I personaggi di Dragon Ball, Slam Dunk e Tenku No Escaflowne sono © dei loro rispettivi autori. Nessun scopo di lucro.

 


Red Passion

parte I

di Folken


E’ una giornata come tante, oggi, o almeno lo è per me. Il programma di solito è questo: sveglia presto per dare qualche occhiata al telegiornale, poi sei ore di lezioni a scuola, allenamento di basket pomeridiano, e serata in qualche appartamento o in un bar con un cliente.

Alla fine è sempre la stessa storia, sono così stanco che vengo obbligato di sera a fare cose che non voglio.

Ricevo decine di telefonate sul mio cellulare – l’ultimo modello con gli MMS, che ho potuto comprare grazie ai soldi che mi sono guadagnato in due settimane di lavoro, funziona che è una meraviglia! –, a volte anche durante le ore di lezione, e devo assentarmi per parlare con questa gente – di solito sono uomini dai trenta ai quarantacinque anni – che hanno trovato un mio vecchio annuncio sul giornale locale o il mio piccolo ma ben allestito sito web.

Mi metto d’accordo per incontrarci a una certa ora della sera in qualche locale privato con il ragazzo di turno, controllando sulla mia agenda che scoppia di bigliettini e altre cazzate varie di avere tempo libero.

A volte per il lavoro mi assento persino da scuola, o salto i vitali allenamenti di basket.

Dico vitali perché se non mi impegno di più nel gioco mi fanno guardare il campionato dalla panchina, e non voglio di certo fare la pianta grassa.

Ecco, il mio cellulare vibra nella tasca dei jeans strappati sul ginocchio e sotto il gluteo.

Lo afferro e leggo sul display <utente sconosciuto>. Deve essere uno nuovo ...

Rispondo prontamente, con il mio caldo e marcato accento giapponese.

“Pronto? ... Si, sono proprio io! ... Ciao Hiroshi, piacere di conoscerti! ... sono sempre libero per te, amico ... ah ... no, non dovrei avere problemi ... aspetta, do’ un’occhiata ... no, è tutto a posto ... nel Platz Hotel? ... alle sette? ... Va benissimo! ... alto, capelli neri con una giacca scura? Ti riconoscerò subito! ... A domani allora, ciao!”

Chiudo con un sorriso la comunicazione. Proprio i clienti non mi mancano! Sono contento di aver deciso di fare questo lavoro.

Insomma, ricevo sesso e soldi in abbondanza senza problemi, faccio quello che voglio!

Si, avete capito bene. Faccio enjo kosai.

C’è tantissima, un’infinità di gente che disprezza i ragazzi come me, ma se ho dovuto fare questo lavoro è stata una scelta diciamo obbligata, ma non *sofferta* .

Io ho bisogno di soldi per vivere, non ho nessuno al mondo a parte i nonni dalla parte di mia madre, e con la scuola ... non è molto facile trovare lavoro con i tempi che corrono.

E’ vero, per alcuni può anche essere un divertimento, e non lo nego, ci sono certi giorni che proprio sorrido, convinto che questa sia la mia vita ...

Ma ho già deciso da tempo, che appena finisco le superiori la smetto.

Chissà come la prenderebbero i miei compagni se venissero a sapere una simile notizia ... io che non sono né particolarmente bello, né ho mai avuto una ragazza!

Sono conosciuto come il detentore del record degli scaricamenti nella storia umana, ma seriamente in fondo in fondo non me ne frega un granché.

Da tanto tempo avevo capito di non essere un ragazzo come tutti gli altri.

Però volevo solo delle rassicurazioni da parte del sesso opposto, volevo convincermi che mi piacevano le ragazze come tutti, ma è solo un illusione.

Smisi di prendermi in giro da solo e mi dissi, davanti allo specchio: sono gay.

Non ne rimasi particolarmente scioccato, forse perché ero ancora troppo ingenuo nonostante avessi quindici anni per capire che razza di omofobi e razzisti ci sono a questo mondo. Forse perché non avendo nessuno di importante al mio fianco, non avrei avuto paura, il terrore che affligge ogni omosessuale affrontare questa scoperta con i proprio genitori, i propri fratelli o sorelle.

Non ho mai avuto problemi ...

Ricordo che l’ultima ragazza che mi ha scaricato la rividi poco tempo dopo in compagnia di quello che doveva essere il suo fidanzato ... e con ormai indifferenza mi scoprii a desiderare lui al posto di lei!

Fare l’accompagnatore agli inizi mi sembrava un suicidio, un’idea da scartare all’istante.

Come potevo io, così imbranato e soprattutto vergine, offrirmi a degli estranei?!

Però grazie all’aiuto di un <amico>, riuscii a uscire fuori dalla timidezza e dalla paura del *non piacere* , e la prima volta che andai a letto con qualcuno fu fantastico ... mi piacque così tanto che non vedevo l’ora di avere altre esperienze, per esprimere così al meglio la mia omosessualità, senza quelle ansie che costellano le *nostre* vite.

Sto camminando per le strade affollate di gente della città di Tokyo.

Molte persone si voltano a guardarmi, squadrandomi sgomenti per la mia altezza – sono una pertica di un metro e ottantasette – e per la mia capigliatura rosso fuoco.

All’ennesima occhiata prendo una ciocca di capelli che sono diventati davvero lunghi e sbarazzini e me la porto davanti agli occhi.

Cos’hanno che non vanno i miei capelli? Gli ho ereditati dalla mia mamma, che era una russa al cento per cento. Peccato che non mi abbia dato anche i suoi spettacolari occhi grigi ...

Comunque, a me i capelli miei piacciono, e non ho alcuna intenzione di tingerli ... anche perché anche i miei clienti dicono che sono bellissimi, quando ci passano le mani saggiandone la lucidità e la morbidezza.

Nonostante sia una giornata come le altre, è davvero bella.

Forse fa un po’ troppo freddo, nonostante siamo ad ottobre ...

Mi stringo un poco nel giaccone marrone che ho indosso. Ci sono particolarmente affezionato, perché è stato il primo giaccone di *marca* che mi sono comperato con i soldi che ho guadagnato con i miei ... sforzi.

Parlando a questo modo, sembra che io faccia enjo kosai da tantissimo tempo e sia espertissimo di questa vita, ma in realtà non è proprio così ...

Fra quattro giorni sono giusto- giusto cinque mesi.

Festeggerò mangiando in compagnia di Kaede – il mio migliore amico, ovviamente – una buona fetta di torta al cioccolato.

La golosità è proprio un mio difetto ...

Se volete conquistarmi, prendetemi per la gola!

In questo momento sto andando a zonzo, mentre osservo i negozi dalle vetrine sfavillanti, dove vengono esposti abiti costosissimi e capi firmati dai più grandi stilisti ...

Decido di fermarmi in un negozio che mi attira particolarmente, forse per le luci verdi che illuminano un capo da uomo davvero bello ...

Il manichino indossa una maglietta verde foresta a maniche lunghe di cotone con il collo alto, dei pantaloni stile militare color sabbia dalle tante tasche sui lati e sulle spalle un maglione bianco dalle maniche corte.

Accidenti, penso seriamente che mi brillino gli occhi quando lo guardo, ma appena vedo il prezzo fischio di sorpresa.

Il cartellino decorato segna ben 36.000 yen tutto il capo completo. Certo, è logico che abbia un costo così elevato, porta il nome di <Norika> sull’etichetta in plastica bianca attaccata al bordo della maglietta ...

Tiro fuori la busta gonfia dal mio zaino nero a spalla, e conto velocemente le banconote da 1000 yen, arrivando poco oltre la somma richiesta. Insomma, me li hanno appena elargiti, e inoltre ho bisogno di comprare qualcosa di autunnale, io.

Decido di entrare riponendo la busta nella borsa, e quando entro mi guardo in giro.

Ovviamente la maggior parte delle persone che girellano qua e là sono ragazzi, tutte vestite con una certa eleganza.

Noto che ce n’è qualcuna particolarmente carina, che hanno un modo di muoversi diverso dalle liceali.

Chissà, forse sono delle modelle, ma non me ne stupirei, in fondo ci troviamo nel quartiere di Shibuya, no?!

Comunque, chiedo a una commessa di farmi provare la maglietta e i pantaloni, e questa dopo avermi sorriso gentilmente sparisce per un attimo, e poi noto che torna con in braccio ben piegate senza un minimo difetto i vestiti.

Me li da e mi indica un camerino piuttosto lontano all’entrata del negozio, che anche se fuori non sembra, è davvero spazioso e confortevole.

Mi chiudo la piccola porta alle spalle a chiave e voltandomi verso lo specchio comincio a sfilarmi via la giacca.

Poi passo al maglione rosso vino dagli intrecci un poco sgualciti, e infine i jeans. Li appendo allo attaccapanni che ho lì accanto.

Indosso la maglietta che mi abbraccia strettamente, ma senza darmi fastidio, tirando sui miei capezzoli inturgiditi dal freddo, e lasciandomi scoperta di poco la pancia.

Metto su anche il maglione che disegna la mia figura morbidamente, e infine passo ai pantaloni che sono davvero comodissimi, così pieni di tasche e larghi.

Mi allaccio la cintura nera e mi guardo attentamente.

Si mi piacciono proprio! Sono certo che se andrò domani da ... come si chiama, oh si, Hiroshi! ... con questi vestiti, farò un figurone.

Decido di lasciarli su e quando esco la commessa che era rimasta lì ad aspettarmi arrossisce leggermente, sorridendomi.

Possibile che da quando ho cominciato a lavorare faccio colpo su donne e uomini, mentre prima nessuno si avvicinava a me neanche avessi la malaria?!

“Vorrei tenerli, se non le dispiace.”

“Ma certo!” sussulta “Le tolgo i cartellini e poi alla cassa”

Questo <alla cassa> lo marca forte, come a ricordarmi quale sia il prezzo fenomenale.

Scrollo le spalle, adesso posso spendere e spandere quanto voglio!

 

Esco. Di nuovo vengo avvolto dal freddo che mi colpisce come uno schiaffo.

Fortuna che il cappotto è allacciato bene, e mi copre anche la gola.

E’ il secondo giorno che mi trovo a Tokyo – ovviamente mi sono recato qua per lavoro ... – e oggi, la seconda giornata per l’appunto, l’ho passata a girovagare per tutta la città, camminando e senza usare i mezzi.

Devo ammettere che comincio ad avvertire fastidio ai polpacci, ma non me ne preoccupo. E’ un buon allenamento per tenersi in forma.

Questa sera torno finalmente al mio piccolo appartamento di Kanagawa.

Non vedo l’ora di dormire nel mio comodo letto, sono stufo di continuare a cambiare stanze e alberghi.

Sorrido mentre cammino, quasi non sento i pantaloni che sfiorano le mie lunghe gambe. Ho fatto proprio un ottimo affare, e mi è stato fatto pure uno sconto di 850 yen! Si, non è molto, ma lanciandole quell’occhiata l’ho abbindolata all’istante.

Okay, nessuno resiste al mio immenso fascino!

Ricordo ancora quando il mio <amico> mi insegnò a valorizzare le parti del corpo più belle che avessi.

Io non ho mai creduto in me, nonostante a scuola dicessi di essere il tensai mondiale del basket, o di qualsiasi altra cosa, e sapevo di non poter competere con chi fosse innegabilmente bello.

Ricordo che mi portò davanti alla specchiera in camera sua – ero nella sua casa di mare quel giorno – e mi fece guardare attentamente, descrivendo il mio aspetto fisico come mi vedeva lui, arricchendo il discorso di complimenti e aggettivi che indubbiamente non si addicevano a me.

Ricordo poco e niente di quello che mi disse – sei sensuale ... occhi ammalianti ... mani affusolate ... - , ma da quel momento mi convinsi a credere.

E tuttora credo solo in me stesso, e in nient’altro.

Non credo in Dio, perché l’unica volta che gli ho chiesto un desiderio volendo sacrificare ogni cosa, per salvare la mia povera mamma malata di leucemia, non mi ascoltò minimamente.

Non credo nella pace, perché non può esserci pace in un mondo dove vengono disprezzati i gay che sono come tutti gli esseri umani, che viene disprezzato chi non ha la pelle del tuo stesso colore, che c’è una serrata lotta tra i popoli per accaparrarsi un territorio ...

E credo poco più di niente nell’amicizia ... alla fine ti tradiscono tutti.

No, sbaglio.

Con Kaede è sembra diverso.

Con lui sto davvero bene! E’ l’unico che sa della mia omosessualità, e devo ammettere che quando gliel’ho detto ho temuto davvero il peggio.

Pensavo che non avrebbe più voluto starmi accanto, dormire con me quando andavo a casa sua, giocare a basket con me.

E invece, be’, certo è stato scioccato. Insomma, credeva che fossi tutto il contrario. Ma poi mi ha sorriso – un sorriso rarissimo, lui è così serio e musone – e mi ha detto che sono il suo più grande amico.

Lo abbracciai d’istinto, e lui non mi rifiutò. Mi passò le braccia dietro la schiena e rimanemmo così per qualche minuto.

Non ci eravamo mai abbracciati a questo modo, solo quando abbiamo vinto una partita importante, ma era solo un momento di euforia. Quella volta fu per dimostrare il nostro affetto, l’uno verso l’altro.

E devo dire che adesso siamo quasi amici più di prima.

Di nuovo, sento il cellulare che vibra. Lo afferro, ma questa volta è proprio Kaede che mi sta chiamando.

Rispondo e sto a sentire quello che dice. A quanto pare domani, una bellissima domenica, ci sarà alle quattro di pomeriggio una mostra d’arte, dove verranno esposti i quadri di Cezanne.

Nonostante Kaede sembri sempre interessato al basket, in realtà non è così ... gli piace molto la pittura, ed è bravissimo a disegnare. Mi ha anche promesso che il giorno del mio diciottesimo compleanno mi farà un ritratto ad olio! Non vedo l’ora che arrivi quel momento, anche se manca ancora un anno e mezzo ...

Purtroppo io non ho la sua passione – ho passione per il sesso, in realtà ... – e non mi piacciono i quadri, la poesia, la letteratura e tutte quelle arti espressive che richiedono attenzione e studio.

Ma siccome lui mi ha sempre seguito quando glielo chiedevo, ci vado volentieri, così almeno possiamo divertirci e stare un po’ insieme, visto che ci vediamo relativamente poco.

Ovviamente lui non sa del mio lavoro, ci mancherebbe altro. Mi minaccerebbe di morte se non lo lasciassi all’istante! E’ molto protettivo nei miei confronti, mi considera come un fratellino pasticcione e pestifero, nonostante abbia tre mesi più di me ... in realtà sembra molto più adulto. E’ serio – anche troppo, in realtà – ha sangue freddo – a parte in certi casi –, ed è autonomo. Certo, quello lo sono anche io, ma lui ha ... quel pizzico di qualcosa di cui non riesco a trovare il nome che lo fa sembrare *grande* .

Mi accorgo che comincia a fare tardi. Ormai il treno che mi porta a casa mia in poche ore sta per arrivare. Ma la fortuna vuole che io sia vicino alla stazione.

 

E’ mattino, e io sono sdraiato sul letto a peso morto da una mezz’ora, ormai. Ho subito un morboso attacco di pigrizia, e non ho proprio voglia di alzarmi per vestirmi o fare colazione, anche perché la mia povera dispensa è deserta con la scusa che a casa non ci sono praticamente mai, e devo andare a fare la spesa.

In effetti, ora che ci penso sono quasi sempre fuori alla sera.

Viaggio molto, fino ad arrivare sino a Nagasaki. E’ stata la città più lontana che io abbia visitato. Sono stato da molte altre parti, ma sicuramente le città più belle a cui ho potuto dedicare un po’ di tempo sono state Kyoto, dove fanno dei dolci magnifici, e ovviamente Tokyo, con i suoi quartieri bellissimi e la sua gente mista.

Ma la mia città preferita resterà sempre Kanagawa, sempre!

Sono nato qui, in fondo, conosco ogni scorciatoia, ogni vicolo come le mie tasche, ho fatto a botte con tutte le bande che abbia mai messo piede sulla mia strada, conosco tutti i coinquilini del mio condominio. Ho fatto anche il baby-sitter un paio di volte per un mio vicino di casa, adesso che ci penso. Ricordo che quando era piccolo quel marmocchio era una vera piaga! Non stava mai fermo un secondo, si muoveva a destra e a manca, e quasi ci mancava che mi facesse bruciare una tendina ricamata della cucina di quella splendida casa!

Ora ha sei anni, e non mi pare proprio che si sia calmato ... anzi, a volte sento di sopra il padre urlare a squarciagola, sulle crisi di nervi.

Sarò masochista, ma anche a me piacerebbe avere un figlio così attivo e vitale! Be’, cerchiamo di non esagerare, così attivo e vitale come la piccola peste no, magari un poco più tranquillo, ma che sia sempre sorridente!

Ma tanto, come potrei avere un bambino? Io non me la sento – e ce ne vuole! – di andare a letto con una ragazza, anche solo per metterla incinta, non riuscirei a starci bene. Vorrebbe dire rinnegare la mia diversità.

E poi, anche se lo volessi, non lo potrei tenere, perché la legge lo proibisce.

Almeno, questo è quello che mi pare di aver sentito. Lo Stato, per paura che quel bambino o bambina cresca malamente con idee sbagliate, vieta espressamente l’adozione di un neonato da parte di una coppia gay.

E secondo me non è giusto. Almeno, io gli farei capire che si è tutti uguali raccontandogli anche dei pregiudizi delle persone per metterlo in guardia, ma non gli farei mai mancare nulla di quello che ha bisogno. Giocattoli, vestiti, omogeneizzati ... ogni piccola cosa gliela comprerei volentieri, se così riuscissi a farlo felice.

Be’, se dovessi avere un bambino che gattona per casa dovrei eliminare questa mia pigrizia che mi colpisce spesso nei momenti meno opportuni ...

Mi alzo in piedi, e grattandomi svogliatamente il sedere coperto dai pantaloni del pigiama in flanella vado in cucina.

Non faccio in tempo ad attraversare il corridoio che sento il mio campanello di casa suonare. Ma perché devono esserci i rompipalle alla porta pure al mattino presto?

Mica tanto presto, ormai sono già le dieci e mezza.

Giro la manopola un paio di volte e apro malamente l’uscio impersonando un grizzly svegliato male, sperando di scoraggiare chi c’è fuori con uno sguardo irato.

“do’hao”

“baka kitsune”

Peccato che davanti a me, con lo sguardo fermo e freddo come al solito ci sia il mio migliore amico che scuote la testa sospirando seccato. Ogni volta che ci incontriamo questo è il nostro ormai quotidiano saluto. Si certo, lo so benissimo che letteralmente vogliono dire ‘idiota’ e ‘stupida volpe’, ma è dall’inizio dei tempi che ci chiamiamo con questi nomignoli.

Si, perchè quando ci siamo conosciuti, io e lui ci odiavamo a morte. Almeno, IO lo odiavo a morte, mentre lui aveva sviluppato verso di me una cinica indifferenza, che mi mandava in bestia. Quante volte solo per una parola di troppo ci rotolavamo per terra riempiendoci di polvere e pugni, quante azzuffate memorabili!

E dopo poco meno di un anno siamo diventati amici per la pelle e inseparabili. Ma ci prendiamo lo stesso a botte, ormai è un’abitudine

...

“E poi sono io quello che dorme sempre, eh?” sbuffa scostandomi ed entrando in casa senza il mio permesso. Va bé che sono ancora un poco intontito – al contrario di lui che non rinsavisce proprio quando si sveglia, a me ci vuole un quarto d’ora – ma mi è sembrato palese che sia a dir poco furioso sotto quella corazza serica e orgogliosa.

Chiudo la porta alle mie spalle e lo raggiungo in cucina dove mi immagino che sia.

Infatti eccolo lì che apre il frigorifero e afferra il cartone di spremuta d’arancia.

E’ una delle poche cose che ho sempre in casa ...

Se ne versa nel bicchiere preso dalla credenza, e poi ne serve anche a me.

Ci sediamo al tavolo e beviamo in silenzio. Lo guardo di sottecchi mentre bevo quel succo, e capisco all’istante che se non si sfoga subito esplode.

“Allora, cos’è successo?” ecco la fatidica domanda, che lo fa irrigidire e poi sbattere il bicchiere sul tavolo in legno.

“Succede che mi sono rotto le palle di litigare con mio padre ogni volta che non lo vedo. Cazzo, non c’è mai e le uniche volte che torna a casa deve rovinarmi la vita con le sue parole? Lo ammazzerei ...”

Annuisco piano, e comprendo il suo stato d’animo. Anche io ho conosciuto suo padre, e dalla prima volta che l’ho visto non mi è piaciuto minimamente.

Anche lui come il figlio si nasconde dietro una maschera.

Peccato che al contrario di Kaede, che potrà sembrare burbero ed egoista quanto vuoi ma in realtà è un ragazzo d’oro, quest’uomo di cinquant’anni nasconda sotto la sua proverbiale faccia di bronzo sempre sorridente una persona orribile, meschina e terribilmente gelosa, così tanto che può anche ad alzare le mani sulla sua donna se lo si fa arrabbiare sul serio.

Insomma, da quello che ho capito e che ho visto, lui è geloso perché suo figlio è indubbiamente attaccato alla madre – una donna bellissima – che lo ama alla follia, invece che a lui, che è così stronzo e cinico.

E’ davvero antipatico e spocchioso, io detesto quei tipi di persone.

“Lo sai com’è fatto tuo padre! E poi non puoi pretendere, finché non ci sarà il divorzio con tua madre in quella casa potrà entrarci quando vuole, purtroppo!”

“Già ...” mormora piano, finalmente calmo. “Come vorrei che finisse sotto una macchina ...”

“Lo sai che queste cose non si dovrebbero dire neanche per scherzo?!”

Lui mi guarda con i suoi occhi blu da sotto la frangia nera, e io sbuffo spazientito.

“E va bene, io ho detto anche di peggio, ma che male c’è? Almeno non si trattava dei miei genitori ...”

“No, era l’insegnante di latino ...”
“Motivo in più per farla finire in un vulcano in eruzione ... lei e il suo <hodie mihi, cras tibi>, mi mandava su tutte le furie quando te lo diceva dopo che tu avevi preso un quattro!”

Kaede sbuffa, anche se so benissimo che lo fa per non mettersi a ridere. eh, ormai la conosco questa volpaccia antipatica e stupida!

Io invece rido apertamente, come mi capita sempre quando sono con lui.

“Dai kitsune, non ti abbattere! Altrimenti come faccio io a picchiarti se hai il muso?!”
“Chi si abbatte, stupida scimmia?!”

Mi piacciono di più gli scontri verbali che quelli fisici, mi diverto da matti a sentire tutti gli insulti che il suo microscopico cervellino di volpe si inventa ... siamo arrivati anche a dire cose innominabili ...

“Non ti sei scordato che oggi c’è la mostra, vero?” mi chiede a bruciapelo, guardandomi attentamente per scorgere in me qualche espressione diversa dalle solite.

Io nego: “Purtroppo no, ma sarebbe stato meglio il contrario” Scherzo, e so di scherzare. E’ un’opportunità importante per me andare in giro con lui, sono davvero felice di stargli accanto!

Ovviamente parlo riguardo la profonda amicizia che c’è tra di noi, senza mischiarci rapporti fisici e amore.

Insomma, non che lui non mi piaccia come ragazzo. In realtà è davvero molto bello, così somigliante alla madre. Da lei ha sicuramente preso il sorriso che non mostra mai, i bellissimi capelli sottili neri e gli occhi blu, nonché i suoi tratti così dolci che sembrano quelli di una ragazza. Ma per lui non provo altro che amicizia, non riesco assolutamente in qualsiasi caso a pensarlo a un amante, o a un fidanzato, insomma ... è una cosa ASSOLUTAMENTE impossibile! Mi viene da ridere al pensiero!

Mi guarda male, forse per il mio sorriso ebete che ho in faccia. Io mi alzo in piedi stiracchiandomi le braccia.

“Va bene, io vado a farmi una doccia e a vestirmi. Se continuo a stare così potrebbero venirti strani pensieri in testa ...”
“Dovrei prendere una botta in testa per pensarti in certi modi ...” ironizza alzandosi anche lui, andando a sciacquare i bicchieri nel lavello mentre io raggiungo il bagno e mi accingo a farmi una doccia.

 

Siamo in strada da un pezzo ormai, e sono già le tre e mezza.

Ovviamente siamo a piedi, e sotto un ombrello grande per tre persone.

Era già da questa mattina che il cielo plumbeo annunciava pioggia, e così è stato.

Siamo usciti un’oretta fa, e mancano pochi metri alla meta.

Fortuna che la mostra è stata allestita al chiuso, in una delle grandi sale di un grande albergo ...

La volpaccia mi sembra piuttosto radiosa, nonostante la sua solita espressione da duro. Lo si capisce dai suoi occhi brillanti. Porta sottobraccio un grosso libro di storia dell’arte, probabilmente ci sarà scritto la storia di ogni singolo quadro del tipo, lì ... Cheyenne, o come cavolo si chiama ...

Odio la pittura! Però non posso fare a meno di sorridere nel vederlo così felice.

Finalmente arriviamo all’albergo, e come inutilmente si aspettava il mio amico, non c’è la minima fila all’entrata. Solo un paio di ragazzi piuttosto alti stanno entrando giusto adesso.

Oltrepassiamo il buttafuori che ci squadra severo con la sua faccia da mastino ed entriamo nell’immenso salone illuminato dai bellissimi lampadari in finissimo cristallo appesi all’alto soffitto.

Le poltroncine in velluto rosso sembrano comode ed eleganti, mentre al banco delle informazioni lucido come uno specchio c’è un anziano vestito di tutto punto, con alle spalle le centinaia di cellette alle quali sono appese poche chiavi in ottone delle stanze.

Vicino al banco di marmo nero ci sono due giovanotti piuttosto in carne indossanti un uniforme rossa con le cuciture e i bottoni dorati, sembrano quasi due statuette.

Chiediamo informazioni su dove si tenga questa benedetta mostra, e la raggiungiamo.

Kaede appena vede un quadro gli si illuminano gli occhi. Lo osserva per un po’ e poi apre il suo immenso librone cercando una pagina e cominciando a leggere ciò che c’è scritto, mentre lancia continue occhiate al dipinto.

Io trattengo a malapena il secondo sbadiglio da quando sono qui, e sono passati poco meno di cinque minuti!

“Ehi, kitsune, io vado a fare un giro, ci ribecchiamo dopo ...” dico svogliatamente allontanandomi. Lui neanche alza il viso per guardarmi, ma vedo che sventola una mano in segno di saluto.

 

Passo davanti a ogni dipinto senza soffermarmici troppo. Diavolo, sono tutti uguali! Eppure tutta la gente che c’è qui è davvero interessata. Sono finito in un covo di cervelloni, che qualcuno mi salvi! Sento chiaramente il mio viso contrarsi nell’ennesimo ed esagerato sbadiglio, e quasi mi si blocca la mascella quando scorgo i due ragazzi che erano entrati poco prima di noi nell’albergo.

Più o meno devono avere la stessa età mia e di Kaede, anche se uno di loro sembra più grande. E sono davvero alti, più di me, senza dubbio!

E non sono niente male, entrambi belli e svegli.

Li studio senza dare troppo nell’occhio.

Uno di loro è visibilmente annoiato, persino più di me, sembra quasi che stia per addormentarsi in piedi mentre si asciuga una lacrima traditrice dall’occhio.

Ha i capelli a spina ... ma che dico spina, sembrano degli aghi! Sono lunghissimi, chissà quanto gel ci mette per farli tenere così perfettamente in piedi ...

Sono di un castano comune, come quelli della maggior parte dei giapponesi. Ha la pelle né troppo chiara né troppo scura, e due occhi a mandorla che da qui non riesco a capire di che colore siano ...

E’ altissimo, e indossa un paio di jeans sdruciti e un maglione pesante azzurro, con le mani negligentemente infossate nelle tasche.

L’altro invece, mi scopro a fissarlo come inebetito.

Quel ragazzo è ... insomma, *strano* .

Non so spiegarmi il perché, né questa mia particolare attenzione verso di lui. Ha un taglio molto diverso dai soliti, mi sembra un alternativo ... si, quelli che vanno in giro con i capelli tutti annodati, e i pantaloni con il cavallo che arriva alle caviglie, e le giacche di pelle – su quelle non ho niente in contrario –, e le felpone degli Iron Maiden, pieni di borchie e pezzi di cuoio alle braccia e piercing – anche quelli li trovo molto belli.

No, lui non è affatto come loro, si vede. Ma è sicuramente tinto, perché il colore dei suoi capelli arruffati in testa, mentre sulla nuca e sul collo sono lisci e lunghi, è di un grigio fumo. Si, sono tinti. Chissà di che colore sono in realtà ...

Ha un piccolissimo tatuaggio vicino all’occhio, che lo abbraccia come un prolungamento ...

Ah, no! Ora che si è voltato posso osservarlo meglio. Ne ha due identici agli occhi di colore viola, e uno a forma di goccia poco sotto l’occhio destro. Porta due piccoli orecchini ad anello, e ha davvero un viso spettacolare. Molto proporzionato, forse il naso un pochino più allungato del normale ma molto bello, e magro.

Sembra quasi un modello, dai lineamenti così minuti e semplici – be’, semplici non proprio.

Ha su un paio di pantaloni di stile classico neri e un maglione viola peloso. E un paio di anfibi rovinati.

A un certo punto il ragazzo dai capelli castani sbadiglia di nuovo e si volta verso di me, vedendomi non interessato alla mostra. Sorride apertamente mostrando i denti degni della pubblicità di un dentifricio, e mi si avvicina con fare amichevole.

Spero solo che dietro quell’espressione non si nasconda niente di preoccupante, mi sembra un maniaco sessuale!

Tanto, io non ci vado a letto se non sgancia un soldo ...
“Ehilà! Anche tu annoiato a morte?” sbotta inclinando leggermente la testa, mentre il suo amico non sembra essersi accorto del suo allontanarsi.

Io annuisco.

“Sono qui perché un mio amico mi ha chiesto di accompagnarlo ... ma che barba!”

Ride sinceramente divertito, e noto che la maggior parte delle persone lo squadra con un’occhiata di rimprovero, ma lui non ci fa caso. Strafottente proprio come me.

Ho trovato un nuovo amico!

All’improvviso mi tende una mano, mentre dice:

“Allora siamo simili! Akira Sendo, molto piacere!”

C’è qualcosa che non mi convince nel suo sguardo. Leggo un qualcosa negli occhi che non riesco a decifrare, insomma. E’ come se lui mi conoscesse da tempo ma non si ricorda più di me. E’ proprio in attesa di sapere il mio nome. Io glielo dico, ma a voce bassa. Lui lascia la mia mano e rimane un attimo a guardarmi, con le mani sui fianchi, sempre sorridendo.

L’intensità dei suoi occhi sembra cambiare. Prima sembra aver capito chi sono, poi cade nella confusione, e di nuovo leggo sorpresa. Poi torna come prima, sfilando un sorriso sghembo, anche se molto attraente.

“Piacere di conoscerti, Hanamichi Sakuragi. Vieni, ti presento il mio amico. E lì da un’ora e non si è ancora mosso!” scherza e mettendomi un braccio sulle spalle come se mi conoscesse da sempre mi accompagna fino al tipo che guardavo ininterrottamente fino a poco fa.

In realtà sono stranamente agitato. Lo sguardo di poco prima mi ha lasciato perplesso, e ora che vuole farmi conoscere questo qui ... mi fa emozionare, senza saperne il perché!

“Ehi secchione! Ti presento Hanamichi, un ragazzo simpatico quando bello!”

Lui si volta, e finalmente posso vederlo da vicino. Non so perché ma mi sento arrossire sotto quello sguardo caldo e avvolgente. I suoi occhi sono viola! Diavolo, viola come ... come una viola. Ha su le lenti a contatto?!?

E’ leggermente più alto di me, ma io mi sento stranamente piccolo nei suoi confronti.

Mi lancia un lieve sorriso e si passa una lunga mano affusolata tra la massa di capelli.

Mi guarda ancora negli occhi, lungamente. Poi, la sua voce raggiunge le mie orecchie.

“Piacere. Io sono Folken. Folken Fanel.”

 

Ormai sono le cinque e mezza, e mi trovo in una situazione che sfiora il ridicolo.

Io sono seduto qui, ad un bar con il mio migliore amico che mi sembra piuttosto seccato e di fronte a noi due quasi sconosciuti, uno che scherza e parla, così tanto che può concorrere con me per il premio <il più logorroico del Giappone>, mentre l’altro beve la sua cioccolata calda nella tazza chiara aprendo bocca meno del compagno, preferendo più il silenzio che il parlare, proprio come Kaede.

Cavolo, sembrano le nostre copie! Sendo la mia, mentre Fanel quella di Rukawa.

Adesso non ho a che fare con solo una volpe frigida, ma con ben due volpi ...

“E così studiate allo Shohoku, eh? Io invece sono al Ryonan insieme al secchione, qui ... dovete sapere che lui è un mostro in tutte le materie, è il primo del liceo in assoluto!” fa il bruno come se rivelasse uno sconcio pensiero, guardando di sottecchi l’amico.

“Ora non esagerare, Akira. Faccio quello che posso a scuola!” ribatte l’altro con tutta calma, leccandosi leggermente le labbra per raccogliere il cioccolato che vi è rimasto sopra. Ha fatto un gesto così sensuale in modo così naturale, e non se n’è nemmeno accorto!

“Ma se sei bravissimo!” ribadisce l’altro poggiandosi allo schienale imbottito della panchina dove è seduto.

“Se lo dici tu ...”

“In realtà è molto modesto, ma dovete credermi. E’ davvero bravo.” il suo sguardo si addolcisce, così come la voce. Parla di lui come se fosse la cosa più preziosa al mondo ... che anche lui sia omosessuale come me? Quante idiozie, semplicemente è che sono così amici da far invidia a chiunque ...

Kaede mescola il suo the caldo con il cucchiaino, mentre si legge il libro di poco fa in grembo. Non gli interessa affatto di questi discorsi, né tantomeno di questi due ragazzi. E’ sempre stato così. Lui è un tipo chiuso, che non parla mai, eccetto quando sta con me. Con me si è lasciato andare e io sono contento di questo.

Se è venuto qui è stato solo per contraccambiare il favore che gli ho fatto accompagnandolo alla mostra. Ha un cuore d’oro!

Noto che Folken si è messo a guardare la pioggia che scivola sui vetri senza sosta, appannandoli e rendendo sfocati i passanti e le auto in strada.

Anche lui non è particolarmente chiacchierone, ma i suoi occhi hanno una piega quasi triste, affranta, che mi preoccupa. Cosa può turbare un ragazzo così tanto da non riuscire a essere sereno come tutti?

Intendiamoci, quando non conosco la gente non mi interessa di quello che ha o non ha, ma lui ... ha un effetto su di me quasi devastante. Come vorrei conoscerlo più a fondo, così come Akira. Mi sembrano simpatici e intelligenti, tutti e due. La voce del bruno mi coglie di sorpresa.

“Cosa fate oltre alla scuola? Non so, sport, viaggi ... lavoro?” calca l’ultima parola gettandomi un’occhiata furba che io non riesco a cogliere. O forse sì.

Porca miseria, non è che magari questo furbone sa che io sono un accompagnatore?! Cazzo!

“Giochiamo a basket.” risponde Kaede per me, guardandolo in faccia. Anche a lui deve aver notato l’aria di tensione che sta scendendo tra me e il bruno. Così come Fanel che si è girato ad osservare silenziosamente il compare.

“Oh, quindi voi non *lavorate* ?” mi guarda di nuovo malizioso. A questo punto direi che sono nella ... cacca fino al collo. Il fatto in sé non mi da fastidio, spero solo non tiri in ballo questa storia qui davanti a tutti e soprattutto davanti a Kaede!

“No, certo che no. Siamo ancora giovani, non abbiamo tempo per cercarci un part- time.” adesso sono stato io a parlare, guardandolo senza indugi.

Rimaniamo in silenzio un attimo, poi lui ride apertamente, cristallino.

“Okay, okay. Stavo solo scherzando. Avete una faccia!”

Noto che sono già le sei. Cacchio, l’appuntamento con Hiroshi, me lo stavo completamente dimenticando!

Salto in piedi come un grillo facendo sussultare gli altri tre.

“Stupido do’hao, che ti prende?”

“Devo andare a casa, ho un impegno”

Sento per l’ennesima volta gli occhi di Sendo sul mio viso, e scendere poi sul mio corpo.

“Anche noi dobbiamo andare. E’ meglio muoverci, vero Akira?” dice Fanel tirandosi in piedi e mettendosi la giacca.

Dopo aver lasciato i soldi sul tavolino, usciamo dal bar e veniamo investiti dalla pioggia. Meno male che abbiamo l’ombrello, e così anche loro.

Kaede e Fanel si avvicinano un attimo per uno scambio di vedute sui quadri di Cheyenne o chi cavolo è che ha accennato Folken.

Accidenti, non lo conosco neanche e già nella mia testa mi permetto di chiamarlo per nome?

Io li vedo, entrambi di spalle, mentre aspetto che Kaede si muova. Ho solo un’ora di tempo per lavarmi, vestirmi e andare al Platz Hotel. Se non si sbriga lo pianto qui!

E’ questione di un attimo. Senza che i due se ne accorgano, vengo attirato verso Sendo dal suo braccio e il suo respiro sul mio collo mi manda brividi caldi lungo la schiena.

“Ho voglia di averti, mio bell’accompagnatore. Ci vediamo a quest’indirizzo domani a mezzanotte in punto. Se non vieni ti perderai tutto il divertimento ...”

Come supponevo, questo bastardo sa! Mi volto rabbioso e mi ritrovo incollato alla sua bocca, in un bacio che sa di zucchero.

Mi bacia qui. In mezzo a una strada. Io lo ammazzo!

Lo spingo via a dir poco furioso, ma nonostante tutto sono sorpreso. Sorpreso dalla mia reazione istantanea che ha avuto il mio corpo alla sua vicinanza.

Il porcospino ci sa fare!

Mi lancia un’ultima occhiata e raggiunge il compagno, prendendolo per un braccio e trascinandoselo via, mentre lancia a voce alta i suoi saluti.

 

Sono nel Plaza Hotel seduto su una poltroncina d’attesa, e non posso fare a meno di pensare a quanto coraggio e faccia tosta – perché di questo si tratta – abbia avuto Sendo, a baciarmi senza avermi pagato.

Ma quello che mi imbestialire era che eravamo in mezzo a una strada! Diavolo, una strada pubblica e percorsa ogni ora da tantissime persone!

Osservo distrattamente una coppia di amanti che chiedono una stanza e salgono le scale tenendosi per mano.

Questo è un albergo a ore, e ci vorrà poco prima che loro espletino i loro bisogni fisici.

Come li invidio, possono farsi vedere in giro per mano, perché sono come tutti gli altri.

Se io mi tenessi per mano con il mio ragazzo, invece ... verrei bollato all’istante come rifiuto della società, come checca o altri stupidi nomi simili. Perché deve essere tutto così difficile? Io sono contento di fare questa vita, non lo nego. Faccio quello che più mi piace, e in cambio ricevo soldi, ma.

Ma.

Io vorrei tanto poter camminare libero per strada senza paure e costrizioni, poter dichiarare a tutti la realtà dei fatti per essere tranquillo. Ma so che non sarà mai così. E questo mi fa così male ...

Faccio passare piano le mie mani sui pantaloni di velluto nero dalla dura cintura con i lacci di cuoio pendenti, per stirarli brevemente.

Sopra di essi ho una maglietta nera a maniche corte e sopra ancora una camicia quasi del tutto aperta in seta lucida color crema.

Alla fine i vestiti comprati ieri ho deciso di non metterli. Li indosserò domani ...

Mi sono lavato i capelli per bene e li ho pettinati nel miglior modo possibile. Ora mi cadono scomposti sulla fronte e sul collo. Ho messo anche della crema sul viso, per rendermi al meglio gradevole.

Sento un colpetto alla spalla e mi volto per vedere chi mi abbia chiamato.

Davanti a me c’è un uomo distinto piuttosto alto, dai capelli neri quasi brizzolati e il corpo atletico.

“Sei Sakuragi?” chiede a bassa voce, guardandosi attorno con circospezione, come se qualcuno possa saltare fuori da un momento all’altro per sbranarlo.

Io sorrido languido, e annuisco.

Lo osservo mentre dopo avermi guardato ancora una volta va a chiedere una stanza.

Mi accenno a seguirlo, mentre prendiamo l’ascensore per arrivare al quinto piano.

Noto il suo nervosismo. Probabilmente sarà sposato con figli, ed è venuto qui per fare qualcosa di proibito. Patetico!

Dei, sono così agitato per la storia di oggi che non riesco a essere naturale.

La mia mano ha uno scatto nervoso. Continuo a ripensare alle parole leggere e piene di entusiasmo malcelato di quel ragazzo dai fantomatici capelli a punta.

E continuo a ripensare a quei fantomatici occhi viola di Folken.

Oh, sono perdutamente affascinato dei suoi occhi! Questo è sicuro.

Non faccio altro che rivederli, nonostante abbia conosciuto quel ragazzo poche ore fa.

Sono rimasto rapito dai suoi occhi, così profondi da perdersi senza remore, per abbandonarsi in un mare che ti culla con il suo rumore.

Il tintinnio del campanello ci indica che siamo arrivati al piano. Un lieve sobbalzo dell’ascensore e le porte scorrevoli si aprono automatiche.

Camminiamo velocemente verso la camera, e dopo averla aperta, io entro, investito da un acre odore di incenso che mi fa bruciare gli occhi.

E quando la porta si chiude, il mio mondo reale sparisce, lasciando fuori da questa stanza ogni cosa.

Adesso, sono solo un accompagnatore.

 

Mi sento intorpidito mentre rabbrividisco distrattamente sotto il tocco rude e graffiante delle mani di quest’uomo che passano velocemente tra i capelli.

“E’ stato divertente. I soldi sono nel portafoglio della giacca.”

I residui dell’apice che ho raggiunto durante il coito sono ancora immobili su di me, e sui miei occhi, come una patina che mi impedisce una chiara vista.

Lo osservo mentre si alza e delicatamente si toglie il preservativo.

Va in bagno, chiude la porta a chiave e lì ci rimane.

Io mi rannicchio ancora un attimo sotto queste coperte di un tessuto costoso e brillante.

Avrei dovuto immaginarlo che questo qui era come la maggior parte degli altri clienti.

Arriva, mi scopa, e poi mi da i soldi. Fine.

Non un ringraziamento, qualche parola dolce. Niente.

Ma forse pretendo semplicemente troppo. Forse sono troppo sconvolti per comprendere l’assurdità del loro gesto che hanno appena compiuto per ringraziare.

Di solito si rivestono in fretta e fuggono via, dal posto in cui hanno compiuto un *peccato* .

Io in fondo sono un essere umano, come tutti gli altri. Da quando è morta anche la mia mamma nessuno mi ha mai trattato con tatto, nessuno mi ha mai rincuorato, nessuno mi ha mai detto <ti voglio bene>.

E io questo ho bisogno di sentirlo dire, ho bisogno di queste certezze per andare avanti, perché a volte, troppe volte mi sento inutile.

E puntualmente mi chiedo mortificato: <io a questo mondo, a cosa servo? Sono completamente inutile? O forse servo solo per farmi tappare il buco da qualsiasi muratore passi per la mia strada? Se non servo, perché sono qui?>

Ho solo bisogno di conforto tutto qua.

Sento i miei occhi bruciare. Strano, ormai i bastoncini d’incenso si sono spenti.

Allungo mollemente un braccio per afferrare la giacca di Hiroshi. La abbraccio stretta e sento il suo odore di fumo. Ho solo voglia di qualche coccola, è chieder tanto?

Estraggo il portafoglio di pelle nera dalla tasca. Tiro fuori la parte che mi spetta, praticamente 20.000 yen, poco più o poco meno.

Rimetto il portafoglio al suo posto, e torno a immergermi nei miei pensieri.

Sento la porta del bagno che scatta e viene aperta, i passi frettolosi del mio cliente che raggiungono il letto e infila la giacca.

Vede i soldi che tengo stracciati tra le mani e dopo un cenno di saluto e un lieve sorriso, si incammina verso la porta.

Però, prima si volta e mi chiede a bruciapelo:

“Ci rivedremo?”

“Mai lo stesso cliente due volte.”

E’ vero, non l’ho detto così solo perché sono incredibilmente giù. E’ da parecchio che ho dettato questa regola. Non voglio fare sesso – anche se a pagamento – due volte con lo stesso uomo, perché instaurerei legami più profondi di una semplice nottata erotica.

Lo vedo fare una smorfia e uscire fuori dalla stanza, così come dalla mia vita.

Finalmente solo! Finalmente posso piangere, posso sfogarmi senza dare fastidio a nessuno!

Sento il mio corpo tremendamente indolenzito, e il sangue nelle mie vene scorrere veloce. Il mio cuore battere piano.

Ho ancora addosso l’odore di tabacco di quell’uomo. Incallito fumatore, non lo sai che le sigarette fanno male alla salute?

Ma d’altronde, cosa mi importa a me di come decidono di vivere la loro vita gli altri? Come io ho deciso la mia, andando incontro al mio destino scritto fin dall’inizio, così fanno anche gli altri. E basta.

Mi asciugo con una mano l’ennesima lacrima che solca le mie guance ancora arrossate.

A volte vorrei tornare indietro, e decidere di nuovo la mia vita. Scegliere un altro lavoro, o semplicemente non lavorare. Ma senza questo *passatempo* , non potrei realizzare i miei piccoli desideri quotidiani.

Vorrei andare subito da Kaede e frugare nella sua dispensa per affogare i miei dispiaceri in un enorme barattolo di Nutella, mangiarne fino a vomitare.

E’ sempre così quando sono triste. Mangio come un dannato, e poi devo fare sacrifici enormi per tornare in forma come sempre, colorare la mia pelle che mai ha conosciuto la piaga dei brufoli.

Se solo potessi tornare indietro, forse questo presente sarebbe stato diverso.

Ma forse, se fossi ancora nel passato, io nel futuro che è adesso, non avrei mai conosciuto Sendo e Fanel.

Ecco, magari se non li avessi conosciuti sarebbe stato un lato positivo. Sendo è un caso irrecuperabile.

Mi sforzo di non ringhiare per la rabbia.

Eccone un altro per il quale esiste solo il sesso. Lo si capisce dalla sua faccia da depravato mentale.

Chissà, magari domani sarà interessante. Anche se ora non è proprio il momento, vorrei tanto che venisse in fretta domani, per andare incontro a questo appuntamento forzato. Voglio proprio vedere cosa si inventa quel maniaco ... sembra un tipo dalle prestazioni ammalianti.

Ho finalmente scacciato la malinconia. Mi alzo in piedi, e vado a farmi un bagno caldo.

Penso di restarci dentro per almeno un’oretta e mezza, perché improvvisamente sento l’acqua a dir poco gelata che mi congela le ossa.

Mi rivesto, e afferrati i soldi e mettendoli in tasca me ne vado.

E’ buio fuori. La pioggia continua a scendere. Ha formato diverse pozze sul asfalto rovinato.

Ecco, a volte io penso di essere proprio come un pezzo d’asfalto rovinato.

Nonostante io stia male, tutti mi usano per i loro comodi senza ringraziare, come se fosse un mio preciso dovere. E inoltre, come se non bastasse, sento cadere su di me malinconia, tristezza e anche delusione, e nessuno che mi aiuta a rimettere insieme i cocci della mia vita.

Ma a volte mi sento radioso e grande. Perché do la possibilità, divertendomi, a chi ne ha bisogno di sfogarsi dentro di me.

A volte mi perdo dietro questi due lati opposti del mio carattere, e non so mai dietro a chi nascondermi per il resto della mia vita.

Se nascondermi dietro al ragazzo forte e inebriante che si da per gioco, o dietro al ragazzo solo e infelice che ogni giorno che passa strappa via un pezzo della sua vita a lacrime.

Prima o poi dovrò prendere la mia decisione, ma adesso preferisco vivere così, dietro l’illusione di dare piacere e vedere il mondo attraverso dell’acqua calda e salata che scivola sul mio viso.

 

E’ già passato un giorno. E ogni minuto che passa io sono sempre più ansioso di andare da Sendo. Voglio vedere fino a dove si spingerà, questo pazzo.

Kaede ha notato che c’è qualcosa che non va in me, lo capisco dal fatto che non mi insulta amichevolmente come al solito e che ho lo sguardo piuttosto assente.

Stiamo tornando a casa dopo l’allenamento, e io mi sono sfiancato da morire nei dodici minuti consecutivi di corsa. Il nostro capitano è proprio attratto dal sadico.

Prima o poi lo ammazzo, questa sera non sono proprio nella mia forma migliore.

“Ehi do’hao”

“Cosa?”

“Sei strano. Cosa ti prende?”

“Niente, perché?”

“Sai che puoi sfogarti con me, o te lo devo ripetere ancora?!”

“Non ti basta che ti pigli a pugni?!?”

“A parte che sei tu quello che prende i pugni ...”

Ridacchio scuotendo la testa. Con lui non l’avrò vinta mai. E’ troppo astuto per me!

“E’ tutto a posto ... a proposito, ieri che vi siete detti tu e Fanel?”

Kaede alza un attimo gli occhi, pensieroso. Sembra non ricordarsi affatto questo nome. Gli suona vuoto nella sua testa.

Poi ha uno scatto.

“Ah, Fanel. Abbiamo parlato di quadri.”

“Ah, si. Cheyenne.”

“Cezanne, cretino.”

“Fa lo stesso! E poi?”

Lui nota un filo di urgenza nella mia voce. Si volta a guardarmi malizioso, con un sorrisetto sghembo.

“Ti sei innamorato, do’hao?”

Arrossisco come un’idiota. Ma perché devo sempre farmi prendere in contropiede da questo qui?

“No, certo che no!” lo urlo, quasi. No, non mi sono innamorato.

Io non credo nell’amore e nei suoi simili. non ci credo affatto, vivendo come faccio adesso.

Non può esistere un rapporto fatto di un reciproco affetto immenso, così grande da spingersi a dare la vita l’uno per l’altro.

Non l’ho mai visto, non esiste. Ne ho avuto la prova quando mamma è morta, tanti anni fa. Papà non ha versato una lacrima, mentre a me dovevano somministrarmi dei sonniferi per farmi dormire la notte, così piena di incubi senza la mamma che mi dava il bacio della buonanotte.

Ricordo che un giorno, stanco dei miei piagnistei, mi aveva urlato dietro: <Ora basta! Non serve piangere, tua madre è morta, possibile che non lo capisci?>

Duro. Secco. Crudele ...

Avevo solo nove anni, come potevo capire io?

Ricordo anche che papà si mise a bere, e ad andare con una donna diversa ogni settimana, e io non riuscivo più a capire il suo atteggiamento.

Ricordo quando è morto. Steso sull’entrata di casa. non riuscii a salvarlo, come si può immaginare – tanto io sono inutile, no? – ma le uniche parole che riuscii a sentire furono: <Finalmente me ne vado da questo Inferno>. Il suo cuore non aveva retto ai veleni che ingeriva, e quella era stata la sua fine ...

No, non si era mai preoccupato per lei, neanche in punto di morte, di dire un ‘mi dispiace, Sari’ ... no, assolutamente.

L’amore non esiste, e ci credo tuttora adesso.

“Abbiamo un appuntamento. Ci vedremo tutti e quattro per andare ad un cinema, settimana prossima. Sabato.”

Sorriso, forse il primo vero sorriso della giornata.

Rivedrò Fanel. Voglio conoscerlo.

 

E’ notte inoltrata.

Il mio palazzo è piuttosto isolato rispetto agli altri, e infatti non sento nemmeno il rombo delle auto.

Solo qualche fischio in lontananza, l’abbaiare spaventato di un cane, il passare di un aereo di linea ad alta quota, ma niente di più.

Mi sembra così irreale questo silenzio notturno, e non riesco ancora a capacitarmi che non sentirò più il leggero russare di mio padre addormentato sul divano davanti alla televisione ancora accesa, o il leggero canticchiare di mia madre mentre in camera da letto sferra un maglione.

Se fosse ancora qui, la raggiungerei nella sua camera, e mi sdraierei al suo fianco, per parlarle.

E le osserverei i lunghi capelli rossi, così splendidi nei loro boccoli pesanti, raccolti per la notte in una regale treccia.

Le guarderei il viso sereno, pallido e con un leggero accenno di occhiaie scure sotto gli occhi, dovute a quella schifosa malattia che l’ha portata per sempre lontano da qui.

Ma lei sarebbe stata comunque la donna più bella di tutto il mondo.

Continuerei a osservarla con ammirazione, i suoi occhi grigi sempre così luminosi che stanno attenti al lavoro a maglia. Penserei che i piccoli occhiali con la montatura rossa che portava per vedere da vicino le starebbero benissimo.

La mia mamma mi manca davvero tanto. Insomma, una madre quando muore manca a ogni figlio, anche al più freddo, no?

Eppure sono passati sette anni, e io non mi sono ancora *completamente* ripreso. Cioè, a volte mi lascio prendere dalla dolcezza dei ricordi, e mi ci immergo per ore, cullato dal suo profumo che posso sentire ancora se vado in camera loro, e dal rammarico di non averle detto quanto le volevo bene. Tanto ...

Sono sdraiato sul mio letto, ormai troppo piccolo per me, che sono cresciuto tantissimo.

Non ho voglia di comprarne uno nuovo, ci sarebbe da andare a sceglierlo, decidere il giorno di consegna, e io non ho tempo. Ancora un po’ e non ho nemmeno tempo per me stesso!

Sto seriamente pensando di trasferirmi nella stanza dei miei. Ma mi sentirei male a stare nel loro letto, sentire continuamente l’odore della mamma che aleggia nonostante tutti questi anni ancora nella stanza – ma chissà, forse è una mia impressione, un’idea creata dal mio inconscio –. Mi sembrerebbe di entrare in un luogo sacro per me.

Sarebbe meglio che mi adoperi per comperare proprio un letto nuovo.

Magari matrimoniale, di quelli belli, con la testiera completamente di legno, e i piumoni quelli caldi e soffici ... no, anzi, mi piacerebbe davvero comprare un letto a baldacchino, come quelli che venivano usati nei castelli del medioevo! Che meraviglia ... però pensandoci bene, non ci starebbe mai in questa camera. Ma assolutamente non ho intenzione di dormire in un futon o un sacco a pelo!

Mi stiracchio un attimo, osservando la sveglia digitale sul comodino. Segna le undici e trentacinque.

Dovrei andare, si sta facendo tardi.

Ora che ci penso, chi me la fa fare una cosa simile?! In fondo io non ho detto se accettavo o meno quell’invito, non ho avuto neanche il tempo di ribattere.

E poi, da quello che ho capito dal suo comportamento, ho una vaga idea che Sendo non scucirà uno yen.

Se sarà così, prova a toccarmi e ti rifaccio i gioielli di famiglia!

Ma tutto sommato, non mi nego mai del sesso se ho dei clienti. E soprattutto se quei clienti sono davvero belli e accattivanti.

Cioè, il porcospino è bello sì, con un viso magro un po’ esotico, ma non accattivante.

Decido di andarci. In fondo, sono già vestito alla Norika, e sul comodino, insieme alla sveglia, ho anche un profilattico, il portafoglio e le chiavi di casa.

Alla fine l’avevo saputo fin dall’inizio che ci sarei andato ...

Mi tiro su, strofinandomi i capelli per renderli scompigliati.

Esco di casa velocemente, chiudendomi nel mio cappotto e scendendo le scale. Ecco un problema del mio palazzo, non c’è l’ascensore ...

Vado in strada socchiudendo gli occhi per la forte luce dei lampioni, mentre un vento gelido spazza via le foglie e cartacce di giornale.

Do un’occhiata al fogliettino dove c’è scritto l’indirizzo di quel pazzo maniaco. La calligrafia è disordinata ma leggera. Degna di lui, direi!

Fortuna so in che quartiere si trova, così arrivo velocemente e mi resta solo da cercare il cognome di quello scemo sui citofoni di queste grandi e splendide villette.

Dopo una lenta ricerca finalmente lo trovo. Il kanji è chiaramente il suo, e la casa è perfettamente tenuta.

Il vialetto d’entrata completamente pulito, il piccolo cortile dall’erba ormai secca non ha un minimo sbavo.

Guardo sorpreso la piccola altalena, e un cavallo a dondolo completamente rovinato all’esterno della casa. sicuramente Sendo avrà un fratello o una sorella piccola.

E mi fa entrare a mezzanotte di un giorno feriale?!?

Decido comunque di suonare al campanello, e mi rendo conto di schiacciare con convinzione e forza quando vedo seccamente una luce al piano di sopra accendersi.

Attendo con il battito un poco accelerato lo svolgersi dei fatti.

La luce all’improvviso si spegne di nuovo, e il silenzio regna sovrano. Ma cos’è, una presa in giro? Odio le persone così ... sto per risuonare ancora più seccato quando sento la serratura del cancelletto in metallo scattare, e la porticina socchiudersi.

Entro richiudendolo dolcemente alle spalle, e arrivo all’entrata che si è già aperta. Sendo è dietro, ma riesco a individuare i suoi occhi carichi di attesa e calore persino nel buio.

Richiude la porta, e in silenzio rimaniamo a fissarci.

Mi sorride. Inequivocabilmente lo sta facendo. La luce lunare lo coinvolge da dietro in un gioco di ombre e chiaro scuro. Lo fa apparire come un demone notturno, sceso sulla terra per strappare a qualche anima pia il suo spirito ...

Idea suggestiva, no?! Ma se lo vedreste adesso, con quel sorriso furbo e affascinante sul viso, gli occhi maliziosi e il suo corpo snello fasciato in un accappatoio scuro, be’ ... pensereste la stessa medesima cosa ...

Oh, già. Alla fine ho avuto l’opportunità di guardarlo negli occhi. Sono azzurri ...

“Alla fine sei venuto, allora ...” mi sussurra, perdendosi nel silenzio della casa. già, sembra proprio che sia solo. Mi si affacciano in mente tante domande sul suo conto, e vorrei proprio sapere le risposte!

“Sei solo, quindi?”

“Certo, perché ti avrei invitato, altrimenti?” risponde ironico, appoggiandosi alla porta, facendo in modo che il suo accappatoio si accorci leggermente, mostrando un’altra invidiabile parte delle sue gambe muscolose. I miei occhi vi cadono ammirati per un attimo, e lui deve essersene accorto, perché si tira nuovamente su, superandomi e facendo in modo che i nostri corpi si sfiorino, diffondendo scariche elettriche ad entrambi.

“Hai un fratello?”

“Una sorellina rompiscatole. Ma fortunatamente è con i miei alle terme, per una settimana. Una grande liberazione ...” sospira, avvicinandosi al tavolo che c’è in cucina, e che io – scopro solo adesso – ha un centro tavola ricamato in crema con delle rose rosse. Sopra, v’è una bottiglia ancora chiusa di spumante, e due bicchieri di cristallo. Alzo un sopracciglio, chiedendomi il perché di quel lusso solo per me.

Prende in mano la bottiglia, mentre strofina un attimo la mano sul suo collo liscio e vetroso. Un altro brivido scorre sul mio corpo. Il mio corpo è attraversato continuamente dai brividi ...

Stappa finalmente la bottiglia, e quel liquido schiumoso viene versato in entrambi i bicchieri. Me ne porge poi uno, mentre io lo guardo scettico.

Cos’è, vuole ubriacarmi? Facciamo un brindisi, e ora anche io sto sorridendo.

Mi accorgo ora che ho ancora il cappotto indosso.

“A questa notte, accompagnatore.”

Beviamo. Io mi gusto a fondo questo spumante, così dolce e caldo. Mi scivola in gola lento, e io mi sento bruciare. Cavolo, non sono abituato più a bere!

Cioè, prima lo facevo spesso, fino a prendermi delle sbronze colossali tanto da non alzarmi nemmeno il mattino dopo. Qualche volta sarei arrivato pure al coma etilico se i miei compagni non mi avessero fermato.

Poi ho smesso, da quando è morto mio padre. Vedere come si era ridotto lui mi ha spaventato, e ho deciso di non fare assolutamente la sua fine. Morire così, per aver bevuto per gli ultimi anni della sua vita come un pazzo sconsiderato. Terribile.

Poggio nuovamente il calice sul tavolo, e sento già le mie guance leggermente arrossate. Ma sto assolutamente bene, sono completamente lucido.

“Mettiamo subito una cosa in chiaro: se non sganci, io me ne vado.” lo dico velocemente, inclinando di poco la testa per osservarlo.

Lui sorride apertamente – sono davvero belli i suoi sorrisi – e dice, appoggiato ora al tavolo.

“Facciamo un patto. Io ti pagherò solo ...”

Attendo con trepidazione le sue parole. Già che quella frase mi ha lasciato indispettito, voglio sapere cosa diavolo si inventa. Non voglio ad arrivare a un compromesso!

Mettiamo che in ogni caso alla fine scopro che non ha un becco di un quattrino dopo averlo scopato, io che faccio?! Chiaramente non lo ammazzerò, ma mi limiterò solo a picchiarlo fino a farlo svenire ...

Tutti i miei amici dicono che sono un grande attaccabrighe, e pure violento. Ma a me non sembra proprio. Come può uno come me essere violento?! Voi che ne dite, vi sembro il tipo?!

Finalmente finisce.

“... se alla fine di tutto non sarai soddisfatto. Ci stai?”

Hmm ... sembra interessante, anche se ho ancora qualche dubbio.

Ma vengo attratto incredibilmente da questa proposta. Lui sembra prepotentemente sicuro di se sé stesso ...

“Ci sto.”

Di nuovo, sorride. Mi guarda un attimo, mentre poggio il mio inseparabile zaino su una sedia.

“Eh, ma sei ancora tutto vestito ...”

Si avvicina a me con movimenti felini, e appoggia le mani sulle mie spalle.

Di nuovo brividi. Sarà perché ho preso un bicchiere di spumante, e non sono più abituato. In realtà fa parecchio caldo ...

Le sue mani scendono ad aprirmi il cappotto, poi me lo sfila premendosi contro di me e lasciando scivolare il primo indumento a terra.

Di nuovo sento le sue grandi mani sulle mie spalle. il suo viso così vicino al mio.

Posso sentire il suo respiro bollente già sulla mia bocca. Mi sporgo per baciarlo. Desideravo davvero questo bacio, per capire com’è lui.

E’ fantastico. E’ violento questo bacio, le nostre labbra si muovono in sincronia, la sua morbidezza e la sua passione mi colpisce come uno schiaffo. Ci abbracciamo adesso, mentre sento la sua lingua stuzzicarmi le labbra. Le dischiudo, e faccio in modo che si incontrino, sprizzando scintille.

Ora c’è un moto di dolcezza in esso, che lo costringe ad abbandonare questa mia bocca gonfia per il bacio così nuovo, e scendere sulla linea della mascella, tracciandone la linea con la sua lingua giocosa, che mi lascia la pelle umida.

Mi scappa un gemito traditore. Mi piacciono queste sue attenzioni verso di me, e non voglio più fermare questi suoi tocchi languidi.

L’unica cosa che voglio è che il tempo si fermi, e mi lasci vivere questa notte il più a lungo possibile. Non capisco nemmeno il perché io desidero così tanto questo corpo, sudato e stretto al mio, nel più forte degli amplessi. Non lo so, e non mi importa. Voglio solo che tutto questo non finisca mai, che lasci scorrere questi istanti lunghi come giorni.

 

D’improvviso mi afferra la schiena con le unghie, mentre fa scendere il viso sul mio collo. Mi fa impazzire quando qualcuno mi bacia sul collo, e lui deve averlo compreso dalla mia voce roca che fuoriesce in gemiti inarticolati. Si sofferma sulla base, succhiando con forza e lasciando scivolare della saliva che torna a leccare abbassandosi di poco.

Ora mi sta sfilando il maglione. Lo lascia a terra, e passa alla maglietta. Si inginocchia all’altezza del mio ombelico, e con gesti decisi e studiati si appresta a tirar su questa maglietta poco per volta, mordendo e accarezzando il mio corpo che viene alla luce poco a poco.

I suoi baci sono pochi, ma così tremendamente appassionati che faccio già fatica a capire la realtà dei fatti.

Si rialza, arrivando a sollevare l’indumento fino allo sterno. Scende a giocare con i miei capezzoli scuri, disegnando con la lingua cerchi studiati su di uno, graffiando l’altro con una mano. Lo morde piano, e io mi inarco verso di lui. Sa di farmi male, perciò lambisce il dolore tornando poi a baciarmi.

Basta, io non resisto più! Sono eccitato, e la mia eccitazione stessa sfrega contro il tessuto dei pantaloni, tirandoli.

Ho bisogno di essere liberato, voglio sentire di più!

Decido di farglielo capire scostandomi da lui, con le mani ancora sulle sue spalle ormai nude. Posso specchiarmi nei suoi occhi.

Affannato, terribilmente caldo, spettinato e le guance scottanti.

Ho i brividi incontrollati. Sto impazzendo! Lui lo capisce, trovandosi nelle mie medesime condizioni.

Mi afferra per la mano e mi trascina verso le scale. Le saliamo velocemente, fino ad arrivare nella sua stanza.

Ho una visione offuscata del suo letto matrimoniale, dove vi affondo quando vi vengo buttato sopra.

Affondo nel piumone, affondo nei suoi occhi magnetici che mi bloccano.

Affondo in questa notte che mi sembra quasi irreale.

Mi morde sensuale la pelle di un fianco, lasciandomi il segno dei denti e poi con le mani freneticamente mi slaccia la cintura dei pantaloni.

Mi sfila pantaloni e mutande in una sola volta, e così viene fuori il mio orgoglio caldo e pulsante.

Si abbassa sul mio bacino, infilando la lingua nel mio ombelico. Poi scende piano verso il basso.

Quella poca lucidità che mi è rimasta sembra continuare a urlare nella mia testa:

perché lo stai facendo? Ti stai lasciando andare come mai in vita tua! ma io non riesco a rispondere.

Non ne sono capace, o semplicemente non voglio.

Chiudo gli occhi inarcandomi con violenza quando sento la sua bocca calda chiudersi su di me. I suoi capelli lasciati morbidi, umidi della doccia che si è fatto poco prima che io arrivassi mi accarezzano l’inguine, provocandomi scosse che sono come un orgasmo.

Affondo le mani in quei capelli, freschi sotto le mie dita, bellissimi ai miei occhi, lucenti alla chiaro splendente nella notte.

Dopo pochi istanti in cui io mi sono completamente perduto in queste sensazioni forti, sento di venire con una scossa nella sua bocca, inarcandomi come non mai, per poi ricadere spossato sulle coperte, ansimante.

I miei occhi sono appannati, e lucidi mentre vedo Sendo innalzarsi su di me.

“Sei ... ancora vestito ...” ansimo slacciandogli la cintura dell’accappatoio, e liberandolo da quell’ingombrante e spugnoso indumento.

Non posso fare a meno di restare, sudato, a guardarlo in tutta la sua prepotente bellezza, un po’ esotica e mascolina, soffermandomi sulla bellezza del suo corpo.

Si porta su di me, e afferra le mie gambe, portandosele sulle spalle.

Le sue mani si chiudono sulle mie cosce, mentre mi succhia la pelle dei fianchi ed i suoi capelli mi lasciano scie gelide d’acqua che gocciolano nell’ombelico.

Di nuovo, sono ancora eccitato ...

Sento le nostre erezioni che si strofinano, brucianti.

Guardo i suoi occhi. Ormai è al massimo ...

Entra in me senza preavviso.

Il dolore non è molto. Forse perché ormai ci sono abituato, forse perché sono talmente coinvolto da non accorgermene, ma sento solo un lieve bruciore.

Comincia a muoversi. Va piano, e io mi sento esplodere.

Se non succede qualcosa esplodo davvero. Comincio a gemere, unendo i miei mugolii rochi ai suoi, che spesso e volentieri li trattiene.

Va sempre più veloce, con delle spinte che per la loro intensità rasentano la follia, ospitando una dolcezza che non può esistere in un amplesso come questo.

Ma questi movimenti così brutali, mi stanno facendo andare in estasi.

Le porte del Paradiso si sono già aperte ...

Urlo. Forte, così tanto da coinvolgerlo, e finalmente lo sento unirsi a me.

Le spinte sono sempre più veloci, sempre più profonde che sfiorano la curva intestinale. Sembra quasi che voglia sfondarmi.

Finalmente vengo. Di nuovo. Sento il mio sperma colarmi sul ventre, caldo ... qualche goccia macchia le coperte.

Le spinte intanto continuano, ma ancora per poco.

Anche il mio amante viene, sciogliendosi dentro di me, e ricadendomi addosso.

Sono così debole che potrei svenire ...

Restiamo così non so per quanto tempo, solo per riprenderci e sentire il nostro cuore pompare il sangue così forte da sembrare un tamburo impazzito.

Solo adesso la realtà mi colpisce prepotentemente, e capisco che Sendo non ha usato il preservativo.

Una sensazione inusuale di preoccupazione si instaura in me, mentre mi guardo attorno.

“Se è quello ... che stai pensando ... non preoccuparti, sono sano come un pesce ... non ho l’AIDS ... o quant’altro”

Questa affermazione ha la capacità di calmarmi. Non so perché, ma sento di fidarmi ciecamente delle sue parole.

Il suo peso mi schiaccia. Poco dopo si tira su e scivola al mio fianco.

Mi tira con sé, sotto le coperte. Mi copre, e restiamo così, vicini. Stanchi ...

“Allora ... quanto ti devo?” mi fa, dopo un po’.

C’è una nota saccente nella sua voce, come se sa che non gli chiederò niente.

Questo porcospino è consapevole del suo charme, e sapeva fin dall’inizio che non lo avrei fatto pagare ...

“Niente. Direi che sono soddisfatto ...”
Lui ridacchia, e sento il suo fiato caldo sul collo. Mi ha afferrato da dietro, e adesso la mia schiena poggia sul suo petto accogliente.

“Te l’ha mai detto nessuno che sei bellissimo?”

Anche. Mi hanno detto pure che sono l’erotismo in persona. Ma detto da lui ha un sapore zuccheroso e pastoso, che mi piace un sacco.

Non so perché, ma quando penso a lui gli associo all’istante la parola desiderio.

Forse perché nella mia bocca lasciano entrambe lo stesso gusto.

No, forse il sapore di desiderio ha una parte amara, che mi ricorda che può essere sbagliata l’attrazione che hanno due uomini l’uno per l’altro.

Io non penso che sia un errore, perché io vivo la mia vita così com’è ... ma in tutto il mondo c’è quest’idea che mi attanaglia lo stomaco.

Come vorrei che fossimo tutti uguali, e che non ci fossero queste distinzioni razziali assurde ...

Volto la testa verso di lui, allungando le braccia per stirarle.

Strofino la mia testa contro il suo collo. So che a molti piace, e chissà ... forse lui è uno di quelli!

Infatti mugola piano, e mi bacia i capelli rossi. Li accarezza distrattamente, con gli occhi chiusi e la sua testa poggiata sulla mia clavicola.

Ora posso finalmente pensare. Adesso, che mi è tornata lucidità, mi chiedo: perché con lui mi è sembrato così diverso?

No, con lui è stato diverso. Il sesso che ci ha uniti poco fa è stato un rapporto differenziato da quello che lega me e i miei clienti.

Ho conosciuto la passione, quella vera. E ho saggiato cosa si prova ad essere *veramente* voluti.

Sono certo che lui desiderava me tanto quando lo volevo io ...

“Perché sei voluto venire a letto con me?”

“Perché mi piaci da impazzire ...!”
“E basta?”

“Chi lo sa ...”

Sono incerto sullo svolgersi dei fatti. insomma, Pensavo che questa attrazione fosse dettata da un sentimento che stava cominciando a sciogliersi in noi, ma forse mi sbagliavo. Io ... penso che questo ragazzo mi piaccia davvero, ma non ne sono innamorato. Come ho già detto, io non credo nell’amore. Ma non so cosa pensare, ho bisogno di una qualsiasi ipotesi per motivare ciò che mi sta accadendo.

Qualsiasi ipotesi ...

Sendo mi morde il collo, e la sua mano si stringe con impazienza attorno alla mia virilità assopita, che comincia a risvegliarsi di nuovo ...

Vengo colpito dalla sua irruenza, che mi fa impazzire, e riesco a sussurrare tra i gemiti ...

“Ehi ... mai due volte lo stesso cliente ...”

“Ma io non sono un tuo cliente ... io sono il tuo amante ...”

Mi bacia dolcemente, un bacio umido e caloroso.

E sono pronto a perdermi di nuovo ...

 

L’abbiamo fatto più volte la notte scorsa. Ci siamo addormentati quando ormai era mattino, e l’alba stava sorgendo.

Ma non abbiamo solo scopato. Abbiamo anche parlato, ed è stato esilarante.

Quel ragazzo non riesce a fare un discorso serio nemmeno a pagarlo ...

Comunque, ho scoperto che sua madre è una semplice impiegata, mentre il padre è un negoziante.

Sua sorella minore ha sei anni, e dice che già ora è la prima della classe. A quanto pare è l’unica della famiglia. Lui neanche alle elementari era bravo ...

Ho scoperto che ha anche una baita in montagna, e ha detto che un giorno mi ci porterà.

Il suo modo di fare è avvolgente, intrigante. Riesce a rasserenarmi in qualsiasi caso.

Questa mattina presto me ne sono andato da casa sua, e sono giunto al mio appartamento, trovandolo come l’avevo lasciato la sera prima.

Mi sono fatto una doccia, ho indossato la mia divisa e sono uscito di nuovo da casa.

Sono terribilmente stanco, quella ginnastica notturna ha lasciato su di me segni evidentissimi ...

Non copro uno sbadiglio enorme che mi costringe a spalancare la bocca. Mi asciugo una lacrimuccia dall’occhio e mi fermo davanti alla panetteria che c’è sulla strada per andare a scuola. Il profumo di focaccia che ne esce mi fa salire i crampi allo stomaco ...

Decido di fermarmi, e dopo aver comprato quattro brioche alla marmellata mi rimetto in viaggio.

E’ una bella giornata oggi. Il sole è poco visibile, infatti è ancora buio, ma vedo chiaramente che il cielo si sta rischiarando.

L’aria è fresca, e porta un odore di menta. Che mi fa nascere una sensazione di déjà-vu. Questo odore è come se l’avessi già sentito prima, ma non ricordo assolutamente dove.

Oh, è inutile pensarci. Non ho molta memoria in realtà!

Mentre mordo una brioche, osservando le altre tre croccanti nel sacchetto di carta, mi volto ad osservare un ragazzo che cammina composto e silenzioso sul marciapiede parallelo al mio.

Ah!, ma quello è proprio ...

“Fanel! Ehi, Fanel!!” esclamo, sentendo la gioia farsi strada in me, senza saperne neanche il motivo. È solo che sono così felice di vederlo!

Lui si ferma e si volta verso di me. Mi riconosce subito, e mi sorride gentilmente. Mi stanno brillando gli occhi!

Lo raggiungo velocemente, e quando mi avvicino noto che i suoi occhi sono sempre di quel viola ammaliante ...

Accidenti, possibile che mi sia invaghito di due stupide lenti?!?

“Che ci fai da queste parti?”

“Di solito, questa strada la percorro per raggiungere il mio istituto. Non ti avevo mai notato prima, passare di qui!” mi risponde, riprendendo il cammino al mio fianco.

“Be’, forse non te ne sei mai accorto perché non ci conoscevamo ancora, ma io ho sempre fatto questa strada!” gli sorrido. Anche lui mi sorride lieve, ed è davvero bello.

Ci guardiamo negli occhi per un istante, poi torniamo silenziosi, uno vicino all’altro.

“Senti Fanel ... dove hai comprato quelle lenti a contatto colorate?! Sono forti!”

Lui mi guarda un poco stupito, e anche seccato a guardarlo bene.

“Ecco, un altro. Non sono lenti a contatto. Sono i miei occhi.”

Riuscireste a ingozzarvi senza avere niente in bocca? Be’, è quello che sta capitando adesso. Ma è impossibile che un ragazzo possa avere gli occhi di quel colore! Soprattutto un giapponese! No, però a pensarci bene c’era un’attrice che aveva gli occhi viola ... non era Liz Taylor?

“Allora ... hai davvero degli occhi stupendi ...”

Sento di arrossire stupidamente, e mi do dell’idiota. Come posso esprimere quello che penso, in modo così intimo a un ragazzo che malapena conosco!?

Sicuramente penserà subito che sono un deviato, un malato mentale!

Mi volto affrettandomi a spiegarmi, ma il suo viso mi lascia esterrefatto.

E’ tranquillo. I suoi occhi mi sorridono, ne sono certo. Sento il mio cuore accendersi come un focolare ...

“Grazie, Sakuragi ...”

abbasso lo sguardo, sentendomi imbarazzato verso oltre ogni limite.

Io che non ho nemmeno vergogna a spogliarmi verso uno sconosciuto, arrossisco per un sorriso candido e due occhi rari.

Cosa mi sta succedendo?

Come vorrei tornare indietro, a quel giorno che ho conosciuto Sendo e Fanel, e cambiare idea, dire a Kaede che non posso accompagnarlo alla mostra! Da quando ho conosciuto entrambi loro, mi sento completamente diverso, come se il mio corpo – o forse, il mio modo di pensare – stia in qualche modo cambiando.

Senza accorgermene arrivo davanti a scuola.

Il liceo dove frequento il primo anno è davvero molto grande.

Ha una palestra enorme, che usiamo noi del club di basket e le ragazze del club di pallavolo.

L’edificio principale invece è disposto su quattro spaziosi piani, e il terrazzo, dove di solito il mio amico Kaede ci si reca per dormire.

Ormai è diventata proprietà privata!

Il cortile d’entrata è immenso, e i davanti ai cancelli sono piantati nelle aiuole grandi alberi da ciliegio, che in primavera si riempiono di fiori rosa.

Nel complesso, è un’ottima scuola. Seria, e severa è una delle migliori di Kanagawa. Inoltre, è conosciuta anche fuori per la fortissima squadra di basket che ospita.

La mia fama ormai mi precede ...

“Bene. Io devo andare, ho ancora un po’ di strada da fare prima di arrivare al Ryonan. Ci vediamo, Sakuragi ...” mi saluta brevemente, e si allontana.

Lo vedo di spalle, mentre sventola una mano verso di me.

La menta si spande nell’aria.

E’ il suo profumo ...

 

Le lezioni sono terminate.

Mi sono beccato sgridate a non finire, visto che non ho fatto altro che russare senza problemi durante le spiegazioni dei miei insegnanti.

Che ci posso fare io se sono stanco?!

Quando finisce anche l’ultima ora, non ho nemmeno la voglia di alzarmi in piedi per andare a pranzare in mensa.

Così rimango in classe, mentre tutti quanti escono per liberarsi un po’ dalla tensione che si è accumulata durante le verifiche e le interrogazioni.

Mi appoggio allo schienale della mia scricchiolante seggiola, e mi perdo a guardare il cortile della scuola.

Moltissimi studenti stanno già tornando a casa, probabilmente sono quelli che non partecipano ad alcun club.

Vedo gente andarsene a gruppetti, o da soli, e ognuno dirigersi per la propria strada, dopo aver passato il grande cancello aperto.

Questa mattina non ho ancora visto Kaede. Io e lui siamo in due classi distinte. Infatti io sono nella quarta sezione, e lui nella prima.

Alla mattina non facciamo mai la strada insieme, abitiamo troppo distanti l’uno dall’altro.

Qualche volte sono stato a casa sua, e ho scoperto che vive nel quartiere residenziale, e possiede la casa più grande e ricca di tutti.

Ha pure la piscina al chiuso ...

Ogni mattina per venire a scuola lui prende la bicicletta.

Quella bicicletta è ormai diventata una leggenda! Non so quanti incidenti ha fatto e da quanti ne è uscita indenne, tutta per colpa del suo proprietario che si addormenta persino quando cammina. A volte mi chiedo persino se quel ragazzo sia un essere umano ... devo ammettere che a volte rimango intontito da certe sue azioni o frasi ...

Comunque, la sua villa è la più vicina alla spiaggia.

E’ incredibilmente meraviglioso svegliarsi al mattino presto, solo per vedere sorgere l’alba in fondo all’oceano, aspirare la salsedine che si espande nell’aria tramite le onde calde che si infrangono sul bagnasciuga e sugli scogli.

Le poche volte che ho dormito nella sua stanza – che può contenere benissimo il mio salotto per due volte – ricordo che puntavo la lieve sveglia del mio orologio e andavo alla finestra, mentre il mio amico dormiva ancora profondamente, solo per vedere nascere il nuovo giorno ...

Mi sveglio dai miei pensieri piuttosto romantici e mi accorgo che appoggiato al cancello, in fondo, c’è Sendo con un paio di jeans e il giubbotto sopra.

Cosa è venuto a fare da queste parti?!

Alza lo sguardo verso l’edificio, e si mette a scrutare ogni finestra alla ricerca di qualcosa, o qualcuno.

Poi il suo sguardo incontra il mio, e così mi sorride raggiante, e mi fa cenno di raggiungerlo all’entrata, mentre si stacca dal cancello e si muove in mezzo alla fiumana di studenti.

Molte ragazze si fermano per guardarlo in tutta la sua splendente bellezza, e lui a molte di loro sorride ammaliante.

Cretino!

 

“Cosa ci fai da queste parti, Sendo?!”

Alla fine siamo tornati in classe, per parlare un po’ più comodi. Io mi sono seduto sul mio banco, e lui si è scompostamente sdraiato su quello davanti a me, poggiando le spalle e la testa contro il freddo davanzale.

“Ero a venuto a vedere come te la cavavi ...” risponde con un fare quasi svogliato, anche se nei suoi occhi c’è una luce che gli brilla solo negli appassionati amplessi che ci ha visti protagonisti questa notte ...

se spera di farmici cascare un'altra volta si sbaglia di grosso ... Almeno spero ...

“Come mai non sei in uniforme scolastica?”

“La scuola oggi era chiusa per ristrutturazioni ...”

“Ma che conta balle! Stamani ho visto Fanel che stava andando a scuola ...”

Lui sbuffa scostandosi una ciocca ribelle sulla fronte.

“Ero stanco, e ho dormito fino alle dieci e mezza ... non posso ancora crederci che tu sia venuto a scuola dopo gli intensi allenamenti notturni ...”

Gli sorrido di sbieco.

Questo ragazzo è proprio incredibile.

“Be’, al contrario di te io non sono affatto stanco ...”

Ci guardiamo in silenzio. La luce nel suo sguardo è ancora più forte di prima, mentre si lecca le labbra voluttuoso.

So già che cosa ha in mente.

“Vediamo ...”

Scatta in piedi e mi afferra per un gomito, cominciando a trascinarmi per i corridoi della scuola.

Io non faccio resistenza. Quando sono con lui perdo completamente la volontà, forse perché ho voglia ancora di sentirlo dentro me ...

Raggiungiamo i bagni, che sono vuoti, e dentro chiude l’uscio.

Entriamo in una turca piuttosto strettina lasciando tranquillamente la porta spalancata, sapendo che non c’è anima viva in giro.

Mi bacia violentemente sulle labbra, giocando poi con la lingua. Dal modo in cui mi tocca capisco che non vuole perdere tempo ...

Ben presto io ho la camicia slacciata ed i pantaloni e i boxer calati sulle ginocchia, mentre lui ha i jeans aperti, e la sua virilità spunta fuori dura e grossa.

Anche io sono eccitato, forse più di lui, eccitato dall’idea che qualcuno possa entrare e sorprenderci, eccitato dal fatto che tra poco lo sentirò in tutta la sua euforia e sensualità ...

Mi prende in braccio, schiacciandomi contro le sudicie pareti del cesso.

Gli allaccio le gambe attorno al bacino, perdendomi un attimo a osservare i miei pantaloni stesi a terra, insieme allo sporco.

Mi stuzzica con voracità, scendendo a mordermi un capezzolo inturgidito, e io gemo spingendomi contro di lui.

Il mio orgoglio punta contro il suo ventre, e lui ormai incapace di attendere ancora un istante di più, si fa strada in me senza nessun rimorso.

Il solito bruciore profondo, e quella sensazione di essere pieno fino a scoppiare mi accompagna, alleviandosi quando Sendo comincia la sua danza selvaggia erotica che mi fa andare in estasi ...

Veniamo insieme questa volta, accasciandoci sulla pavimentazione lorda uno tra le braccia dell’altro.

Ho gemuto e mugolato insieme a lui fino a poco fa, e mentre attendo che le mie forze tornino in me – speranza vana, sono così debole che non ho nemmeno la capacità di sollevare le palpebre – prego che nessuno ci abbia sentiti.

La sua maglietta sportiva è macchiata, così come il mio ventre di liquido seminale ancora caldo.

Mi bacia di nuovo, mentre con un fazzoletto di carta scende a ripulirmi con premura.

“Ti ho mai detto che sei fantastico, Sendo?”

“Piantala con questo Sendo ... chiamami Akira ...”

“Uhm ... Akira ...” lo sussurro contro il suo collo, come un gatto che fa le fusa per le tante coccole che riceve dalla sua padroncina. Lui rabbrividisce sentendo i miei denti mordergli la tenera pelle della giugulare, in un gesto del tutto puerile e casto.

Mi aiuta a rialzarmi in piedi, e mentre io mi infilo i vestiti sentendo le mie natiche doloranti, lui osserva la sua maglietta un po’ sconsolato.

“Ne ho una di ricambio. Vieni a prenderla? Dovrebbe andarti.”

Mi ringrazia, e come se non fosse successo assolutamente nulla usciamo dal bagno, avvolti dal silenzio e dai nostri reciproci odori ancora mescolati tra di loro.

 

Sto tornando a casa, al fianco di Fanel.

Ci siamo incontrati di nuovo in strada, e ho scoperto che anche lui vive in un appartamento, in un palazzo poco lontano dal mio.

Sono davvero gioioso per averlo qua insieme a me, nessuno si immagina quanto!

Quando sono contento mi sembra sempre di scoppiare di energie, e quindi dimentico la fatica, la stanchezza e i miei problemi.

Ed è proprio così che mi sento ora, straripante di forze da coprire il mondo intero.

Il buio è ovviamente sceso presto. i lampioni si sono già accesi da un pezzo, e qualche falena volteggia sotto la loro luce elettrica.

I colori sgargianti della giornata solare si sono spenti nel gelo della sera, che ci avvolge le membra nel vento spirante forte da sud.

“Ti vedo piuttosto pensieroso ... c’è qualcosa che non va?”

Fanel si distoglie momentaneamente dai suoi pensieri per dirigere il suo sguardo su di me.

“In realtà stavo pensando ad Akira ... cioè, Sendo. Oggi non è venuto a scuola. Mi chiedo se sarà andato al molo a pescare ...”

Cosa? Akira pesca?! Quasi scoppio a ridere nel vederlo seduto con la canna da pesca in mano ... uno così rumoroso e impaziente praticare un passatempo così tranquillo!

“Tu e Sendo fate la stessa classe?”

“In realtà no. Io sono più grande di un anno, frequento l’ultimo anno di liceo. Già da ora mi sto preparando per gli esami ...”

Sono rimasto a bocca aperta. Giuro, non ho mai conosciuto un ragazzo così voglioso di studiare e diligente come lui. Mancano praticamente sei mesi alla fine della scuola e lui comincia già da adesso a studiare per un test che ci sarà fra un eternità?!

Passiamo davanti a un ristorante italiano.

I crampi allo stomaco cominciano a farsi sentire, e mangerei qualsiasi cosa pur di alleviarli! In realtà non mangio quasi mai fuori, e quando lo faccio vado nei ristoranti tipici della mia città, ma ora come ora mi piacerebbe provare qualcosa di nuovo e straniero ...

Tocco le tasche del mio giubbotto, e in una di esse, con mia immensa fortuna c’è il mio portafoglio, quotidianamente stracolmo di soldi.

Ne guadagno così tanti che a volte mi ritrovo il portafoglio pieno senza volerlo, il che ha i suoi lati positivi – se ho bisogno di qualcosa non ho alcun problema a chiedere prestiti o rimandare – e negativi – infatti se qualche ruba galline mi fotte il portafoglio sono fregato.

“Ehi Fanel, ti andrebbe di mangiare qualcosa? Offro io!” gli domando, speranzoso nella sua risposta affermativa. Vorrei davvero conoscerlo di più, ma non mi capita mai l’occasione ...

Lui mi osserva in imbarazzo.

“Ma no, che dici? Pago io, non ho alcun problema!”

“Non se ne parla neanche! Io ti ho invitato, io pago!” ribatto con un sorriso. Lui sembra tentennare un momento, ma poi accetta.

Entriamo nel locale, e ci si avvicina subito un cameriere. Gli chiediamo un posto per due, e il ragazzo in uniforme ci accompagna nell’immenso salone dietro la cucina, dove non c’è ancora molta gente. Sono soltanto le sette, e come spiega questo il grosso della gente riempie il ristorante verso le nove in poi.

Ci porta a un tavolino piuttosto isolato rispetto agli altri, dove vicino c’è un’alta pianta di fiori.

Il tavolo è quadrato, coperto da una ricamata tovaglia rossa. Sopra vi sono disposte posate, tovaglioli, grissini e al centro del tavolino un sottilissimo vaso di cristallo con una rosa gialla e una rossa.

Ci togliamo i nostri soprabiti, e in attesa che ci portano il menù ci mettiamo a parlare.

“Non sapevo tu prediligessi i locali stranieri ...” mi confessa il ragazzo di fronte a me, dopo aver appoggiato il suo viso su le mani giunte, sostenute dai gomiti che poggiavano loro volta al tavolo.

“In effetti non sono mai stato in un locale straniero in tutta la mia vita! Ma bisogna cambiare qualche volta, no?!” gli strizzo l’occhio ridendo.

Mi esce spontaneo ridere quando sono insieme a persone che mi piacciono.

E non intendo come aspetto fisico. Ma come carattere, e come la loro forza astrale sia intensa.

Insomma, io penso che la forza astrale sia il calore e la sicurezza che una persona riesce a trasmetterti.

Comunque, ricordo che quando andavo ancora a caccia di gonnelle, c’era stata una ragazza, Haruko, che mi aveva convinto ad entrare nel club di basket.

Quella fu l’ultima ragazza che provai a conquistare, mentre poi cominciai ad aborrire il solo tocco ...

Era piuttosto bassina, gracile e tonta – si, davvero tonta. Aveva capelli a caschetto castani e occhioni blu da bambola.

Ricordo che per farle attirare la mia attenzione dicevo un sacco di cazzate, ridendo a crepapelle. Ma nessuno si era mai accorto che quelle erano risate finte, mascherate.

Nessuno, soltanto Kaede, che me lo fece notare solo quando diventammo amici.

Prima non riuscivamo nemmeno a dire una parola che la voglia di prenderci a sberle era irresistibile!

Da quel momento provai a capire ciò che v’era davvero in me.

Il ragazzo buffone che voleva sempre e solo l’attenzione su di sé per far vedere di essere solo un incapace, o la persona che non sapeva come affrontare i sentimenti contrastanti dentro di sé, bisognosa solo di un po’ d’aiuto?!

Ce la feci da solo, e durante l’estate scorsa lo capii ... che ero giunto a un punto di non ritorno ...

“Sakuragi? Ci sei?”

“Ah, si! Ci sono.”

“Ascolta. Io esco a fare una telefonata ai miei. Non vorrei che si ... preoccupassero” mi dice.

Io annuisco e alzatosi in piedi si allontana, estraendo dalla tasca dei suoi pantaloni un cellulare tascabile.

Nel frattempo arriva il cameriere di poco prima che mi consegna due menù dalla copertina in pelle rosso cupo.

Comincio a darci un’occhiata, in attesa che ritorni il mio compagno.

Ma ... che cavolo vogliono dire questi nomi incomprensibili!?!

Che razza di lingua parlano questi italiani?!?

Cosa cavolo ... <spaghetti all’amatriciana> ?! Cos’è la amatriciana? Cosa vuol dire questa parola sconosciuta!?!

E questa?? <cotoletta alla milanese> ?!? Cos’è milanese qui??!

Ma perché sempre io devo avere queste idee idiote di voler cambiare?!!

Devo ammettere che sono completamente in panico.

Mangerei qualsiasi cosa, l’ho già detto, ma se per caso scelgo le cozze, a cui io sono allergico?!?

“Eccomi, sono tornato, ma ... che ti prende?!”

Alzo lo sguardo sconvolto su di lui.

“Io ... non ... ci capisco niente!” mugolo con un accento disperato, facendo ricadere i miei occhi su quelle scritte incomprensibili.

All’improvviso scoppia a ridere divertito.

“E’ logico, sono piatti italiani! – si siede al suo posto, e apre il suo menù dando un’occhiata – ma sei fortunato, dato che io so questa lingua che tu trovi tanto difficile ...”

Comincia a spiegarmi i vari nomi, mentre io lo ascolto rapito. E’ davvero bravissimo, comunica le sue parole con disinvoltura, e mi spiega qualsiasi cosa per me non chiara.

Mi consiglia di ordinare dei piatti che a lui piacciono molto, e che considera squisiti.

Così, aspettando il cameriere, parliamo un altro poco, e mi dice di conoscere anche il francese.

Gli chiedo di parlarmi di qualsiasi cosa in questa lingua, e mi ritrovo affascinato, anzi rapito da questi suoni sconosciuti ma così graffianti e sensuali che mi fanno a dir poco sospirare.

Non capisco assolutamente nulla, ma detti da lui suonano così pieni di significato ...

Alla fine del suo discorso si zittisce e rimane a guardarmi, sorridendo inequivocabilmente.

“Io ... non ho capito ...”

“Mi sembra logico ... non molti in Giappone conoscono questa lingua. Anzi, direi un infinitesimo della popolazione ...”

“Che ... che cosa mi hai detto?”

“Segreto!” mi svela facendomi cenno di tacere con il dito davanti alla bocca.

Non gli chiedo spiegazioni, perché mi è bastato solo sentire il suono della sua voce per rendermi completo ...

“Come fai a conoscere così tante lingue?”

“Semplicemente perché i miei genitori sono gaijin ... mia madre è italiana, del sud, mio padre è francese. Io sono nato e cresciuto qui, ma sin dalla nascita i miei mi hanno insegnato a parlare la nostra lingua in casa”
“Deve essere bello sapere parlare tante lingue!”

“Se lo dici tu?! Io lo trovo indifferente” dice, scrollando le spalle, chiudendo per un attimo gli occhi.

Poco dopo aver ordinato i nostri piatti, arriva il primo.

Entrambi la stessa portata e la stessa cena. Sono spaghetti mescolati a una solida sostanza giallastra e dei cubetti striati in rosso.

“Ecco, questa è la <pasta alla carbonara>. Io la so cucinare bene, ed è uno dei miei piatti italiani preferiti. Se non ti piace dimmelo!”

Io gli sorrido e arrotolo attorno alla forchetta di ferro una sostanziosa matassa di pasta.

La metto in bocca, la mastico un poco e la mando giù.

Accidenti, è buonissima! Non posso fare a meno di esprimermi ad alta voce, e lui finalmente mi svela gli ingredienti principali.

“La pasta è cotta come sempre. In un’altra padella si fanno rosolare la pancetta a cubetti, e in una scodella si sbatte il tuorlo di uovo, mescolato a un pizzico di pepe e del formaggio grattugiato.

Quando il tutto è pronto si mescola assieme.”

“Non ho mai mangiato nulla di così squisito in vita mia!”

Il sapore è forte, a causa del pepe il cui sapore forte mi gratta la gola, costringendomi a bere un poco di coca. Ma è decisamente buono.

Finiamo la prima portata, e intanto arriva il secondo. Mi dice subito che è coniglio arrosto con contorno di patate al forno.

Mangio con gusto, pensando assolutamente che consiglierò questo ristorante a tutti quelli che conosco ...

Mi piace stare in compagnia di Fanel. Mi sento sereno, completamente a mio agio, come se ci conoscessimo da sempre.

Io e lui siamo molto diversi. I nostri caratteri non sono proprio compatibili, ma stranamente ci troviamo tranquillamente insieme, scoprendo di avere qualche cosa in comune ...

Ad esempio, ad entrambi piace il basket anche se lui smise di praticarlo quando era in prima superiore per un incidente ad un braccio, e sembra che anche adesso, a momenti, gli venga qualche formicolio sospetto.

Sono certo che se non fosse successo nulla il Ryonan avrebbe avuto un validissimo giocatore titolare.

Però, moltissime volte ci troviamo in disaccordo. Sulla musica, ad esempio.

Lui ascolta volentieri rock duro e New Metal, ed è un fan di molti gruppi stranieri e dei Malice Mizer, mentre io impazzisco per l’Hip Hop. Mi piacciono molte star americane, come P. Diddy e Ashanti, ma anche molti altri ...

Ad entrambi piace vestirci bene, ed a lui piacciono un sacco i vestiti alternativi – come mi ero immaginato io al nostro primo incontro.

Devo dire che ce lo vedo proprio con un paio di pantaloni in stoffa scozzese quadrettata tenuti stretti da una cintura, gli stivali borchiati, giacche lunghe di pelle e altro ...

Un altro punto di accordo sono i tatuaggi ed i piercing. Io non ho ancora avuto la possibilità di farmi niente, a parte il mio orecchino sulla cartilagine alta del mio orecchio sinistro. Lui invece ha già dipinto qualcosa sul viso, e due orecchini su entrambe le orecchie.

Mi svela che il suo più grande sogno è quello di farsi tatuare la Madonna sul braccio sinistro, ma che gli è severamente vietato.

I suoi genitori sono contrari a qualsiasi forma di rivolta, e mi racconta che già quando lo hanno visto così conciato hanno fatto un bordello, durato quasi un mese.

Mi immagino la scena, e non vorrei essere al suo posto per nessun motivo!

“... un altro motivo per cui ho abbandonato il basket è stato questo. Infatti, faccio lavoro part time, guadagnandomi qualcosa in più lavorando in un negozio di tatuaggi ...”

“Davvero? Spero per te che i tuoi non lo scoprano mai!” rabbrividisco io al pensiero di questo povero ragazzo bandito per sempre dalla famiglia ...

Lui ridacchia un poco, e mi sussurra a voce un poco più bassa:

“In realtà, io tempo fa scoprii nella mio appartamento l’entrata segreta di una stanza adiacente, che era stata costruita lì praticamente quasi involontariamente ... ed è proprio in camera mia! Un giorno d’estate, quando i miei erano andati a trovare insieme a mio fratello i miei nonni italiani la ripulii completamente, affissandole poster, foto di ragazzi che avevo tatuato personalmente e al centro misi un lettino con a fianco la sedia dove di solito ci si siede per fare il lavoro di tatuatore ...

L’ho riempito di miriadi di cose, e alla porta ho fatto mettere una serratura di cui unico proprietario della chiave sono io. poi, l’ho coperta con un enorme poster di Matrix ... nessuno l’ha ancora scoperta ...”

Sono sgomento! Non pensavo che un ragazzo serio come lui potesse essere un furbacchione di tale genere! Mi piace proprio, anche se non lo da a vedere ...

“Spero mi ci porterai un giorno, vorrei tanto un tatuaggio gratis!” sospiro con lo sguardo perso. Mi piacerebbe farmi un tatuaggio tribale sull’avambraccio, o un bel dragone sulla schiena, o qualcos’altro del momento ... uno dei miei sogni proibiti!

“Scusa, che ti fa pensare che io te lo faccia gratis?!” mi chiede scherzosamente serio, anche se capisco chiaramente che mi prende in giro.

“Perché ti ho pagato una cena coi fiocchi, ovviamente!”

La serata finisce bene. Abbiamo parlato ancora, e mi ha accennato di suo fratello. Non gli è particolarmente affezionato, così mi racconta lui. Non ci è mai stato attento, hanno troppa differenza d’età, e a lui i mocciosi – soprattutto quelli di sei anni – non sono mai piaciuti ...

Usciamo fuori. Fa freddo ed è ormai completamente buio. Sono già le nove e mezza di sera, e moltissimi ragazzi sono in giro già da adesso, per farsi una cena e poi saltare in discoteca fino a mattina presto.

La discoteca non mi è mai piaciuta. Troppo caotica, persino per me, e a volte anche pericolosa.

Sono certo che neanche a Fanel piaccia ...

“Ti ringrazio per la cena. Ho passato una bella serata!” mi confessa quando arriviamo davanti al mio palazzo.

“Figurati! Sono io che devo ringraziarti!”

Ci sorridiamo, anche se è buio posso sentire che è davvero soddisfatto.

“Un giorno di questi ti prometto che ti farò un tatuaggio ...” mi dice dopo un attimo di silenzio.

Ah, ma allora l’ha presa sul serio quella mia idea! Ne sono contento, perché io non stavo affatto scherzando!

“Ci conto! Senti ... pensi che domani mattina ci rivedremo per strada?”

“Be’, penso di si. Se vuoi vengo a citofonarti!” mormora un po’ sulle sue.

E’ davvero tenero in questo momento, e mi viene una gran voglia di afferrarlo tra le mie braccia. E’ sempre serio, ma quando chiede qualcosa di piuttosto particolare preferisce tenersi vago.

“Mi farebbe molto piacere ... ti va bene alle sette e mezza?”

“Ci sarò ... a domani allora, Sakuragi. Grazie di nuovo!”

Si allontana, e poco dopo il buio lo inghiotte.

Sono contento. Ho trovato questa serata più eccitante e più divertente di una notte di sesso ...

 

Sono nel mio letto. Le coperte calde, durante le stagioni fredde, hanno la forza di rilassarmi moltissimo, e far sciogliere la stanchezza in un battibaleno.

Tra le mani stringo il cellulare che accendo adesso.

Sono sicuro che qualcuno avrà chiamato, e spero non sia stato qualche nuovo cliente che mi chiedeva appuntamento!

Mi arrivano diversi messaggi di chiamate mancate, pieni di numeri sconosciuti ...

E poi un altro messaggio, che porta il mittente di Sendo.

<Ehi rosso, dove sei? Ti aspetto stanotte a casa mia. se non vieni non sai cosa ti perdi ... =) . Akira>

Me l’ha mandato circa mezz’ora fa.

Ormai è troppo tardi per vestirmi di nuovo e uscire di casa, anche se la tentazione c’è ...

<Ciao Akira. Questa sera vorrei *riposarmi* ... ti vengo a far visita domani notte, come i fantasmi ... Baci, Hanamichi>

Spengo definitivamente il cellulare dopo aver inviato il messaggio, e spendo la luce del lampadario con una botta all’interruttore.

Mi devo stringere per starci in questo cazzo di letto! No, niente da fare. Devo comprarne uno nuovo ...

 

 

Evil: *piange*

Hanatato: Ma sei scema?! Che cacchio ti piangi?!

Evil: Io sono così ... *sospir* felice ... la vicenda mi esce così fluidamente da non crederlo possibile ...

Folken: Ehi, autrice biiip! dei miei biiip! Ma che biiip! ti sei messa in testa di far andare a letto il MIO Hana con quel maniaco hentai di Sendo?! Brutta biiip!

*censura mode: ON*

Hanatato: si, e poi cos’è questa storia che io sono un accompagnatore?!!

Folken: ECCO!!! ECCO QUELLO CHE DOVEVO VERAMENTE DIRE!! BRUTTA BIIIP! DEL MIO BIIIP! !! TI SEI BIIIP! (quella non era una parolaccia ...) DI COLPO?!?!

Rukinon: Si, e poi cos’è sta storia che io sono il migliore amico della scimmia urlante, qui?! Neanche tra cent’anni!

Akiruccio: A me piace un casino questa storia. Autrice, andiamo a discutere del seguito nel tuo letto ...

Hanatato: Biiip!

Rukinon: Questa è quindi una SenHana, no?!
Folken: CHIUDI LA BOCCA, BIIIP! NON ESISTE LA PAROLA SENHANA NEL SUO VOCABOLARIO! BIIIP!

Ru: Ma cos’è, hai preso la Fukatsu-mania?

Akiruccio: Senti un po’ deviato mentale! Se hai letto, fino a ora ci sono state scene di sesso esclusivamente con me!! Come la metti ora? *ride trionfante*

Folken: Te la metto nel BIIIP! *si pestano*

Evil: Verremo coinvolti? Lo scoprirete nella prossima puntata!





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