Disclaimer: i pg di questa fic non sono miei sono di  tutte le fic writer!!! ^__^



REDFOX 5

di Niane

Redfox5\6



E un meteorite cadde dal cielo, distrusse la terra e morirono tutti.
Fine

Ru -___- 6 ancora arrabbiata con me??
Nia io??? No >__<


TITOLO redfox 5
PARTE 5\6
AUTORE niane
RATING pg13
Ru:O___O come pg 13??? Nemmeno una lemoncina piccina picciò??
Nia>__< te la sei autofatta la lemon la volta scorsa
Sendo ma sai anche fare capitoli senza lemon, sono stupefatto..
Nia-__- basta mi rifiuto di scrivere altre fic su slam dunk..d'ora in poi lavoro solo con gli hamtaro >_<
DEDICHE: a Soffio
Dedica special: BUON COMPLEANNO ISEEEEEEEEEEEE


Cold is the winter snow falls down
Mystical lights dance in the sky to the winds of nights
Spell of the nature fill all my soul
Kiss with your wonderful song my land with love


Giornate sempre uguali a se stesse, con il sole che brillava limpido nel cielo fino alla sesta, per sparire poi divorato, in un lampo, dall'oscurità sempre più fitta di pomeriggi indolenti e pigri, che lo costringevano a vagare per il castello, sbucando imprevisto da dietro i muri, spaventando le guardie per saggiare la loro attenzione, uscendo improvvisamente nel chiostro senza mantello, giusto per temperare il fisico e tornando dentro trascinato per i capelli da un Koshino furioso o da un divertito Mitsui.
Pomeriggi che finivano con la sua reclusione nella camera, che misurava a grandi passi, ciondolando attorno al letto, su cui Rukawa leggeva placido, come un condor fino a quando la volpe non posava il libro sul copriletto fissandolo irritato.
E lui si trovava immobile ed ansimante sotto il tocco delicato di quelle mani fredde, inerte davanti a quegli occhi di ghiaccio che scintillavano divertiti ad ogni suo gemito: aveva passato un anno nelle terre dell'est al confine con le montagne della Fine, aveva vissuto accampato accanto ad una delle miriadi di tribù nomadi che sopravvivevano su quelle lande brulle ed inospitali. Ricordava ancora i loro occhi arrossati dall'erba diavola, il colore scuro della loro lingua macchiata. Ne aveva fumato un po' una volta, prima che Koshino gli rifilasse un calcio negli stinchi e gli proibisse di riprovarci perché dava Assuefazione.
Assuefazione, una parola sconosciuta che voleva semplicemente dire che ci si abituava così tanto ad una cosa, anche se era amara sulla lingua e gli aveva dato uno strano senso di vertigine, da non poterne più fare a meno; non pensava potesse accadere anche col sesso. Cosa avrebbe fatto quando si sarebbe dovuto rimettere in viaggio, senza più la disponibilità di un corpo morbido ed accogliente contro il suo?
Accarezzò distrattamente I capelli scuri di Rukawa che gli solleticavano il naso, mentre la volpe risposava sul suo petto, il cielo aveva assunto un insolito colorito giallastro, sembrava malato.
Controvoglia, facendo attenzione a non svegliarlo, raggiunse la finestra aprendo i vetri grezzi per chiudere le imposte. Tanto per cambiare il terreno era una coperta di neve alta e bianca, compatta e perfetta: se avessero trovato il modo di vendere la neve nelle terre del sud il suo sarebbe potuto diventare il regno più ricco dei continenti. L'idea lo colpì con forza allo stomaco.
"Il mio regno" sussurrò piano tra sé due, tre volte; se ne era quasi dimenticato. Non era lì per passare l'inverno, non sarebbe ripartito a primavera. Quel luogo era la sua casa.
Lasciò che il vento, che puzzava un po' di uova marce, gli frustasse il viso.
Non sarebbe andato via.
Il suo regno.
La sua casa.
Il suo sogno.
Con un sospiro chiuse i balconi reinfilandosi sotto le coperte, supino ad osservare l'oscurità del soffitto.
Il suo sogno: un luogo che gli appartenesse.
Rukawa si girò nel sonno, gettandogli un braccio sul naso, prima di accoccolarsi contro di lui, attratto dal suo calore come una falena lo è dalla fiamma.
"Baka" lo sgridò sottovoce spostandosi il braccio dal viso, il naso gli doleva un po' per il colpo, al petto, prima di chiudere gli occhi.
                                                            Rukawa si svegliò di soprassalto: il vento ululava maligno contro il castello.Piano scese dal letto, affondando i piedi scalzi nello strato soffice del gran tappeto di pelliccia ed aprì la finestra: non aveva bisogno di spalancare anche le imposte per sapere che la notte era gialla come il burro rancido e che la neve ghiacciata aveva le striature rosse della morte, non era la prima tempesta del genere che vedeva. Il vento soffiava dal vulcano e portava zolfo e tracce di arenaria rossa.
Si morse il labbro, sentendo il sapore metallico del sangue inacidirgli la lingua.
Secondo il popolo era il vento dei morti, che portava il loro lamento e reclamava in cambio la vita di chi lo ascoltava. Stupide superstizioni, ma quello stesso vento aveva ululato e pianto sette anni prima, quando sua madre era morta di febbre nel suo letto.
Il sangue di un fratello mai nato. Il sangue sulla neve.
"Rukawa torna a letto", ordinò biascicando Hanamichi.
Kaede sobbalzò spaventato.
"Ed è un ordine" rincarò.
Rukawa chiuse la finestra ubbidendo in silenzio, troppo stanco per litigare, troppo triste per l'orgoglio; si infilò sotto le coperte, dalla sua parte del letto.
Hanamichi gli rotolò velocemente contro, costringendolo a girarsi su un fianco e a dargli la schiena e con forza se lo tirò addosso, facendo combaciare il proprio petto alla sua schiena candida e gelata, gli posò le mani mollemente sul torace, cingendogli la vita.
"Sei gelato" sussurrò allargando appena le caviglie, imprigionando tra di esse I piedi freddi della volpe.
"Cosa stai facendo do'aho?", chiese immobile tra le sue braccia, era d'accordo sul fare un po' di sesso, magari riusciva anche a distrarsi, ma quella era una posizione un po' troppo insolita per Sakuragi che di solito si limitava a subire in silenzio le sue carezze.
"La posizione del cucchiaio'*, gli sussurrò contro l'orecchio, "mia madre mi teneva sempre così quando avevo paura della tempesta"
"Io non ho paura della tempesta" sibilò in risposta piccato.
"Non parlavo di te."
Rukawa attese a lungo, in silenzio, teso ed immobile tra le braccia del do'aho; poi, convinto che si fosse addormentato si scostò appena, ma le mani di Sakuragi si premettero contro il suo petto, ritirandolo a sé.
"Non te ne andare", borbottò con la voce di chi è più nel mondo dei sogni che non in quello della realtà, "ho tanto freddo quando non ci sei", ammise incuneando il viso contro la sua nuca.
Rukawa deglutì cercando di ricacciare giù un qualcosa di ingombrante e viscido che gli stava opprimendo la gola.
Aveva freddo, reazione fisica comprensibile...anche se il fuoco del camino ardeva e la notte era relativamente calda?
Il do'aho veniva dal sud ed era abituato ad altri climi, poteva benissimo sentire freddo.
Cosa stava cercando in quelle parole? Cosa stava cercando nelle sue stesse scuse?
Sakuragi era l'usurpatore.
Sakuragi si mosse nel sonno sfregandogli il viso contro il collo e Rukawa fremette leggermente; con un sospiro si rilassò nell'abbraccio, lasciando che il proprio corpo si abbandonasse contro quel petto largo. Chiuse gli occhi dimenticando il cielo giallo e il lamento dei morti.

OoOoO OoOoO OoOoO

Koshino capitombolò giù dal letto furioso; a causa della strana tempesta quella notte non aveva chiuso occhio e si era svegliato decisamente in ritardo, gli sarebbe toccato saltare la colazione.
Con uno sbuffo lasciò la sua stanza tagliando per un corridoio secondario, in modo da arrivare prima nel suo studio, sperando che Sendo non si azzardasse ad aprire la bocca perché non era affatto certo di riuscire a limitarsi e a trasformarlo solo in un cangoretto quel giorno.
"Non ho una relazione con lui, è solo un modo per passare l'inverno", disse una voce dietro l'angolo e Koshino si fermò immobile ad ascoltare.
Tre quarti dei suoi poteri magici derivavano dalla sua attenta capacità di osservare gli eventi, di ascoltare e comprendere I discorsi, nove decimi erano frutto della fortuna che lo faceva capitare al posto giusto al momento giusto e solo l'ultimo decimo restante era da attribuirsi ad un suo reale potere.
"Cosa stai dicendo?" sussurrò Akira, allungando una mano per sfiorare la guancia pallida e fredda di Kogure, "ma se sono cose che hai sempre denigrato. Per due anni, due anni", rincarò, "ci ho provato in tutti i modi e non sono riuscito nemmeno a rubarti un bacio e ora mi dici che è un passatempo?"
Kogure ruppe il contatto allontanandosi di un passo verso la finestra, fiocchi di neve obesa, ma bianca, ondeggiavano placidi nell'aria. "Con tutto il lavoro che avevo ho sempre creduto che fosse uno spreco inutile di tempo", spiegò stringendosi appena nelle spalle, "probabilmente lui mi ha preso in un momento di calore"
"Un calore che dura da due mesi? Complimenti" lo canzonò divertito.
"Akira, non cercare rose dove crescono solo margherite. Lui è Hisashi Mitsui, capitano di Lord Sakuragi, conquistatore e Signore di Fuchschloss e noi, per quanto bene ci trattino, siamo una via di mezzo tra servi e schiavi. A primavera, quando tutto sarà sistemato, si troverà una bella donna, si sposerà ed avrà un erede a cui passare il titolo nobiliare che sicuramente Sakuragi gli donerà. Andiamo a letto assieme, come mille persone in questo paese, ma non vuol dire nulla" sussurrò debolmente.
"Ne sei sicuro?", chiese imperterrito Akira accarezzandogli piano le spalle, "davvero?"
La testa di Kogure si piegò piano in avanti, annuendo, ma senza rialzarsi dal petto "Io..."
"Finalmente ti ho trovato Sendo!", brontolò a bassa voce Koshino, uscendo improvvisamente dal suo nascondiglio: aveva sentito abbastanza., "Milord ha chiesto di inviare alcune cose, tra cui delle coperte di pelliccia ed alcuni cibi, alla strega del villaggio. Puoi pensarci tu?" chiese.
Akira si inchinò cercando di nascondere il pallore del viso "Consideratelo già fatto Maestro" sussurrò, prendendo mentalmente nota di avvertire Kaede il prima possibile.
Koshino annuì "Appena hai finito vieni a fare rapporto", aggiunse continuando a scrutare con attenzione la figura sottile di Kogure, che si mosse leggermente imbarazzata sotto l'esame troppo accurato, sembrava che volesse leggergli le viscere, "e fai in fretta", aggiunse allontanandosi silenzioso lungo il corridoio. Giovani voci allegre incrociarono il suo cammino silenzioso e I tre paggi si piegarono fino a sfiorare il pavimento, aprendosi sui lati, cedendogli il passo, ma Koshino si fermò accanto al più piccolo, un ragazzino di nemmeno 10 anni vestito di rosso e verde "Il tuo nome?", gli chiese dolcemente.
Il paggio arrossì abbassando lo sguardo sul pavimento, cercando disperatamente aiuto nelle fessure tra le pietre, conscio del battito forsennato del suo cuore, che di certo era chiaro e visibile come quello di una lucertolina spaventata.
"Mo..Moroboshimaestro" buttò giù in un unico fiato.
Koshino annuì, senza fissarlo "Moroboshi, cerca il Capitano Mitsui e digli di venire da me. Immediatamente" disse e il ragazzino annuì tre volte con foga.

      "Mi cercavi?" chiese Mitsui entrando, senza bussare, nella stanza, giusto in tempo per vedere una piccola strana creatura, una specie di serpente ricoperto di fuoco, scappare veloce nel caminetto.
Koshino annuì "Cosa c'è tra te e il dottore?" chiese.
Mitsui sbiancò ed arrossì nell'arco dello stesso sbattere di ciglia, possibile che quel demonio dovesse sempre sapere vedere tutto e chiedere tutto? Con uno sbuffò spostò i grossi volumi in un angolo del tavolo, ignorando seraficamente l'occhiata assassina del mago, e si sedette sul bordo, il piede appoggiato al bracciolo della poltrona di Koshino.
"Mi sono solo adattato agli usi del luogo, come pare abbia fatto anche Hana...non mi dire che ho fatto un disastro" gemette improvvisamente scrutando l'espressione troppo seria del ragazzo.
Koshino sorrise appena scuotendo il capo, appoggiandogli il gomito sulla coscia "No, mi chiedevo solo perché...lui" disse.
Mitsui si mordicchiò piano il labbro riflettendo "Perchè..bho..è capitato, che vuoi che ne sappia, qui fanno tutti così e mi sono adeguato e lui era a portata di mano" spiegò piegandosi in avanti verso il mago, strizzandogli maliziosamente un occhio.
"Akira Sendo al rapporto, Maestr..."annunciò il siniscalco a prendo la porta di botto e congelandosi nel mezzo cerimonioso inchino, "scusate il disturbo" , mormorò con un filo tremante di voce.
Perché Hisa era seduto in quel modo sulla scrivania? Perché Hiroaki si protendeva col viso verso di lui?Cosa aveva interrotto?
Koshino scosse appena la mano che ancora poggiava sulla gamba di Mitsui, "Fa nulla, vieni avanti e Chiudi quella porta che esce il caldo."
Con un sorriso Mitsui saltò giù dal tavolo, sistemandosi la corta tunica che indossava sopra gli stretti pantaloni di pelle, "Allora è a posto? Non ci sono problemi?" chiese.
Koshino lo fissò in silenzio a lungo prima di scuotere la testa "Tutto a posto" concedette.
"Allora io me ne vado, ehi Akira che ne dici di un allenamento in palestra dopo?"
Akira lo fissò evitando di guardarlo negli occhi, "Vediamo", sorrise meccanicamente, "in caso ti raggiungo dopo.
Mitsui sorrise: "Me lo maltratti troppo Kosh, di solito non dice mai no ad un duello", ridacchiò lasciando la stanza.
"Allora?" chiese
"Fatto. Mi......la strega ringrazia sentitamente Milord. Non se l'aspettava, nemmeno io in realtà" ammise , rimanendo in piedi davanti al tavolo di legno.
In realtà Koko aveva strillato di gioia nel ricevere le pesanti pellicce, morbide e pelose, di primissima qualità. Anche I cibi secchi che le erano stati inviati erano speciali: frutti esotici seccati, dolci farinosi di mandorle e frutta, otri di vino delicato e dolce.
Lui sapeva che lord Sakuragi sapeva, eppure non aveva detto nulla per avvertirla.
"Ottimo, per oggi puoi anche andare, posso cavarmela da solo" lo licenziò dolcemente Koshino, ma Akira rimase immobile osservando le venature più chiare del tavolo. "Trasformami" lo supplicò.
Perplesso Koshino si passò la mano tra I capelli, facendoli rilucere sotto il fuoco azzurrino del camino "Ancora?", chiese, "Non ho mai conosciuto nessuno che ci tenesse così tanto a farsi trasformare. Passi più tempo come animale che come uomo."
Akira scosse piano la testa, fissandolo negli occhi con una certa tristezza, "E' un brutto periodo, stare come animale...non pensare...mi rilassa"
"Potrei farti una magia e farti dormire, il tuo corpo si riposerebbe meglio"
"Dormire è tempo perso, un po' inutile"
"Perché come cangoretto sei utile a qualcosa?"
Akira sorrise strizzandogli un occhio, "Certo tu ti diverti ed hai le ginocchia al caldo" e io ti posso stare accanto, aggiunse mentalmente.
Koshino sospirò allungando al mano e la linguetta rosa e ruvida gli accarezzò il palmo squittendo.

OOoO oOoOo oOoOo

Tanto per cambiare, nevicava anche quella mattina.
I fiocchi cadevano lenti, con la stessa stupida determinazione con cui gli abitanti del castello ignoravano la realtà.
A cosa servivano tutti quegli sforzi, quelle negazioni? Tanto il sole sarebbe tornato comunque ed avrebbe sciolto il ghiaccio....no, ci aveva pensato tutta la notte, ma non aveva trovato un solo motivo logico per non intromettersi.
Con un cenno stanco del capo Koshino si sedette, servendosi pane e frutta, ignorando le grosse fumanti salsicce che I servi stavano deponendo sul lungo tavolo della colazione; era arrivato per primo, gli altri troppo intenti a sonnecchiare per recuperare le forze spese nella notte o a spendere nuove forze, senza far andare il cervello ghignò divertito afferrando una coscia di anatra immersa in una dolce e collosa salsa di bacche rosse.
"Buona giornata" biascicò pigramente, la voce ancora roca Rukawa, costringendo gli occhi del giovane mago a sgranarsi per la sorpresa, era così strano vederlo in piedi prima della sesta.
"Buongiorno a voi, Milord" lo salutò piegando con deferenza il capo.
Rukawa si immobilizzò, gli occhi socchiusi in due fessure sottili che lo scrutavano cercando anche il più piccolo segno d'ironia "Sono un prigioniero, non chiamarmi così" rispose non trovandone.
Koshino sorrise appena, staccando un morso di carne "Se vi degnaste di osservare oltre la punta del vostro naso, forse vedreste l'ovvio che è ormai chiaro anche agli stolti" rispose ambiguo, allontanando la pelle troppo grassa e gettandola sotto il tavolo, verso I tre grandi mastini che attendevano silenziosi e pazienti.
"O ai maghi che riescono a vedere in un pinolo l'intera foresta" ridacchiò Mitsui afferrando una salsiccia grondante di sugo prima di sedersi "Pensavo avessi perso la mania di parlare per enigmi," ridacchiò strizzandogli l'occhio.
Koshino sorrise subdolamente fissando con intenzione il collo scoperto del capitano, "E io pensavo che I medici curassero gli ematomi non che li provocassero".
Mitsui arrossì sfiorando con le dita il grosso ricordo violaceo che Kogure gli aveva lasciato quella notte.
Un fischio vicino al suo orecchio lo costrinse a girarsi, appena in tempo per incrociare lo sguardo più che divertito di Akira che contemplava da vicinissimo l'enorme succhiotto. "Cavolo, ci avete dato dentro stanotte eh?" lo canzonò.
Il rossore di Mitsui si accentuò, ma un sorriso dolce gli allungò le labbra mentre ricordava il corpo sottile e caldo che si inarcava contro il suo, le dita forti e delicate che premevano con forza sulla sua schiena e la bocca saporita del suo amante che si incollava alla sua gola, succhiandola con forza, soffocando contro di essa dei gemiti molto simili a piccole urla di piacere.
Fece loro la linguaccia storcendo il naso con aria di superiorità, "Io almeno scopo e non tengo un muso lungo come voi", borbottò divertito.
"Dunque il tuo continuo buonumore è da attribuirsi al costante esercizio fisico?", sussurrò piano Koshino, ma Mitsui non sentì la freddezza del tono e si abbandonò con un sorriso contro lo schienale della sedia, la mano sul collo a coprire l'ematoma, "Ovvio, un guerriero deve sempre sfoderare la sua spada ed infilzare quanto può".
Sendo spalancò gli occhi scuotendo la testa avvilito: "L'ho detto che dovevo diventare un soldato anche io", mugolò osservando il giovane mago che non sorrideva, limitandosi a disegnare complicati ghirigori nel sugo
"Quel particolare fodero deve piacerti davvero tanto", mormorò Koshino," a giudicare dai sorrisi che fai. Dovrò provarlo anche io prima o poi".
Sendo chiuse la bocca e Rukawa sollevò gli occhi dal piatto, impallidendo.
"Eh?", chiese in un soffio Mitsui, un brivido gelido gli scivolava lungo la schiena.
"Ho detto", ripeté il mago con calma, come se stesse spiegando loro I meccanismi di qualche trucco di prestidigitazione, "che voglio scopare anche io con il dottore. Dici che è divertente, hai un'aria allegra e rilassata...voglio provare anche io", spiegò con un sorriso dolce.
Mitsui si alzò di scatto, sbattendo le mani sul tavolo, facendo saltare I pesanti piatti di bronzo su cui erano state deposte le carni bollenti e i soffici cremosi formaggi.
"Non ti sei mai interessato al sesso, né a nessun altro amante, perché ora...", gridò furioso, ma Koshino si limitò a stringere le spalle tra loro, risistemando una mela rossa e profumata sulla fruttiera: "Mi interessa questo, però", fu la laconica risposta.
"No", sibilò Mitsui, stringendo la mano sull'elsa dorata e scheggiata della spada.
Koshino si alzò lisciando lentamente le pieghe stropicciate della tunica: "Tu dammi una buona ragione perché io lo lasci perdere. E' schiavo mio quanto tuo", spiegò lasciando correre lo sguardo calmo e divertito da Mitsui a Rukawa, che lo guardava perplesso.
"Io te lo impedirò", lo minacciò e Koshino sorrise: "Hai un giorno, Capitano Mitsui, per darmi una buona ragione per cui io debba lasciar perdere. Dammi una risposta soddisfacente domani o smettila di fare il buffone", decretò abbandonando la stanza lentamente.
"Io ti...", singultò sguainando la spada per metà prima di lasciarla ricadere con un tonfo morbido nel fodero e di accasciarsi a peso morto sulla sedia dura, le mani premute sul viso.
Akira espirò, rendendosi improvvisamente conto di aver trattenuto il fiato per quelle che gli parvero interminabili ore; posò velocemente la mano sulla spalla di Mitsui, stringendola piano prima di abbandonare il salone di corsa, raggiungendo Koshino proprio mentre entrava nello studio.
"Che cosa c'è?" .
"Cosa voleva dire quel discorso?" chiese, scoprendosi ad urlare.
Koshino inarcò un sopracciglio, scuotendo piano la testa e incrociando le braccia sul petto, "Quello che ho detto", spiegò annoiato.
"Perché Kogure?" sibilò cercando il suo sguardo, "non ha mai disturbato nessuno, è sempre gentile e non ha alcuna esperienza antecedente a Mitsui. Ci sono persone più esperte al castello, potreste avere chiunque, lasciate in pace Kogure"
Koshino lo fissò attentamente mordendosi il labbro infastidito "Quante premure per quel dottorino", sibilò astioso.
" Mitsui Vi sfiderà a duello e Vi infilzerà a puntino", riprovò Akira
Koshino fissò per un attimo il soffitto, trovando molto più interessanti gli intricati disegni che il caso creava sul legname, dello stupido ragazzo che gli stava davanti
"Oh ora ti preoccupi per me? Ma davvero sei convinto che Mitsui sia così deficiente da sfidarmi? Lo sa che la sua spada, per quanto letale, è sempre tremendamente troppo lenta rispetto alla mia magia. Voglio solo una notte, poi glielo rendo", lo informò con tono stanco e deciso.
"No, maledizione a te! Non hai bisogno di Kogure!" gridò Akira afferrandolo per le spalle e spingendolo con forza contro il grosso tavolo.
Koshino strinse gli occhi, deciso a dare una severa lezione a quell'insolente e la magia iniziò a sfrigolare leggere ed azzurra attorno alle sue dita: "Hai un secondo per lasciarmi" sibilò, un suono freddo ed irato che era stato capace di congelare il cuore di numerosi guerrieri, ma Akira strinse la presa sulle sue spalle guardandolo negli occhi per un istante.
Koshino sbuffò e socchiuse la bocca, "Menaris tarisvol....", fece in tempo a sussurrare prima che la lingua calda di Sendo gli si intrufolasse tra le labbra, togliendogli la parola.
Koshino spalancò gli occhi, stringendo le dita ed allargandole improvvisamente, facendo rilucere un piccolo fulmine azzurro che esplose con un piccolo plop. Le dita si estesero e si contrassero nuovamente prima di chiudersi, innocue, sulla tunica del siniscalco, stringendo con forza la stoffa tra le dita, cercando un appiglio a cui aggrapparsi. Il suo corpo era percorso da mille piccoli violenti brividi che lo facevano tremare incerto sulle gambe. Le braccia di Akira scivolarono una dietro la sua schiena, stringendolo con forza a sé, facendo aderire I loro toraci, l'altra lungo la spina dorsale, con una lenta carezza, affondando nei capelli scuri, sostenendogli la nuca.
Con un gemito, quasi di dolore, Koshino cominciò a muovere la lingua, ricambiando le carezze lente e profonde di quella di Akira, intrufolandosi ad assaggiare la dolcezza del suo palato, lasciandosi avvincere in una lunga danza. Per la prima volta in tutta la sua vita la sua mente era completamente nera, chiunque avrebbe potuto entrare in quella stanza e sgozzarli e lui non sarebbe stato capace di invocare nemmeno il più piccolo degli incantesimi.
"Cosa te ne fai di Kogure? Io sono meglio. Se è il piacere che vuoi, posso dartelo io", sussurrò Akira contro le sue labbra, stuzzicandole piano, tra una parola e l'altra, con la punta della lingua.
"N..." biascicò Hiroaki, ma la sua bocca venne ricatturata da quella di Akira, che lo costrinse nuovamente a un lungo umido duello.
"Basta solo un ordine e io farò tutto quello che volete", gli sussurrò scivolando a sfiorargli il lobo dell'orecchio con le labbra, prima di morderlo piano " 'Tutto' quello che volete" ripeté, permettendo alla propria lingua di tracciare il complesso disegno del padiglione, prima di intrufolarsi al suo interno.
Koshino gemette aggrappandosi a lui con più forza "Sendo", lo ammonì debolmente.
Akira sorrise scendendo ad assaggiargli la gola bianca, spingendolo all'indietro, costringendolo a sdraiarsi sul tavolo ingombro.
"Perché Kogure?", chiese di nuovo, scivolando lungo il collo con baci ardenti, che facevano fremere il mago tra le sue braccia, "Io sono stato con voi così a lungo...vi sono sempre rimasto accanto", sussurrò, leccando con particolare attenzione quel piccolo punto sotto la giugulare che faceva sussultare violentemente Koshino, "scaldando le vostre ginocchia, sentendo le vostre mano accarezzare piano e dolcemente il mio pelo. Io", continuò iniziando a risalire verso il mento, allentando con due dita I lacci che chiudevano la tunica scura, "facevo le capriole per divertirvi ogni volta che sospiravate frustrato perché I conti non tornavano, morendo di gioia quando mi sorridevate", confessò sfiorando con due dita il petto morbido e fresco del ragazzo. "Volevo essere un cangoretto perché era l'unico modo in cui potevate prendermi in considerazione, perché ti vedevo sorridere e mi parlavi dolcemente, come non avresti mai fatto se avessi continuato ad avere forma umana.."
"Tu hai coscienza!", gemette Hiroaki piegando la testa all'indietro, offrendosi involontariamente a lui.
"Si", ammise leccandogli lo zigomo nello stesso modo in cui faceva quando era un animale, scivolando lento fino all'orecchio "ogni tua carezza, ogni tuo sorriso, il gusto della tua pelle ricoperta dallo zucchero", sussurrò piano mordendogli il lobo.
"Akira!", sospirò con forza, inarcandosi contro di lui, abbandonando la presa ferrea sulla stoffa, per cingergli il collo, trascinandolo più in basso, verso di lui.
"Ma tu nulla, tu vuoi il dottore, cos'ha lui che io non ho? Lascialo a Mitsui", l'implorò tornando a succhiargli il collo, sollevando un lembo della pesante tunica di velluto in modo da riuscire ad infilarvici sotto la mano, sfiorando, per la prima volta, la pelle morbida e fredda della coscia, accarezzandola piano con la punta di due dita.
"Akira", gemette Hiroaki
"Si", sussurrò il siniscalco, tornando ad invadere la bocca morbida e calda, che si aprì immediatamente accogliendolo con un singulto di piacere. "Ripeti ancora il mio nome. Solo il mio nome", mormorò, spostando la mano dalla coscia di Hiro ai suoi glutei torniti e sodi, accarezzandoli piano mentre lo premeva con forza contro di sé, felice di sentire l'eccitazione dura del mago schiacciare la sua, mentre le piccole esili mani scivolavano piano sulla sua nuca provocandogli mille brividi.
Akira sfregò il proprio inguine contro il suo, gettando scariche di piacere quasi intollerabile nei loro corpi, ma urla di terrore coprirono I loro gemiti.
Koshino lo allontanò da sé nello stesso istante in cui Akira si staccava sguainando la spada.
Grida sconnesse, invocazioni di aiuto e sotto lo strepito un rombo costante e continuo.
Koshino si morse le labbra impallidendo.
"Che demonio ci visita?" gridò Akira irritato: oh gliel'avrebbe fatta pagare a quell'inopportuno che l'aveva interrotto, chiunque egli fosse; decise uscendo di corsa dalla stanza.
"Akira NO!" gridò Hiroaki scendendo dal tavolo. Non ora! NON ORA che la sua mente era così sconvolta dalle sensazioni del suo corpo. Doveva riprendersi. Doveva riprendersi e in fretta o per loro non ci sarebbe stato scampo. Guardò le fiamme, concentrandosi sulla danza delle loro punte azzurrine, supplicando, per la prima volta in vita sua, quel dio che l'aveva tanto odiato in passato, di non fargli anche quello.
Akira non era pronto a vedere.... quello.
Sopra il castello, meraviglioso in tutta la sua orribile imponenza, veleggiava un drago.
Non uno di quelle creature 'piccole' e brunite che si avventavano ogni tanto sui villaggi, ma un drago vero: un corpo da lucertola, del colore dei tronchi in autunno, grosso una volta e mezza il mastio del castello, le ali membranose che terminavano in uncini ossei grossi come lui stesso.
Sbatteva appena le ali, in modo da rimanere immobile alla stessa altezza rispetto al terreno, ma quel battito appena visibile, smuoveva la neve in piccoli vortici, provocando un rombo continuo, come un temporale che brontoli lontano.
Akira strinse il pugno attorno all'elsa della sua spada sottile, conscio della sua inutilità.
Chiudendo gli occhi afferrò un cavallo spronandolo al galoppo verso la piana, costringendolo a tenere il muso basso verso il terreno per non vedere l'orrore che li sovrastava.
La paura però colse lui, congelandolo immobile a pochi metri, non appena si accorse che il drago stava 'lottando' come un gatto con dei topolini umani, che si agitavano sul terreno.
Sakuragi teneva l'enorme spada tesa davanti a sé, in posizione di attacco, mentre Mitsui gli stava accanto, pronto anch'egli al combattimento.
Rukawa era subito dietro, accanto ad un giovane castano più basso di lui...
"Oh mie dei no..." gemette, ma non venne ascoltato: poco più in là, accasciata sull'erba, le vesti strappate e lacere Koko singhiozzava.
Il demonio si alzò appena, sbattendo le ali con più forza, spingendo alla deriva il gruppetto compatto di stupidi che lo fronteggiava.
Con un gemito Rukawa vide le squame cheratinose dell'artiglio avventarsi su di lui e rotolò di fianco, urlando quando l'unghia gli lacerò la pelle del braccio.
"Kaede!" urlò Sakuragi e il mostro si girò verso di lui, colpendolo con la punta della coda, facendolo volare lontano.
Akira si riscosse gettandosi da cavallo ed avanzando nella neve, per soccorrere Rukawa che sanguinava.
Il drago li osservò placido per alcuni istanti, poi girò il grosso muso allungato a destra.
"Lei no" sussurrò Rukawa aggrappandosi a Sendo nel tentativo di rialzarsi.
Il drago scoprì I denti in un ghigno terribilmente simile ad un sorriso, alitando il fiato che puzzava di decomposizione verso la donna, incapace,ormai, anche di piangere.
"No" gemette Rukawa barcollando sulla neve, Sendo e Mitsui iniziarono a correre, ma erano troppo lontani. Troppo.
Il drago allungò il muso, spalancando le fauci, gocce dense di saliva gialla gocciolarono sulla neve.
La strega urlò chiudendo gli occhi e gridò anche il drago, sollevandosi con violenza nell'aria, creando una piccola tempesta di neve caduta, gettando il muso a destra e sinistra nel tentativo di liberarsi della grossa spada che gli pungeva il palato.
"Che te ne pare brutto mostro? Io sono il miglior cacciatore di Draghi del mondo! Io sono un Tensai" gridò Sakuragi, fermo a gambe spalancate davanti alla strega.
Con un ultimo scossone il drago si liberò della spada, facendola volare lontano, in mezzo al bosco.
"Merda" sibilò Hana gettandosi sopra la donna, coprendola col proprio corpo, mentre l'animale scendeva in picchiata su di loro, aprendogli il fianco con un artigliata prima di risalire.
"Hana!" gridò Mitsui impietrito.
"No" supplicò Rukawa, le lacrime gli offuscarono la vista, mentre il drago scendeva una seconda volta sui due corpi immobili delle persone che amava.
La saliva gocciolò su Hanamichi quando l'animale guaì in modo assordante, girando il muso di scatto.
Gli occhi fissi sulla bestia, la veste ancora allentata sul petto, la mano destra in avanti all'altezza del viso, il palmo rivolto verso l'altro, c'era Koshino.
La neve si era sciolta sotto I suoi piedi, rivelando la terra secca e scura e qualche rado ciuffo di erba congelato. Un vento insolito, gli sollevava leggermente la vesta, dal basso, facendone ondeggiare l'orlo.
Il drago guaì di nuovo, abbandonando le sue prede e scagliandosi verso il nuovo arrivato.
"Hiro no!" gemette Akira correndo verso di lui, ma Mitsui l'afferrò per il braccio, bloccandolo "Non ti avvicinare." ordinò.
Il drago ringhiò inondando il mago con una zaffata fetida di alito morto, senza tuttavia colpirlo.
Davanti a lui Koshino rimaneva completamente immobile.
Per Akira passarono almeno quattro generazioni.
Per Kogure, che era arrivato insieme a Koshino, furono meno di cinque minuti.
Il drago salì in cielo e si gettò in picchiata sul mago, per bloccarsi ancora una volta a pochi centimetri da lui, sollevando ondate di neve che tuttavia non lo sfioravano; poi il drago urlò. Un rombo assordante che bloccò I loro timpani costringendoli a cadere in ginocchio sulla neve: non c'era nulla nell'universo di paragonabile a quel suono sofferente, sembrava il boato di un'eruzione o l'esplosione dell'acqua che rompe la diga, solo mille volte più forte.
Il drago sbatté le ali con forza, ricoprendoli di neve, poi salì in alto, oltre le nubi, sparendo ad est.
"Se n'è andato" sussurrò qualcuno.
Koshino abbassò il braccio e cadde, incosciente, sulla neve.
Kogure gli corse accanto.
"Non lo toccare! Che nessuno si azzardi a toccarlo!" gridò Sendo raggiungendoli e sollevando il mago inerte tra le braccia: era freddo.
"Akira..."
"Mitsui, Kogure occupatevi di Sakuragi" disse con la voce che tremava, "Kaede riesci a camminare?'". Rukawa annuì, stringendosi il braccio ferito, incapace di distogliere lo sguardo da Hanamichi che giaceva distante, in una pozza di sangue rosato.
"Ryota accompagna al castello lady Ayako. Muovetevi maledizione!", gridò avanzando nella neve.
Perché Hiroaki era così freddo?
Un grosso carro slitta venne loro incontro, accompagnandoli alle porte del palazzo,dove un nugolo di inservienti si fece avanti, per portare I feriti nell'infermeria, ma Akira li allontanò tutti in malo modo, continuando a tenere stretto a sé il mago, strafregandosene ormai delle lacrime che gli solcavano il viso.
Mitsui guardò Kogure allontanarsi con gli infermieri, sospirando piano prima di voltarsi verso la donna e il giovane sconosciuto.
"Lady Rukawa" disse, con un tono che pareva più una domanda che un'affermazione, "fino a che la situazione non sarà risolta confido che capirete perché vi chiedo di trattenervi al castello e non tornare alla vostra casa" disse con un mezzo inchino.
"Devo ritenermi prigioniera?" chiese Ayako
"No, milady, nostra gradita ospite. Tutto il palazzo è a vostra disposizione, vi chiedo solo di non uscire" spiegò.
Ayako non aveva bisogno di girarsi per sapere che le guardie alla porta avevano portato la mano all'elsa: gradita ospite era un modo molto elegante e carino per dichiararla prigioniera.
"Quanto a voi, signore, il vostro nome e la vostra spada" ordinò.
L'uomo eseguì un saluto militare "Ryota Myagi, capitano della guardia di sua altezza" si presentò consegnando l'arma; sapeva di non avere altra scelta.
Mitsui inarcò il sopracciglio "Qui ora il capitano della guardia sono io" borbottò, "Se volete seguirmi vi mostrerò I vostri alloggi e vi manderò qualcuno ad aiutarvi."
"Capitano?" lo chiamò Ayako "Avrò il permesso di vedere mio fratello?"
"Tutte le volte che volete Signora", concesse, sperando vivamente di non fare un errore.
"Credete che il mago e Sakuragi si riprenderanno?"
Mitsui si congelò: Koshino non aveva mai sopportato uno scontro mentale con un mostro tanto grande ed antico prima e il sangue di Hana aveva colorato la neve come una rosa di maggio, ma non le avrebbe dato la possibilità di sperare di poter riavere il regno "Certo" disse.
Ma 'non lo so', fu il suo unico pensiero.





*Copriright di quel bellissimo film che è 'paura d'amare'*_*
 


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