Disclaimer: i pg di questa fic non sono miei sono di  tutte le fic writer!!! ^__^



REDFOX  2

di Niane



AVVERTENZE: chi legge si impegna a NON effettuare alcun genere di ritorsione contro la persona dell’autrice o Nobunaga^^


REDFOX 2
TITOLO Redfox
AUTORE niane
PARTE 2/6(+o-)
PAIRING hanaru
RATING X, nc17
Disclaimers: I pg appartengono solo a sé stessi e fanno quello che vogliono, io non c’entro^_^
I testi delle canzoni d’introduzione sono dei Rhapsody…e se vogliono venire qua a protestare di persona io li attendo*_*
DEDICHE: A SOFFIO per il suo compleanno



Rise all your eyes to the autumn skies
Capture the energy of that sight
They can have fun with my limbs and bones,
But I swear my spirit will never fall….

(by Rhapsody)


Azzurro: del cielo limpido, segnato solo dalle strisce nere e composte degli uccelli frenetici e dall’ombra troppo alta e pigra di qualche  lontano drago di passaggio.
Marrone: delle zolle vangate di terra calda e pronta al lungo letargo invernale.
Oro. Della paglia che secca sotto i teloni e delle foglie leggere che infestano il giardino cadendo sempre dove i contadini hanno già pulito.
I colori che amava di più, i colori dell’autunno.
C’era anche il rosso una volta tra loro, il rosso delle foglie sugli alberi, del cielo nei brevi tramonti che bruciano i campi.
C’era fino ad un mese e mezzo prima, ma poi il rosso si era sostituito alla bandiera azzurra dei Rukawa e aveva violentato il cielo con la sua volgarità, gli aveva sottratto il marrone e l’oro della sua terra, aveva cancellato per sempre l’argento cangiante della libertà.
L’autunno, le foglie che scricchiolano sotto gli zoccoli del cavallo, gli ultimi tardivi frutti freschi, l’odore del vino, dell’olio e del sale per la conservazione delle provviste, l’ultimo lieve calore del sole che scalda il viso ed acceca gli occhi; sensazioni e colori troppo caduchi per stancare l’animo. L’autunno aveva la consistenza di un sorriso, scomparso prima ancora che la sua dolcezza avesse raggiunto il cuore. Con un sorriso indifferente il rosso l’aveva privato anche dell’autunno.
Rukawa si morse il labbro inferiore osservando dalla finestra della sua camera, situata all’ultimo piano del mastio, uno stormo nero di falchi cacciatori rientrare nella voliera.
Avrebbe dovuto cavalcare lungo i campi con Akira, controllando lo stato della paglia e fermandosi ad assaggiare qualche frutto in gelatina e sfilacci di carne secca sott’olio. Avrebbe dovuto, invece non gli era permesso lasciare il castello.
Sospirò picchiando con violenza il vetro spesso e grezzo, che dondolò leggermente sotto il suo pugno senza spezzarsi.
Aveva passato dieci giorni a tentare di convincere Kiminobu di essere completamente guarito e di essere perciò perfettamente in grado di uscire a fare una ricognizione per i campi senza che il suo fisico provato dalla lunga malattia ne risentisse, solo per scoprire che era prigioniero.
Avrebbe dovuto pensarci; il do’aho non poteva lasciarlo uscire correndo il rischio che si ‘perdesse’ per strada o che venisse ucciso dalle bande di briganti, che avevano iniziato a scorazzare per le strade approfittando dell’assenza della milizia ordinaria, richiamata in città per normalizzare la situazione creatasi dopo l’invasione.
Alcuni corvi, neri come incubi, sfrecciarono davanti alla sua finestra virando improvvisamente ad est, disegnando una grossa curva nel cielo e scendendo  in picchiata verso il suolo. Probabilmente qualcuna delle donne aveva gettato loro gli scarti del grano; gli sarebbe piaciuto scendere in città e vedere con i suoi occhi quante di loro erano già tornate alle proprie case, quante ancora mancavano.
Con una scorta adeguata probabilmente quell’usurpatore, che si crogiolava col titolo rubato di Lord, gli avrebbe anche concesso di visitare la città,ma a che scopo in fondo? Per far vedere ai suoi sudditi come era stato costretto a muoversi?
Tanto lo sapeva: prima dell’arrivo dell’inverno le donne sarebbero ritornate tutte, le case sarebbero state riparate e le provviste suddivise. L’usurpatore poteva anche venire dal sud ed ignorare l’inverno, ma il suo popolo sapeva cosa fare. Akira sapeva come agire. Con uno sbuffo divertito Rukawa si girò dando le spalle ad un autunno di cui non avrebbe potuto godere. Akira il suo siniscalco. Akira….il cangoretto.
“ Quando mi riprenderò Fuchschloss prenderò al mio servizio un mago” disse sorridendo ai muri.

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Seduto su un ceppo scheggiato di legno, intento a guardare Mitsui che, con la spada, faceva a fettine sottili un grosso fantoccio ruotante di paglia armato di picca e mazza, Akira starnutì con forza. L’aria si stava facendo più fresca e lui non era abituato a restare all’aperto nel tardo pomeriggio. Prima che quel Sakuragi piombasse tra loro rivoluzionando la vita, lui aveva passato i pomeriggi, almeno finché la luce del sole lo permetteva, a controllare i conti del castello.
Per essere davvero onesti, aveva controllato i conti fino a poche ore prima, poi Koshino gli aveva urlato di sparire dalla sua vista e di mandargli di sopra Kogure. Non l’aveva trasformato in cangoretto come accadeva ormai quasi regolarmente ogni giorno,l’aveva cacciato! Va bene, Kogure era capace di gestire un libro mastro, aveva un buon carattere e Koshino sembrava non avere alcun problema nel relazionarsi con Kiminobu, ma il siniscalco era lui! Era lui che doveva stare in quell’ufficio con quella specie di mago dall’incantesimo facile amante degli animali assurdi!
”Non sono assurdi” lo corresse Mitsui sedendoglisi accanto.
Sendo lo squadrò interrogativamente e Mitsui ridacchiò divertito “Hai detto che Hiroaki ha l‘incantesimo facile e che ti trasforma in un animale assurdo. Bhè i cangoretti sono molto comuni nelle regioni dell’est da cui lui proviene e credo che gli piacciano molto. Ci trasforma tutti quelli che lo esasperano, anche se devo dire che tu hai battuto tutti” rise dandogli una pacca amichevole sulla spalla.
“Gran bel primato” borbottò continuando però a sorridere.
“Senti un po’ siniscalco senza lavoro, ti va di allenarti un po’ con me alla spada? Ti prometto che ci andrò piano con te.”
Akira lo fissò con il suo solito sorriso divertito “Certo che ci andrai piano, capitano, ti sommergerò di così tante stoccate che non riuscirai nemmeno a provare un solo attacco”
“Vedremo” sussurrò Mitsui, gli occhi luccicanti per la sfida, porgendogli una delle spade da allenamento.
Akira era uno spadaccino in gamba, l’arte della spada gli scorreva nel sangue. Aveva sempre pensato che il suo destino fosse quello di entrare nell’esercito e diventare un generale, ma poi era arrivata la peste che si era portata via i genitori di Rukawa, lasciando il giovane lord e la sorella a governare un castello troppo grande. Non c’era stato nulla da decidere; aveva abbandonato ogni idea militare per rimanere accanto ai suoi amici d’infanzia ed aiutarli a mantenere Fuchschloss a dispetto dei lontani parenti sanguisuga che volevano portarglielo via. Non aveva mai dimenticato la spada ed anche se era meno veloce di Mitsui riusciva a portare a segno qualche veloce attacco.
Con un abile gesto del polso Mitsui disimpegnò l’elsa della propria spada bloccata dalla lama dell’avversario e si girò di un quarto, pronto per l’affondo finale che non lanciò. Rapido Akira approfittò del suo indugio per colpirlo alla spalla.
Una sottile linea di sangue macchiò la maglia bianca del capitano che sorrise compiaciuto “Gran bel colpo”
“Hisashi! Per gli Dei, mi dispiace” si scusò precipitandosi a controllare la ferita, un taglio lungo e sottile, ma superficiale, “bisogna che tu vada a farti medicare”
Misti sbuffò col naso, come un cavallo, “Non ho nessuna intenzione di permettere ad un dottoruncolo di mettere le sue mani su di me. E’ solo un graffio, un po’ d’acqua ed è a posto.”
Akira lo fissò accigliato “Non è un discorso che piacerebbe a Kiminobu”
“Ma lui non c’è e se tu non glielo dici non lo saprà mai” ribatté con uno strano sorriso.
“Ma se a te capitasse qualcosa io poi mi sentirei in colpa” protestò Akira, il suo sorriso eterno si era allargato sul viso assumendo una sfumatura piuttosto maliziosa.
“Io me ne vado in camera, tu fa come vuoi” lo salutò Mitsui girandosi e scomparendo sotto il lungo portico; sperava solo che Akira andasse davvero ad avvertire Kogure, altrimenti si sarebbe lasciato ferire per nulla.
Ridacchiando Akira si incamminò a lunghe, velocissime falcate verso lo studio.
Uno strano insolito silenzio usciva dalla porta chiusa. Di solito, quando ci lavorava lui, c’erano sempre un milione di piccoli rumori, libri che cadevano,piccole proteste e il continuo incessante borbottio da pentola in ebollizione del Maestro. In effetti Koshino non sbuffava inferocito solo dopo averlo trasformato in Kangoretto. Che Koshino avesse trasformato anche Kogure? Improvvisamente Akira si trovò a sperare che così non fosse.
Kogure steso sul grembo di Koshino, il musetto allungato posato sulla sua coscia morbida coperta solo dal velluto della tunica, la mano sinistra di Koshino che scivolava lenta ed ipnotica dalla testa all’attaccatura della coda in una piacevole carezza che riempiva di piccoli brividi tutto il suo corpo.
Il mormorio pensieroso di Koshino intento a ricopiare i numeri sul libro. Il suo sorriso quando, terminato il lavoro, lo sollevava al viso accostando il naso al suo musetto freddo ed umido. Le labbra morbide ed invitanti che la settimana prima aveva osato assaggiare tirando fuori la lingua rugosa e dandogli una colossale, bavosa, leccata al viso. Koshino aveva riso divertito allontanandolo e posandolo sulla sedia per ritrasformarlo. Probabilmente, anzi, quasi sicuramente, Hiroaki non sapeva che l’animaletto manteneva la mente umana ed era in grado di comprendere perfettamente parole e gesti, cavoli, lui sapeva anche leggere!
Per un istante pensò di spalancare la porta all’improvviso e vedere se davvero Kogure riposava sulle gambe del mago, ma questo prima che la sua mente gli mostrasse la sua immagine aprire la porta di colpo ed essere poi immediatamente carbonizzata da un qualche diabolico incantesimo.
Non si deve mai arrivare silenziosamente alle spalle di un guerriero armato e non si deve mai aprire la porta di una stanza in cui lavora un mago senza bussare, sempre che,ovviamente, si desideri rimanere in vita.
Bussò con decisione tre volte,prima di aprire.
Hiroaki, Kogure e Sakuragi erano seduti attorno al tavolo, studiando con attenzione alcune carte.
“Che succede?” chiese .
“Ecco, my Lord, Mitsui si è ferito, nulla di grave” si affrettò ad aggiungere vedendo al preoccupazione sul volto del suo signore.
Forse non avrebbe nemmeno dovuto pensarlo, ma gli piaceva quel Sakuragi. Era un buon governate, attento alle
esigenze del suo popolo e dotato di una grande umanità.
Aveva permesso che Rukawa fosse curato alla perfezione e non l’aveva fatto nemmeno rinchiudere in una cella. Certo Kaede non poteva lasciare il castello,ed era costretto a dormire nella stanza di Hanamichi, nella nicchia del servo, ma non era stato messo in catene. Hanamichi avrebbe potuto farlo con ognuno di loro, invece li stava tenendo al suo fianco. Perchè?
“Si è solo tagliato durante un combattimento d’allenamento” spiegò
“Si è fatto vedere da un dottore” chiese Hanamichi con uno sbadiglio.
Akira sorrise “No”
Hanamichi sospirò, sembrava molto stanco. “Non sarà certo un taglietto a mettermelo fuori combattimento, ma ti dispiacerebbe dargli lo stesso un’occhiata” chiese.
Kogure annuì con un sorriso un po’ preoccupato “Certo. Credo che quel ragazzo abbia bisogno di mettersi un po’ a riposo, in modo serio, le sue ferite sono superficiali, ma mi tocca curarlo almeno due volte alla settimana. Credo che la stanchezza stia riducendo pericolosamente la sua capacità di prestare attenzione”.
Koshino alzò gli occhi dalle carte per fissare perplesso Kogure ed Akira si morse il labbro per non ridere. Hanamichi annuì con veemenza “Fa come meglio credi”.
Kogure osservò un’ultima volta le carte ed annuì: “Dato che per oggi abbiamo finito, credo che andrò immediatamente a dargli un’occhiata” disse alzandosi. Akira abbassò lo sguardo cercando di concentrarsi su una venatura dl pavimento per non scoppiare a ridere. ‘dargli un’occhiata’. Se ci aveva visto giusto Mitsui non voleva solo le ‘occhiate’ dal dottore; peccato che da quel punto di vista Kogure fosse una preda difficile da catturare.
Kogure chiuse delicatamente la porta e Sendo si sedette sul posto che aveva liberato.
“E’ da stamani che lavorate, avete finito?” chiese con un sorriso.
Koshino annuì fissandolo “ Con Kogure il lavoro risulta molto più rapido” lo punzecchiò.
Akira sorrise incassando il colpo “Gli ho insegnato bene le basi del mestiere, posso portarvi una tazza di tisana calda?” aggiunse in fretta cambiando discorso.
Koshino fissò perplesso i fogli che doveva ancora trascrivere ed annuì.
“Non per me. Credo che me ne andrò a dormire” borbottò Sakuragi. “Hai idea di dove si sia cacciato Rukawa?”
Akira, che era saltato in piedi per andare a prendere la tisana per sé e il mago si gelò annuendo. “Nella sua..Vostra stanza My Lord” riferì uscendo velocemente dallo studio.
“ Sei davvero convito che sia saggio tenere la volpe nella tua camera? Kogure mi ha detto che è completamente guarito, potrebbe essere pericoloso.”
Hanamichi sbuffò stringendosi nelle spalle, “Lui non può uccidere me tanto quanto io non posso eliminare lui. Se uno dei due muore l’altro perde Fuchschloss, la conosci la legge. Fino a che il Sommo Re non verrà qui per l’investitura finale, fino a che non sarà ufficialmente riconosciuto il mio dominio su questa terra, o fino a che qualcuno non mi porterà la femmina Rukawa quella volpaccia va tenuta sotto controllo, anche di notte. Tu, invece, hai bisogno che m’inventi un incarico per Sendo in modo da tenertelo lontano dai piedi?”
Koshino fissò un istante la grossa sedia lavorata che era solito occupare Akira. Grazie a Kogure aveva svolto in un solo giorno il lavoro che con Sendo gli occupava due o tre giornate. “No, purtroppo ho ancora bisogno di lui e mal che vada mi tiene al caldo le gambe”.
“Tisana in arrivo maestro” gridò allegro Akira aprendo la porta con una gamba ed offrendo una tazza fumante a Koshino. In completo silenzio, a parte lo svolazzo del suo solito mantello porpora, Hanamichi lasciò la stanza.
Perplesso il giovane mago fissò la seconda tazza e Sendo che si sedeva sulla sedia accanto a lui.
“Se permettete ora vi insegno un trucco per accelerare i calcoli…davvero!” mugugnò notando l’aria tra lo scettico, l’incredulo ed il diffidente che aveva assunto il bel viso del mago “Io sono il siniscalco qua dentro! Non posso permettervi di sostituirmi con un medico!” spiegò fintamente oltraggiato. “Prometto che v’insegnerò, per bene , tutto ciò che vi serve.” Sussurrò allegramente.
Koshino sospirò, non sapeva perché ma non gli credeva nemmeno un po’.

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Sakuragi spalancò la porta della propria stanza e rabbrividì leggermente sotto il mantello.
“Volpe inutile” ringhiò individuando, nella luce agonizzante del camino, la figura esile di Rukawa, stesa supina, le braccia sotto alla nuca, sul proprio giaciglio insaccato nel muro. “Non senti che freddo che fa?”
Rukawa girò appena il viso per osservarlo, l’angolo delle labbra che s’incurvava in un piccolo impercepibile ghigno sarcastico “Freddo?” chiese in un sussurro tagliente “Lo chiami freddo questo? Tu non lo sai cos’è il freddo do’aho, ricordatelo”.
Con uno scatto furioso Hanamichi si tolse il mantello gettandolo sul tavolo con violenza, facendo tintinnare la grossa spilla d’oro e rubino contro il legno. Espirò con forza, un rumore basso e terribile simile al respiro irritato di un drago rosso e con tre rumorosi passi lo raggiunse “ravviva quel fuoco!” ordinò in tono troppo alto.
Rukawa inarcò un sopracciglio, ma non si mosse.
Veloce, come se quello stupido gesto potesse salvargli la vita,Hanamichi sguainò la spada puntandone la punta sottile e letale contro la gola scoperta di Rukawa.
“Ravviva il fuoco” sussurrò e questa volta l’aria attorno a lui tremò di paura.
“Altrimenti?”
Lord Hanamichi Sakuragi sgranò gli occhi incapace di credere che tanta stupidità potesse essere contenuta in corpo così magro. “Senti volpe….questa è una spada” spiegò leggermente perplesso, non gli era mai capitata una cosa simile prima….la gente o chiedeva pietà e obbediva, o si ribellava e veniva ricondotta all’obbedienza con la forza, ma mai se ne era stata ferma placida ed immobile sotto la minaccia della sua spada, “questa è la tua gola” continuò pungendo leggermente la pelle candida,senza però ferirla “se io spingo la spada nella tua gola tu muori. Morte, situazione definitiva di…ehm...morte. Punto basta. Cadavere . Chiaro? Mi hai capito?”.
La frangia scura sulla fronte di Rukawa si mosse appena, un movimento leggero, a stento percepibile, causato dal suo strano buffo sbuffare; in realtà Rukawa stava ridendo. “Do’hao” sussurrò calcando al parola “non puoi uccidermi e lo sai”; le labbra di Hanamichi si contrassero con forza sbiadendo dal rosso acceso ad un rosa timido e pallido, “io ti servo vivo. Ayako non c’è e, almeno fino alla prossima primavera tu hai bisogno che io resti vivo. Senza contare”, aggiunse alzandosi lentamente e costringendo così Hanamichi a far arretrate la spada per evitargli di ferirsi, “che tu non sai nulla su come si gestisce un castello. Non ne sai nulla degli obblighi che pesano sulle spalle, dei doveri che sovrastano i privilegi, delle colpe che, tutte, ricadono addosso a chi governa. Della necessità di avere mille occhi, duemila braccia, di dover prevedere se una goccia di acqua di troppo è stata portata da un pesce o è la minaccia di rottura di una diga, se una spiga marcia è tale perché i topi le hanno mangiato le radici o perché l’ intero campo è marcio. Se tutto va bene è grazie agli dei, ma se piove troppo e il raccolto va perso è colpa tua, lo sai? Se c’è troppo sole ed il raccolto secca è colpa tua. Lo sai questo do’hao? No che non lo sai, vero?” continuò alzandosi in piedi e lisciando con due dita le pieghe sulla veste di velluto blu notte che indossava. Guardandolo Hanamichi, che indossava sopra ai pantaloni di pelle una corta tunica di lana ed una veste di pesante velluto,rabbrividì di freddo. “Tu Volevi una terra da governare vero? Farti bello e dire io sono il Signore del castello. Ma tu,senza di me, senza i miei uomini non saresti nemmeno capace di sopravvivere all’inverno. Lo sai questo, Lord?” e pronuncio la parola col suono secco e definitivo di uno sputo.
Con un gesto rabbioso Hanamichi gettò la spada a terra, spingendola con un calcio contro il muro dall’altra parte della stanza. “Cosa ne vuoi sapere tu, stupida volpe!” gridò afferrandolo per il bavero della veste e trascinandolo in mezzo alla camera. “Tu sei cresciuto tra le mura di questo posto, a casa! Cosa ne vuoi sapere tu” sibilò e Rukawa chiuse gli occhi per evitare la piccola pioggia di spruzzi di saliva che lo stava investendo “Non avere un luogo da chiamare casa; non avere un posto in cui tornare, ma essere costretto a vagare esule, temuto come un cane rabbioso che minacci di mordere la mano che lo sfama. Ospite ovunque perché non c’è un luogo a cui tu appartenga.! TU questo lo sai cosa vuol dire?”
Riaprendo gli occhi Rukawa posò le proprie mani gelide su quelle di Hanamichi che lo stringevano troppo, soffocandogli il respiro “ E tutto questo ti pare una giustificazione per cercare di togliere la terra, la casa a chi invece ce l’ha?Non cercare di farmi compassione do’aho, perché non puoi”.
Le mani di Hanamichi lo lasciarono improvvisamente. Una luce dura, cattiva, che partiva dal cuore profondo e segreto dei suoi occhi, aveva incendiato il suo sguardo. Una luce che minacciava guerra, che non tollerava la sconfitta, la luce estrema di chi ha giocato tutto e non può permettersi il lusso di perdere. Una luce piena di angoscia.
“Compassione?” sussurrò “C-o-m-p-a-s-s-i-o-n-e?", ripetè analizzando la parola, “ Puoi ficcartela su per il culo e strozzartici con la tua compassione! TU sei una MIA Proprietà! TU obbedisci a ciò che IO dico, non importa ciò che pensi. IO sono il Signore riconosciuto di Fuchschloss e tutto ciò che è entro i suoi confini mi appartiene, case,animali e uomini. Tu compreso, ex lord Rukawa.”, gridò spingendolo con violenza.
Rukawa indietreggiò nel disperato tentativo di mantenere l’equilibrio, ma sbattè contro il bordo del grosso letto a baldacchino,quello che un tempo era stato il suo letto, cadendoci sopra di schiena.
Ancora infuriato Hanamichi gli salì sopra bloccandogli le gambe tra le proprie, posando le dita fredde sulla gola tiepida della volpe. La giugulare batteva invitante sotto il suo polpastrello, sarebbe bastata una semplice pressione delle dita e quella bocca insolente che l’accusava dicendo menzogne troppo vicine alla realtà sarebbe stata zitta per sempre.
Eppure, dietro l’intossicante cortina nebbiosa dell’ira, il generale che aveva condotto i suoi uomini a più di 25 vittorie incitandoli col sogno di una casa, sapeva di non potersi concedere un simile lusso.
Non poteva ucciderlo. Non poteva gettare al vento anni di fatiche. Non poteva privare Hisashi di una casa. Non poteva rimandare Hiroaki a vagare per le strade. Non era solo il suo sogno, era il ‘loro’ e lui non poteva deludere i suoi uomini.
Non poteva uccidere la volpe, però… Dei!!!!!la tentazione di dargli una lezione scuoteva il suo coro con lo stesso violento impeto del desiderio sessuale. Se avesse potuto ucciderlo..non del tutto, solo u po’, giusto quello che gli bastava per calmare il fuoco che lo scuoteva, la bramosia che lo avvinghiava e la rabbia...
“Bhè? Hai già finito do’aho?” chiese con un sorriso provocatorio Rukawa ed Hanamichi comprese.
Sorridendo allontanò la mano sinistra dal collo della volpe per stringerle in una morsa entrambi i polsi “Ti piacerebbe vero volpastra? Sono sicuro che il tuo fantasma si farebbe un sacco di risate guardandomi mentre trascorro la mia vita marcendo nelle tende ammuffite dell’esercito reale. Tu vuoi che io ti uccida vero? Così quella puttanella di tua sorella potrebbe rivenirsi a prendere la terra.
Ma è stupido anche pensarlo sai? Non si uccide un cavallo recalcitrante, lo si doma. E io ho la medicina giusta per far ragionare uno schiavo insolente come te” sussurrò lacerandogli con un unico gesto la tunica.
Nudo, immobile sotto di lui, Kaede inarcò un sopracciglio perplesso; era andato tutto secondo il suo piano, almeno fino a quando il do’aho non lo aveva intuito; a quel punto però si era atteso pugni e percosse, magari la reclusione, ma non questo. Il do’aho l’aveva spogliato…eppure proveniva da sud. Forse voleva solo spaventarlo. Già, nella sua ignoranza totale quella doveva apparirgli come una minaccia temibile; divertente.
Hanamichi fece scivolare la mano libera dal collo al petto di Rukawa, sorridendo sentendolo tendersi leggermente sotto il suo tocco. Senza distogliere lo sguardo dal volto immobile di Rukawa continuò a scendere, sfiorando quella pelle appena tiepida sotto la sua mano bollente per l’ira, soffermandosi appena sopra il pube scuro.
Rukawa sorrise e si rilassò; era come aveva intuito: il do’aho non aveva alcuna esperienza e di quelle pratiche, si era solo lasciato condurre dal suo istinto violento
Con un sibilo Hanamichi insinuò la mano incerta tra le cosce strette, facendosi strada tra la carne morbida, fino a premere invadente contro la piccola entrata. Se Rukawa avesse gemuto, se l’avesse supplicato, Hanamichi si sarebbe fermato, ma la volpe imperterrita continuava a guardarlo con superiorità, gli occhi socchiusi in due sottili fessure irriverenti.
Con un ringhio, più simile al verso di un animale che ad un suono umano, Hanamichi lo penetrò con due dita,spingendosi a fondo tra la sua carne bollente, costringendolo ad inarcarsi per attutire il colpo e a mordersi le labbra per non gemere dal dolore.
“Allora Lord, cosa dici ora devo continuare?” gridò scavando con dolorosa insistenza tra le sue gambe.
Rukawa si limitò a sfidarlo con gli occhi senza rispondere, la sua voce avrebbe rivelato il dolore che lo bruciava ed avrebbe decretato la vittoria per il do’aho.
“Dillo volpe” lo incitò Hanamichi ritraendo e reinfilando con forza le dita dentro di lui, sospingendosi in profondità per quanto possibile, “ ammetti che IO sono il signore di Fuchschloss e tu il mio servo, dillo!” gridò.
Rukawa inspirò cercando di calmarsi. Il do’aho gli faceva male, ma era un dolore sordo e lontano; se fosse riuscito a rilassarsi avrebbe potuto ridurlo ad un tenue fastidio, o meglio ancora sarebbe riuscito a farselo piacere. “Non…” gemette espirando “avrai mai Fuchschloss, do’aho” sibilò espirando con forza.
Hanamichi lo fissò un istante scuotendo piano la testa, poi con lentezza ritirò le dita. “Come vuoi tu volpe” lo scherni abbassandosi i pantaloni con una mano, attento a non allentare la presa sui polsi di Rukawa, che tuttavia non oppose alcuna resistenza limitandosi a controllare febbrilmente il respiro;eppure il suo cuore accelerò preoccupato la corsa sentendo il membro appena turgido di Sakuragi premergli tra le gambe ed un grosso denso grumo d’aria si incastrò in gola mozzandogli il respiro. Il do’aho lo stava violando, facendosi strada nel su copro refrattario con un’unica feroce dolorosa spinta.
Una stanga di ferro scuro che gli squarciava la pelle penetrando in profondità nella sua carne, facendolo sanguinare. Un corpo estraneo che lacerava e rompeva.
Sakuragi spinse con forza, sbattendo il proprio inguine contro le natiche della volpe, penetrandolo completamente e Rukawa rivide il ferro pungergli la spalla ed entrare nella carne, lacerandogli il petto. Di nuovo senti l’acqua che scorreva gelida su di lui trascinando il bambino, la stanga che indeboliva la presa. Le urla disperate e la certezza di non farcela. Il ferro nella sua carne che spingeva facendosi spazio dove non ce n’era. La febbre. La febbre….sorrise appena, ricacciando in gola l’urlo che minacciava di uscire e le lacrime che, ad ogni nuova spinta, gli pizzicavano gli occhi. Per quanto male il do’hao potesse fare, non avrebbe lasciato ferite durature, non gli avrebbe infettato il sangue, non ci sarebbe stata la febbre, non lo avrebbe vinto. Aprì gli occhi.
Sakuragi era sopra di lui, il viso arrossato e contratto in un’estatica maschera di sorpreso piacere.
Un’altra spinta, una nuova fitta di dolore, seguita dal mugolio eccitato del rosso. Ci stava provando gusto, Rukawa lo sentiva dal suo respiro e dal membro invadente che cresceva piano dentro di lui aumentando il suo fastidio. Doveva riuscire a pensare a qualcos’altro, ad allontanare il dolore sordo che gli pungeva le viscere infilzandogli la schiena. Doveva pensare ai baci gentili sotto l’orecchio, alle mani sinuose che scivolavano lente sulle sue cosce accarezzandogli stuzzicanti il membro. ‘ricorda’ s’impose ‘ricorda il corpo di Akira che si muove sul tuo, le mani che ti carezzano piano i capezzoli, che scivolano invitanti sullo stomaco, che” un forte improvviso dolore gli offuscò la mente, obliando le immagini leggere che era riuscito a creare. In preda alla frenesia dell’orgasmo il do’aho aveva cominciato a muoversi con scatti inconsulti ,spingendo con forza maggiore, seguendo un suo ritmo personale che lo squarciava. Sentì il proprio respiro frantumarsi nella gola incapace di uscire e il corpo tendersi fino al punto di rompersi. Il seme bollente del do’aho contaminò il suo corpo e finalmente Hanamichi rotolò dall’altra parte del letto, coprendosi il viso con un braccio, il respiro ancora frantumato dal piacere. Dei,cosa aveva fatto? Come aveva potuto perdere il controllo in quel modo? L’aveva violentato. Quello che avrebbe dovuto essere una semplice lezione di educazione si era trasformato in uno stupro. Una violenza sessuale da cui aveva tratto un immenso piacere.
“Scusami” borbottò incerto fissando i giochi irregolari che l’umidità disegnava sulle pietre scure del soffietto, “non avrei mai dovuto. Davvero.”
Rukawa si girò a fissarlo con l’accenno maligno di un sorriso sardonico “Fa nulla do’hao, non hai fatto nulla che non fosse già stato sperimentato. Solo…hai bisogno di molta, molta pratica. Chiedi ad Akira è un ottimo insegnate e, voi, milord, avete davvero bisogno di lezioni.” Buttò giù con un tono colloquiale.
“cos…cosa stai dicendo?” sussurrò Hanamichi,; la voce troppo simile ad uno squittio indeciso tra l’ira, per l’ affronto celato nelle parole, e lo stupore.
“Semplicemente” spiegò Kaede stendendosi prono sul letto, una posa di consumata lascivia che aveva anche il vantaggio di lenire il fuoco che li bruciava i glutei violentati, “quello che ho detto. In tutto il castello non c’è amante migliore di Akira. Oh, anche Myiagi non è assolutamente male, assieme poi sono un idillio, ma Miyagi non c’è al momento. Gli altri…gli altri vanno bene per una notte o due, ma scaldano poco.” Kaede si morse il labbro per non ridere, soddisfatto dal colorito rosso che si spargeva a macchie sul viso, sul collo ed anche sul petto del do’hao. A suo modo era affascinante. Inconsciamente allungò la mano e gli sfiorò una grossa macchia bollente sulla base del collo.
Hanamichi si allontanò di scatto allarmato. “Tu…voi..loro…che..checcosa significa?”
Rukawa si strinse indifferente nelle spalle “ perché tu come lo passi l’inverno?”
Hanamichi aprì la bocca e la richiuse di scatto. Hisashi gli aveva accennato….Mitsui, il mercenario che veniva da un piccolo paese tra le montagne gli aveva parlato una volta di come nel nord gli uomini fossero soliti….le macchie di rossore si ampliarono sul suo viso e sul collo, donandogli una tinta omogenea che s’intonava perfettamente col rosso acceso dei capelli.
“Anzi, do’aho, sarà meglio” riprese Rukawa “che tu avverta i tuoi uomini di stare lontano dalle donne.”
Sakuragi lo fissò con gli occhi spalancati ; il suo viso non avrebbe potuto essere più incredulo nemmeno se gli si fosse materializzato davanti un cucciolo di drago arcobaleno “Eh?” sbottò.
Lentamente Rukawa cercò di girarsi sul fianco sinistro per guardarlo in faccia, ma un’acuta pulsazione dolorosa nel fondoschiena lo fece desistere dal continuare l’impresa, con uno sbuffo si rimise sulla pancia, infilando le mani sotto il mento, per tenerlo sollevato dal guanciale.
“L’inverno è lungo Sakuragi; dannatamente lungo ed è freddo. Tu non puoi nemmeno immaginare cosa possa voler dire trascorrere l’inverno qui. Non c’è nulla da fare, il cibo è raccolto, la neve chiude ogni comunicazione. Non si caccia. Non si pesca. La luce è poca, il sole si alza tardi e va a dormire fin troppo presto. La gente si annoia, do’aho. E poi c’è il freddo. Il gelo che supera la roccia spessa e gli strati di pelliccia infilzandoti direttamente le ossa, più spietato di ogni nemico.
Come pensi che si possa superare il freddo e la noia? Ci si stringe in un letto do’aho, in due a volte tre e ci si scalda a vicenda.”
”E le donne che fanno, muoiono di freddo?” sbottò accigliato; non riusciva a comprendere.
“ Do’aho, l’accoppiamento tra un uomo e una donna ha il brutto vizio di generare un bambino. Non possiamo permettere che alla fine dell’inverno nascano nugoli di piccoli bastardi” e con soddisfazione vide Hanamici sussultare alla parola, “La liberalità non è concessa; l’inverno torna ogni anno e i bambini nati necessitano di cibo.Se i tuoi uomini vogliono scaldarsi il letto lo facciano tra loro, ma non tocchino le donne. Chi vuole giacere con una donna sia pronto a farlo per il resto della sua vita, perché l’unico modo che ha a disposizione è di sposarla e prendersi cura di lei e dei suoi figli; per chi trasgredisce c’è la morte. E’ una legge che ha imposto mio nonno; troppi bambini senza padre morivano di fame e freddo. L’inverno non ha pietà. Dillo ai tuoi uomini”
“Perché mi avverti?” chiese girando il viso verso quello di Rukawa. Il fuoco quasi spento disegnava grandi ombre su quel viso bianchissimo. Bianco come il manto perfetto del suo cavallo,bianco come la neve che non aveva mai visto.
“Sei un do’aho e un usurpatore, ma non voglio avere la morte di bambini innocenti sulla coscienza.”
“Non sono un usurpatore, voi vi siete schierati contro il Re e io siedo qui di diritto. Usurpatore è chi per lussuria, per la brama smodata di infilarsi nel ventre di una donna sposata accusa un uomo onesto di tradimento e lo uccide, sotto gli occhi del figlio!Usurpatore perché non vuole il regno, ma la donna! Usurpatore perché non esistevano motivi per dichiarare mio padre traditore! Secondo il diritto avrebbe dovuto sposare mia sorella non mia madre!” sospirò girandosi di scatto verso il muro.
Aveva promesso a se stesso di non pensarci più. I suoi parenti erano ormai morti da anni, e la sua terra…anche se fosse tornato a reclamarla quella non era la sua terra, era solo il ricordo di un bambino. Voleva un altro regno, un mondo da poter chiamare casa. Non doveva più pensarci. Non doveva pensare.
Per un tempo interminabile Rukawa rimase immobile a fissare la sua schiena abbronzata, la spina dorsale che s’incassava leggermente tra le spalle e scendeva sinuosa fino al rilievo alto e scolpito delle natiche, poi si alzò piano, in silenzio, soffocando tra i denti un gemito di dolore e lo coprì con una coperta di pesante pelliccia. Hanamichi mugugnò qualcosa girandosi sotto di essa; le tracce delle lacrime brillavano ancora chiare sul suo viso.
Con un gesto lento e stanco Kaede s’allontanò i capelli dagli occhi ,osservando perplesso il suo carceriere. Aveva un’aria indifesa mentre dormiva. Con uno sbuffo afferrò dei ceppi e ravvivò il fuoco che riprese a scoppiettare allegro nel grosso caminetto. Poteva sentiva il calore delle fiamme lambirgli il petto nudo, mentre i primi morsi del freddo gli correvano subdoli lungo la schiena, accapponandogli la pelle. Presto sarebbe arrivato l’inverno e dopo sarebbe giunta la primavere e con essa il Sommo Re che gli avrebbe portato irrevocabilmente via Fuchschloss.
“Non te lo lascerò mai brutto do’hao usurpatore”
Usurpatore. Usurpatore.
Lo ripetè piano , ma la parola pareva essersi svuotava del suo significato perdendo peso, consistenza realtà per diventare un’unica insignificante accozzaglia di suoni.
Con un sospiro si appoggiò di peso contro il bordo freddo e sporgente del caminetto.
“Usurpatore” sussurrò; hanamichi cominciò a russare.

Fine parte 3

RU >________< mi hai violentato!!!!
HANA O__________O sei andato a letto con Sendo e Miyagi????
RUHANA: NIA>_______<grrrrrrrr
Nia: si in effetti è un capitolo un po’ così…^_^ ma il prossimo sarà dolce dolce e puccioso e lemonoso contenti??
HANARU *____* siiiii
Nobu: nia..forse dovevi dirglielo che non saranno loro i due protagonisti pucciosi-__-
Nia.^_^

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