale.
-Cin cin!- si augurarono contemporaneamente scolandosi le tre birre.
Cadde il silenzio per un secondo, poi Adrian lo ruppe.
-Credo sia il momento di andare. Io sono piuttosto brillo e vedo che
manco voi vi reggete in piedi, no?-
-…- nessuno dei due parlò.
-Ah! Lo immaginavo. Su, avanti, vestitevi!- ordinò loro.
Gli altri non annuirono neanche, ma iniziarono ad alzarsi e a mettersi
i rispettivi cappotti.
“Bene, più obbedienti che dei bambini!” si disse il ragazzo facendo
loro strada verso la porta e fermandosi un secondo alla cassa per pagare.
-Ragazzi, vi porto a casa io, ‘k?-
-Mhm …'k Adrian…-
Joanne si appoggiò al suo ragazzo di peso e lui la sorresse mentre l’altro
andava a prendere la macchina. Cinque minuti dopo stava guidando per
la città, sperando che nessun poliziotto lo fermasse per fargli la prova
del palloncino.
-Adriaaaaan! Sei in casaaaaa?- Jo era fuori dal suo appartamento. Non
che fosse tanto strano visto che abitavano nello stesso condominio,
la cosa strana era il tono caramelloso che stava usando per chiamarlo.
-Che vuoi?- non si curò neppure di invitarla ad entrare, sicuro che
lei l’avrebbe fatto anche senza invito. Come infatti successe.
Così mentre lui spalmava del burro su una fetta biscottata la mora si
sedette comodamente su una sedia, iniziando a parlare senza sosta.
-Dunque, innanzitutto grazie per ieri seri… Mi sono divertita da morire.
E poi… Beh, ho bisogno di un favore: oggi pomeriggio mi devo incontrare
con mio fratello e sono anni che non lo vedo, da quando si è trasferito
in Germania quattro anni fa, se volevi saperlo, e vorrei tu mi accompagnassi.-
Non aveva neppure respirato mentre lo diceva.
-Perché?-
-… ho paura che mi dia buca-
-…-
“Non ci credo. Non è possibile che pensi veramente che suo fratello
possa darle buca…anche se fossi in lui probabilmente lo farei, visto
quanto rompe…” ma si pentì subito del pensiero.
-Daiiii, ti pregooooo!- miagolò.
Adrian sospirò.
–Ok, vengo, quando?-
-Usciamo alle tre, l’appuntamento è alle quattro al parco, ma vorrei
fare un po’ di spese prima-
“Sapevo che c’era un trucco” si disse Adrian prima di cacciarla fuori
di casa con un –ci vediamo dopo, allora!-
Le strade non erano molto affollate a quell’ora, probabilmente la maggior
parte della gente stava a casa a dormire oppure, più semplicemente,
aveva altro da fare.
“Beati loro! E io mi trovo qui a dover fare da facchino e terzo incomodo
in un colpo solo…”
Adrian camminava tenendo in mano un paio di borse pesanti piene
di provviste che Joanne aveva comprato.
-Su, ci siamo quasi, ora devo solo trovarlo…- gli disse la ragazza guardando
nel parco.
-Eh? Prego? Dimmi che non avete deciso *dove* vedervi esattamente… Non
ci posso credere- scosse la testa. No, non poteva essere vero.
-Non ci siamo dati un posto preciso per trovarsi, ora che ci penso sarebbe
stato meglio farlo, almeno così non ci sarebbero stati troppi problemi,
e poi magari è cambiato e io non lo riconoscerò più, e pure io sono
cambiata e magari lui non mi riconoscerà più…-
-Jo?- la interruppe.
-Sì, che c’è?-
-Dacci un taglio. Adesso ci guardiamo in giro e se non c’è, non lo vedi
o non trovi nessuno che gli somigli, ci sediamo su una panchina e aspettiamo
che arrivi, ‘k? Se tra un’ora non c’è beh, allora prendiamo e ce ne
andiamo…-
Lei lo guardò e sospirò.
-Ok, scusa, è che sono nervosa-
-Sì, ti capisco, ma non è il momento di farsi prendere dal panico! Vedrai
che lo troviamo, su, guardati in giro, lo vedi?-
-Ok, qui non lo vedo. Andiamo a sederci da qualche parte-
L’altro annuì, dirigendosi verso il centro del parco. Le panchine erano
in gran parte occupate da barboni, e le poche che non lo erano si trovavano
esposte al sole. Dopo qualche secondo notò, accanto alla fontana principale,
una panchina libera messa in ombra dai rami di un albero vicino e non
vedendo l’ora di raggiungerla si affrettò, lasciando indietro l’amica.
Jo intanto continuava a guardarsi intorno senza successo.
Stava quasi per rinunciare e per rincorrere Adrian quando una voce la
riscosse.
-Sorellina, non mi dire che mi stavi cercando!-
Un giovane con degli occhiali scuri uscì dall’ombra di una quercia accanto,
sorridendo.
-Julesssss!! Quanto tempo!- lei gli si gettò addosso stritolandolo.
-Già, eh?!-
L’abbraccio si sciolse e Joanne prese tempo per guardare meglio il fratello.
No, i suoi capelli dov’erano finiti? Se li ricordava lunghi e lucenti,
ideali da accarezzare e annodare per passare il tempo!
-Arghhh! Ma cosa hai fatto ai capelli?- piagnucolò -Erano così belli…-
-Mm… nulla, avevo bisogno di cambiare look e di sembrare più adulto.
E poi non volevo correre il rischio che finissero sotto le tue grinfie!-
-Ma se sono una parrucchiera provetta?! Beh, stai bene così, sembri
davvero più grande, però mi dispiace lo stesso… uff, dai vieni che ti
devo presentare un mio amico che m’ha accompagnato e poi noi dobbiamo
parlare di un sacco di cose!-
-‘k- si limitò a dire l’altro. mentre la ragazza lo trascinava verso
la panchina su cui facevano bella mostra due borse capienti e una testa
mora che si voltava pigramente a destra e a sinistra, rivelando a tratti
il viso del ragazzo seduto.
“Non è possibile… Non può essere lui.” Formulò la sua mente
appena lo vide.
E invece era lui: la causa del suo ultimo male. Al ricordo della sera
precedente il suo stomaco si strinse in una morsa. Poteva vendicarsi,
eccome se poteva.
Sorrise cinicamente e s’avviò con la sorella.
Joanne non poteva minimamente immaginare che dalle sue parole sarebbero
dipesi gran parte dei fatti successivi.
-Adrian, ecco qui mio fratello Jules-
-Piacere- disse l’altro alzando gli occhi e porgendo una mano al nuovo
arrivato.
Riconobbe subito il tatuaggio. Quante persone potevano avere lo stesso
identico disegno tribale su un braccio? E quante di esse i capelli biondi,
mossi (anche se doveva averli tagliati, dalla sera prima)? Decisamente
poche.
Non diede segno di aver capito chi fosse e decise di aspettare la mossa
dell’altro.
-Piacere, sono Jules-
Non aveva aggiunto altro, anzi, pareva che non l’avesse riconosciuto
o che se l’aveva fatto non avesse la minima intenzione di parlarne.
-Adrian è un mio amico, diciamo che è l’unico su cui posso fare affidamento
per ogni cosa…-
-E che puoi sfruttare come vuoi, vero?- la interruppe il ragazzo ridendo.
-Già!- dovette ammettere lei.
“Bene, mi sarà più facile fargliela pagare se è amico di mia sorella…bene
bene, la fortuna inizia ad essermi favorevole…”
Passarono ancora una mezz’oretta a parlare del più e del meno. Ma quando
Joanne iniziò a fare un sacco di domande al fratello su come aveva passato
i quattro anni all’estero, che cosa faceva e cose simili Adrian iniziò
ad annoiarsi e prendendo la prima scusa che gli capitò a tiro levò le
tende.
-Scusate, ma il lavoro mi attende. Ci vediamo Jules! Ciao Jo, a stasera-
-Ciao!-
-Ciao! È stato un piacere, spero di rivederti presto!- disse l’altro
prima che Adrian se ne andasse lasciandolo in balia della sorella.
Fine capitolo 1
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