DISCLAMEIRS: Ii pg di slam sono di Inoue
NOTE:
c'è poco da dire.
Red... like...
(rosso... come...)
di
Eny
Il
vento primaverile scuoteva i rami degli alberi di ciliegio spargendo i
petali rosati nell'aria serena che sovrastava la città.
Morbide nuvole e candide cotonavano il cielo turchese, sfregiato, di tanto
in tanto, da qualche rondine che sfrecciava veloce in cerca di cibo.
Un
altro sospiro di vento, fece diffondere il delicato profumo dei ciliegi in
fiori.
Una
giornata bellissima.
Non
troppo fredda.
Non
troppo calda.
Tranquilla, pacifica.
Semplicemente bellissima.
Hanamichi respirò a pieni polmoni l'aria primaverile che aleggiava intorno a
lui.
Le
mani sprofondate nei pantaloni della divisa, mentre con passo svelto
calpestava l'asfalto cupo delle strade di Kanagawa.
Il
suo sorriso rilassato dalla serenità.
I
suoi occhi ricolmi di gioia e ansia.
Doveva muoversi se voleva fare a tempo.
L'insegnante dell'ultima ora aveva dato buca, quindi era stata concessa loro
la libertà.
Aveva
solamente un'ora e quarantacinque minuti a disposizione, poi sarebbero
cominciati gli allenamenti, e il gorilla si sarebbe arrabbiato molto se li
avesse saltati!
Senza
rendersene conto cominciò a correre.
Per
quanto la casa di Akira fosse vicina allo Shohoku, ci voleva una buona
mezz'ora per arrivare lì a piedi.
Ed
ogni minuto, ogni istante che passava con Akira, era un istante di più di
felicità che poteva concedersi.
Quel
giorno Akira non era andato a scuola per lo sciopero dei professori,
probabilmente era a casa.
Sperava di non disturbarlo, e soprattutto di fargli una sorpresa!
Non
vedeva l'ora di vederlo, era buffo, si erano incontrati solamente la sera
prima, e già gli mancava.
Lui
era tutto per Hanamichi.
L'unico vero amico che avesse mai avuto, l'unico che lo conoscesse
veramente, l'unico che lo acettasse per quello che era, l'unico che...
....lo
amasse....
Guardò frettolosamente l'orologio.
Imprecò tra i denti mentre correva ancora più veloce.
Doveva arrivare il prima possibile, doveva vederlo.
Lui
era la sua aria, la sua certezza, la sua unica sicurezza.
Lui
era l'unica persona con cui stava bene veramente.
Lo
amava semplicemente.
E il
pensiero di vedere quel sorriso dolce accoglierlo sulla soglia della porta
quando sarebbe giunto a casa sua...
Il
solo pensiero dei suoi occhi premurosi e affettuosi posarsi su di lui,
fondendosi col suo sguardo in un muto dialogo affettuoso...
La
sola idea della sua voce vellutata e divertita quando gli avrebbe raccontato
che corsa assurda aveva fatto per stare con lui anche solo un'ora in più...
Gli
riempiva gli occhi di lacrime...
Era
stupido ma la consapevolezza di avere qualcuno che lo amasse davvero, gli
faceva esplodere il cuore di felicità.
Lui,
Hanamichi Sakuragi, aveva trovato qualcuno che lo amava veramente.
Qualcuno che acettase i suoi capelli rossi e i suoi occhi dorati senza
disprezzarlo.
Akira
Sendoh, l'unico che aveva il potere di renderlo davvero felice nella vita.
L'unico...
Ormai
correva velocissimo come se vederlo fosse una questione di vita o di morte.
Come
se, se non l'avesse visto, sarebbe impazzito.
Doveva vederlo...
Doveva vedere il suo sole!
Senza
rendersene conto piangeva.
Non
sapeva il motivo, non sapeva il perchè, ma piangeva.
La
gente si scansava imprecando per non essere travolti dalla furia che correva
disperato per le strade della città.
Correva.
I
suoi passi pesanti sull'asfalto.
Il
respiro accellerato.
Il
cuore che pompava il sangue sempre più forte, sempre più veloce.
Quel
bisogno disperato di avere ancora una certezza, di avere ancora la sicurezza
di non essere solo.
Il
suo passato pieno di sofferenza.
Pieno
di dolore, di oblio e disperazione.
Un
passato da cui cercava ogni momento di sfuggire, di scappare.
Correva come se dietro avesse le lunghe e scheletriche braccia della
solitudine che volevano a tutti i costi abbracciarlo.
Stritolarlo nella loro presa soffocandolo col dolore.
Il
sorriso di Akira: il suo unico rifugio.
Tra
le braccia di Akira gli artigli adunchi del dolore si ritraevano impotenti.
La
voce di Sendoh spazzava via il vento gelido dei ricordi.
Il
suo sorriso, fendeva le tenebre più scure dell'oblio.
Ed
eccola che emergeva l'abitazione del ragazzo.
Una
fortezza inespugnabile.
Il
suo rifugio sicuro.
Senza
pensarci scavalcò con un balzo il basso cancellino.
Ora,
si sentiva più sicuro.
Si
asciugò negligentemente le lacrime mentre il respiro affannoso si
regolarizzava.
Bussò
alla porta.
Nessuna risposta.
Abbassò lentamente la maniglia aprendo la porta.
Era
aperta.
Entrò
timidamente, come se avesse paura di disturbare, di far arrabbiare il suo
sole.
-Akira?- chiamò piano.
Nulla.
-Akira sei in casa?- chiese nuovamente chiudendo piano la porta alle sue
spalle.
Ancora nulla.
Forse
dormiva...
Akira
era svampito, ma non avrebbe lasciato mai la casa aperta.
Salì
lentamente le scale.
Uno
scalino alla volta.
Lentamente.
Guardando l'alto.
La
mano abbronzata che passava delicatamente sul corrimano di legno scuro.
I
suoi passi, attutiti dal tappeto.
L'ansia che sale.
Può
avvertire quelle braccia ossute graffiare contro quella fortezza
inespugnabile.
No,
non l'avrebbero catturato.
Non
di nuovo.
Non
ancora.
Non
se c'era Akira con lui...
Akira...
e appena quel nome gli accarezzava il pensiero, quegli artigli graffiavano
più forte, quel vento freddo si faceva ancora più gelido, quell'oblio,
ancora più tenebroso.
No...
Akira l'avrebbe protetto.
E
graffiavano più forte, e gemevano sempre di più, e si incupivano
maggiormente.
Percorse lentamente il pianerottolo verso quella stanza.
L'ultima stanza, il rifugio per eccellenza, li niente l'avrebbe raggiunto.
-Akira...- pigolò con timore.
Con
mano tremante afferrò la maniglia.
Una
crepa in quella corazza invalicabile.
-Salvami...- sussurrò abbassando la maniglia.
Lo
spiffero gelido lo stava raggiungendo mentre l'oblio filtrava da quelle
crepe sempre più profonde.
-Non
lasciarmi da solo...- mormorò aprendo piano la porta.
La
corazza si infranse come un vetro fragile.
Cadendo a terra con un tintinnio di sicurezze infrante.
E
quelle braccia ossute che lo avvolgevano.
Quell'oblio terrificante circondarlo.
Quel
vento gelido entrargli nelle ossa portando con se quei ricordi, quelle urla
strazianti.
L'oblio si squarciava e le immagini dei suoi ricordi scorrevano veloci.
Quelle urla che gli martellavano il cervello corrodendogli l'anima.
Quelle braccia stringerlo sempre più forte costringendo a ricordare.
-Hana....-
gemette Sendoh quando lo vide sulla soglia della porta.
Hiroaki si voltò di scatto sconvolto.
-Hana...
o Kami... cosa ho fatto ti prego...- provò a parlare mentre Koshino con
noncuranza si passava la lingua sulle labbra per assaporare un ultima volta
il buon sapore di Akira.
-Hana
ti prego... perdonami io...- balbettò Akira compiendo un passo timoroso
verso Hanamichi che ancora fissava Koshino.
Li
aveva visti baciarsi...
Il...suo...
Akira...
Alla
fine... anche Akira... Lo aveva abbandonato.
Akira
si bloccò incapace di continuare.
Si
immobilizzò di fronte ad Hanamichi, incapace di proferire parola.
Perchè quel sorriso dolce e pieno d'amore uccideva.
-Hana...-
balbettò.
-Scusami Akira! Mi dispiace avrei dovuto bussare! Sono un disastro!- disse
mortificato esibendo il suo solare sorriso.
-Hana
ti prego...- pigolò Sendoh.
-Volevo venire a trovarti, ma sei impegnato! Bhe! Divertitevi, scusate il
disturbo! Ora scappo! Se arrivo tardi agli allenamenti Gori si arrabbia!-
detto questo Hanamichi salutò con la mano chiudendosi la porta alle spalle.
Akira
si accasciò a terra.
-Kami
Sama...cosa ho fatto...- bisbigliò coprendosi la bocca con la mano.
Aveva
ceduto ad una tentazione.
Aveva
tradito Hanamichi...
E
quel sorriso era peggio delle urla, delle testate...
Lo
aveva ucciso.
Sapeva quanto Hanamichi fosse fragile, insicuro.
Conosceva il suo passato...
eppure lui lo aveva tradito.
Lui....
Aveva...
Ucciso...
Hanamichi...
Correva veloce per le strade.
Era
tardissimo, il Gorilla lo avrebbe sicuramente sgridato.
Magari l'avrebbe pure punito col suo pugno micidiale.
No,
decisamente non era il caso di fare tardi!
Poi
il torneo era alle porte, doveva allenarsi se voleva, quest'anno, portare la
squadra alla vittoria!
Arrivò trafelato, spalancando la porta della palestra.
-Sakuragi! Sei in ritardo!- lo ammonì il capitano.
-Scusa Gori...Akagi! E' che...ho...avuto.. un...impegno...- annaspò tentando
di calmare il respiro.
-Ma
dove hai corso? Fino all'altra parte della città?- Hanamichi si zittì un
secondo come se la domanda non fosse mai arrivata.
Un
lungo tremito lo scosse prima che il suo sorriso ricomparisse sul suo volto.
-Già!- disse ridendo sguanitamente.
Come
suo solito, come sempre...
...Come mai...
Rukawa lo fissava, in silenzio, senza dire una parola.
La
sua risata, in genere sguainata, provata e riprovata, questa volta suonava
più falsa che mai.
Come
quando un attore non riesce ad entrare nella sua parte.
Aggrottò impercettibilmente le sopracciglia.
Qualcosa non andava.
-Vai
a cambiarti! Imbecille!- lo ammonì con un sorrisetto Mitsui.
Hanamichi sparì negli spogliatoi per rientrare pochi istanti dopo in campo
pronto per allenarsi, ma la porta della palestra venì nuovamete spalancata e
uno scarmigliatissimo Sendoh fece il suo ingresso in campo.
-Sendoh?- esclamò stupito il playmaker. Ma il ragazzo non lo sentiva
nemmeno.
Gli
occhi innaturalmente dilatati e terrorizzati erano fissi sul rossino che lo
guardava sorpreso.
-Akira?- chiese inclinando la testa come un ambino. Il porcospino ignorò il
sudore che gli colava sulla fronte, segno della corsa folle che aveva fatto
per giungere li.
La
giacca di Jeans gli ricadeva sulla spalla lasciandola scopertamostrando la
maglietta rossa.
-Hana...-
gemette avvicinandosi barcollando.
-Ti
prego...- implorò allungando una mano con voce tremante.
-Ma
che succede?- chiese Ayako sinceramente stupita dal comportamento di Sendoh.
Hanamichi lo fissava senza capire. Una ciocca scivolò sulla sua fronte.
Perchè Akira si comportava così? Lui non aveva fatto nulla. Era solo colpa
sua quello che era successo! Akira non aveva nessuna responsabilità.
-Che
c'è Akira?- chiese sinceramente stupito il rossino con la testa inclinata.
Un
bambino innocente che non capisce perchè in televisione la gente si tratta
sempre tanto male...
Akira
si bloccò e la sua espressione si tramutò in una maschera di terrore e
dolore.
-Ti
scongiuro Hana! Non fare così!- Implorò in un pigolio. Si avvicinò ancora
con passo tremante, come se si stesse avvicinando al corpo di Hanamichi
senza vita a terra, e non volesse credere a quello che vedeva.
-Così
come Aki? Non capisco...- disse sorridendo dolcemente. Akira si bloccò.
-Ti
prego Hana torna in te!!! Ti prego colpiscimi! Urla! Sbraita! Dammi del
figlio di puttana...ma non fare così!!!- strillò afferrando il volto di
Hanamichi tra le mani.
Rukawa fissava la scena con pugni serrati.
Quel
bastardo!!!!
Cosa
aveva fatto ad Hanamichi?!?!
-Io
non capisco Akira... perchè devo picchiarti!! Non hai fatto nulla tu...-
disse stranito con gli occhi spalancati.
Stupito... era semplicemente stupito...
Akira
non aveva fatto nulla...
Nulla...
Era
solo colpa sua, unicamente colpa sua.
-Hanamichi per Kami!!!! Dammi una testata!!! Urla!!! fa qualcosa!!!!! Tu
devi arrabbiarti!!! Devi odiarmi!!!- urlò con le lacrime che scorrevano
libere sulle guancie del numero sette.
-Akira... non piangere ti prego!! Tu non hai fatto nulla è colpa mia
smettila!!- disse stringendo gli occhi e abbassando il volto incapace di
sostenere quello sguardo tanto triste.
-Ti
ho tradito!! Tradito Hanamichi!!! Tu devi odiarmi!!! Ti prego Hana...
Arrabbiati... perchè il tuo sorriso mi uccide...ti prego...- mormorò
alzandogli ancora il volto.
Hanamichi tremò mentre tutti attorno a loro tacevano...
No...
Non
era vero...
Akira
non l'aveva tradito...
Era
colpa sua...
Solo
colpa sua...
Akira
non centrava nulla.
Nulla!!!
Urla
strazianti nella sua mente stridevano e dolevano.
Immagini che a forza martellavano quella corazza da cui si proteggieva,
ormai,andata in frantumi...
Hanamichi non si mosse, non disse nulla...
Gli
occhi dilatati e vacui...
Nulla... lui non sentiva nulla se non quelle strilla acute...
-Hana...-
sussurrò ancora Akira. Ma qualcuno picchiettò contro la sua spalla.
Akira
si voltò e il gancio che Rukawa gli sferrò alla guancia lo fece cadere con
un gemito.
Rukawa fremeva di rabbia.
-Tu!!- ruggì furioso sollevandolo per la giacca. Akira non oppose
resistenza.
-Rukawa...- biascicò mentre il sangue gli riempiva la bocca col suo sapore
metallico.
-Ki..tsu..ne..?-
balbettò il rossino rendendosi conto solo ora di quello che era accaduto.
Rukawa lo aveva difeso...
Ma
perchè??
Era
solo colpa sua...
Rukawa...
La
testa gli pulsava.
Quelle urla si delinearono in parole nella sua testa.
Parole che conosceva fin troppo bene.
Senza
pensarci si tappò le orecchie con un gemito correndo fuori dalla palestra.
-Hanamichi...- Rukawa mollò la presa sul colletto di Sendoh e senza remore
prese ad inseguire il rossino che sembrava scappare dal suo stesso
passato...
No no
no no!!!!
Era
tutto sbagliato!!!!
Dannatamente sbagliato!!!
Akira
che piangeva...
Rukawa che lo difendeva per qualcosa di cui lui AVEVA colpa!!!
Era
colpa sua! Solo colpa sua!
Era
così... da sempre!!
Arrivò in cima alla scogliera, era sempre stato il suo rifugio fin quando
era bambino.
Aveva
sempre detto che un giorno avrebbe volato lanciandosi da quella scogliera...
Forse
era giunto il momento di tentare a volare....
Sentì
qualcuno arrivare dietro di lui.
Non
si premurò di guardare chi era, sapeva che era Rukawa.
Ma in
quel momento i suoi occhi erano persi nel manto blu del mare.
Come
avrebbe voluto che i suoi occhi fossero stati blu...
Guardò con gli occhi di un bambino che si posano su uno splendido gioco in
vetrina che non può avere, le ali scure dei gabbiani.
Come
avrebbe voluto che i suoi capelli fossero di un scialbo nero....
Fissò
con amarezza le tinte pastello del tramonto...
Come
avrebbe desiderato avere un'anonima pelle rosata, invece che dorata.
Se
fosse stato anonimo, come tutti gli altri forse...
Forse...
Senza
rendersene conto, cominciò a parlare.
Per
se stesso o per Rukawa era indifferente.
-Mio
padre non ha mai amato mia madre.- inizio con un sussurrò che arrivò alle
orecchie di Kaede trasportate dalla risacca del mare.
Il
volpino provò a muovere un passo, ma la voce di Hanamchi lo bloccò di nuovo.
-Sai,
mio padre l'ha violentata. Lei è sempre stata debole di carattere. Papà l'ha
costretta a sposarlo per non avere guai con la legge.- sussurrò mestamente
tenendo lo sguardo fisso di fronte a se.
A
Kaede il fiato si gelò in gola.
No...
Non
poteva essere, non era possibile...
-Hanamichi...- sussurrò, ma nuovamente, la voce di Hanamichi, lo fermò.
-Da
quello stupro, nacqui io. Mia madre perse il senno.- la sua voce incrinata.
Quelle urla nella sua testa non cessavano, ma lui, aveva imparato a non
ascoltarle.
Solo
che adesso erano forti, troppo forti, non resisteva...
Si
concentrò sulle sue stesse parole.
Le
membra scosse da un leggero tremito.
Gli
occhi fissi ad osservare il nulla nel tentativo di sfuggire a quelle
immagini agghiaccianti.
Kaede
non ebbe la forza di muoversi.
-Continua...- bisbigliò sconvolto.
Non
sapeva se era stato il suo assenso a farlo proseguire, sembrava quasi che
Hanamichi stesse parlando da solo, quasi lui non esistesse.
-Già
durante la gravidanza aveva tentato più volte di abortire e di suicidarsi.
Non voleva che quel figlio dannato venisse alla luce.- ci fu una breve pausa
e Kaede giurò che Hanamichi sorrideva malinconicamente... con tristezza...rassegnazione.
-Quando, nonostante tutto, venni alla luce, perse completamente la testa.
Anche se ora comincio a credere che non fosse pazza...- Kaede sussultò e una
viscida e gelida sensazione scivolò dentro di lui.
Un
nuovo sorriso amaro increspò le sue labbra.
E
quelle grida sempre più forti. Più veloci.
Quelle immagini tinte di rosso...
Quei
ricordi imbrattati di terrore...
-Mi
odiava. E mi temeva. Ero il foglio del demonio. Un figlio blasfemo. 'Sei il
figlio del demonio! Torna dall'inferno in cui sei venuto mostro! 'Me lo
ripeteva sempre. E lei piangeva. Piangeva, piangeva sempre. E io pensavo che
se fossi andato all'inferno come mi chiedeva, forse la mamma non avrebbe più
pianto...- disse con la voce sottile, di un fanciullo dispiaciuto di vedere
la madre sempre triste.
Kaede
sentì la sensazione pungente agli occhi delle lacrime che stavano rendendo i
suoi occhi lucidi.
No...
non poteva essere davvero così.
Ma
ancora una volta, le parole non uscirono dalle sue labbra.
-Ma
sai, io l'inferno...non sapevo dove era...non sapevo arrivarci...- disse con
voce rotta di chi si sente in colpa e ridicolo per la sua mancanza.
-Le
chiedevo scusa...perchè non sapevo dove dovevo andare per arrivare lì... ma
lei urlava di starle lontano... Che ero solo un demonio. Che era colpa mia
se papà la trattava sempre male, che io mi divertivo a vederla mentre veniva
pichiata, che ero io a pilotare papà, perchè io, ero il figlio del Diavolo.-
proseguì con voce sempre più incrinata.
-' I
tuoi capelli! Rossi! Come rosse sono le fiamme della dannazione!
Dell'inferno!! I tuoi occhi! Figlio blasfemo del Diavolo! Oro per irretire e
ingannare le persone! Sei maligno! Guardati mostro! La tua pelle!!! Scura e
abbronzata! L'inferno è la tua dimora! Vattene!' e aveva ragione....-
-Hanamichi...- un passò verso di lui allungando la mano.
-Shhhh...- bisbigliò al vento.
-Poi,
un giorno, tutto finì. Mia madre era gentile con me... Io ero felice...Mamma
non piangeva più. Lei mi diede un peluche, sai, di quelli grandi grandi...aveva
la forma di un coniglietto. Ero così felice. Mia madre non mi aveva mai
fatto nessun regalo.- narrò senza muoversi di un millimetro, la voce accesa
da una nota di speranza.
-Mi
accompagnò in salotto e mi fece sedere su una sedia al centro. Le chiesi
perchè dovevo stare seduto lì, perchè non ci sedevamo insieme sul divano,
perchè c'era quella grossa corda che pendeva dal soffitto...- disse affranto
senza abbandonare quel tono così...speranzoso di sperare...
Kaede
allargò gli occhi.
-No!
No non può essere! Hana...- balbettò incredulo crollando sulle ginocchia.
Le
lacrime a quella storia scesero timide sul suo volto...
Una
profonda disperazione lo invase.
-Lei
disse che era una sorpresa, un nuovo gioco...- continuò imperterrito.
Le
urla martellavano la sua testa, Sua madre che strillava quelle parole, la
luce folle nei suoi occhi, il terrore nelle pupille dilatate...
E poi
quel giorno.
-Io
non capivo. Non avevo mai sentito di un gioco con una corda così strana,
anche se non avevo mai giocato. Mi strinsi al mio pupazzo, avevo sei anni e
quel coniglio era...così grande e morbido. E io ero curioso di sapere che
gioco volesse afre con me la mamma.-
E
Kaede per la prima volta in vita sua pianse con tutto il cuore alla crudeltà
a cui la sua stessa madre lo aveva costretto.
Pianse, per quel bambino cresciuto troppo in fretta.
Pianse, per quel bambino che aveva visto solo orrori in un infanzia che
doveva essere solo di balocchi e sorrisi.
Pianse, per quel ragazzo che portava sul cuore una tale disperazione, tale,
da convincersi, che tutto ciò che c'era attorno a lui, era perchè lui era un
fioglio dannato.
-Mamma era vestita con la lunga camicia da notte bianca, sembrava un angelo
sai? Un po' stanca, ma la mia mamma, era la più bella di tutte. Aveva gli
occhi nerissimi e i capelli castani, era bella... tanto bella. Io...invece...con
gli occhi dorati e i capelli rossi...non sono bello quanto lei...nessuno ha
mai avuto i capelli rossi nella mia famiglia...- e per la prima volta si
mosse abbassando il capo pentito da quella sua colpa.
-Salì
sullo sgabello di fronte a me.-
Rukawa trattenne il fiato alzando di scatto il capo. il corpo di Hanamichi
tremava, tremava come un pulcino nella neve.
-Io
non riuscivo a capire perchè aveva infilato la testa in quel buco che aveva
formato con la corda. Non capivo... Non capivo!- ripetè affranto.
-Ma
lei mi disse di guardare che cosa avevo fatto... E io mi stringevo di più al
mio coniglio... avevo paura perchè la mamma sembrava ancora tanto triste.-
la sua voce si spezzò in leggeri singhiozzi.
-Calciò via lo sgabello e rimase appesa...- ansimò
-Basta... Hana no...- implorò Kaede.
-E
lei si scuoteva... E mi sono alzato e le tiravo la veste implorando di
scendere... perchè non volevo che la mamma giocasse se non voleva...-
singhiozzò.
E i
singhiozzi di Rukawa si unirono ai suoi.
-Ti
prego Hanamichi...- supplicò travolto da quel dolore. Avrebbe voluto
stringerlo a se, sussurrargli quanto lo amava, dire che lui era speciale,
unico, meraviglioso...
Ma
quel muro invisibile li divideva. Quella confessione affranta non gli
permetteva di avvicinarsi...
-Poi
smise di agitarsi. Rimase ferma e io la chiamavo...la chiamavo, ma lei non
rispondeva. Penzolava continuamente.... Io non volevo dirle che il gioco non
mi piaceva, non volevo offenderla...ma la mamma non si muoveva più e io mi
stringevo sempre di più al mio coniglio tirandole la veste...- confessò con
voce stridula sconvolta dai singulti.
-Hana...-
gemette Ru.
Sakuragi si accasciò a terra in lacrime struggenti di disperazione.
-Non
è colpa di Akira!!! Non è colpa sua!!!!! Anche lui...lui è stato
ingannato... dai capelli rossi... dai miei occhi!!!- urlò disperato
stringendosi nelle sue stesse braccia.
-Io
l'ho ingannato... l'ho solo ingannato... ma lui.. lui mi voleva bene, diceva
di amarmi e io... io non ho nessuno che mi avesse mai amato così...
nessuno... e gli ho mentito... Io stavo con lui perchè era l'unico che mi
accettava e sembrava amare anche i miei capelli rossi... che non mi guardava
con occhi disgustati... e gli ho mentito perchè io... non amo Akira... io..amavo
te Kaede.. amo te... ma... lui... era l'unico...- singulti disperati
straziavano quel corpo rannicchiato nella sua agonia...
Kaede
si avvicinò a lui abbracciandolo. Ora quel muro non c'era più.
-Ti
amo, ti amo, ti amo... amo i tuoi capelli rossi, i tuoi occhi d'oro, la tua
pelle abbronzata... ti amo, ti amo... amo la tua forza, la tua allegria, la
tua testardaggine... ti amo piccolo... non mi irretisci ne mi inganni... ti
amo così come sei- ripeteva in sussurri carichi di speranza e sofferenza
mentre Hanamichi sembrava estraneo a quella confessione. Kaede si rialzò
allontanandosi di un passo tendendo la mano.
-Vieni Hanamichi...vieni...- sussurrò. Hanamichi si voltò lentamente, gli
occhi gonfi e arrossati ancora pieni di lacrime, il volto sconvolto.
-Kitsune...davvero tu...- bisbigliò ancora songhiozzando.
-Sei
solo un do'hao... certo... avanti Hana... il tuo passato non ti tormenterà
più... vieni con me Hana ti prego... supereremo tutto insieme...- disse con
la mano ancora tesa.
-Me
lo prometti Kaede?- domandò implorante Hanamichi.
-Si... Tua madre non urlerà più... ti proteggo io da lei...avanti Hana...-
insistette sorridendo dolcemente.
Titubante Hanamichi si voltò verso di lui alzandosi lentamente tendendo la
mano ad afferrare quella di Kaede.
Le
loro dita si sfiorarono ma poi... quelle urla strazianti di nuovo prepotenti
nella sua testa.
Hanamichi ritrasse la mano premendosela contro le orecchie mentre gli
strilli che lo accusavano della sua deminiaca natura rimbombavano forti.
Kaede
non fece in tempo a compiere un passo che con grande orrore vide Hanamichi
gemere perdendo l'equilibrio all'indietro.
All'indietro verso il vuoto...
Kaede
si lanciò dietro di lui afferrando, con un urlo disperato, la mano del
rossino, mentre l'altra, miracolosamente, trovava appiglio agli scogli.
-Hanamichi!- urlò. Hanamichi gemette con il polso avvolto dalla presa ferrea
del moretto.
-Lasciami...- sussurrò mesto.
-Non
dire stronzate Hana! Ora aggrappati! Tentiamo di risalire- ansimò.
-No...
mollami... lasciami cadere... Ora, conosco la strada verso l'inferno.- Kaede
sussultò.
-Rosso...- cominciò il moretto, e a quella parola, Hanamichi alzò il volto
stupito rigato di lacrime. -Rosso come la passione, rosso come il simbolo
dell'amore. Oro, Oro come la luce, come la purezza...- continuò Rulawa
fissando il suo sguardo blu cobalto in quello incredulo del rossino.
-Ka...-
non terminò la frase che Kaede con uno sforzo enrome riprese.
-Rosso come l'amore che provo per te, d'oro, come il tuo cuore, puro e
innocente, grande e dolce. Come vedi, non è il male...- sussurrò con un
sorriso.
La
mano che li teneva aggrappati allo scoglio si allentò e Kaede gemette per il
dolore.
-Ti
prego Ru lasciami!!!- implorò.
-No!
Se sarà una mano a cedere per prima, non sarà certo quella che mi unisce a
te! Se cadi tu cado io... Non lascerò la presa per nulla al mondo! O tu...o
nessuno- disse diciso. Ma anche la mano che reggeva Hanamichi cominciò a
scivolare.
-Kaede...ti amo... perdonami... non posso permetterti di farlo...- Hanamichi
gli rivolse un sorriso agrodolce prima di alzare di scatto la mano libera e
colpire con forza quella di Rukawa che con un gemito di dolore, lasciò
istintivamente la presa.
-Do'hao!-
la mano aggrappata alla scogliera si aprì di scatto senza dubi o esitazione.
Kaede
riafferrò quella di Hanamichi.
-Do'hao...ti
avevo avvertito..- disse sorridendo teneramente tirandoselo contro mentre
cadevano nel vuoto...le mani sempre intrecciate...
-Baka
Kitsune...- singhiozzò disperato stringendosi a lui mentre il mare con i
suoi scogli si avvicinava sempre di più.
-Ora...ti mostro la strada per il paradiso...-
***
<Tragica morte di due adolescenti nella prefettura di Kanagawa.> Lo schermo
freddo riproduceva la voce atona del giornalista del telegiornale.
< Si
è concluso in tragedia l'amore di due ragazzi sedicenni gettatisi dalla
scogliera ieri pomeriggio alle ore cinque e trenta. Secondo gli psicologi, i
due giovani, schiacciati dalle pressioni per il loro amore discusso, hanno
deciso di concludere le loro pene. Una fine davvero crudele per i due
ragazzi ritrovati da un pescatore sulla riva del mare l'uno tra le braccia
dell'altro con le mani intrecciate . Davvero una morte ingiusta per Kaede
Rukawa e Hanamichi Sakuragi promettenti stelle del basket....>
Il
rumore secco di una piatto che si frantumava per terra.
L'urlo straziante di Akira Sendoh,
le
lacrime roventi,
la
disperazione di quel corpo accasciato sui cocci stretto in se al suono di
quei due nomi e alla visione straziante dei due corpi stretti tra loro con
dipinto sul volto un sorriso, di chi sa, che sta guardando il paradiso...
OWARI...
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